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[ Palestra - 05.01.2020 - Dennis Sheridan, Elise Hoffman, Laurel Tempest A. Seered e Leander Wescott ]
************************** TRACCIA: In città sono stati distribuiti dei volantini per un openday in palestra, dove per tale giorno ogni attività sarà del tutto gratuita, per provare nuove discipline, incoraggiare chi ha sempre avuto dubbi sull’entrare in un luogo del genere, o per fare qualcosa di diverso una volta tanto. Sta di fatto che tale iniziativa ha attirato a sé molte persone, alcune di esse si sono messe all’opera per sfoggiare le loro abilità, altri hanno provato un primo approccio con macchinari che neanche sapevano pronunciare, altri ancora si sono soffermati a guardare chi faticava, gustandosi qualche snack calorico nel mentre, infine c’è chi è lì per svolgere il proprio esercizio quotidiano. Insomma tante persone diverse in uno dei luoghi più conosciuti per fare amicizia o per iniziare una discussione, alla fine basta solo una parola giusta o di troppo per attaccare bottone, ed è quello che potrebbe succedere fra Leander, Dennis, Tiffany e Laurel. --------------------------------------------------------------------
- "Perché siamo venuti qui invece di restare nella nostra palestra?" - chiesi a Tiffany sorridendole mentre entravamo nella stanza dei pesi che sembrava affollata di gente. - "Sembra che ci sia tutta la città!"
Nonostante spesso andassi in palestra da solo mi piaceva passare il tempo con i miei colleghi, andando con loro a bere o a fare qualcosa dopo il turno di lavoro.
- "Guarda... deve essere per questo" Mi fermai a fianco di una parete osservando un volantino in cui si pubblicizzava un open day in palestra, con la data del giorno segnalata attraverso un imbarazzante colore fosforescente che ricordava la nostra tuta da vigili del fuoco.
- "Attività gratuite" - lessi colpendo poi con una nocca la scritta. - "Cosa più di questo attira le persone?"
Tiffany Elise Hoffmann
"Beh, per cambiare un po' aria. E sono un po' stanca di stare nella palestra della stazione dei vigili. Magari avranno dei macchinari nuovi, qui. E poi ci sono sempre sconti e cibo gratis, alle inaugurazioni." Rispose a Chloe, afferrando proprio uno snack da quello che sembrava il buffet. In realtà era uno dei classici snack da palestra, una barretta proteica, ma il palato di Tiffany ci era abbastanza abituato e, sinceramente, nella sua infanzia e adolescenza aveva assaggiato qualcosa di peggiore. In ogni senso possibile. Difficile che facesse la schizzinosa e rifiutasse qualcosa a buon prezzo. E poi curiosare non era affatto un male, le novità erano in genere ben accette a Ravenfire, dato che era costretta a rimanere tra i suoi confini.
Laurel Tempest A. Seered
Fare attività fisica era quanto di più lontano vi fosse per la piccola di casa Seered, che preferiva di gran lunga attività meno movimentate. Prediligeva passioni più pigre, doveva ammetterlo, ma sapeva anche che, presto o tardi, da qualche parte avrebbe dovuto pur cominciare per tenersi in forma. Osservava i suoi fratelli farlo, ma senza mai rinunciare alle prelibatezze che potevano scovare nelle pasticcerie e anche nei vari ristoranti della città, dunque, perché non avrebbe potuto farlo anche lei? Aveva in mano ancora quel volantino che indicava l'ora dell'inaugurazione della nuova palestra, quando giunse all'ingresso. Un profumo intenso cominciò ad invaderle le narici mentre si guardava attorno per capire da che parte dovesse andare. Le persone sembravano pronte a fare conversazione, alcune si conoscevano già evidentemente, ma spostandosi verso il tavolo su cui venivano sponsorizzate alcune barrette proteiche, Laurel notò un paio di persone che sembravano saperne di più. « Ed io che pensavo che non si presentasse nessuno... Ma tutti, proprio tutti, vogliono sudare e mettersi in forma? O è il nuovo punto di ritrovo dei giovani di Ravenfire? Mi sento stranamente indietro... »
#laurel tempest seered#tiffany elise hoffmann#dennis sheridan#leander wescott#role#rp#rpg#black rose#ravenfirerpg
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�� && ginny largace home, december 12
( ... ) « Non sono mai riuscito a capire chi abita in quella casa, Pongo comincia a tirare di brutto quando passiamo lì davanti ». Stava rincasando, lucido come un bambino, con Ginny e Pongo che lo seguivano. La neve cadeva lenta ricoprendo le strade, le auto parcheggiate, le panchine disabitate, il cappello di lana nero che stava indossando. Faceva un gran freddo, ma non abbastanza da costringerlo a tremare dalla testa ai piedi sembrando uno di quegli scheletri disneyani ne “la danza degli scheletri.” Un colpetto di tosse, e l’aria uscì dalle sua labbra come nuvola bianca. « Le pizze sono ancora calde? » Guardò l’amica e quella che doveva essere la loro cena, sperando che non si fosse congelata. Entrambi si erano messi d’accordo per passare alcune ore insieme, Leander aveva proposto a Ginny di salire su, nel suo appartamento, anziché chiudersi in qualche chiassoso locale; e Pongo era parso condividere quella scelta di restare in compagnia di un amico, per lui ancor meglio se si trattava di Leander.
Ginny R. Océane Lagarce
L'aria natalizia sembrava essersi insidiata ovunque a Ravenfire, dagli stand per le vie della città alle varie decorazioni che si potevano osservare ai balconi delle finestre, era semplicemente un tripudio di felicità per gli occhi. Tutto di quella felicità sembrava animare Ginny, la quale, in quel preciso momento, teneva in mano i cartoni di due pizze fumanti. Sentiva la neve attraverso gli scarponcini che indossava, ad ogni passo ne avvertiva la consistenza, soffice e leggera, ma non poteva non notare come il cane dell'amico fosse più attratto la profumo delle loro pizze piuttosto che da qualsiasi altra cosa lo circondasse. Solo quando lo vide tirare facendo rischiare di cadere Leander, la veggente non riuscì a trattenere un sorriso divertito. Spostò lo sguardo sulla casa incriminata prima che un brivido le corse lungo la schiena. « Forse perché è dannatamente inquietante... Ricordo addirittura che, quando ero piccola, passavo sempre di fronte a una casa che sembrava quella di Dracula... Sai, le aste di legno messe alla bell'e meglio, le persiane che nel cuore della notte cigolavano a causa del vento. Questa casa un po' me la ricorda... Forse è infestata! » Mosse le sopracciglia con uno sguardo eloquente prima di scoppiare a ridere, eppure quella supposizione poteva perfino non essere così tanto stramba. Ravenfire era una cittadina le cui stranezze erano all'ordine del giorno, e se vi fossero stati fantasmi che non erano ancora riusciti a entrare in sintonia con la loro vita terrena? Tutto poteva essere. Scrollò poi le spalle cercando di tornare a poco a poco seria, prima avvicinare il volto al coperchio di cartone. « Sono ancora calde ma non ti assicuro per quanto ancora... Ancora mi devi dire perché hai deciso di fare la strada lunga. »
Leander Wescott
« Ti direi di non lasciarti condizionare troppo da quel capolavoro di Stoker, ma sarei ipocrita. Viviamo alla stessa maniera di Jonathan o Van Helsing in questo posto e in questa vita. Persone che prevedono il futuro, che imparano a usare la telecinesi, e altre ancora che si cibano del dolore e delle paure altrui alla pari di un vampiro qualunque. » Per non parlare poi delle fate, che dimenticò di menzionare nel suo discorso – noioso, per il cane che continuava a tirare nella direzione di quella misteriosa casa abbandonata – in risposta a Gin. Piccole nuvole di respiro condensato uscivano dalle loro bocche, e persino da quella di Pongo – che, sentendosi chiamato, abbaiò e rivolse il muso alla donna. Leander si girò a osservarla di rimando ma senza fermarsi dal calpestare neve ghiaia qua e là. « Credo che ti abbia risposto: l’adora. Come credo che adori farmi stancare; è da tempo che non prendo più l’auto. » Prima non avrebbe sorriso, ma adesso il solo pensiero di un cucciolo che lo spronava quasi a uscire di casa lo divertiva e le sue labbra non potevano che assumere una linea asimmetrica, sbieca. Pongo tirò ancora. L’ingresso del palazzo distava una decina di passi, le scale erano ricoperte di neve, e qualcuno aveva lasciato aperto il portone. Leander sganciò il guinzaglio dal collare e lasciò che il cucciolo corresse verso quella che aveva imparato a riconoscere come casa. « Dai, dà a me. Lì sopra sarà scivoloso, tu segui pure quel diavolo e sotto lo zerbino ci sono le chiavi di riserva. » Attese che Gin gli passasse il compito di salire in appartamento cartoni delle pizze ancora calde. Pongo era entrato nel palazzo.
Ginny R. Océane Lagarce
Come avrebbe potuto smentire le parole del veggente? Erano già i due giovani ad essere fuori dal comune con i loro poteri sovrannaturali, eppure ogni volta che si trovava di fronte a quella casa, sentiva i brividi che le correvano lungo la schiena. Si voltò distrattamente verso l'amico per una fugace occhiata prima di continuare a camminare. Solamente Pongo probabilmente era dalla sua parte. Spostò le pizze in una mano per accarezzare il muso dell'animale prima di ridacchiare tra sé e sé giocando con lui. « Secondo me, invece, anche lui la trova inquietante. Vero che ho ragione io, Pongo? » Rabbrividì vistosamente prima di lasciare andare il cucciolo e riprendere così a camminare l'uno accanto all'altra. Erano quasi arrivati a casa finalmente, e solo quando intravide il portone del palazzo, Ginny si concesse un lungo sospiro. Passò le pizze al proprietario di casa, si chinò per prendere le chiavi di casa sotto lo zerbino e si affrettò per aprire la porta d'ingresso. « Lo sai vero che non esiste cosa più banale che tenere le proprie chiavi di casa sotto lo zerbino?! Chiunque potrebbe entrare... Dai, vieni. » Entrò in casa e dopo aver lasciato il cappotto all'ingresso, la Lagarce si affrettò per dirigersi verso la sala e posare così le pizze sul tavolino in soggiorno. Erano ancora calde, ma di certo dovevano sbrigarsi a mangiare se volevano che le pizze non diventassero dei semplici pezzetti di cartone.
Leander Wescott
Si ritrovò a scuotere piano la testa, sinceramente divertito dalle parole di Ginny. Unica risposta che si sentì di darle. Forse si poté addirittura scorgere un sorriso dolce e genuino nella piega che presero le sue labbra mentre osservava l’amica avanzare verso le scale del condominio insieme al cane, ma nulla di più. Li seguì beandosi del cambio di temperatura che si respirava là dentro, anche se non sarebbe mai stata calda come l’appartamento suo e di Cece, si ritrovò a pensare – prima di portare il cane a spasso s’era appunto premurato di accendere il caminetto a stufa, ricordandosi di non lasciare aperta la finestra della camera da letto come era invece abituato a fare –, e ne ebbe conferma quando l’amica aprì la porta con le chiavi di riserva lasciate sotto lo zerbino come un cittadino scontato qualunque. « In tanti anni che abito qui non è mai successo che qualcuno mi entrasse in casa. E poi, non credi che verrei subito a saperlo? Non sarebbe così divertente. Questo “dono” che abbiamo annienta tutto il divertimento. » Si lasciò liberare del peso minimo del cartone, abbandonando anche lui il cappotto su un bracciolo del divano. Nel calore e nel caos delle cose di cui era pieno l’appartamento, Leander le fece strada in cucina e cominciò dal vino. « Non ci sono birre, dobbiamo accontentarci di questo fragolino per stasera. » Le mostrò due tazze in assenza anche di bicchieri, e la bottiglia di vino rosato, che portò un attimo più tardi sul tavolino posto tra due divani. I piani per la serata erano ancora incerti, avrebbero passato del tempo insieme e parlato del più e del meno, sicuramente, ma non sarebbe stato nulla di premeditato. Spontaneo: l’altra faccia delle cose vere. « Vuoi vedere un film? Perché come ben ricorderai non sono un gran chiacchierone. » Disse, prendendo un primo trancio di pizza dal cartone, scoprendola ancora calda – per fortuna! – e dal profumino invitante e speziato. Guardò Ginny, attendendo da lei una risposta. « Oppure tu parli e io ascolto. »
Ginny R. Océane Lagarce
Il calore dell'appartamento giunse come una carezza leggera al corpo della veggente, che godette di quella sensazione dopo il freddo che avevano incamerato con quella lunga camminata. L'appartamento aveva un gusto prettamente maschile e non ricordava nemmeno di esserci stata ultimamente ma sapeva che il buon gusto di Leander aveva fatto da padrone nella scelta dei mobili, e non solo. Aveva prediletto la comodità con il divano che predominava in tutta la sala, lo stesso su cui aveva ormai preso posto la veggente dopo aver lasciato all'ingresso il proprio cappotto. Si rannicchiò su se stessa prima di osservare le tazze che avrebbero contenuto il vino rosato pronto per essere usato per brindare. « Vorrà dire che sarà la nostra nuova tradizione, pizza e fragolino, è qualcosa di meno scontato rispetto a pizza e birra, no? » Commentò con un sorriso vispo sulle labbra la Lagarce. Alzò poi all'altezza degli occhi la tazza di vino pronta a brindare perché tutto sommato il discorso del ragazzo non aveva tutti i torti. In qualità di veggenti molte cose non sarebbero mai state oscure alla loro vista, ma Ginny era ancora dell'idea che tutti si sarebbero potuti sorprendere, in un modo o nell'altro. « Può annientare il divertimento come rendere tutto più eccitante, dipende dai punti di vista, mio caro. E a tal proposito, non abbiamo nemmeno ancora festeggiato il tuo passaggio di livello... E non dirmi che non è così. » Cercava con il suo sguardo gli occhi del Wescott come se potesse leggervisi qualcosa che lui non avrebbe mai confessato a parole, una qualunque cosa che avrebbe potuto dirle di che cosa gli stava passando nella mente. Sembrava in attesa Ginny, un cenno, un guizzo, qualsiasi cosa. « E vada anche per il film, ma niente horror, ti prego. Vorrei solamente trascorrere una serata normale, senza... L'ultima volta che sono davvero uscita guarda come è finita, sono finita in ospedale e ci sono rimasta settimane. »
Leander Wescott
Si stava beando del sapore del vino e del calore che emanava ora il suo appartamento, mica si aspettava che l’amica, di un punto in bianco, accennasse al suo avanzamento di livello. Non era ancora pronto a parlarne, e non voleva rovinare una così bella serata raccontando di sé, di quello che era successo in un tempo ormai passato – quelle dannate settimane trascorse a letto come un malato qualunque – e di come si sentiva adesso. Era passato: non poteva bastare questo? < Uhm >, un sorso di vino mandato giù prima di quanto avesse voluto, e Leander lanciò uno sguardo alla bionda che nello stesso tempo lo stava osservando con fare curioso. S’aspettava forse un cenno positivo? < Non credo ci sia molto da celebrare, sai bene che non sono mai stato un amante della nostra natura. > Disse, versandosi altre due dita di vino e invitando l’altra a fare lo stesso. Aveva promesso a Cece che non avrebbe più bevuto tanto, per una volta voleva provare a mantenere seriamente quella promessa, e con Ginny si sarebbe limitato soltanto a una bottiglia di vino, non sarebbe andato oltre ubriacandosi. Ancora si portava addosso il peso delle ultime sbornie prese e non ci teneva a sostenere l’ennesima lotta contro il mal di testa e l’aspirina. Guardò l'amica, le sue ultime parole lo lasciarono alquanto inquieto. < Mi dispiace per quello che è successo, spero che adesso le cose vadano meglio... > le disse. Il caos che era scoppiato il trentuno ottobre aveva lasciato segni — evidenti e non — su ognuno di loro. Leander si caricava di ansie e preoccupazioni quando Cece usciva dal loro appartamento, diventava più calmo solo quando la sapeva al sicuro, al Michelangiolo e con Logan. < Andiamo >, posò il vino e si diresse verso il televisore e il lettore DVD. Accanto a una piccola collezione di dischi in vinile — da bravo puritano della musica — tenevano un'altra collezione ancora, tutta dedicata al mondo del cinema. Non scelse un horror, ma una commedia classica e leggera, francese, sperando che a Ginny potesse piacere. In caso contrario avrebbero avuto tutto il tempo di decidere un'alternativa. < Non ci sono mostri in questa casa, per stasera. E poi come hai detto tu... sono o non sono diventato un quinto livello? Ti proteggo io. > le rivolse un occhiolino seguito da un sorriso sghembo, mentre anche Pongo si accingeva e si divertiva a fare la guardia davanti al tavolino. < Rallegriamoci un po'. >
Ginny R. Océane Lagarce
Conosceva perfettamente l'affetto che Leander le riservava, erano buoni amici ormai da tempo, eppure vi erano cose non dette che in alcuni momenti pesavano come macigni nella loro amicizia. Sembrava che ogni volta fossero sul punto di affrontare un qualche discorso più profondo, entrambi si fermassero, con il timore del giudizio dell'altro. Era stupido, lo sapeva, ma il non voler sfigurare agli occhi altrui faceva sì che in qualche modo la distanza divenisse più ampia. Conosceva l'opinione di Leander in materia della loro razza, eppure sperava che potesse godere di quel traguardo raggiunto. Si ritrovò così ad inclinare almeno parzialmente il capo prima di osservarlo con un po' più attenzione. Spostò poi lo sguardo sul quel colore scuro del vino così invitante e in un attimo si ritrovò a rimembrare pensieri che ancora la tenevano sveglia in talune notti. Rimase in silenzio la veggente, non confermando né smentendo il fatto che stesse meglio, perché la verità non la conosceva nemmeno lei. Stava bene? No. Stava male? Nemmeno. Era in balia di un limbo da cui prima o poi sarebbe uscita, così sperava ma per il momento non poteva fare altro che vivere alla giornata. « Un bicchiere di vino è ciò che ci serve, e poi ci sei tu... Niente uomo nero, o ti riterrò personalmente responsabile, okay? » Replicò con un sorriso appena accennato, le cui parole nascondevano molto di più e l'amico sapeva. Si accoccolò poi in modo più comodo sul divano prima di concentrarsi sulla visione del film, era la loro serata e non se la sarebbe fatta rovinare dai ricordi.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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🍀🌹 — 𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞 & 𝐥𝐞𝐚𝐧𝐝𝐞𝐫 ❪ ↷↷ mini role ❫ p a l e s t r a 23.04.2016 — #ravenfirerpg
Il profumo della primavera era ormai nell'aria, i colori sgargianti degli alberi in fiore rendevano tutto più bello e luminoso, una gioia per gli occhi della fata. I prati verdi costeggiavano la cittadina di Ravenfire, e quel senso di pace, che sentiva derivarne dalla sua stagione preferita, enfatizzava il suo essere positivo nei confronti del prossimo. Un sabato pomeriggio che sarebbe potuto essere come tanti, eppure quel sabato aveva un sapore diverso agli occhi della Hale che si dirigeva a passo sostenuto verso il luogo dove più trascorreva il suo tempo libero: la palestra. Il cielo limpido e ceruleo creava contrasto con i suoi capelli scuri spettinati dal vento, ma nel momento in cui mise piede all'interno dell'edificio il senso di appagamento colpì Genevieve. Si sentiva a casa tra quelle quattro mura, il bisogno di impegnarsi e dare il meglio di sé erano i fattori principali, ma il suo essere così attenta all'alimentazione e alla forma fisica non era legato al suo essere semplicemente una fata. Stancarsi e sudare era il modo migliore per azzerare i pensieri della mente, far scivolare via quei ricordi della sua infanzia che a volte tornavano a tormentarla lasciandola il più delle volte con un fortissimo senso di affanno. I leggins neri aderivano perfettamente al corpo scattante della Hale mentre un top dello stesso colore fasciava la parte superiore del suo corpo, scoprendo quasi in modo completo l'addome. Entrò distrattamente all'interno della sala pesi, cercando di raccogliere i capelli in una coda alta, con il preciso intendo di scaricare tutta la tensione accumulata per le ultime settimane di liceo. Presto la sua vita sarebbe cambiata, e per la prima volta quel cambiamento la eccitava.
Leander D. Wescott
*Rimuove un invisibile granello di polvere dalla tuta nera in cotone con ai lati esterni delle lunghe strisce bianche. Il comune e sempre azzeccato modello Adidas. La musica è una playlist preimpostata da chissà chi su Spotify, con fastidiose pause pubblicitarie ogni tot minuti. Al momento un Bennington vecchio stile urla di lasciare fuori tutto il resto. Gli intensi odori di sudore, deodorante, oli essenziali e profumi floreali per l’ambiente creano un nuovo modo per morire senza morire. Sposta lo sguardo sulle vene delle proprie braccia ingrossate dalla vasodilatazione da sforzo mentre si riposa tra una serie e l'altra. Le osserva ramificarsi fino a scomparire sotto la maglia nera elasticizzata a maniche corte. I capelli legati in un ribelle mezzo chignon basso. Tira su col naso per recuperare quanto più ossigeno possibile prima di ricominciare con una nuova serie. Al corollario di odori che potrebbe stroncare l'olfatto di un elefante in aria aperta si aggiungono ad un certo punto anche i feromoni. Parecchi, a giudicare dall'agitazione di due liceali ancora sbarbati. Inevitabilmente si ritrova spettatore di una conversazione più che abietta, con tanto di gomitate e riferimenti chiarissimi.* Oh ma è quella? Sì sì è quella lì. Minchia c’ha un culo che lo so io come glielo sbatterei dentro. È troppo figa per dartela, lascia perdere. Perché ora chiediamo il permesso se vogliamo prendercela? *Leander dopo l’ultima affermazione alza lo sguardo sui due, memorizzandone le fattezze. Il più alto è secco come uno stecco e la pelle gli penzola dalle braccia attratta dalla gravità. Un vecchio obeso in anoressia. Il viso è puntellato dall'acne allo stadio peggiore che Leander avesse mai visto ed i capelli sono scuri, spenti e sottili, già in parte diradati sulle tempie. La bocca è allargata in un disarmonico ghigno di cattiveria. L’altro è biondino e molto più basso, con evidenti pezzi di cibo attaccati all'apparecchio metallico ed un naso talmente aquilino da sembrare più un uccello che un uomo. Le ascelle di quest’ultimo sono sudate fino a metà busto e per completare la maestosità del momento non fa altro che grattarsi per l’unticcio e poi annusare le sue stesse dita zozze. Anche lui ghigna come se entrambi avessero appena detto e pensato la cosa più intelligente del mondo. Una scena raccapricciante. I due si rendono ben presto conto di aver usato un tono troppo alto e, sentendosi gli occhi di Leander addosso, si allontanano cercando le migliori angolazioni per avere una visuale migliore. Sospira amareggiato dal marcio di quei due individui e recupera i due manubri da 27.5Kg per uno, sollevandoli da terra e poggiandoli sulle cosce. Prima di iniziare la serie però si gira dalla parte opposta, cercando incuriosito il bersaglio di tanta cattiveria. E non si stupisce affatto nel rendersi conto che quasi tutte le teste presenti in stanza sono rivolte nella stessa direzione. Tutte tranne una, che guarda dritta dinanzi a sé un corretto e sensuale squat eseguito a corpo libero allo specchio. Anche lui non può sottrarsi al pensiero comune, sentendosi attratto da quella ragazza come chiunque altro lì dentro. Probabilmente anche le poche altre ragazze presenti e assolutamente non paragonabili a quella statua vivente. Si chiede come ci si possa sentire a vivere con tanta bellezza addosso. Con tanti occhi addosso. Perennemente al centro dell’attenzione, anche se non richiesta. Quanto possa essere pericoloso. Non sono affari suoi. Abbassa la schiena sulla panca piana e solleva i due pesi sopra la testa, disegnando con le braccia un triangolo invisibile con la punta rivolta in alto. Ad ogni sforzo segue una rumorosa espirazione. Fino ad otto. Poi si risolleva e rapidamente lascia cadere i pesi a terra. “Perché ora chiediamo il permesso se vogliamo prendercela?” La frase pronunciata dallo spilungone continua a martellargli in testa, molto più intensamente della Bohemian Rhapsody appena partita. E prima che possa rendersene conto comincia a preoccuparsi per quella sconosciuta, non togliendole più gli occhi di dosso.*
Genevieve Amélie S. Hale
Le voci, gli odori, perfino i rumori erano passati tutti in secondo piano quando entrò nella sala attrezzi di quella palestra che era diventato il suo angolo abituale di riparo. Era il momento in cui poteva essere se stessa, il momenti in cui qualsiasi persona rimaneva fuori dalla sua sfera personale e poteva smettere quella maschera che la vedeva come la ragazza superficiale improntata solamente sull'estetica. Lì, tra quelle quattro mura, la fata si impegnava, si dava da fare senza ascoltare quei commenti che avrebbero fatto accapponare la pelle di qualunque ragazza. Quel pomeriggio, tuttavia, era diverso. Era diverso nell'udire i commenti spinti che le avevano riservato, era diverso nell'aria che stava respirando, ed era diverso perché v'erano un paio d'occhi che non avevano mai smesso di guardarla con insistenza. S'avvicinò al tapis roulant, semplicemente con un paio di falcate, salì sull'attrezzo e l'avviò cliccando sul tasto start. Solo quando il rullo cominciò a girare e le sue gambe cominciarono a camminare, Genevieve si sentì in dover alzare gli occhi sul biondo che non aveva smesso un secondo di guardarla. Rimase in silenzio però, osservò con occhi avidi i capelli biondi raccolti disordinatamente, le spalle larghe e i bicipiti che lavoravano sotto il nylon misto a cotone della sua t-shirt. Non c'era che dire, era decisamente una bellezza per gli occhi. Lasciò che fosse la lingua ad accarezzare la punta delle sue labbra inumidendole appena prima di essere la prima a troncare quella tensione che s'era venuta a creare. « A quanto pare ho un nuovo spettatore, ma questa volta non parlante... » Un angolo delle labbra si alzò, continuando imperterrita il suo camminare a passo sostenuto. Genevieve non aveva mai fatto mistero della consapevolezza che aveva di se stessa, della bellezza che lascia i ragazzi senza fiato, eppure mai una volta aveva ceduto al lato erotico di un ragazzo, uno qualsiasi. Tutti troppo infantili, troppo egoisti a volte, per riuscire a giungere nelle sue grazie, e tutti troppo poco determinati, ma quegli occhi che la scrutavano come fosse una gemma preziosa, non l'avevano lasciata un secondo. In quel momento ricordava esattamente il suo ultimo pensiero, qualcosa stava per cambiare era nell'aria.
Leander D. Wescott
*Si chiede mentalmente come poter approcciare una liceale forse ancora minorenne senza dar l’impressione di un cane in calore che sbava verso la migliore delle femmine, o peggio, di essere addirittura interessato a qualcosa in più. Vorrebbe tanto ci fosse Ginny a dargli manforte, spigliata com'è nelle pubbliche relazioni. Lei si sarebbe attivata immediatamente se fosse venuta a conoscenza dei piani contro la povera ragazza. Ragiona senza mai perdere il contatto visivo con la mora, distogliendo gli occhi giusto nell'incrociare qualche volta quelli di lei. In quei casi continua ad allenarsi blandamente, per mantenere un minimo di parvenza, ma in vero sta solo temporeggiando. Non è abbastanza concentrato per lavorare come si deve, e nemmeno dell’umore giusto I due stronzi le ronzano ancora addosso come mosche che sorvolano il guano. Solo che le merde in questo caso sono loro. Il segnale che arriva è che la stanno chiaramente aspettando per poi seguirla e tenderle chissà cosa una volta rimasti da soli. Passa l’asciugamani dietro al collo facendo poi scrocchiare con movimenti decisi la schiena. Si distrae solo qualche secondo, quanto basta per sentirsi rivolgere la parola proprio da lei. E, incredibilmente, quelle parole non fanno per niente breccia. Anzi. Leander comincia lentamente a mettere in dubbio l’eccessiva preoccupazione. Come tutti si era solamente fatto ammaliare dalla sua attraente aura. Ciò che adesso vede è un altro guscio vuoto privo di futuro. Resta vicino al macchinario dove lei si sta allenando, così da poter parlare senza alzare troppo la voce. Non sa bene come e cosa poter rispondere dopo un’affermazione del genere. Principalmente per la totale inesperienza con le ragazze -eccetto Ginny ma lei non era una ragazza- e secondariamente per la troppa schiettezza. Mettendosi nei suoi panni lui la stava effettivamente fissando da tempo. Lui quindi era fraintendibile. Ed indubbiamente in torto.* Credo ci sia stato un malinteso, non sono interessato a te in quel senso. *Dice infine, lasciando alla sincerità la vittoria su qualsiasi altra scusa. Avrebbe potuto benissimo stare al gioco, prender confidenza, trovare una possibile nuova amicizia, instaurare un legame. Avrebbe potuto scegliere un'infinità di altre cose. Invece no. Diversamente non sarebbe stato Leander. L’espressione in volto è neutrale, solo un minimo in difficoltà.*
Genevieve Amélie S. Hale
Era stata azzardata la fata nel pronunciare quelle parole, eppure non v'era possibilità che lei mentisse. Tutte le fate erano incapaci di mentire, eppure il loro modo di fare permetteva loro di prendersi gioco del prossimo come meglio credevano, illudendo e girando la verità a proprio beneficio. I commenti che aveva avvertito quando aveva posato piede tra quelle quattro mura, erano sempre gli stessi, provenienti da ragazzini sudici, eppure il fatto che quel giovane dai capelli color dell'oro non avesse smesso di osservarla la incuriosiva. Era attraente, i suoi occhi parlavano di insicurezza e timore, eppure quelle labbra appena schiuse invitavano ad avvicinarsi in qualche modo. La punta della di lei lingua inumidì le labbra mentre gli occhi guardinghi si trasformarono in due pozze scure. Tutte le persone attorno a lei erano ormai prive di interesse ai suoi occhi, ma quello sconosciuto sembrava un piccolo cucciolo indifeso. Scosse poi il capo la Hale nell'udire quella debole replica. Che fosse come tutti gli altri? O semplicemente non si aspettava che fosse lei la prima a rivolgergli la parola? « Ah no? Eppure non mi hai staccato per un momento gli occhi di dosso... » Replicò con estrema chiarezza ma senza traccia di accusa. Genevieve era sempre stata consapevole del suo aspetto esteriore, della sua bella, della sua pelle ambrata e di quei lunghi capelli scuri che ricordavano il colore dell'onice. Ma mai una volta qualcuno aveva negato il proprio interesse per lei. I passi sul tapis roulant continuarono a suon battuto, ma il ragazzo stava diventando decisamente più interessante.
Leander D. Wescott
*Mugola qualche istante, prendendosi qualche istante di tempo per rispondere. Poi esordisce serio.* Sì, hai ragione. Penso stessi cercando di arrivare a questo punto ma adesso che stiamo parlando non ho idea di cosa fare. Pensavo di portarti a mangiare qualcosa, dopo palestra. In un posto qualsiasi qui in zona. *Sente chiaramente la propria voce come se fosse esterna al corpo. Poi ne percepisce una seconda a livello cerebrale prendere a pugni il lobo frontale per l’insolita impulsività, come se anch'essa fosse un’entità a se stante. E lo sta insultando. O meglio, si sta auto insultando. La situazione sta prendendo una piega decisamente imprudente. Un appuntamento? Con una minorenne? Con così tanta nonchalance? Una seconda voce contrasta la prima, rassicurandolo ed imbastendo una conversazione a tre. Il tutto mentre dall'esterno lui osserva i piedi della ragazza muoversi sul rullo. Dopotutto uscire con lei gli avrebbe permesso di non lasciarla tornare a casa da sola. Non quella sera. Per il resto avrebbero passato una serata talmente noiosa da volerla concludere entrambi il prima possibile. Ogni cosa ha maledettamente senso, in tutta la sua stramberia. Alza nuovamente gli occhi sul viso di lei, aspettandosi una grassa e fragorosa risata.*
Genevieve Amélie S. Hale
Sfacciata il più delle volte, Genevieve era abituata agli sguardi insistenti dei ragazzi. Spesso le chiedevano di uscire, spesso facevano di tutto per apparire davanti ai suoi occhi, eppure mai una volta aveva concesso a uno di loro l'opportunità di conoscerla veramente. Nascondeva la sua natura fata con la sua parlatina, ma senza mai mentire. Era impossibile per lei mentire, ma si comportava come un'umana qualsiasi attenta sempre al prossimo. La cattiveria era un sentimento che non le apparteneva, tuttavia le piaceva che gli estranei la considerassero non più che una ragazzina superficiale fin troppo presa dalla forma fisica. Ma quella facciata di superficialità era ciò che veniva definita una maschera, un muro che aveva innalzato per proteggere se stessa. Continuò a camminare la fata, ma la sua attenzione sembrava essere catturata dall'inesperienza del biondo che nemmeno s'era presentato. Scosse dapprima il capo roteando gli occhi ma senza mai distogliere la mente da suo obiettivo, ma in quel movimento ella lasciò trasparire un semplice sorriso. « Quindi... Prima mi non mi togli gli occhi di dosso, poi mi chiedi di uscire ma non ti presenti? » Domandò la fata con fare appena sarcastico. Era abituata ad essere lei quella sfuggente nel sesso forte, era lei ad essere schiva per evitare ammiratori, ma mai nessun ragazzo le era sembrato così inesperto. Era grazie alla sua nuova famiglia se Genevieve era cresciuta conoscendo l'amore e l'affetto che poteva esserci tra due persone, eppure la paura del dolore era un qualcosa che aveva sempre fermato la fata. « Ragazzo mio, devi rivedere il tuo piano d'azione... »
Leander D. Wescott
*Fa spallucce come se non si sentisse in nessun modo in difetto. Dopotutto non esisteva nessuna norma scritta o verbalmente trasmessa che regolamentasse un tipo di approccio standardizzato. Quindi teoricamente non aveva sbagliato nulla. Anzi. Gli era persino sembrata una buona idea la via della trasparenza. Sincero nelle intenzioni ed abile a nascondere i veri intenti. Però certamente lei ha ragione sul doversi almeno presentare e quindi non questiona, evitando così di scadere sul banale meccanismo di difesa del metter le mani avanti.* Mi chiamo Leander, ed è strano sentirsi chiamare ragazzo mio da una che deve ancora finire le superiori, però sì, confermo quello che ho detto. *A quel punto sale anche lui sul tapis roulant libero accanto a quello usato da lei, non mettendolo però in funzione. Da le spalle allo schermo conta lavoro ed incrocia le braccia, potendo colloquiare adesso senza metter troppe distanze. Il viso della ragazza è veramente molto bello. Per quanto lui non abbia così tante conoscenze sulle donne, quel viso è oggettivamente bello. Bello su qualsiasi tipo di corpo, anche non allenato. Anche basso. Tozzo. Grasso. Quel viso è equilibrato. Un po' come quelle sculture greche dove le proporzioni stabilivano la funzionalità del codice dell'attrazione. Lei sarebbe stata catalogata da un greco come indubbiamente aurea. Gli viene da sorridere nell'avere questi pensieri mentre lei è del tutto ignara di cosa gli stia passando per la mente. Ed in qualche modo nell'intimo è divertito. Stranamente divertito.* E il tuo?
Genevieve Amélie S. Hale
V'era sfrontatezza nelle parole della fata e, nonostante il più delle volte questa caratteristica non le appartenesse, Genevieve era tale ogni volta che si sentiva in soggezione.Era difficile prendere in contropiede un tipo come Genevieve eppure il giovane davanti a lei, la metteva sull'attenti, quasi a disagio. Sentiva i suoi occhi scrutarla come se fosse un oggetto raro, da maneggiare perfino con i guanti e per quanto sia sempre stata nei discorsi dei ragazzi, l'atteggiamento del biondo nei suoi confronti la confonde. Come deve comportarsi? Sorrise distrattamente per la sua successiva risposta, che le fa sorgere uno spiraglio di luce in quel suo petto ancora chiuso ermeticamente. « Leander, mh? » Ripeté il suo nome facendo schioccare la lingua contro la parte alta del palato e gustandosi in qualche modo il piacere che ne traeva. Si permise di abbassare lo sguardo per un momento per poi rialzarlo e seguire i movimenti del giovane che ora, con un'ottima padronanza, prendeva posto accanto a lei. La distanza sembrava essere stata colmata con quella mossa, tuttavia gli occhi del biondo non la lasciarono un secondo. La fata si limitò ad osservare il giovane, i lunghi capelli biondi con quelle striature appena più scure raccolti in una coda disordinata, il fisico estremamente tonico e l'ampio petto che poteva intimidire un poco. Dannazione era decisamente sexy. Si ritrovò così ad affondare i denti nel labbro inferiore mentre gli occhi facevano quella radiografia con il giovane del tutto ignaro. Scosse appena il capo cercando di allontanare ogni tipo di pensiero, basandosi però sull'attenzione che doveva sempre tenere a mente. « Mi chiamo Genevieve... A quanto vedo gli occhi addosso rimangono, però. Perché dovrei uscire con te? Non ti conosco nemmeno... »
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. 🔮 #ʀᴀᴠᴇɴғɪʀᴇʀᴘɢ 𝖓𝖚𝖔𝖛𝖆 𝖗𝖔𝖑𝖊! ◌ the spooky halloween town
Aveva scelto un travestimento semplice e pratico (pigro, come lo aveva definito Cece) per la serata di Halloween. Gli era bastato indossare una t-shirt bianca e sporcarsela di sangue finto, per dire, a chiunque glielo avesse chiesto, che si era ispirato a Billy Loomis di Scream. Da qualche parte nel suo appartamento, ricordava, teneva anche la maschera di Ghostface, ma quella sera Leander non era riuscito a trovarla, ed era andato all’evento senza. Il resort, anche attrezzato in quel modo, gli procurava un certo effetto che avrebbe voluto silenziare con l’alcol, nonostante si fosse autoimposto di non bere oltre un bicchiere o due di birra, rimanendo cosciente e trascorrendo una serata – più o meno – tranquilla. E Ginny l’aveva incontrata durante il suo secondo giro di birra. “Dì a Rossella che francamente me ne infischio.” Citò l’iconico film diretto da Chuck Russell, ‘the mask’, riconoscendo il travestimento dell’amica. “The Mask. Scelta originale la tua, piccola Ginny. Ti stai divertendo?”
Ginny R. Océane Lagarce
Scegliere di partecipare all'evento era un qualcosa che era venuto fin troppo naturale alla veggente, soprattutto perché sapeva che il vestito da lei scelto beh, avrebbe attirato non poco l'attenzione. Un giallo brillante, infatti, brillava nella sera di Halloween, dove il resort sembrava ospitare la scenografia più spaventosa che potessero creare. Sangue finto, occhi iniettati di sangue, ragni, qualunque cosa che potesse incutere timore era presente, per non parlare dei drink e del buffet che era stato preparato, tutto faceva paura. La maschera verde era la scelta più azzeccata per quella festa, la musica era assordante e la sala da bello sembrava essere gremita di persone. Corpi ammassati l'uno sull'altra danzavano a ritmo di musica, metre il corpo della veggente odeggiava lievemente a seguito dei numeros drink bevuti. Non era ancora mezzanotte ma il livello di quella serata avrebbe portato di certo a qualche conseguenza spiacevole. Osservò l'amico di sempre avvicinarsi, con quella maglietta spruzzata di sangue, e un sorriso diabolico comparve sulle di lei labbra. « Piccola Ginny, eh? Non mi chiamavi così da quanto? Ora ho capito, il sangue ti ha dato alla testa, non è vero? » Commentò ridacchiando prima di prendere un altro sorso del suo drink color del sangue. Non sapeva che cosa fosse esattamente, ma il gusto era dolce, intenso e scivolava che era un piacere. « E sì, non è male la festa... Almeno sono uscita di casa e mia madre non mi dà il tormento. Tu, piuttosto? Non dirmi che non avevi trovato altro travestimento... »
Leander Wescott
Le persone intorno a loro ballavano, chiacchieravano tutte con il più alto tono di voce, si dimenavano vorticosamente e ridevano come se partecipare a un evento come quello fosse la cosa più divertente al mondo; ma secondo Leander erano soltanto ubriache. Troppo, per riuscire a capire che non era sicuro bere in quel modo. Anche l’amica sembrava un poco ciucca, e vederla trincare un liquido rossastro dal proprio bicchiere stava diventando un tormento. Lui che non voleva osare perdere il proprio ritrovato autocontrollo mandando giù qualche bicchierino di troppo nel suo stomaco ancora malato, cominciò ad avvertire un principio di quello che sembrava essere un vero e proprio attacco d’ansia: mani sudaticce, labbra secche, cuore sprofondato nello stomaco, improvviso tremore. “Cos’ha che non va il mio costume? Sono l’assassino più spietato di Woodsboro.” Provò a nascondere il suo disagio sorridendo. Tuttavia, gli occhi non smettevano di guardare il bicchiere di Ginny. “Non volevo nemmeno venire a questa festa,” ma sottovoce aggiunse, rivolgendosi a se stesso: “Sarei dovuto restare a casa.” Lo pensava davvero. Ne era convinto anche in quel momento, sotto lo sguardo attento di Ginny. “Tu.. ti stai divertendo?”
Ginny R. Océane Lagarce
Essere brilli ad una festa doveva essere una cosa normale, eppure quando lo faceva Ginny c'era sempre il retro della medaglia. Aveva partecipato a centinaia di feste, il più delle volte addirittura non ricordava nemmeno dove si trovasse eppure ultimamente il fatto di poter ripercorrere quel tipo di vita di tanti anni prima sembrava essere un qualcosa di accattivante. Lasciare andare il controllo era un qualcosa che appateneva al passato, Leander lo sapeva bene, ma sapeva di aver bisogno di lasciarsi un poco andare. Aveva bevuto uno, non più di due drink ma fu quando osservò con più attenzione gli occhi dell'amico che Ginny comprese. Bastava uno sguardo per comprenderlo, quel velo che sembrava gridarle di portarlo via da quel luogo, di salvarlo dalla sua stessa esistenza. Istintivamente la veggente si avvicinò, posò una mano sul volto dell'amico e lo guardò negli occhi, tenendo quel tono di voce che sembrava dover infondere fiducia. « Ehi... Va tutto bene, siamo a una festa, è vero ma possiamo andarcene in qualunque momento. Ma sarebbe un peccato non spaventare ancora qualcun altro... » Commentò con un debole sorriso sulle labbra. A poco a poco il sorriso scemò mostrando così un lato che a poco persone permetteva di conoscere la Lagarce. « Voglio solamente non pensare... Ho bisogno di fare cose normali, partecipare a una festa, stare qui con te... Non è un vero e proprio divertimento nel senso lato del termine, ma sto bene. Vuoi andare a casa? »
Leander Wescott
Quel contatto che non aveva chiesto né preveduto lo scosse, a tal punto che dovette arretrare per impedirle di farlo di nuovo. Non se l’era aspettato – che qualcuno riuscisse a capire come si sentiva in quel momento e che lo evidenziasse in quel modo. Dannazione. Era avanzato di livello da poco più di qualche mese e ancora non si capacitava di come non fosse in grado di prevenire determinate situazioni, vivendole prima del tempo o anche solo intuendo il momento in cui sarebbero accadute. Non voleva che Gin pensasse male di quel suo improvviso allontanamento, si sentiva soltanto... strano, e scosso. “Va tutto bene, posso restare”, nel dirlo qualcosa lo tradì. Forse il tono di voce, un po’ incrinato, o forse il sorriso tirato che provò a rivolgere alla sua amica. Non era da Leander mentire in quel modo così tanto palese, eppure lo aveva appena fatto; e continuò a farlo, mandando avanti una farsa che fungesse a coprire ogni possibile motivo del suo malessere. “Davvero. Sono solo nervoso perché mi sono ripromesso che non avrei bevuto, ma..” rise appena, guardandosi intorno e indicando le persone già ubriache che danzavano e saltavano e urlavano eccitate. “Non è facile, con tutto quest’alcol che c’è in sala. Tu non preoccuparti per me, ok?” Le prese una mano e la strinse, adesso, dolcemente; un tocco amichevole e fraterno nella speranza che non gli venissero fatte domande e che non continuassero a parlare di tutto ciò che lui stava volutamente, ed egoisticamente, evitando. “Solo... non bere troppo.”
Ginny R. Océane Lagarce
La mano, che aveva allungato su quel bel viso, inevitabilmente cadde quando Leander fece un passo indietro, allontanandosi. La veggente si sentì in qualche modo ferita da quel comportamento, eppure lo capiva, forse meglio di quanto non avesse mai potuto farlo chiunque altro. Ogni volta che sentiva qualcuno avvicinarsi più del dovuto, era la stessa bionda a fare un passo indietro, a proteggersi da qualsiasi insidia che si fosse potuta infiltrare nella sua corazza. Osservò quel volto che conosceva così bene eppure così poco con un velo di tristezza negli occhi, ma con un semplice cenno del capo, ella si ritrovò ad annuire. « Okay... » Mormorò la bionda pensando che fosse assolutamente impossibile non preoccuparsi per lui. Tante cose si potevano dire della Lagarce, perfino infinite falsità, ma quando teneva realmente a una persona, ci teneva con tutta se stessa. Osservò le loro mani poi intrecciate, occasione perfetta per distogliere lo sguardo dai quegli occhi prima che potessero scorgere il magone che era nato in lei. Sentiva crescere dentro di lei un nodo in gola, una sensazione quasi di soffocamento che la portò a schiudere le labbra e successivamente a cercare le parole giuste che comunque non sarebbero mai arrivate. « Non lo farò. E Leo? Basta una parola e andiamo via. » Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, non voleva mostrarsi debole, come lui non volle mostrare ciò che lo stava turbando in quel momento. Ella indossò il sorriso migliore che poté, fece un lungo sospirò e lasciò andare quelle dita intrecciate che in quel momento sembravano un'ancora.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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.༗. ༺་𝐿𝑒𝑎𝑛𝑑𝑒𝑟 & 𝐺𝑖𝑛𝑛𝑦 #𝑅𝑎𝑣𝑒𝑛𝑓𝑖𝑟𝑒𝑟𝑝𝑔 𝐺𝑖𝑛𝑛𝑦's Home• #𝑚𝑎𝑦𝑡h𝑒4𝑡h𝑏𝑒𝑤𝑖𝑡h𝑦𝑜𝑢 4~5~2019 Pomeriggio 𝑁𝑜𝑟𝑚𝑎𝑙𝑅𝑜𝑙𝑒༻
*Il cinema pullula di anime. Per l’evento tutte le strade che intersecano la zona sono state chiuse ai mezzi così da permettere l’apertura di chioschi provvisori adibiti alla vendita di gadget, cibo ed alcuni perfino intrattenere con dei giochi. Tutto a tema Star Wars. La città sembra aver apprezzato fortemente l’evento, tanto da diventare quasi un giorno di fiera. L’età media è variabile. Molti addirittura indossano dei veri e propri cosplay dei personaggi amati. Leander e Ginny lasciano la moto poco distante, raggiungendo la massa a piedi. Il sole è complice di una giornata meravigliosa.* Non ci credo, hanno messo gli stand con i gadget.. *Le dice sorpreso mettendo a fuoco i contenuti dei gazebo in fila. I due camminano l’uno affianco all'altra e Leander sembra accelerare un minimo il passo. Nell'aria il profumo di carne, fritti, salse fa venire l’acquolina in bocca. Ovunque si vedono bambini rincorrersi con almeno una spada laser giocattolo tra le mani. I più temerari si arrischiano ad usarne due. I colori delle spade sono i tipici: rosso, verde o blu ed emettono suoni metallici di tanto in tanto. Se fosse per lui comprerebbe ogni cosa, dai peluche ai portachiavi. Persino il copri tazza del cesso.* Ci fermiamo a guardare qualcosa dopo i film? *Le chiede girandosi a guardarla. Adesso sono costretti a muoversi più lentamente, essendo del tutto entrati nel cuore della fiera.*
Ginny R. Océane Lagarce
Ancora non riusciva a credere di essere lì, in mezzo a tutte quelle persone che sembravano realmente appassionate a quella saga cinematografica. In ogni dove v'erano capannelli di persone che parlavano e disquisivano su teorie e quant'altro, ma soprattutto ciò che aveva colpito profondamente Ginny era il fatto che fossero presenti così tanti bambini. L'allegria che si respirava in quell'angolo di città era contagiosa, e mentre i due veggenti s'avvicinarono al cinema, destinazione del loro appuntamento, la bionda sentì la voce di Leander meravigliarsi come un bambino. Il sorriso che comparve sulle di lei labbra nell'osservare l'amico così felice fu un buon modo per essere ripagata per essere lì. « Mi rifiuto di andare in giro con te che fendi l'aria con la spada laser del momento... » Ancora una volta prese in giro l'amico ma senza nemmeno pensarci lo prese sotto braccio camminando lentamente ed osservandosi attorno. Era incredibile come un solo tema potesse unire così tante persone, ma era la realtà. « Però un giro possiamo farlo... Che ne dici che prendiamo pop corn e coca cola? Se hai intenzione di tenermi là dentro tutto il tempo ho bisogno di energie, e sono contenta che qui in mezzo non sembro una matta vestita così. »
Leander D. Wescott
*”Ci andrai in giro fendendo una spada laser. Eccome se lo farai..”, si dice mentalmente, sicuro che la saga entusiasmerà di certo l’amica. O almeno lo spera così ardentemente da non considerare affatto altri possibili risvolti.* Sì, facciamo scorta. Per il giro mi sa che è meglio dopo.. *Osserva l’orologio al polso sinistro indicare dieci minuti alle sei. Poi il marasma in fila aldilà delle grandi porte di vetro del cinema. Poi gli occhi di lei.* ..abbiamo dieci minuti più qualche altro minuto di pubblicità prima che inizi il film. e in fila c'è già un casino. *Stringe un occhio per l’intensità di luce dopo essere entrati in una zona totalmente illuminata e d’istinto solleva una mano per deviare i raggi. Il tono di voce è leggermente più alto del solito per permetterle di sentirlo in tutto quel can can di corpi, musica, odori ed allegria.* Tanto ho detto a tua madre che se facevamo tardi stasera restavi da me ed ha detto che è ok. Mh? *Le sorride alzando solo la rima labiale di sinistra, con in volto l’ombra di cinque dita, e cerca nel suo viso conferma che vada bene.*
Ginny R. Océane Lagarce
Quel sorriso furbo che la veggente aveva intravisto sul volto dell'amico nascondeva qualcosa che sicuramente lei non avrebbe di certo approvato. Era strano riuscire a trascorrere un po' di tempo in compagnia di Leander quando i loro impegni il più delle volte li portavano a rimanere distanti per parecchi giorni. Lo studio fotografico, il college, l'ospedale erano tutti ostacoli che avevano imparato a superare nel corso del tempo, anche quando spesso tendevano a litigare. Più e più volte aveva passato giornate al cinema con lui, ma questa volta v'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che andava oltre alla loro amicizia, e scendeva nel profondo. « Non guardarmi così, niente spada laser... » Lo ammonì la Lagarce, ma senza nascondere uno sguardo divertito e assolutamente giocoso. Sbatté un paio di volte gli occhi per via del sole che illuminava tutta quella parte della città e solo quanto sentì le sue successive parole il sorriso divenne più ampio. « Sono tornata da avere quattordici anni che devo chiedere a mia madre il permesso di dormire fuori? Non sono più una bambina, Lee... » Sbuffò Ginny scuotendo appena il capo. Ancora una volta l'amico l'aveva considerata una bambina, probabilmente l'aveva fatto in modo innocente, eppure un poco quell'atteggiamento di campana di vetro la faceva arrabbiare. Inspirò sonoramente prima di poter replicare e lasciar andare quel suo caratterino che spesso l'aveva differenziata. « Non ho bisogno del suo permesso, ma sì... E togli il se, faremo senz'altro tardi, mi hai portato fin qui per cui godiamoci tutta la giornata, ed è fin troppo che non trascorriamo un po' di tempo insieme. Vieni non voglio rischiare di trovare qualche pazzo squinternato davanti a me e non riuscire a vedere i film... »
Leander D. Wescott
*Lega le labbra per trattenersi dal sorridere. Adora le linee d’espressione che Ginny sta esasperando. Le rughe del risentimento. Quel broncetto che corruga il mento e stringe le sopracciglia portandole a scontrarsi. Nonostante lei sia cresciuta, maturata anche fisicamente, nonostante sia diventata una giovane donna, Leander continua a vederla come una bimba da tutelare. Ed a trattarla come tale. La sorellina che non ha avuto. O meglio, il rapporto tra fratelli che non ha mai avuto. C’era Chelsea con cui condivideva lo stesso sangue ma crescendo separati non si era creata la stessa condizione. Lo stipo tipo di sentimento.* Ecco perché sono stato io a chiederlo al posto tuo. *La stuzzica ancora, provando un forte slancio d’affetto per la biondina arrabbiata. Quindi cerca il contatto fisico e, liberandosi dalla posizione precedente a braccetto, le afferra la spalla sinistra col braccio destro, spingendosela addosso. Non desidera che quel piccolo screzio possa in qualche modo rovinar loro la giornata, conoscendo il carattere permaloso dell’amica, perciò lui assume un tono rassicurante e le giustifica il proprio comportamento.* Lo sai che Gwen preferisce essere informata di quello che ti succede, ed io non voglio che si preoccupi. Ma nessuno qui ti considera una quattordicenne, scema. *Le stampa un bacio sulla tempia prima di sciogliere del tutto il contatto già fin troppo intimo e guidarla davanti a se dentro le porte del cinema. Si assicura che siano vicini e compra i biglietti per entrambi, dirigendosi poi nella sala citata sul pezzo di carta. Fila M posti 22-23. Leander sorride nell'occupare chiaramente il posto che gli compete. Le luci sono soffuse e lo schermo ancora spento. Le poltrone di pesante stoffa rossa, in parte reclinabili, sono disposte a semicerchio. Ad anfiteatro. La sala è gigantesca ed in parte già piena. Nella fretta entrambi dimenticano di prender da mangiare.*
Ginny R. Océane Lagarce
Quell'espressione contrita velava ancora l'angelico volto della Lagarce, le labbra appena increspate, e quel broncio che ricordava così tanto la bambina piccola che aveva conosciuto l'amico tempo addietro. Ancora una volta la veggente veniva considerata nient'altro che una ragazzina, ma cosa avrebbe dovuto fare per essere presa sul serio? Incrociò le braccia appena sotto il seno, poggiandole così all'addome mentre quell'espressione corrucciata a poco a poco stava scemando. Non riusciva a tenere il broncio troppo a lungo, soprattutto non con Leander. Abbassò per un momento la di lui mano poggiata sulla spalla, e ancora una volta fu lui a cercare quel semplice contatto fisico che ormai era diventato all'ordine del giorno. Non sapeva come giudicarlo, eppure c'era qualcosa di diverso nelle ultime due volte in cui s'erano incontrati. « Mia madre non dovrebbe sapere nulla, e tu non dovresti fare la spia lo sai? » Domandò lanciandogli un'ultima occhiata arrabbiata prima di scuotere il capo. Leander era sempre stata una presenza costante nella vita della veggente, una presenza diventata il suo punto di riferimento, ma quel suo fare protettivo, ora che era cresciuta, stava cominciando a starle fin troppo stretto. Una volta entrati ed acquistati i biglietti, il malumore della veggente sembrò essere scemato. Tutto sembrava essere tornato alla normalità, ma quella punta di apprensione rimase nella mente di Ginny. Si sedette nei posti indicati sui biglietti e una volta che l'oscurità avvolse i loro corpi appoggiò il capo sulla spalla dell'amico. « Prima o poi andrò a vivere da sola, anzi presto... e tu non sarai più costretto a fare da intermediario... Ora spiegami un po', chi è lui? Fa parte dei buoni o dei cattivi? » Mormorò con voce bassa, prendendo posto con una posizione scomposta che la vedeva mezza addossata al ragazzo. Se fossero stati a casa molto probabilmente si sarebbe messa comoda incrociando le gambe sotto di sé, come ogni volta che si vedevano per guardare un film in televisione, ma ora tutto sembrava diverso.
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.༗. ༺་𝐿𝑒𝑎𝑛𝑑𝑒𝑟 & 𝐺𝑖𝑛𝑛𝑦 #𝑅𝑎𝑣𝑒𝑛𝑓𝑖𝑟𝑒𝑟𝑝𝑔 𝐺𝑖𝑛𝑛𝑦's Home• #𝑚𝑎𝑦𝑡h𝑒4𝑡h𝑏𝑒𝑤𝑖𝑡h𝑦𝑜𝑢 4~5~2019 𝑁𝑜𝑟𝑚𝑎𝑙𝑅𝑜𝑙𝑒༻
*Dopo aver letto l'ultimo messaggio di Ginny, Leander s'era un minimo incupito e aveva scelto di non rispondere. Sperava la sua fosse solo una frecciatina perché di certo non le serviva indossare abiti sensuali per attirare l'attenzione. E soprattutto a lui non piaceva l'idea che qualcuno le tenesse a lungo gli occhi addosso. Indossa degli abiti molto simili allo stile usato da uno dei personaggi principali dei film e, dopo aver recuperato chiavi, portafogli, occhiali da sole e telefono, si dirige dall'amica. La giornata non è particolarmente fredda e la primavera sembra lentamente abbandonare la pioggia e l'umido, abbracciando un timido sole tiepido. Parcheggia la moto davanti casa di Ginny e, piuttosto che aspettarla fuori casa, preferisce citofonare, sperando di poter anche salutare Gwen.*
Ginny R. Océane Lagarce
Lo aveva stuzzicato con quel messaggio, e il fatto che non avesse risposto indicava il fatto che molto probabilmente Lee se la fosse presa. D'altra parte, tuttavia, Ginny non era più la bambina che lui ricordava, era cresciuta, e stava diventando a poco a poco una giovane donna. Con le labbra che s'erano serrate appena mentre indossava il costume scelto, sentì il citofono suonare. Immediatamente si vestì e una volta scese le scale, la Lagarce giunse nell'ingresso per aprire la porta. Osservò i suoi abiti e quanto stesse bene vestito così, nonostante entrambi ricordavano quel film di molti anni prima. « Sei in anticipo... » Disse la veggente mentre aprì la porta per farlo accomodare. Si passò le mani tra i lunghi capelli biondi e si diresse verso la sala. « Ti prego dimmi che ho azzeccato il vestito... »
Leander D. Wescott
*La porta si apre e Leander non può evitare di osservare la ragazza dai piedi alla testa. Era pronto al peggio dopo quel messaggio e, con sua grande sorpresa, la scelta del costume si rivela più che azzeccata. Non solo aveva scelto uno dei costumi più gettonati e riconoscibili della saga, ma era anche riuscita a trovarne uno molto femminile che esonerava dall'infilarsi dentro una scomoda corazza. Il curvare il capo a sinistra mentre osserva i dettagli che le cingono il corpo lascia intendere esattamente cosa Leander stia pensando e Ginny, probabilmente accorgendosene, non perde tempo a chieder conferma della scelta.* Sì, direi di sì. Certo..Jabba sarebbe stato meglio, ma imparerai ad apprezzarne la bellezza solo dopo averlo visto all'opera. *La provoca, mentre con la mano spinge la porta per farsi spazio ed entrare. Non si sofferma più di tanto a farle complimenti, sembra piuttosto distratto da altro. Il profumo che immediatamente lo investe è casa. Un passato di ricordi magnifici che inconsciamente si riaccendono e lo fanno stare bene. Non fa complimenti Leander, muovendosi a proprio agio senza sentirsi per niente un estraneo. La lascia indietro e procede, cercando con gli occhi qualcosa. O qualcuno.* Lo so che sono anticipo, volevo salutare tua madre..C'è? *Dice girandosi e guardando l'amica chiudere la porta d'ingresso. Contemporaneamente toglie gli occhiali da sole attaccandoli al collo della maglia.*
Ginny R. Océane Lagarce
L'amico non aveva bisogno di presentazioni o anche solo il giro turistico della casa, aveva difatti trascorso tanto di quel tempo con lei sul loro divano e nella sua stanza da essere ormai di casa. Ed era così anche per la sua famiglia, in particolar modo per sua madre. Un sorriso sghembo aleggiò sulle labbra della veggente a quelle parole, che nascosero un ridacchio divertito. « Ah ah ah... Molto divertente Wescott, ma preferisco di gran lunga il mio vestito. Mamma è di là in cucina che sta trafficando con qualcosa, vai da lei che io finisco di prepararmi, okay? Ci metto pochissimo, promesso. » Aveva avuto modo di chiudere la porta e fargli un leggero cenno con il capo per indicare la cucina da cui si sentivano provenire dei rumori e dei piatti muovere. Affondò appena i denti nel labbro inferiore come faceva ogni volta in cui si trovava in una situazione appena nervosa, e scuotendo il capo si diresse al piano superiore per mettere a punto il suo look.
Leander D. Wescott
*Corruccia la fronte Leander, sentendosi chiamare per cognome ma la contentezza di incontrare Gwen scaccia immediatamente il pensiero. Osserva la ragazza salire le scale per la zona notte e poi, vedendola sparire, si gira e prosegue verso la cucina, bussando col dorso della mano sulla porta per annunciarsi. Gwen è in procinto di preparare qualcosa di delizioso per la cena, come dimostrano gli aromi che piano piano iniziano a cospargere l'aria. Carote, sedano, cipolla, ma anche carne e patate. Inspira fino a sollevare il mento per poi dedicare alla donna il sorriso più sincero del mondo. Per lui è come la madre che non ha mai avuto.*
Ginny R. Océane Lagarce
Aveva lasciato Leander in compagnia di sua madre, solamente il tempo di poter finire di prepararsi. Pettinò i capelli lasciandoli sciolti ma perfettamente lisci con la riga al centro del viso credendo che fosse la scelta migliore per quel tipo di outfit. Ancora non riusciva a credere di aver accettato di partecipare a quell'evento, eppure non ci aveva pensato due volte a dire sì. Il rapporto che s'era venuto a costruire tra i due era evoluto negli anni, ma ultimamente sembrava che, in qualche modo, entrambi si guardassero con occhi diversi. Erano diventati più attenti l'uno nei confronti dell'altra, diventando più guardinghi con tutti quelli che giravano attorno all'uno o all'altra. Solo quando fu pronta scese le scale con i suoi tacchi larghi e trovò Leander che chiaccherava con la madre. « Beh? » Fece una giravolta su se stessa prima di portare una mano sul fianco mettendosi così in posa. « Che ve ne pare? E voi due che state confabulando? »
Leander D. Wescott
*Leander abbraccia e bacia la madre dell'amica affettuosamente, mentre i due ricapitolano rapidi le cose successe dall'ultima volta che si son visti. Gwen gli racconta principalmente del lavoro, della famiglia e di quanto sia fiera della figlia e di come stia diventando una splendida giovane donna, lui invece le parla di quanto sia a sua volta fiero dell'amica e di come la propria vita proceda tranquillamente. Tra i due c'è un'attimo di silenzio dove Gwen percepisce il desiderio di Leander di voler dire qualcosa e senza mezzi termini lo sprona a farlo. Di rimando il ragazzo sospira, guardandola come per dirle che è impossibile nasconderle le cose e, abbassando il tono di voce fino ad un sussurro, introduce un avvenimento accaduto qualche giorno prima nel bosco, mostrandosi anche parecchio turbato. Non riesce a raccontarle più di tanto perché come una tempesta a ciel sereno, l'esuberanza di Ginny acceca entrambi entrando in stanza, e i due rapidamente cambiano discorso.* Sei una vera stormtrooper! *Si affretta a dire lui, lanciando uno sguardo d'intesa a Gwen. La donna capisce al volo ciò che Leander sta cercando di farle capire e accenna un impercettibile sì col capo prima di complimentarsi a sua volta con il look della figlia e lasciarsi alle spalle quella conversazione.*
Ginny R. Océane Lagarce
Aveva fatto una giravolta su se stessa mentre attendeva ora il giudizio delle due persone che più contavano nella sua vita. Certo con sua madre il più delle volte aveva un rapporto travagliato, fatto anche di litigi, eppure Ginny sapeva che in qualsiasi momento lei avrebbe potuto contare su di lei. Il sorriso che comparve sulle di lei labbra divenne più ampio alle parole di Leander che negli occhi sembrava nascondere un velo di timore a cui tuttavia la veggente non sapeva dare una spiegazione. « Che ne dici se andiamo? » S'avvicinò alla madre dandole un veloce bacio sulla guancia prima di prendere sottobraccio l'amico. Si strinse così a lui godendosi quella protezione che sotto le sue braccia aveva sempre ritrovato.
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✨💄 — 𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄 𝐠𝐢𝐧𝐧𝐲 𝐫. 𝐨𝐜𝐞́𝐚𝐧𝐞 & 𝐥𝐞𝐚𝐧𝐝𝐞𝐫 ❪ ↷↷ mini role ❫ caffè michelangiolo 02.05.2019 — #ravenfirerpg
Sembrava che tutto fosse ormai tornato alla normalità, nonostante gli avvenimenti che avevano scombussolato la cittadina di Ravenfire. Gli effetti collaterali si avvertivano ancora, eppure la determinazione di Ginny aveva fatto sì che si fosse ripresa. Certo, aveva appurato il fatto che doveva tenersi ben lontana dagli alcolici e dagli antidolorifici e ciò le costava un certo sforzo, ma concentrarsi sullo studio era ciò che davvero l'aiutava. Tenere la mente occupata era ormai il suo mantra giornaliero, anche quando il desiderio di far smettere i pensieri era più forte di qualsiasi cosa. Aveva ricominciato solamente da un paio di giorni le lezioni alla facoltà di giornalismo dopo la pausa Pasquale, ma ormai aveva preso l'abitudine di trascorrere qualche ora nella tranquillità del bar che non distava poi così tanto dal campus. Le piaceva il fatto che fosse popolato da studenti, e soprattutto le piaceva quegli immensi divani su cui si era rannicchiata mente sorseggiava la sua amata tazza di caffè. Immersa nella lettura, alzò lo sguardo solo quando vide uno dei suoi più cari amici sedersi accanto a lei. Un sorriso divertito cominciò ad aleggiare sulle di lei labbra che chiuse il libro lasciandolo di grembo.
« Lo sai che non è carino fissare le persone? »
Leander D. Wescott
E tu sai che se fissi intensamente qualcuno potresti attirare magicamente la sua attenzione? *Le da una spallata amichevole nel sistemarsi accanto a lei, entusiasta di incontrarla lì inaspettatamente. Il sorriso ampio che si trascina dietro non può che confermare quello stato d’animo. In effetti era da molto tempo che non si sentiva con Ginny, tra lavoro, incontri, isolamento forzato ed allenamento. E probabilmente un po’ di tempo con lei era ciò di cui aveva più bisogno. Adorava quella ragazza -nonostante fosse così caratterialmente lontana da lui- e sotto sotto alcune volte ne ammirava l’assurda capacità di attirare l’attenzione e piacere a chiunque. Si sporge su di lei non preoccupandosi di starle di peso addosso.* Che leggi? Vediamo.. *E con una mano chiude la parte sinistra del libro per osservarne la copertina, senza però farle perdere il segno.* Ho rivisto Chelsea. *Aggiunge dopo qualche secondo, cambiando visibilmente umore, tono ed intensità di voce. Da quand'era successo non aveva più pronunciato il nome della sorella ad alta voce.*
Ginny R. Océane Lagarce
Il sorriso appena accennato della veggente divenne immediatamente più ampio non appena udì la voce di uno dei suoi migliori amici. Avevano trascorso insieme buona parte della loro infanzia, e nonostante la loro differenza d'età s'era creata un'intesa assolutamente invidiabile. Non importava che il lavoro, le lezioni, e chissà quale altro impegno potesse frapporsi tra loro, i due veggenti erano certi del loro legame e ne traevano beneficio ogni volta che ne avevano occasione. « Io attiro sempre l'attenzione, dovresti saperlo. Soprattutto la tua. » Lo stava stuzzicando e doveva ammettere che le era mancato durante le ultime settimane. Sbatté gli occhioni cerulei come se fosse una cerbiatta prima di mostrargli la lingua. Quando l'amico si sporse su di lei, gemette ma mantenendo sempre quel sorriso che non riusciva mai ad abbandonare le sue labbra. « Daaai... Se vuoi te ne leggo un pezzo, magari prendi ispirazione. E' un romanzo erotico, vuoi provare? » Era difficile rimanere seri e il loro legame giocoso ne era la prova, ma quando osservò la sua espressione facciale non riuscì a trattenere una fragorosa risata. Era letteralmente impossibile rimanere seri, ma solo quando il biondo le rubò il libro il volto della Lagarce s'era fatto appena più serio. Si era sporta addosso a lui, e il cambio di espressione era impossibile da non notare ed immancabilmente la Lagarce si ritrovò a soffrire silenziosamente con Leander. « E dalla tua espressione non è andata bene... Raccontami. »
Leander D. Wescott
Mh. *Mugola, portando entrambe le mani dietro la testa e lasciandosi scivolare un minimo sul comodo divano occupato solo dai loro corpi. Lo sguardo è fisso dinanzi a sé su un punto indefinito, così come succede quando la mente si perde nei ricordi. Sta ripercorrendo rapido l’incontro di due giorni prima, cogliendo i dettagli salienti.* Era al pronto soccorso e l’ho pure vista per caso. Credo si fosse fatta male al lavoro..no si era fatta male al lavoro, con un bicchiere di vetro. E niente, si è messa lì a parlarmi e non potevo ignorarla, cioè.. *Ruota il viso a sinistra mantenendo la posizione -ricercando lo sguardo dell’amica- in un’espressione non in vero dolorosa, piuttosto invece perplessa.* ..ti vedi tua sorella che -per inciso- non vedi da anni, lì e non fai niente? *Attende qualche istante come se cercasse l’approvazione negli occhi di lei, poi continua il racconto.* Insomma, abbiamo un po’ parlato mentre la medicavo ma non sapevo cosa dire. Mi sentivo a disagio ecco..non sono sicuro se alla fine avrei preferito non incontrarla, Ginny. *Toglie le mani da dietro la testa, si siede lateralmente rimanendo sempre poggiato; la destra raggiunge una ciocca di capelli della ragazza, su cui pone adesso tutta l’attenzione giocandoci. Come fosse uno scaccia pensieri.* Poi le ho scritto il mio numero nel caso avesse problemi..insomma sono suo fratello l’ho lasciata nella merda per anni e ora cosa sto cercando di fare? Redimermi? *Sospira, mentre pollice ed indice afferrano la ciocca dall'alto e scorrono lentamente fino alle punte per poi ricominciare ancora, in loop. Il rumore che quel movimento genera lo rilassa.* Comunque alla fine me ne sono andato e non ci siamo più né visti né sentiti.
Ginny R. Océane Lagarce
La veggente s'era ritrovata appoggiata al petto dell'amico quando scivolò quei pochi centimetri che gli permise così di alzare le braccia e portarle dietro la testa. Osservò a lungo gli occhi del giovane che sembravano ripercorrere il momento dell'incontro con la sorella e senza nemmeno accorgersene, la Lagarce aggrottò appena la fronte nell'ascoltare il racconto. Ricordava perfettamente quanto avesse sofferto Leander durante quella separazione dalla sorellastra, i suoi dubbi, i suoi timori, ma ricordava anche gli occhioni di Chelsea nel crescere senza la sua guida. In qualche modo, che non riusciva nemmeno a capacitarsi, Ginny era rimasta fuori da tutta quella situazione, ma aveva dato tutto il supporto che l'amico necessitava. Aveva sempre sentito quel legame intenso correre tra di loro, e ora che erano cresciuti, nonostante fosse un poco cambiato evolvendosi, quell'alchimia c'era ancora. Rimase in silenzio nell'ascoltare come i due s'erano incontrati, e solo quando vide cercare i suoi stessi occhi, Ginny allungò una mano per poggiarla sul di lui petto. « Lee... Sul serio mi dispiace, ma non devi sentirti in colpa. Le cose purtroppo cambiano sempre, e focalizzarti sul presente e il futuro è ciò di cui hai bisogno. Rimuginare e continuare a pensare al passato chiedendosi dove si ha sbagliato, è controproducente... » Mormorò la giovane Lagarce avvicinandosi maggiormente e cercando questa volta lei il di lui sguardo. V'era compressione in quegli occhi cerulei, ma anche dispiacere nel sentirsi impotente. « Chiedi cosa puoi fare per migliorare le cose ora, ma di certo non hai bisogno di sentirti a disagio, okay? »
Leander D. Wescott
Mh. *Mugola ancora, come fa ogni volta che sta rimuginando su qualcosa. D'altronde l'amica non ha tutti i torti. Parlare ed esprimere le proprie idee risultava sempre la soluzione più saggia. E gli occhi di Chelsea, quella sera, eran troppo infossati e stanchi per non dare importanza alla questione. Rimane a lungo ammutolito, perdendo lo sguardo nel nulla e mordendosi il labbro internamente a destra, come un tic. La mano continua a muoversi ancora fra i capelli di lei, infilando adesso tutte e cinque le dita fra le morbide ciocche. Una cosa che aveva sempre amato da morire del loro rapporto era la capacità di condividere il silenzio. Il non doversi sentire in dovere di dire qualcosa per scongiurare il disagio. Dacché ricorda fra loro era sempre stato così, anche quando a lei dovevano ancora spuntare i canini e lui combatteva con gli sbalzi ormonali. E probabilmente era stato proprio questo a legarlo profondamente a lei. Lei non c’era quando c’era e c’era quando non c’era.* Mh… *Mugola ancora, fessurando gli occhi, poi d’improvviso s’interrompe, smettendo di carezzarle i capelli e scostandosi per permetterle di rialzarsi. Tra i tanti pensieri gli era venuto in mente qualcosa di totalmente diverso. Che a lei non sarebbe piaciuto affatto. E dal sorrisetto sghembo che gli era comparso in viso avrebbe immediatamente potuto capirlo. Non la vedeva da troppo tempo per star lì a decidere cosa fare con Chelsea, a quello avrebbe pensato in seguito. Adesso voleva solo svuotare la mente.* Piuttosto..tu sai cosa succede fra due giorni, vero? Eh? G i n n y? *Il tono è tremendamente euforico e schifosamente punzecchiante. *
Ginny R. Océane Lagarce
La veggente aveva parlato esponendo ciò che stava pensando in quel momento ma senza alcuna paura di un giudizio negativo o qualche altra critica. Inclinò appena il capo osservando il suo profilo mentre lo sguardo dell'amico d'infanzia si perdeva tra i fronzoli della caffetteria. Ella si ritrovò ad inspirare sonoramente, abbandonò il libro che aveva tenuto in grembo, godendosi successivamente il tocco dell'amico tra i lunghi capelli biondi che amava tenere sciolti. Era un gesto che poteva essere considerato intimo da un occhio estraneo, eppure per i due veggenti era una cosa normale. Ricordava, la veggente, come quando erano piccoli lei vedesse nel ragazzo una guida da seguire ed imitare, e come il loro rapporto si fosse evoluto esperienza dopo esperienza. « Smettila di mugolare, sai che ho ragione. » Azzardò la Lagarce questa volta con un sorriso più comprensivo sulle labbra. Solo quando intravide quel sorriso sghembo che non avrebbe preannunciato nulla di buono, la veggente si ritrovò ad irrigidirsi appena ma sempre con la consapevolezza che Leander non avrebbe mai fatto nulla di sconsiderato. Gli effetti collaterali della nebbia tossica erano ancora ben visibili sul suo corpo, e l'aggressione subita sembrava un vecchio flashback. Smise di giochicchiare con i capelli e senza attendere ulteriormente, lasciando la mano appoggiata al di lui petto, ella si tirò su osservandolo questa volta con uno sguardo sull'attenti. « Okay, comincio ad avere paura, ergo sputa il rospo. Che cosa succede? Ti prego dimmi che non si tratta di qualche cosa strana a cui mi costringerai a partecipare... » Affondò appena i denti nel labbro inferiore ed attese sperando che qualsiasi idea che avesse in mente l'amico non fosse nulla di troppo impegnativo, ma conoscendolo si trattava di una speranza semplicemente vana.
Leander D. Wescott
*Attende qualche secondo prima di rivelarle le proprie intenzioni, godendosi tutta l’impazienza della ragazza e l’arcobaleno di espressioni che gradualmente compaiono sul suo viso. Gli piace tenerla sulle spine, per contrastare quel caratterino da maniaca del controllo che l’ha sempre contraddistinta e che l’ha resa col tempo una ragazza piena di interessi. * No, non è una cosa strana, per iniziare. *Dice, scuotendo il capo a destra e sinistra palesemente divertito. Tutto di lui mostra l’euforia che sta provando, come se fosse tornato bambino in una frazione di secondo. Non sta più nella pelle. E difficilmente Leander lascia che le emozioni lo invadano fuori controllo.* E sì, ti costringerò a partecipare. *Le labbra si aprono in un sorriso che coinvolge anche gli occhi, mentre adesso il viso si muove su e giù mimando un cenno di assenso e sicurezza. Porta il pugno davanti le labbra e tossicchia, preannunciando la catastrofe. Poi inizia a spiegare.* Il quattro maggio è lo starwars day ed ho scoperto che il cineplex in città partecipa ad un’iniziativa assurda! Proiettano tutti i film della saga per celebrare la giornata. Cioè, capisci? Il cineplex di Ravenfire che fa una cosa del genere? *Allarga le braccia ed i muscoli del viso si contraggono mostrando un esagerato e forzato stupore.* E poi starwars! Capisci Ginny? Star wars! Non eravamo nemmeno nati quando hanno cominciato a girarli, e adesso abbiamo la possibilità di vederli tutti quanti sul grande schermo! No no..dobbiamo andarci. Tu devi essere iniziata alla forza, giovane padawan. *Nel dire l’ultima frase la indica con l’indice picchettandolo l’aria ed il tono di voce diventa improvvisamente rauco e basso, come stesse imitando un vecchio. Chiaro riferimento che lei certamente non potrà ancora capire.*
Ginny R. Océane Lagarce
Rimase qualche minuto in attesa di scoprire che cosa le volesse proporre l'amico, e solo quando sentì pronunciare il nome del regista ormai famoso al mondo per la sua saga cinematografica, la veggente si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo. Scosse appena il capo mentre ascoltò la veemenza e la passione dell'amico di infanzia nel raccontare i punti salienti di quel fine settimana che sarebbe arrivato in un attimo. Doveva ammettere, infatti, che non era per una fan di quei film, prediligendo spesso altri generi, ma vedere Leander così entusiasta era invitante. « Direi che è più che strana... » Ammise prima di scoppiare a ridere al solo pensiero di lei vestita in modo alieno o peggio, in modo stellare. « Lo sai che sembri un bambino di cinque anni davanti al luna park? Non ti vedevo mettere così tanto entusiasmo in qualcosa da parecchio tempo... Quindi, ricapitolando, mi costringerai a partecipare e dovrò pure travestirmi? Lo sai che ti costerà caro, vero? » Inarcò un sopracciglio lanciandogli un'occhiata divertita ma comunque piuttosto eloquente. Il loro rapporto così giocoso era una loro caratteristica, ma il biondo doveva sapere che prima o poi la Lagarce gli avrebbe chiesto qualcosa a cui non avrebbe potuto rinunciare per nessuna ragione al mondo. « Che la forza sia con me.... »
Leander D. Wescott
*Nasconde il viso dietro il palmo della mano destra, guardandola tra le fessure delle dita. È contento di non sentirla diventare ostile alla proposta ed anche parecchio stupito. Credeva realmente di dover mettere in atto un percorso di convincimento aggressivo prima di farle pronunciare il fatidico sì. Invece inspiegabilmente da quel momento sarebbe bastato solo far passare rapidamente quei due giorni per poter varcare la soglia del cinema e godersi lo spettacolo. Con lei.* Ma io sono un bambino di cinque anni, e ai bimbi si deve tutto, no? *Abbassa la mano e con un piccolo scatto abbandona il divano mettendosi in piedi e guardandola adesso dall'alto. Teme fortemente che l’amica possa rimangiarsi quanto appena detto da un momento all'altro e perciò preferisce dileguarsi il prima possibile.* Che la forza sia con te, Lagarce! Ti scrivo nei prossimi giorni allora, così passo a prenderti e andiamo durante l’orario dei film che interessano a noi. Dovremmo vederli secondo uno specifico ordine per farti godere al meglio la storia. Pensa, tu hai anche questa fortuna.. Ti spiegherò poi sta cosa dell’ordine giusto per vederli. Adesso io vado Ninnì. Fatti dare un bacetto. *Le si rivolge molto più dolcemente del previsto, chiamandola con quel nome che è riservato a determinati tipi di momenti e che usa con il contagocce. Si abbassa quanto basta per stamparle un affettuoso bacio sulla guancia ed al contempo prendersi quello della ragazza per poi abbandonare il Michelangiolo.*
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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