#le regole sono sempre uguali
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@galloberardi braver than us marines
#il post è un papiro ma concordo#2000 convocazioni e ancora si pensa che le altre squadre nazionali chiamino solo giovani di 16 anni#perche sono piu avanti di noi#quando tutte le nazionali hanno gente di 36 anni come gente di 20 esattamente come noi#e giocano sempre con gli stessi perche sono garanzia#non siamo ne meglio ne peggio di nessuno#questi sono i giocatori esperti e giovani che abbiamo#questi usa#potrebbe chiamarne di piu? si#ma ha 23 nomi non 56#le regole sono sempre uguali#e la nations league a noi serve quindi non possiamo chiamare baschirotto vs morata#gli altri sono tutti impegnati con europei e mondialini quindi chi chiama?#chicco evani???#un po' di oggettività
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LA POVERTÀ
Non è malattia, nemmeno contagiosa, non è incapacità a vivere nella società e nemmeno nullità.
La povertà è uno stadio della vita in cui, se non vuoi giocare alle regole dettate da consumismo e capitalismo, vieni messo a giocare.
Lotti coi poveri per ritornare tra il mondo folle dei benestanti.
Ma benestanti in che modo?
Gente che si vanta del proprio patrimonio, delle proprietà, dell'auto nuova, del vestito firmato, della casa moderna disegnata dal valente architetto… tutto questo mentre un pianeta muore, soffocato da pattume e guerre di intolleranza.
Nasciamo tutti poveri, uguali, nudi e crudi.
Poi iniziano le differenze, subito dopo che si esce da una nursery.
Guardate quella stanza, andatela a vedere anche se non avete mai fatto un figlio e mai ne farete. Potete vedere tanti esseri umani poveri e felici, uguali e privi di ogni condizionamento. Questo stato fantastico dura qualche giorno, poi tutto comincia a rotolare verso logiche anti umane studiate da uomini che considerano la gente solo massa produttiva.
Da quel momento in poi avrai un nome, un cognome, un numero e dovrai consumare, costare e pagare, guadagnare e spendere o far spendere.
Tutto, da quel momento di catarsi in poi diventerà solo ed esclusivamente legato al denaro. Entrate e uscite. Dare e avere.
Se ritornassimo tutti a quel momento e ripartissimo, se non fisicamente almeno mentalmente, potremmo rivalutare tutto il senso della nostra esistenza di persone tristi condizionate dal desiderio di avere, possedere, consumare.
Ci siamo dimenticati di come eravamo, ci siamo abbandonata dietro le spalle la povertà, quella povertà che vissero i nostri padri o nonni durante le due devastanti guerre mondiali.
Pochi uomini che decidono di distruggere milioni di altri esseri perché altrimenti la povertà ci soffocherà.
Anche ora siamo diventati troppi e il pianeta non regge il nostro continuo consumare. Si sta pensando a una nuova guerra e i potenti delle nazioni più bellicose stanno pensando a quante vittime dovranno lasciare sul terreno di gioco. Chi è più ricco perderà meno pedine, chi è più povero dovrà pagare il prezzo più alto.
Non ci sono altre formule di regolazione della popolazione su questo pianeta, da che esiste l'essere umano la storia continua a ripetersi.
La POVERTÀ è sempre bandita da ogni feudo, paese, città o metropoli. La povertà e ai margini perché la società consumistica si alimenta solo della follia dei ricchi.
Ma la povertà è verità. Se togliessimo quel paravento mentale, che ci impedisce di vedere oltre i condizionamenti, potremmo ritrovarci bambini, uguali, semplici ma grandiosamente liberi.
Uno stato di grazia che poi mai più si potrà ripetere, un modo su cui dovremmo investire la nostra esistenza per farlo continuare, per portarlo come modello di vita.
Ma la povertà conviene che ci sia solo per pochi, una emarginazione per chi è "difettoso", un business per chi riesce a lucrare anche sulla povertà.
Ecco, iniziamo a capire che la POVERTÀ non è qualcosa di negativo. In inglese poverty è la radice di power.
MIB
Quadro di Mike Bongiorno
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Allora dicevo che io di solito il martedì appena dopo il lavoro vado a lezione di russo, quindi non passo da casa perchè la tipa che ci insegna russo è una nazista (ahahahahah, joke) e inizia alle 18.15 spaccate, ma io stacco alle 18 e nonostante ci avessero garantito che si aspetta l’arrivo di tutti nei canonici 15min ciò infine non è vero, forse che in russia non hanno i minuti di tolleranza oltre a tantissime altre manie di inflessibilità, ma ciò vuol dire che io arrivo e trovo la lezione iniziata perchè Tatjana è così, lei inizia quando vuole e finisce anche quando vuole, ovvero dopo l’orario di chiusura tanto che devono venirci a chiamare sempre per dirci che la biblioteca deve chiudere, ovvero signori: 20.30. Secondo lei noi si deve fare due ore e mezza di russo a botta.
Sì. Siamo ad ormai 6 lezioni e a lei non fotte un sega delle regole.
Ma torniamo a noi. Io avevo iniziato a frequentare usualmente Matteo quando nel 2018 prendevo lezioni di recitazione e lui di francese, ci trovavamo fuori al portone alla fine delle lezioni e andavamo a prenderci da bere, siamo rimasti amici (per chi mi segue dalla maga lui è amico b) fino adesso che di nuovo il martedì si prende ancora lezioni insieme, cioè io russo, lui spagnolo e mi aspetta fuori perchè Tatjana se ne sbatte il cazzo degli orari. Usciamo di martedì e ci spariamo un paio di gin tonic. Ieri io avevo lavorato in magazzino coi mulettisti, non fate domande, e venivo da una settimana di dolori molto forti al trapezio, quindi non sono in forma, non ero in forma e per di più ero anche lurida, ma a lezione sono andata, coi vestiti sporchi, però uscire a bere in quelle condizioni, considerando che pioveva, non me la sentivo molto, allora Matteo è venuto a casa.
Cena, bottiglia di prosecco, due gin tonic, due canne. E sto.
Io e lui ci si vede tipo due volte a settimana in media, in circostanze sempre abbastanza eterogenee e ogni volta non so come, a distanza di anni, riusciamo a parlare ore. Compatibilità caratteriale +1000.
Ieri gli ho fatto disegnare come vede lui il calendario in testa, l’ho imparato su tiktok, cioè il concetto astratto della consecutio dei mesi è graficamente illustrato in modo diverso per ognuno, ognuno di noi ha un’idea personale, una raffigurazione di quello che vede quando pensa, tipo il tempo. Che è un concetto astratto chiaramente, quindi in verità lo abbiamo visto in tantissime rappresentazioni, ma non esistendo concretamente noi possiamo immaginarlo nel modo che vogliamo. Matteo per esempio non ragiona coi mesi, ma più con le stagioni, quindi l’arco temporale “anno” è quattro blocchi più o meno: quando fa caldo, quando fa meno, caldo, quando fa freddo, quando fa meno freddo. Io ho i mesi sistemati tipo gioco dell’oca in cui gennaio è da solo, da febbraio a maggio è una linea retta, mi curvano giugno e luglio insieme come pre estate, fanno una chicane con agosto di nuovo da solo in piena estate, e poi ancora mi tornano in rettilineo settembre, ottobre, novembre e dicembre per lo sprint finale. Ho sempre avuto questa illustrazione in testa e non mi ero mai posta la questione che fosse estremamente personale e totalmente senza senso. Luca vede i mesi singoli a comparsa per dire. Davor linea retta verso il basso. Adesso parlando di queste cose ieri con Matteo mi ero completamente dimenticata che lui è psicologo e ste cose le conosce abbastanza meglio di me, mi ha detto che (uso parole mie che non ricordo quelle tecniche) per studiare una persona, soprattutto da piccoli, gli si fa disegnare delle cose, ma non tanto quelle astratte quanto quelle reali, perchè anche l’albero per dire ognuno di noi ha quello che li simboleggia tutti, un albero di riferimento in testa è quello che disegnamo quando lo dobbiamo rappresentare noi, il disegno non è il modo ufficiale che abbiamo di comunicare, quello sono le parole che infatti sono uguali per tutti e riducono il nostro mondo interno di immaginazione e rappresentazione in una stringa di lettere, il disegno invece è personale e ognuno ha il suo albero. Ai bambini si fa disegnare spesso l’albero per vedere come lo disegna, quali elementi in più mette, se disegna la casa, strada, sole, come sono i rami, le foglie etc. Non che si usi solo questo per valutare la situazione di una persona, ma è indicativo di un po’ di cose. Nessuno comunque in testa vede lo stesso albero e nemmeno lo stesso calendario. Anche le parole che usiamo ognuno le rappresenta a modo suo anche se sono uguali.
Armando nel frattempo mi aveva inviato il link al Post sull’errore del missile in Polonia, resti di missile forse, schegge di supersantos probabile, un tiro sbagliato andato storto e scusa col sinistro non sono buono mi spiace se ti ho spaccato il setto nasale. Ci siamo guardati e non ci siamo detti nulla, che ne sappiamo noi, mica siamo all’oratorio che ti riprendi il pallone e domani è un altro giorno. No?
A fine serata abbiamo buttato due bottiglie di alcol, gin e prosecco, nel bidone del vetro e metallo era pieno di scatolette del gatto, nel senso di cibo per gatti, non scatolette di carne di gatto. Lì gli ho chiesto se ricordava quando durante la pandemia si andava a buttare il vetro pieno di bottiglie di prosecco, aperol, gin, birra e bottiglie di vino a cadenza regolare, alcol a profusione, una quantità di alcol che a pensarci gli ho detto mi chiedo come abbiamo fatto, lui mi ha risposto: è quello che ci ha salvato, quello e l’erba.
Fine.
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No, non ci sto.
Alla luce dei terribili fatti degli ultimi giorni, sempre più spesso sento dire "gli uomini sono tutti uguali".
Mi dispiace, ma io non mi sento affatto come uno di quei mostri.
Parlo anche da padre di 2 splendide figlie. Per le quali molto probabilmente mi dannerei l'anima, se accadesse loro qualcosa.
Io sono cresciuto con il "se meni a na donna sei vigliacco".
Fin da ragazzo mi hanno insegnato le regole dell'antica cavalleria.
Nell'esercito mi hanno insegnato disciplina e rispetto delle regole.
Oggi tutto ciò appare anacronistico.
Io non ci sto a farmi dare del mostro impunemente.
Il mio piacere è dare emozioni piacevoli a una donna.
Ne ho sempre decantano la bellezza fisica, ma soprattutto quella dell'anima.
Chi mi conosce sa cosa ho dentro. Anche perché traspare notevolmente in tutti i miei scritti. Non vogli star qui a dire di chi è la colpa o chi ha mancato. O a proporre la ricetta della soluzione perfetta.
Non mi pare la giusta sede.
Però cortesemente, basta con questo "gli uomini sono tutti uguali"
Grazie.
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È PIÙ SACRO VEDERE CHE CREDERE - IL FUOCO DI PROMETEO
L’amore è un fuoco e necessita di un’arte del fuoco per rimanere vivo. Ma un fuoco è sempre lo stesso? No. Basta guardare al mito greco dove i fuochi sono sempre diversi. C’è il fuoco di Estia, per esempio, che è il fuoco che va sempre tenuto in vita dentro le mura domestiche private e quelle collettive della città. Quello di Estia è il casto fuoco della concentrazione, ed è il fuoco che usiamo quando dobbiamo attendere a quel tipo di amore che chiamiamo dovere verso gli altri. C’è il fuoco di Afrodite, che ci spinge tanto alla procreazione quanto ai più celesti piaceri dei sensi. C’è il fuoco di Ares, che dà impulso a ogni nostra azione. Ci sono tanti fuochi. Quello di Efesto, di Saturno, di Ade. C’è anche il fuoco di Prometeo, però. Ma questo fuoco è diverso, perché non ha nulla a che fare con l’amore, o con il piacere, o con la necessità. Non ha nulla di reale e astronomico. Nulla di divino. È, del resto, un furto agli dèi. Un furto compiuto in nome del bene e della giustizia; del bene collettivo e della giustizia superiore; della perfetta suddivisione in parti uguali; della stecca para; dell’acribia ragionieristica; del gusto pelvico per le regole; dell’umanesimo sentimentale; del lavaggio della lingua: un atto puntiglioso e pieno di accorata onestà da parte di un titano contro la proterva casta divina. Prometeo, incatenato, si dichiara martire: chiama a testimonianza tutti. Io ho fatto solo il bene. Il bene di Prometeo è la carne che si ha reso mortali e il bisogno di lavorare che ci ha reso schiavi: il suo bene sono secoli e millenni di sfruttamento e dolore insensato.
L’immagine è "Prometheus", olio su tavola di Arnold Böcklin, realizzato nel 1882, Collezione Barilla d'Arte Moderna (Foto da Google Arts & Culture).
Testo di Pier Paolo Di Mino.
Ricerca iconografica a cura di Veronica Leffe.
https://www.libroazzurro.it/index.php/note/e-piu-sacro-vedere-che-credere/165
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Adoro dormire.
Ogni mattina è una noia doversi alzare, ovvio ad un certo punto ci si deve alzare dal letto per fare le proprie cose, qualsiasi esse siano, ma dormire è la cosa più bella del mondo, come dici? Il sesso? Mangiare? implicano uno sforzo fisico, soprattutto il primo, mentre dormire non si fa nessuna fatica e si ha quello stato di rilassamento totale. Peccato che come detto ci si debba alzare dal letto. Oggi leggo varie notizie più o meno sempre uguali a quelle precedenti, qualche morto in più, dispiace per i bimbi di Manfredonia, da quando accadde l'incidente ad Alfredino, chi ha la mia età (50) sa benissimo di cosa parlo, fino ad oggi saranno parecchi i bambini che nonostante le precauzioni degli adulti finiscono in qualche trappola mortale, penso che sia stato sempre così sin dai tempi dei tempi, solo che oggi ci facciamo più caso e abbiamo anche più mezzi per le ricerche. Poi leggo che zello, era tanto che non scrivevo di lui, si lamenta che non c'è un calendario di adesione dell'ucraina alla nato; forse si è dimenticato che sono in guerra? O forse non gli è chiaro che fino a quando sono in guerra non entreranno per evitare un coinvolgimento dei paesi membri, questo sempre se il piano degl'americani è questo, cioè quello di ordinare all'EU di fornire armi ma non di partecipare al conflitto. Però c'è una nota stonatissima in quel trafiletto del Sole24Ore lo Stolto-nbergo dice :«Non c’è una timeline per il processo d’ingresso, l’invito sarà esteso a Kiev quando ci saranno le condizioni’; ’pronti a schierare 300mila soldati di intervento rapido», e che vuol dire? Hanno cambiato le regole d'adesione per l'occasione? Di solito i paesi che vogliono entrare in sta cosa americana fanno richiesta, se tutti i paesi membri sono d'accordo bene, se no la richiesta viene respinta al prossimo passaggio. Poi sappiamo che ci sono altri paesi che aspettano da mesi e che in ucraina hanno dei problemi grossi a livello politico oltre la guerra. A me sembra che si stia dando troppa importanza alla loro causa solo perché ci sono i russi di mezzo. Zello ha accettato un patto col diavolo, gli yankee, e fatto massacrare il suo territorio, così facendo ne stiamo pagando le conseguenze anche noi europei, e se l'Europa in un momento di lucidità avesse detto NO, EH NO, così proprio, e la guerra non si faceva, cosa te ne facevi del tuo patto col diavolo? Ma siccome si sa che le istigazioni soprattutto a cani rabbiosi funzionano sempre, si sapeva che finiva così, lo dicevano molti storici e qualche giornalista, Giulietto Chiesa per esempio. Io sono stufo, stufo di vedere che per colpa di psicopatici che vivono dall'altra parte del mondo dobbiamo pagare noi le loro paure e timori che il cattivone di turno possa diventare così amico nostro che loro diventerebbero quello che sono, gli cade la maschera, degli psicopatici paranoici arroganti.
Che brutto svegliarsi e vedere che il mondo è una schifezza totale e la colpa non è tua, ma degli altri, meglio tornare a dormire che se dovesse esplodere una bomba atomica neanche me ne accorgo.
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Quello che i sindacati bancari stanno discutendo con l'associazione bancaria italiana potrebbe passare alla storia come il contratto della banca digitale
I grandi gruppi bancari si sono già mossi sul rinnovo del contratto collettivo nazionale. L’impatto che avrà anche sull’organizzazione del lavoro sarà molto forte, sia per l’appiattimento delle gerarchie e modelli più orizzontali, basati sulle competenze, sia per la riduzione delle filiali fisiche. Premesso che le ragioni industriali di ogni istituto porteranno a progetti - e investimenti - diversi, il rinnovo offre l’occasione di creare una cornice nazionale, come da tempo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Il luogo in cui definire che cosa è e cosa fa la banca digitale è la Cabina di regia sulle nuove tecnologie, con il compito di monitorare e supportare i cambiamenti del settore. Poi ogni gruppo la declinerà a suo modo, ma per i sindacati bancari avere un quadro di regole di base uguali per tutti per gestire i cambiamenti è un modo per garantire una certa omogeneità nelle condizioni dei lavoratori. A questo proposito si pensi a quanto accaduto nell’ultimo contratto sullo smart working. Lo stato della trattativa: il fronte economico Il nuovo contratto dei bancari potrebbe portare ai 270mila lavoratori la busta paga di dicembre più alta di sempre, ma le parti sono ancora al lavoro per trovare un equilibrio sulle tranche attraverso cui distribuire l’aumento economico medio di 435 euro e sul pagamento degli arretrati da gennaio di quest’anno, visto che l’ultimo accordo è scaduto alla fine del 2022. Al momento i segretari generali di Fabi, Sileoni, First Cisl, Riccardo Colombani, Fisac Cgil, Susy Esposito, Uilca, Fulvio Furlan, Unisin, Emilio Contrasto considerano insufficienti le risposte arrivate dal presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro (Casl), Ilaria Maria Dalla Riva su aumento, ripristino base di calcolo del Tfr e arretrati. Quest’ultimo argomento è lo scoglio principale da superare. Nelle scorse ore è stato convocato un Casl d’urgenza per colmare le distanze che restano. Nella riunione con i segretari generali che si è svolta subito dopo sembra però che sia stato trovato un sostanziale accordo anche sugli arretrati, in modo da arrivare al 22 novembre, alla plenaria, in una condizione di maggiore equilibrio. Adesso sia il Casl di Abi che i sindacati stanno rivedendo i testi, sia per la parte economica che per quella normativa, per una valutazione complessiva in vista del rush finale. La parte normativa guarda allo sviluppo della banca digitale Per la parte normativa gli argomenti sono a loro volta a un buon punto di definizione. I cambiamenti sembrano essere finalizzati alla maggiore flessibilità necessaria per le riorganizzazioni del settore. Sulla mobilità territoriale il capitolo dei chilometri per gli spostamenti dei lavoratori sarà risolto verso la metà della forchetta tra i 50 chilometri attuali e gli oltre 70 chiesti dalle banche. Quanto all’età per richiederli da parte delle banche, anche in considerazione dell’età media elevata dei bancari, potrebbe essere alzata verso i 55 anni. La piena fungibiltà dovrebbe essere tra tutti e 4 i livelli dei quadri direttivi, senza però penalizzazioni economiche. In un caso e nell’altro le banche avranno così qualche lacciuolo in meno quando dovranno ricollocare le persone in caso di chiusura delle filiali e più in generale di riorganizzazione. Si sta inoltre ragionando su come rendere più esigibile la formazione, che sarà sempre più importante per l’occupabilità delle persone e per affrontare il cambiamento digitale: un tema che riguarderà molte decine di migliaia di persone. Per accompagnare le uscite, il Fondo per l’occupazione potrebbe infine essere utilizzato in sinergia con il Fondo di solidarietà per compensare le perdite di stipendio e contributi di chi sceglie volontariamente di andare in part time via via che si avvicina l’età per il prepensionamento. Read the full article
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Per quello che ho inteso io non e stato il tentativo di cercare strade diverse per l'economia. Il motivo che ha portato la destra al potere, indipendentemente dal disaccordo della sinistra, è stato il voler limitare l'ingresso agli extra comunitari. Hanno pagato la stolidità con la quale continuavano a imbarcare gente che neanche capisce il valore della democrazia e che si dimostra irrispettosa delle regole civili al punto da creare malessere sociale tra quelle fasce di anziani maggiormente a contatto con gli stranieri al punto di esserne intimiditi. E non è neanche difficile da capire. Per anni gli americani come i contingenti di pace in Afghanistan hanno cercato di esportare la democrazia. Appena hanno mollato sono tornati al potere i talebani. La democrazia è una conquista, se manca questa consapevolezza non serve a niente regalare diritti democratici a persone che non hanno rispetto di chi questi diritti li ha consolidati col sangue. Il mio non vuole essere un discorso razzista, abbiamo esempi quotidiani di persone che credono di potersi imporre con la violenza come se non fossero mai cambiati i modelli che fin ora hanno seguito. Tra l'altro assisterli li fa entrare nella pretesa. E tanta gente di sinistra per toglierseli di dosso ha votato a destra. Se vogliamo fare una verifica è sufficiente che una volta tornata al potere la sinistra torni ad aprire una accoglienza indiscriminata. Il tempo di un giro di porta girevole e torna al potere la destra. È inutile ignorare questo punto, la gente più grande non può più tollerare di starsene in casa perché i centri cittadini sono tutti occupati da loro. Si sentono derubati della loro identità e libertà in casa loro. È inutile continuare a pensare che tra noi e loro non c'è differenza. Questa differenza è fin troppo evidente anche senza parlare di razze. Non si può sfamare il cane che ti morde la mano. Il QI degli studenti è regredito di quasi venti punti. Quasi tutto lo spaccio è in mano a loro che essendo considerati in stato di bisogno hanno una reiterata indulgenza dei magistrati che permette loro di pagare otto mesi là dove un italiano prende quattro anni. A livello ideale vorremmo essere tutti uguali davanti alla legge, così non è. Non si possono regalare gli stessi diritti a gente che non li capisce. I diritti e i doveri sono due facce della stessa medaglia, non può essere che a loro tocchino i primi e a noi i secondi. Che ci pagheranno le pensioni, con tutto il sostegno del welfare che hanno, è una cazzata bella e buona. Chiunque sta su una barca sa che non si può prendere in carico tutto il mondo senza che si ribalti. A un certo punto diventa o noi o loro, e così è stato. Provate a immaginare come si può sentire una persona anziana che occupa la casa popolare da una vita e adesso è l'unica italiana in un palazzo quasi interamente occupato da extracomunitari. Il razzismo è una forma di identità naturale. C'è un razzismo al contrario in Sud Africa verso i bianchi che sono meno del 10%. C'è un razzismo sulla base della pelle più o meno scura anche in Sud America, tra neri e creoli. C'è un razzismo antimperialista in Russia contro tutti gli stati occidentali filo americani. C'è una discriminazione verso i milanesi bauscia, da parte di coloro più modesti, siano liguri, sardi o altoatesini. È inutile fare finta che non sia così, è il politically correct che è innaturale non il razzismo. Ed è per questo che si è votato a destra anche se di sinistra. Vista la stolidità con la quale la classe dirigente non coglieva il malessere degli strati più deboli, anche se ci stanno sul cazzo, si è votato i fasci perché almeno loro in questo non ritrovarsi uguali dimostrano più intelligenza. Meno ipocrisia. Quando avranno finito il lavoro sporco, la gente tornerà a sinistra. Sempre che la dirigenza non riparta con la stessa canzone. Io questo voto l'ho letto così. Era fin troppo chiaro che continuando ad alzare la percentuale di stranieri senza vedere oltre, a un certo punto sarebbe tornato il razzismo anche tra coloro che idealmente lo rifiutano.
Operai, pensionati, giovani, disoccupati e terroni che hanno votato questo governo
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In Italia turismo da miliardi di euro in evasione fiscale
I sette peccati capitali del turismo: vale 100 miliardi ma spazza via tutte le regole. Dopo il Covid l’Italia è di nuovo invasa dai visitatori, con meno italiani e più stranieri. Ma le città d’arte soffocano, le norme sono inapplicabili e le restrizioni agli affitti brevi non arrivano. Tra inquinamento, evasione e lavoro nero il viaggio è da incubo. Inquina. È in prima linea nell’evasione fiscale. Applica condizioni di lavoro da settore tessile nell’Inghilterra di fine Settecento. Ha regole a iosa ma i controlli sono quasi impossibili. Chiede sussidi e occupa sempre più gli spazi pubblici. Vive di concessioni, come quelle dei lidi o dei taxi, che si tramandano per ius sanguinis. Sta snaturando le città d’arte con il fenomeno degli affitti brevi e con una pressione di visitatori insostenibile. I sette peccati capitali del turismo sono uguali nel mondo. In Italia, sono un po’ più gravi perché bisogna aggiungere la fragilità del sistema trasporti-infrastrutture, le condizioni climatiche e persino il dissesto idrogeologico. Sotto questo titolo possono rientrare l’alluvione in Emilia-Romagna di questa primavera, a ridosso dell’apertura delle spiagge in riviera, l’incendio di un condizionatore o di una fotocopiatrice che ha bloccato l’aeroporto di Catania e l’ondata di calore sahariana.
Eppure, dopo gli anni orribili della pandemia che hanno fatto saltare tutti i parametri di settore, il turismo ha mostrato la sua capacità di ripresa e resilienza. E se il cliente o il residente non sono sempre soddisfatti, affari loro. I serbatoi delle Americhe, dell’India e della Cina sono ben lontani dall’essere sfruttati secondo le potenzialità. In un’Italia che perde peso nell’industria e dell’innovazione tecnologica da ben prima del Covid-19, il turismo si conferma un pilastro del prodotto interno lordo con 100 miliardi di euro circa nel 2022 pari a poco più del 5 per cento rispetto ai 1.909 miliardi del pil totale 2022. Per dare un’idea, è lo stesso peso del comparto costruzioni ed è un quarto dei 400 miliardi che porta a casa l’intero settore industriale. Il rilancio dopo le chiusure del 2020 è stato disordinato, da corsa all’oro della California, e la stagione estiva si sta chiudendo con un bilancio altalenante. In sintesi, i visitatori stranieri hanno compensato il disamoramento degli italiani costretti sulla difensiva dalla crisi e dai prezzi impazziti. Ma già parlare di stagione è anacronistico. Il nuovo mantra è appunto la destagionalizzazione con le giunte comunali e regionali che sempre più si orientano verso i grandi eventi per dodici mesi all’anno. Il nuovo tsunami ha creato, soprattutto ai sindaci, un caso clamoroso di falsa coscienza. Da un lato, benedette siano le orde che puntellano l’economia cittadina pagando la divisione in due dei toast sul lago di Como, il servizio torta a Palermo e tre pizze a 63 euro a Genova. Dall’altro, ci sono i datori di lavoro dei sindaci ossia gli elettori, sempre più imbestialiti da mangifici e movide. Fermare il maremoto che stravolge i centri urbani sembra impossibile. Un esempio è Milano che solo vent’anni fa nessuno avrebbe mai definito una città turistica e che nel 2022 ha totalizzato 6,7 milioni di presenze con un +33 per cento (871 mila unità) nel luglio 2023 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Fra settimane della moda, del design, del beauty, del wine, si dovesse mai usare l’italiano, il capoluogo lombardo è diventato un riferimento persino per la capitale che ha 911 siti culturali contro i 524 della città governata da Beppe Sala. Roma oggi ha un assessorato ai grandi eventi, sport e turismo guidato da Alessandro Onorato, 41 anni, imprenditore della ristorazione che nei mesi scorsi si è detto prudente sul giro di vite alle licenze varato dal primo cittadino di Firenze Dario Nardella. Per la capitale ancora in caccia dell’Expo 2030, quindici anni dopo l’esposizione milanese, è stato un anno ottimo. Il record del 2019 è stato superato con +14,3 per cento di arrivi e + 9 per cento di presenze, secondo l’ente del turismo regionale (Ebtl). Il valore aggiunto punta a quota 10 miliardi di euro, quasi un decimo del pil turistico nazionale. Ad agosto l’aeroporto di Fiumicino ha mosso 4,2 milioni di passeggeri (+30 per cento sul 2022). L’esordio del Pantheon a pagamento ha fruttato 280 mila visitatori mentre la Ryder cup di golf da poco conclusa ha portato prenotazioni per 70 mila stanze.
Ma il saldo è in chiaroscuro. Sul fronte del passivo ci sono i deficienti che imitano Anita Ekberg e il suo bagno dentro la fontana di Trevi. C’è l’accaparramento dei biglietti del Colosseo attraverso i bot che imitano gli acquirenti reali per consentire a chi li manovra di rivendere gli 11 mila biglietti quotidiani sul mercato del second ticketing a prezzi maggiorati. Ci sono le file di due ore ai taxi della stazione Termini denunciate dal presidente di Federalberghi Bernabò Bocca e le risse con gli Ncc a Fiumicino. Ci sono le metropolitane a singhiozzo, l’Atac e l’Ama in crisi, il traffico impazzito. Soprattutto sono stati censiti 12 mila b&b abusivi oltre alle 35 mila strutture dedicate agli affitti brevi. L’evasione della tassa di soggiorno è stimata fra i 20 e i 40 milioni di euro. Dal grande al piccolo Venezia, che ha una concentrazione di siti superiore a Roma (258) considerando l’estensione, per la prima volta ha offerto più posti letto ai visitatori che ai residenti: 49700 contro 49300. La città lagunare sarà la prima a pagamento del mondo. A metà settembre la giunta del sindaco Luigi Brugnaro ha approvato in via sperimentale la tassa d’ingresso a partire dalla prossima primavera. Anche grazie a questo provvedimento, due giorni dopo l’Unesco ha votato contro l’inserimento di Venezia nella lista nera dei siti patrimonio dell’umanità a rischio. Resta peraltro da vedere se la tassa inciderà sulla limitazione degli accessi o se sarà soltanto una fonte di reddito in più per Ca’ Farsetti. Il boom più inatteso si è verificato a Napoli tanto che il giornale francese Le Monde, con romanticismo discutibile, ha rimpianto i bei giorni in cui i Quartieri spagnoli erano il regno di contrabbandieri e prostitute anziché dei pellegrini in visita a Largo Maradona bardati di maglia azzurra con scudetto tricolore. «Napoli teme di diventare una seconda Barcellona», ha titolato il giornale francese citando il caso della capitale catalana che per prima in Europa ha affrontato il tema del contingentamento delle licenze per gli affitti brevi e per gli esercizi commerciali, otto anni fa con Ada Colau sindaca. L’esempio della socialista spagnola è stato seguito dalla collega socialista parigina Anne Hidalgo che nel 2019 ha fatto causa ad Airbnb chiedendo 12 milioni di euro. En passant, è una cifra non proprio angosciante per il colosso fondato da Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk. Airbnb ha chiuso il 2022 con 6,6 milioni di annunci attivi e utili netti a quota 1,9 miliardi di dollari. Ma nemmeno a Chesky piace perdere quote di mercato perché, dopo Barcellona e Parigi, anche Amsterdam, Berlino e Londra hanno introdotto limitazioni al numero di notti l’anno per non essere considerati struttura alberghiera, con le tasse e i controlli che ciò comporta. Ultima è arrivata New York, dove il 5 settembre è entrata in vigore la Local law 18 che stabilisce limitazioni severe sugli affitti brevi sia per le piattaforme sia nei confronti degli utilizzatori. Nell’intervallo tra la proposta di legge, annunciata a gennaio del 2022, e la sua applicazione venti mesi dopo la Grande Mela ha visto scendere i suoi annunci attivi a 7 mila, meno che a Napoli. È difficile dire se l’opposizione dei sindaci, alla lunga, creerà un effetto diga. Ma una diga serve. Secondo il rapporto Ue “Consumo e ambiente”, il turismo è la quarta causa di produzione di Co2. Secondo il Wttc (World travel and tourism), un forum di imprenditori che coopera con i governi, il settore è responsabile di una quota fra l’8 e il 10 per cento della produzione globale di anidride carbonica. In Giappone hanno coniato il termine Kanko Kogai (inquinamento turistico). Nella lingua dei viaggiatori, è semplicemente Overtourism.
A livello di governo centrale italiano la riforma promessa non c’è ancora. A giugno una prima bozza di disegno di legge della ministra del Turismo Daniela Santanchè, impiombata dalle inchieste giudiziarie sulle sue società, è stata ritirata fra le critiche. La seconda bozza è stata proposta in senso più restrittivo verso gli affitti brevi e con il no alla cedolare secca del 21 per cento. «Noi non siamo contro la proprietà privata ma prima c’era un far west che gli amministratori non hanno contrastato», ha replicato la ministra a Sala che l’accusava di non avere fatto nulla. Le critiche del sindaco, e di tanti altri politici locali schiacciati dalle invasioni barbariche, non sono rimaste isolate perché la regolamentazione del turismo è il modo ideale per farsi nemici, dovunque si mettano le mani. Confedilizia, il sindacato dei padroni di casa, insieme ad altre dieci organizzazioni di categoria, ha accusato il ddl sul turismo di ledere in modo incostituzionale il diritto di proprietà e di «contrastare la locazione di abitazioni private attraverso l’introduzione di un numero ingiustificato di divieti, limitazioni, requisiti e obblighi, alcuni dei quali di impossibile applicazione». Per motivi opposti il testo Santanchè è stato accolto con favore da parte di Federalberghi, che vede negli affitti brevi il nemico numero uno. Ma mentre gli squadroni di Airbnb, Booking, Expedia procedono compatti, in Italia si vive di spaccature corporative tra associazioni aderenti alla Confindustria (Federturismo), alla Confcommercio (Fipe) e decine di altre sigle indipendenti. Fra gli strumenti disponibili a sostegno del settore ci sarebbe l’ente del turismo Enit, carrozzone per antonomasia che nel lontano 2014 Matteo Renzi aveva messo nella lista delle rottamazioni. A novembre 2022 Santanchè ha affidato l’Enit all’amica Ivana Jelinic, ex numero uno di Fiavet, la federazione delle agenzie di viaggio messe in crisi dal fai da te online disponibile sulle piattaforme. Per adesso Enit si è sentita nominare per la campagna da 9 milioni di euro Open to Meraviglia, contestata urbi et orbi, e per l’accordo con WeChat, una sorta di WhatsApp cinese, finalizzato ad aumentare le presenze dalla Repubblica popolare, abitata da 1,4 miliardi di persone che solo in piccola parte hanno scoperto le gioie del turismo. Per gli operatori sarà una gioia accoglierle. Per tutti gli altri è l’incubo assoluto. Read the full article
#b&babusivi#Colosseo#evasionefiscale#industria#innovazionetecnologica#OpentoMeraviglia#Overtourism#prezziimpazziti#Quartierispagnoli#settepeccaticapitali#turismoitalia
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Discorsi ad un'amica
Hai detto una frase ricorrente, che ti ha fatto vivere male e mi ha fatto vivere male per anni: “mi aspettavo un segnale, un gesto” un qualcosa insomma. Si dava non per dare ma per ricevere. E si restava per paura di perdere anche il poco “il piuttosto” come diceva tua nonna. Questo è quello che va ribaltato nella nostra vita e che sto cercando di apprendere con molta molta fatica: non camminare indifferente tra la gente, timorosi di non ricevere o di non essere capiti, ma dare per il gusto di dare, perché ti fa sentire bene, perché se quell’attimo richiede di dare lo dai e basta senza aspettarti nulla. Imparare a vivere e a condividere/convivere è tutto qui, cosa molto difficile in verità. Ma se vi di riesce si sta meglio perché si vive con disincanto: prendi quello che ti viene, dai quel che riesci a dare e trattieni e costruisci quel che puoi fare. Ma scivolare tra la gente o nella vita senza trattenere nulla, no. Davvero poi la vita sarebbe ancor più vuota di quanto ci si accontentava del “piuttosto”. Io voglio imparare a fare questo...
...
Io non sono un santo e non sono votato al martirio. E per certi aspetti siamo uguali: ho sempre dato tantissimo ma alla fine gratta gratta mi aspettavo sempre il contraccambio. Ora sto cercando di ribaltare le cose: dagli altri non mi aspetto più nulla se non le regole basilari del rispetto reciproco e di non farsi fare del male gratuito. Io do quel che posso e voglio (prendi te: sei venuta a casa, ti ho accolto e ti ho dato quel che potevo e non mi aspettavo nulla in cambio). Mi aspetto la reciprocità se do amore e se mi sento dichiarare che vuoi darmi amore. Allora lì non transigo: mi dai quel che puoi ma lo devi dare se le parole hanno ancora un peso. Altrimenti la porta è aperta e come sei entrata nella mia vita ti faccio uscire, perché voglio imparare ad avere prima rispetto di me e di volermi bene. Ho vissuto troppo da tappetino e sono stato ben bene calpestato perché si è sempre confuso che il mio dare fosse obbligatorio ed incondizionato H24. Ora do quel che voglio, quando voglio e a chi voglio. Non sono immune da pesanti ricadute. Non si cambia dall’oggi al domani ma il percorso che sto facendo è in questa direzione. Ti do amore perché sento di potertelo dare e te lo voglio dare. Lo accetti? é bene. Lo respingi? Saluti e baci perché nulla è più scontato o dovuto. Non ci sei più nella mia vita? Non mi strappo i capelli, cerco di non disperarmi più come ho fatto in passato, perché alla fine sono io che sono stato male e mi stavo perdendo mentalmente senza ritorno. Il mio obiettivo resta il costruire qualcosa ma non è più una ricerca disperata e senza compromessi. Accade? Sarò l’uomo più felice del mondo. Non accade? Non mi uccido per te. Mi sentirò un po’ ammaccato ma andrò avanti lo stesso. E se in questo camminare incontrerò gente (che finora non ho incontrato) che mi saprà dare qualcosa io dirò grazie e ricambierò. Ma non voglio essere indifferente alla vita.
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Rixi sul naufragio a Cutro, nessuno ha detto di non soccorrere
“Le regole di ingaggio le determina l’Europa e sono uguali per tutti i salvataggi. Bisogna sempre fare luce e fare indagini interne su qualsiasi cosa. Ma nessuno ha detto di non soccorrere persone in mare. Io in montagna ho salvato delle persone, mentre c’è chi parla sui giornali e che in vita sua non è andato mai a salvare nessuno”. Così il vice ministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi…
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Riflettevo sul fatto che il matrimonio di Tiziano Ferro con suo marito sia naufragato nonostante si siano fatti un culo così.
A parte le battute (😂..)
La notte ..non sarà mai...il giorno, anche se accendi tutta la luce del mondo, sarà SEMPRE notte.
Un uomo e una donna insegnano le vere regole della vita, se c'è Amore tra due sessi uguali .. nessuno dei due potrà insegnare il vero senso della vita, ché libertà ..si ..di scelta ..vero, ma ..una volta che si è insegnato ..il vero Amore.
E non è .. l'amore che insegna le regole della vita, ci si può innamorare anche di un cane ..ma non puoi farci una famiglia ..e insegnare le regole dell'amore ...bisogna dare un senso alla Vita...
L'uomo e la donna ...sono stati creati proprio per questo, per dare un senso alla Vita... e no a l'amore.. L'amore và con chi vuole ... è libero!
L'insegnamento alla vita ...ha le sue regole ...e parte proprio da un uomo e una donna!!
...io la penso così
Per crescere i figli in modo felice c'è una sola soluzione: le relazioni d'affetto, sia che si tratti di una coppia etero sia che si tratti di una omosessuale. Là dove vige l'amore si cresce bene, là dove vige la violenza o il gelo emotivo si cresce male. Che la smettano di dire che la famiglia è fatta da un uomo e da una donna, perché questa è una visione fondamentalmente materialista. Lo stare insieme non è semplicemente mettere al mondo i figli, ma ha anche il significato di volersi bene, di dedicarsi a un'opera educativa. [...] i figli sono figli non perché vai a letto con una donna e la donna va a letto con un uomo, sono figli perché li cresci, perché stai insieme a loro, perché rispondi alle loro domande, perché stai attento ai loro bisogni. Questo significa "paternità" e "maternità", da chiunque sia svolta.
- Umberto Galimberti
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LA POVERTÀ
Non è malattia, nemmeno contagiosa, non è incapacità a vivere nella società e nemmeno nullità.
La povertà è uno stadio della vita in cui, se non vuoi giocare alle regole dettate da consumismo e capitalismo, vieni messo a giocare.
Lotti coi poveri per ritornare tra il mondo folle dei benestanti.
Ma benestanti in che modo?
Gente che si vanta del proprio patrimonio, delle proprietà, dell'auto nuova, del vestito firmato, della casa moderna disegnata dal valente architetto… tutto questo mentre un pianeta muore, soffocato da pattume e guerre di intolleranza.
Nasciamo tutti poveri, uguali, nudi e crudi.
Poi iniziano le differenze, subito dopo che si esce da una nursery.
Guardate quella stanza, andatela a vedere anche se non avete mai fatto un figlio e mai ne farete. Potete vedere tanti esseri umani poveri e felici, uguali e privi di ogni condizionamento. Questo stato fantastico dura qualche giorno, poi tutto comincia a rotolare verso logiche anti umane studiate da uomini che considerano la gente solo massa produttiva.
Da quel momento in poi avrai un nome, un cognome, un numero e dovrai consumare, costare e pagare, guadagnare e spendere o far spendere.
Tutto, da quel momento di catarsi in poi diventerà solo ed esclusivamente legato al denaro. Entrate e uscite. Dare e avere.
Se ritornassimo tutti a quel momento e ripartissimo, se non fisicamente almeno mentalmente, potremmo rivalutare tutto il senso della nostra esistenza di persone tristi condizionate dal desiderio di avere, possedere, consumare.
Ci siamo dimenticati di come eravamo, ci siamo abbandonata dietro le spalle la povertà, quella povertà che vissero i nostri padri o nonni durante le due devastanti guerre mondiali.
Pochi uomini che decidono di distruggere milioni di altri esseri perché altrimenti la povertà ci soffocherà.
Anche ora siamo diventati troppi e il pianeta non regge il nostro continuo consumare. Si sta pensando a una nuova guerra e i potenti delle nazioni più bellicose stanno pensando a quante vittime dovranno lasciare sul terreno di gioco. Chi è più ricco perderà meno pedine, chi è più povero dovrà pagare il prezzo più alto.
Non ci sono altre formule di regolazione della popolazione su questo pianeta, da che esiste l'essere umano la storia continua a ripetersi.
La POVERTÀ è sempre bandita da ogni feudo, paese, città o metropoli. La povertà e ai margini perché la società consumistica si alimenta solo della follia dei ricchi.
Ma la povertà è verità. Se togliessimo quel paravento mentale, che ci impedisce di vedere oltre i condizionamenti, potremmo ritrovarci bambini, uguali, semplici ma grandiosamente liberi.
Uno stato di grazia che poi mai più si potrà ripetere, un modo su cui dovremmo investire la nostra esistenza per farlo continuare, per portarlo come modello di vita.
Ma la povertà conviene che ci sia solo per pochi, una emarginazione per chi è "difettoso", un business per chi riesce a lucrare anche sulla povertà.
Ecco, iniziamo a capire che la POVERTÀ non è qualcosa di negativo. In inglese poverty è la radice di power.
MIB
Quadro di Mike Bongiorno
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Dante, bolognese, poeta.
Vorrei scrivere un libro su Dante e farlo iniziare così:
Dante è nato a Bologna, non si sa bene quando. Probabilmente aveva già una ventina d’anni e in qualche modo ha avuto per le mani la poesia di Guido Guinizzelli, suo padre [Pg XXIV], da cui ha ricevuto l’imprinting definitivo: Al cor gentil rempaira SEMPRE amore…
Nello sviluppo umano, la madre ha il compito di trasmetterti il senso dell’essere unico e straordinario, il padre invece la legge, l’ordine delle cose. Che poi è tutt’altro che un limite, perché è il segreto della relazione, del nesso, della costruzione. Sono le due gambe su cui camminiamo tutti, identità e relazione, e Dante una delle due l’ha ricevuta da Guido Guinizzelli. Sì, è importante prendere in considerazione la storia, le informazioni, gli annali e le attestazioni, ma dentro tutto questo mare di notizie e informazioni sono da tenere nel dovuto conto anche testimoni e protagonisti. E il protagonista di questa storia lo dice chiaro: mio padre è lui, Guido Guinizzelli. Il sangue che mi scorre dentro è lo stesso che scorre nelle sue vene. Dice padre, non dice maestro.
Non gli ha insegnato a scrivere o a parlare, e nemmeno a mettere in rima i pensieri. Lo dolce stil novo è a un altro livello: è gratitudine (da dove nasce sennò la dolcezza, dalle moine?), è una attitudine verso la vita, è un modo di guardare la realtà, un approccio verso ciò che si ha di fronte. Ed è una novità, una novella, qualcosa che accade. Non è il semplice contrario di vecchio o di tradizionale: è novo! Bum! Tutto si ordina a questo: argomenti, impegno, scrittura… Sono queste le regole, la legge che ha ricevuto da suo padre, questo il calore che ha sentito scorrere dentro di sé. Quindi è partito.
L’argomento era serio, serissimo: Amore (maiuscolo o minuscolo, accidenti?). Prima di addentrarsi, credo sia importante accettare che il metodo di conoscenza va adattato alla cosa che si ha di fronte: Dante la sua storia la racconta, e poi la ri-racconta e la ri-racconta ancora. Vuole che ascoltiamo lui e ci insegna anche come farsi interpretare. Quando parla dei quattro significati delle scritture, fa una progressione: lo letterale (facile, è sufficiente un po’ di parafrasi), lo allegorico (le note bastano e avanzano), lo morale (qui ci intimoriamo, ma è solo un invito a guardar su, a fare un nesso tra il piccolo e l’infinitamente grande - che poi è semplicemente fidarsi del cuore) e lo a-na-go-gi-co (che era terzo o quarto?). Be’, anagogico è cosa c’entra con le cose più alte, coi massimi sistemi, con gli assoluti. Altro invito a un nesso, a un rapporto, a mettersi in mezzo e a guardare in su.
Lo spirito è quello di trovare un modo di costruire relazione tra sé e l’infinito, tra sé e il destino. La novità è questa ed è una cosa che ribalta tutto perché lo stile a questo punto cambia, ha un senso, una strada, un orientamento, qualcosa a cui ordinarsi. La dolcezza non c'entra con il garbo o la delicatezza: è pura gratitudine, è letizia, felicità (quella fatta in parti uguali di gioie e di dolori, non l’allegria spensierata). Roba forte, complicata, piena di sfumature e dettagli da considerare e trattare con attenzione. Il tipo di cosa perfetta per essere scoperta a Bologna, a ben pensarci, fra gente che tende a non creder mai a niente, che non si fida se non vede due volte in più di san Tommaso (l’apostolo) e ama sempre esser precisa, soprattutto a livello di regole e di giustizia. Tanto è vero che, stando a Dante (ma anche De Sanctis la pensa come lui) tutto nasce da uno come Guido Guinizzelli.
Si riesce a immaginare qualcosa di meno poetico di un notaio? Guinizzelli era un notaio. Pare che tradizionalmente, avendo tempo, inchiostro e spazi bianchi sulle pagine, si divertissero a verseggiare. Un vero cazzeggio per saputelli, per lo più, ma succede che Guido fa qualche passo in più. Imposta Al cor gentil quasi professionalmente. Senza quasi: spiega scientificamente come funziona l’amore. È rigoroso, dettagliato, accademico e politico. Passa dal sentimento - che poi la gentilezza non è un sentimento, è un'attitudine, una decisione, un approccio - a esempi molto precisi, con cui chiarisce bene sfumature e dettagli. Fa un elenco rigoroso e alla fine non si dimentica del proprio mestiere: immagina di essere contraddetto e portato in giudizio. Ma è la sua comfort zone: nonostante il tribunale sia il più impegnativo - perché il giudice è direttamente Lui, Dio - Guido difende la propria anima e le anime di tutti inchiodando addirittura il giudice alle sue... responsabilità. Con un colpo di teatro, lo mette sul banco degli imputati: «sei tu he hai mandato quell'angelo, io non ho sbagliato».
Ma soprattutto Guido ha il coraggio di dire “sempre”: Al cor gentil rempaira SEMPRE amore… Non ci sono dubbi, non ci si può ingannare, le regole sono chiare e i fattori sono quelli: non c’è motivo di avere paura. È così netto da diventare quasi un po’ freddino (cosa tipica per scienziati e avvocati, in effetti), ma l’input è chiaro: a tema c’è il mio cuore, bisogna lavorare su quello.
E Dante va in fondo alla cosa. La racconta per un altro verso, con l’aiuto di San Tommaso (quell’altro, della Summa), scopre cos’è l’amore e parla proprio di quello. L’amore è un accidente nella sostanza. Un colpo, una percussione che smuove l’ordine della realtà (quello celeste!). È una cosa che percuote la realtà, la scaravolta, la ribalta zolla a zolla, che crea montagne e valli, panorami, viaggi, ponti, salti, strade, mari… Un accidente, un colpo proprio, una cosa che il ritmo va a farsi benedire e che dopo non torna più niente uguale a prima. L’amore… l’anima gemella? No. L’affinità elettiva? No. Il sacrificio per la famiglia? No, diavolo no! L’amore sconquassa la sostanza (cioè le cose come le ha messe a posto Dio)! Smuove l’essenza di tutto, accende spettacoli di arte varia e molto di più: vite, avventure, ricerche, viaggi, rischi, azzardi, eroismi, invenzioni. Bum! Un colpo dopo l’altro, un cuore dopo l’altro, un battito dopo l’altro si mette in moto un’energia che sfida Dio, che ti porta fin davanti a Dio e parli tu: è l’amore che mi ha portato qui, non ho sbagliato nulla. L’hai conquistato tu, ora è casa tua e quell’abbraccio è tante cose, l’abbraccio di Dio, e non ha nulla di servile. È l’abbraccio di un figlio che hai visto babbo che avevo ragione? E credi che non lo sapevo, che avevi ragione, figliolo?
L’amore non è una strada. Sono mille strade che partono da dovunque e arrivano a quel punto. Sono tutte diverse perché sono di chi le percorre. Hanno anche una caratteristica sconcertante - è ora di svegliarsi su questo! - che è l’assoluta discutibilità morale di ogni percorso. L’amore è un potere. Genera morale un giorno dopo l’altro, ma non con la logica del rispetto astratto, di regole che vanno sopra chi hai di fronte. C’è tanta saggezza, tanto buon senso, ma la complicità profonda, il patto vero non è sulla corsa verso il destino, non è su un piano perfetto di ispirazione Disney o di conquista del mondo. La compagnia serve per contemplare la meraviglia e correre verso la misteriosa origine di tutto, di sé, del proprio cuore.
La novità è questa, la scoperta di cui Dante è grato a suo padre è questa. Ha la forma di un viaggio, lo stile di un invito, la dinamica di una compagnia: Dante fa il viaggio con me, con te, con chiunque. L’idea è quella di vedere, di raccontare, perché l’obiettivo è vivere, fare esperienza, camminare e alla fine di tutto immergersi anima e corpo nel proprio destino. Ci sono tante strade per quanti uomini esistono; condividono la direzione, ma i passi sono di ciascuno. L’aiuto è a vedere, il resto è molto più che intimo e irripetibile. Proprio per questo, per ciascuno ogni passo è una meraviglia, perché quel SEMPRE è lì per ognuno di noi.
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Mi chiamo Luca, ma tutti mi chiamano Lumaca e frequento la prima elementare. La maestra dice che così come io dimentico alcune sillabe, anche nel mio nome si sono dimenticati di scrivere la sillaba “ma”, proprio in mezzo! La mia maestra è molto simpatica e scherza sempre e tutti le vogliamo bene e io sono proprio felice quando mi mette le stelline e i cuoricini sui compiti. La mia maestra è bella, bionda e un po’ vecchia, perché ha le pieghe sul collo e usa degli occhialini sulla punta del naso che poi rimangono appesi a una collana. La mia maestra sembra anche un po’ giovane perché ha sempre le unghie colorate e usa i tacchi alti e sa raccontare le fiabe benissimo con tutte le voci diverse, anche quelle dei bambini e degli animali. Per tutta l’estate, prima di cominciare la scuola, mamma e papà, mi avevano raccontato storie fantastiche: avrai tanti nuovi amici, imparerai un sacco di cose, ti divertirai tantissimo! Avevo il mio zaino di Dragon Ball pronto già da ferragosto e ogni tanto lo ricontrollavo, osservavo le pagine bianche dei quaderni e sorridevo immaginandoli pieni di storie che io avrei scritto come i miei fratelli. Accarezzavo le copertine, aprivo e richiudevo l’astuccio verificando che non mancasse nulla, sfiorando con le dita tutte le punte dei colori; odoravo la gomma per cancellare e cercavo di capire il meccanismo del mio temperino a forma di macinino del caffè. Il mio primo giorno di scuola ero felicissimo. Mi sentivo finalmente grande, come i miei fratelli. Non capivo proprio come mai alcuni dei miei compagnetti piangessero! Volevo dirglielo che finalmente eravamo grandi e non dovevamo piangere perché avremmo imparato un sacco di cose nuove, ci saremmo divertiti e avremmo vissuto storie fantastiche. Ma non li conoscevo e io sono anche un po’ timido. Quando siamo entrati in classe, la maestra ci ha detto subito di tirare fuori dallo zaino il nostro quaderno e la matita e io ho cercato di fare più in fretta che potevo perché non vedevo l’ora di sapere cosa ci avrebbe fatto fare. - Copiate dalla lavagna: oggi è lunedì 16 settembre 2019 e sotto scrivete il vostro nome. Ho incominciato a sentire un po’ di freddo… Cosa vuol dire copiate? Devo scrivere quello che c’è scritto nella lavagna uguale uguale? Ma io non ci riesco… Mi sono guardato intorno e ho visto che i miei compagni hanno cominciato a scrivere. Va bene, ci provo anch’io. Ho preso la matita e ho cominciato a fare un cerchio, poi due palline che avevano come delle code a forma di goccia e poi una striscia piccola con un puntino sopra… Ero soddisfatto, non sapevo cosa avevo scritto, ma assomigliava proprio a quello che c’era scritto alla lavagna! - Luca, stai attento, se scrivi così in grande non ti basteranno tutti i fogli del quaderno per questa frase! E poi devi cercare di andare dritto e le letterine devono essere tutte uguali! Ha ragione la maestra, sono andato un po’ storto… ho incominciato su e sono finito giù… però quello che ho scritto è uguale! Cosa significa che le letterine devono essere tutte uguali? A me sembrano tutte diverse… Ho impiegato tutta la mattina per scrivere quella frase… Molti miei compagni sapevano già leggere e scrivere e loro hanno fatto in fretta e quindi hanno fatto un disegno. Io no. Mi sentivo così stanco, è stato davvero faticoso. La maestra mi ha detto che non ci stavo riuscendo perché impugnavo male la matita. - Devi prenderla così! Ma io non ho visto la differenza, secondo me lei la prendeva come me. A tutti ha detto: bravo! brava! bravo! brava! A me ha detto: stai tranquillo, se starai più attento sarà sempre più facile! Ma io era attentissimo! Da subito, dal mio primo giorno di scuola, ho capito che non sarebbe stato facile. La tristezza e la paura avevano preso il posto della felicità e dell’entusiasmo… Forse i miei genitori avevano esagerato un po’ dicendomi che sarebbe stato fantastico… o forse io avevo qualcosa che non andava, qualcosa di diverso. Quando i miei genitori sono venuti a prendermi all’uscita di scuola erano così felici per me che non volevo certo deluderli e finsi che fosse andato tutto bene. Mi chiesero di vedere subito il quaderno e io lo mostrai orgoglioso. - Oh, ma come sei stato bravo! Ma hai scritto tantissimo! E cosa hai scritto? - Ho scritto quello che c’era scritto alla lavagna… - Oh, sì certo… infatti… Mamma non aveva capito niente di quello che avevo scritto, eppure sapeva leggere. E se non lo aveva capito lei, figuriamoci io che non sapevo leggere. Ma decise che mi meritavo un premio e perciò prima di tornare a casa siamo passati in edicola e mi ha comprato due bustine di figurine dei Dragon Ball. Mia mamma sì che mi vuole bene e capisce quando mi impegno. Da quel giorno però, dal mio primissimo giorno di scuola, la mia vita è cambiata. Ho cercato di non arrendermi, ma per quanti sforzi facessi il risultato non andava mai bene. I miei compagni erano sempre più veloci e più bravi di me e la maestra continuava a dirmi che ero troppo distratto e lento come una lumaca. Prima della scuola, le lumache mi erano simpatiche, non ci trovavo niente di strano sul fatto che andassero lente. Oggi non le sopporto. Ogni mattina prima di andare a scuola mi veniva voglia di vomitare. Avevo smesso di bere il latte e così sembrava andare meglio. La sera quando facevo i compiti mamma mi aiutava sempre, ma mi veniva mal di testa e alla fine mi hanno portato dall’oculista, un signore simpatico: - Questo campione ci vede benissimo! - Mamma, “benissimo”, è come prendere dieci? - Sì, Luca… Ero soddisfatto, quel signore non mi conosceva, ma mi aveva dato un voto altissimo, con la mia maestra dieci non l’avevo mai preso. Il tono di mia mamma però non era felice, anzi sembrava quasi che ci fosse rimasta male. Avevo capito che per lei forse era più importante la maestra del signore e quindi aspettava un dieci anche da lei. Ma quel dieci non arrivava mai. Allora, mamma ha cominciato a dubitare di me… e ogni volta che le dicevo che avevo mal di testa quando facevamo i compiti non mi credeva. Diceva che inventavo delle scuse, che ero un poltrone e ha incominciato a punirmi. In classe poi la situazione peggiorava sempre di più. Certe volte, tante volte, mi sentivo strano… C’era così tanto chiasso… la maestra urlava e i miei compagni parlavano e parlavano e poi ridevano e urlavano e poi sentivo le macchine che passavano sulla strada fuori dalla finestra, gli aerei che volavano nel cielo, la bidella che entrava in classe… era tutto così confuso e alla fine la maestra se la prendeva con me e diceva: - Luca ti sei incantato di nuovo? Sveglia lumaca! Torna nel nostro mondo e mettiti a lavorare! Io ci rimanevo male perché tutti ridevano, poi loro forse non ci pensavano più, io invece continuavo a pensarci per tutto il tempo e non so come, né perché, ho incominciato a distrarmi davvero. Tutto è partito dal pizzico di una zanzara. A furia di grattarmi il pizzico era diventata una bella crosta e con la matita presi a staccarla. Mi faceva un po’ male, ma insistevo fino a quando con la punta non scavavo troppo e usciva il sangue… Sembrava una cicatrice di guerra ed ero orgoglioso. Allora ho cominciato a farmene altre anche senza che le zanzare mi pizzicassero per prime. Lo facevo soprattutto quando in classe c’era tutto quel trambusto e io non capivo niente di quello che dicevano. Mamma e papà erano molto nervosi. Erano stati richiamati dalla maestra che aveva spiegato loro l’importanza delle regole. - Luca è troppo immaturo e non ha ancora capito che in classe deve lavorare, fatelo leggere! Tutti i giorni, oltre ai compiti dovevo leggere con mamma o con papà. Quando conoscevo la storia era più facile, ma quando prendevano una storia nuova arrivava l’ora di cena che ancora non avevo finito e alla fine si arrabbiavano sempre. Odiavo leggere. Quelle stupide lettere ormai le sognavo anche la notte, si trasformavano in mostri e mi torturavano e mi mangiavano. C’è poi quella lettera sempre uguale, nello stampato minuscolo, la più odiosa di tutte che una volta è “b”, poi è “d”, poi è “q”, e poi è “p”! Dannata lettera che non si fa mai riconoscere! Mi faceva sentire stupido, sempre più stupido e ogni volta che dovevo leggere in classe i miei compagni non la smettevano di ridere. Ma alla fine decisi di combattere! Non avevo superpoteri, questo l’avevo già capito quando avevo cercato con tutte le mie forze di fare un’onda energetica ma non era successo nulla! Sapevo però cosa piaceva alla maestra. Avevo deciso di scriverle una lettera, una specie di giuramento come quello dei cavalieri di Re Artù: GIURO CHE DA OGGI SARO’ BRAVO E ATTENTO E LEGGERO’ SEMPRE E DIVENTERO’ PIU’ VELOCE DELLA LUCE! E poi un bel disegno tutto colorato. Colorare mi fa schifo e fare i cuoricini e le stelline è una cosa da femmine, ma farò così. Di notte preparai la mia lettera quando tutti dormivano perché doveva essere un segreto tra me e la maestra. Ci ho impiegato tanto ma ero soddisfatto. L’indomani quando gliela diedi ero emozionato. Lei la prese, la aprì e tirò fuori il foglio… - Che cos’è? - È un giuramento, dissi io ripensando ai cavalieri. - Luca, cosa c’è scritto? Rimasi stupito, ero stato molto attento a scrivere bene ogni letterina… perché non riusciva a capire cosa c’era scritto? - Va bene Luca, leggimi tu cosa hai scritto… Presi il foglio, lo guardai e… insomma, non riuscivo a leggere nemmeno io, ma cercai di ricordare e alla fine recitai il giuramento così come lo avevo pensato prima di scriverlo. Lei mi guardò, sfiorò la mia guancia con un bacio e mi disse che avevo meritato un bel dieci!!! Ero felice, forse non avevo scritto bene, ma i cuoricini e il disegno dovevano esserle piaciuti tantissimo! Non vedevo l’ora di dirlo a mamma e papà. Quando tornai a casa però loro sapevano già tutto e sembravano felici, ma anche un po’ preoccupati e infatti mi portarono da una signora, una dottoressa di quelle che non fa le punture e che si chiama con un nome molto difficile che però ho imparato bene: pe-da-go-lo-gista! Con lei ho scoperto una cosa importante. Ho scoperto che non sono una lumaca, che non sono stupido e sono anche molto intelligente. Ora sto in un’altra scuola, ho tanti amici e la mia nuova maestra è molto carina e non mi chiama mai “Lumaca”. Quando ho compiuto otto anni poi mi hanno detto che la mia difficoltà si chiama dislessia e disgrafia, ma tranquilli, non è niente di grave, non è una malattia! Avete presente il pesciolino Nemo, quello che ha la pinnetta atrofica? Lui è un supereroe vero, riesce a superare un sacco di ostacoli e a percorrere tantissimi chilometri per ritrovare il suo papà. Anche se ha la pinna così, nuota e non si arrende, nuota in modo diverso, ma nuota e niente e nessuno riesce a impedirgli di raggiungere il suo obiettivo. Beh, anche io, nella mia vita farò così, nuoterò in maniera diversa, ma come dice la mia pe- da-go-lo-gista: arriverò dovunque voglio! "Odio le lumache", di Giorgia Spano
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È domenica,
Sono tutti uguali i giorni
che non ricordo il nome,
Sono tutti diversi nella sostanza,
Così simili in apparenza.
Un giovedì è sempre un giovedì
Mi piace l'idea di dare un titolo ai giorni,
come fossero film
Lo sono e siamo i protagonisti.
Oggi è il tempo dei verbi.
Si, una domenica da fare,
da vivere,
da ricordare.
Un giorno scritto a penna, appena fuori le righe,
un verso senza regole o dettami, una poesia come mille ricami.
Oggi è domenica cucita addosso al mondo,
una pezza sul cuore,
una toppa sulle ginocchia.
Oggi è tempo di versare il giorno come si versa il caffè,
di zuccherare le ore,
di scaldare i cuori,
di vedere fumare la tazzina, sfumare ogni paura
Oggi è una domenica da leggere a voce alta,
Perché la poesia va declamata
e questa giornata proclamata... festa.
@vefa321
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