#le isole di venezia da vedere
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mypickleoperapeanut · 11 months ago
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"l'Italia, la prima volta affascina, la seconda ti conquista irrimediabilmente"
Il nostro straordinario Paese è incredibilmente ricco di caratteristiche talmente uniche che lo rendono un'attrazione mondiale per turisti e appassionati di cultura, storia, arte, gastronomia e moda.
Le peculiarità che lo caratterizzano e identificano l'Italia sono innumerevoli, tutte coinvolgenti, affascinanti e uniche.
L'Italia è la culla del Rinascimento con una storia che si estende per millenni, dalla Roma antica e ben prima.
Sono molte le nostre Città, alcune famose e conosciute, altre meno, che conservano alcuni fra i più preziosi tesori artistici e architettonici del mondo.
Questo perché ogni singolo luogo della Penisola delle Meraviglie e delle sue splendide Isole ha affascinanti storie da raccontare, bellissimi posti da far vedere, squisiti sapori da far assaggiare e coinvolgenti eventi da far vivere.
L'Italia tra le sue tante prerogative detiene anche il record per il maggior numero di siti Patrimonio dell'Umanità UNESCO, che includono centri storici, monumenti architettonici, opere d'arte e paesaggi naturali di inestimabile valore.
Per non parlare della cucina italiana globalmente conosciuta per le sue tante tipicità regionali, la sua enfasi su ingredienti freschi e di qualità e per i suoi innumerevoli piatti divenuti iconici.
Infatti ogni regione ha le sue specialità agroalimentari, enogastronomiche, dai vini alle salse, dai formaggi ai salumi, ai dolci.
Sempre il nostro Paese l'Italia è universalmente famosa per l'invidiabile qualità della vita, per la moda, il design, sia nel settore del mobile che in quello automobilistico e nell'oggettistica d'arredamento.
Sempre e ancora l'Italia vanta una geografia molto diversificata, dalle cime innevate delle Alpi e delle Dolomiti, alle coste cristalline della Sardegna e della Sicilia, fino alla campagna idilliaca della Toscana e delle Marche.
L'Italia nel suo complesso ospita alcune delle più celebri opere d'arte al mondo, realizzate da artisti del calibro di Michelangelo, Leonardo da Vinci, Caravaggio e molti altri.
Musei come gli Uffizi a Firenze, il Museo del Louvre a Parigi, conservano collezioni straordinarie che attirano milioni di visitatori ogni anno.
Questa nostra Terra vanta anche una grande tradizione operistica con molti teatri famosi come La Scala di Milano e grandi compositori come Verdi e Puccini, solo per citarne due degli illustri rappresentanti della musica italiana nel mondo.
Una passione profonda per lo sport, connota il nostro Paese, in particolare per il calcio con la sua Serie A, ma anche motori con marchi leggendari come Ferrari e Lamborghini e il ciclismo, con eventi come il Giro d'Italia.
La lingua italiana, con le sue radici latine e la sua musicalità, è amata e studiata in tutto il mondo ed è la lingua di alcuni dei più grandi opere letterarie della storia occidentale.
L'Italia ha una ricchezza di tradizioni locali e festival, come il Carnevale di Venezia, il Palio di Siena, e la Festa di San Gennaro, che mostrano il patrimonio culturale e la vitalità delle sue comunità.
L'Italia continua quindi ad essere un punto di riferimento per chi cerca la bellezza nella storia, nell'arte, nella cultura, nella moda e nella vita quotidiana, offrendo un'esperienza ricca e variegata per tutti coloro che si recano a visitarla o a studiarla più approfonditamente.
Molto probabilmente non si è elencato tutto il bello e il buono che abbiamo in questo nostro impareggiabile Paese, l'unico modo per scoprire tutto ciò che ancora ignoriamo noi che abbiamo l'opportunità di viverci e il resto del mondo che anela di venire in Italia solo per pochi giorni, per un tempo più lungo oppure per la vita, è intraprendere il più bel viaggio che si possa mai immaginare, quello alla scoperta delle Terre Uniche delle 20 Regioni d'Italia.
Riccardo Rescio
Presidente "Assaggia l'Italia ApS"
Associazione di Promozione Sociale (no profit)
Ministero della Cultura Ministero del Turismo ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo
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personal-reporter · 2 years ago
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Gli altri sport: Il nuoto
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Il piacere di andare a fare una nuotata in un caldo giorno d’estate… Il nuoto è conosciuto sin dai tempi preistorici, infatti alcuni disegni risalenti all’Età della Pietra  sono stati trovati nella Caverna dei Nuotatori, nei pressi di Wadi Sora nell’Egitto sud-occidentale. Un papiro egizio risalente al 3000 a.C. contiene i primi geroglifici con accenni al nuoto e  in alcuni bassorilievi si possono vedere nuotatori disposti orizzontalmente con un braccio avanti e l’altro indietro, che indicano come in quell’epoca l’uomo avanzava in acqua con movimenti alternati. Qualche forma di nuoto fu praticata anche dai Greci, dai nativi delle isole dei Mari del Sud, dagli Indiani d’America e dai Cafri del Sud Africa. Una delle più antiche testimonianze sulla capacità natatorie dell’uomo è il bassorilievo di Ninive proveniente da un palazzo assiro e conservato al British Museum di Londra, dove sono raffigurati tre guerrieri in fuga attraverso un braccio d’acqua e se due si aiutano a stare a galla con otri che gonfiano con la bocca, il terzo pratica qualcosa simile al moderno crawl. Un ipotesi sostiene che in Grecia, durante le feste istmiche, si svolgessero, all’interno delle prove acquatiche, delle gare di nuoto vere e proprie, mentre presso gli antichi Romani il nuoto aveva  un posto importante nei programmi di educazione dei giovani e nell’addestramento militare. In epoca medioevale, si ha notizia di gare disputate a Venezia nel 1315. Nel 1538 Nicolas Wynmann, un professore di lingue tedesco, scrisse il primo libro sul nuoto,  Colymbetes, sive de arte natandi, dialogus et festivus et iucundus lectu. Anche se già nel 1603 nasceva in Giappone il primo organismo per regolamentare il nuoto in forma sportiva, fu verso la fine del Settecento che questo  sport si affermò come tale, con la creazione in Germania del primi stabilimenti balneari e dei primi club di nuoto. Nel XIX secolo invece la spinta arrivò soprattutto dalla Gran Bretagna, dove erano sorte numerose società, così fu proprio a Londra che, nel 1837, si disputarono le prime gare di nuoto e tuffi codificate da un regolamento specifico. Pochi anni dopo, nel 1846, fu organizzato il primo campionato mondiale di nuoto in Australia, mentre il crawl venne  introdotto nel 1873 da John Arthur Trudgen, che si ispirò allo stile degli amerindi. Il nuoto di oggi nacque insieme alla prima edizione dei Giochi Olimpici dell’era moderna voluta nel 1896 da Pierre de Coubertin ad Atene. La prima società natatoria in Italia fu  la Romana Nuoto, fondata da Romano Guerra il 29 giugno 1889  a cui seguì,  nel 1891, la Rari Nantes Roma, per iniziativa dello scultore trentino Achille Santoni che si ispirò per il nome ai versi dell’Eneide di Virgilio (Libro I, verso 118). Invece la prima piscina pubblica della penisola fu  il Bagno di Diana, costruito a Milano nel 1842, che anche se aveva un nome da donna escluse rigorosamente la frequentazione alle donne per almeno 50 anni. Il 14 agosto 1899, a Como, a seguito delle riunioni del collegio pionieri del nuoto e per volere di Achille Santoni, che ebbe il ruolo di primo presidente, nacque la Federazione Italiana Rari Nantes. Agli inizi degli anni venti, la F.I.R.N. modificò la propria ragione sociale per diventare un Ente Morale. Nel 1930, con la nomina a Presidente di Leandro Arpinati, dopo una settimana dall’insediamento, fu cambiata la dicitura della Federazione in Federazione Italiana Nuoto. Read the full article
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corallorosso · 5 years ago
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Perché il Mose non funziona e non funzionerà mai di Giorgio Scura Il Mose (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) è uno dei più grandi scandali italiani. Il progetto, così come lo conosciamo nasce nel 1992, la posa della prima pietra risale al 2003: il cantiere si sarebbe dovuto già concludere nel 2011, poi nel 2014, poi nel 2018. Oggi si dice fine 2021. La verità è che non entrerà mai in funzione. Non potrà mai funzionare per diversi motivi. Ma soprattutto per uno: la corrosione. Nessuna nazione al mondo che ha dovuto far fronte a problemi legati alle maree e all'innalzamento dei mari ha mai scelto il Mose, o sistemi simili, per proteggere popolazioni e città, ma sempre altri tipi di dighe e barriere. Perché? Perché é contro le leggi della fisica e della chimica pensare di installare un sistema di paratoie così imponente dentro l'acqua, a mollo, in balia di sale, correnti, incrostazioni. Per 365 giorni all'anno. Non lo ha fatto mai nessuno perché è una follia. Tutti, dagli olandesi ai tedeschi, agli inglesi, per difendere le loro coste hanno sempre optato per sistemi completamente all'asciutto. Non solo: le cerniere di queste immense dighe sono tutte isolate perfettamente dagli agenti atmosferici tanto sono delicate. A Venezia cosa abbiamo deciso di fare? Metterle sott'acqua, e questo vuol dire una sola cosa: costi di manutenzione insostenibili, impensabili, impossibili. Il Mose è composto da quattro barriere costituite da 78 paratoie tra loro indipendenti in grado di separare temporaneamente la laguna dal mare. Questo dovrebbe difendere Venezia dalle maree più o meno eccezionali (fino a 3 metri). Le barriere sono collocate alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. Il Mose funziona così: queste paratoie sono adagiate sul fondo del canale, piene di acqua di mare, incernierate su un lato, e all'occorrenza vengono svuotate dell'acqua e riempite di aria compressa, provocandone così l'emersione, per il principio di Archimede. Salendo tutte insieme, le paratoie dividono il mare dalla laguna, proteggendola dalla maree. Una volta passata l'emergenza, le paratoie vengono svuotate dell'aria e riempite nuovamente con l'acqua, e dovrebbero riadagiarsi sul fondale, permettendo nuovamente il traffico acqueo. Tutto questo in teoria. Ma perché funzioni, il Mose deve rimanere perfettamente manutenuto e pulito. Proviamo a spiegare l'immane lavoro che si dovrà fare. Innanzitutto, la pulizia delle paratoie, la parte più delicata perché sono sempre ammollo e quindi aggredite continuamente da sedimenti, molluschi, crostacei coriacei come i "denti di cani", etc. Per farla, è stata costruita una gigantesca macchina ad hoc che si chiama Jack up, una mega chiatta mobile costata 50 milioni di euro (che in questo momento è pure guasta!) che dal cantiere deve raggiungere il Mose, prelevare la paratoia da ripulire, installare una pulita, trasportare la vecchia in cantiere dove viene ripulita e poi ricaricata a bordo, riportata al Mose, installata nuovamente per poi ricominciare così con un'altra paratoia. Questa operazione dura un mese. Le paratoie sono 78. Quindi ogni paratoia, dalle previsioni iniziali, sarà pulita in media una volta ogni 5 anni. Il problema Mose sta principalmente qui. Questo è il vero motivo nascosto per cui il Mose non funziona e non potrà mai funzionare. Prima di vedere i motivi tecnici, provate a pensare a questo: qualunque barca o barchetta viene issata a terra e ripulita ogni anno. Come si fa a pensare che una pulizia ogni 5 anni possa essere sufficiente a delle paratoie che, a differenza delle barche, non solo sono immobili, ma sono anche completamente immerse, adagiate sul fondo del canale? (...) Ma torniamo alla corrosione, perché non solo c'è un problema di corrosione interno, ma anche esterno. Per tenere le 78 paratoie mobili che compongono il Mose ancorate al fondo queste sono riempite di acqua di mare. Poi, quando bisogna sollevarle in modo che possano dividere il mare dalla laguna veneziana, un compressore fa uscire l'acqua marina e al suo posto fa entrare aria compressa. Quindi non solo le barriere vengono aggredite dalla corrosione dall'esterno, ma anche dall'interno. Inoltre, il materiale di cui sono composte non è ovviamente acciaio inossidabile (il tutto sarebbe costato qualche miliardo in più), ma in lamiera zincata. Ma andiamo avanti, un altro grande problema del Mose è questo: quando le paratoie vengono alzate, queste lasciano vuoti gli alloggiamenti dove si adagiano quando la barriera non è in funzione. Quindi ogni volta che queste si alzano, lasciano liberi questi spazi che chiaramente, con l'effetto "risucchio", si riempiono subito di sabbia, spazzatura, che le forti correnti portano in rande quantità, e detriti vari. Quando la marea è passata e quindi le paratoie devono tornare al loro posto, cosa succede? Che non possono farlo, perché bisogna pulire questi spazi, altrimenti la paratoia rimane sollevata. Bene, per questo problema non c'è una soluzione, qualcuno ha detto che servirebbero degli speciali robot subacquei o delle mega macchine galleggianti, che ogni volta che si alza la barriera, vadano a pulire ciascuno dei 78 incavi. Questi robot e queste macchine al momento non esistono. Così, per pulire, devono intervenire squadre di sommozzatori e, in superficie, puntoni con benne e mega aspiratori, così come stanno facendo continuamente alla barriera di Malamocco-Treporti. Quanto questo verrà a costare non si sa, e non si sa quanto spesso dovranno essere pulite. Sempre a Malamocco, ci sono stati già 22 interventi di questo tipo da febbraio. Ma andiamo avanti. Un altro enorme problema non adeguatamente calcolato e che getta un ulteriore ombra sul funzionamento finale della mega opera che doveva costare poco più di un miliardo, ma se ne è mangiati già 5 o 6 (non è chiaro visto che c'è stato anche la storia del Mose). Questo problema è la subsidenza, parola difficile ma che semplicemente descrive il movimento di sprofondamento del suolo terrestre, compresi i fondali marini. Già, mentre il livello del mare sale, quello dei fondali scende. Questo sprofondamento era stato calcolato nell'area della laguna veneziana di 8 centimetri in 100 anni, ma recenti studi hanno dimostrato che in soli 2 anni e mezzo c'è stato già uno sprofondamento di 8 centimetri (lo scrive il Cnr sulla rivista Le Scienze). Non un secolo, 2 anni e mezzo. Cosa c'entra con il Mose? Semplice: essendo le paratoie ancorate al fondo marino, un fondo marino che continua a sprofondare in maniera irregolare e non omogenea, quello che sarà facile che accada è che le paratoie, distanti l'una dall'altra appena 7/8 centimetri, si incastrino nel momento in cui vengono sollevate. In altre parole, lo sprofondamento del fondo marino, che come abbiamo detto è molto più rapido di quanto preventivato, potrebbe creare dei disallineamenti nella file di paratoie che per funzionare ed alzarsi tutte insieme devono essere perfettamente parallele, quindi minime variazioni di questo fenomeno dello sprofondamento potrebbero essere fatali. Non vogliamo essere troppo catastrofici, ma con questi presupposti non è possibile escludere che una di queste paratoie, aggredite dentro e fuori dalla corrosione e dalla ruggine, coperte di detriti e immondizia di ogni genere, un giorno, magari durante una mareggiata, possa staccarsi dal fondo e schiantarsi contro qualche bel palazzo veneziano, demolendolo. Ogni paratoia infatti è un cassone enorme alto 20 metri, spesso 5 e lungo anche 30 metri. Dei piccoli palazzi galleggianti. Un altro aspetto folle di quest'opera, scelta ufficialmente per il suo basso impatto ambientale, è legata allo zinco che immette in mare. Una quantità folle: almeno 12 tonnellate l'anno. Come? Colpa dei cosiddetti "anodi sacrificali", altra parola difficile, che descrive i panetti di zinco di una decina di kg ciascuno che vengo attaccati su ciascuna delle 78 paratoie (dentro e fuori di esse), così come avviene normalmente sulle chiglie delle navi, e che servono a preservare e ritardare la corrosione della lamiera, avvelenando una laguna già inquinatissima. (...) Diciamolo chiaramente, il problema costi manutenzione è immenso e irrisolvibile. E non rende possibile un vero studio costi/benefici. Per fare un paragone, mentre una diga "normale" come una di quelle installate per proteggere Rotterdam costa circa 5 milioni di manutenzione l'anno e 400 milioni per la realizzazione, per il Mose sono già spesi oltre 5 miliardi di euro e il costo di gestione e manutenzione non c'è. Negli anni, sono state fatte stime sempre più alte parlando prima 20, poi 40, fino ad arrivare 100 milioni di euro all'anno. Ed è su questo punto che il Mose affonderà, e lo si sa da sempre. Almeno da quando il resto del mondo ha scartato questo sistema perché ha costi di gestione impossibili, già chiari sulla carta. Noi invece che facciamo? Lo scegliamo, sbagliamo, perseveriamo. Perché? Perché non importa se verrà finito o meno. L'importante è che il cantiere ci sia, mangi soldi da quasi vent'anni anni, e, possibilmente, non finisca mai, così mai si chiuderà il rubinetto di fondi pubblici con assunzioni e appalti per amici e tangenti per politici e forze dell'ordine. Il Mose non è stato progettato per funzionare, ma perché qualcuno avesse un reddito. Quanto più a lungo possibile. http://www.fanpage.it/
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t-annhauser · 5 years ago
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Quarantena
Sono andato a vedere: quarantena è la venetizzazione del termine quarantina, detta anche contumacia, dal latino contemno, "disprezzo". La quarantena era il periodo di confinamento di 40 giorni che dovevano scontare le navi e il loro contenuto fuori dal porto di Venezia ai tempi dell'epidemia di peste del 1347, la stessa di cui parla il Decamerone. Inizialmente era di trenta giorni, ma trentena non suonava bene, per cui… scherzo. Vista poi la grande disponibilità di isolette, per loro stesse isolate, a Venezia spetta anche il primato della fondazione del primo lazzaretto nel 1403 (o 1423, non si capisce bene), il lazzaretto di Santa Maria di Nazareth. La parola lazzaretto deriverebbe appunto da questo Nazareth, poi distorto in "lazareth" ecc., oppure da Lazzaro, il famoso lebbroso della parabola evangelica. Quella del Covid-19 non si è decisa di chiamarla quattordicena solo per non stare lì a cambiarla tutte le volte.
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mademoisellesabi · 5 years ago
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La Laguna di Venezia o Laguna Veneta è la più grande laguna del Mar Mediterraneo, situata nell’alto Mar Adriatico è formata da moltissime isolette, alcune più famose e frequentate altre più solitarie ma ugualmente piene di fascino.
Tralasciamo appositamente Venezia con i suoi Sestrieri, rii, campi, calli e via di seguito – anch’essa formata da 124 isolotti uniti tra loro dai ponti –  città magica, unica e nella sua vera essenza, quasi indescrivibile, e raccontiamo le isole della Laguna da vedere.
Non so perché parlo al plurale, forse perché in questo momento non sono a casa da sola a scrivere come accade solitamente, in questo momento unico per la nostra vita, siamo tutti a casa a fare anche le cose che non abbiamo tempo di fare mai. #iorestoacasa #distantimauniti
Il nostro (mio e vostro) racconto sarà dedicato alle isole della Laguna di Venezia, alle più caratteristiche almeno, vedremo cosa vedere e come arrivarci.
Ma procediamo, se escludiamo le isole più celebri come Burano e Murano, non si presta mai molta attenzione alla moltissime isole da cui è composta la sua laguna, dalle più estese come Lido e Pellestrina, alle isole medie come Sant’Erasmo, alle più piccole come la Certosa e Torcello, vale la pena citare anche La Giudecca in aggiunta alle tante altre isole minori situate a Nord o a Sud della laguna.
Le isole minori degne di nota sono Santa Cristina, Sant’Ariano, San Francesco del Deserto San Michele e La Salina nella Laguna Nord, San Lazzaro degli Armeni, Tronchetto, Santa Maria della Grazia nella Laguna Sud.
Le isole di Venezia sono molte e quindi visitarle tutte richiede un bel po’ di tempo ma cominciamo con le cinque isole che possono anche essere visitate in una sola giornata.
ISOLA DELLA GIUDECCA
L’isola della Giudecca, in origine chiamata Spina longa, per la sua forma allungata che ricorda la lisca di un pesce, tra le isole della Laguna è una delle più estese ed è anche la più vicina al centro storico.
Nell’antichità quest’isola è stata abitata per lungo tempo dalle famiglie borghesi e nobili che nei secoli hanno costruito le prestigiose ville e i lussuosi palazzi. Qui a ricordare i fasti lussuosi del passato il Belmond Hotel Cipriani, splendido hotel 5 stelle che, oltre allo sfarzo dei suoi ambienti, regala una vista mozzafiato su Venezia.
L’Isola della Giudecca è formata da otto isolotti, collegati tra loro da ponti e ponticelli, a dividerla da Venezia è l’omonimo Canale della Giudecca. Sul lato opposto, quello che dà sulla laguna, dove si possono ammirare splendidi tramonti, si possono trovare orti e giardini che, un tempo, erano la vera caratteristica dell’isola, a testimoniarlo una mappa del 1729 di Ludovico Ughi, da cui risulta nel dettaglio tale patrimonio. Nei giardini, per lo più privati e inaccessibili, c’erano orti botanici, erbe medicinali, piante rare ed esotiche provenienti da terre lontane. Ora vi si trovano molti cantieri per imbarcazioni, officine di artigiani e laboratori.
Vista dell’isola della Giudecca da Piazza San Marco
Vale la pena di visitare la Chiesa delle Zitelle, un edificio progettato dal Palladio, che aveva l’antica funzione di ospitare ragazze povere che ci vivevano lavorando come ricamatrici e merlettaie, fino a quando non avessero trovato marito; la Chiesa del Redentore, eretta su progetto del Palladio tra il 1577 e il 1592, come segno di ringraziamento per la fine della terribile pestilenza che nel 1576 causò la morte di un terzo della popolazione veneziana, ancora oggi è il fulcro della “Festa del Redentore” e la Chiesa di Santa Eufemia, fra le più antiche di Venezia, risale al VII secolo.
Per una pausa il Terrazza bar dell’Hotel Hilton Stucky, che si trova nello stabile di un ex mulino di cereali e fabbrica di pasta di Giovanni Stucky, imprenditore svizzero; all’Harry’s Dolci (chiuso per il periodo invernale).
Hotel Hilton Stucky
Ci si arriva con i vaporetti dell’Actv che garantiscono collegamenti regolari a qualsiasi ora del giorno. Per sapere di più sulla Giudecca.
ISOLA DI MURANO
Nota in tutto il mondo come l’isola del vetro o di vetro, grazie alla lavorazione del vetro soffiato. È l’isola più grande della Laguna di Venezia, con 30.000 mila abitanti.
Inutile dire che tutto ruota attorno al vetro, animata di botteghe e laboratori dove si può assistere alla soffiatura del vetro e infatti, andare a spasso tra le fabbriche di vetro e ascoltare i racconti dei maestri vetrai è l’attività principale dei turisti. Se siete amanti di questa arte, non mancate la visita del Museo del Vetro di Murano dove sono esposti più di 4.000 articoli, edificio in stile gotico che sorge in Fondamenta Marco Giustinian, al museo si può vedere il “Libro d’Oro”, con l’iscrizione delle famiglie autoctone, che sin dall’origine lavorano il vetro e che col tempo hanno fondato alcune delle fabbriche più note nel mondo.
Se volete approfondire la vostra visita potete: visitare il Duomo di Santa Maria e Donato, la più importante chiesa di Murano del VII secolo, dove sono custodite le spoglie di San Donato; fare una passeggiata fino al Faro, si trova in Fondamenta Francesco Maria Piave ed è una costruzione cilindrica in pietra d’Istria; visitare Palazzo Da Mula ovvero il Municipio di Murano, risale al XIII secolo e la sua facciata è in stile gotico; visitare la Chiesa di San Pietro Martire risalente al 1500, conserva all’interno capolavori del Tintoretto e del Bellini.
Ci si arriva con i traghetti delle linee 4.1 o 4.2 e linea 12 da Fondamenta Nuove; linea 3 da Piazzale Roma o dalla stazione dei treni, in alternativa, con i tour operator della zona che organizzano tour completi con guida dell’isola di Murano e dintorni. Per sapere di più su Murano.
ISOLA DI BURANO
Burano è celebre ovunque per le sue case colorate, che sorgono ai lati dei canali, da non perdere la Casa di Bepi, la più colorata dell’isola. Burano è inoltre famosa per la lavorazione del merletto, e pertanto vale la pena quindi visitare il Museo del Merletto già sede della famosissima Scuola Merletti, adiacente al Palazzo del Podestà, oggi sede comunale.  
La tranquilla vita che si respira a Burano ruota attorno al campanile storto che sovrasta l’isola, ed è scandita dall’altra attività principale: la pesca. Visitate la Pescarìa Vecia (Vecchia Pescheria), situata in Via Giudecca e l’ex mercato del pesce all’aperto di Via San Martino Sinistro, in Campo della Pescheria. Andateci per pranzo e fermatevi in uno dei ristoranti di pesce. Piazza Galuppi, l’unica piazza dell’isola, è disseminata di ristoranti, piatto tipico dell’isola è il risotto di gó.
Per smaltire potrete fare un giro nella Chiesa di San Martino Vescovo dove si trovate un dipinto originale del Tiepolo e al Museo del Merletto entrambe, sempre in Piazza Galuppi. Sempre nella piazza molti negozietti dove poter comprare merletti e altro prodotti tipici locali come i dolci tipici locali come il Bussolà o l’Esse di Burano.
Prima di lasciare Burano vi consiglio la visita della Tenuta Venissa con la sua vigna murata, dove viene coltivata l’uva Dorona, varietà autoctona della Laguna di Venezia. La tenuta è situata nell’Isola di Mazzorbo che è collegata a Burano attraverso un ponte chiamato dagli abitanti “ponte longo”, ponte lungo.
Ci si arriva grazie ai numerosi collegamenti che partono dall’aeroporto Marco Polo e dalla Stazione Venezia Santa Lucia e con le linee 4.1, 4.2 e linea 12 da Fondamenta Nuove, e ovviamente con i tour organizzati. Per sapere di più su Burano
ISOLA DI SAN FRANCESCO DEL DESERTO
A qualche minuto di barca da Burano, trovate l’Isola di San Francesco del Deserto, raggiungibile solo in taxi o con mezzi privati. Una minuscola isoletta circondata da barene e avvolta per tutto il suo perimetro da cipressi e pini marittimi. 
Senza dubbio in luogo mistico nel quale aleggia comunque un’atmosfera di pace, l’isola è abitata esclusivamente da frati francescani in quanto ospita un convento del 1230.
Anticamente l’isola era chiamata Isola delle Due Vigne ed era di proprietà del nobile veneziano Jacopo Michiel. Leggenda vuole che vi abbia soggiornato, in ritiro spirituale per un breve periodo, San Francesco d’Assisi, attorno al 1220.
Nel 1233 circa Jacopo Michiel donò l’isola all’Ordine Francescano e prese il nome di Isola di San Francesco. In seguito a causa della peste che si diffuse in queste zone paludose, l’isola venne abbandonata per un breve periodo e da lì prese l’appellativo “del deserto”, e venne ribattezzata Isola di San Francesco del Deserto. Per sapere di più sul Convento di San Francesco del Deserto
ISOLA DI TORCELLO
Nella piccola isola di Torcello, scarsamente abitata, ci vivono poco più di 10 abitanti dediti principalmente al turismo, si respira un’atmosfera di altri tempi, una via di mezzo tra l’epoca Medioevale e l’antico impero romano.
Lungo il viale che conduce alla piazza si ritrova un paesaggio che ricorda il periodo del tardo impero romano, interrotto solo ogni tanto da abitazioni, alberghi o ristoranti in stile coloniale.
A Torcello troviamo il ponte del Diavolo, che deve il suo nome, secondo leggenda, proprio al diavolo in persona il quale scommise sulla sua costruzione in un sol giorno. Oltre il ponte la piazza in terra battuta e ghiaia disseminata di bancarelle di souvenir.
Sempre nella piazza il Palazzo dell’Archivio che ospita il museo di Torcello che raccoglie una collezione di reperti d’epoca bizantina e medioevale; il Palazzo del Consiglio, splendido edificio in stile gotico e il Trono di Attila, un trono in pietra situato proprio di fronte alla cattedrale di Torcello. 
Ci si arriva in 5 minuti da Burano con i traghetti ACTV, linea 9 che partono ogni mezz’ora. Con la linea 12 da Fondamenta Nuove (fermata a richiesta) oppure da Piazza San Marco partono ogni giorno tour organizzati che in mezza giornata, oltre all’isola di Torcello, vi porteranno nelle isolette più vicine, a prezzi moderati. Per sapere di più su Torcello
Non ci resta che organizzarci e andare alla scoperta di queste bellissime isole.
Venezia: le isole della Laguna da vedere La Laguna di Venezia o Laguna Veneta è la più grande laguna del Mar Mediterraneo, situata nell’alto Mar Adriatico è formata da moltissime isolette, alcune più famose e frequentate altre più solitarie ma ugualmente piene di fascino.
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nsital2090-19-blog · 5 years ago
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In viaggio per Roma o Venezia come turista? Ecco come ottenere l'esperienza da residente!
Tu scendi dall’aereo a Roma e pensi, cosa faccio adesso? Probabilmente tu hai fame e vuoi un pasto buono. Ma fai attenzione! Ci sono molti ristoranti per i turisti che non sono  buoni e sono costosi. Un posto dove dovresti andare per il vino buono e gli antipasti buoni è “L’angolo Divino”. Dovresti anche visitare il Colosseo, La Fontona di Trevi, e il Pantheon se non l’hai visto mai. Mentre sei intorno al Pantheon, dovresti andare a “La Casa Del Caffè Tazza D'oro” e comprare un cappuccino. Se vuoi un buon gelato, vai a “Grom” (raccomanderei il sapore di cioccolato). Se non vuoi il cibo italiano, un locale spesso frequentato dai residenti per cucina asiatica è chiamato “Wok to Walk”. Il cibo lì è economico e buono. Sebbene non raccomanderei andare ai ristoranti per i turisti, i pub per i turisti sono molto divertenti. Dovresti visitare “The Drunken ship” e “Scholars Lounge”, tutti possono parlare inglese. 
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Prossima fermata, Venezia. Adesso tu sei a Venezia, e ci sono più turisti di prima! Questo significa che le bevande sono più costose che a Roma. Così, raccomanderei acquistare un aperol spritz o una bottiglia di vino. Dovresti visitare le altre isole di Venezia, incluso Burano e Murano. Potresti comprare qualche vetro di Murano, visto che ci sei. Le case sulle isole sono colorate e bellissime. Devi anche vedere La Biennale se puoi, ma non andare il lunedì perché sarà chiusa. Se tu hai fame, ci sono un’abbondanza di ristoranti italiani se vuoi la pizza o la pasta. Ma prova a evitare i ristoranti per i turisti. Un altro consiglio, porta una bottiglia d’acqua ovunque tu vai, ne avrai bisogno! 
Dopo essere stata in ambi posti, preferirei andare a Roma perché ci sono più cose da fare ed è meno costoso che a Venezia. Spero questo sia utile per il tuo prossimo viaggio a Roma o Venezia!
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perilleonedisanmarco · 6 years ago
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historical headcanons: il veneto e i suoi nomi
Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. (Romeo e Giulietta)
“[…] come tutte le rappresentazioni territoriali ancora esistenti, gli storici sembrano concordare che il Veneto sia venuto in possesso, nel corso dei secoli, di numerosi nomi, corrispondenti ai diversi periodi storici attraversati e, come in numerosi casi italiani, alle popolazioni con cui ha avuto un contatto.
Purtroppo, le testimonianze sulla sua prima fase di vita risultano essere frammentarie e di difficile interpretazione, a causa della scarsa conoscenza attuale dell'antica lingua venetica, ma tutte le fonti sembrano indicare Sikos come primo nome del Veneto. Gli studiosi sono concordi nel sostenere sia quello con cui era conosciuto presso i Venetkens, il popolo dalle misteriosi origine che era stanziato nelle Venezie, e che gli era stato con ampie probabilità dato dalla rappresentazione dei Veneti stessi. Purtroppo, non siamo a conoscenza del suo significato, ma siamo certi che il nome fosse in uso fino alla dominazione romana, periodo in cui Sikos risulta alternato con Marcus nelle poche testimonianze di cui siamo in possesso. Sembra scomparire definitivamente intorno al II secolo a.C. con la caduta in disuso della lingua venetica, sostituita in modo definitivo dall'utilizzo del latino.
La scelta del nuovo nome assegnato, ancora ampiamente diffuso nella versione italiana di Marco, è legata alla volontà dell'Impero Romano di addestrare il nuovo possedimento, lontano dalla mentalità combattiva romana, nel tentativo di trasformare il mite Veneto in un guerriero degno del dio Marte. Siamo a conoscenza di allenamenti effettuati con la giovane rappresentazione, legata ai Romani tramite una mitica parentela, grazie a raffigurazioni scoperte nei pressi della città di Verona in cui lo vediamo impugnare alcune armi. Legate molto probabilmente all'ipotetico legame famigliare, alcune fonti sembrano voler avanzare l'ipotesi che la scelta del nome sia stata fatta anche nella prospettiva di onorare la possibile origine troiana del Veneto, donandogli l'onore di essere conosciuto come sacro al guerriero più grande, ma si tratta di supposizioni isolate.
Il Medioevo risulta essere un periodo estremamente complesso anche sotto il punto di vista dell'onomastica, tanto da non permettere di crearne un quadro chiaro, viste le innumerevoli incursioni di popolazioni barbariche e la nascita di numerosi comuni autonomi nei secoli successivi, sorte condivisa dalla grande maggioranza della penisola italiana. Siamo a conoscenza però, tramite fonti affidabili, dell'uso certo di due diversi nomi, legati alle due dominazioni predominanti del periodo, quella bizantina e successivamente quella longobarda.
Il nome Angelo compare citato in un volume conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia, giunto in città grazie alla figura del cardinale Bessarione, e in numerosi scritti rinvenuti nell'antica Bisanzio, redatti dallo stesso Impero d'Oriente. I motivi della scelta di questo nome hanno le proprie origini nel mito: il cronista del volume veneziano racconta di come, in crisi per l'incapacità di sceglierne uno adatto per il nuovo territorio, la rappresentazione imperiale abbia richiesto a dei funzionari stanziati in Italia una descrizione fisica del giovane, descrizione che sembra averlo colpito a tal punto dal volerlo ribattezzare Angelo, come gli Angeli del cielo che ne condividevano la bellezza. Più probabile, e confermato anche dagli scritti bizantini, visto il significato del nome, che gli fosse stato assegnato come simbolo della sua importanza strategica, essendo l'Alto Adriatico estremamente importante per gli orientali. Da scritti datati al XIII secolo d.C.  dell'Impero Bizantino ci arriva un'altra informazione, questa volta una considerazione personale: Angelo sembra essere stato scelto anche per il desiderio di collegarlo in qualche modo alla figura dell'Arcangelo guerriero, il cui nome era già però in uso per un altro possedimento. Qui veniamo a conoscenza anche del pentimento della scelta del nome che, secondo la rappresentazione imperiale, si è rivelata fatale, collegando il destino della Venezia a quello dell'angelo maggiormente amato da Dio, il ribelle Lucifero.
La mancanza di notizie riguardanti il periodo longobardo non ci permette, neanche sotto questo ambito, di poter fare affidamento su informazioni certe. Unica nostra fonte attendibile si rivela essere anche qui il volume Historia Langobardorum di Paolo Diacono, in cui è riportato l'utilizzo del nome Astolfo, nella variante germanica, per indicare il Veneto conquistato. Non abbiamo motivazioni che spieghino la scelta, ma il significato di “lupo valoroso” potrebbe in qualche modo essere legato alle vicende delle popolazioni locali e dei presidi imperiali, dimostratisi arrendevoli, quasi come una sorta di dispregiativo. Qualche storico ha avanzato l'ipotesi che Astolfo potesse indicare il vescovo di Treviso, Felice, che incontrò gli invasori per dare loro la città, ma viene smentita dall'utilizzo prolungato del nome.
È legata al periodo comunale la ripresa di Marco, scelta volontaria della stessa rappresentazione, con cui sappiamo essere conosciuto nella zona di Venezia. Lo scopo sembra essere collegato alla devozione per l'evangelista omonimo, trovando così anche una sorta di legittimazione divina della rinnovata forza militare e commerciale, in linea con l'usanza bizantina del potere del sovrano derivato da Cristo. Un'antica leggenda veneziana sembra collocare la scelta già nel 697, a seguito dell'elezione del mitico primo doge Paulicio Anafesto, ma sembra una datazione alquanto precoce. Non ci è chiaro se questo fosse il nome con cui il Veneto venisse indicato anche nei rimanenti comuni. Da alcune iscrizioni ci perviene il nome Alberto, utilizzato a Verona, e Jacopo, ma non sono informazioni certe. Sicuro invece è l'utilizzo prolungato dei nomi Angelo e Astolfo. Il primo lo troviamo in tutti i documenti dell'Impero orientale, fino alla sua caduta, e nelle venete colonie greche. Astolfo viene usato invece dagli Alemanni stanziati a Venezia. Probabile fosse utilizzato anche dall'imperatore tedesco stesso.
Sempre volontaria risulta la scelta del Veneto di accostare al nome Marco quello di Alvise, una versione veneziana del più diffuso Luigi. La decisione sembra risalire al periodo di conquista della Terraferma, quando i territori veneti vennero riuniti sotto la guida di San Marco, iniziata già nel corso del quattordicesimo secolo, con il fenomeno delle prime dedizioni. L'accostamento di questo secondo nome fu fatto per esaltare l'importanza della città lagunare, ora capitale di un territorio di notevole estensione. Tutto questo ci viene fatto conoscere dal Veneto stesso, come indicato in un suo diario del periodo, rinvenuto all'interno della Chiesa dei Frari.
Particolarmente interessanti risultano, invece, i nomi con cui il territorio veniva indicato dagli Armeni e dagli Ottomani, popolazioni che ebbero contatti estremamente stretti con la Serenissima. Non si tratta infatti, come nei casi precedenti, di una nuova denominazione, ma possiamo desumere, grazie ai documenti in nostro possesso, che fossero più che altro una sorta di soprannome dato alla Repubblica. Vadvan, dal significato di “paese amorevole”, risulta quello usato dagli Armeni e dalla loro rappresentazione: i legami tra i due popoli, tanto antichi almeno quanto la nascita nebulosa della città di Venezia, furono infatti particolarmente fortunati, tanto da permettere la formazione di un'importante comunità armena. Non sorprende quindi la scelta di un nome così amichevole per il Veneto.
Molto più complesse furono invece le relazioni tra la Serenissima e l'Impero Ottomano che, nonostante la reciproca fascinazione culturale e lo scambio commerciale, si macchiarono più e più volte del sangue di entrambe le fazioni, portandoli a scontrarsi innumerevoli volte. Arslan risulta il nome più ricorrente nelle fonti turche per indicare la rappresentazione nemica che, visto il significato di “leone” o “forte come un leone”, deve essere legata al simbolo della Repubblica stessa. Altre fonti, non ufficiali, ci permettono però di vedere come il giovane Veneto venisse indicato anche come Afet, ovvero “disastro”.
Non ci arrivano altre notizie riguardanti il modo di chiamarlo in altre nazioni, quali l'Ungheria, la Croazia e la Serbia, a cui la Repubblica donò un sovrano e delle regine. Possiamo supporre che il nome con cui si facesse cenno al Serenissimo fosse quello da lui sceltosi, Marco o il greco Angelo. Riguardante il breve periodo di dominio sull'isola di Cipro sappiamo che il nome bizantino veniva alternato con Filippo (amante dei cavalli), ma sembra essere un'usanza di poca importanza.
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DREAM OF ITALY💚 L'ITALIA DELLE MERAVIGLIE - BURANO 🌈
DREAM OF ITALY  L'ITALIA DELLE MERAVIGLIE - BURANO https://youtu.be/WU0Qlg9P7kk
Benvenuti a Burano, l'isola dove si infrangono i colori dell'arcobaleno  
Fare il bagno nel colore, venire rapiti dall'arcobaleno, sognare essendo desti.Burano è un angolo di paradiso, un'isola meravigliosa da visitare assolutamente almeno una volta nella vita.
Tutti i visitatori di Burano rimangono affascinati dai suoi mille colori e dalle case colorate che si riflettono nelle acque verdi dei canali, dal campanile storto, dalla sua tranquillità e dalla calma con cui le anziane signore ricamano l'originale merletto buranello con il loro tombolo mentre, tra di loro, ridono e chiacchierano nei campielli.Sembra di essere in paradiso, bambini che sfrecciano liberi con la loro bicicletta, balconi variopinti grazie ai colori dei fiori, pescatori che issano il pesce fresco appena pescato dalle loro imbarcazioni tipiche.
Burano è un centro abitato di 2373 abitanti, che sorge su quattro isole della laguna di Venezia settentrionale. Fa parte del comune di Venezia e in particolare della municipalità di Venezia-Murano-Burano.La tradizione vorrebbe che Burano fosse stata fondata, come i centri dei dintorni, dagli abitanti della città romana di Altino che si erano rifugiati in laguna per sfuggire alle invasioni barbariche, in particolare agli Unni di Attila e ai Longobardi.
Ma perché le case a Burano sono così colorate?La credenza più accreditata sui diversi colori delle case di Burano sembra, infatti, essere legata al fatto che i pescatori decisero di dipingere la facciata della propria abitazione con un colore identificativo in modo da potervi far ritorno senza problemi anche con la nebbia più fitta.
Raggiungere  Burano coi mezzi pubbliciPrendere il vaporetto ACTV n° 12 da Fondamente Nove (sul lungomare nord del centro storico di Venezia, a pochi passi da Piazza San Marco).Alcuni vaporetti n° 12 si fermano a Torcello; controllare gli orari pubblicati dal sito ACTV per vedere le fermate previste in base agli orari.Suggerimento: 
Acquistare una Travel Card Turistica ACTV 12 ore invece di pagare le tariffe per il singolo viaggio.
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yanazhuryk-blog · 6 years ago
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Cosa Vedere in Friuli Venezia Giulia
1. Grado
L'aristocrazia asburgica si recava qui per le pregiate Terme Marine, dove anche voi potrete rilassarvi. Da vedere le sue chiese e l'Isola di Barbana, davanti alla città. Da ammirare la sua laguna ricca di isole caratterizzata dai casoni, semplici abitazioni con tetto di paglia utilizzate dai pescatori che si spostavano grazie alla batela, tipica imbarcazione.
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2. Gorizia
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E' una città "di tutti e di nessuno". Per la sua posizione e per la sua storia, è uno dei punti di congiunzione fra il mondo latino, slavo e germanico e allo stesso tempo spazio d'incontro e confronto tra Slovenia ed Italia. Gorizia colpisce per l'abbondante quantità di verde. Vi sono, infatti, numerosi parchi e giardini pubblici all'interno della città, oltre quelli che circondano le molte ville ottocentesche.
3. Aquileia
Località densa di storia e cultura, fu una delle città più ricche dell'Impero romano, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "seconda Roma". C'è davvero molto da scoprire qui. Da non perdere la grandiosa Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta, patrimonio Unesco, come tutta l'area archeologica di Aquileia. Ciò che colpisce al suo interno è la pavimentazione a mosaici.
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corallorosso · 5 years ago
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Mose, la presa in giro continua: “Quando sarà finito, poi dovrà essere avviato: attivo nel 202 di Giorgio Scura Il Mose pronto a fine 2021? Macché, per vederlo operativo bisognerà aspettare il 2023. Ed eccola che da Venezia arriva l'ennesima doccia fredda legata alle barriere mobili che dovrebbero, un giorno, proteggere la laguna dalle maree. L'infausto annuncio arriva tra le righe dalla super commissaria del Consorzio Venezia Nuova, Elisabetta Spitz ...: "Sarà pronto il 31 dicembre del 2021, ma poi servirà un anno di avviamento". Ed ecco che, con l'ennesima supercazzola, la data di messa in funzione della colossale opera costata già 6 miliardi slitta un po' più in là, almeno quindi al 2023. La data di fine lavori e collaudi, insomma la data per le "chiavi in mano" all'ente che dovrà gestire l'opera (ma ovviamente non si è ancora fatto avanti nessuno) era stata confermata per l'ultimo giorno del prossimo anno. Ora invece veniamo a sapere che ci vorrà un altro anno per "avviare" l'opera. Una presa in giro. Il super commissario ha poi rinnovato la promessa che entro giugno il Mose sarà pronto per le "prove di emergenza", sollevare cioè per la prima volta tutte e quattro le barriere insieme, e ha fissato in 100 milioni di euro annui il nuovo tetto che non si vorrebbe superare per quanto riguarda i costi di manutenzione. Ma come detto più volte questo piano di manutenzione e gestione ancora non c'è. Infine ha gettato acqua sul fuoco delle polemiche dei costi e dei fondi che pare siano completamente prosciugati: "Stiamo affrontando tanti problemi, ma non sono problemi di soldi, quelli ci sono tutti". Nelle scorse settimane infatti, oltre alle lamentele delle ditte che minacciavano di fermarsi per i pagamenti in ritardo, a Venezia correva voce di un rischio di privatizzazione, anzi "cartolarizzazione", in ordine di ottenere dalle banche i liquidi necessari. Insomma pezzi di laguna in garanzia dei finanziamenti che passerebbero in mano dei privati se non dovessero essere onorati. Del resto, era stata proprio la nomina di Elisabetta Spitz a mettere in molti sul chi va là. La Spitz, infatti, era a capo dell'Agenzia del Demanio al tempo delle famose cartolarizzazioni dell'allora ministro Giulio Tremonti. "Fu una delle stagioni più buie per il patrimonio immobiliare pubblico italiano –  ha scritto Mariarita Signorini, Presidente nazionale Italia Nostra – . Non si contano i fallimenti politici ed economici di quegli anni (…). Ora PD e Movimento 5 Stelle riesumano questo autentico “boiardo di Stato” di provenienza immobiliaristica e tremiamo al solo pensiero delle conseguenze che questo potrà avere, soprattutto in riferimento alle opere di mitigazione e compensazione ambientale: non ci stupiremo di vedere beni pubblici o isole della laguna trasformati in resort di lusso proprio grazie ai soldi delle misure compensative del MOSE". https://www.fanpage.it/
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freedomtripitaly · 5 years ago
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Una volta arrivati a Venezia potrebbe valere davvero la pena valutare la scoperta di tre delle isole più importanti della sua area urbana, sia a livello artistico che a livello storico. Le isole di Murano, Burano e Torcello sono estremamente interessanti per comprendere appieno l’atmosfera, la storia e persino le origini di una delle città più belle del mondo. La visita può essere pianificata in totale autonomia oppure prenotando una piacevole gita in barca accompagnati da una guida. Scopriamo adesso cosa vedere a Murano, Burano e Torcello. Cosa vedere a Murano L’isola veneziana di Murano è senza dubbio uno dei luoghi più famosi, a livello internazionale, della laguna di Venezia. Lo scenografico canale dei Marini collega tra loro i sette isolotti che costituiscono in realtà Murano e il suo emozionante intrico di calli, palazzi e chiese, le cui antiche pietre catturano la luce perlacea della laguna. L’antica Amuriana, il cui nome indicava un tempo una delle porte d’accesso alla città romana di Altino, abbandonata all’epoca delle invasioni barbariche, per oltre sette secoli vive all’ombra di Venezia, godendo però dalla fine del Duecento di una discreta autonomia, che le consentiva persino di battere moneta. Il destino di Murano si lega indissolubilmente all’arte della lavorazione del vetro nel 1295, quando per motivi di sicurezza Venezia decide di trasferire sull’isola le sue vetrerie. Murano diventa così il centro esclusivo di produzione del vetro della Serenissima, nonché luogo di villeggiatura per le nobili famiglie veneziane. Dei 18 luoghi di culto presenti a Murano prima dell’arrivo delle truppe napoleoniche, oggi ne rimangono soltanto tre: il Duomo dei Santi Maria e Donato, la chiesa di San Pietro Martire e quella di Santa Maria degli Angeli. Le chiese di Murano e il Museo del vetro Il Duomo di Murano è facilmente riconoscibile per la sua abside a pianta esagonale, d’ispirazione ravennate. La sua fondazione risale probabilmente al VII secolo d.C. e, oltre a ospitare le spoglie di San Donato, merita una visita per gli stupendi mosaici in stile bizantino che ricoprono il pavimento della chiesa (1140) e quello raffigurante la Madonna Orante. Sempre d’ispirazione bizantina risulta la chiesa di Santa Maria degli Angeli, il cui interno è introdotto da un cancello ornato da un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione realizzato dallo scultore lombardo Antonio Rizzo (1430-1499) in marmo d’Istria. L’interno, visitabile solo su appuntamento, conserva il soffitto abbellito da quaranta tondi dipinti attribuiti al cinquecentesco pittore ravennate Nicolò Rondinelli, alcune tele ottocentesche del veneziano Fracesco Zugno, la Madonna in Gloria e Santi di Palma il Giovane, una tela seicentesca di Antonio Molinari, gli intrecci in marmo di Carrara che adornano l’altare maggiore risalente alla fine del Seicento e infine l’Annunciazione (1537) che adorna la pala d’altare realizzata dal Pordenone. La terza e ultima chiesa di Murano scampata alle razzie napoleoniche di inizio Ottocento è la chiesa di San Pietro Martire, risalente alla metà del Quattrocento. Ricostruita in seguito a un incendio nel 1511 in mattoni a vista, presenta all’esterno un bel portale sovrastato da un rosone rinascimentale e, sul fianco sinistro, un portico in stile gotico appartenente al chiostro della chiesa di Santa Chiara, non più esistente e che oggi ospita uno spazio per eventi e una fornace che permette di assistere alla lavorazione del vetro. L’interno conserva il Battesimo di Cristo attribuito al Tintoretto, la pala d’altare di Giovanni Bellini raffigurante la Vergine con Bambino, Angeli Musicanti e Santi (1488), detta “del Barbarigo” in quanto vi è rappresentato il doge Barbarigo, e proveniente dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli insieme alla tela con San Girolamo nel Deserto opera di Paolo Veronese, così come la tela raffigurante Sant’Agata in carcere, situata nella navata opposta. Si segnala infine la pregevole cappella dei Ballarin, costruita nel 1506 per volere di Giorgio Ballarin con una copia della gigantesca (2 m. x 3) pala d’altare raffigurante il Martirio dei Padri Domenicani oggi esposto alla National Gallery di Londra. Restano infine da vistare il faro di Murano, realizzato in marmo d’Istria nel 1912, il Museo del Vetro, ospitato nel gotico palazzo Giustinian, antica sede municipale prima che fosse spostata definitivamente nelle sale del palazzo Da Mula, vero capolavoro duecentesco e perfetta commistione di gotico e veneto-bizantino. Il percorso museale, al quale già dal 1862 gli è stata affiancata una scuola di formazione, illustra non solo l’evoluzione dell’arte vetraia ma anche la storia della comunità muranese. Alcune fabbriche del vetro tuttora attive, infine, permettono anche la possibilità di organizzare un tour guidato e assistere a una dimostrazione di soffiatura del vetro. Cosa vedere a Burano Le origini dell’isola di Burano sono molto simili a quella di Murano, che deve il nome a un’altra porta dell’antica città di Altino: Boreana, cioè bora, il potente vento di nord-est. Anche l’isola di Torcello è stata fondata nello stesso modo e ha sempre preso nome da una delle porte di Altino. Fino all’anno Mille, sull’isola di Burano c’erano solo palafitte e casoni fatte di canne e fango. L’attività artigianale del merletto, per la quale l’isola divenne famosa in tutta Europa, fu introdotta da Venezia sempre tra il XII e il XIII secolo. Una leggenda narra che il merletto di Burano nasca in realtà dalla schiuma del mare colpita dalla coda di una sirena incontrata da un mercante buranese in Oriente tanto era l’entusiasmo per la morbidezza di questo tessuto finemente ricamato. La fortuna e lo sviluppo dell’isola non conobbe mai battute di arresto, grazie anche al fatto di essere particolarmente ventosa, come suggerito dal nome. Ciò permise essenzialmente a Burano di tenere lontana la malaria. I Tre Ponti di Burano e il Museo del Merletto Ancora oggi il centro storico di Burano è suddiviso nei suoi cinque rioni di epoca medievale: San Martino Destro e Sinistro, San Mauro, Giudecca e Terranova. Cuore dell’isola è piazza Baldassarre Galuppi, costruita interrando uno dei canali che ancora l’attraversano. Qui si affacciano la seicentesca chiesa di San Martino, con il suo campanile pendente, e l’adiacente oratorio di Santa Barbara, mentre sulla piazza si notano un cinquecentesco pozzo in pietra d’Istria e la statura dedicata al compositore buranese Baldassarre Galuppi (1796-1785), realizzata dal celebre scultore, suo concittadino, Remigio Barbaro (1911-2005). All’interno della chiesa, assolutamente da non perdere è senza dubbio la Crocifissione di Giambattista Tiepolo, insieme ad alcune tele cinquecentesche di Giovanni Mansueti. Da notare, prima di uscire, la pregevole porticina del tabernacolo e il sarcofago in marmo dello scultore Remigio Barbaro. Allontanandosi dalla piazza si incontra poi la chiesa di Santa Maria delle Grazie, o delle Cappuccine, sconsacrata nel 1810 e utilizzata poi come squero (antica rimessa per le barche), laboratorio per la costruzione dei carri di carnevale e, ancora oggi, sede di mostre d’arte ed eventi. Un’altra eccellenza artigianale per la quale è nota Burano sono infatti le maschere di cartapesta per il carnevale. Il punto più suggestivo di Burano è certamente quello dei Tre Ponti, il punto nel quale si incrociano i canali che collegano i rioni di Burano e tre delle vie più importanti del borgo: via San Mauro, via San Martino Sinistro e via Giudecca. Lungo queste calli si sente forte il richiamo della laguna e la luce si spande sulle facciate delle case colorate, sulle pietre della romantica Pescarìa Vecia e della casa di Remigio Barbaro, o ancora all’interno dei due meravigliosi chiostri, trecentesco uno e quattrocentesco l’altro, del monastero di San Francesco del Deserto, fondato nel 1230 su di un minuscolo isolotto di fronte a Burano, e ancora oggi abitato dai frati. Resta infine da vedere il museo del Merletto, le cui sale illustrano molto bene l’evoluzione di questa arte artigianale attraverso l’esposizione di oltre cento esemplari realizzati dalla storica scuola dei Merletti di Burano, dove ancora oggi dal 1872 si tramanda la sapiente arte di ricamare la schiuma del mare. Cosa vedere a Torcello Il toponimo, proveniente da un’altra porta della città romana di Altino, forse derivava dal latino torculum (torchio) o torricellum (piccola torre). A differenza di Burano, la vita su Torcello ha sempre dovuto affrontare calamità naturali ed epidemie, rendendo così altalenante il suo sviluppo. Nell’XI secolo Torcello è la fiorente testa di ponte dei commerci di Venezia, nonché l’isola più ricca e fiorente di tutta la laguna, grazie anche a una vivace produzione vinicola. Fino al XV secolo è inoltre un importante centro di lavorazione della lana, ma successivamente comincia per l’isola un lento ma inesorabile declino, che però ne permette anche la sua cristallizzazione architettonica. Oggi Torcello conta meno di una ventina di abitanti e conserva, oltre a un fascino rurale senza tempo che non ha eguali nell’intera laguna, alcuni tra gli edifici religiosi più significativi di tutta l’area urbana di Venezia, raccontando con la loro presenza le origini della città stessa. Le chiese di Torcello e il Museo L’isola di Torcello si raggiunge in circa 5 minuti di traghetto da Burano. L’abitato è costituito da una manciata di case disposte lungo entrambe le sponde un rio, all’estremità settentrionale dell’isola. Tutto è circondato da file ordinate di vigneti e lunghe barene che delimitano la terra dalle acque della laguna. Con una breve e piacevole passeggiata è possibile raggiungere il cuore dell’abitato, superando il suggestivo ponte del Diavolo che attraversa il rio. Si tratta in realtà di una semplice passerella in muratura senza sponde laterali che permette di raggiungere un secondo ponte e infine la piazza di Torcello, ancora oggi in terra battuta. Qui si incontra il curioso trono di Attila, un antico seggio di epoca bizantina o longobarda, che forse apparteneva al vescovo di Torcello in quanto storicamente Attila non raggiunse mai la laguna veneta, ma si fermò ad Aquileia. Sulla piazza si affacciano alcuni tra i più pregevoli monumenti dell’area metropolitana di Venezia. La chiesa di Santa Fosca (XI-XII secolo) ha una pianta a croce greca ed è introdotta da un bel porticato con colonne di marmo, mentre il quattrocentesco e gotico palazzo del Consiglio con l’adiacente palazzo dell’Archivio ospitano oggi il museo di Torcello. Il percorso museale espone numerosi reperti di età romana, bizantina e medievale, documentando così la lunga storia dell’isola. Da segnalare nella sezione archeologica un vaso attico del 400 a.C. e una testa maschile velata in argilla del II secolo a.C. La sezione medievale e moderna ospita invece alcune opere della scuola del Veronese e sculture lignee policrome cinquecentesche realizzate da maestranze locali. La basilica veneto-bizantina di Santa Maria Assunta, invece, si trova un poco discosta dalla piazza principale, risale al VII secolo d.C. e il suo campanile imponente svetta solitario sul paesaggio lunare circostante. Questa antichissima chiesa, un tempo dotata anche di battistero dedicato a San Giovanni, conserva tutti gli elementi di un tempio paleocristiano. Preceduto da un colonnato dell’XI secolo, l’interno è impreziosito da un notevole mosaico in stile bizantino con il Giudizio Universale posto sulla controfacciata. Con una piacevole escursione attraversando orti e campi si raggiunge infine la casa museo del pittore, scultore e mosaicista bellunese Lucio Andrich (1927-2003): una semplice casa di pescatori affacciata sulla palude della Rosa e il circostante paesaggio lagunare, che l’artista rese protagonista delle sue opere. @Shutterstock https://ift.tt/2YIFF6K Tour per scoprire Murano, Burano e Torcello Una volta arrivati a Venezia potrebbe valere davvero la pena valutare la scoperta di tre delle isole più importanti della sua area urbana, sia a livello artistico che a livello storico. Le isole di Murano, Burano e Torcello sono estremamente interessanti per comprendere appieno l’atmosfera, la storia e persino le origini di una delle città più belle del mondo. La visita può essere pianificata in totale autonomia oppure prenotando una piacevole gita in barca accompagnati da una guida. Scopriamo adesso cosa vedere a Murano, Burano e Torcello. Cosa vedere a Murano L’isola veneziana di Murano è senza dubbio uno dei luoghi più famosi, a livello internazionale, della laguna di Venezia. Lo scenografico canale dei Marini collega tra loro i sette isolotti che costituiscono in realtà Murano e il suo emozionante intrico di calli, palazzi e chiese, le cui antiche pietre catturano la luce perlacea della laguna. L’antica Amuriana, il cui nome indicava un tempo una delle porte d’accesso alla città romana di Altino, abbandonata all’epoca delle invasioni barbariche, per oltre sette secoli vive all’ombra di Venezia, godendo però dalla fine del Duecento di una discreta autonomia, che le consentiva persino di battere moneta. Il destino di Murano si lega indissolubilmente all’arte della lavorazione del vetro nel 1295, quando per motivi di sicurezza Venezia decide di trasferire sull’isola le sue vetrerie. Murano diventa così il centro esclusivo di produzione del vetro della Serenissima, nonché luogo di villeggiatura per le nobili famiglie veneziane. Dei 18 luoghi di culto presenti a Murano prima dell’arrivo delle truppe napoleoniche, oggi ne rimangono soltanto tre: il Duomo dei Santi Maria e Donato, la chiesa di San Pietro Martire e quella di Santa Maria degli Angeli. Le chiese di Murano e il Museo del vetro Il Duomo di Murano è facilmente riconoscibile per la sua abside a pianta esagonale, d’ispirazione ravennate. La sua fondazione risale probabilmente al VII secolo d.C. e, oltre a ospitare le spoglie di San Donato, merita una visita per gli stupendi mosaici in stile bizantino che ricoprono il pavimento della chiesa (1140) e quello raffigurante la Madonna Orante. Sempre d’ispirazione bizantina risulta la chiesa di Santa Maria degli Angeli, il cui interno è introdotto da un cancello ornato da un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione realizzato dallo scultore lombardo Antonio Rizzo (1430-1499) in marmo d’Istria. L’interno, visitabile solo su appuntamento, conserva il soffitto abbellito da quaranta tondi dipinti attribuiti al cinquecentesco pittore ravennate Nicolò Rondinelli, alcune tele ottocentesche del veneziano Fracesco Zugno, la Madonna in Gloria e Santi di Palma il Giovane, una tela seicentesca di Antonio Molinari, gli intrecci in marmo di Carrara che adornano l’altare maggiore risalente alla fine del Seicento e infine l’Annunciazione (1537) che adorna la pala d’altare realizzata dal Pordenone. La terza e ultima chiesa di Murano scampata alle razzie napoleoniche di inizio Ottocento è la chiesa di San Pietro Martire, risalente alla metà del Quattrocento. Ricostruita in seguito a un incendio nel 1511 in mattoni a vista, presenta all’esterno un bel portale sovrastato da un rosone rinascimentale e, sul fianco sinistro, un portico in stile gotico appartenente al chiostro della chiesa di Santa Chiara, non più esistente e che oggi ospita uno spazio per eventi e una fornace che permette di assistere alla lavorazione del vetro. L’interno conserva il Battesimo di Cristo attribuito al Tintoretto, la pala d’altare di Giovanni Bellini raffigurante la Vergine con Bambino, Angeli Musicanti e Santi (1488), detta “del Barbarigo” in quanto vi è rappresentato il doge Barbarigo, e proveniente dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli insieme alla tela con San Girolamo nel Deserto opera di Paolo Veronese, così come la tela raffigurante Sant’Agata in carcere, situata nella navata opposta. Si segnala infine la pregevole cappella dei Ballarin, costruita nel 1506 per volere di Giorgio Ballarin con una copia della gigantesca (2 m. x 3) pala d’altare raffigurante il Martirio dei Padri Domenicani oggi esposto alla National Gallery di Londra. Restano infine da vistare il faro di Murano, realizzato in marmo d’Istria nel 1912, il Museo del Vetro, ospitato nel gotico palazzo Giustinian, antica sede municipale prima che fosse spostata definitivamente nelle sale del palazzo Da Mula, vero capolavoro duecentesco e perfetta commistione di gotico e veneto-bizantino. Il percorso museale, al quale già dal 1862 gli è stata affiancata una scuola di formazione, illustra non solo l’evoluzione dell’arte vetraia ma anche la storia della comunità muranese. Alcune fabbriche del vetro tuttora attive, infine, permettono anche la possibilità di organizzare un tour guidato e assistere a una dimostrazione di soffiatura del vetro. Cosa vedere a Burano Le origini dell’isola di Burano sono molto simili a quella di Murano, che deve il nome a un’altra porta dell’antica città di Altino: Boreana, cioè bora, il potente vento di nord-est. Anche l’isola di Torcello è stata fondata nello stesso modo e ha sempre preso nome da una delle porte di Altino. Fino all’anno Mille, sull’isola di Burano c’erano solo palafitte e casoni fatte di canne e fango. L’attività artigianale del merletto, per la quale l’isola divenne famosa in tutta Europa, fu introdotta da Venezia sempre tra il XII e il XIII secolo. Una leggenda narra che il merletto di Burano nasca in realtà dalla schiuma del mare colpita dalla coda di una sirena incontrata da un mercante buranese in Oriente tanto era l’entusiasmo per la morbidezza di questo tessuto finemente ricamato. La fortuna e lo sviluppo dell’isola non conobbe mai battute di arresto, grazie anche al fatto di essere particolarmente ventosa, come suggerito dal nome. Ciò permise essenzialmente a Burano di tenere lontana la malaria. I Tre Ponti di Burano e il Museo del Merletto Ancora oggi il centro storico di Burano è suddiviso nei suoi cinque rioni di epoca medievale: San Martino Destro e Sinistro, San Mauro, Giudecca e Terranova. Cuore dell’isola è piazza Baldassarre Galuppi, costruita interrando uno dei canali che ancora l’attraversano. Qui si affacciano la seicentesca chiesa di San Martino, con il suo campanile pendente, e l’adiacente oratorio di Santa Barbara, mentre sulla piazza si notano un cinquecentesco pozzo in pietra d’Istria e la statura dedicata al compositore buranese Baldassarre Galuppi (1796-1785), realizzata dal celebre scultore, suo concittadino, Remigio Barbaro (1911-2005). All’interno della chiesa, assolutamente da non perdere è senza dubbio la Crocifissione di Giambattista Tiepolo, insieme ad alcune tele cinquecentesche di Giovanni Mansueti. Da notare, prima di uscire, la pregevole porticina del tabernacolo e il sarcofago in marmo dello scultore Remigio Barbaro. Allontanandosi dalla piazza si incontra poi la chiesa di Santa Maria delle Grazie, o delle Cappuccine, sconsacrata nel 1810 e utilizzata poi come squero (antica rimessa per le barche), laboratorio per la costruzione dei carri di carnevale e, ancora oggi, sede di mostre d’arte ed eventi. Un’altra eccellenza artigianale per la quale è nota Burano sono infatti le maschere di cartapesta per il carnevale. Il punto più suggestivo di Burano è certamente quello dei Tre Ponti, il punto nel quale si incrociano i canali che collegano i rioni di Burano e tre delle vie più importanti del borgo: via San Mauro, via San Martino Sinistro e via Giudecca. Lungo queste calli si sente forte il richiamo della laguna e la luce si spande sulle facciate delle case colorate, sulle pietre della romantica Pescarìa Vecia e della casa di Remigio Barbaro, o ancora all’interno dei due meravigliosi chiostri, trecentesco uno e quattrocentesco l’altro, del monastero di San Francesco del Deserto, fondato nel 1230 su di un minuscolo isolotto di fronte a Burano, e ancora oggi abitato dai frati. Resta infine da vedere il museo del Merletto, le cui sale illustrano molto bene l’evoluzione di questa arte artigianale attraverso l’esposizione di oltre cento esemplari realizzati dalla storica scuola dei Merletti di Burano, dove ancora oggi dal 1872 si tramanda la sapiente arte di ricamare la schiuma del mare. Cosa vedere a Torcello Il toponimo, proveniente da un’altra porta della città romana di Altino, forse derivava dal latino torculum (torchio) o torricellum (piccola torre). A differenza di Burano, la vita su Torcello ha sempre dovuto affrontare calamità naturali ed epidemie, rendendo così altalenante il suo sviluppo. Nell’XI secolo Torcello è la fiorente testa di ponte dei commerci di Venezia, nonché l’isola più ricca e fiorente di tutta la laguna, grazie anche a una vivace produzione vinicola. Fino al XV secolo è inoltre un importante centro di lavorazione della lana, ma successivamente comincia per l’isola un lento ma inesorabile declino, che però ne permette anche la sua cristallizzazione architettonica. Oggi Torcello conta meno di una ventina di abitanti e conserva, oltre a un fascino rurale senza tempo che non ha eguali nell’intera laguna, alcuni tra gli edifici religiosi più significativi di tutta l’area urbana di Venezia, raccontando con la loro presenza le origini della città stessa. Le chiese di Torcello e il Museo L’isola di Torcello si raggiunge in circa 5 minuti di traghetto da Burano. L’abitato è costituito da una manciata di case disposte lungo entrambe le sponde un rio, all’estremità settentrionale dell’isola. Tutto è circondato da file ordinate di vigneti e lunghe barene che delimitano la terra dalle acque della laguna. Con una breve e piacevole passeggiata è possibile raggiungere il cuore dell’abitato, superando il suggestivo ponte del Diavolo che attraversa il rio. Si tratta in realtà di una semplice passerella in muratura senza sponde laterali che permette di raggiungere un secondo ponte e infine la piazza di Torcello, ancora oggi in terra battuta. Qui si incontra il curioso trono di Attila, un antico seggio di epoca bizantina o longobarda, che forse apparteneva al vescovo di Torcello in quanto storicamente Attila non raggiunse mai la laguna veneta, ma si fermò ad Aquileia. Sulla piazza si affacciano alcuni tra i più pregevoli monumenti dell’area metropolitana di Venezia. La chiesa di Santa Fosca (XI-XII secolo) ha una pianta a croce greca ed è introdotta da un bel porticato con colonne di marmo, mentre il quattrocentesco e gotico palazzo del Consiglio con l’adiacente palazzo dell’Archivio ospitano oggi il museo di Torcello. Il percorso museale espone numerosi reperti di età romana, bizantina e medievale, documentando così la lunga storia dell’isola. Da segnalare nella sezione archeologica un vaso attico del 400 a.C. e una testa maschile velata in argilla del II secolo a.C. La sezione medievale e moderna ospita invece alcune opere della scuola del Veronese e sculture lignee policrome cinquecentesche realizzate da maestranze locali. La basilica veneto-bizantina di Santa Maria Assunta, invece, si trova un poco discosta dalla piazza principale, risale al VII secolo d.C. e il suo campanile imponente svetta solitario sul paesaggio lunare circostante. Questa antichissima chiesa, un tempo dotata anche di battistero dedicato a San Giovanni, conserva tutti gli elementi di un tempio paleocristiano. Preceduto da un colonnato dell’XI secolo, l’interno è impreziosito da un notevole mosaico in stile bizantino con il Giudizio Universale posto sulla controfacciata. Con una piacevole escursione attraversando orti e campi si raggiunge infine la casa museo del pittore, scultore e mosaicista bellunese Lucio Andrich (1927-2003): una semplice casa di pescatori affacciata sulla palude della Rosa e il circostante paesaggio lagunare, che l’artista rese protagonista delle sue opere. @Shutterstock Murano, Burano e Torcello sono le tre isole principali di Venezia e sono ricche di attrazioni da scoprire, soprattutto antiche chiese e musei.
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rajasthantourplanner · 5 years ago
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Top deve vedere laghi nel Rajasthan
Top deve vedere laghi nel Rajasthan :- Indubbiamente, sono i forti ei palazzi del Rajasthan ad attrarre il maggior numero di turisti in quanto riflettono il ricco patrimonio e il passato uniti all’influenza dello stile di vita moderno. Ma insieme a queste elaborate architetture del patrimonio, i laghi attirano anche l’attenzione dei turisti. Così belli sono i laghi che anche Udaipur, una destinazione famosa in Rajasthan, è chiamata “Città dei laghi” e “Venezia d’Oriente”. Il lago salato più grande del paese, il Sambhar Salt Lake, si trova in una posizione abbastanza vicina a Jaipur, la capitale del Rajasthan. Inoltre, questi laghi del Rajasthan segnano anche molti eventi mitologici. Secondo le leggende, il lago Pushkar del Rajasthan è apparso quando Brahma ha lasciato cadere un fiore di loto. Il posto è anche famoso per i pochi templi di Brahma del mondo. Bundi, Udaipur, Pushkar e Ajmer sono alcuni dei famosi luoghi del Rajasthan dove i laghi dominano ancora il paesaggio. Anche i sovrani hanno svolto un ruolo cruciale nello sviluppo della rete lacustre del Rajasthan.
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Ana Sagar Lake Ajmer : – Questo lago artificiale  fu costruito da Anaji Chauhan (nonno di Prithviraj Chauhan) durante il 1135-1150 d.C. Sulla sua riva c’è un bel parco, il Daulat Bagh, che contiene una serie di padiglioni di marmo eretti nel 1637 da Shah Jahan. Si può assistere allo splendido tramonto mentre si va in barca sul lago Ana Sagar. Tuffandosi su 13 km, lo stagno cattura la bellezza pittoresca di Ajmer. ma funge da fonte di sostentamento per tutta la popolazione locale di questa città. Proprio nel mezzo del lago è un’isola che può essere raggiunta da una barca a motore. Ci sono diverse attrazioni intorno al lago Ana Sagar che si aggiungono al suo fascino.
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Lago Pushkar :  – Il lago Pushkar è considerato il lago più sacro dell’India. Questo serbatoio d’acqua è racchiuso da 52 ghats (ghat personali per 52 Maharaja dell’India) e 500 templi. Secondo una mitologia indù, questo lago fu creato dai petali caduti del loto del Signore Brahma quando stava distruggendo il demone Vajra Nabha. Petali di loto furono colpiti in un punto particolare e l’acqua schizzò da lì dandole la forma di un pio. Il fascino del lago di Pushkar è anche menzionato in alcuni libri antichi come Abhigyan Sakuntalam, Mahabharat e Ramayana. Un tuffo in questa acqua santa può purificare uno da tutti i peccati, i problemi e le malattie. Sacro agli indù e ai sikh, questo lago ha la sua storia nella storia fin dal 14 ° secolo.
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Lago Pichola Udaipur : – Venire a Udaipur e perdere un giro in barca su questo lago è come commettere un crimine. Uno dei laghi più antichi e più grandi di Udaipur, il lago Pichola è famoso in tutto il mondo per la sua bellezza pittoresca e il paesaggio circostante. Rudyard Kipling menzionò questo lago nelle sue lettere di marca (1899), “Se il veneziano, possedeva il lago Pichola, avrebbe potuto dire con giustizia, vederlo e morire”. Uno si innamora di questo lago nel momento in cui lo si vede. Ci sono molte isole all’interno di questo lago. La famosa destinazione turistica di Udaipur, Jag Mandir è anche una parte di questo lago. Le incontaminate acque blu del lago lasciano un effetto rilassante allo spettatore. Al momento del tramonto, un giro in barca su questo lago è sufficiente per affascinare chiunque.
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Fateh Sagar Lago Udaipur : – Considerato l’orgoglio di Udaipur, questo lago artificiale è stato costruito sotto il regno di Maharana nel 1960. Andare in barca sull’acqua blu del lago, che è dominato dalle montagne da tre lati, è un’esperienza da ricordare. C’è un giardino in mezzo al lago, il Nehru Park, che è un delizioso spazio aperto con un ristorante a forma di barca. Tutt’intorno a 2,4 km, il lago Fateh Sagar è uno dei luoghi in cui i viaggiatori possono godersi la bellezza paesaggistica di Udaipur. Il lago si trova a nord-ovest della città principale di Udaipur.
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Lago Gadsisar Jaisalmer: – Il lago Gadsisar era una vasca di conversazione sull’acqua costruita nel 1400 d.C., costruita sotto il regno di Maharwal Gadsi Singh. Se un viaggiatore vuole godersi il bird watching durante il suo tour a Jaisalmer, allora il lago Gadsisar è il posto giusto. Sulla riva del lago Gadsisar si vede un portale fatto di arenarie gialle conosciute con il nome di Tilon Ki Pol. Un tempio di Krishna si trova sul lato dell’arco. Un fatto interessante sul lago è che non si asciuga mai poiché riceve continuamente acqua dal Canale Indira Gandhi. Si può godere di un giro in barca calmo e levigante su questo lago. Il lago Gadsisar ospita anche numerose varianti di pesce gatto.
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Kaylana Lake Jodhpur : – Il lago Kalyana è un sito ideale per tutti gli osservatori di uccelli. È un lago artificiale, ed è stato costruito nel 1872. Distribuito su un’area di 8 km, il lago Kaylana è il posto migliore per assistere allo spettacolare tramonto. È un luogo perfetto per godersi una giornata di svago o concedersi un po ‘di tempo con la famiglia e gli amici.
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arabicfashionaccessoryies · 5 years ago
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Venezia vista dall'acqua: un'esperienza magica
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Quand'è stata l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta؟ Sono felice di poter rispondere "qualche giorno fa". Non era sicuramente la prima volta che visitavo Venezia، ma la vera differenza lo scorso week end è stata vivere e vedere la città da un nuovo punto di vista: dall'acqua dei suoi famosi canali. Devo dire la verità، l'idea non è stata mia، ma del Dottor Pierpaolo Cocchi، il bravissimo direttore dell'Hotel Papadopoli، una struttura meravigliosa che orami sento come casa، quando sono no Serenissima. Devo dire che non si tratta affatto di una cosa "per turisti" ma di un'esperienza memorabile، che offre il miglior punto di vista dal quale osservare la città e i suoi palazzi storici. Un tempo infatti la vita si svolgeva dall'acqua، ed è proprio ripercorrendo questa esperienza che possiamo scoprire le vere porte d'accesso e il lato più magico di Venezia. L'Hotel Papadopoli، semper dedito al far vivere ai suoi ospiti un'esperienza indimenticabile e perfetta، offre anche questo tipo di servizio: il converge su richiesta prenota escursioni in motoscafo per Venezia e per le isole di Murano، Burano e Torcello. rendere unica anche stavolta la mia esperienza al Papadopoli hanno participuito altri due fattori: era la prima volta che visitavo Venezia nel periodo natalizio، e devo dire che la città، così come il Papadopoli risentono molto del fascino e dell'atmfera. Inoltre quest'anno il Papadopoli ha annesso alla struttura un'altra piccola area che affaccia sulla Fondamenta del Monastero e il parco. Così ho avuto l'occasione di essere la primissima ospite di una stanza nuovissima che un tempo era la casa del Giardiniere del Parco Papadopoli، e che è stata arredata conservandone lo spirito. الاتصال بي @ [email protected] Cliccando su "Invia" acconsenti all'archiviazione e al trattamento dei tuoi dati personali per rispondere alla richiesta di contatto Archivio بلوق Archivio بلوق نوفمبر 2009 (1) جيوجنو 2011 (7) لوغليو 2011 (14) agosto 2011 (13) القرار 2011 (16) أوتوبر 2011 (22) نوفمبر 2011 (28) ديكيمبر 2011 (30) جينيو 2012 (28) febbraio 2012 (27) مرزو 2012 (30) أبريل 2012 (25) ماجيو 2012 (27) جيوجنو 2012 (31) لوغليو 2012 (31) agosto 2012 (29) نظام 2012 (36) أوتوبر 2012 (33) نوفمبر 2012 (33) ديكيمبر 2012 (35) جينيو 2013 (38) febbraio 2013 (29) مرزو 2013 (27) أبريل 2013 (29) ماجيو 2013 (31) جيوجنو 2013 (27) لوغليو 2013 (28) agosto 2013 (30) القرار 2013 (30) otobre 2013 (30) نوفيمبر 2013 (31) ديكيمبر 2013 (29) جينيو 2014 (31) febbraio 2014 (26) مرزو 2014 (32) أبريل 2014 (31) ماجيو 2014 (31) جيوجنو 2014 (30) لوغليو 2014 (29) أغوستو 2014 (23) شقة 2014 (30) otobre 2014 (30) نوفمبر 2014 (31) ديكيمبر 2014 (31) جينيو 2015 (29) febbraio 2015 (30) مرزو 2015 (35) أبريل 2015 (36) ماجيو 2015 (31) جيوجنو 2015 (34) لوغليو 2015 (31) agosto 2015 (28) القرار 2015 (28) otobre 2015 (37) نوفمبر 2015 (34) ديكيمبر 2015 (39) جينيو 2016 (31) febbraio 2016 (30) مرزو 2016 (36) أبريل 2016 (39) ماجيو 2016 (40) جيوجنو 2016 (38) لوغليو 2016 (36) agosto 2016 (31) شقة 2016 (29) otobre 2016 (40) نوفمبر 2016 (40) ديكيمبر 2016 (37) جينيو 2017 (35) febbraio 2017 (33) مارزو 2017 (36) أبريل 2017 (35) ماجيو 2017 (40) جيوجنو 2017 (34) لوغليو 2017 (35) أغوستو 2017 (37) شقة 2017 (30) otobre 2017 (34) نوفيمبر 2017 (37) ديكيمبر 2017 (38) جينيو 2018 (29) febbraio 2018 (25) مارزو 2018 (33) أبريل 2018 (28) ماجيو 2018 (26) جيوجنو 2018 (25) لوغليو 2018 (18) agosto 2018 (15) مجموعة 2018 (12) otobre 2018 (17) نوفمبر 2018 (13) ديكيمبر 2018 (17) جينيو 2019 (11) febbraio 2019 (9) مارزو 2019 (7) أبريل 2019 (10) ماجيو 2019 (10) جيوجنو 2019 (14) لوغليو 2019 (5) agosto 2019 (4) القرار 2019 (9) otobre 2019 (12) نوفمبر 2019 (12) ديكيمبر 2019 (7) جينيو 2020 (2) Pagine الصفحة الرئيسية اتصل كفيل حول كما رأينا في سياسة خاصة سياسة ملفات الارتباط مقابلات
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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La Regione Campania è tra le più penalizzate dal Covid a livello turistico
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Il Covid-19 ha messo in ginocchio l’intero settore turistico internazionale andando a ridurre gli incassi di tutti gli operatori del settore. L’Italia è stata una delle nazioni europee più colpite e il sistema a colori non è riuscito a dare i risultati sperati. Non tutte le regioni però hanno subito le stesse perdite di incassi. In questo articolo gli esperti di prontobolletta.it hanno analizzato la situazione del settore turistico italiano con un focus principale sulla regione Campania. Quali sono state le regioni Turistiche più penalizzate dal Covid? Le regioni del centro-sud sembrerebbero essere state quelle più penalizzate dalla pandemia con 5 regioni nelle prime 6 posizioni. Le regioni del centro infatti fanno registrare un -71% degli incassi rispetto al 2019. Prima regione nella classifica dei decrementi di incassi derivanti dal settore turistico è il Lazio che sfiora un -75% nella spesa per visite culturali, spettacoli e attrazioni. A seguire troviamo Toscana (-69,2%), Campania (-69,2%), Sicilia (-68,8), Veneto (- 63,3%) e la Basilicata che si stabilizza su un meno 62%. La Lombardia si trova settima in classifica mostrando, al contrario del Lazio, una certa propensione alla clientela Business, che nonostante le restrizioni ha continuato in minima parte a viaggiare. La regione che ha visto la minore diminuzione degli incassi è il Molise che nel 2020 ha mostrato una situazione stabile registrando solamente un -5,7%, simbolo di un turismo prettamente locale che è riuscito a ripartire nei mesi successivi alle riaperture. Nella tabella qui sotto sono riportate le variazioni % degli incassi derivanti dal turismo tra il 2019 e il 2020. RegioneVar. % 2020/2019NORD-OVEST-56,1Piemonte-53,0Valle d'Aosta-47,6Lombardia-61,2Liguria-46,6NORD-EST-54,5Trentino Alto Adige-45,8Veneto-63,3Friuli Venezia Giulia-47,9Emilia Romagna-42,3CENTRO-71,6Toscana-69,2Umbria-38,6Marche-38,6Lazio-74,9SUD E ISOLE-60,0Abruzzo-37,8Molise-5,7Campania-69,1Puglia-34,8Basilicata-61,9Calabria-44,1Sicilia-68,8Sardegna-46,7TOTALE-69,0 Qual è la situazione della regione Campania? La regione Campania si è classificata in terza posizione in questa speciale classifica. Il decremento negli incassi del settore turistico tra il 2019 e il 2020 è stato del -69,06%, superiore alla media italiana che è di quasi il 61%. Considerando il sud che ha fatto registrare un decremento medio del -60% la regione Campania è stata una delle peggiori. I turisti stranieri sono stati il -82% portando ad una variazione della spesa derivante dal turismo estero del -72%. Quali gli scenari di ripresa per il futuro? La fine di quest’anno sarà l’ago della bilancia per capire quale potrà essere la crescita del settore e la velocità della ripartenza nel 2022. Secondo un approfondimento dello scorso maggio, Il Sole 24 Ore prospetta una ripresa del 67% per il 2021, che porterebbe una magra consolazione a tutti gli operatori del settore. Le mete preferite dai turisti, italiani e stranieri, saranno ancora una volta le grandi città d’arte come Roma, Milano, Firenze, Napoli e Venezia, senza dimenticare però i piccoli borghi e le città costiere. Secondo gli analisti della banca Intesa San Paolo non dovremo aspettare troppo tempo prima di rivedere i turisti in Italia. Infatti con tutta probabilità, grazie al miglioramento della situazione contagi e della campagna vaccinale, nel 2022 le città italiane potrebbero vedere un afflusso di turisti pari a quello del 2019, trainato da una nuova concezione di turismo basato sullo sport e sul risparmio energetico. Cicloturismo, escursionismo e turismo sportivo, potrebbero essere l’arma vincente per la ripartenza soprattutto dopo i recenti successi sportivi che hanno acceso un potente faro sulla nostra nazione. Read the full article
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pangeanews · 4 years ago
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“Conobbi Rasputin, Jack London e tanti altri, imparai a ballare il tango a Buenos Aires, nelle Antille e in Brasile conobbi Esmeralda e i riti vudù. E poi ci furono le Indie, la Cina, le isole dei Caraibi… Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno”. Elogio di Hugo Pratt e di Corto Maltese
“La parola ‘evasione’, che dà tanto fastidio ai materialismi storici, significa scappare da qualche cosa; l’avventura è cercare qualche cosa, che può essere bella o pericolosa, ma che vale la pena di vivere”.
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Un quarto di secolo senza il padre del mare. Non un figlio della liquidità: padre proprio, a tutti gli effetti. Più del Capitano Achab. Nato casualmente a Rimini, città sul mare ma non di mare – la differenza è sottile – ha scelto la dolcezza dell’acqua di lago, quello che si affaccia su Losanna, per salutare il mondo. Era il 20 agosto 1995. Con lui però, grazie al cielo, non se ne è andata la migliore graphic novel europea.
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Ha scelto Photo 13 del 1973 per raccontare come è nato il suo personaggio più celebre. Era alla ricerca di un uomo mediterraneo ma allo stesso tempo british perché “nella tradizione narrativa anglosassone c’è più fiaba, più leggenda”. Lo trovò in un’isola a sud di Sampieri (Ragusa), perfetto sintesi tra ricerca e risposta. L’isola si chiama Malta, un crocevia di culture, un posto immerso nel mare in cui si parla maltese, inglese e italiano.
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Nel mondo dell’arte accade che i colleghi omaggino i Maestri. Ne Le avventure di Giuseppe Bergman il grande Milo Manara – grande amico e, per sua stessa affermazione, suo allievo – il protagonista viene istruito “all’avventura” da un creatore di avventure di nome HP.
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“Il crinale su cui si muove (…) è sottile, melmoso e divide in due il panorama: di qua l’ordine di un mondo razionale, dove convivono fervori e squallori degli appetiti mondani, di là il magma dell’eccessivo, del soprannaturale, dove si agita confuso il sincretismo di religioni e rituali sacri. In questa dimensione ‘antropologica’ il tempo si sfalda e svapora. Gli intrighi, gli agguati, le apparizioni improvvise sono tipici della letteratura nordica, dove appunto scarseggia il sole; gli omicidi assolati come quello dello straniero di Camus, frutto di un delirio dello spirito, chiamano fondali meridionali o orientaleggianti, disseminati di templi antichi e pratiche magiche” ha raccontato Vincenzo Cerami.
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Certo, HP è nato a Rimini ma a Rimini ci è solo nato: la sua vita si è srotolata soprattutto a Venezia, in Argentina e a Londra. Però a Rimini ci è nato, anche se pochi lo sanno. Le origini sono già una premessa interessante per tutto quello che sarà. Un nonno, cresciuto a Venezia, ha origini anglo-francesi e una nonna veniva dalla Turchia. L’altro nonno è un ebreo sefardita emigrato dalla Spagna, poeta e podologo rinomato a Venezia in entrambi i campi, un tipo davvero speciale. Da questo nonno, callista e poeta, HP riceve una grande eredità: l’amore per la poesia. “Nella letteratura quello che mi tocca maggiormente è la poesia perché la poesia è sintetica e procede per immagini. Quando leggo, vedo le immagini, le percepisco a livello epidermico. Dietro alla poesia si nasconde una profondità che riesco a percepire immediatamente e, come nella poesia, il fumetto è un mondo d’immagini, si è obbligati a coniugare due codici e, conseguentemente, due mondi. Un universo immediato attraverso l’immagine e un mondo mediato attraverso la parola”.
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HP è Hugo Pratt.
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La serie di Corto Maltese comprende 32 storie di varia lunghezza, pubblicate, senza una periodicità fissa, nel corso degli anni da diversi editori. Il personaggio propone un prototipo di un eroe del tutto innovativo e lontano dai canoni dell’eroe classico e l’opera a fumetti della quale è protagonista si caratterizza per i temi adulti e per lo stile, per il contesto storico preciso e documentato e per le notazioni geografiche puntuali e coerenti, con riferimenti dotti e culturali disseminati nell’opera senza appesantire la narrazione e per la profondità della caratterizzazione di tutti i personaggi. La storia di esordio, Una ballata del mare salato – che si guadagna per la prima volta nella storia dei Comics la definizione di “Letteratura disegnata” – è ritenuta un classico del genere: apprezzato dalla critica e dal pubblico colto sin dagli anni Settanta, nel tempo il suo successo popolare è andato costantemente crescendo fino a fargli raggiungere lo status di personaggio cult.
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Armin Linke, Hugo Pratt, Grand Vaux (Lausanne) Switzerland, 1994
Corto Maltese (il cui nome, come dichiarò Pratt, appartiene all’argot andaluso e significa “svelto di mano”) nasce il 10 luglio del 1887 a La Valletta. Figlio di un marinaio di Tintagel, Cornovaglia, e di una gitana-prostituta spagnola detta la Niña di Gibraltar, bellissima, in passato modella del pittore Ingres. L’ignoto e la sensualità, il sale e la dolcezza voluttuosa del corpo. Due avventure – una per mare e una nei letti e tra le lenzuola – in una.
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Corto Maltese è un eroe al contrario: alla ricchezza preferisce libertà e fantasia. Un moderno Ulisse che porta i lettori a viaggiare nei luoghi più affascinanti del mondo. Il suo aspetto è inconfondibile: si veste all’uso marinaio con lungo paltò nero della marina, ampi pantaloni bianchi, gilet rosso chiaro, camicia bianca con il colletto alzato e una sottile cravatta nera. E porta spesso un cappello bianco con visiera.
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Oggi sono proprio queste storie che ci restano in eredità: il 20 agosto 1995 Hugo Pratt muore senza riuscire a vedere la sua creatura, Corto Maltese, finire protagonista in televisione di una serie animata. La sua tomba si trova alle porte del paese di Grandvaux, nel Canton Vaud in Svizzera.
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“Conobbi Rasputin, Jack London e tanti altri, imparai a ballare il tango a Buenos Aires, nelle Antille e in Brasile conobbi Esmeralda e i riti vudù. E poi ci furono le Indie, la Cina, le isole dei Caraibi fra pigre verande e sparatorie e quelle del Pacifico, con Escondida, la più strana fra tutte, fra monaci e corsari. Ho visto un treno carico d’oro precipitare in un lago ghiacciato in Mongolia, ho condiviso i silenzi del deserto con un guerriero, il verde e le lacrime con una bellissima fata irlandese, ho cercato gioielli e sogni impossibili lungo i canali e sopra i tetti di Venezia. Non sono un eroe, mi piace viaggiare e non amo le regole, ma ne rispetto una soltanto, quella di non tradire mai gli amici. Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno, ma continuerò sempre, potete contarci, ancora un po’ più in là…”. Corto Maltese.
Alessandro Carli
L'articolo “Conobbi Rasputin, Jack London e tanti altri, imparai a ballare il tango a Buenos Aires, nelle Antille e in Brasile conobbi Esmeralda e i riti vudù. E poi ci furono le Indie, la Cina, le isole dei Caraibi… Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno”. Elogio di Hugo Pratt e di Corto Maltese proviene da Pangea.
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svediroma · 5 years ago
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La crisi della nostra società
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Siamo nell’anno 2020. E stiamo a casa. Stiamo a casa perché il governo ci prega di non uscire. Ed alcuni di noi sono in ansia. L’ansia di non sapere come continuerà questa pandemia. L’ansia di non poter uscire per tanto tempo fuori e l’ansia di contagiarsi con questo maledetto virus.
Siamo forse anche un po’ arrabbiati, perché non capiamo la situazione, i pericoli, le paure delle altre persone e pure la disperazione dei politici che si ritrovano in un periodo come mai prima.
Ma i social network ci costringono a confrontarci con ogni aggiornamento, ogni nuovo caso, ogni morto.
Quindi stiamo tutti a casa. E suoniamo dai balconi, facciamo musica per lanciare un segnale: “non siamo soli!”.
Avete mai pensato al fatto che ci sono persone che non hanno una casa e che sono da sole?
Queste 50 mila persone in Italia, di cui circa 8 mila solo a Roma, che ora sono chiusi fuori anche dagli ultimi posti innocui, ossia dai parchi?
Secondo un’Indagine trovata sul Web il 40% della gente che abita per strada ha la cittadinanza italiana (https://www.internazionale.it/reportage/giuseppe-rizzo/2019/09/09/roma-senzatetto). E inoltre il 56% si trova al nord Italia.
La zona più colpita di tutta come sappiamo è L’Europa.
Questa non è solo una crisi di salute, ma pure sociale! Per esempio la Chiesa e le attività di assistenza sociale ad essa legate hanno deciso di allungare la distribuzione di cibo di un’ora al giorno, così le persone non devono aspettare troppo col rischio che poi se ne vadano. Un buon inizio.
Però dove vanno poi queste persone? Il Governo ha il ruolo di gestire tante cose in un momento come questo che ci mette tutti sotto pressione, ma una soluzione si deve trovare. Non può essere che anche in una situazione di emergenza come questa nessuno può dare una mano ai poveri.
Così come il fatto che tanti volontari hanno rinunciato al loro ruolo perché preferiscono stare a casa. È comprensibile, o no?
Già… non possiamo fare nulla, dobbiamo restare a casa. Il nostro sistema sociale sta crollando.
Siamo isolati, forse ci riuniamo con gli altri, ritrovandoci sul balcone e cantando canzoni contro la paura, ma siamo sempre isolati, perché non ci rendiamo conto di quello che succede fuori questa cupola.
Da settimane il News Feed è pieno di titoli sul COVID-19 (Sars-CoV-2) e siamo informati al massimo, ma alla fine non si sa niente di questo agente patogeno nuovo ed estraneo.
Nessuna novità sul calcio, sul tennis, sulla Formula 1 e sulle celebrità. E abbiamo cancellato dalla nostra memoria anche la crisi dei rifugiati.
Non dobbiamo distogliere lo sguardo! Lesbo è in fiamme, in mezzo ad un incendio. Ci sono persone morte, anche bambini.
Sono queste le persone che vivono davvero un incubo, mentre noi siamo a casa sul divano, costretti a non muoverci dalla nostra proprietà.
Mentre più di 100.000 persone combattono, per sé stessi, per le proprie famiglie. Abitando in pochissimo spazio, in container e tende, ogni giorno è una lotta nuova per la Pace e una vita lontana dalla guerra. Questi umani – la maggioranza dei quali siriani – sono bloccati, tra il confine della Turchia e la Grecia, per arrivare nell’Unione Europea.
La causa scatenante risale al 27 febbraio, quando il governo turco prende una decisione che cambia l’accordo della Turchia con la UE: il confine non viene più bloccato, come concordato.
500.000 vittime, uccise in questa guerra civile sotto il presidente Siriano Baschar Al-Assad. Il territorio è disintegrato o viene controllato del regime di Assad, gruppi d’opposizione, l’unità della difesa del popolo curdo o Islamisti. Nove anni di guerra e non si vede la fine.
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976.249 contagiati, 50.489 decessi, 207 Paesi, aree o territori con casi (Fonte: World Health Organization). Questo sono i dati attuali, alle ore 21:00 del 3 aprile 2020, che abbiamo del Coronavirus.
State a casa per favore, che ci sono persone che lo desiderano dal cuore ma non possono.
Ma voi pensate che ci sia qualcuno che fugge dal proprio Paese senza motivo? Abbandona la sua casa, forse la sua famiglia, i suoi amici, i ricordi d’infanzia (tra l’altro, con la prosecuzione senza fine della guerra, forse neanche ci sono dei bei ricordi)?
Sono persone che affrontano tanti ostacoli pericolosi per avere una vita che noi abbiamo scordato di apprezzare.
Sono distribuiti sul territorio della Grecia, pure sulle isole dove arrivano con le barche. Sulla terraferma, tutti in preda al panico e all’ansia, cercando di distruggere la recinzione. I gas lacrimogeni sono stati la risposta.
Adesso tutti sono bloccati lì, a nessuno è permesso di entrare nel nostro territorio! Ma perché?
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Dopo la morte di 34 soldati turchi nella provincia siriana di Idlib, Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, ha aperto le porte per andare in Grecia, per provocare l’Unione Europea a integrarsi nel conflitto-siriano. La carica governante di Edirne ha reso pubblico che da fine febbraio sono stati contati 147.000 rifugati, ma i numeri esatti non si trovano. Condizioni miserabili, e tanti stanno tornando nel loro paese senza successo.
E vi ricordo che pure lì c’è il Coronavirus.
Dai #andràtuttobene e #noirestiamoacasa
In una emergenza come la viviamo oggi è importante avere coesione e collaborazione, solidarietà. Dobbiamo stare calmi e non perdere la testa.
Non dobbiamo credere in ogni informazione che circola sul “world wide web”. Sono molte le “fake news” a cui dobbiamo fare attenzione.
Non dobbiamo abbandonare i nostri cari animali. Loro non si contagiano, né trasmettono il virus. Questa sarebbe solo l’Inizio di un’altra emergenza (abbandoni, centri di accoglienza per animali dove il personale non è al momento operativo, ecc.).
Ma dobbiamo vedere questa cosa anche da una prospettiva diversa…
L’essere umano in questo momento è rinchiuso, sotto controllo. Il mondo può respirare.
Avete visto quanto velocemente si rigenera la natura? Uno stop di aerei, guardo il cielo e non ne vedo neanche uno. Sento gli uccellini cantare a pieno ritmo.
“Già. Per esempio. Che grida di vittoria perché l’uomo, come quel vostro cappellaccio, s’è messo a volar, a far l’uccellino! Ecco intanto qua un vero uccellino come vola. L’avete visto? La facilità più schietta e lieve che s’accompagna spontanea a un trillo di gioia. Pensare adesso al goffo apparecchio rombante e allo sgomento, all’ansia, all’angoscia mortale dell’uomo che vuol fare l’uccellino! Qua un frullo e un trillo; là un motore strepitoso e puzzolente, e la morte davanti. Il motore si guasta; il motore s’arresta; addio uccellino!” Luigi Pirandello – Uno, nessuno e centomila
Noi inquiniamo e causiamo danni alla Madre Terra. Forse noi siamo il virus più pericoloso per questo mondo e i suoi abitanti. Ora che siamo fermi la natura si sta rigenerando. E i risultati sono stati dimostrati in poco tempo.
Delfini, pesci, cigni sono stati avvistati a Venezia, in molte zone l’acqua è tornata ad essere limpida e pulita.
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In Cina l’inquinamento da polveri sottili è diminuito del 30%, la NASA ha pubblicato foto satellitari che ci hanno sconvolti ed emozionati.
Un segnale questo virus? Sicuramente un’opportunità. Un’opportunità di cambiare il nostro stile di vita. Per renderlo più sostenibile, stare in armonia con la natura, proteggerci l’un l’altro.
Dobbiamo togliere queste navi e aerei giganti, che inquinano e rubano spazio a tutte le specie solo per i nostri benefici. Perché l’uomo è così avaro ed egoista?
Il tempo passerà, dobbiamo fare quello che si ritiene giusto, la gente uscirà di nuovo, le macchine verranno riaccese, l’economia mondiale verrà sbloccata.
E torneremo dove stavamo prima.
Gli effetti stanno già diminuendo, dal momento in cui non c’erano più nuovi contagi la Cina sta annullando le restrizioni e il livello NOx sta aumentando di nuovo.
Dobbiamo prenderci cura della nostra casa, per prenderci cura di noi.
Ognuno di noi può fare la sua parte in questo periodo, per essere solidale e di aiuto in un momento di emergenza.
- Elisabeth Bianchi
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