#lamiers
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happy simblreen! from yours truly, asher and eloise 🚢🤍
#ts4 simblr#the sims 4#ts4 gameplay#show us your sims#simblreen#halloween#can you guess their costumes#tehe#love them sm#they are the cutest#lamiers#my stuff#ts4 screenies
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Omg, your Maria Theresa pfp!! 💓🫶🏽 So pretty! 🥹
Also, will you make more vfv fanfics? I'd loveee to read more of your writing~! 💞
Thank you !
I will, yeah !! I'm taking forever to write 😭 but I promise I'll try to put something out before the end of the year !!!
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20 anni fa
Esattamente 20 anni fa , era aprile anche allora, ero stato in questa uggiossima città tra Galles ed Inghilterra.
Allora l economia tirava il PIL cresceva, l Europa univa, jef besos mendicava, il mondo era felice, io almeno ero felice.
Le aziende prese dall' euro entusiasmo si fondevano.
E tutto tronfio mi sono fatto Virgilio coi colleghi, conosco il posto, so tutto io.ci penso io. Sperando che il mondo avesse congelato tutto in attesa del mio ritorno.
Quindi con la squadra ci siamo piazzati nello stesso hotel dove avevo soggiornato allora, era carino e di fronte c'era questo centro commerciale con un sacco di posti per mangiare.
Capisco la brexit, il COVID, le guerre ,leman Brothers, i sub prime.
Ma come stracazzo abbiamo fatto a sfasciare tutto in 20 anni?
Che in Italia vada tutto a rotoli lo diamo per scontato , ma scoprire che il mondo intero vada a ramengo è di una delusione sconfortante.
L hotel si è trasformato in peggio, metà sono monolocali con bagno e cucina (sporca). L altra metà è in stile indiano, e secondo me è una versione evoluta dei nostri centri massaggi cinesi.
Il centro commerciale avrà 8 negozi aperti su 60. Tutto in preda all incuria, ci sono molti senza tetto.
Nel frattempo nei classici capannoncini rossi all inglese sono sorte altre attività un pub, un centro di ritiro per auto vendute on line, un negozio di cinesi , uguale ai nostri e un parco di gonfiabili per bambini.
C è un po' di vita, anche se gli inglesi hanno sempre un aria molto trasandata.
Mi siedo su un tavolo di quelli da sagra della polenta, una ragazza , una signora attacca bottone con noi
Da dove venite ? Come qua?
Veniamo da un posto uggioso come questo, solo con più sole
Siamo qua x la fabbrica, gliela indico con un cenno.
La riaprite? Era tutto più bello quando c'era lavoro alla fabbrica, piu soldi, meno sporco.
Rifletto se dirle la verità e cioè che siamo venuti a controllare che non ci fosse niente di valore da lasciare, poi la venderanno ad un fondo, che come tutti i fondi di investimento, licenzierà tutti, svenderà tutto e farà qualche speculazione immobiliare.
Invece rispondo "i Hope"
Parliamo del più e del meno dei suoi 2 figli da due compagni diversi, di jonshon, di calcio.
Quando scopre quanti anni ho rimane sorpresa , mi aveva fatto uno sconto di 15 anni.
Mi alzo per prendere una bevuta,quando torno lei è sparita
Anche stasera si tromba domani.
Che mondo di merda
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La riqualificazione di una struttura fatiscente https://www.design-miss.com/la-riqualificazione-di-una-struttura-fatiscente/ Riqualificazione e riciclo, un must have dei tempi moderni!
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La plante caméléon, un envahissant mais joli couvre-sol d’ombre médicinal et aromatique!
Je vous partage une plante à connaître parce qu'elle peut être magnifique et utile au jardin, si on sait la contenir!
Ne vous laissez pas tromper par ses belles feuilles panachées en forme de cœur, la plante caméléon est une vraie plante exotique (originaire de Chine), envahissante qui, une fois installée, est difficile à retirer. En contrepartie, c’est une plante facile de culture, notamment pour les endroits ombragés. C’est aussi une plante à la fois aromatique et alimentaire, et une puissante plante…
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#Asaret du Canada#Aspérule odorante#Bugle rampant#Épimède#Gaultherie#Géranium à gros rhizome#Lamier#Pain de perdrix#Petite Pervenche#Plante caméléon
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UNA VOLTA HO SCRITTO DUE COSE
Non importa quali e dove.
La prima la scrissi tanti anni fa - tredici - e a mia discolpa posso dire che ero un individuo profondamente diverso, più rabbioso e ipergiudicante, ma di fatto questa cosa scatenò tutta una serie di reazioni nei confronti di una persona che fu costretta a sparire per il pubblico lubidrio.
Io ero già 'famoso' - le virgolette vi dicono quanta compassione mi faccio solo a usarlo, questo aggettivo - e questa persona una perfetta sconosciuta che, non si era forse comportata in modo simpatico ma lo squilibrio tra la mia capacità di insultarla - e soprattutto farla insultare - e la sua capacità di difendersi era ENORME.
Tre anni fa, quasi quattro, invece, in pieno Covid decisi di affrontare l'argomento pandemia e vaccino su una pagina FB creata all'uopo e lì potei toccare con mano lo squilibrio tra me e loro... nel senso che di sicuro io ero più competente ma loro erano di più e quindi mi ritrovai, fisicamente, a non riuscire più nemmeno a rispondere o interagire perché gli insulti, le accuse e gli auguri di morte erano così variegati e numerosi che cominciai a provare sconforto e, a tratti, amarezza.
Sia 13 anni fa come 3 anni fa l'errore fu tutto mio, nel senso che mi illusi di avere una verità più vera di quella di altri e che alla fine questa verità avrebbe prevalso.
Verità...
La stessa parola che hanno usato Selvaggia Lucarelli e Lorenzo Biagiarelli, per amor di ricerca della quale hanno massacrato mediaticamente una poveraccia che voleva fare pubblicità al suo locale con una recensione gay friendly farlocca e che poi s'è ammazzata per la disperazione.
Una cosa la voglio dire, a voi tutti, me 'famoso' compreso...
Non siamo così importanti.
Io sono un cinquantenne sovrappeso che guadagna 1300 euro al mese e si sveglia urlando nel mezzo della notte. Nei prossimi vent'anni probabilmente mi verrà un tumore o un accidente cerebrovascolare e prego già da ora Crom di farmi schiattare alla svelta per non diventare un doloroso peso per le persone che amo. Magari un giorno vi chiederete perché non posto più e qualcuno vi dirà che sono morto dilaniato tra le lamiere della mia macchina dopo esser volato giù da un monte.
Dove sarà tutta la mia 'importanza' e a che cosa sarà servita?
Quindi, per cortesia, non parlatemi di 'ricerca della verità' quando non siete altro che dei miserevoli strisciaschermo con due o tremila follower che usano il pollice opponibile giusto per afferrarsi le caccole in fondo al naso.
Giornalismo di inchiesta e ricerca della verità... Mauro de Mauro e Heidegger si stanno rigirando così tanto nella tomba da aver perforato la crosta terrestre e io a quegli ignobili individui vorrei dire una cosa, consapevole che lo squilibrio di potere tra me e loro è così grande da non temere che abbiano a soffrirne.
Il giornalismo di inchiesta e la ricerca della verità si fanno per denunciare grandi ingiustizie e schierarsi dalla parte delle vittime, mentre voi siete solo frignanti individui meschini che neghereste di aver rubato la marmellata pure se vi colasse dalle orecchie.
Se per le masse siete quel tipo di eroi, allora ricordate di tenere sempre il passo e di non cedere mai perché la vostra gente ha coltelli, forchette e tanta fame... ed è un attimo che il prossimo pasto diventiate voi.
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Israele ha sganciato su una tendopoli 7 bombe da una tonnellata ciascuna, e immagino che le chiamino armi di precisione. Tra l’odore della carne bruciata il fuoco e le lamiere, i palestinesi stanno cercando i resti dei loro parenti
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Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi geni ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.
Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.
Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene.
Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre delle città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola.
Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.
Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.
E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici. Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.
Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.
Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda.
Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina.
E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo. Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
Dino Buzzati
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"Che paese incivile la Francia. Non sopportano che un bravo poliziotto, che la mattina si era fatta la barba e preso il caffè senza nessuna intenzione di fare del male a chicchessia, spari per sbaglio (per un riflesso automatico) a una canaglia banlieusarde, disarmata e già controllata (dettagli) e allora mettono a ferro e fuoco tutte le città francesi per tre giorni. Che Imparassero dall'Italia, dove quattro poliziotti hanno buttato un disabile rom giù dalla finestra a Primavalle e nessuno ha mosso un dito. Dove vari migranti sono stati ammazzati perché pretendevano il salario arretrato ( ma siamo matti?) o rubavano lamiere in cantieri dismessi per costruirsi una baracca dove dormire dopo il lavoro nei campi (bella pretesa!),suscitando qualche ore di sciopero e accorate interrogazioni parlamentari. Dove c'è un deputato nero (che bizzarria, un ex-bracciante che si permette di parlare un italiano forbito in un consesso dove i colleghi parlano come mangiano), ma quando prende la parola è subissato da lazzi e ululati belluini. Mica espellono gli urlatori, come fanno in Francia (paese incivile e repressivo), qui siamo liberi, è il paese delle curve razziste, degli omicidi impuniti di ambulanti, barboni e mendicatnti molesti, sensa sciocchi riguardi alla fama e alla ricchezza (sì, facciamo il verso della scimmia pure a Lukaku, vedete come siano egualitari). In Francia per queste cose si incazzano, sanzionano eletti del popolo , allenatori di successo, incriminano perfino il poliziotto di cui sopra quando la fa troppo grossa. Saccheggiano i negozi Nike e i supermercati, appiccano fuoco dappertutto, come se si trattasse delle loro pensioni o di fondamentali diritti democratici violati. Un paese di teppisti, insomma, che hanno un dignitoso salario minimo, vanno in pensione, finalmente!, a 64 anni, fanno figli perché le coppie godono di congrue facilitazioni, ma teppisti restano, rivoltosi.
E se invece quel relativo benessere se lo sono meritati perché fanno casino? Se la lotta contro l'ingiustizia dei settori sfavoriti– che ha tanti aspetti scomodi e violenti, signora mia non ci piove – fosse un segno di civiltà e prima ancora di vitalità rispetto all'assordante silenzio italiano? Se si delineasse una convergenza fra poveri e sfruttati al di là della struttura razziale e coloniale?
Ma che brutti pensieri vengono con il caldo estivo, meno male che resiste la pax meloniana."
Augusto Illuminati
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Eloise moves in with Asher 📦
#ts4 simblr#ts4 gameplay#my stuff#lamiers#i cried making this#i can’t get enough of these two#they are literally living my dream#i can’t#screaming crying throwing up#ts4 screenies#lovebirds#my fav couple
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TRAGEDIA DEL BUS
LE REAZIONI A DESTRA
– Il bus è precipitato da un ponte. Parlami delle vittime.
– Quasi tutte non italiane.
– Passiamo ad altro. Com'è successo?
– La dinamica non è chiara. Ci sono alcune ipotesi.
– Quella più ricorrente?
– Strade e guardrail.
– Strade e guardrail? Perché?
– Sono in brutte condizioni.
– Quanto brutte?
– Vomitevoli.
– Non mi piace. Ci serve un altro appiglio.
– Per esempio?
– Il bus è stato mandato fuori strada da immigrati ubriachi alla guida di un'auto rubata?
– No.
– Possiamo collegare questa tragedia al gender?
– No.
– Difesa del presepe?
– La vedo dura.
– Di che parliamo allora?
– Forse ho trovato qualcosa.
– Cosa?
– Il bus era elettrico.
– Perfetto! È colpa del bus elettrico.
– Ma è la verità?
– Da quando è così importante?
– Giusto.
– Ricapitoliamo. Qual è il piano?
– Incolpiamo la transizione ecologica.
– Non basta.
– Incolpo la transizione ecologica voluta dalla sinistra.
– Fuochino.
– Tutta colpa della transizione ecologica voluta dalla sinistra immigrazionista e nessuno lo dice.
– Non male. Mettici anche centri sociali, gretini e anarchici.
– Tutto fa brodo.
– Esatto. C'è dell'altro su questa notizia?
– No, a parte gli operai africani che hanno salvato persone intrappolate nelle lamiere.
– Quindi non c'è niente.
– Niente di niente.
FINE [L'Ideota]
#bus#mestre#destra#bus elettrico#transizione ecologica#satira#se pensate che questo post sia troppo caricaturale vi dico solo che la realtà è peggio
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" Il 14 gennaio 1990 lasciai il Centro giovanile, dove vivevo e, zaino in spalla, mi incamminai per Korogocho. Fu la mia “discesa agli inferi”! Era la domenica del Battesimo di Gesù e celebrai con i pochi cristiani l’Eucaristia. Spiegai loro con il mio povero kiswahili (lingua ufficiale in Kenya) che avevo scelto proprio quel giorno perché avevo bisogno di essere battezzato da loro. Mi sentivo un piccolo-borghese che aveva necessità del battesimo degli impoveriti. Scelsi di vivere come tutti loro: in una baracca, mangiare quello che loro mangiavano, andare a comprarmi l’acqua con una tanica, vivere la loro realtà quotidiana, spesso violenta e drammatica. Persi subito i venti chili in più che noi occidentali accumuliamo. Soprattutto, gli orrori umani che incontravo mi facevano impazzire. Quante volte fui preso da un profondo sconforto, dal desiderio di sbattere la testa contro i muri della baracca! In quell'immensa distesa di lamiere che è Korogocho si palesava tutta l’assurdità del nostro mondo. Dai buchi della mia baracca potevo vedere i grattacieli di Nairobi, mentre a soli quattro chilometri da Korogocho c’è Muthaiga, la zona residenziale più bella e lussuosa della metropoli, con ville da sogno. Nairobi è una città nella quale, in pochi chilometri, si passa dal paradiso all'inferno. O meglio agli inferi: ce ne sono tanti in quell'area! Il più terribile, forse, sorge a fianco della baraccopoli: l’enorme e spaventosa discarica di Dandora, dove arrivano i rifiuti dei ricchi della capitale, per l’esattezza i rifiuti dei rifiuti; vi lavorano migliaia di persone chiamate “scavengers” (i raccoglitori di rifiuti).
Un giorno, mentre camminavo fra le baracche, fui bloccato da un uomo della discarica, un “gigante” che mi guardò dall'alto in basso: «Muthungu» (bianco), mi disse, «sei il primo bianco che ha avuto il coraggio di vivere qui. Ma chi siamo noi che non ti degni neanche di venire a trovarci?». «È da poco che sono arrivato qui,» gli risposi, «ma hai ragione! Domani, sarò da voi!» Quella sera una delegazione di cristiani venne a trovarmi. Erano visibilmente preoccupati: «Padre, abbiamo saputo che domani vuoi andare in discarica. Non puoi andarci, quelli sono criminali. Ti ammazzano». Restai qualche istante in silenzio, riflettendo su quelle parole: «Io non sono venuto a Korogocho per i santi,» risposi, «ma per i criminali». L’indomani presi lo zaino e mi incamminai. Arrivato in cima alla collina, fui accolto da uno stormo di avvoltoi, davanti a me si spalancò uno spettacolo infernale: un’immensa spianata con montagne di immondizie, ovunque fuochi, centinaia di scavengers: uomini e donne di ogni età, anziani e bambini… Fui preso dal terrore, il primo istinto fu quello di scappare. Per fortuna vidi quel gigante che mi aveva sfidato ad andare in discarica, Jeremias. Gli corsi incontro, quasi per cercare protezione. Quando mi vide, mi guardò con un sorriso ironico: «Muthungu, non pensavo che voi bianchi manteneste le vostre promesse!». "
Alex Zanotelli, Lettera alla tribù bianca, Feltrinelli (collana Serie Bianca); prima edizione marzo 2022. [Libro elettronico]
#Alex Zanotelli#letture#leggere#libri#citazioni#miseria#Lettera alla tribù bianca#povertà#umanità#carità#Padre Alessandro Zanotelli#sfruttamento#Kenya#Nairobi#missionari comboniani#baraccopoli#preti di strada#Africa#Beati i costruttori di pace#pietà#società africane#Korogocho#Chiesa Cattolica#preti missionari#religiosità#inculturazione#spiritualità#umanitarismo#intellettuali italiani#coraggio
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Meet Presley Keller. She's decided to take the summer between high school and university and apply for Love on the Ranch - @snderist's new competition to win the heart of Asher Lamier!
Presley's main goal is to be a painter, but when she's not holed up in the studio you can find her in her family garden, at the bar, or jogging in the vast expanse of Henford-On-Bagley. Presley is hoping that Asher will fit well into the family - her dad has always been a little bit overprotective, but she has high hopes that he can be swayed. If she does manage to win Asher's heart, the first place she plans to take him is the waterfall in her hometown, where the two will finally be able to have a moment alone without all the cameras and crew!
#I had to repost this bc I used my twitter handle??? insane#love on the ranch entry#sims 4#ts4#the sims 4
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Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi, per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti d’essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dai prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti “Che bello!” Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti intorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata ad esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti “Che bello!”, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di se una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E’ inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo e donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso tra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
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ROBA CHE RITROVO FRA LE BOZZE SENZA AVERE LA MINIMA IDEA CON CHI CE L'AVESSI E PERCHÉ (anche se credo che fosse una questione di covid)
Ah, già... la conclusione. Morirete tutti. Soli o circondati da persone che vi amano. Nel vostro letto o in un fosso, tra lamiere accartocciate e in fiamme, in una terapia intensiva o in un campo di grano senza rosa o tulipano. Stanchi di essere stanchi o col sogno di una vita a un passo dal realizzarsi... come tutti e 108 i miliardi di Homini sapientes che dal 50.000 a.C. hanno creduto di essere singolarmente speciali e che il loro momento storico fosse il più importante. Avete creduto che vi sareste meritati per sempre il meglio della vita solo perché avete avuto la fortuna di nascere nella parte privilegiata del mondo e ribadisco FORTUNA... non merito, premio, medaglia, eredità o conquista. CAZZO DI FORTUNA. Siete il cugino emigrato a Milano che a Natale vi sbatte in faccia quanto sia difficile avere a che fare con dei dipendenti che non hanno voglia di lavorare e sottolinea la cosa facendo tintinnare le chiavi del suo Maserati. I vecchi moriranno e i giovani sopravviveranno loro, come da ben più di 50.000 anni a questa parte. E non c’è una sola vostra argomentazione, conclusione o affermazione che mi tolga dal cuore la logorante impressione che alla fine, se voi siete in salvo, l’unica cosa che conta è che gli altri muoiano lontano dalla vostra vista senza incadaverarvi il giardino. Badate invece di decidere bene cosa fare con il tempo che vi è stato concesso, di enumerare due volte le vostre fortune e di condividerne il doppio con il doppio delle persone di ieri. Certo così non prolungherete la vostra data di scadenza ma perlomeno non morirete nella paura in cui ora state vivendo.
Chissà se a questo giro mi inquieto meno.
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A mani nude, poi ustionate dalle fiamme, si sono dati da fare per salvare quante più persone potevano.
Eroi improvvisati in una serata tragica, vivono a Mestre in un condominio accanto al luogo dell’incidente.
Si chiamano Boubakar Toure e Godstime Erheneden: il primo da dieci anni in Italia, gambiano, 27 anni, si occupa di ponteggi. Il secondo, 30 anni, viene dalla Nigeria e di mestiere fa il saldatore. Stavano cenando quando è avvenuta la tragedia.
Non ci hanno pensato un attimo, sono trovati davanti a un inferno di lamiere, fuoco e grida strazianti: «Abbiamo tirato fuori prima una donna con la sua bambina e poi un uomo. Poi ho tirato fuori anche un cane. Sembravano tutti vivi. Poi ho guardato tra quei rottami e ho visto l’autista: era già morto. C’era una donna che parlava inglese e piangeva: mentre la tiravo fuori diceva “prendi mia figlia, prendi mia figlia”. Era una bimba piccola, credo avesse due anni. Era priva di conoscenza, ho il sospetto che fosse morta. Sono sconvolto: ha l’età di mio figlio. È come se avessi perso lui».
Durante i disperati tentativi di salvataggio, Boubakar si è ustionato le mani. Hanno schegge di vetro su mani e piedi. Godstime è rimasto a piedi nudi: nel trambusto ha perso le sue scarpe, nella carcassa dell’autobus bruciato: «Adesso come faccio? Devo andare a Palermo, dalla mia famiglia. Non mi lasciano andare a prenderle. Potete aiutarmi? Non posso mettermi in viaggio senza, quando potrò recuperarle?».
Fonte Corriere del Veneto
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