#la mort de mario ricci
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The Death of Mario Ricci (1983)
#the way they gave him cannes best actor for this.. such a me choice#gian maria volonté#the death of mario ricci#la mort de mario ricci#claude goretta#80s#mine
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[마리오 리치의 죽음 (La mort de Mario Ricci)]으로 1983년 칸 영화제 남우주연상을 수상하는 잔 마리아 볼론테.
프랑스어로 수상 소감을 말하는데 음성 텍스트 변환 사이트에 따르면 “C 'est un peu banal de dire à cette occasion que je suis content, mais je suis content. Ça me fait plaisir. Merci.” 인 것 같다. 구글 번역기에 의하면 "It's a bit banal to say on this occasion that I'm happy, but I'm happy. It is a pleasure. Thanks."이다. 귀엽고 깔끔하다.
Source : https://www.youtube.com/watch?si=NfM32xxzfDySZCdI&t=257
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Stenterello, la maschera carnevalesca fiorentina.
Giovanni Nannini in Stenterello Oggi è 28 Febbraio (data di pubblicazione) è martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale, e ci sembra giusto un omaggio. Miste alle risate erano le esclamazioni del pubblico e sono quelle esclamazioni che hanno dato vita a Stenterello. Forse il soprannome dato dal pubblico ad un signore che calcava le scene, un signore fiorentino, nato a Rifredi, di nome Luigi Del Buono (1751-1832); un attore magro, gracile, stentato appunto, tanto da meritarsi il soprannome Stenterello. Un attore arguto però che sulla scia del soprannome creò il personaggio teatrale e lo rappresentò. Stenterello è la maschera fiorentina nata dalle maschere della commedia dell'arte antica di cui Del Buono era magistrale interprete. In origine orologiaio con bottega in Piazza del Duomo all'angolo con Via de' Pecori smaniava per la recitazione tanto da vendersi la bottega e dedicarsi solo al teatro. Prima nella compagnia di Giorgio Frilli poi direttore degli Accademici Fiorentini al teatro Ognissanti per poi passare nella compagnia di Pietro Andolfati fino a fondare una propria compagnie nel 1791. Sono molte le commedie create da Luigi Del buono, famose come "Ginevra degli Almieri sepolta viva in Firenze" o "Sempronio spaventato dagli spiriti" o ancora "I Malaccorti". Poi le commedie dedicate a Stenterello come "Fiorinda e Ferrante, principi di Gaeta, con Stenterello buffone di corte" o "Il diavolo maltrattato a Parigi" o ancora "Stenterello al Gran Cairo". Non era solo il suo aspetto fisico stentato a farlo apprezzare dai fiorenti quanto la fiorentinità intrinseca al personaggio Stenterello, le stesse caratteristiche che si ritrovavano nel fiorentino medio. Una maschera chiaccherona, paurosa, polemica, rapida nella decisione ma allo stesso tempo disordinato nell'applicarla, malmesso nel vestire, scanzonato, sempre senza soldi ma contemporaneamente un inguaribile ottimista, saggio nel pensiero e sempre schierato con il più debole. La straordinaria somiglianza fiorentina gli viene però dalla battuta sempre pronta, dalla chiaccherata colorita e pungente, ma che non scade nel volgare, intercalata da modi di dire popolari e divertenti, una risposta sempre pronta in un classico vernacolo fiorentino. Lo stesso Pellegrino Artusi diceva: « ...dal palcoscenico Stenterello lanciava frizzi e motti scevri però di volgarità, tanto che famiglie intere assistevano al suo spettacolo.» In queste caratteristiche il personaggio diventa divertente e si pone perfettamente come maschera carnevalesca. Certo non tutti possono interpretarlo, chi ha pancia e gote rubiconde è difficile che si cali nella maschera, chi è alto e dinoccolato ha più speranza di una buona interpretazione. Bisogna essere un poco brindelloni.
Stenterello Magro con la faccia bianca e malnutrita, un bel nasone pronunciato, vestito con una giacca o un giubbetto di colore azzurro chiaro con le falde a scacchi rossi e bianchi il tutto sopra un panciotto giallo e dei calzoni neri e corti che mettono in evidenza le calze scombinate nei colori e nei disegni. Una calza rossa e una a righe multicolore oppure una a strisce bianche e blu e una arancione. A completare l'immagine un cappello a tricorno nero con sotto una parrucca bianca con codino all'insù e delle scarpe con fibbia. Ecco questa l'immagine di Stenterello. Dopo la morte di Del Buono altri hanno dato vita a Stenterello in teatro. Attori come Amato Ricci prima della guerra o Vasco Salvini a cavallo delle due guerre o ancora dopo la II guerra attori come Mario Fanfulla. Molto più recente, ai giorni nostri, Sauro Artini e soprattutto Giovanni Nannini che resta nella memoria di tutti per la sua interpretazione di Stenterello e del vernacolo fiorentino. Giovanni Nannini è stato fra l'altro interprete in molti film dopo il suo esordio in Totò cerca pace. Tutti grandi interpreti anche se il vero Stenterello resta Del Buono e tutti i ragazzini che nel periodo di carnevale ne hanno vestiti i panni. Purtroppo al passato dato che oggi i giovani si vestono da uomo ragno sempre che festeggino ancora il carnevale e non halloween.
Jacopo Cioni Read the full article
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24 set 2020 17:45
VIVO E LUOTTO INSIEME A VOI: “A QUELLI DELLA NOTTE FACEVO L’ARABO. MI VOLEVANO UCCIDERE! PIOVEVANO MINACCE DI MORTE. DRIVE IN? UNA CAGATA PAZZESCA, TUTTE RISATE FINTE! ARBORE MI VIDE IN UN FILMATO E MI CHIESE: 'MA LEI, SCUSI, È UN COMICO?'. IO GLI RISPOSI: 'MA COME TI PERMETTI?'. FALETTI VIVEVA DA ME, NON AVEVA SOLDI. POI LO FECI CONOSCERE A RICCI E…" - "ORA IL MIO AMBIENTE È LA CUCINA. LA SODDISFAZIONE PIU’ GRANDE? STAVO IN UGANDA IN MEZZO A TRIBÙ DI PIGMEI E…” – LA FOTO CON BUZZI - VIDEO
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Luca Pallanch per la Verità
Dalla metà degli anni Settanta, dai tempi della leggendaria trasmissione Rai L'altra domenica, Andy Luotto è l'amico americano degli italiani, un volto familiare che appare, scompare e poi ricompare, sempre in vesti diverse, guidato da un istinto naturale per il divertimento, da una straordinaria comunicativa e dalla bizzarria di chi vive sospeso tra due mondi. Non solo l'Italia e l'America, ma anche lo spettacolo, da una parte, e la cucina, dall'altra. Tante vite racchiusa in una.
Dov' è nato?
«A New York, il 30 luglio 1950. Sono venuto a vivere a Roma a 14 anni».
I suoi genitori erano americani o italiani?
«Erano entrambi nati in America. I loro genitori erano tutti italiani, tre su quattro piemontesi, la nonna paterna siciliana».
Suo padre si occupava di doppiaggio.
«Ha curato l'edizione del miglior cinema italiano e francese per i mercati anglofoni».
E anche lei ha iniziato a fare doppiatore...
«I primi doppiaggi facevo i brusii nei western, quando cascavano da cavallo o prendevano i pugni. Ho cominciato così. Poi, mentre facevo l'università in America, nelle vacanze estive ho fatto il dialoghista per Lo chiamavano Trinità..., dove avevo anche una particina, ...Continuavano a chiamarlo Trinità,...Più forte ragazzi! e Io sto con gli ippopotami.
Erano film girati in inglese e poi ridoppiati in inglese perché sia Bud Spencer che Terence Hill avevano un fortissimo accento italiano. A un certo punto della mia bizzarra carriera sono stato il doppiatore in lingua inglese più pagato del mondo».
Doppiava gli attori italiani per il mercato americano
«Li doppiavo tutti, da Giancarlo Giannini a Enrico Montesano! L'ultima cosa importante che ho fatto è Ricomincio da tre, per il quale ho doppiato Massimo Troisi».
Ha lavorato a lungo anche nelle tv private
«Ho lavorato in molte tv private, tra le quali Pts (People Television Service) e Gbr».
Faceva il conduttore?
«Ma no, facevo il cretino».
Così ha conosciuto Renzo Arbore...
«Mi ha visto in un filmato che avevano girato mentre facevo l'ambulante che vendeva buste per l'immondizia nei mercati rionali. "Venti buste 1.000 lire!". Il filmato è andato su tutte le tv private: è diventato un cult! Mi ha rintracciato Arbore, ancora oggi non so come, e mi ha chiesto:
"Ma lei, scusi, è un comico?". Io gli ho risposto: "Ma come ti permetti?" e siamo diventati amici. Mi ha chiesto se mi interessava lavorare con lui in televisione, però è passato un anno e mezzo prima che mi richiamasse per L'altra domenica».
Il ruolo dell'arabo in Quelli della notte com' è nato?
«È nato per scherzo. Un giorno con un amico sono andato a un concessionario della Mercedes vestito da arabo, accompagnato da quattro amiche vestite anch' esse da arabe. Il mio amico, che aveva la telecamera, mi ha presentato come un principe arabo interessato a comprare delle automobili.
Io parlavo in finto arabo e il mio amico, cercando di non ridere, traduceva. Ho comprato quattro Mercedes lasciando un anticipo di 10.000 lire! L'ho fatto solo per ridere. Arbore ha visto la registrazione e mi ha chiesto se volevo fare l'arabo in questa nuova trasmissione. "Che cosa facciamo?". "Dovresti dare le notizie e la meteorologia. Ti fai un provino?". "Certo".
Io stavo in una televisione privata a Bari, Telenorba. Ho messo sul Chroma key alle mie spalle le foto dei trulli e ho cominciato a leggere le notizie e il meteo in finto arabo. Mi sono fatto il provino da solo, glielo ho mandato, gli è piaciuto molto e ho cominciato a fare questo personaggio».
Ha creato qualche polemica...
«Qualche? Mi volevano uccidere! Piovevano minacce di morte!».
Gli inizi della sua carriera cinematografica sono stati legati al successo televisivo.
«Sì. Io non capivo bene cosa stessi facendo. Per me era tutto uno scherzo. Ho preso sul serio Corse a perdicuore di Mario Garriba, un film carino, innocente, pulito, ma, a parte questo film, tutti gli altri che ho fatto fino a un certo punto della mia carriera prendevo i soldi e basta perché non volevo fare questo nella vita».
Com' è nato Superandy - Il fratello brutto di Superman?
«Vittorio Squillante si è presentato e mi ha detto: "Sono il tuo agente". "Perché? Cosa significa?". "Perché io tratto tutti gli italo-americani. Vienimi a trovare, hanno scritto un film per te".
L'ho incontrato e mi ha dato un copione su cui c'era scritto: Superandy - Il fratello brutto di Superman. "Ma stiamo scherzando? Scusa, per curiosità mia, quanto pagano per questo film?". "È il tuo primo film... soltanto 80 milioni". "80 milioni?! Facciamolo subito e poi una ventina di questi film"».
Grunt - La clava è uguale per tutti l'ha anche diretto?
«Camillo Teti che produceva film scollacciati ha messo in mezzo me e Giorgio Faletti. Allora Giorgio viveva a casa mia, non aveva soldi».
Avete scritto la sceneggiatura insieme?
«Abbiamo buttato giù questa cosa. Poi sul set doveva arrivare un regista, c'era, non c'era, siamo andati avanti, poi Camillo Teti ha detto: "Firma tu la regia". Io ho detto: "Vabbè, firmiamo questa cosa". Invece poi questi sbagli terrificanti vengono fuori e tu li devi spiegare alla gente. Di questa esperienza ho un bellissimo ricordo di Giorgio».
L'ha continuato a frequentare?
«Dopo quel film dovevo fare Drive In. Dopo le prime puntate ho detto: "Non posso fare queste cose con le risate finte". Antonio Ricci mi ha detto: "Come facciamo?". Allora gli ho detto: "Ho questo comico fantastico". Lui conosceva Faletti perché aveva già fatto delle serate al Derby di Milano. "Proviamo un po'". Gli ho mandato Giorgio e Sergio Vastano.
Non ha avuto il rimpianto di non aver più fatto Drive In?
«No, per niente, una cagata pazzesca, tutte risate finte!».
Dei ruoli cinematografici quali ricorda più volentieri?
«I giudici, in cui interpreto Paolo Borsellino, La tregua di Francesco Rosi, con John Turturro. Ricordo con grande affetto anche Mortacci di Sergio Citti. Un altro personaggio al quale sono legato è quello de Il mistero di Bellavista di Luciano De Crescenzo, che mi ha dato il copione e mi ha detto: "Questi sono gli spazi, scrivi pure il personaggio". E il personaggio l'ho scritto assieme a mio padre. Dei lavori televisivi, Romeo e Giulietta, dove interpretavo un frate, Nero Wolfe, dove facevo il cuoco, e La bella e la bestia».
Ha avuto la capacità di partire dai film comici per poi arrivare a ruoli drammatici
«La cosa più difficile è far ridere. La grande gioia sono state le trasmissioni con Arbore perché la vera felicità è far sorridere. Si basava tutto sull'improvvisazione: quando entravamo in studio, non sapevamo dove saremmo andati a finire. La verità è che ci divertivamo più noi che voi che guardavate».
La passione per la cucina quando è nata?
«C'è sempre stata, da quando sono venuto in Italia, prima ancora di parlare italiano. Mi sono sempre ficcato nelle cucine, sempre».
L'ha portata avanti parallelamente alla carriera televisiva e cinematografica?
«Sì, parallelamente. Poi ho deciso: visto che gli altri vanno in televisione, lo faccio anche io. Il problema è che la gente ha cominciato a dire: "Mo si è messo a cucinare!"».
Quali soddisfazioni maggiori si è tolto come cuoco?
«Stavo in Uganda in mezzo a tribù di pigmei e ho fatto gli spaghetti al pomodoro».Come mai si trovava lì?«Perché ho fatto una serie di documentari per Rai 3, Il viaggiatore, accompagnato dal mio più caro amico».
La sua cucina come la definirebbe?
«Molto stagionale, meridionalizzante, fresca. Cerco di cuocere il minimo indispensabile»
Adesso cucina all'Arena Farnesina, a Roma. Propone dei piatti particolari?
«La gente dice che alcuni sono particolari, secondo me no perché si basano tutti sulla tradizione».
Solo tradizione italiana o ha portato con sé anche qualcosa della cucina americana?
«Qualcosina, niente di che, dei ricordi. Quando mi dicono: "Tu da grande cosa vuoi fare?". "Io sono un aspirante terrone". Voglio fare quello, desidero tantissimo essere meridionale».
Non ha mai pensato di tornare a vivere in America?
«Nooo, stiamo scherzando?».
Cosa ne pensa di tutti i programmi televisivi di cucina? C'è quasi una mercificazione del cuoco
«Si vede che è come Il grande fratello o L'isola dei famosi. I ragazzi vengono in cucina e dicono: "Avrei pensato di fare questo...". Pensano che cucinare sia come in televisione, dove è tutto un grande gioco».
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“Fragilità e Distacco / 70 Years Ruggero Maggi”
COMUNICATO STAMPA
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
“Fragilità e Distacco / 70 Years Ruggero Maggi”
a cura di Sandro Bongiani
Dal 29 agosto al 28 novembre 2020
Inaugurazione: sabato 29 agosto 2020, ore 18.00
S’inaugura sabato 29 agosto 2020, alle ore 18.00, la mostra collettiva internazionale a cura di Sandro Bongiani dal titolo: “Fragilità e Distacco / 70 Years Ruggero Maggi” che lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista italiano Ruggero Maggi, uno dei più interessanti artisti contemporanei nati negli anni cinquanta. Una importante mostra collettiva internazionale in concomitanza anche della speciale ricorrenza del suo settantesimo compleanno, presentando 289 opere di 295 artisti presenti su un totale corpus grafico di ben 388 opere arrivate da ogni parte del mondo.
Ruggero Maggi inizia la sua attività di artista negli anni '70 con lavori incentrati sulla poesia visiva, sulla mail art, copy-art, laser art e olografia caratterizzati anche dall’inserimento di “estratti” di vita reale. Con il passare degli anni queste strutture “interferenti” all’interno dell’opera sono diventate sempre più evidenti, in un rapporto di intensa “osmosi”, in cui a partire dal 1989 gli arcaici elementi naturali convivono con componenti tecnologici, fino alle opere recenti dove il concetto “Artificiale /Naturale” tra ”sincronismo concettuale e emozionale” assume un ruolo predominante consegnandoci una realtà in cui l’azione umana coincide con quella morale, in un complesso intrico di rimandi e di sollecitazioni. Sandro Bongiani nella presentazione a questa rassegna scrive: “un continuo interesse verso la natura e la dimensione umana in un complesso rimando di sollecitazioni e interferenze, di sottintesi e nascosti richiami in cui l'azione coincide sinteticamente con il tempo provvisorio e oscuro dell’uomo. In questa particolare condizione, la sua ricerca marginale di confine “più vera di natura” ha saputo prendere corpo e manifestarsi in una sintesi poetica accorta che condivide le urgenze estreme della vita ed i contrasti inquieti della nostra malandata società contemporanea”.
Artisti presenti:
Christian Alle Dino Aloi Antonio Amato Lutz Anders Leslie Atkins Paola Baldassini Franco Ballabeni Calogero Barba Fabiola Barna Donatella Baruzzi Pier Roberto Bassi Umberto Basso Keith Bates Elisa Battistella Lutz Beeke Giacomo Beffa Lancillotto Bellini Milena Bellomo C. Mehrl Bennett John M. Bennett Luisa Bergamini Mariarosa Bergamini Pedro Bericat Carla Bertola Diane Bertrand Rita Bertrecchi Massimo Biagi Gabriele Bianconi Lucia Biral Manuel Xio Blanco Antonio Bobò Rovena Bocci Norbert Bockmann Kika Bohr Giovanni Bonanno Adriano Bonari Anna Boschi Rosa Bosco Maria Cecilia Bossi Marzia Braglia Hans Braumüller Rossana Bucci Joachim Buchholz Anna Maria Buonapace Viviana Buttarelli Fulgor C. Silvi Mirta Caccaro Alfonso Caccavale Glauco Lendaro Camiless Loretta Cappanera Guido Capuano Lamberto Caravita Cascadia Artpost Bruno Cassaglia Antonia Mayol Castello Gianpiero Castiglioni Renato Cerisola Bruno Chiarlone Simonetta Chierici Silvia Cibaldi Cosmo Cinisomo Circulaire132 Maria Antonietta Claretto Anna Maria Cognigni Ryosuke Cohen Mabi Col Francesco Cornello Enzo Correnti Carmela Corsitto Crackerjack Kid Maria Credidio Anna Maria Crescenzi Laura Cristin Carla Crosio Rosa Cuccurullo Crescenzio D'Ambrosio Nicolò D’Alessandro Diana Danelli Marc De Hay Ko De Jonge Mario De Leo Antonio De Marchi Teo De Palma Adolfina De Stefani Albina Dealessi Michel Della Vedova Antonio Di Michele Debora Di Bella Elena Di Felice Maura Di Giulio Fabio Di Ojuara Franco Di Pede Marcello Diotallevi Giovanna Donnarumma Mike Dyar Eart Art Mimmo Emanuele Rita Esposito Ever Arts Cinzia Farina Fernanda Fedi Gretel Fehr Domenico Ferrara Foria Ivana Ferraro Luc Fierens Giuseppe Filardi Anna Finetti Alessandra Finzi Aaron Flores Maurizio Follin Roberto Formigoni Kiki Franceschi Nicola Frangione Piet Franzen SIDAC Giglio Frigerio Ivo Galassi Daniele Galdiero Rosalie Gancie Antonella Gandini Attilia Garlaschi Claudio Gavina Ombretta Gazzola Roberta Ghisla Roberto Gianinetti Mario Giavino Ed Giecek Gino Gini Guglielmo Girolimini Lino Giussani Coco Gordon Bruno Gorgone Daniela Gorla Claudio Grandinetti Elke Grundmann Paolo Gubinelli Giovanni Gurioli _Guroga Karl Friedrich Hacher Hanrahan Peter Hide 311065 Uwe Hofig Slanye Huang Carlo Iacomucci Ibirico Gennaro Ippolito Robert James Benedetta Jandolo Janus Edition Isabel Jover Magda Lagerwerf Felipe Lamadrid Giusi Lazzari Ettore Le Donne Nadine Lenain Pascal Lenoir Alfonso Lentini Marialisa Leone Giovanni Leto Pino Lia Pierpaolo Limongelli Pietro Lista Oronzo Liuzzi Serse Luigetti Ruggero Maggi Olga Maggiora Nadia Magnabosco Mailarta MailArtMartha Loredana Manciati Antonio Mancini Antonello Mantovani Angela Marchionni Renzo Margonari Patrizio Maria Dorian Ribes Marinho Laura Marmai Max Marra Calogero Marrali Maria Grazia Martina Maribel Martinez Gianni Ettore Andrea Marussi Anna Maria Matone Anja Mattila Michelangelo Mayo Monica Mazzone Pierluigi Meda Massimo Medola Myriam M. Mercader Miche Art Universalis Monica Michelotti Virginia Milici Gabi Minedi Antoni Mirò Annalisa Mitrano Henning Mittendorf Mauro Molinari Domingo Sanz Montero Maya Lopez Muro Museuvofmailart Keiichi Nakamura Giuliana Natali Katerina Nikoltsou Aldo Nodari Pierangela Orecchia Clemente Padin Lucia Paese Franco Panella Katia Paoletti Linda Paoli Paola Pareschi Sjoerd Paridaen Enzo Patti Giuseppe Pellegrino Remy Penard Walter Pennacchi Mariella Perani Marisa Pezzoli Riccardo Pezzoli Tarcisio Pingitore Horvath Piroska Valentina Poli Veronique Pozzi Painè Nadia Presotto Daniele Principe Tiziana Priori Gina Pritti Giancarlo Pucci Fabrizio Randini Cesar Reglero Gaetano Ricci Angelo Ricciardi Isabella Rigamonti Carla Rigato Ina Ripari Costantino Rizzuti Ilaria Rizzuti Jaume Rocamora Gian Paolo Roffi Claudio Romeo Piero Ronzat Giovanni Ronzoni Lorenzo Rosselli Manuel Ruiz Ruiz Marialuisa Sabato Hikmet Sahin Piero Sani Sergio Sansevrino Antonella Sassanelli Antonio Sassu Anna Maria Saviano Roberto Scala Duccio Scheggi Peter Schubert Lars Schumacher Jörg Seifert Cesare Serafino Lucio Serafino Tiziano Serafino Domenico Severino Noriko Shimizu Maria Josè Silva – Mizè Pietro Silvestro Cecilia Solamito Luigino Solamito Alberto Sordi Cristina Sosio Lucia Spagnuolo Celina Spelta Ciro Stajano Honoria Starbuck Giovanni e Renata Strada Rod SummersVec Elisa Taiola Franco Tajariol Nello Teodori Ernesto Terlizzi Gian Paolo Terrone Elsa Testori Roberto Testori Thierry Tillier Paola Toffolon Renata Torazzo Micaela Tornaghi Horst Tress Alan Turner Stefano Turrini Mikel Untzlla Sigismund Urban Valdor Generoso Vella Silvia Venuti Ada Vera Verbena Daniele Virgilio Alberto Vitacchio Antonio Zenadocchio Rolando Zucchini.
RUGGERO MAGGI / Biografia
Dal 1973 si occupa di poesia visiva e libri d'artista (Archivio Non Solo Libri); dal 1975 di copy art e arte postale (Archivio Amazon); dal 1976 di laser art, dal 1979 di olografia, dal 1980 di X-ray art e dal 1985 di arte caotica sia come artista - con opere ed installazioni incentrate sullo studio del caos, dell’entropia e dei sistemi frattali - sia come curatore di eventi: “Caos italiano” 1998; “Caos – Caotica Arte Ordinata Scienza” 1999 – 2000; “Isole frattali” 2003, “CaoTiCa” 2004, “Attrazione frattale” 2006, “Caos e Complessità” 2009, “Caos, l’anima del caso” 2010, “Caotica.2014” Lodi e Jesi.
Tra le installazioni olografiche: “Una foresta di pietre” (Media Art Festival - Osnabrück 1988) e “Un semplice punto esclamativo” (Mostra internazionale d’Arte Olografica alla Rocca Paolina di Perugia – 1992); tra le installazioni di laser art: “Morte caotica” e “Una lunga linea silenziosa” (1993), “Il grande libro della vita” e “Il peccatore casuale” (1994), “La nascita delle idee” (1993) esposta nel 1995 al Museo d’Arte di San Paolo (BR).
Suoi lavori sono esposti al Museo di Storia Cinese di Pechino ed alla GAM di Gallarate. Ha inoltre partecipato alla 49./52./54. Biennale di Venezia ed alla 16. Biennale d’arte contemporanea di San Paolo nel 1980.
2006 realizza “Underwood” installazione site-specific per la Galleria d’Arte Moderna di Gallarate.
2007 presenta come curatore il progetto dedicato a Pierre Restany “Camera 312 – promemoria per Pierre” alla 52. Biennale di Venezia.
2008 presenta come curatore il progetto “Profondità 45 – Michelangelo al lavoro” sul rapporto Arte -Tecnologia. Nel 2008 a Villa Glisenti (BS) ed all’Art Centre della Silpakorn University di Bangkok, per un simposio artistico italo-thailandese dedicato alle problematiche del riscaldamento globale, realizza l’installazione “Ecce ovo”.
2009 cura l’installazione site-specific collettiva “Prima o poi ogni muro cade” all’interno di PLAZA: OLTRE IL LIMITE 1989-2009 XX Anniversario della caduta del Muro di Berlino in Galleria del Corso a Milano; evento successivamente presentato a Villa Pomini a Castellanza (VA) e Spazio Luparia a Stresa.
2010 “GenerAction – un promemoria per le generazioni” progetto di Mail Post.it Art presso la Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo - Gallarate.
2011/2013/2015/2017 presenta a Venezia con il Patrocinio del Comune di Venezia Padiglione Tibet, progetto presentato successivamente alla Biennale di Venezia, al Museo Diotti di Casalmaggiore (CR), palazzo Ducale di Genova e presso la Biblioteca Laudense di Lodi.
2014 PadiglioneTibet partecipa alla Bienal del Fin del Mundo in Argentina.
2016 “TERRA/materiaprima” progetto di Mail Art presso la Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo – Gallarate.
2016 presenta Padiglione Tibet al Castello Visconteo di Pavia.
2017 presenta la 1 Biennale Internazionale di Mail Art a Venezia – Palazzo Zenobio
2018 Padiglione Tibet partecipa alla Vogalonga (Venezia)
2018 installazione “Erosioni in pinzimonio” - Poetry and Pottery Un’inedita avventura fra ceramica e poesia visiva - CAMeC centro arte moderna e contemporanea La Spezia
2018 installazione CaraPace - Museo Tecnico Navale - La Spezia
2019 “Onda Sonora” libro collettivo – V Biennale del Libro d'artista - Napoli
2019 ARTNIGHT Venezia – Padiglione Tibet - videoproiezione 2011.2019. Storia di un padiglione per un paese che non c'è - Magazzini del Sale, Reale Società Canottieri Bucintoro
2019 riceve il Premio alla carriera - PREMIO ARTE IN ARTI E MESTIERI 2019 – XIX EDIZIONE - Fondazione Scuola Arti e Mestieri "F. Bertazzoni" - Suzzara (MN)
2020 “#GlobalViralEmergency / Fate Presto” L’arte tra scienza, natura e tecnologia - Spazio Ophen Virtual Art Gallery – Salerno
“Fragilità e Distacco / 70 Years Ruggero Maggi”
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Via S. Calenda, 105/D - Salerno, Tel/3937380225
e-mail: [email protected]
Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
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Dal 5 al 20 ottobre torna la XVII edizione di BergamoScienza
Dal 5 al 20 ottobre torna la XVII edizione di BergamoScienza, il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’Associazione BergamoScienza Appuntamento annuale che per 16 giornate animerà la città di Bergamo con incontri, conferenze, dialoghi e spettacoli – tutti gratuiti – dedicati alla scienza. Con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, scienziati di fama internazionale aggiorneranno il vasto pubblico del festival (133.689 presenze lo scorso anno) sulle possibili soluzioni per affrontare le sfide ambientali e sociali della società contemporanea. Tra gli ospiti, il Premio Nobel per la Chimica 2001 Barry Sharpless, padre della click-chemistry – sistema che permette di sintetizzare sostanze complesse in modo rapido – scoperta che ha rivoluzionato il mondo farmaceutico avvicinandolo alla green-chemistry, un approccio chimico che riduce al minimo l’inquinamento ambientale. AMBIENTE CLIMA E SOSTENIBILITÀ Focus del festival, quest’anno, sarà la sostenibilità della vita sul pianeta, sia in termini di impatto climatico e salute dell’acqua e dell’aria che di alimentazione: è possibile avere un mondo che funzioni al 100% utilizzando energie rinnovabili? È questa la speranza di Mark Jacobson, direttore del programma su atmosfera ed energia del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale della Stanford University. Massimo Tavoni, senior scientist presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) si interrogherà sul cambiamento del clima e su come il nostro comportamento quotidiano possa limitarlo e contribuire in modo efficace alla salvaguardia delle risorse globali e dell’equilibrio del pianeta. Le agenzie spaziali non si limitano a guardare il cielo ma monitorano la salute del pianeta, l’inquinamento di terra e aria e la trasformazione del clima attraverso sofisticate tecnologie e una prospettiva privilegiata. Simonetta Cheli, capo dell’Ufficio di coordinamento nella direzione dei programmi di osservazione della Terra dell’ESA con Paolo Cipollini, oceanografo che opera utilizzando i satelliti, farà compiere un viaggio tra immagini mozzafiato alla scoperta di come l’uomo riesca a controllare lo stato di salute della Terra, la sola casa che abbiamo a disposizione. L’origine delle nuvole è uno degli enigmi più complessi della fisica dell’atmosfera: enigma la cui soluzione, secondo l’alpinista e scienziato Federico Bianchi, potrebbe permetterci di prevedere il reale tasso di riscaldamento del pianeta e il ruolo che gioca l’inquinamento dell’aria. Carlo Pozzi, esperto di genetica agraria, con la biologa Paola Bonfante e Francesco Salamini, uno dei massimi esperti italiani nel campo della biotecnologia applicata, rifletterà sulla capacità degli uomini di produrre e ridistribuire il cibo: è possibile sfamare il mondo in modo sostenibile? Con quali tecnologie? Il geologo Fabrizio Nestola, vincitore dell’Humboldt Research Award 2019, guiderà il pubblico in un viaggio al centro della Terra alla scoperta dei diamanti super profondi, una rarissima categoria di diamanti il cui studio permette di comprendere come funziona il nostro pianeta a grandi profondità. Queste gemme infatti cristallizzano a 1000 km sotto la superficie terrestre e al loro interno presentano sostanze che non possono essere ritrovate in nessun altro punto della Terra. BIOLOGIA E MEDICINA Lo scrittore americano David Quammen, esperto di scienza, virus e pandemie, natura e viaggi, racconterà una scoperta straordinaria, che ha cambiato la nostra comprensione dell’evoluzione e ha riscritto la storia della vita sul pianeta. Secondo questa scoperta i geni si sono a volte spostati lateralmente da un ramo all'altro – e da una specie all’altra – dell’albero della vita, mettendo in discussione la nostra stessa idea di "specie" e "individuo". NEUROSCIENZE Comprendere la complessità del cervello umano è da sempre una delle principali sfide della scienza. Secondo il neurobiologo Miguel Nicolelis della Duke University in North Carolina, l’interfaccia uomo-macchina non è più una mera ipotesi fantascientifica, ma la ricerca nel campo sta aprendo la strada a straordinarie applicazioni biomediche ed espandendo la nostra conoscenza sul funzionamento del nostro cervello: ad esempio oggi esiste la possibilità di mettere in comunicazione il nostro cervello con macchine artificiali come arti protesici o altri strumenti tecnologici. Sua la scoperta che ha reso possibile lo spettacolare calcio di inizio della cerimonia inaugurale dei Mondiali del 2014 in Brasile: il calcio è stato tirato da un giovane paraplegico grazie a un esoscheletro robotizzato sensibile ai comandi motori del cervello. Il biologo molecolare Rick Morimoto spiegherà le sue ultime ricerche sul rapporto tra la capacità delle cellule di reagire allo stress e l’invecchiamento, in particolare del sistema nervoso. Le sue scoperte stanno aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche per malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. STORIA DELLA SCIENZA Al festival saranno approfondite le storie dei tre grandi scienziati: Leonardo da Vinci, Galileo Galilei e Kurt G��del. Sulla vita e la morte di Leonardo da Vinci interverranno lo scrittore e divulgatore scientifico Mario Pappagallo, lo storico della medicina Paolo Mazzarello e il neuroscienziato Stefano Cappa. Lo storico della scienza Franco Giudice approfondirà invece il complesso rapporto tra Galileo e la Chiesa.Il matematico Piergiorgio Odifreddi ci accompagnerà a scoprire la straordinaria figura di Kurt Gödel (1906-1978), matematico, logico e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, noto soprattutto per i suoi lavori sull'incompletezza delle teorie matematiche e su uno dei concetti più complessi: quello di infinito. SCIENZA E SOCIETÀ Perché nel mondo scientifico ci sono così poche donne, soprattutto nelle posizioni di maggiore responsabilità e potere? Qual è il prezzo da pagare per questa ineguaglianza? E cosa si deve fare per cambiare? Si confronteranno sul tema: la biologa molecolare Simona Polo, alla guida dell'unità di ricerca Complessi molecolari e trasmissione del segnale all'IFOM di Milano, Paola Govoni, filosofa che si occupa di interazioni tra scienza e società in età moderna e contemporanea, la neuropsicologa Tiziana Metitieri e la dodicenne Ariel Spini Bauer, autrice del libro Da grande farò... 10 grandi si raccontano a una piccola sognatrice dove intervista dieci personalità di spicco tra cui Amalia Ercoli Finzi, Piero Angela, Paolo Nespoli. INTELLIGENZA ARTIFICIALE Il filosofo Guglielmo Tamburrini intraprenderà un viaggio tra scienza ed etica, alla scoperta dei rischi dell’impiego dell’intelligenza artificiale in contesti di guerra. Di A.I., sempre più utilizzata per la costruzione di macchine senza guidatore, parlerà l’imprenditore californiano Roger L. McCarthy: quali sono le preoccupazioni per la sicurezza connesse a questa nuova tecnologia portate alla ribalta da alcuni recenti incidenti? Possiamo davvero guardare con fiducia al futuro della guida autonoma? SPAZIO In occasione del cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna, il nostro satellite torna a essere oggetto di grande interesse scientifico, economico e politico. Tommaso Ghidini, Capo della Divisione di Strutture, Meccanismi e Materiali dell’ESA, racconterà di alcune missioni che porteranno uomini e donne non solo a esplorare, ma a colonizzare stabilmente la Luna e Marte con ricadute tecnologiche in grado di migliorare la nostra vita sulla Terra. Per costruire una base permanente sulla Luna dovremo imparare a sfruttare le risorse del nostro satellite. Un obiettivo ambizioso, che, come spiegherà l’esperta di meccanica del volo Michèle Lavagna, richiede lo sviluppo e l'integrazione di tecnologie molto avanzate quali la robotica intelligente e l'installazione di impianti chimici in grado di estrarre acqua, ossigeno e metalli utili attraverso la conversione di materie prime. A meno di un secolo da quando è stata ipotizzata l’esistenza del più misterioso oggetto dell’Universo e dopo molteplici evidenze indirette, nel 2019 gli scienziati sono stati in grado di ricostruire la prima “fotografia” di un buco nero. Un’impresa titanica, che ha visto la collaborazione di diversi telescopi in vari punti del pianeta e di oltre 200 ricercatori da tutto il mondo. Ne parleranno l’astrofisica Mariafelicia De Laurentis e il vice presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Antonio Masiero, in un incontro moderato dal fisico Renato Angelo Ricci. SPETTACOLI Prosegue la collaborazione del festival con Contaminazioni Contemporanee, festival internazionale di musica contemporanea, targato ECM (Editions of Contemporary Music). Per festeggiare il cinquantesimo anniversario della casa discografica quest’anno sul palco di BergamoScienza quattro concerti, alla loro prima italiana: "Sei Solo" - Sonatas and Partitas for Violin Solo by Johann Sebastian Bach del violinista austriaco Thomas Zehetmair, con cui presenterà il suo nuovo album dedicato alla musica di Bach e di alcuni compositori contemporanei in uscita a ottobre; Playing the Roo, il trombettista Avishai Cohen e il pianista Yonathan Avishai celebrano la loro ventennale amicizia condividendo il palco con un risultato emozionante; il progetto Characters On A Wall del quartetto di Louis Sclavis è un viaggio tra musica, arte e letteratura ispirato alla street art di Ernest Pignon-Ernest; Elusive Affinity di Anna Gourari, in cui la pianista russa, affiancata dalla soprano Susanne Bernhard, presenterà opere inedite di Alban Berg, Richard Strauss, Arvo Pärt, Alfred Schnittke, Johannes Brahms e altri compositori contemporanei. I DEPRODUCERS, progetto nato dall’incontro tra i musicisti e produttori discografici Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Max Casacci e Riccardo Sinigallia, faranno tappa a Bergamo con la loro nuova Opera originale DNA, in collaborazione con Airc. Con il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani negli inediti panni del frontman, lo spettacolo partirà dalle origini della vita per arrivare a spiegare la logica perversa delle mutazioni genetiche come il cancro e a capire come sconfiggerlo, grazie a brani musicali inediti, immagini suggestive e una scenografia costruita ad hoc. Inoltre, l’attore Paolo Ruffini andrà in scena con gli artisti disabili della Compagnia Mayor Von Frinzius di Livorno nello spettacolo UP&Down: un happening comico, disobbediente e commovente, che ha come filo conduttore le relazioni − quelle con le proprie emozioni, con il tempo, con la diversità. Attraverso il filtro dell’ironia si indaga il significato di abilità e disabilità, non riferito alla condizione genetica, quanto piuttosto alla felicità. SCUOLE Come ogni edizione fondamentali sono la presenza e il coinvolgimento delle scuole, degli insegnanti e dei giovani studenti, veri protagonisti del festival. Per il 2019 saranno 65 le realtà scolastiche presenti che proporranno 120 eventi capaci di mostrare a tutti il lato divertente e sorprendente della scienza e il valore della collaborazione. Gli istituti, anche quest’anno, nel primo weekend del festival animeranno il centro della Città Bassa con La Scuola in Piazza, fiera scientifica on the road giunta alla sua V edizione. Quest’anno saranno presenti anche il Progetto REACT e Bando Prisma, realtà impegnate nel contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica attraverso un modello che prevede l’integrazione tra realtà territoriali, associazioni e scuole, mettendo al centro i ragazzi, non più come passivi ricettori di informazioni, ma come veri protagonisti coinvolti nell’apprendimento grazie a laboratori e attività esperienziali. LABORATORI Da sempre il festival si caratterizza per le sue numerose attività laboratoriali. Tutti i 65 istituti scolastici presenteranno progetti interessanti, coinvolgenti, istruttivi e soprattutto semplici e intuitivi. Idee facili da replicare per gli insegnanti a scuola o in famiglia. Agli studenti di Bergamo e provincia si affiancano ragazzi provenienti da due istituti di Cremona e i laboratori di BergamoScienza varcheranno i confini provinciali coinvolgendo anche Brescia e Mantova. Si avvia inoltre quest'anno la collaborazione fra BergamoScienza e la fabbrica di imprese E-Novia, una «Enterprises Factory» che promuove, costituisce e sviluppa società innovative ad alto valore tecnologico. Al festival saranno presentati laboratori interattivi che mostreranno alcuni sviluppi robotici e tecnologici fra i più attuali e raffinati. In questa edizione significativa è l’inclusione, nell’ambito di un progetto di inserimento lavorativo, di un gruppo di giovani adulti, portatori della sindrome di Down, all’interno dello staff dei volontari insieme al Comitato Giovani grazie anche alla neonata collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down (AIPD). COLLABORAZIONI BergamoScienza ha avviato quest’anno alcune preziose collaborazioni che vanno ad arricchire il programma del festival con progetti e iniziative di grande valore. Grazie al progetto Pass - Piazza d’Arte e Scienza con le Scuole alcuni scorci di Bergamo saranno abbelliti dalle opere d’arte realizzate appositamente per il festival e inspirate alla sostenibilità ambientale, tematica di questa edizione della manifestazione, nonché grande sfida della nostra epoca. Due delle più belle piazze della città, Piazza della Libertà e Largo Rezzara, ospiteranno due opere d’arte ideate e realizzate da artisti in collaborazione con le scuole. Ciascuno ha rielaborato l’idea creando un lavoro originale che si integra armoniosamente con gli spazi della città. Gli studenti, coinvolti nell’intero processo creativo dell’opera d’arte, dall’ideazione all’allestimento, avranno l’opportunità di vivere - in linea con i valori e la filosofia di BergamoScienza – un prezioso momento di formazione e arricchimento personale e l’onore di arredare e abbellire la città con progetti originali e innovativi capaci di coniugare arte e scienza. Largo Rezzara ospiterà Cosa resta dell’infinito? realizzata dall’artista Francesco Pedrini in collaborazione con gli studenti della Scuola D’arte Applicata Andrea Fantoni: ricordare quanto possiamo essere natura, spirito e pensiero, slegati dal tempo, è l’unica via per riconnetterci con essa. 100 blocchi di salgemma sono il supporto che racchiude un parziale racconto di alcuni momenti del mondo: un atlante della natura fossilizzato con frammenti di animali e piante, che hanno lasciato la loro orma nel tempo. Come sarà l’impronta che lascerà il nostro tempo? Banda è l’opera, realizzata dall’artista Ettore Favini in collaborazione con gli studenti del Liceo Artistico Statale Giacomo e Pio Manzù, che intende ripensare l'idea di bandiera. La bandiera simboleggia un’identità, ma in una contemporaneità fatta di contraddizioni, da un lato persone in continuo movimento e dall'altro persone che cercano di affermare una territorialità spesso anacronistica, con sullo sfondo una crisi climatica incombente, è ancora così vero? Banda, attraverso un piccolo gesto compiuto collettivamente, si propone di far riflettere chi si troverà a passare da Piazza della Libertà sulle conseguenze globali dei cambiamenti climatici. Per la prima volta BergamoScienza, in collaborazione con il Gruppo Chimici di Confindustria Bergamo, ha coinvolto una giovane artista bergamasca, Clara Luiselli, che ha creato Gravità sospesa, un’installazione che sarà esposta in Piazza Vittorio Veneto nei giorni del festival. In un grosso masso legato ai cordini di un paracadute è incastonato un frutto di resina che protegge un seme. Il masso e il paracadute sono metafora della possibilità di dialogo tra naturale e artificiale, tra terra e cielo, e il seme è il cuore dell’opera, evocazione della vita in potenza, della rigenerazione costante, della necessità di custodire la delicatezza di ogni piccola forma di vita. Da sempre sensibile ai temi della salute e del benessere, BergamoScienza ha dedicato in questi anni ampio spazio al rapporto tra sport e scienza: un connubio che dura da decenni e che è divenuto oggi inscindibile. L’Associazione BergamoScienza quest’anno ha avviato una collaborazione con Atalanta BC al fine di scoprire come sempre più la scienza sia utilizzata nella preparazione atletica e nella gestione della partita, e di veicolare attraverso uno sport diffuso come il calcio uno stile di vita corretto. Sul tema della Sport-Science e della sua applicazione in campo si confronteranno, domenica 13 ottobre alle ore 17 in La scienza nel calcio: esperienze europee a confronto, Andrea Riboli di Atalanta BC, Martin Buchheit di Paris Saint-Germain FC e Jordan Reece di Arsenal FC. Il festival sarà quindi l’occasione per creare un confronto tra l’esperienza di Atalanta e quella di altre squadre di rilievo nazionale e internazionale. In collaborazione con l'Università degli Studi di Bergamo sono in corso due progetti: il CESC - Centro di Ateneo di Ricerca Economica e Sociale, nel corso della prossima edizione del festival lancerà una ricerca quanti-qualitativa online sull'impatto e le attese verso BergamoScienza; un Field Project del Master di Management per il Marketing Internazionale per formulare un modello innovativo di sviluppo del BergamoScienceCenter nell’ambito del Terzo Settore. Fondamentale quest’anno anche la collaborazione con IED – Istituto Europeo di Design: l’identità visiva dell’edizione 2019 del festival è frutto infatti di un workshop di progettazione con gli studenti di Graphic Design, le cui proposte di visual saranno esposte durante la manifestazione insieme ad alcuni progetti di tesi dello scorso anno accademico dal titolo “Broken Nature?” sul tema della frattura tra genere umano e natura e, più in generale, sul difficile confronto con i cambiamenti climatici e ambientali. Una tematica di estrema rilevanza, a cui IED sta lavorando con il progetto triennale Under Pressure. Inoltre, gli studenti IED terranno due live show di progettazione grafica che avranno come protagonisti gli scienziati partecipanti a questa edizione di BergamoScienza e alcuni dei Premi Nobel che in questi sedici anni sono stati ospiti al festival, che saranno “visualizzati” in manifesti e cartoline. BergamoScienza, da sempre presente sul territorio della provincia, sabato 12 e domenica 13 ottobre organizza un ricco weekend di conferenze, spettacoli, mostre e laboratori nei comuni di Dalmine, Clusone, Lovere, San Pellegrino e Treviglio. Tutti gli eventi sono organizzati in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo e le amministrazioni comunali coinvolte. Il programma completo è online su www.bergamoscienza.it Tutti gli eventi di BergamoScienza sono a ingresso libero, ad eccezione di laboratori e mostre e di alcune conferenze e spettacoli indicati in programma per i quali è necessaria la prenotazione (da lunedì 30 settembre sul sito del festival). Per le scuole invece la prenotazione è obbligatoria per tutti gli eventi (da giovedì 19 settembre sul sito). Link:http://www.bergamoscienza.it Read the full article
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Urca, De André è diventato santo! Potete lordare tutti, anche il Papa, ma non toccate ‘Faber’! Lista di improperi con cui cercano di martirizzarmi. Eppure, cari miei detrattori, il giornalismo esiste per sfigurare i miti
Ma tu guarda, Fabrizio De André è diventato un santo – o sono i lettori dell’ecumene Italia a essere disinvoltamente frustrati? De André, intendo, è entrato nella ‘valletta dei principi’ degli intoccabili: puoi fare, retoricamente, lo scalpo al Papa, sei scemo se non insulti Donald Trump o un politico qualsiasi, ma lui, il ‘Faber’, no, non puoi toccarlo.
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La santità di De André l’ho provata sperimentalmente sulla pelle. L’ultima puntata della rubrica settimanale che curo su Linkiesta, “Il bastone e la carota”, era dedicata a lui. La rubrica nasce risvegliando il genere della ‘stroncatura’, per sua natura polemico, petulante, grottesco, vizioso, poco praticato in Italia, dove si preferisce l’arte dell’insulto. Beh, a vent’anni dalla morte di De André m’è parso giusto rimetterne in discussione il mito. Non amo le celebrazioni con l’incenso – al contrario, amo gli eventi culturali, ragion per cui ho elogiato, su questo giornale il 19 luglio scorso, l’iniziativa curata da Massimo Roccaforte e da Interno4 Edizioni, cioè la ristampa del disco Rimini, con copertina di Eron – e non credo nei miti terreni, penso che nessuno sia intoccabile, penso, come Leopardi, che bisogna fare una costante verifica dei grandi. Insomma: bisogna mordere il titano alla giugulare.
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L’articolo, scritto da uno che ha De André conficcato nel cruscotto della macchina – in particolare: La buona novella, Fabrizio De André [L’indiano], Le nuvole, Anime salve – al netto dell’arte provocatoria (relativa al ‘genere’ giornalistico di riferimento) tocca un paio di temi che mi paiono interessanti. Primo: una canzone è musica & parole, ma a volte, anche se le parole sono pessime, la canzone può essere magnifica, e ad ogni modo De André non è un ‘poeta’, le sue restano ‘canzonette’ (con rispetto parlando) al cospetto dei versi di Mario Luzi o di René Char. A questa prima constatazione se ne lega una seconda. Non è vero che i cantautori, in assoluto, scrivano testi migliori dei cantanti pop. Per giustificare questo concetto ho fatto degli esempi. Il terzo punto sono considerazioni personali: mi pare che De André, sugli altari manco fosse un pensatore, un Heidegger o un Cioran, sia meno imperiale di Battiato e meno musicale di Battisti (i cui testi, chi non lo sa, li ha scritti quel fenomeno di Mogol). Invitavo, nel contempo, a riscoprire Giuni Russo e a leggere, per chi ama le atmosfere liguri, Francesco Biamonti, uno scrittore straordinario. Eppure, dicevo, De André è un santo. Ragion per cui, le orde dei social mi hanno mandato al rogo.
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Ecco una fiera lista di alcuni commenti che ho letto sul mio spazio Facebook e in tour per il web, che introduco con una dida esplicativa:
Il disgustato: Sei riuscito a disgustarmi come pochi. Non tanto per l’analisi scadente e ciononostante pretenziosa, è proprio questo egocentrismo delirante e trasudato da “Ce l’ho lungo” a farmi schifo. Buon proseguimento nel pantheon del giornalismo su “Il giornale”. [ps: ma cosa c’entra il Giornale, su cui per altro son fiero di scrivere – ci scrivevano Piovene, Burgess, Borges – in questo caso? Boh]
Il taglia corto: Libero di dire tutte le cazzate che credi, ci mancherebbe.
Il politicante: Tra le cose più stupide viste/lette nel 2019 fa a gara col video di Bonafede su Battisti.
L’untore: Il problema è che sta roba acquisisce tanta più risonanza quante più stronzate contiene.. è questa la cosa preoccupante. [Il medesimo specifica, poco dopo: Finalmente! Sentivamo la mancanza di un altro rutto editoriale dopo quelli di Feltri e Belpietro]
L’Andy Warhol: A brullo ti serve scrive ste cazzate per avere cinque minuti di notorietà?
Il saputo: Che spocchioso babbeo! [Il medesimo specifica il concetto poco dopo: Ti dovresti sciacquare la bocca, somaro!]
Il sessomane: Se preferisci la merda tipo anal del rey cazzi tuoi, non sai nemmeno di cosa parlano le suoi canzoni.
Sull’ignorare: Sig. Davide Brullo, prima di questo articolo non sapevo nemmeno chi fosse e continuerò, con piacere, a “non saperlo”. Dopo aver perso due minuti per leggere il Suo articolo tornerò ad ignoraLa per come merita.
Ah, la celebrità: Mezzucci per far parlare di sé. Poteva risparmiarselo.
Il critico: Che articolo inutile, scritto pure male per giunta.
Il riccio: Ma vai a schiacciare i ricci col culo, magari ti viene meglio che scrivere questi articoli di merda.
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Non faccio la lista di insulti, velate minacce, ceffoni su Instagram. Tutto previsto quando si fa questa professione. Il punto superficiale è questo. Tendenzialmente, leggo diverse cose che non mi piacciono, ogni giorno. Per coerenza con quel poco di cervello che mi resta, se la cosa che non mi piace mi stimola un pensiero eguale e contrario, rispondo. Altrimenti passo oltre. Non sono arso dal livore dell’offesa, sparata con fatale idiozia. Tuttavia, mi pare di avere svolto un compito terapeutico. Chi è roso da rabbie sommerse si sentirà felice di dedicarmi tutti gli improperi del caso. Per altro, meglio, per una manciata di ore, parlare di De André che, ancora e ancora, di Salvini, di reddito di cittadinanza, di Di Maio. Se è così, recito con piacere il ruolo di San Sebastiano – le masse, d’altronde, godono nel veder ghigliottinare pubblicamente il nemico pubblico.
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Certo, continua a stupirmi un fatto. Perché sputare in faccia a chi mette in discussione un intoccabile e neanche uno che abbia voglia di ragionare, letture alla mano? Perché nessuno ha avuto voglia di parlare di Biamonti? Perché la stessa passione e la stessa ferocia non vengono spese commentando un articolo su Iosif Brodskij, su Boris Pasternak, su Gabriele Del Grande, sul libro che ricostruisce le fonti filosofiche che giustificano i genocidi? Eppure, lì ci vorrebbe passione, sentimento, ferocia, perché si parla di cose grandi, di cose urgenti, che chiedono una presa d’atto e di campo. Quelle di De André, infatti, restano canzonette (con rispetto parlando, come sempre). E forse lui, De André, più che fan, accoliti o fedeli desidererebbe avere accaniti critici, sono più utili.
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C’è poi qualcosa di ultimo e di profondo. Il giornalismo esiste per sfatare i falsi miti e per mettere in discussioni i miti vigenti. Chi lecca il culo ai vivi e sparge incenso sui morti non mi piace. Mettere in discussione i miti – anche quelli buoni, sia chiaro, costantemente – è un monito, ma è un esercizio che è in grado di fare solo chi ha il coraggio, anzi tutto, di mettere in discussione se stesso e il ring del proprio pregiudizio.
Davide Brullo
L'articolo Urca, De André è diventato santo! Potete lordare tutti, anche il Papa, ma non toccate ‘Faber’! Lista di improperi con cui cercano di martirizzarmi. Eppure, cari miei detrattori, il giornalismo esiste per sfigurare i miti proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2CJmQp8
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Biagio Proietti, sceneggiatore, autore, regista, negli ultimi anni ha pubblicato romanzi gialli ma principalmente il suo nome è comparso in molti lavori in televisione o al cinema.
Per il cinema horror ha firmato alcune sceneggiature, come Black Cat (Il gatto nero) del 1981, diretto da Lucio Fulci, film basato su un soggetto che lo stesso Proietti ha tratto da un racconto di Edgar Allan Poe, con protagonisti Patrick Magee e Mimsy Farmer.
In televisione il suo primo successo è stato Coralba, una miniserie in cinque puntate di cui ha firmato il soggetto e la sceneggiatura, con la regia di Daniele D’Anza e protagonisti Rossano Brazzi, Valerie Lagrange, Mita Medici e Glauco Mauri.
Un’altra miniserie di 6 episodi fu Un certo Harry Brent, da un soggetto di Francis Durbridge, interpretato da Alberto Lupo, Stefanella Giovannini, Carlo Hintermann, Ferruccio De Ceresa, Claudia Giannotti.
Il 23 febbraio 1974 la Rai trasmise in quattro puntate Ho incontrato un’ombra, diretto da Daniele D’Anza e scritto da Biagio Proietti, con Giancarlo Zanetti, Laura Belli, Beba Loncar. Ma il suo sceneggiato di maggior successo fu senza dubbio Dov’è Anna?, un giallo di sette puntate diretto da Piero Schivazappa, creato e scritto (soggetto e sceneggiatura) dallo stesso Proietti e da Diana Crispo, interpretato da Mariano Rigillo, Scilla Gabel, Pier Paolo Capponi, Teresa Ricci, fu il primo sceneggiato italiano di gran successo, visto nel 1976 da qualcosa come 24,6 milioni di telespettatori, con il record di 28 milioni per l’ultima puntata.
Sempre di Proietti è la sceneggiatura di Philo Vance, miniserie di tre romanzi per 6 puntate protagonista Giorgio Albertazzi, regia di Marco Leto.
Come autore e regista ha firmato Storia senza parole, premiato dai giornalisti televisivi come miglior film Tv nel 1981 e presentato in molti festival cinematografici, e Sound un film tv in 2 puntate con Peter Fonda.
Ha scritto molto romanzi, fra i quali citiamo Dov’è Anna? (tradotto in albanese), Una vita sprecata, Io sono la prova, Chiunque io sia e La prima domenica di giugno.
Signor Proietti, come si definirebbe?
Cito le parole di un grandissimo come John Ford che dichiarava di essere un artigiano con gli stivali, io non ho mai portato gli stivali ma sono orgoglioso di essere un artigiano che ha costruito con passione i suoi lavori. Credo che il problema della società italiana sia stato quello di sminuire e persino distruggere la grande categoria degli artigiani, nel campo dello spettacolo troppe persone dopo un film o un libro o una fiction si considerano grandi autori e alla seconda opera spariscono. Io nel 2018 sto festeggiando 60 anni di carriera avendo cominciato a lavorare quando avevo 18 anni.
Quando ha iniziato a interessarsi al mondo della sceneggiatura nell’ambito televisivo e cinematografico?
Ho detto in molte interviste che da ragazzo, negli anni cinquanta, la scoperta del mondo della cultura è stata attraverso la radio che allora aveva una posizione superiore a quella che poi ebbe la televisione dagli anni sessanta in poi. Altra passione il cinema – merito dei miei genitori che lo amavano e ricordo mi portarono a vedere Roma città aperta quando uscì nelle sale. Avevo cinque-sei anni- e il teatro, allora era davvero troppo caro per le nostre tasche. Cominciai ad andare molto spesso a teatro quando divenni maggiorenne, a diciotto anni, e così potei far parte della claque, un’organizzazione che smistava in tutti i teatri gruppi di persone, di varia età, per far scattare l’applauso in certi momenti precisi, così scoprii Peppino de Filippo che aveva un suo teatro adesso purtroppo chiuso, Il teatro delle arti, e un grande come Dario Fo. Con i miei esigui risparmi, andavo a vedere Eduardo e il Piccolo di Milano, troppa concorrenza per ottenere di andare gratis con la claque. Queste passioni si svilupparono all’inizio in una forma maniacale di archivista: cominciai a riempire quaderni, alcuni li conservo ancora – dove compilavo filmografie, elenchi di autori e direttori di musica e di teatro. Infine cominciai a scrivere le inevitabili poesie (ho smesso a venti anni) e racconti ma subito compresi che la vera passione era il cinema, la televisione che a quei tempi ancora non si conosceva. Il primo televisore mio lo si acquistò nel 1956, se non ricordo male, e la nostra casa si riempiva di gente che veniva a vedere Lascia o raddoppia?
Le prime cose che feci concretamente nel mondo dello spettacolo furono legate alla mia passione per il cinema, diventata per fortuna una notevole competenza critica e storica, nonostante la giovane età, per cui quando m’iscrissi all’Università di Roma, dove mi sono laureato in giurisprudenza, anche se non ho mai esercitato, cominciai a occuparmi del CUC (Centro Universitario Cinematografico), uno degli storici cineclub romani, per il quale feci programmi e scrissi schede, che ancora conservo. Poi mi occupai del FILMCLUB, uno storico cineclub che al cinema Planetario faceva proiezioni di capolavori rari e che per questo attirava non solo il pubblico degli appassionati ma anche degli autori di cinema. Così ne conobbi molti, da Luigi Di Gianni, grande documentarista, a Francesco Maselli, del quale divenni assistente alla regia e poi aiuto e poi anche autore di soggetti e di sceneggiatura. Fino a volare con le mie ali.
Come ha conosciuto Daniele D’Anza?
Facendo l’aiuto di Maselli per due film (Gli indifferenti e Fai in fretta a uccidermi…ho freddo con Monica Vitti, di cui scrissi il soggetto e la sceneggiatura), conobbi Oscar Brazzi fratello di Rossano e organizzatore generale della Vides di Franco Cristaldi, per il quale scrissi la sceneggiatura di un film, Salvare la faccia diretto da Rossano con il nome di Edward Ross. In tv era stato un grande successo Melissa tratto da Durbridge e la Rai chiedeva a Brazzi e D’Anza di fare un nuovo sceneggiato, allora cominciavano a nascere i primi telefilm prodotti con tecnica cinematografica per la Rai ma fuori dai suoi studi, così i Brazzi mi chiesero di scrivere un soggetto da proporre: io scrissi una storia lunga Per amore di Carol che la Rai acquistò come romanzo inedito (l’ho pubblicato ampliato e rivisto come E-book per la Delos da due anni ed è ancora in vendita, per chi volesse leggerlo) e così conobbi Daniele D’Anza con il quale scrissi la sceneggiatura. Lui era uno dei re della televisione, io un ragazzo di 27 anni pieno di speranze e di fame, sia di lavoro sia di successo. Da quel momento diventammo amici e scrivemmo insieme tanti successi, fino al triste anno della sua morte, il 1984. Sono lieto di aver scritto con un grande giornalista, ottimo scrittore e adesso nella rara categoria dei miei amici-fratelli, Mario Gerosa, un libro Daniele D’Anza- Un rivoluzionario della Tv dove abbiamo sottolineato la grande importanza di un regista e sceneggiatore eccezionale, a volte dimenticato, come accade spesso purtroppo. Coralba fu un grosso successo in Germania, Francia, Svezia (a colori) e anche in Italia dove usci i primi di gennaio del 1970, in bianco e nero. Da qui cominciò la mia carriera televisiva: il potente direttore degli sceneggiati di Rai Uno Giovanni Salvi mi chiamò per scrivere la versione italiana di Un certo Harry Brent tratto da Francis Durbridge, per il quale lui voleva coinvolgere in un giallo il divo televisivo per eccellenza, Alberto Lupo, ma all’attore non piaceva il personaggio proposto, così Salvi mi chiese di lavorare sul testo, di avere un’idea tale da convincere l’attore, io ci riuscii, facendo di Harry Brent, che nell’originale inglese era solo un nome nel titolo, si parlava molto di lui ma non si vedeva mai, il vero protagonista della storia con un finale tragico che giustamente fece scalpore. Alberto disse di sì, così nacque un grandissimo successo ripetuto l’anno dopo con Come un uragano e soprattutto una grande amicizia. Alberto era un grande attore non solo un divo e un uomo eccezionale che seppe anche superare i traumi violenti e dolorosi di una malattia terribile.
E’ stato difficile adattare i romanzi di Francis Durbridge?
Quelli di Durbridge non erano romanzi ma serie televisive che lui scriveva per la BBC con puntate di 20/25 minuti, una misura che in Italia non esisteva, perché la prima serata richiedeva opere che durassero almeno un’ora, così fu per La sciarpa e Paura per Janet raggiungendo il massimo del successo con Melissa ripetuto da Giocando a golf, una mattina gli ultimi tre riscritti da Daniele D’Anza che ne fece anche la regia. Io fui chiamato per Un certo Harry Brent poi ho ripetuto il successo con Come un uragano fino al mitico Lungo il fiume e sull’acqua, dove cambiamo il titolo, The other man, e persino il colpevole, oltre che molte altre cose della trama. Tre enormi successi che mi permisero di affermarmi come un autore gradito dal pubblico, con la possibilità di portare avanti un discorso personale di giallo ambientato in Italia, con tutte le sfumature possibili passando dalla love story di Ho incontrato un’ombra alla serie realistica Dov’è Anna al fantastico La mia vita con Daniela. Il lavoro che io e gli altri autori italiani, che hanno lavorato su Durbridge, facevamo consisteva in un vero e proprio lavoro di sceneggiatura, considerando le serie inglesi come soggetti che andavano non solo allungati ma ampliati nella trama, arricchiti con personaggi nuovi, con soluzioni diverse dagli originali anche nel meccanismo giallo, basti pensare che in Lungo il fiume ho persino cambiato il carattere del protagonista e il colpevole. Al punto che dopo non volli più farne altri, perché per me un ciclo si era concluso. Devo riconoscere che il pregio di Durbridge è quello di costruire una macchina gialla molto efficace e di agganciare il pubblico con belle sorprese, alla profondità dei personaggi ci abbiamo sempre pensato noi, approfittando anche di avere a disposizione ottimi attori, poiché si trattava di grosse produzioni destinate ad avere indici di ascolto molto alti, per quel che mi riguarda tutti oltre i venti milioni di pubblico
Nella Rai di quegli anni si respirava un clima molto più propenso alla sperimentazione nel contesto delle miniserie televisive…
Io preferisco usare il vecchio termine di sceneggiato che all’inizio stava a significare opere tratte da romanzi, poi comprendeva anche gli originali, cioè le opere scritte appositamente per la televisione come molte delle mie. La prima cosa che va sottolineata è l’alta qualità media di tutti i lavori, dovuta alla buona se non ottima scrittura, a regie a volte lente, anche per colpa della vecchia tecnologia e del montaggio su nastro a 2 pollici, ma in ogni caso molto efficaci e in grado di stringere un forte contatto con il pubblico, per finire con uno standard di recitazione di ottimo livello, dovuto alla partecipazione di attori che lavoravano soprattutto per il teatro, come si vedeva e si sentiva. E poi c’era il coraggio di sperimentare generi e stili non solo in settori sperimentali ma anche nei lavori destinati, in prima serata, al grosso pubblico. Se pensiamo al genere giallo è stata proprio la televisione a lanciare il giallo italiano, contribuendo all’apertura, anche in campo letterario, fino ad allora dominato dalla letteratura anglosassone, a romanzi non solo scritti da autori italiani ma ambientati nel nostro paese. Lo dice uno che è considerato un maestro del giallo televisivo ma anche di quello letterario. E non me lo sto dicendo da solo, ovviamente, ormai me lo ripetono in tutte le salse, anche con premi alla carriera e targhe quasi commemorative, e sono felice di averlo potuto fare godendo di una libertà che aveva regole e limiti forti sul piano politico e censorio, ma aveva il coraggio di provare sempre nuove strade perché, anche se non c’era concorrenza sfrenata, tutti aspiravano ad avere il massimo ascolto del pubblico, che spesso coincideva anche con l’indice di gradimento.
So che ha anche lavorato nel medium della radio, c’è una differenza profonda tra scrivere per la radio e la televisione?
Chi fa questo mio mestiere, se è un artigiano onesto, ha uno scopo, qualunque sia il mezzo che sta usando in quel momento: raccontare una storia e tenere il pubblico inchiodato davanti a schermo cinema o televisione oppure a una radio. Una delle cose più gravi che ha fatto la Rai è stato di eliminare dai suoi palinsesti tutto quello che, in mezzo secolo, è stato uno dei punti di forza: la prosa radiofonica sia che se intenda quella scritta appositamente o adattando romanzi famosi oppure mandando in onda classici di teatro. Per ragioni di concorrenza e della disgraziata teoria che il pubblico non ha tempo per seguire un programma di prosa ha ridotto la radio a uno juke box di musica e di notizie, con tante parole inutili in libertà. Le rispondo più direttamente con un esempio: con Diana Crispo mia partner abituale abbiamo scritto Tua per sempre Claudia un originale radiofonico in molte puntate, che è stato tradotto in francese e trasmesso in Belgio, dove ebbe un tale successo che ci chiesero di fare una versione televisiva: noi curammo il testo, che rimase molto simile a quello radiofonico, con un solo spostamento fondamentale: l’ambientazione a Bruxelles invece che a Roma. Qualche anno dopo anche la Rai decide di farne uno sceneggiato televisivo. cambiando il titolo in Doppia indagine e l’ambientazione per motivi produttivi fu spostata a Genova, città meno sfruttata dal punto visivo. Ebbene in questi passaggi fra radio e tv ci sono stati adattamenti ma la sostanza della storia e soprattutto i dialoghi sono rimasti quasi gli stessi perché erano la parte migliore di quel lavoro. In fondo chi scrive non è altro che la vecchia nonna che, una volta seduta vicino al camino, raccontava storie che sembravano favole ma invece era un modo per insegnarti a vivere. Anche facendoti paura.
Da dove ha tratto l’idea per Dov’è Anna?
Nella letteratura crime o gialla, come la definiamo noi italiani, schematizzando ci sono due scuole: quella inglese, con la caposcuola Agata Christie, dove il meccanismo giallo predomina rispetto all’introspezione della realtà e della società; quella americana, l’hard boiled, dove il realismo della scrittura serve a far emergere le violenze e le incongruenze di un mondo difficile, spesso dominato dalla criminalità. Due modi di guardare il mondo, diversi di sicuro, forse opposti, io ho sempre preferito la letteratura americana e i miei maestri sono sempre stati Raymond Chandler (del quale feci, come autore e come regista, un adattamento radiofonico in otto puntate per otto ore di programma de Il lungo addio con un cast eccezionale, da Arnoldo Foà a Ileana Ghione) e Dashell Hammett al quale ho dedicato un testo teatrale, incentrato sui mesi di carcere che lui fece per colpa della caccia alle streghe del Maccartismo. Tutto questo per dire che quando, dopo i successi ottenuti con storie più tradizionali, ho finalmente avuto la possibilità di imporre una mia scelta, proposi alla struttura di Rai Uno con la quale lavoravo, l’idea di fare un originale televisivo in molte puntate basato su un tema giallo – la scomparsa di una donna e la ricerca che fa di lei suo marito – ma teso a sviluppare temi scabrosi e drammatici della realtà italiana, di solito affrontati in trasmissioni culturali o giornalistiche da seconda serata, qui invece elevati a storie da prima serata, destinata ad avere un grosso pubblico, anche se non ci aspettavamo la risposta che fu eccezionale: una media per le sette puntate di quasi 25 milioni di spettatori con il record di 28 milioni per l’ultima puntata quella dove si svelava che cosa era successo ad Anna, tale da meritare addirittura le prime pagine sui giornali.
Io che ho inventato la serie e scritto le sceneggiature di tutte le puntate con Diana Crispo, mia partner abituale, (non solo nel lavoro ma è anche mia moglie) mi sono spiegato il successo per le stesse ragioni che ci avevano spinto a scrivere questa storia: il pubblico i riconosceva nei personaggi, nelle situazioni drammatiche che non erano avulse dalla realtà, ma riguardavano la vita di tutti noi (la difficoltà di adottare bambini, la situazione dei manicomi in Italia, le difficoltà della vita quotidiana di una coppia, che all’improvviso venivano portati alla ribalta da una storia che, nello stesso tempo, aveva i ritmi e gli stilemi di un racconto giallo. Mi dispiace che c’era un’ottava puntata che non fu mai realizzata, con la motivazione dell’eccessivo costo, ma la verità era che per l’epoca era troppo audace, perché parlava di prostituzione. Quando sempre nel 1976, abbiamo pubblicato il romanzo tratto dalle sceneggiature per un’importante casa editrice come la Rizzoli, la puntata mai andata in scena fu invece il corpo centrale del romanzo che aveva l’inizio e la fine identici alla versione televisiva, ma aveva un sapore più realistico e malinconico. Un bel romanzo a mio avviso.
Recentemente ha adattato alcune delle sue sceneggiature, come La mia vita con Daniela e Dov’è Anna, in una serie di romanzi, il passaggio da un medium all’altro è stato complesso da elaborare?
Non per correggerla ma il romanzo Dov’è Anna è uscito nel 1976 pochi mesi dopo la fine del teleromanzo e fu un buon successo, anche se i lettori conoscevano già l’esito della storia. Un paio di anni fa un editore giovane, la 21 edizioni 0 ci chiese di ristamparlo, noi ci rimettemmo mano lavorando soprattutto sullo stile di scrittura rendendo ancora più secco e realistico, lasciando intatta la storia e soprattutto l’epoca di ambientazione. Dagli anni settanta a oggi la tecnica ha creato innovazioni, basti pensare al cellulare, che modificano molto la nostra vita quotidiana e cambiano il modo di ricercare una persona scomparsa, quindi la storia di Anna andava lasciata in quell’epoca e in quella società italiana di allora. Il lavoro è andato bene e ha creato anche una versione albanese Ku este Ana? pubblicato l’altro anno, spero con successo.
Sempre nel 1976 anno ottimo per me e Diana, pochi mesi dopo Dov’è Anna? in televisione creò successo e scalpore La mia vita con Daniela, una storia misteriosa basata su l’altra faccia della realtà quella che non si vede e spesso proprio per questo non si capisce. Il tema ci sembrava talmente affascinante che decidemmo di farne un romanzo cambiando il titolo nel più esplicito Chiunque io sia dove una donna s’interroga sulla sua vera identità e sulla possibilità che cose che riteniamo assurde e impossibili possono succedere anche a noi, cosiddette persone normali. Il ritratto di una donna che ci affascina e ci coinvolge sia se ci appare sugli schermi televisivi sia sulle pagine di un libro. Continuo a ripetere che le storie, quando sono valide, non sono influenzate dal mezzo di comunicazione, importante è conoscere le differenze dei vari linguaggi e sapere agganciare il pubblico, coinvolgendolo. Non è una regola generale ma se uno sa scrivere per il cinema e per la televisione o per la radio sa anche scrivere romanzi, basta dedicare più tempo allo stile di scrittura, ma se questo è condizionato dalla tua capacità di raccontare per immagini non è un difetto ma anzi un pregio. Mi piace quando il lettore mi dice che, mentre leggeva, vedeva la scena. Io ne sono felice, non amo la letteratura che si arrotola su se stessa e ha un respiro corto. Personalmente ho sempre trovato divertente e affascinante raccontare una storia, con linguaggi differenti, mi sembra una sfida che vale la pena affrontare e vincere. A volte mi sembra di esserci riuscito.
Crede che la Rai, con il passar del tempo, si sia standardizzata troppo, producendo serie su temi ormai usurati, come la famiglia e il giallo di stampo classico?
Il difetto sta nella serialità che produce per antonomasia ripetizione e nella fedeltà tardiva a m modello americano di serie a episodi che in Usa hanno in parte abbandonato, per seguire il modello europeo italiano e francese. Cioè il romanzo sceneggiato in poche puntate, la cosiddetta miniserie, facilmente ripetibile se ha successo, con seguiti sempre strutturati però in forma di romanzo. La differenza sta nello spessore che si dà alla trama e ai personaggi: nelle serie a episodi da un lato ci sono i protagonisti che hanno storie personali e caratteri ben definiti ma vengono investiti da vicende sempre diverse che hanno respiro corto anche per la necessità di risolversi in pochi minuti per lasciare il passo a altre storie. La struttura del romanzo televisivo è la stessa di ogni romanzo letterario e varia a seconda del genere ma permette di offrire un panorama vasto e differenziato; in Italia dove siamo stati i re di questo genere abbiamo finalmente ricominciato a fare qualcuno ma ci vuole tempo perché le cose migliorino: gli autori di oggi si devono adeguare a regole diverse, gli attori della fiction attuali sono molto carenti e la dimostrazione è data dagli esempi al contrario: quando ci sono attori del calibro di Zingaretti, di Marco Gialini e testi nati da romanzi il successo non manca. Io sono ottimista, la ripresa ci sarà anche se si continua nell’errore di non sfruttare i cosiddetti maestri, ultimi superstiti. Il mio è un conflitto d’interessi, spero di potermelo permettere.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Scrivere tante altre storie soprattutto per la letteratura perché per la televisione sono considerato vecchio, ma la cosa non mi fa arrabbiare molto perché quelli che la dirigono ai vari livelli sanno poco di televisione ed è più interessata a inseguire il pubblico, il segreto dei dirigenti degli anni sessanta era che loro il pubblico lo creavano, con il lancio di proposte molto varie fra loro. Si viveva in regime di monopolio ma la concorrenza non è sempre sinonimo di benessere e di felicità.
Io adesso mi occupo soprattutto di diritto d’autore, sono stato nel consiglio di gestione della Siae per quattro anni, adesso vedremo se con le prossime elezioni qualcosa cambierà, la cosa pericolosa è che stanno cercando di inserire la concorrenza anche nel campo della tutela del diritto d’autore e questo è un male non un bene, perché alla fine lede i sacrosanti diritti degli autori. Il nostro diritto non è una merce ma è un valore sacro: la libertà di creare.
Io continuo a scrivere libri per il gusto di farlo, mi godo che fra qualche mese uscirà un volume dedicato alla mia opera, scritto da persone che stimo e che considero amici, mi batto per i diritti degli autori, anche a livello internazionale il che mi permette anche di fare bellissimi viaggi e di conoscere nuovi amici, infine cerco di vivere al meglio. Mi rende felice lo stupore che leggo negli occhi della gente, quando, dopo avermi visto in azione, scoprono la mia età.
In realtà sono molto vicino ai sessant’anni di carriera e ho cominciato che ne avevo diciotto. Fate i conti …
I grandi sceneggiati Rai: domande a Biagio Proietti Biagio Proietti, sceneggiatore, autore, regista, negli ultimi anni ha pubblicato romanzi gialli ma principalmente il suo nome è comparso in molti lavori in televisione o al cinema.
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The Death of Mario Ricci (1983)
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