#la montagna non è gardaland
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A sostenere che “la montagna non è una Gardaland” è Giuseppe Dal Ben, direttore generale dell’Usl 1 Dolomiti, che in sette mesi ha aiutato 651 persone. #montagnanongardaland #suem #elicotterifalco #rambo #dolomiti #cronaca #inevidenza #primopiano #soccorsoalpino #montagnasottovalutata #fabriziosbardella
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Viaggio alle radici del folkhorror italiano in occasione dell’uscita di A Classic Horror Story
L’estate è, tradizionalmente, un periodo fatto di sole, bagni al mare (o escursioni in montagna), giochi all’aria aperta. Ma è anche una stagione particolarmente fertile per tutto ciò che ha a che fare con l’orrore, declinato in mille modi e maniere differenti, accomunati, chiaramente, dalla sensazione di una paura più opprimente della proverbiale canicola estiva.
Ed è proprio in piena estate che, su Netflix, arriva A Classic Horror Story, il “film di paura” di Roberto De Feo e Paolo Strippoli. Se avete visto il full trailer approdato online qualche settimana fa, avrete probabilmente notato che vengono citate in maniera diretta, esplicita, tre figure folkloriche collegate alla nascita della ‘ndrangheta e della malavita più in generale: Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Figure magari conosciute da chi ha una certa dimestichezza con certi luoghi, con certe “fole esoteriche di campagna”, per citare Pupi Avati, ma ignorate dai più. Quegli stessi “più” che, invece, potrebbero conoscere altre storie crepuscolari, notturne che non hanno nulla a che vedere con Osso, Mastrosso e Carcagnosso, e che, proprio come la storia dei fondatori delle società criminali italiane, hanno radici profonde, che scavano in un terreno, quello dello stivale, il cui humus è formato dalla putrescente decomposizione di popolazioni le cui tradizioni, dall’epoca pre-romana in poi, sono più o meno trasversalmente arrivate anche ai giorni nostri.
Nonostante l’Impero romano e la sua caduta. Nonostante il Vaticano. Nonostante il realismo marxista.
Ne abbiamo discusso a lungo insieme a Fabio Camiletti, marchigiano come il sottoscritto, professore associato di letteratura italiana presso l’Università di Warwick in Inghilterra. Camilletti, che ha già all’attivo svariate pubblicazioni sull’argomento, è da poco tornato nelle librerie – virtuali e non – con “Almanacco dell’orrore popolare. Folk Horror e immaginario italiano”, realizzato insieme a Fabrizio Foni. La prima parte di questa articolata chiacchierata è tutta dedicata al concetto stesso di folkhorror e al rapporto che, nello stivale, c’è con esso. Un qualcosa che sembra essere costantemente, ciclicamente rimosso e riscoperto in Italia, dove la relazione con questo vissuto che – volenti o nolenti – fa parte del nostro DNA, ha avuto una storia differente da quella riscontrabile nei paesi di lingua inglese, Inghilterra in primis. La seconda parte sarà invece un vero e proprio viaggio, da Nord a Sud, in quattro storie di folklore horror che potrebbero essere perfette per un film. Così come quella di Osso, Mastrosso e Carcagnosso si è rivelata particolarmente adatta per A Classic Horror Story per ragioni che non staremo qua a spoilerarvi.
Come nasce il tuo interesse verso il folklore italiano a tinte horror? Quali sono le ispirazioni del tuo nuovo Almanacco?
Nel libro si parla esplicitamente del folk horror che, da qualche anno, è un’etichetta ricorrente con una certa frequenza, perlomeno da una decina d’anni da quando Mark Gatiss l’ha usato come termine. Anche se, in realtà, esisteva già e veniva usato negli anni ’80 e negli anni ’70 per indicare una corrente di produzione cinematografica come ad esempio The Wicker Man di Robin Hardy e tutto ciò che aveva a che fare con una produzione di storie esterne al contesto delle città. Da lì è nata la voglia di indagare questo fenomeno in Italia dove comunque esistevano definizioni come quella di gotico pagano impiegata da Pupi Avati o gotico rurale impiegata da Eraldo Bandini. Da qui, insieme all’altro curatore del libro, Fabrizio Foni, abbiamo deciso di optare per una forma, quella dell’Almanacco, che richiamasse anche quella classica degli Almanacchi Bonelli di primi anni novanta, fine anni ottanta, quella forma miscellanea molto libera nell’inserimento dei temi e degli autori. Dall’altro c’era la volontà di giocare con quell’ambiguità che il termine popolare consente in italiano al contrario di quello che avviene in inglese, dove i concetti di “pop” e “folk” sono distinti in maniera netta. In Inghilterra viene naturale accostare la parola “pop” a un contesto urbano – l’etimologia stessa è latina no? “populus” – una cultura calata dall’alto per un pubblico urbano, di cittadini, mentre invece “folk” è un termine d’origine germanica che richiama da subito gli spazi extra-urbani dove l’influenza di Roma – o della Chiesa – non arriva e permangono forme estranee alla città. In Italia è tutto un po’ diverso: basti pensare al rapporto fra città e contado, siamo entrambi marchigiani, pensa al modello della Mezzadria che ha stimolato una osmosi fra il dentro e il fuori. In italiano il rapporto fra il concetto di “pop” e di “folk” è più sfumato e abbiamo deciso di sfruttarlo come una ricchezza. Per quanto riguarda l’interesse personale c’è, chiaramente, quello accademico, però si tratta di un qualcosa che è arrivato dopo, negli anni dell’Università, ma era un territorio, quello del folklore horror, che avevo già iniziato a percorrere perché ho avuto la fortuna di appartenere a quella generazione che ha visto l’ultima fiammata dei fumetti italiani horror splatter, la generazione della Dylan Dog Horror Fest, forse l’ultima generazione che ha conosciuto un certo tipo di libertà creativa di un mondo editoriale che poi è un po’ esploso su sé stesso.
Anche io, nonostante una conoscenza di massima di quelle che potevano essere o non essere le storie del folklore marchigiano, ricordo di aver scoperto molta aneddotica collegata all’orrore popolare italiano grazie gli Almanacchi Bonelli. La prima volta che ho letto del Parco dei Mostri di Bomarzo, la prima volta che ho appreso della sua esistenza è stato proprio tramite un Almanacco di Dylan Dog in anni in cui nessuno lo conosceva e le statue stesse neanche erano posizionate come nel percorso attuale. Adesso se “sbagli il giorno” in cui andare a Bomarzo trovi più fila che a Gardaland. Comunque, rispetto ad esempio al mondo anglosassone – andando in luoghi del Regno Unito puoi quasi toccare con mano l’intima connessione fra la dimensione fantastica del folklore e la geografia stessa dei posti che visiti – quali sono le peculiarità del nostro folk?
Chiaramente in Gran Bretagna c’è stata una vera e propria industria culturale da questo punto di vista. Fin dal dal XIX secolo c’è stata una notevole insistenza su certi temi che sono stati sdoganati anche a livello culturale. C’è stata una riflessione a 360° da parte dei folkloristi, degli scrittori “del mondo della cultura” che ha lasciato tracce molto forti nell’iconografia. Inizialmente, se pensi anche al romanzo gotico non esisteva neanche un’equazione che accostava necessariamente le isole britanniche a quel genere di storie, tanto che, se ci rifletti, Ann Radcliffe e Horace Walpole hanno ambientato le loro opere in Italia o, in generale, nell’Europa del Sud. È stata un’operazione culturale sul lungo termine che ha poi creato questa identità fra certi temi e certi luoghi d’Inghilterra. In Italia è stato tutto un po’ diverso: gli stessi studi di folklore e sul folklore nel corso del XIX secolo, anche sulla base di quelli inglesi, hanno preso una piega molto più storicistica. Non dobbiamo dimenticare il problema dell’unità nazionale e quelle che sono delle componenti ideologiche diverse: autonomismo versus centralismo, il filofrancesismo che tendeva a sopprimere le identità locali in funzione del razionalismo costruito sostanzialmente da zero. Ci sono spesso stati dei problemi di carattere politico e, indirettamente, anche culturale che hanno fatto sì che questi lavori producessero degli influssi più che altro sotterranei e meno visibile rispetto ad altri contesti. L’effetto di ciò – che mi hai confermato anche tu citando Bomarzo – è che si è creata questa narrazione per cui comunque esiste questa che io chiamo “Italia lunare”, seguendo un’intuizione di Ornella Volta enunciata in un articolo del 1971, che è come una specie di mondo “diverso” che soggiace all’Italia ai suoi miti più visibili, quell’Italia che scopriamo sbagliando l’uscita del casello autostradale trovandoci in un angolo impensato, quell’Italia che scopriamo da guide un tempo meno diffuse di oggi e decisamente più eretiche, quell’Italia che scopriamo svoltando un angolo senza saperlo. L’Italia di Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci in cui la morte della Maciara di Florinda Bolkan avviene a pochi metri dall’autostrada attraversata dalle macchine dei vacanzieri, che vanno al Sud da cartolina propagandato dai media dell’Italia del boom economico ignorando che, a pochi metri, esiste un’altra realtà, periferica e lunare, che mette in crisi proprio quel modello.
È una mia impressione o c’era davvero un maggiore distacco quasi razionale da queste tematiche in Italia rispetto alla già citata Inghilterra?
Attenzione però. Non a caso di ho parlato di narrazione, una narrazione diversa. Una narrazione qualitativa, più che quantitativa. Sono sempre molto diffidente verso chi dice che in Italia di queste cose non si parla e non vengono considerate dall’establishment culturale però poi, andando a scavare, troviamo che già gli scapigliati parlavano di certi temi e che esistevano alcune tradizioni ben precise. Ecco, io ritengo che il problema risieda nell’avversativa: è solo un modo diverso di raccontarle, ma in realtà è sempre presente, solo che noi è come se avessimo la necessità ricorrente di dirci che la stiamo riscoprendo. Ed è una cosa che avviene ciclicamente. Pensa ai reportage alla ricerca dell’Italia Misteriosa che – anno dopo anno – continuano a comparire. Pitigrilli, alla fine degli anni cinquanta, pubblicava “Gusto per il mistero”, poi c’è Dino Buzzati che lo fa nel 1965 con I misteri d’Italia, poi nel 1966 tocca alla Guida all’Italia leggendaria misteriosa insolita fantastica, negli anni settanta tocca alle inchieste di Gente, a Leo Talamonti con Gente di Frontiera, negli anni ottanta arriva un ‘inchiesta dell’allora nota come Fininvest, poi gli Almanacchi… Insomma, non è che le cose non ci sono è che, ciclicamente, bisogna dire “sembrerebbe che non ci sono, però in realtà ci sono”. Sai, basta avere un’infarinatura di Freud per capire che anche questo discorso qui nasconde qualcosa: la gioia del riscoprire quello che si sa esserci già. Anche questo è un meccanismo che dà piacere e c’è un ciclico riscoprire che l’Italia non è solo il paese del realismo più o meno neo.
Vero, però sai, parlando del settore dell’intrattenimento, una certa ritrosia si avverte, tanto che quando qualcuno si dedica a storie del genere, in cui sicuramente rientra anche A Classic Horror Story, c’è sempre uno stupore di fondo. Questa ritrosia può essere collegata alla presenza forte dell’elemento cattolico, dello Stato Vaticano e – di converso – alla forte componente di razionalismo marxista, queste due forze opposte che sono finite per avere questo effetto comune?
Sicuramente queste forze hanno avuto un loro peso nel far sì che, ad esempio, un certo tipo d’industria dell’intrattenimento venisse marginalizzata. Ma non dimentichiamo che ci sono stati anni in cui Dylan Dog piazzava 600k copie al mese, o un decennio in cui il cinema italiano era al top per il thriller parapsicologico e l’horror puro. Al netto di tutto ciò, il ruolo della Chiesa cattolica da un lato e del marxismo dall’altro, senza dimenticare il ventennio fascista e il lungo lascito dell’idealismo crociano e gentiliano, sono stati tutti agenti che, in un certo senso, hanno contribuito a una marginalizzazione che, comunque, ha avuto come effetto quello di una corporativizzazione. E ci ritroviamo con un pensatore come Ernesto de Martino che, partendo da premesse strettamente crociane, le mescola con l’interesse per lo spiritismo maturato nella sua giovinezza e in due libri come Il Mondo Magico e Morte e pianto rituale nel mondo antico riesce a fare qualcosa con il folklore e la ricerca parapsicologica che non ha precedenti, neanche in altri contesti compreso quello angloamericano. Per quel che riguarda il comunismo c’è un bellissimo libro di Francesco Dimitri di circa una ventina di anni fa intitolato Il comunismo magico in cui parla sia dei paesi del comunismo reale che in quelli influenzati da esso, dalla sua onda lunga, di come anche il materialismo dialettico e storico sia infestato da fantasmi di vario genere e abbia prodotto i suoi frutti impuri, magari irriconoscibili secondo le categorie del gotico ottocentesco, ma comunque esistenti. Anche autori del “gotico italiano” come Dario Argento, Lucio Fulci, che si dichiarava esplicitamente comunista, Gianfranco Manfredi che militava nella sinistra extra parlamentare, gente che arriva all’horror non “nonostante” la militanza politica, ma attraverso di essa. Il discorso cattolico, specie poi in zone come le Marche che sono appartenute allo Stato Pontificio, ha contribuito a far sì che si sviluppasse una ritrosia per un certo tipo di realtà, quell’incredulità che aumenta quanto più ti avvicini al cuore stesso del potere Vaticano. Però, al tempo stesso, molto del folklore più autenticamente perturbante in Italia non è che lo si trova tanto nelle credenze relative a fantasmi e case infestate e compagnia bella, ma lo troviamo nelle narrazioni dei ritorni dal Purgatorio, che è una cosa su cui la Chiesa stessa non picchia più dopo il Concilio Vaticano II ma per le generazioni dei nostri nonni, e forse anche dei nostri genitori, i resoconti sulle anime del purgatorio facevano parte del pane quotidiano quando si andava al catechismo. O delle apparizioni del diavolo. Quelle sono le nostre storie di fantasmi. In Italia le cose come queste devi cercarle in contesti diversi. Nelle storie del catechismo, nei prontuari dei predicatori, ma anche nell’editoria maggiore senza che queste robe venissero in qualche modo segnalate in copertina con la scritta “romanzo gotico o di fantasmi”, ma in realtà quello erano. Penso a certe opere di Mario Soldati, o anche a un romanzo come Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani che si legge tranquillamente al ginnasio. Sembra una storia sulla guerra e le leggi razziali ma propone una delle descrizioni più efficaci di una seduta fatta con la tavoletta Ouija che ci siano nella letteratura italiana. Una seduta spiritica sta al centro del Fu Mattia Pascal di Pirandello. Nella Coscienza di Zeno. Nel Giornalino di Gianburrasca.
Però appunto, e parlo da amante di questi argomenti da sempre, nelle mie memorie di studente del classico, ricordo bene lo stupore provato nel leggere certe cose nelle opere di autori da cui non me le sarei mai e poi mai aspettate. Non ero mentalmente preparato come quando leggevo le opere di un Conan Doyle, che sapevo essere uno spiritista.
Sì, ed è più efficace, no?
Assolutamente sì.
Perché poi se pensi alle convenzioni del genere, anche alle stesse copertine, all’apparato editoriale che dovrebbe prepararti quando ti avvicini a un opera… E invece quando leggi Il fu Mattia Pascal niente ti prepara a quello. Soprattutto niente ti prepara alla presa di coscienza che, a un certo punto in quella seduta che viene comunque descritta con tutti i toni farseschi e ironici del caso, che quasi si fa beffa dello spiritismo, però a un certo punto qualcosa succede. E quel qualcosa resta senza spiegazione.
La sinossi ufficiale di A Classic Horror Story:
Cinque carpooler viaggiano a bordo di un camper per raggiungere una destinazione comune. Cala la notte e per evitare la carcassa di un animale si schiantano contro un albero. Quando riprendono i sensi si ritrovano in mezzo al nulla. La strada che stavano percorrendo è scomparsa; ora c’è solo un bosco fitto e impenetrabile e una casa di legno in mezzo ad una radura. Scopriranno presto che è la dimora di un culto innominabile. Come sono arrivati lì? Cosa è successo veramente dopo l’incidente? Chi sono le creature mascherate raffigurate sui dipinti nella casa? Potranno fidarsi l’uno dell’altro per cercare di uscire dall’incubo in cui sono rimasti intrappolati?
Girato in Puglia e a Roma e prodotto da Colorado film, A Classic Horror Story è “una classica storia dell’orrore”, come suggerisce il titolo: un omaggio alla tradizione di genere italiana che, partendo da riferimenti classici, arriva a creare qualcosa di completamente nuovo.
A Classic Horror Story è diretto da Roberto De Feo e Paolo Strippoli e uscirà su Netflix il 14 luglio.
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Una Beatrice di cinque anni, e una di diciannove (manca poco ai venti giuro), Cos'è cambiato? Sicuramente la grandezza del mio naso..... Grazie papà, ma grazie sul serio! Grandi nasi solo su grandi personaggi, no? Sicuramente la faccia angelica l'ho lasciata per strada insieme alla capacità di approcciare con le persone. Cosa non ho lasciato per strada? Le gambe muscolose (sono quelle che mi portano su adesso però! Grazie papà!). Gli occhi enormi, grazie mamma per avermi resa un ibrido fra una rana e un umano! Non ho lasciato per strada la mia iperattività, anche se adesso ho scoperto l'arte del pisolino pomeridiano, mentre quando ero piccola dopo pranzo occupavo il mio tempo facendo verticali e ruote in salotto, (ancora non mi capacito di come il cibo non mi uscisse alla prima ruota). Non ho lasciato per strada nemmeno il mio animo da cagasotto madornale. Mi sono sempre cagata sotto per qualsiasi cosa. Sulle giostre non ci andavo perché mi facevano paura, a Gardaland non ho mai messo piede (non giudicatemi), e tante altre cose. Avevo l'ansia di giocare pure a nascondino perché il pensiero che qualcuno mi trovasse mi flashava la scena da film horror nascosta in un cespuglio con il bambino bastardo che contava che mi urlava addosso e mi faceva scattare un mini infarto. Non mi sono mai piaciuti gli sport di squadra. Una cosa mi ha sempre soddisfatta più di tutto, fare fatica. La resistenza. Poi è arrivata questa cosa, questa cosa a cui non potevo dire di no. Una cosa che nel giro di pochi anni mi ha trasformata, dalla testa ai piedi, da dentro a fuori. Mi ha insegnato il rispetto per la natura. L'umiltà. La pazienza. La sofferenza della vita al chiuso e in una società malata come quella di oggi. Mi ha aiutata ad affrontare tante paure che avevo (sono ancora una cagasotto, ma pochi mesi fa, per esempio, io il ghiaccio lo odiavo, e la settimana scorsa ho fatto un pezzo di ghiacciaio a 45° divertendomi come una matta). Se potessi parlare e rassicurare la bambina che ero, le direi che un giorno conoscerà la sua migliore amica e rivale allo stesso tempo, scoprirà l'amore allo stato puro e si innamorerà follemente. Troverà la casa perfetta per lei, la montagna. (presso Ghiacciaio della Marmolada) https://www.instagram.com/p/B1meB13oGFW/?igshid=xqtriq4brv59
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All'incontro del gruppo delle medie, più di sei anni fa, l'educatrice aveva preparato un “gioco” per tutti noi. Si trattava di completare per venti volte la frase “io sono…” e per quanto sembrasse una cosa semplice, ricordo che tutti avevano fatto fatica ad arrivare almeno a sette frasi.
A pensarci, in questo momento, dopo anni, è molto più semplice arrivare a 20 frasi.
quindi ci ritento.
io sono così: sul marciapiede sto sul bordo e metto un piede davanti all'altro e sto in equilibrio. spesso mi reggo alla persona che cammina di fianco a me e se sono da sola cerco di non cadere. è un movimento così istintivo che solo chi mi conosce ha già visto fare;
mi piacciono le case con il parquet;
vado matta per le bolle di sapone;
adoro andare all'ikea e immaginare; sorrido come una bambina quando vedo gli animali e vorrei portarli tutti a casa come se fossero tutti animali domestici: la mucca da portare a spasso con la campana al collo che continua a suonare, la paperella che nuota nello stagno da mettere nella vasca, la renna da cavalcare, la foca anche lei nella vasca, la scimmietta, l'elefante a cui dare le noci, la capretta a cui dare il latte, il pappagallo da tenere sulla spalla e da addestrare;
quando lavo i piatti canticchio, anzi in molte situazioni canticchio, anche quando mi asciugo i capelli;
mi piace il pizzo ma non quello troppo pesante;
quando faccio la doccia metto la musica ad alto volume e il mio vicino mi odia per questo; in pizzeria, sempre in qualunque caso preferisco la pizza margherita; non mi piace il piccante o le troppe spezie; in gelateria, stracciatella e crema sono i gusti fissi;
spesso sono quella che passa inosservata; preferisco il ghiacciolo all'amarena; ho teorie salde e sicure come il pane da offrire a tutti gli animali esistenti al mondo, perché tutti mangiano il pane, ne sono certa; ho momenti di felicità improvvisi e di idee strane a cui pochi danno corda;
non mi piacciono le attrazioni come Gardaland o Mirabilandia; ho l'immaginazione che parte a mille e sogno un mondo diverso, situazioni diverse e ipotetiche;
a volte dormo troppo;
non riesco ad indossare a lungo gli occhiali da sole;
odio la sensazione della crema appiccicosa sulla pelle;
mi piace cucinare le crepes o i pancake; rido e mi piacciono i sorrisi, quelli veri, quelli contagiosi; faccio stupidaggini, quelle che fanno ridere tutti;
mi piace la pioggia e odio gli ombrelli; amo chi mi fa ridere, chi mi sorprende, chi capisce il mio mondo; amo saltare nelle pozzanghere, dopo la pioggia interminabile; adoro volare in bici anche durante il freddo inverno o durante l'autunno tra le foglie che cadono; amo la montagna e le camminate, quelle faticose e interminabili che alla fine finiscono con un panorma da perdere il fiato; mi piace sentirmi a casa, in posti diversi che non sono una casa materiale; amo il freddo, le coperte calde e la cioccolata con la panna;
adoro le stelle cadenti, i desideri, le promesse;
sono dipendente da thè alla vaniglia, biscotti dell'esselunga, caramelle e lamponi; adoro l'inverno, le luci natalizie che illuminano la città, l'odore delle caldarroste che passa per le vie fredde di ogni città; ammiro i treni, che vanno avanti e indietro e portano amori lontani, viaggi, sogni, mancanze; ho paura del buio ma allo stesso tempo è qualcosa di rassicurante; ho paura del rumore improvviso dei tuoni ma mi meraviglia vedere una luce gialla che illumina il cielo notturno; mi perdo nei testi delle canzoni, nei loro significati, nella loro melodia; passo ore a cantare, perché mi fa sentire bene; amo i girasoli e i fiori di ciliegio; preferisco le opere dell'800; ho scoperto da meno di un anno che mi piace il sushi; non so cucinare, ho paura di bruciarmi con l'olio bollente e nonostante la consapevolezza delle mie capacità, ci rimango ancora male quando brucio quello che sto cucinando; se la mattina non ho il succo, non la considero una buona mattina; spesso mi sento poco femminile, ho costantemente i nodi ai capelli e mi trucco poco o per niente; non amo i gioielli costosi o le borse di marca ma le cose particolari; spesso dó importanza a cose stupide; spesso uso il passato nel modo sbagliato; inizialmente sono timida ma quando capisco che posso essere me stessa, so essere un esplosione; dormo con due cuscini e le coperte, sempre, in qualunque stagione; spesso ho voglia di lasagne; la voglia di mangiare dipende dal mio umore e se non mi trovo a mio agio non mangio; ho cicatrici ovunque e ognuno ha storie improbabili; mi considero un disastro e quando provo a sembrare una persona seria sono poco credibile;
mi piace la musica ad alto volume in macchina e cantare a squarciagola in compagnia;
non mi piace litigare, perché in casa ho sempre visto la gente, scappare;
preferisco la birra piuttosto che un drink; mi piace andare a pattinare sul ghiaccio e vorrei imparare a sciare; amo la neve e le ciaspolate; preferisco lo smalto nero; di inverno bevo il latte caldo con il miele; non guardo gli horror e preferisco le commedie, i film romantici, i cartoni; dormo con la maglietta lunga e le mutande; non mi piacciono le mie smagliature; mi riempirei di tatuaggi, piccoli,non giganti; spesso basta davvero poco per rendermi felice;
conosco i miei difetti e ammetto i miei errori; sono disordinata e ordinata allo stesso tempo;
amo la compagnia dei miei amici, quelli con cui posso essere me stessa senza il problema di essere troppo o poco; a volte ho tante ambizioni ma poi faccio fatica a credere in me stessa; posso essere testarda;
di inverno in montagna mi brucio sempre il naso;
ogni anno passo il mio compleanno alla fiera dell'artigianato;
ho una memoria abbastanza salda;
ho la lacrima facile ma sto imparando ad essere forte;
quando ero piccola odiavo perdere quando giocavo a carte con i miei fratelli;
mi piacciono le fotografie e i video imbarazzanti;
avevo una capretta di nome nuvola a cui davo il latte;
adoro i prodotti di lush;
non mi piacciono le mancanze e gli addii;
d'inverno mi piace sentirmi al caldo indossando una sciarpa;
sono coraggiosa solo in certi casi;
dovrei imparare ad essere indifferente in alcuni casi e stronza in altri;
amo e odio le canzoni della domenica del papà;
scelgo la montagna piuttosto che il mare anche se esso mi ricorda il mio paese;
faccio fatica ad esprimere quel che penso a voce e preferisco scrivere perché a voce direi la metà delle cose;
se viaggio devo avere sempre con me, almeno, un libro, l'album da disegno o la macchina fotografica;
preferisco comporre un puzzle e incorniciarlo o disegnare qualcosa da attaccare al muro, piuttosto che comprare un quadro;
vorrei viaggiare ma non da sola;
preferisco il cappuccino piuttosto che il caffè oppure il ginseng;
vorrei essere più alta e avere più tette ma so che non è possibile e che quindi mi vado bene così;
preferisco i capelli lunghi perché con i capelli corti sembro più piccola;
quando si tratta di mettere da parte l'orgoglio ci metto poco;
posso sembrare ingegnua, posso sembrare una bambina;
spesso faccio di testa mia quando molte persone mi dicono che sbaglio;
adoro le cose stravaganti e le particolarità delle persone;
a volte d'estate dormo nella vasca;
odio il mio pesce rosso ma ci sono affezionata;
sono un po' stitica;
quando torno a casa da sola durante un orario notturno, controllo sempre se qualcuno mi segue e spesso mi metto a correre per tornare subito a casa;
mi piace chi vede le cose in un modo diverso, in un modo singolare e particolare;
odio con tutta me stessa le zanzare;
sono introversa ma so essere amichevole;
se devo scegliere preferisco il vino bianco piuttosto di quello rosso e la birra scura piuttosto che quella chiara;
durante la notte se mio fratello russa gli tiro addosso i cuscini finché non smette;
sono semplice e complicata allo stesso tempo;
piango se mi fanno arrabbiare;
di ogni edificio conto fino al quarto piano;
mi piacciono le lucine dell'albero di natale;
tra tutti i generi musicali non ascolto il rap e soprattutto quello italiano;
in casa non indosso quasi mai le ciabatte ma sono sempre perennemente in calze;
ho sempre desiderato avere i vinili e un giradischi;
mi sento più semplice dopo aver pianto;
mi piacciono le candele profumate;
sono troppo riflessiva e per questo molte cose le tengo per me;
quando sono triste mi sento al sicuro sul mio letto;
se piango per tristezza devo sempre stringere un cuscino;
quando ero piccola dormivo con il pupazzo di Prezzemolo e di un tricheco;
mi piace la vista dall'ottavo piano perché quando c'è bel tempo posso vedere le montagne;
adoro gli abbracci, quasi più dei baci;
ho il terrore di cadere dalle scale, infatti non le faccio quasi mai correndo e mi devo sempre reggere al corrimano;
osservo molto e mi innamoro dei dettagli;
cerco la luna e la stella...
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Negozi stampanti: Quest'estate Prink regala la Family Card Mondoparchi
Dal 29 luglio al 21 settembre Prink regala a tutti i suoi clienti una Family Card Mondoparchi per ingressi gratuiti o scontati in 1.700 strutture turistiche italiane. La Card Mondoparchi è in omaggio per tutti i clienti che acquisteranno almeno due prodotti (cartucce, toner, carta) nei negozi Prink, senza minimo di spesa.
L’estate è il momento migliore per fare acquisti da Prink: dal 29 luglio al 21 settembre Prink regala a tutti i suoi clienti una Family Card Mondoparchi, una tessera che dà diritto a ingressi gratuiti o ridotti per i bambini al di sotto dei 13 anni accompagnati dai genitori in oltre 1.700 strutture turistiche per il tempo libero in tutta Italia fino a novembre 2020. Durante questo periodo la Family Card Mondoparchi è in omaggio per tutti i clienti che acquisteranno almeno due prodotti di qualsiasi tipologia e valore in uno dei negozi Prink aderenti all’iniziativa.
Le categorie di strutture convenzionate con Family Card Mondoparchi sono:
i più famosi parchi divertimento, acquatici e faunistici tra cui Gardaland, Gardaland Sea life Aquarium, Mirabilandia, Safaripark, Bioparco, Acquario di Genova, Aquafan, Acquario di Cattolica
Skipass in oltre 40 stazioni sciistiche in tutta Italia
Lezioni gratuite di sci, vela, tennis, equitazione e tiro con l’arco
Parchi avventura e centri rafting &multisport
Soggiorni in hotel, villaggi, campeggi e agriturismi al mare e in montagna
Vacanze studio scontate in Italia e all’estero con EF e Zainetto Verde
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Perché scegliere Prink? Prink è la catena di negozi di cartucce, toner e stampanti numero uno in Europa, con oltre 600 punti vendita in Italia. Prink è vicina al cliente per la scelta e l’acquisto di tutti i prodotti per la stampa: non solo cartucce, toner e stampanti, ma anche carta e servizi di stampa foto, fotolibri, quadri e calendari. Nei nostri negozi trovi personale qualificato e sempre disponibile per consigliarti nella scelta del prodotto più adatto alle tue esigenze, sia per casa tua sia per uso professionale.
Infatti Prink ha anche numerosi servizi pensati per i professionisti e le aziende, come Prink TUTTOincluso Plus, il servizio di noleggio di stampanti e multifunzione, il servizio di consegna a domicilio di carta per la stampa, toner e cartucce, la Prink ECOBox, un contenitore apposito dove gettare i consumabili esauriti che vengono poi ritirati gratuitamente chiamando il numero verde dedicato.
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Fonte: marketinginformatico.it
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Gardaland SEA LIFE Aquarium, da sempre attivo nella sensibilizzazione dei suoi Ospiti al rispetto dell’ambiente e alla salvaguardia dei mari, ha voluto dedicare un’intera giornata alla tematica della responsabilità ambientale coinvolgendo un gruppo di bambini e una figura di spicco nella lotta all’inquinamento, la campionessa olimpica Federica Brignone.
Atleta di punta dello sci alpino e fiore all’occhiello della nazionale italiana, Federica è infatti impegnata in prima persona nella salvaguardia ambientale e nella denuncia del pessimo stato di salute dei mari con il progetto sociale di responsabilità ambientale “Traiettorie Liquide”, nato nel 2017 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dell’inquinamento marino e sul valore dell’acqua come risorsa limitata.
“La mission di SEA LIFE – ha affermato con orgoglio Aldo Maria Vigevani, CEO Gardaland – è di sensibilizzare i nostri visitatori, in particolare i più piccoli, alla salvaguardia dei mari e al rispetto degli esseri viventi che li abitano. Ed è proprio in giornate come queste che l’impegno dell’Acquario riesce a concretizzarsi, contribuendo in modo significativo alla tutela del territorio che lo ospita e coinvolgendo i bambini in attività divertenti ed educative. Siamo particolarmente orgogliosi di aver coinvolto Federica Brignone, un amato personaggio sportivo che, pur essendo legata alla montagna, è particolarmente sensibile al rispetto dell’ambiente marino e attiva nella lotta all’inquinamento”.
“Da sciatrice sono sempre a stretto contatto con la neve, con cui sento un particolare legame; di conseguenza, essendo la neve acqua allo stato solido, forte è anche la connessione con l’acqua stessa – ha dichiarato Federica. Sono stata fin da piccola un’amante del mare e dei laghi quindi l’acqua è sempre stata presente nella mia vita tanto quanto la montagna. Purtroppo però le condizioni del mare stanno peggiorando sempre di più, si tratta di un problema reale che va affrontato, tutti dovremmo dare il nostro contributo per fare un passo in avanti, per i nostri figli e per le prossime generazioni”.
Proprio con questo spirito Federica Brignone si è immersa nelle acque del Lago di Garda dove, con l’aiuto di alcuni subacquei esperti, ha realizzato una speciale quanto simbolica staffetta di pulizia, andando a raccogliere vari oggetti frutto della maleducazione quotidiana: bottiglie di plastica, lattine e sacchetti, consegnandoli ai bambini che la aspettavano sulla barca. Fondamentale è infatti, sia per SEA LIFE che per la sciatrice, educare le generazioni future al rispetto dell’ambiente e allo smaltimento corretto dei rifiuti: “I bambini sono i nostri migliori alleati. Riescono a comprendere l’importanza del problema e possono convincere anche nonni e genitori a comportarsi in modo più rispettoso” ha affermato Federica.
L’atleta, sempre accompagnata dai bambini e dai talker di SEA LIFE, ha poi raggiunto la spiaggia di Ronchi per un’attività all’insegna dell’edutainment: con il fondamentale contributo dei suoi piccoli aiutanti, Federica si è infatti cimentata anche qui nella raccolta dei rifiuti che inquinavano la zona, soprattutto residui di plastica. In questo modo, attraverso un’attività divertente, i bambini hanno potuto comprendere come il mondo, grazie a piccoli gesti, possa essere più pulito e come i rifiuti sul bordo del lago sono inevitabilmente destinati a finire nell’acqua e a inquinare un ecosistema unico e delicato. “E pensare che i miei genitori mi hanno insegnato fin da piccola a non inquinare e quando andavamo sia in spiaggia che sui sentieri di montagna dovevamo raccogliere tutti i rifiuti che avevamo prodotto in modo da poterli collocare negli appositi contenitori per la raccolta differenziata” – ha ricordato la sciatrice – “Le persone non si rendono conto che anche un loro gesto distratto non fa altro che peggiorare una situazione già critica”.
La giornata di Federica e dei bambini si è poi conclusa con una visita speciale a Gardaland SEA LIFE Aquarium dove hanno potuto ammirare da vicino le affascinanti creature che popolano le vasche e compiere uno straordinario viaggio attraverso le 13 diverse ambientazioni completamente tematizzate che compongono il percorso.
Momento clou della visita è stato sicuramente la scoperta della grande vasca oceanica e l’attraversamento dell’affascinante tunnel oceanico trasparente, che permette ai Visitatori di sentirsi completamente immersi negli abissi dell’Oceano circondati da tantissime creature come squali, razze, trigoni e pesci colorati.
Molto apprezzata da Federica è stata infine l’educativa stanza dedicata alla sensibilizzazione sul problema dell’inquinamento dei mari, dove si pone particolare attenzione alla preoccupante questione delle tartarughe marine che, scambiando i sacchetti di plastica presenti nel mare per meduse, li ingeriscono con gravi danni per la loro salute. Questa però è solo una delle criticità contro cui si batte SEA LIFE Trust, l’organizzazione senza scopo di lucro il cui obiettivo è mantenere i mari sani e protetti collegato con SEA LIFE, anche attraverso la promozione sui social degli hashtag #ourocean e #plasticsstrategy, volti a diffondere l’importanza del rispetto dell’ambiente.
Mentre continua il suo impegno per l’ambiente, Federica è già tornata ad allenarsi in vista dei suoi prossimi impegni sportivi, a partire dalla Coppa del Mondo che prenderà il via ad ottobre. Grande è ovviamente la sua soddisfazione per l’assegnazione di Milano-Cortina per le Olimpiadi Invernali del 2026: “E’ stato fantastico, una soddisfazione per noi atleti ma per tutta l’Italia. Sarà la terza volta per il nostro Paese, la seconda in vent’anni. È stato fatto un super lavoro, da parte di tutti. Ora però mi concentro sui Mondiali a Cortina del 2021 che sarà il prossimo grande evento internazionale di sci assegnato all’Italia.”
Federica Brignone e Gardaland insieme per ripulire i fondali e il litorale del Lago di Garda Gardaland SEA LIFE Aquarium, da sempre attivo nella sensibilizzazione dei suoi Ospiti al rispetto dell’ambiente e alla salvaguardia dei mari, ha voluto dedicare un’intera giornata alla tematica della responsabilità ambientale coinvolgendo un gruppo di bambini e una figura di spicco nella lotta all’inquinamento, la campionessa olimpica…
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Sta notte vi racconterò una storia
È iniziato tutto tutto quanto un pomeriggio al bar,uno sguardo ed eravamo già complici l’uno dell’altra,una risata dopo l’altra eravamo sempre più vicini e intanto il tempo passava
Mi sono innamorata,inaspettatamente
Mi hai chiesto di stare con te qualche mese dopo ed eravamo così felici,tu eri felice con me,io lo vedevo
Dopo sono iniziati i problemi,una ragazza,due ragazze,mille ragazze ma credevo di essere comunque l’unica nel tuo cuore e a distanza di un anno penso a quanto sono stata stupida a pensare che uno come te volesse solo una come me
Abbiamo passato momenti incancellabili e indelebili,siamo stati così felici,abbiamo vissuto concerti,serate con gli amici,ubriacate,il mare,la montagna,il sesso,gardaland e l’amore insieme
Poi i litigi sono aumentati,tu,le altre,le bugie,le prese in giro,le nottate a piangere o a urlarsi contro al telefono ma soprattutto il dolore e la delusione
Alterno momenti di estrema felicità a momenti di estremo dolore e nonostante questo ti amo
Mi chiedo cosa ho fatto per non riuscire più a renderti felice,io che ho perdonato,dimenticato e soprattutto ho amato
Soprattutto mi chiedo se lo vuoi davvero perché per me ne vale sempre la pena quando si tratta di te ma ha senso lottare per qualcosa che voglio solo io?
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Il parco di Pinocchio
un percorso della favola più famosa
e tradotta al mondo
Il Parco di Pinocchio a Collodi
Per chi non conosce il Parco di Pinocchio, non la favola, credo che questa sia conosciuta dai bambini del Polo Nord fino a quelli del Polo Sud, non è un parco sul genere Gardaland o Disneyland ma, bensì un parco tematico un luogo in cui si ha la sensazione di ripercorrere una fiaba vivente, all’interno di un percorso articolato dall’unione tra arte e natura.
Credo che chiunque si sia intenerito quando Geppetto, alla ricerca del figlioletto Pinocchio, è stato inghiottito dalla balena e la lacrimuccia è scappata, quando i due si ritrovano e riabbracciano, non sia rimasto indifferente quando Mangiafuoco compra Pinocchio per una miseria e farlo recitare nei suoi spettacoli, soltanto per guadagnare ed essere sempre più ricco, fino a che, quando sarà pressoché invecchiato, lo getterà nel fuoco, ed esultante quando questi riuscirà a fuggire.
Tutte queste emozioni si rinnovano nel Parco di Pinocchio, il tutto amplificato dalle espressioni di stupore dei bambini, alle loro emozioni incontrollate per questa o quella scena della favola.
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Collodi il Parco di Pinocchio e altre visite nelle vicinanze
Dando per scontato, che una volta arrivati a Collodi, prima di arrivare al parco, ci si addentri a visitare il borgo, che tutto richiama il personaggio della favola, a cominciare dal Pinocchio di legno più grande del mondo.
Voluto dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi e posto in uno spazio appositamente riqualificato e aperto al pubblico, guarda l’antico borgo di Collodi e lo storico Giardino Garzoni, dalla sua memorabile altezza di 16 metri, cosa importante è che sotto il suo cappello, custodisce un appello per i diritti di tutti i bambini all’istruzione e alla cultura.
La cascata di case antico borgo di Collodi con alla base la Villa Garzoni
Il borgo antico o Castello di Collodi, è la classica cascata di case, una vera e propria “cascata” di piccole case arrampicate lungo il pendio di un colle scosceso, sembrano trattenute nella caduta dall’imponente Villa Garzoni, sorta sulle rovine del castello medievale e dove per le vie del borgo, il transito è vietato ai mezzi a motore.
Nella parte alta del paese si trova la Chiesa Romanica di San Bartolomeo, con la torre campanaria, un tempo parte del sistema difensivo di cui rimangono parti delle mura.
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Villa Garzoni e il giardino
A Collodi, purtroppo, tutto si paga e consiglio a chi volesse visitare più cose oltre il parco di Pinocchio di acquistare i biglietti cumulativi, in modo da avere un prezzo agevolato, “Prezzi dei Biglietti“.
Nello stile tipico delle ville lucchesi, ha storia antica e sembra reggere, al di sotto dell’antico borgo, la cascata di case che scende lungo la montagna e con il quale ha mantenuto fin dai tempi antichi,uno stretto rapporto sinergico, chiaro è l’esempio delle due strade lastricate, che collegano il paese, ed unico accesso al borgo, passanti attraverso l’entrata principale del palazzo.
Il complesso fortilizio, dove ora sorge la villa e il parco, fu acquistato intorno la fine del 1300, da una nobile famiglia di Pescia, i Garzoni, che in seguito fecero progettare e costruire Villa Garzoni, negli anni fu poi ingrandita, insieme al giardino e modificata, dotando di terrazzamenti, scalinate, statue e fontane, fornite di impianto idraulico, permettendo così spettacolari giochi d’acqua.
A causa della pendenza del terreno, la villa ha quattro piani rivolti verso valle e tre rivolti a monte, con decorazioni Rococò, che alleggeriscono notevolmente l’aspetto, dell’imponente struttura.
Dalla villa, scendono due gradoni in pietra, che la collegano al giardino, con statue nei piani delle varie terrazze.
Solo la parte del primo piano è visitabile, accessibile da uno scalone circondato da affreschi illusionistici, al termine del quale, su una lunga galleria decorata da stucchi, si aprono le varie stanze, la camera da letto della damigella, con baldacchino e drapperie in seta, la biblioteca, la camera rossa o di Napoleone, la sala da pranzo, con arredi del Settecento francese e quadri del Correggio, il salone da ballo e altre salette e camere da letto.
Alla Villa Garzoni hanno soggiornato diversi ospiti illustri, gli arciduchi Ferdinando d’Austria e Anna de’ Medici, pare anche Napoleone Bonaparte, mentre vi lavorò Filippo Juvarra, che progettò la Palazzina d’Estate.
Il giardino, con lo stile che richiama la Reggia di Caserta,si apre, una volta superato l’ingresso, con le due statue di Pan flautista e di Flora, un’area, con siepi di bosso a taglio geometrico che la circondano, ha posto nel centro due vasche circolari, con ninfee e giochi d’acqua.
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Prospettiva della prima parte del giardino vista dalla scalinata
Vista della scalinata e i vari gradoni che portano alla Villa Garzoni di Collodi
Mentre la statua di Diana e di Apollo, introducono alla seconda parte dell’area, dove all’interno delle aiuole sono rappresentate le insegne della famiglia Garzoni, subito sopra, verso monte, si innalza maestosa una scalinata divisa in tre parti, a doppia rampa, decorata a mosaici colorati di ciottoli a disegni geometrici e nicchie che ospitano statue di terracotta, con l’imponente balaustra che segue l’andamento di tutta la scalinata.
Nel ninfeo, al termine della scalinata, sono poste le statue di Nettuno e di Tritoni, notevoli sono i giochi d’acqua con spruzzi e zampilli, mentre numerose statue in pietra e in terracotta sono sparse qua e là, alcune delle quali riproducono i mestieri della vita di campagna.
Nel secondo terrazzamento rettangolare, ha agli estremi, da una parte, la statua di Pomona, divinità protettrice del giardino, e dall’altra un teatro di verzura, interamente ricavato nella vegetazione, grazie a siepi di bosso sagomate e con statue originali delle Muse.
Le due scalinate che collegano il giardino con la villa, hanno nella parte centrale cascatelle, che seguono l’andamento a gradoni del terreno, scaturite dalla cui cornucopia della statua della Fama, acqua che prima di defluire nella cascata si getta in una vasca semicircolare ai suoi piedi.
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La Collodi Butterfly House a Collodi
Edificio in pietra e cristallo ospitante un lussureggiante giardino tropicale e centinaia di farfalle provenienti da tutto il mondo.
Una presentazione audiovisiva, preparerà all’inizio, tutti i visitatori alla comprensione del mondo vegetale e faunistico all’interno della Butterfly House, inoltre pannelli informativi, due insettari e un formicaio, si trovano sul percorso didattico della struttura.
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La Butterfly House di Collodi
Farfalle alla Butterfly House
Farfalla
All’interno di questo bellissimo giardino esotico, si corteggiano, si nutrono e si riproducono esemplari delle più grandi e colorate farfalle del mondo, che di norma popolano ambienti Amazzonico, Neotropicale, Afro-tropicale o Indo-australiano, qui si possono vedere i vari stadi di sviluppo, uovo, bruco, crisalide, farfalla, capire le differenze tra specie diurne e notturne, i trucchi adottati per la sopravvivenza, il mimetismo e la sensazione incredibile di sentirsi posare le farfalle, che non vanno assolutamente toccate, sulle mani e sulle braccia.
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Il Parco di Pinocchio di Collodi
Per finire, i nostri bimbi si rigenereranno dopo tutte le emozioni stancanti delle precedenti visite, il Parco di Pinocchio, circondati da piante curatissime, troviamo lungo il percorso i protagonisti principali della favola più famosa al mondo, tradotta in 220 lingue, ci attendono Pinocchio, la Fatina, il Gatto e la Volpe e molti altri personaggi, ripercorrendo così episodi tra i più significativi della favola.
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Il grande Pescecane che inghiotte Geppetto e Pinocchio
Il teatrino di Pinocchio con il carrozzone di Mangiafuoco
La carrozza di Mangiafuoco
Creazioni artistiche, armoniosamente inserite nella vegetazione, come l’Albero degli Zecchini, il Grande Pescecane, il Paese dei Balocchi, si alternano, il sentiero verso la Pace, segnato dalle impronte dei bambini di tutto il mondo, il Gioco dell’Oca a grandezza naturale, le giostre d’epoca, ed il Sentiero dei Bisbigli, con suggestive sensazioni sonore.
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Entrata del Museo di Pinocchio
Interno del museo
interno della casa della Fata
Al suo interno troviamo anche il Museo di Pinocchio, che ospita mostre d’arte, d’illustrazione, costumi e scenografie teatrali dedicate al celebre burattino, il Carrozzone di Mangiafuoco e quello della Fata con oggetti, abiti e suppellettili legati ai due personaggi, un teatrino meccanico animato che narra le avventure del burattino di legno e la Biblioteca Virtuale di Pinocchio, inoltre il Pinocchio Adventure, un percorso-avventura dedicato ai bambini fino a 12 anni, che si svolge lungo le rive del fiume Pescia, con ponti tibetani, tronchi, casette e l’emozionante tirolese per volare sul fiume.
Pinocchio il parco e una giornata coi bambini Il parco di Pinocchio un percorso della favola più famosa e tradotta al mondo Per chi non conosce il Parco di Pinocchio, non la favola, credo che questa sia conosciuta dai bambini del Polo Nord fino a quelli del Polo Sud, non è un parco sul genere Gardaland o Disneyland ma, bensì un parco tematico un luogo in cui si ha la sensazione di ripercorrere una fiaba vivente, all'interno di un percorso articolato dall'unione tra arte e natura.
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