#la città delle donne
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City of Women (1980) Directed by Federico Fellini
#city of women#la città delle donne#federico fellini#marcello mastroianni#ettore manni#anna prucnal#luis bacalov
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Donatella Damiani
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La maestra del vetro: Una storia di forza e arte nella Venezia del XV secolo. Recensione di Alessandria today
Con "La maestra del vetro", Tracy Chevalier ci trasporta nella suggestiva isola di Murano del 1486, dove la giovane Orsola Rosso scopre il magico e pericoloso mondo delle vetrerie.
Con “La maestra del vetro”, Tracy Chevalier ci trasporta nella suggestiva isola di Murano del 1486, dove la giovane Orsola Rosso scopre il magico e pericoloso mondo delle vetrerie. Un mondo dominato da uomini, ma in cui si distingue una figura eccezionale: Marietta Barovier, una delle pochissime donne a essere riconosciuta come maestra dell’arte del vetro. Orsola, figlia di un artigiano rivale, è…
#Arte del vetro#Arte e tradizione#artigiani del vetro#Città d’Acqua#creatività femminile#cultura veneziana.#donne nella storia#generazioni di artisti#La maestra del vetro#lavorazione artistica#lavorazione del vetro#lotta contro i pregiudizi#Marietta Barovier#Murano#narrativa contemporanea#Orsola Rosso#perle di vetro#protagoniste femminili#romanzi ambientati a Venezia#romanzi di Tracy Chevalier#romanzi su Murano#Romanzo storico#romanzo sulla vita delle donne#storia delle perle di vetro#storia di famiglia#Storia di Venezia#Tracy Chevalier#Tradizioni Italiane#Venezia e l’arte del vetro#Venezia nel Rinascimento
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Elena Granata "Il senso delle donne per la città. Curiosità, ingegno, apertura", presentazione
“Penso che le donne siano utili non in quanto donne, ma perché il nostro sguardo marginale ci ha consentito di elaborare un pensiero laterale che è quello che serve oggi. Non dobbiamo rifare il mondo, ma sistemarlo. Sono le donne a muoversi con figli, con gli anziani, con le valigie, con la pancia da incinte. Per questo conoscono meglio i difetti delle città.[…]”(Dall’Intervista di Caterina…
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#apertura"#Einaudi Editore#Elena Granata "Il senso delle donne per la città. Curiosità#ingegno
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Self control e ragione perduti
Anni di studio: prima laurea conseguita giovanissima, poi la specialistica, tantissimo duro lavoro e infine quotidiana pazienza e applicazione per diventare finalmente Antonia, la professoressa dolce, discreta, colta e molto educata che è. Luca, il marito medico ignaro e felice, l’ama sempre tantissimo e la porta in palmo di mano. Poi il mese scorso suo figlio Antonello, tornando dall’università in una città vicina per una breve vacanza, si tirò dietro Pietro, un suo amico. Che rimase ospite in famiglia per alcuni giorni. Caso volle che quel pomeriggio stesso Luca avesse un’imprevista, grave urgenza medica in famiglia e dovesse immediatamente recarsi a distanza di un centinaio di chilometri per prestare assistenza alla sorella che viveva da sola.
Antonello non lo mandò certo da solo e decise di accompagnarlo, in caso fosse servito qualcosa di imprevedibile per le cure della zia Marta. Si scusarono entrambi con Pietro e lo affidarono alle cure di Antonia. Caso volle che per la serietà dell'incidente occorso, dovettero anche restare lì in ospedale per la notte. Poco male: Antonia rimase sola con Pietro. Gli preparò un’ottima cena e poi, sbrigate le faccende, essendo ragionevolmente presto, decisero di guardare un po’ di tv prima di dormire. Un bicchierino di porto contribuì ad aumentare la confidenza tra loro. C’è da dire che Antonia è una donna bellissima e Pietro un vero fotomodello. Superato un iniziale imbarazzo, iniziarono da subito a entrare in maggiore intimità. A cena avevano già riso e scherzato un bel po’, complice un ottimo vino rosso.
Si confidarono a riguardo di argomenti anche molto personali e lei poté apprezzare la maturità di quel bel pezzo di ragazzo. Poi all'inizio del film, sul divano Pietro disse ad Antonia di mettersi pure comoda e poggiare il capo su di lui, che sarebbe stato un onore servire una donna così bella e raffinata. Ad Antonia tremarono un po’ le gambe e il seno. Iniziò a perdere l'usuale lucidità e l'autocontrollo andò in soffitta. Seppellito sotto una coltre di desiderio. Tanto che, accusando un inizio di giramento di testa, approfittò e gli posò il capo sulla spalla, mettendogli la mano sul petto. Lui iniziò a carezzarle i capelli. Lei, stordita dal profumo di quel bellissimo giovane uomo, apprezzò moltissimo. E cominciò quindi a sua volta a carezzargli il petto; lo fece lentamente: e che sarà mai! Potrei essere sua madre, figuriamoci…
Poi la situzione si fece decisamente più intima: lui dalla testa passò a scivolarle con la mano lungo la schiena e a infilarsi nella gonna. Arrivò a metterle un dito nel solco delle natiche, per stimolarla. Lei ne godé. L'altra sua mano sollevò la gonna da davanti e arrivò a toccarle l'interno coscia ad altezza inguine. Lei accennò solo un timidissimo: “n-nno… ma che fai…” però lo disse aprendo le gambe un po’ di più e alzando il bacino per facilitarlo. Lo lasciò fare, gli permise di entrare con le dita nella fica e poi lo guardò negli occhi improvvisamente, totalmente appassionata. Unì le sue labbra a quelle sensuali di lui. Le loro lingue giocarono e si rincorsero felici. La cosa si fece molto seria.
Si accarezzarono molto sensualmente e si esplorarono: dapprima quasi con un sentimento di esitazione e rispetto. Poi però le barriere caddero e le carezze si fecero decisamente più sfacciate, impudenti: le dita penetravano ovunque nei loro corpi e i respiri si facevano affannati. Gemevano rochi: si desideravano entrambi da impazzire. Si spostarono rapidamente in camera da letto, con l'urgenza di fare l'amore: lei a questo punto era pazza di lui. Non si sa per quale motivo, a un certo punto tra un uomo e una donna scatta un interruttore nascosto in cielo e inizia un’attrazione inesorabile: sarà la routine della signora matura che forse inconsciamente desiderava da sempre conoscere un altro uomo oltre al marito, unico uomo mai avuto dentro di sé.
Sarà che a Pietro le donne cascano sempre davanti senza che lui faccia nulla. E lei quella sera se l’era trovato lì, servito su un piatto d’argento: da soli in casa e con la notte tutta per loro. In breve, finirono per scopare. Lui le aprì finalmente orizzonti nuovi, che vanno ben oltre il frettoloso amplesso mensile con il coniuge, sbrigato sempre nella canonica posizione del missionario. Il giovane le insegnò infatti a prenderlo diligentemente in bocca, a rilassare la gola e inghiottirlo per intero, a stimolarglielo con la lingua. Poi a lavorarlo fino a farlo venire, ingoiando diligentemente tutto. Quella stessa notte, per la prima volta nella vita Antonia fu inculata.
Pietro la penetrò piano, molto dolcemente e lei ebbe infine un orgasmo anale che la portò a gridare e piangere lacrime di vera gioia. Capì subito di amarlo. E per quel ragazzo da quella sera iniziò a perdere la testa. Oggi i due si incontrano clandestinamente a metà strada tra le due città dove vivono; prenotano ogni settimana sempre nella stessa pensioncina, muta testimone dell'amore illecito più soddisfacente che esista. Lo fanno per fondersi le anime e donarsi reciprocamente in modo totale. E lei adesso è lì che lo aspetta. Guarda: c'è una donna stupenda seduta sul muretto, al parco dove lui fra un po' arriveà.
È letteralmente affamata di Pietro e desiderosa del suo sesso. Entrare nel corpo di una femmina è impegnativo; uscirne dopo un po’ è normale. Se però entri nella testa di una donna matura, non ne esci più e lei ne può restare sconvolta. La sua vita ne viene in ogni caso rivoluzionata. L’amore la istupidisce. E per lei mantenere un equilibrio tra la famiglia e il segreto da tenere, può essere una sfida molto impegnativa. A volte, un rapporto clandestino porta alla disgregazione della famiglia. Ma Antonia è una donna capace e intelligente. Non sa e non saprà mai nessuno del suo amore maturo con Pietro.
RDA
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Interi quartieri delle città italiane ostaggio degli immigrati e donne sacrificate sull’altare della società multiculturale
Torino, la 27enne violentata da una banda di nordafricani in uno stabile abbandonato nei pressi del parco Valentino non è l’unico caso del genere: la scorsa estate, un’altra donna è stata violentata da un nordafricano in quella stessa zona.
Francesca Totolo
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La mia legge per dare il medico di base ai senza dimora è stata appena approvata all’unanimità.
Confesso che poche volte nella mia vita mi sono sentito così orgoglioso.
Questa legge cambierà in meglio la vita di tante persone.
Sto parlando di padri di famiglia che si separano e finiscono a dormire in macchina, donne vittime di violenza che scappano di casa e vanno a vivere da amici, persone che perdono il lavoro e finiscono in strada e non hanno un tetto sopra la testa.
Persone che per vari motivi perdono la possibilità di avere una dimora propria e che purtroppo perdono conseguentemente anche la residenza. E questo comporta il venire meno di un pieno accesso al diritto alle cure perché senza residenza non si può accedere al medico di base (e ai Sert, a un consultorio, a un centro di salute mentale).
Non solo sei povero, non solo sei senza un tetto, lo Stato ti toglie pure il medico di base. E il pediatra ai bambini delle famiglie in difficoltà.
Un dramma nel dramma insopportabile.
Oggi il Parlamento ha approvato all’unanimità una legge a mia prima firma che sana questa ingiustizia: dal 1 gennaio 2025, finalmente le persone senza dimora potranno iscriversi nei registri delle ASL e accedere al medico di base.
Avverrà prima per tutte le città metropolitane, per poi estendersi ovunque.
Con questa legge - il ringraziamento più grande va ad Antonio Mumolo, Presidente di Avvocato di Strada, che per primo si è battuto per questo risultato - decine di migliaia di persone non solo avranno pieno diritto alle cure, ma finalmente sapranno che lo Stato non le ha abbandonate. E che uscire da una condizione di fragilità è possibile.
Sono felice. Perché oggi la politica riesce a dare di sé l’immagine più bella, quella che cambia la vita delle persone. In meglio.
Marco Furfaro.
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[Lei s’innamorò come s’ innamorano sempre le donne intelligenti:
come un’ idiota]
La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota. Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La zia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sudamerica e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Gli assenti si sbagliano sempre».
Ángeles Mastretta
[racconto tratto dal libro “Donne dagli occhi grandi”]
*traduzione di Gina Maneri
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La città delle donne (dir. Federico Fellini, 1980)
Silvana Fusacchia and Donatella Damiani
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City of Women (1980) Directed by Federico Fellini
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Un bambino, un insegnante, un libro
e una penna possono cambiare il mondo.
- Malala Yousafzai
Malala, premio Nobel per la pace nel 2014, attivista pachistana nella lotta per i diritti civili e per il diritto all'istruzione di tutti i bambini. In particolare la sua lotta iniziò per affermare il diritto all'istruzione delle donne della sua città, dove un editto dei talebani impediva loro di studiare, di ascoltare musica e vedere la televisione.
5 ottobre - Giornata Mondiale degli Insegnanti.
Un grazie a loro... sempre...
@occhietti
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This part is pretty weird. When he presses a button, near these screens, he can hear the woman on the screen having sex.
City of Women (1980)
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MITRAGLIATA
Probabilmente questa foto non la ricorda nessuno, ma ritrae le jeep della celere entrare in piazza Saffi per bloccare il camion della "carovana della solidarietà" organizzato dai lavoratori di Ravenna, giunti a Forlì per sostenere i compagni della fabbrica Mangelli in sciopero. La Mangelli fu il primo sito italiano a produrre cellophane e fibre artificiali e dagli anni ‘30 il principale complesso industriale forlivese. La sua storia è attraversata da scioperi, occupazioni e tumulti anche durante il fascismo, quando ospitava i comitati clandestini di fabbrica e organizzava scioperi contro il regime. Uno di questi, unito alle maestranze delle altre fabbriche di Forlì, in maggioranza donne, si tramutò in corteo che nel marzo del ’44 forzò i cordoni dei militi della caserma in via della Ripa, salvando così 9 giovani dalla fucilazione. Dagli anni ’70 le lotte operaie coinvolsero tutta la città, che scese a fianco dei lavoratori e della loro salute, sempre a contatto con agenti chimici nocivi. Nel ’72 ci fa una grande manifestazione contro il licenziamento di 847 lavoratori. A guidare la protesta erano gli oltre 200 militanti del PCI iscritti alla sezione aziendale “Quattro Martiri.” Già nel giugno del ‘49, 218 operai erano stati licenziati in blocco. Il fatto aveva scatenato la rottura con i sindacati e la decisione di occupare la fabbrica a oltranza. Un gruppo di crumiri aveva consentito però di non fermare la produzione, così gli operai e i cittadini si erano organizzati per bloccare e presidiare gli ingressi. La polizia era intervenuta con grande violenza, caricando i dimostranti e aprendo il fuoco sui lavoratori. Il bracciante Antonio Magrini era stato colpito a un braccio e l’operaia Jolanda Bertaccini era caduta a terra in gravissime condizioni, mitragliata dalla celere. Molti giornali dell’epoca la diedero per morta, ma pare sia sopravvissuta. Alla fine degli scontri, gli arresti furono oltre 120. Nel '77 la chiusura definitiva. Oggi al suo posto c’è un centro commerciale. Resta la vecchia ciminiera in mattoni rossi, una specie di monumento che ricorda un tempo che non c’è più.
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Isabel ❤️
“Hai una sola vita, ma se la vivi bene, è sufficiente. L’unica cosa reale è ora, questo giorno. Cosa aspetti per iniziare a essere felice? Ogni giorno conta.”
Il 2 agosto 1942 nasce a Lima, in Perù, Isabel Allende.
Figlia del cugino del futuro presidente cileno Salvador, Isabel intraprende una lunga carriera come scrittrice.
"La casa degli spiriti", "La città delle bestie" o "Paula", dedicata alla figlia prematuramente scomparsa, solo per citare alcuni tra i suoi romanzi, la fanno divenire una delle scrittrici latinoamericane più apprezzate nell'intero globo.
Nel 2006 Isabel ha partecipato alla cerimonia inaugurale dei Giochi invernali di Torino portando, insieme ad altre sette donne, la bandiera olimpica.
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A Roma un uomo è finito in carcere per un errore dell’intelligenza artificiale di un sistema di riconoscimento facciale collegato a una telecamera di una gioielleria (1). A Milano il comune vuole acquistare un sistema di intelligenza artificiale per individuare e multare chi usa lo smartphone mentre guida (2). A Napoli una testata giornalistica ha sottoposto ChatGpt a una prova di dialetto napoletano concludendo che il software ha svolto il lavoro in modo più che sufficiente (3). A Milano alcuni giornalisti hanno usato l’intelligenza artificiale per realizzare un’intervista virtuale con il ciclista Luigi Ganna, morto nel 1957, il quale si è rammaricato per non aver potuto usare le attuali biciclette tecnologiche (4). A San Benedetto del Tronto (Ascoli) un esperto di economia ittica ha avvisato i pescatori che l’intelligenza artificiale troverà da sola le aree di mare più pescose (5). In una scuola di Lecco è partito un progetto per usare in classe l’intelligenza artificiale (6) fornita da Google (7). In una scuola di La Spezia un professore si è accorto che dal controsoffitto cadevano calcinacci e ha fatto evacuare l’aula, dove subito dopo il controsoffitto è crollato (8). A Roma una scuola dell’infanzia è stata chiusa per la presenza di serpenti e topi (9). A Lecce durante un incontro scuola-famiglia una donna ha preso a pugni una professoressa perché riteneva che avesse dato al figlio un voto troppo basso (10). In una scuola di Carrara uno studente di 15 anni ha salvato la vita di una bidella che stava per essere soffocata da una merendina praticandole una manovra appresa dalla madre infermiera (11). Alle isole Tremiti (Foggia) la scuola elementare ha riaperto dopo vent’anni grazie a una maestra precaria che ha accettato l’incarico (12) trasferendosi in un paese di 131 abitanti (13). A Trapani il 10,47 per cento dei ragazzi non finisce gli studi, facendo della città siciliana quella con la più alta dispersione scolastica in Italia (14). In Abruzzo l’84 per cento dei ginecologi degli ospedali pubblici non pratica l’interruzione di gravidanza, facendo della regione quella dove è più difficile abortire in Italia (15). A Perugia una donna ha denunciato di aver vissuto un’odissea girando per tre diverse strutture sanitarie per ottenere l’interruzione di gravidanza (16). A Torino c’è stata una manifestazione di donne contro la cosiddetta “stanza dell’ascolto” dell’ospedale Sant’Anna dove gli antiabortisti cercano di convincere le donne a non interrompere la gravidanza usando a questo scopo soldi pubblici (17). A Rapallo (Genova) un uomo che non aveva ottenuto l’eutanasia si è tolto la vita acquistando un kit per il suicidio sul dark web (18). A Vicenza un uomo con un grave tumore ha rivelato di essere andato in Svizzera per ottenere cure palliative con l’Lsd (19) e l’Associazione Coscioni ha chiesto che le terapie psichedeliche vengano autorizzate anche in Italia (20). A Vernio (Prato) una donna di 82 anni ha soffocato con un cuscino il marito malato di Alzheimer (21). Nell’ospedale di Baggiovara (Modena) è in corso l’Alzheimer fest che prevede momenti di svago e la cena finale “Non ti scordar di me” (22). A Bergamo per la Festa dei nonni i gelatai hanno regalato agli ospiti delle rsa centinaia di coni e coppette con un gusto a basso indice glicemico (23). A Peschici (Foggia) una gelateria ha iniziato a proporre il gusto alle cime di rape perché è adatto all’autunno (24). A Milano gli operatori della moda hanno convenuto che quest’autunno bisogna avere nell’armadio almeno un capo bordeaux (25), giacche in stile navajo (26) e cardigan da abbinare ai jeans (27), mentre per quanto riguarda il beauty il rossetto dev’essere color vinaccia o castagna (28). [...]
[...] Continua su: L’innocente arrestato dall’intelligenza artificiale e altre storie - Internazionale
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This film is better than some of the other ones that I have seen, recently, like The Layover, but, still, I have trouble watching it attentively.
It is a very odd movie.
The party scene, I found the most enjoyable, and I liked the one song ridiculing the idea that a woman needs a man, and is incomplete without one.
Some parts are unnessarily porn-y, and sexist, however.
Italian movies, I hardly ever watch, and, perhaps, this is unfair to Italians, but they seem, based upon this movie, to be a very strange people. Certainly, I don't get the impression that I would like living in Italy very much.
(To be fair, this is an older movie.)
Most Americans have a positive view of Italians, and this is strange, since we tend not to know much about them, except that their food is good, and that they are Catholic. Watching Italian movies should help give one an idea as to how Italians think, and what their culture is like, outside of food and religion.
City of Women (1980)
(2/2)
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