#juan eduardo cirlot
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honouredsnakeprincess · 1 year ago
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I think we can say, therefore, that Juan Eduardo Cirlot predicted arknights and the stultifera navis event.
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day-at-rhodes-island · 1 year ago
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i have already posted this myself, but i figured you might find it amusing. it is an excerpt from a digitized copy of Juan Eduardo Cirlot's A Dictionary of Symbols, the second edition thereof.
Funny how things line up sometimes.
While we're on the topic, some quick history I think is neat:
After the medieval period the ship of fools trope became widely used by renaissance humanists to criticize both the complexity of medieval christian theology and the rampant corruption in the catholic church pre-reformation. By making the characters fools the authors could bring up these criticisms while maintaining plausible deniability that they were just "writing foolish characters and definitely didn't believe any of those things officer".
Also, the ship of fools as a trope goes all the way back to a Platonic allegory. That's a capital p Platonic, as in, written by Plato.
It's not so common to see these days, but I think Arknights did it justice.
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jurakan · 1 year ago
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A fun fact for this fun Friday, please?
Alright, Anon! Today You Learned about the Starbucks logo!
So, there’s an exhibit at the local library with an artist from the area, and one of the paintings is a black mermaid, which the sign says that it’s a depiction of Yemoja, the Yoruba orisha of rivers and mother of the orishas.
[‘Orishas’ is often translated as ‘gods’ but YMMV on how good of a translation that is.]
Anyhow, the caption goes on to explain that Yemoja is also depicted on the Starbucks logo!
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Except, um… no, she’s not.
Aside from the question of whether or not Yemoja is even traditionally depicted as a mermaid–she is now, but from what I can tell that’s a modern thing–the history of the Starbucks logo has been a question of extensive research, weirdly enough! The official claim, made by company spokeswoman Valerie O’Neil in 2006 is that it’s a siren, because “a mermaid with two tails is a siren in Greek mythology!”
Which, uh, no. In old Greek mythology, sirens aren’t mermaids at all. And the idea that a mermaid with two tails is designated as a siren is found exactly nowhere in Greek sources.
Some have said that it’s Melusine, a figure from medieval mythology (maybe worth a Fun Fact one day?), but ultimately, someone from the company claimed it was based on a “16th century Norse woodcut.” Except a Yale grad student revealed that there’s no such thing! As near as they can tell, the two-tailed mermaid image they’re referring to was from a book, Dictionary of Symbols, by Juan Eduardo Cirlot, a 20th century Spanish scholar who got the image from a 15th century German illustration.
In short, the people at Starbucks don’t know where they got their own logo from, but it’s not Yemoja!
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carolinadpasada · 2 months ago
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Ciudad: La imagen de una ciudad corresponde hasta cierto punto al simbolismo general del paisaje,
del que es un elemento -en el aspecto representativo-, interviniendo entonces en su significación el importante simbolismo del nivel y espacial, es decir, la altura y orientación en que aparece. En la génesis de la historia, según René Guénon, existía una verdadera «geografía sa-cra» y la posición, forma, puertas y ordenación de una ciudad con sus templos y acrópolis no era nunca arbitraria ni se dejaba al azar o al sentido utilitario. De otro lado, el hecho de fundar una ciudad estaba en estrecha conexión con la constitución de una doctrina y por ello la ciudad era un símbolo de la misma y de la sociedad dispuesta a defenderla. Los muros de la ciudad tenían carácter mágico (símbolos de la limitación dogmática), lo que explica la justicia del fratricidio de Rómulo. Durante la Edad Media, y con carácter más emblemático que simbólico, los relieves ornamentales de capiteles, dinteles y tímpanos muestran con gran frecuencia el esquema de una silueta de ciudad murada. Constituye una prefiguración de la Jerusalén celeste. A veces, se ve a la puerta de la muralla un ángel armado con espada. En toda la Antigüedad se personificó a las ciudades en matronas. En: Diccionario de Símbolos. Juan Eduardo Cirlot.
*Imagen: Diccionario abreviado del surrealismo, André Breton y Paul Eluard. Frase de G.H.(Georges Hugnet)
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pensierodelgiornoblog · 5 months ago
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Significato simbolico del castello
Il simbolismo del castello è complesso. Secondo Juan Eduardo Cirlot nel “Dizionario dei simboli“, il simbolo del castello è “derivato allo stesso tempo da quello della casa e da quello del recinto o città murata”. Nell’arte medievale, le città murate rappresentavano l’anima trascendente e la Gerusalemme celeste. I castelli rappresentano anche il “difficile da ottenere” e la prova spirituale.
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lucianopagano · 9 months ago
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Appunti per una presentazione di «Se tolgo il nodo», Anna Rita Merico
L'1 marzo 2024, a Maglie, presso la Galleria Capece, nell'ambito della rassegna «Il marzo della poesia» a cura della Fondazione Capece, si è tenuta la presentazione della raccolta di Anna Rita Merico «Se tolgo il nodo» di recente edita da Musicaos Editore. Qui di seguito il testo del mio intervento.
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L’immagine del Minotauro nel racconto di Friedrich Dürrenmatt, posta in principio di «Se tolgo il nodo», pone l’attenzione su due elementi. 
Il primo, più evidente, è l’invito a osservare la diversità in modo differente, ovvero a guardare diversamente tutto l’impianto di valori con cui la mitologia si racconta attraverso i secoli. Il Minotauro infatti è una figura che in nessuno di noi, nella sensibilità comune, ispirerebbe fiducia, tenerezza, compassione.
Il secondo aspetto è nel carattere del Minotauro, che è un figlio mostro non voluto, nascosto all’interno di un labirinto. Come ci ricorda Juan Eduardo Cirlot, nel suo «Dizionario dei simboli», il labirinto viene costruito o raffigurato anche per intrappolare i demoni che, una volta al suo interno, non sarebbero stati in grado di sfuggire da esso; sempre Cirlot, citando Mircea Eliade, scrive che compito del labirinto è quello di proteggere il Centro, il Mistero. 
Il Minotauro posto in questo nuovo labirinto è un mistero nascosto, è un invito a entrare in una dimensione in cui si attueranno diversi capovolgimenti di senso.
Tutta la struttura di «Se tolgo il nodo» procede per inclusione di un nucleo nell’altro, dai ringraziamenti a Mario Tobino, Franco Basaglia, Michel Foucault, Ronald Laing, all’ingresso nell’antro del labirinto del Minotauro, alla nota di Antonio Nazzaro che precede i testi, ed è inclusa a sua volta nell’“opera”.
Anche questa traccia iniziale merita una nota, dato che gli autori citati hanno tutti a che fare con il tema della reclusione-isolamento associato al trattamento psichiatrico dell’anima. Sempre secondo Diel, ultimo citato da Cirlot a proposito di labirinto, quest’ultimo simboleggia proprio la psiche.
Quindi ricapitolando da questi primi riferimenti posti in principio di «Se tolgo il nodo», comprendiamo come questa raccolta si inscriva intimamente nel percorso poetico tracciato sin qui da Anna Rita Merico, decidendo di affrontare con la scrittura un tema legato al rapporto tra psiche, corpo, socialità, apertura-chiusura.
Non è un caso se la scelta cade su pensatori agenti nel sociale e non su filosofi o poeti tout court.
Il registro è volutamente intimo.
Il dialogo è tra forza bruta del fatto sociale, realistico, e reazione di un vissuto corporale, dove qui però è assodato che quando si parla di individuo si parla di un ente in cui anima e corpo condividono tutto, come sosteneva Friedrich W. Nietzsche nel suo Zarathustra, noi “non abbiamo” un corpo, noi “siamo” un corpo.
La “bava di ragno”, il linguaggio come “tentacolo filiforme”, sottolineano quanto evanescente sia il legame che dalla parola conduce alla cosa.
Il corpo è soggetto nella sua interezza, l’io non è un insieme organico privo di consapevolezza, l’io ha contezza materiale, nella riflessione, di tutti i suoi frammenti, che cerca di tenere costantemente uniti.
Espressioni utilizzate dalla poeta coma“affilata nientificazione”, “un filo potente scuce” riportano all’immagine di quel filo che serve per circolare nel labirinto senza smarrire la via del ritorno, “e perderò il dentro e il fuori / e non sapevo se la mente fosse oggetto tra gli oggetti”.
La poesia di Anna Rita Merico, che già in altri luoghi ha fatto i conti con un moto di decentramento dell’Io dal proprio mondo soggettivo, con un rifiuto pressoché totale di ogni rappresentazione e presentazione dell’Ego a scapito dell’individualismo, qui presenta una prima persona che pur avendo consapevolezza di ciò che esperisce col proprio corpo, si trova smarrita, persa e frantumata in particelle, “oggetto tra gli oggetti”.
C’è un testo, “Santità”, nel quale al corpo accade il trascendimento, un percorso transumano, quello che accade, prefigurato da più di trenta anni di arte performativa e adesso giunto alle soglie dell’estetica poetica. 
La trasformazione e la mutazione non sono tuttavia qui etichette di comodo, non si tratta di un manierismo tentato per mettersi alla pari di un “discorso generale” – anche poetico – in atto, proprio Foucault definiva un discorso come “insieme degli enunciati che appartengono a uno stesso sistema di formazione”, potremmo proseguire con ”sistema di formazione poetico”: 
«Se tolgo il nodo» è un richiamo implicito allo smarrimento vero, reale, tangibile, sanguigno, bavoso, scabroso, escoriato. 
«Se tolgo il nodo» il ritorno al di fuori del labirinto mi è precluso, sono perso.
Le “energie filate”, i raggi, ricordano la presenza di un corpo estatico nelle ultime poesie di Antonin Artaud.
In “Storie” c’è la negazione dell’amore nell’attesa, un corpo attende un altro corpo, ciò che arriva è un corpo che ha l’urgenza di trovare un oggetto, una discarica imbellettata come un manichino in vetrina, con l’ossessione che ritorna ciclica “bella bella bella bella bella bella”, ripetuta sei volte, svuotando di significato la bellezza. La ripetizione è utilizzata proprio per svuotare la poesia della sua funzione di ritornello accomodante.
C’è un rapporto di ridefinizione dell’oralità, nel verso frantumato che stilisticamente ha oltrepassato una fase legata alla rappresentazione poetica del linguaggio.
L’oralità della poesia è colta in presa diretta, sul corpo-ventre-stomaco, non dice più coi termini della razionalità, percorrendo però con raziocinio il crinale di un delirio lucido, “il mio stomaco è sottile linea di leppe [...] otre di rabbia”.
È importante in questa ricerca l’utilizzo del vuoto, degli spazi, delle percorribilità sulla pagina di un testo che è anche spaziale, territorio.
Anche se i presupposti teorici affondano le radici nel mito per una sua revisione, questa raccolta è con molta probabilità quella meno radicata, seppure l’azione poetico performativa si accompagni a diversi luoghi e relazioni «Se tolgo il nodo», quest’opera presenta un messaggio urgente, di scuotimento etico.
Quando l’autrice utilizza termini come “otre”, “cotenna di nervo”, richiama i termini di un’area animale. La sacca animale utilizzata come otre per l’acqua, l’otre in cui Eolo consegna i venti imbrigliati a Ulisse. 
Quello che si cerca è un disperato aggancio tra corpo e animale. “Digiuno in spirali nervose” ci dice che il nutrimento è acquisizione dello spirito, ma non perché il corpo diventa spirito, ma perché lo spirito non è stato mai altro che corpo.
L’immagine del filo che cuce, che sutura, che collega i punti della pelle, che unisce le carni, è altrove associata a quelle del graffio, della ferita, della crepa.
In testi come “Rostri”, “Fusioni” c’è la certezza che per Anna Rita Merico la parola non sia più un fatto referenziale, un circuitare tenuto a bada tra significante e significato.
La parola assume qui la stessa valenza che assume in teatro, nella singolarità di una scena vivida che non è solo raccontata. Tutti i richiami alla corporeità gettano un ponte di prossimità con il lettore che non può non provare ciò che legge, che appartiene a un suo passato remoto, rivivere lo strazio, se vogliamo, dello strappo, della perdita, perché è di sé stesso lettore che trova le tracce. In tal senso questa è una raccolta che presenta una visuale interiore che diviene nostra.
Una comunanza di isole che si incontrano, come accade nel testo “Abitudini”.
La suggestione di partenza è un gesto che lega, come un collare, che in realtà concretizza un’amicizia.
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La poesia contemporanea, quella che dal secolo scorso lega autori come T. S. Eliot, Paul Celan, Josif A. Brodskij, Wisława Szymborska, e arriva ai giorni nostri con autori che legano il corpo alla scrittura, come Durs Grünbein – nel nostro paese potremmo citare Amelia Rosselli e Valerio Magrelli – è una poesia in cui il sostrato filosofico, le ragioni, sono sempre collegate a ciò che si scrive. La scrittura di Alda Merini è uno scavo profondo, a partire dalla psiche in dialogo con le fonti letterarie e bibliche, del suo vissuto corporeo, è anche per e grazie a lei se siamo qui a parlare di un “Marzo della poesia”, perché nel giorno del suo compleanno è stata fissata la data per la “Giornata Mondiale della Poesia”.
Concludo con una riflessione proprio sul significato della “Giornata Mondiale della Poesia”, in relazione alla scrittura di Anna Rita Merico. Quando diciamo “Mondiale”, diciamo che sarà la giornata mondiale della poesia anche in India, in Sudan, in Uruguay, in Siria, in Giappone; luoghi che se hanno subito il mito, come il Minotauro ad esempio e il Labirinto, come fattore culturale da ibridare con la propria esperienza. Il passo di Anna Rita Merico è un passo in avanti, nella consapevolezza che poesia e pensiero, inscindibili, devono discutere e mettere in discussione il mito. La “Giornata” in tal senso, non può essere concepita come “Giornata della Poesia Occidentale”.
https://musicaos.org/se-tolgo-il-nodo-anna-rita-merico-poesia-44/
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linguistlist-blog · 1 year ago
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TOC: Revue Romane Vol. 58, No. 2 (2023)
ICYMI: 2023. iii, 153 pp. Tabel of Contents ARTICLES LITTÉRAIRES Pragmática y simbolización: Una propuesta de análisis de poemas de Juan Eduardo Cirlot Carlos Frühbeck Moreno pp. 185–211 Raymond Roussel et Édouard Levé : deux poétiques des décalages Hermes Salceda pp. 212–229 Alfabeto para o fim do mundo: Para uma leitura multimodal de Hífen, de Patrícia Portela Filipe Senos & Paulo Alexandre Pereira pp. 230–245 ARTICLES LINGUISTIQUES Alternating Italian thetic and sentence-focus constructions: http://dlvr.it/Sxg2Ny
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momonies-diaries · 2 years ago
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Contexto última pieza
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-Cirlot, J. (1992). Diccionario de símbolos. Recuperado 27 de abril de 2023, de http://www.ignaciodarnaude.com/textos_diversos/Cirlot,Juan-Eduardo,Diccionario%20de%20simbolos.pdf
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cuadernodeviajesleovicent · 2 years ago
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JUAN EDUARDO CIRLOT, POETA, SERVIDOR DE LA ROSA
En nuestra literatura, uno de los más grandes poetas de todos los tiempos: Juan Eduardo Cirlot. ¿Perdón?… ¡Ah! ¿Que no han oído hablar de él? Precisamente por eso. “A través de los siglos / entre la pompa y la fatiga de la guerra / me he esforzado, he combatido y he perecido mil veces […] con aspectos y nombres distintos / pero siempre era yo/ en la contienda eterna.” General Patton (en el Film Patton, de Franklin J. Schaffner,1970)
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las-microfisuras · 3 years ago
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Te debo
el orden y la paz que me conceden
abrirme hacia mi abismo cuando el oro
profundo de mi cielo me lo manda.
Te debo estar escrito
- Juan Eduardo Cirlot en Del No Mundo. Poesía 1961-1973
- Collage de Johanna Calle, 2012
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collageazul · 3 years ago
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He mirado largamente el resplandor de tu ausencia que me ha parecido más dulce, más poderosa que todas las presencias.
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honouredsnakeprincess · 1 year ago
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if i was a mage, my spells would be scribed in metaphor in the margins of my copy of A Dictionary of Symbols.
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villings · 2 years ago
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Que las orquestas ciegas del martirio acaben con los bosques, y los fuegos de este incendio final, sacramentario. Bronwyn, si no puedo ser tú, si no podemos ser ángel, ¿por qué la niebla es gris sobre el mar gris?
Juan Eduardo Cirlot
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algunloco · 3 years ago
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Juan Eduardo Cirlot, «Berceuse», de Oda a Ígor Strawinsky
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surrealistnyc · 3 years ago
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Juan Eduardo Cirlot's A Dictionary of Symbols has been published in English translation for the first time, available from NYRB Books.
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aschenblumen · 4 years ago
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Las granadas de Parajanov abundan en estos planos dedicados a la abundancia del amor. Una entrada del diccionario de símbolos de Eduardo Cirlot es suficiente para sopesar su importancia:
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