#io cambio libro
Explore tagged Tumblr posts
Text
mi sento troppo stupida per leggere le memorie di adriano di m. yourcenar e non ci sto riuscendo, sarà che è scritto un po' complicato (lo trovo bellissimo), sarà che sono sempre stanca, sarà la deadline, sarà che mi sto mettendo troppa pressione addosso perché mi piaceva l'idea di leggerlo e ci tenevo a finirlo prima dell'ultimo incontro del club del libro ma di questo passo non farò in tempo. mi dispiace, perché di storia classica non so niente o quasi e voglio imparare. penso comunque che andrò lo stesso lì, in mezzo a studenti di lettere classiche, e dirò perdonatemi per la mia ignoranza, mi sento un pesce fuor d'acqua ma voglio imparare quindi permettetemi di partecipare come ascoltatrice alle vostre discussioni colte, io in cambio posso leggere e tradurre un poema di lermontov per voi perché questo almeno dovrei saperlo fare, che ve ne pare?
15 notes
·
View notes
Text
Noi non sappiamo niente.
Nel mondo nuovo siamo tutti ignoranti, tutti, ma c'è sempre quella persona che sa tutto, quello che qualsiasi argomento si discute lo conosce benissimo, il famoso esperto tuttologo, che si parli di sport, di clima, di astrofisica, di storia lui sa tutto e tu non sai niente. Eppure ognuno di noi ha un campo in cui è esperto che sia per lavoro, per hobby o per piacere qualcosa la sa, ma in quel caso il tuttologo ne sa più di te, anche se tu hai passato 40 anni in quel campo. A volte però basterebbe usare la logica per comprendere le cose, per esempio, io non ho mai capito la convenienza che c'è dietro il cambio dell'orario, visto che l'abbiamo fatto per l'ennesima volta sabato e che spesso coincide col mio compleanno, ricordo in quinta elementare una mia compagna fece la domanda alla maestra e lei rispose che è per il risparmio energetico, da quel momento ho sempre pensato che ci prendono in giro, per logica se d'inverno fa buio prima servirebbe un'ora in più invece di una in meno in modo da dover accendere le luci dopo e non prima, dall'altra parte se fa buio più tardi servirebbe un'ora in meno, sembra logico ma a quanto pare non lo è visto che a nessuno ha mai sfiorato il pensiero che lo fanno per farci spendere di più sulla bolletta. Quando lo feci notare ad alcuni amici anni più tardi uno di loro disse che comunque si recupera d'estate, si ma l'estate dura meno dell'inverno e per bilanciare sarebbe buono fare al contrario, ma nessuno ha mai dubitato, come se chi ha fatto questo calcolo non potesse sbagliare perché sapeva benissimo tutto quello che c'è da sapere sul risparmio energetico, a me sembra una cavolata, una delle tante cose che ci propinano dandoci una giustificazione falsata per il tornaconto dei numeri.
I tuttologhi sono quelli che ti sbandierano un foglio di carta in faccia e che ti deridono perché tu quel foglio non lo hai, nel mio campo, la musica, ho sempre avuto a che fare con personaggi di vario tipo, questo ha prodotto un numero molto alto di esperienze sia musicali che umane, a volte ottime (c'è sempre da imparare qualcosa da qualcuno) altre volte pessime ed erano proprio quelli che sventolavano il fogliettino, sapendo tutta la teoria musicale studiata a pappagallo, una volta era obbligatorio sapere certe nozioni a memoria, dogmi assoluti. Per carità la musica è un linguaggio e se vuoi parlare bene una lingua devi conoscere la grammatica, la semantica, il significato delle parole, ma è anche una forma d'arte e come tale puoi crearti un tuo linguaggio (cosa che si può fare anche con la lingua parlata e scritta per altro), quindi quel foglio di carta è un optional che per quello che so ti rinchiude dentro il dogma come in una gabbia.
Spesso faccio l'esempio dei pittori del passato, persone che ci hanno lasciato capolavori senza tempo e senza nessun foglietto di carta, gli architetti romani costruivano monumentali strutture e senza foglio, e così via perché nel passato era l'esperienza e il lavoro a dare la conoscenza. Certo i tempi sono cambiati e se vuoi imparare devi studiare, ma a me sembra che le scuole siano un luogo di indottrinamento a dogmi precompilati senza dare all'individuo il dubbio su quello che si sta studiando, dubitare, porsi quesiti è una base per poter andare oltre a quello che c'è scritto nel libro o che dice il professore. Per questo dubito che il mondo nuovo che stiamo vivendo sia a misura di uomo (e donna visto che non siamo solo tutti uomini). Ogni volta che vado al supermercato mi viene la pelle d'oca e rabbrividisco solo al pensiero che quel luogo è il nostro labirinto dei topi, sappiamo bene oramai che i prodotti sono messi in un ordine ben stabilito, in una sequenza che ci induce a seguire un percorso e a comprare i prodotti che vogliono loro, quelli messi ad altezza occhi di solito, sappiamo che la carta di sconto è una trappola per sapere quali prodotti compriamo e con quale frequenza, questo non lo sanno in molti, e così facendo creano dei dati con cui possono migliorare il metodo di vendita, e tante altre belle cose che gli esperti di vendita sanno perché hanno il loro foglio di carta con su scritto DIPLOMA DI VENDITORE. Dove voglio andare a parare? Sul fatto che viviamo in un mondo preconfezionato da esperti con fogli di carta, che hanno imparato a loro volta da altri esperti con fogli di carta, che a loro volta hanno preso ordini precisi da chi ha studiato un sistema stagno per fregarci. La massa è inconsapevole, vede che la vita è questa e non riesce a vedere che ci sono modi di vivere diversi, che in realtà anche nella stessa routine di vite monotone le persone vivono in modo diverso, ma l'omologazione rende tutto piatto e anche se tu ti svegli ad un orario diverso dal mio pensi che io faccia le tue stesse cose e se comprendi che non è così perché io non faccio la tua stessa vita dici che non sono normale, e qua mi fermo perché a questa parola ho già dedicato tutto il mio disprezzo, ma non tanto al termine in se ma al modo d'uso del termine.
youtube
3 notes
·
View notes
Text
Cambio di strategia
Da ragazzo ero un lettore ostinato. Quando iniziavo un libro lo portavo fino in fondo. Anche quando si rivelava noioso oppure una boiata galattica. Negli anni ho cambiato strategia. Se un volume non mi piace o non mi convince, lo mollo. Perché toglie tempo a opere più interessanti che mi stanno aspettando. Allora lo porto alle casette per lo scambio dei libri. Sono sicuro che altri potranno apprezzarlo più di quanto non abbia fatto io.
9 notes
·
View notes
Text
Stasera sono andato a Firenze per ascoltare Beatrice Mautino alla Feltrinelli in piazza della Repubblica. Sono stato indeciso fino all'ultimo poi ho pensato che era meglio fare qualcosa di diverso invece di stare a casa a perdere tempo. Quindi ora l'ho vista ben due volte. ✨ Presentava il suo ultimo libro. Sono andato via senza mettermi in fila per il firmacopie, anche se avevo con me il libro, perché avevo ordinato un poké da ritirare per un certo orario. Ho voluto prenderlo per provare a ottenere la tessera vip (sconto del 20% sugli ordini pagati di persona, in assenza di altre promozioni), e me l'hanno data. Ne stanno dando in occasione del cambio del fondo. Ora il locale è un pochino più spazioso, prima non c'erano tavoli. Al ritorno in tramvia ho visto un mio amico che tornava da lavoro.
Mi sono sentito socialmente a disagio per la maggior parte del tempo di questa uscita. Che fatica. Ma credo ne sia valsa la pena. Alla Feltrinelli con una ragazza, mentre cercavo di capire dove si sarebbe svolta la presentazione, non riuscivamo a metterci d'accordo su chi dovesse passare da dove. Credo che abbiate presente la situazione senza che io debba spiegarla in modo più preciso. Mi è venuto da sorridere spontaneamente, forse perché ho visto lei sorridere, sembrava tranquilla nonostante le sbarrassi la strada senza intenzione di farlo.
3 notes
·
View notes
Text
"Uno"
"-Posso venire lì? -Lì da te. Un attimo. Un solo istante. Giusto il tempo di abbracciarti. Voglio rubarti, in un abbraccio, tutte le tensioni, le paure, le attese, le stanchezze... e in cambio mi prendo il tuo profumo. Solo questo. -Posso? -Puoi."
Leggevo questa citazione del libro Se non ti incontro nei sogni, Ti vengo A cercare di Letizia Cherubino e mi ha fatto tornare alla mente quando volevo abbracciarti, tu brontolavi e io insistevo fino a quando non mi dicevi "sì, ma uno solo!". Con quell'uno tu intendevi un secondo, ma inevitabilmente diventavano anche due, tre, ..., finché non tornavi a fare il solito brontolone e mi dicevi "basta". Che poi facevi tanto il duro, ma quando ti abbracciavo sentivo che ti rilassavi, che sorridevi e che ti lasciavi andare anche tu!
In quei momenti si rafforzava il nostro legame, il nostro "ci sono per te, nonostante tutto" e in quei momenti ci parlavamo senza proferir parola.
Mi mancano molto quei tuoi "Uno!"... Papà.
4 notes
·
View notes
Text
«¿O cómo habremos de decirlo, Teodoro? Pues si para cada uno va a ser verdad lo que opina (doxázei) a través de la sensación y una persona no distingue (diakrineî) mejor lo que otra experimenta, y si uno no puede tener más autoridad para examinar si la opinión (dóxa) de otro es correcta o falsa, sino que, como se ha dicho muchas veces, cada uno sólo podrá juzgar (doxásei) si todo Io suyo es correcto y verdadero, ¿por qué entonces, amigo, Protágoras habrá de ser tan sabio que incluso justificadamente se considere maestro de los demás a cambio de altos honorarios, y por qué nosotros seríamos más ignorantes y tendríamos que frecuentar sus lecciones si cada uno es medida de su propia sabiduría? ¿Cómo no habremos de afirmar que Protágoras dice esto para ganarse el favor popular? Guardo silencio en cuanto a mí y en cuanto al ridículo al que nos exponemos debido a mi arte de hacer parir, y creo que lo mismo sucede con la actividad dialéctica en su totalidad. Si La Verdad de Protágoras es verdadera y [él] no habló en broma desde lo más íntimo de su libro, ¿no es una enorme e inmensa tontería inspeccionar e intentar refutar las apariencias (phantasíai) y opiniones (dóxai) de unos y otros, si las de cada uno son correctas?»
Platón: Teeteto. Editorial Losada, págs. 121-122. Buenos Aires, 2006.
TGO
@bocadosdefilosofia
@dias-de-la-ira-1
#platón#teeteto#protágoras#relativismo#opinión#dóxa#verdad#sensaciones#individuo#hombre#medida#sabiduría#conocimiento#apariencia#mayéutica#dialéctica#ética#sofística#sofista#época antigua#filosofía griega#teo gómez otero#prostitución del saber#maestro de la virtud#comadrona#arte de hacer parir#ayudar en el parto#hombre-medida#individuo-medida#favor popular
4 notes
·
View notes
Text
Stamattina ho letto che è uscita una sentenza della corte europea dei diritti umani (con esito positivo per l'autrice, Neringa Dangvydé Macaté) su un caso di censura e bando di una raccolta di storie per bambini pubblicata in Lituania in cui c'è n'è una con una relazione lesbica. E io ero sicura di aver letto di questa faccenda prima che uscisse la sentenza, qui sul tumblr, ma non sono riuscita a trovare il post con l'app e nemmeno da pc x_x (però ne trovato un altro del 2018 che comunque parlava del caso)
Sono sicura di averne letto qui perché si raccontava che era stato censurato perché ad un certo punto < spoiler> la principessa e la figlia del calzolaio si addormentavano insieme, tipo mano nella mano </spoiler>, e questo dettaglio mi aveva fatto tenerezza *_* (oltre che molta frustrazione per il fatto che fosse questo genere di dettaglio a far considerare inadatto un libro a dei bambini e_e)
Siccome la questione della censura per i contenuti rivolti ai bambini è un argomento che mi interessa dai tempi della mia, di giovinezza, con il moige a fare da censore supremo, e quella sui contenuti lgbtq in particolare è una censura ancora particolarmente stupida e bastarda, quando ho visto la notizia stamattina ho riconosciuto la storia.
Nel cercare informazioni in giro ho trovato il libro in versione inglese: si chiama Amber Heart e l'hanno messo a disposizione autrice ed editore qui in versione illustrata. Alla fine c'è anche un breve resoconto della vicenda della censura.
L'autrice Neringa Dangvydé Macaté nel frattempo purtoppo è morta, ma i suoi eredi hanno portato avanti la causa, supportati anche da alcune associazioni, e chissà che questa sentenza non faccia da punto saldo per una svolta nel settore.
Una storia "incriminata" è quella intitolata THE PRINCESS, THE SHOEMAKER’S DAUGHTER, AND THE TWELVE BROTHERS, circa 20 pagine, ed è molto carina *_* anche le illustrazioni sono molto dolci e delicate, perfette per un libro di fiabe che vogliono sembrare un po' "classiche". Mi ha ricordato un po' quella dei fratelli che si trasformano in cigni e anche Prezzemolina, che aveva il cancello ed altri oggetti della casa delle streghe, anzi, delle fate, che reagivano al suo comportamento. Ci sono anche altri elementi più o meno tipici del folklore europeo, la vecchia strega nel bosco, l'arma tagliente nel letto, le notti insonni della protagonista, il travestimento con cambio di genere, le classiche prove impossibili per conquistare la mano della principessa tipo quelle di Tremotino, la prova della generosità e il pentolino magico. Bellissimo il finale, anche questo una novità rispetto alla tradizione, che personalmente metterei in coda a tutte le storie con principi e principesse e nobiltà varia.
Un'altra è quella dei tre principi, e mo' me la vado a leggere con una bella tazza di tisana calda che è quasi l'ora della buonanotte ^_^
#Neringa Dangvydé Macaté#fairy tales#children's books#books#lgbtq representation#lgbtq+#politics#lithuania#storytelling#cose mie#in questi giorni
6 notes
·
View notes
Text
2 gennaio 2025 (ma pubblicato il 9 gennaio)
Capodanno non mi piaceva quando ero più piccolo, lo passavo sempre con i miei genitori, da qualche parte in Italia oppure a cena assieme. Andavo a letto presto. Invece da qualche anno lo passo con i miei amici – prima a Venezia e ultimamente a Padova – e ogni volta capisco il valore di passare del tempo con le persone a cui voglio bene.
Non mi piacciono i buoni propositi. Non mi piace l'idea di cominciare un nuovo anno con una maschera nuova. Sono sempre lo stesso ed ogni giorno cambio età: non ho bisogno del primo gennaio per iniziare qualcosa di nuovo. Mi sono comunque posto alcuni obbiettivi, delle linee guida: imparare a parlare lo spagnolo, fare due stage nel mondo dell’arte (vetreria a Murano e galleria a Parigi?), imparare a fare la verticale, non esitare, pelle pulita, imparare a cucire (bene), fare più quello che voglio e meno quello che devo.
Sto studiando molto in questi giorni. Arrivo alla VEZ verso le nove e tre quarti, mi siedo e studio, ma mai abbastanza. Erano anni che non ci entravo, ma quando ho salito le scale, con i muri affrescati, il marmo pitturato sull'intonaco, non ho provato particolare nostalgia. Ho dovuto rifare la tessera – avevano ancora il mio nome nel database, nonostante io non venissi dalla prima superiore. Pioveva spesso, non pranzavo e venivo a tradurre le mie versioni nei tavoli all'entrata, le scarpe bagnate.
Ho realizzato che la differenza tra la storia dell'arte e la giurisprudenza è che della seconda mi piace il fine, l'affare concluso, il poter aiutare gli altri, mentre della prima mi piace il processo stesso, l'analisi dell'opera, scoprire cose nuove. Mio padre mi ha regalato un libro su Pollock e Rothko (per continuare il ragionamento sui regali iniziato a Natale: se da un lato fa male sentirsi degli sconosciuti, dall'altro mi sento violato quando ricevo un regalo che effettivamente mi piace da parte di mio padre) e per quanto l'autore scriva in maniera orrida, mettendo troppo della sua personalità nella narrazione, che normalmente non sarebbe un problema se non fosse che la sua personalità è fastidiosa (non sono tuo amico – non parlarmi così), il libro mi ricorda che mi piace effettivamente la storia dell'arte. L'ho dimenticato spesso questo semestre. L'ultima volta che me ne sono ricordato è stata all'esposizione Arte Povera alla Bourse de Commerce, Pinault Collection a Parigi. Studiare storia dell'arte mesoamericana mi fa schifo.
A capodanno ho preso il treno con Cecilia. Lei aveva mal di testa e non abbiamo parlato molto – Clara è venuta a prenderci in macchina con sua cugina Alice, che era molto agitata. Mi sono chiesto se avesse cambiato medicine, perché mi sembrava molto più tremante, preoccupata, del solito. Cecilia ha preso un oki; a volte vorrei che esistesse un oki per far sentire meglio anche me, una tachipirina per i momenti in cui vedo le macchine e devo fissare le strisce pedonali per trattenermi dal camminare in strada con il rosso.
Ci siamo preparati da Clara, dopo aver fatto una piccola spesa. Mi sono sentito carino, portavo un top di raso smanicato, con una scollatura a drappeggio, che però ho messo con una spallina abbassata. Mi sono coperto le palpebre e i punti alti del viso di ombretto trasparente e brillantinato e mi sono rispruzzato il profumo prima di uscire.
Alla festa eravamo una sessantina. Ho quasi baciato due persone. Ho ballato molto con un mio amico etero, che solitamente non balla mai ma che quella notte mi ha messo le mani sulla vita. Ho bevuto troppo, ma sempre la stessa cosa e quindi non mi sentivo ubriaco, semplicemente molto leggero. Non sono mai stato solo – in terrazza a fumare c'erano sempre persone, in bagno la coda era lunga, in soggiorno c'erano sempre gruppetti seduti sui divani a mangiare, vicino ai drink c'era sempre qualcuno a mischiare varie cose nel bicchiere. E quindi ho pensato a Matteo e ho pensato a Roberto e ho pensato a tutto, come sempre, ma poiché non ero solo non mi sono lasciato andare alla deriva, aggrappandomi ad ogni conversazione, sorridendo a persone che non vedevo da molto, presentandomi a quelli che non avevo mai visto.
0 notes
Text
NINNA, NANNA PILLOLINA
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Ti chiedi come sto,
dal mattino alla sera?
I gesti si ripetono,
per non impazzire,
non pensare.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Ti prendo,
non mi ricordo più il dolore,
metto le cuffie per non sentire le parole,
l'ipocrisia che cade dal ciel in giù.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Un regalo inappropriato,
di cattivo gusto,
mal pensato,
sarà uno dei paragrafi nel libro, a dire il vero,
non rappresenterà l'educazione,
esprimerà solo la maleducazione.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Sono un artista in continua mutazione,
cambio così velocemente,
aspirando alla perfezione.
Sarò forte,
sarò perfetto,
sarò come l'angelo maledetto.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Le conseguenze indelebili,
del trauma profondo,
complesso,
scattano ad ogni associazione
e non mi sento più al sicuro,
da nessuno,
nessuna parte,
neanche da me stesso,
bloccato nell'ascensore con me stesso.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Pillole amare scorrono in gola,
il veleno che avanza non lascia parola.
Io ho scelto l'arte,
come dono fatale,
ma sappi che tutto è uguale.
Tutto è noioso,
insignificante,
la gioia dura forse solo un istante.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Tanti auguri a me e non a te.
Da adesso in poi,
il karma non sbaglierà
e giustizia divina manifesterà.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Il pensiero ossessivo mi stringe il cervello,
un eco che urla:
"Non sarai mai più felice, pillolina.
Sarò il tuo cancro.
Invaderò la tua realtà,
espanderò le mie mutazioni,
con velocità."
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Parole su parole,
incise nella mente,
tradotte nel libro DELLAMORTE.
Le lettere scorrono,
leggi,
rileggi,
non capisci,
fantastichi e impazzisci.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Ogni azione è d'ispirazione,
per creare l'arte,
darle vita all'emozione.
Sarò ancora più forte,
sarò la perfezione,
rappresenterò la tua imperfezione,
aprirò le porte dell'inferno,
per questa occasione.
Tanti auguri a me,
tanti auguri a te,
ninna,
nanna pillolina,
non sei innocente,
né carina.
Quando il mondo si sgretolerà,
sarò lì,
a guardare senza parole.
Non proverò emozioni,
compassione,
empatia.
Sarò lì a osservare,
pregando la morte di ritardare.
Sarò lì a leggere il libro DELLAMORTE,
all'infinito,
fino all'attimo predefinito.
Questa poesia, intitolata "NINNA, NANNA PILLOLINA," rappresenta un potente sfogo emotivo, una confessione poetica che intreccia esperienze personali di violenza, trauma e resilienza. Nasce dall'esperienza di essere vittima di abusi di varia natura, psicologici ed emotivi, che hanno lasciato segni profondi e indelebili.
Uno degli eventi scatenanti è stato un regalo crudele ricevuto per il cinquantesimo compleanno: una lettera di sfratto. Questo gesto, impregnato di ipocrisia e insensibilità, ha rappresentato il culmine di un accumulo di dolore e di ingiustizie. La lettera è simbolo della mancanza di empatia e dell'indifferenza che caratterizzano certi rapporti e situazioni di vita. Un dono amaro, "di cattivo gusto," che diventa il fulcro di una riflessione sull'ingiustizia e sulla maleducazione di chi lo ha inviato.
La "pillolina" menzionata nella poesia è una metafora per la dipendenza, sia fisica che emotiva, da qualcosa che aiuta a sopravvivere: può essere una medicina, un'idea, un'abitudine o un meccanismo di difesa. Tuttavia, la pillolina non è "innocente né carina"; è un simbolo ambivalente, che allevia il dolore ma al contempo perpetua la condizione di sofferenza. Essa diventa il filo conduttore di una ninna nanna distorta, un canto ossessivo che non porta pace ma che accompagna il protagonista nel suo viaggio tormentato.
La poesia si snoda tra immagini di dolore, alienazione e resilienza. Si parla di blocchi psicologici ("bloccato nell'ascensore con me stesso"), di un senso di insicurezza onnipresente e di lotta contro i pensieri ossessivi. Tuttavia, emerge anche una ricerca artistica, una trasformazione personale che cerca di canalizzare il trauma in creazione: "Io ho scelto l'arte, come dono fatale."
Il messaggio finale è ambivalente: da un lato, c'è la consapevolezza dell'imperfezione e della fragilità della condizione umana; dall'altro, emerge la forza dell'arte come strumento di resistenza e rinascita. La poesia non cerca di abbellire il dolore, ma di trasformarlo in un mezzo per comprendere e accettare, senza mai perdere la speranza nella possibilità di una rinascita spirituale e creativa..
La poesia è un'opera originale dell'artista Matjaž Dellamorte
ex Matjaž Borovničar
La poesia fa parte della serie delle poesie dal libro Poesie della Morte.
#Pillolina#Trauma#Maledizione#NinnaNanna#Oscurità#ArteComeRifugio#DolorePsicologico#Perfezione#AngeloMaledetto#AscensoreMentale#PensieroOssessivo#GiostraEmotiva#VelenoInteriore#GioiaFugace#RipetizioneGestuale#Ipocrisia#ResilienzaArtistica#IdentitàSpezzata#EmozioniBloccate#VitaNoiosa#Karma#GiustiziaDivina#Maleducazione#LettereIncise#LibroDellamorte#MutazioneCostante#CreativitàDalDolore#VisioneOscura#ParoleTaglienti#IllusioneDiFelicità
0 notes
Text
Ogni tanto penso a noi due, penso a quanto la nostra amicizia mi abbia fatto bene ma anche quanto male mi ha fatto quanto mi sono sentita piccola in confronto a tutto il male che ricevevo e soprattutto penso a quanto io ti abbia voluto bene, ma un bene vero uno di quelli che ti distrugge, che ti lacera dentro che quando ti allontanavi io dentro morivo. Penso ogni tanto ai nostri pomeriggi, alle nostre merende, ai nostri infiniti litigi e a tutto ciò che ci rendeva unite. Ad oggi non è rimasto niente se non qualche foto o qualche chiacchera di sfuggita, però quanto ci avrei voluto riprovare con te, quanto avrei voluto ricominciare tutto da capo, chiudere un libro e riaprirne uno completamente nuovo, riscrivere di nuovo tutte le pagine, salvarne qualcosa di quelle che eravamo, ma che so che non saremo mai più, sta volta per volere mio, perché io lo so che tu avresti voluto, so che tu avresti voluto avermi ancora al tuo fianco, anche se non lo dimostri, anche se pensi che io non me ne accorga di tutte quelle occhiate, quegli occhi lucidi quando mi guardi. Non smetterò di volerti bene e di volerti vedere felice, ancora oggi mi viene spontaneo proteggerti da tutti, anche se l'unica che avrei dovuto proteggere ero io, proteggermi da te, che ancora una volta mi hai dato la conferma che l'amicizia non esiste. Ricordati piccola peste che dopo di te solo amicizie insignificanti, perché dopo di te quella che ero una volta non c'è più, quella che dava bene in cambio di nulla, quella che per fare risplendere chi aveva a fianco spegneva se stessa, adesso pensa ad essere felice, a rendere felice se stessa e a darsi bene da sola, il bene che cerca da una vita, che nessuno mai è riuscito a darle, ha deciso di crearselo.
1 note
·
View note
Text
Quella migliore amica che ti spezza il 💔
Ciao a tutti oggi voglio raccontarvi la mia storia durata circa 1 mese.
Ho sempre avuto amicizie che poco dopo ti voltavano le spalle, ma a questa ci credevo fino in fondo.
Era il 18 dicembre 2024 quando ci siamo conosciute e tutto sembrava andare per il verso giusto, pensavo fosse la metà della mia anima incompleta.
Lei aveva un problema io c’ero, io avevo i miei problemi e lei c’era , fin qua nulla di anormale.
Io sognavo da tempo un IPhone e lei mi ha accontentata mettendosi d’accordo con il mio ragazzo ed io a mia volta le avevo regalato un libro intitolato “Come Sorelle” perchè per me lei era come una sorella. Così un venerdì andai da lei e ci siamo scambiati i regali ed è stata un’emozione unica e nel suo abbraccio mi sentivo a “casa”.
Ma le cose belle durano poco, infatti come ho anticipato prima ho sempre avuto amicizie false che mi hanno usato a modo loro e di questo ne ho sofferto molto, quindi aver creduto in questa amicizia è stato un passo importante della mia vita.
Quando però inizia a scriversi con il mio ragazzo di nascosto, anche se in realtà gli avevo letto le chat, sono partita in quarta dal nervoso e dalla mancanza di rispetto avuta nei miei confronti, il mio ragazzo non aveva fatto nulla di male perché, come anticipato prima, avevo letto le chat e non c’era nulla di compromettente, anzi lui è stato chiaro e diretto.
Quindi inizio a prendermela con lei scrivendole un lungo messaggio cercando di farle capire che ha sbagliato, ma lei invece di chiedere scusa che fa?! Inizia ad infastidirmi chiamandomi, insultandomi e facendo in modo di passare lei per la vittima della situazione e sinceramente ho chiuso i rapporti.
Mi è dispiaciuto moltissimo perchè credevo in questa amicizia nonostante fosse passato appena 1 mese. Comunque non so se sono io all’antica oppure le persone sono persone di merda, perchè io dò tutto e loro in cambio ti pugnalano alle spalle.
Detto questo scusate per lo sfogo, ma dovevo.
1 note
·
View note
Text
(n.) Il viaggio per cambiare la propria mente, il proprio cuore, il proprio io o il proprio modo di vivere; la conversione spirituale.
La parola "metanoia" è un termine che viene utilizzato in contesti filosofici, psicologici e religiosi, ed è molto profonda nel suo significato. Viene usata per descrivere un cambiamento radicale di mente, un'inversione di pensiero che porta a una trasformazione del proprio comportamento o della propria visione del mondo.
Esempi di frasi con "metanoia":
"Dopo anni di conflitto interiore, il protagonista sperimentò una vera metanoia, comprendendo finalmente il vero significato del perdono."
In questo esempio, "metanoia" descrive un cambiamento interiore che porta a un rinnovamento della comprensione o della percezione di sé e degli altri.
"La sua conversione religiosa non fu solo una semplice decisione, ma una profonda metanoia che cambiò radicalmente la sua vita."
Qui, "metanoia" indica un cambiamento spirituale o religioso che va al di là di un semplice cambiamento superficiale.
"In psicologia, la metanoia è considerata un processo di guarigione interiore che avviene quando una persona affronta le sue paure più profonde."
In questo caso, il termine è utilizzato nel contesto psicologico per indicare un cambiamento mentale profondo.
"Il libro esplora la metanoia del protagonista, che passa da un'esistenza meccanica e senza scopo a una vita piena di significato e consapevolezza."
Qui, il cambiamento interiore del personaggio viene descritto come una metanoia, che implica una trasformazione esistenziale.
Etimologia della parola "metanoia"
La parola "metanoia" deriva dal greco antico μετάνοια (metanoia), che è un composto di due elementi:
Μετά (meta), che significa "oltre" o "dopo". Questo prefisso è usato per indicare una trasformazione, un cambiamento o un passaggio.
Νοῦς (nous), che significa "mente", "intelligenza" o "ragione".
Pertanto, μετάνοια (metanoia) letteralmente significa "cambiamento della mente" o "cambio di pensiero". Nella sua accezione originale, era usato nel contesto della religione greca e cristiana per riferirsi a un cambiamento radicale nella mente e nel cuore, un pentimento o una conversione. Nella Bibbia, per esempio, "μετάνοια" viene tradotto spesso come "pentimento", riferendosi al cambiamento di cuore e mente che si manifesta nel comportamento.
Altri esempi di parole derivate da "metanoia" nella lingua greca:
Μετανοῶ (metanoó): Questo è il verbo che significa "cambiare idea" o "pentirsi". È usato nel Nuovo Testamento per indicare il pentimento come cambiamento interiore, non solo come rimorso, ma come un vero cambiamento della direzione spirituale. Ad esempio:
"Μετανοήσατε, ὅτι ἤγγικεν ἡ βασιλεία τῶν οὐρανῶν" (Matteo 4:17) – "Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino."
Μετά (meta): Questo prefisso, che significa "oltre" o "dopo", è estremamente versatile in greco. Viene usato in molte parole per esprimere cambiamento o transizione. Alcuni esempi:
Μεταμόρφωσις (metamórfosis): "Trasformazione", come nella famosa "Trasfigurazione" di Gesù Cristo nel Vangelo (Matteo 17:2).
Μεταφορά (metaforá): "Metafora", che significa un cambiamento o trasferimento di significato, in senso figurato.
Νοῦς (nous): "Mente" o "ragione", una delle parole più centrali nella filosofia greca. Il "nous" rappresenta la facoltà dell’intelletto o della ragione superiore, usata per comprendere la realtà e il mondo. È strettamente connessa al pensiero filosofico, come ad esempio nel pensiero di Platone e Aristotele, dove "nous" è l'intelletto che permette di cogliere le verità universali.
Uso filosofico e religioso di "metanoia":
In filosofia, "metanoia" rappresenta il concetto di un cambiamento radicale nel pensiero, un passaggio dalla visione precedente a una nuova comprensione della realtà. Ad esempio, Plato e Aristotele discutevano della necessità di un cambiamento nella "metafisica" e nella "conoscenza" per arrivare alla "verità" e alla "virtù", ma questi cambiamenti non si riferivano sempre a un mutamento interiore personale, come nel caso della metanoia religiosa.
Nel cristianesimo, "metanoia" ha acquisito una connotazione spirituale e morale. Gesù Cristo, nei Vangeli, invita le persone a "pentirsi" (metanoia) per avvicinarsi al regno di Dio. È un invito a cambiare il proprio cuore e la propria mente, abbandonando la vecchia via di vita e intraprendendo una nuova direzione spirituale.
Conclusione:
La parola "metanoia" ha una profonda origine etimologica che unisce il concetto di cambiamento e di mente, rappresentando non solo una trasformazione intellettuale ma anche una profonda evoluzione interiore. La sua ricca storia è strettamente legata alle tradizioni filosofiche e religiose della Grecia antica, ma è una parola che continua a essere rilevante oggi in ambiti che vanno dalla psicologia alla spiritualità, dal cambiamento personale alla riflessione filosofica.
METANOIA
[greek]
(n.) The journey of changing one's mind, heart, self, or way of life; spiritual conversion.
29 notes
·
View notes
Text
Si è svolta venerdì 10 novembre 2023 presso la Biblioteca “Al Tempo Ritrovato” di Sacrofano (RM) la presentazione del libro di Carla Cucchiarelli Io sono Nannarella. Intrigo a Firenze (Viola Editrice). Nel corso dell’incontro, moderato dalla giornalista Madia Mauro, l’autrice ha dialogato con Laura Vassalli (responsabile Relazioni Esterne dell’Associazione “Telefono Rosa”) e con la giornalista Rai Roberta Ammendola. Alcuni brani scelti sono stati letti da Monica Maggi (presidente dell’Associazione culturale Libra 2.0). «[…] Francesco fece segno di sì con la testa, pensando, sorpreso, che forse aveva una ventina d’anni più di lei, ma la Magnani lo trattava come un ragazzino. La donna si alzò in piedi e, sollevando il braccio che teneva la tazzina di caffè come se fosse la Statua della Libertà, ripeté la frase: “La cosa più importante è la libertà”. Poi si sedette di nuovo, bevendo tutto d’un fiato il caffè. “Mi piace il caffè bollente, grazie. Per essere il caffè di una macchinetta è proprio buono. Sarà che non ne bevevo uno da tempo. Dunque, scusi se cambio sempre discorso, ora le racconto. Sicuro che non l’annoi? Potrei avere una sigaretta?” “Non si fuma qui, siamo in ospedale!” Porta rispose con gravità, pensando che se fosse stato possibile avrebbero acceso una sigaretta dopo l’altra, insieme. “Lo vede c he devo uscire? C’ho ragione io!” e, mentre diceva così, la paziente fece un sospiro e una piccola pausa. “Insomma, era il febbraio del 1944 ed eravamo al teatro Valle, un posto che sembra una bomboniera. C’è mai stato lei? Deve andarci, glielo consiglio con il cuore, è bellissimo. La rivista si chiamava Che ti sei messo in testa? perché il titolo originale, Che cosa si sono messi in testa? era stato censurato. Io, tra gli altri numeri, facevo la fioraia del Pincio. Se lo ricorda?” Lo guardò interrogativa. Francesco fece cenno di no con la testa. Lei sospirò, allargando le braccia con un gesto rassegnato. “Non va mai a teatro, eh? Vediamo se riesco a ricordare le parole... mica sono Pico della Mirandola! Certo tutta no, tutta non ci riesco. La canzone a un certo punto diceva: “Ogni Topolino mi pareva ’n separè/ogni mazzolino rimediavo lire tre’. Lo sa, era bello vedere le coppiette innamorate prima della guerra, quando ancora si respiravano il senso di pace e l’amore, e l’ambulante poteva vendere serenamente i suoi fiori. Ma senta come finiva, proprio con queste parole: ‘Che m’importa se quassù nun c’è nessuno/che m’importa si nun trovo da scaja’/mo sti fiori li regalo a Roma Bella/che li porti a un sordato di sentinella’. C’era la guerra, c’erano i nazisti, ma che potevo canta’?» (Carla Cucchiarelli, Io sono Nannarella. Intrigo a Firenze, Viola Editrice, Roma, 2023, pp. 37-38) Nell’era post covid, in un ospedale di Firenze, è stata ricoverata d’urgenza una giovane donna che afferma di essere Anna Magnani. Le somiglia come una goccia d’acqua, parla e ride come lei. Sotto lo sguardo empatico di medici, infermiere e residenti - che seguono con passione i racconti dell’icona del cinema neorealista -, la donna diviene presto la protagonista indiscussa del nosocomio: si fa chiamare “Nannarella” e attorno a lei nascono in breve tempo ipotesi e convinzioni che sfiorano “l’irrealtà”, ma… la sconvolgente verità è ben nascosta dietro a quegli occhi scuri... Carla Cucchiarelli, laureata in Scienze politiche, diplomata Counselor, vive e lavora a Roma. Giornalista, vice caporedattrice del Tgr Lazio, scrittrice, si occupa in particolare di tematiche sociali e culturali. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo Perché le mamme soffrono. Storie vissute nell’universo salvamamme (Armando editore, 2009), scritto con Vincenzo Mastronardi e Grazia Passeri, Il girotondo delle bambine (Re.bus, 2009), Ho ucciso Bambi(0111edizioni, 2012), Quella notte a Roma. Biografia di Luigi Di Sarro(Iacobelli editore, 2013), Quello che i muri dicono. Guida ragionata alla street art della capitale (Iacobelli editore, 2017), Il telefono rosa. Una storia lunga trent’anni (Castelvecchi, 2019), Così parlò la Gioconda.
Autobiografia nonautorizzata di Lisa Gherardini, la donna più dipinta e rivista della storia(Iacobelli editore, 2019), Prima e dopo. La street art romana e il Coronavirus (Iacobelli editore, 2020). Io sono Nannarella. Intrigo a Firenze di Carla Cucchiarelli, pubblicato da Viola Editrice (Roma) nella collana “Psico” - immagine di copertina (Anna Magnani, olio e acrilico su tela, cm. 110x160): Pier Toffoletti; pp. 232, euro 17,00 - e disponibile in libreria e online da giugno 2023 è stato presentato presso la Biblioteca “Al Tempo Ritrovato” di Sacrofano venerdì 10 novembre.
0 notes
Text
In questi giorni ho letto un libro disturbante, L'unità di Ninni Holmqvist, tra l'altro molto rapidamente perché era in prestito dalla biblioteca di e-book che lo lascia solo 15 giorni ed era già prenotato da altri, quindi non avrei potuto rinnovarlo. Ma l'ho letto rapidamente anche perché volevo vedere come andava avanti, nonostante non fosse il mio genere e forse, se non fossi rimasta d'accordo con un'amica che poi l'avremmo commentato insieme, l'avrei interrotto dopo i primi capitoli. Speravo in un altro finale e, tutto sommato, non mi ha lasciata soddisfatta, anche se la conclusione è coerente con la storia. Però che frustrazione >_<
La storia è ambientata in un futuro distopico relativamente prossimo, quasi contemporaneo, in cui è stato stabilito democraticamente che le persone possono essere classificate come "dispensabili" nel caso in cui non abbiano legami familiari solidi, ovvero non siano in coppia o non abbiano figli (o anziani genitori di cui occuparsi), o non abbiano professioni di un certo tipo (ossia "utili" per la società). Passata una certa età, se si viene considerati "dispensabili", si viene inseriti obbligatoriamente in un programma di sperimentazione scientifica, in cambio di vitto e alloggio in una sorta di villaggio vacanze da cui sono impediti i contatti col mondo esterno, anche se si possono vedere film e TV. Praticamente si diventa cavie e fonte di organi da destinare alle altre persone, quelle considerate "utili".
Su questa premessa si innesta il racconto in prima persona della protagonista, che compone un memoriale molto dettagliato delle sue vicissitudini dopo il suo ingresso nella cosiddetta Unità, con alcune riflessioni e ricordi del periodo precedente della sua vita.
Ecco, io speravo in una svolta rivoluzionaria, esplosiva, incendiaria, catartica, perché la premessa è talmente disturbante che portarla avanti sino alla fine mi sembrava insostenibile. Invece mi sono dovuta accontentare di un accenno e la scelta finale della protagonista è in linea con tutto quello che viene raccontato prima. Triste, ingiusta, angosciante, ma in linea, proporzionale a quelle che sono le possibilità lasciate in campo.
È angosciante proprio perché non lascia alternative, ti trovi ingabbiato in una rete e non puoi scappare. Che senso avrebbe? Con quali mezzi? Cosa ti resta allora a disposizione? Nel suo caso la diffusione delle informazioni, senza nemmeno sapere se avrà seguito. La speranza che qualcuno mantenga la parola data. La speranza che qualcuno capisca la tragedia che si è compiuta e che si continua a compiere, quando si considera la vita umana come qualcosa di collaterale all'utilità, al ruolo sociale che ci viene attribuito, che ci troviamo a interpretare, volenti o nolenti.
Dove si ferma la responsabilità individuale, dove si mette il confine tra il singolo e il gruppo, quali diritti inalienabili possono essere concordati e quali sono invece i diritti revocabili in nome del bene collettivo?
In questo romanzo non c'è spazio per ragionamenti o polemiche, e forse per questo mi ha lasciato insoddisfatta, ci sono gli estremi delle situazioni raccontate, ma non si affrontano esplicitamente più di tanto le premesse, né sembra ci sia abbastanza frustrazione o insofferenza di fronte a queste situazioni. Si accetta che è così e al massimo si fa una battuta.
E forse la parte più angosciante è proprio rendersi conto che anche nella realtà le persone reagiscono così alle ingiustizie e alla violenza strutturale, quando sei all'interno di un sistema, anche se ti rendi conto di essere vittima di una forma di prevaricazione, non hai la forza o la possibilità di cambiare le cose. Di fare gesti estremi. Forse al massimo ti è concesso di parlarne, se nei hai tempo e occasione.
È una lettura scorrevole, ma troppo cronicistica e fotografica per me. Avrei volentieri scambiato alcune descrizioni con dialoghi e riflessioni che consentissero un cambio di prospettiva. Ce ne sono, ma troppo pochi per i miei gusti.
Il tema è interessante, ma l'insistenza sulla questione dei figli a scapito di altre motivazioni usate in questa realtà per la classificazione degli "utili" mi ha lasciato ancora più amarezza. Forse sono io, anche, a non essere nel momento giusto della mia vita per leggere questo tipo di considerazioni, forse ne soffro più di quanto mi sarebbe successo 10 anni fa e magari di quanto ne soffrirei tra 10 anni. È abbastanza chiaro che la morale sottintesa sia di condanna alla premessa della storia, ma l'aspetto relativo alla prole e alla necessità di fornire il proprio contributo alla crescita demografica passa alla fine più indenne di quanto mi sarebbe piaciuto leggere. È un messaggio talmente pericoloso, trattandosi di un argomento intrinsecamente intimo e potenzialmente molto doloroso, che avrei voluto una narrazione più drastica ed esplicita nel rigetto di questa logica. Non mi basta cercare tra le righe, ora come ora. Ma forse sono io, sono io ora come ora.
Non so, nel complesso, se lo consiglierei. È una premessa interessante, ma forse avrei voluto una storia diversa. Magari con una bella rivoluzione finale.
1 note
·
View note
Text
19 ott 2023 18:04
“MI SONO FATTA UN GRANDE CULO” - BARBARA PALOMBELLI FA 70: “FRANCESCO RUTELLI? DOPO UNA SETTIMANA CHE LO CONOSCEVO VENNE AD ABITARE CON ME. UNA SERA MI DISSE: 'RIMANGO A DORMIRE QUI'. STIAMO INSIEME DA QUASI 44 ANNI. IL LICEO? GIOCAVAMO A FARE LA RIVOLUZIONE CON GIULIANO FERRARA E PAOLO MIELI. PER SEGUIRE GIULIANO UNA VOLTA MI BUTTAI DA UNA FINESTRA” - LA DOMANDA AD ANDREOTTI SUGGERITA DA UN TASSISTA E LE CANDELINE MAI SPENTE... -
Estratto dell’articolo di Maria Luisa Agnese per il “Corriere della Sera”
Auguri a Barbara Palombelli, che aveva 15 anni nel ’68 e che oggi compie 70 anni. Giornalista di carta stampata (L’Europeo, Panorama, Corriere, Repubblica , di nuovo Corriere), di radio e di televisione in Rai e in Mediaset, oggi su Canale 5 e Rete 4 con Forum , testimone di un’Italia che è cambiata, ma non abbastanza. Con lei ripercorriamo le tappe di una generazione.
Emozionata, si festeggia?
«Mai festeggiato, mai spento le candele, neppure a 18 anni e neppure questa volta, mai fatto per me; poi per gli altri, i figli, si fa».
Scaramanzia?
«Non credo, è che la festa obbligata mi mette malinconia. Anche quando ci siamo sposati con Rutelli eravamo in quattro, alle 8 del mattino: non dipende dall’età».
Partiamo dal ’68, che faceva?
«Lavoravo, ho iniziato a 15 anni, in seconda liceo scientifico. Il pomeriggio facevo la segretaria di una scuola di danza: volevo essere autonoma, mio padre diceva: “Se vuoi la libertà, te la devi conquistare”».
Ma intanto intorno a lei c’era un mondo in tumulto.
«Certo, intorno a me c’erano Giuliano Ferrara e Paolo Mieli che [...] ragazzini che giocavano a fare la rivoluzione al liceo come me. Io ero sempre quella più piccola, quella che li inseguiva. Una volta ricordo che proprio inseguendo Giuliano Ferrara a Valle Giulia sono capitata in una delle aule dove il fratello di mia nonna, che era architetto, stava facendo lezione. Io mi buttai dalla finestra, sempre seguendo Giuliano. Un salto di due metri. Ci siamo anche divertiti».
[...]
E all’università?
«Anche lì lavoravo, facevo ricerche per la Rai: facevamo il lavoro che oggi fai con un clic su Google. Poi quando è morto mio padre, che era un agente di cambio, e ci siamo ritrovate senza una lira, il marito di Ida Magli, Adriano, che era professore ma anche vice direttore di Radio 2, mi ha segnalato insieme ad altri per un contrattino Rai».
Poi arrivò il giornalismo.
«Quello c’è sempre stato, a sei anni facevo giornaletti e li vendevo ai familiari. Poi da ragazza sono andata a bussare a tutti i giornali, Espresso, Repubblica, Corriere, mi sono presentata dicendo: “Mi piacerebbe scrivere”».
Comunque, a fine anni ’70 la carta stampata.
«Nel ’79 sono arrivata all’Europeo. Ma il giorno più bello della mia vita professionale è stato quando sono entrata in via Solferino per firmare il contratto di inviata al Corriere con Ugo Stille. Ho portato a Milano anche mia madre: mi aspettava al bar sotto. Gli anni ’90 invece li ho fatti a Repubblica, mi sono molto divertita, con Di Pietro, Berlusconi: andavano fatti lì, era come stare al cinema».
Tanta tv e tanti giornali. Qual è la differenza?
«La tv mi è sempre sembrata una cosa molto facile. La carta stampata richiede più fatica. Quando Gianni Letta mi invitò la prima volta a Italia domanda a intervistare Andreotti, mi sono detta: fai una domanda e via. Pensavo che la tv fosse un modo per accendere la luce sulla tua firma» .
Una domanda e via, però deve essere quella azzeccata!
«Sì, e siccome arrivai in ritardo feci la domanda suggerita dal tassista: “Onorevole, dove lo trova il tempo pe fa’ i libri?”. E mentre i colleghi facevano tutti quei pipponi, io chiesi quello che si domandava la gente a cena».
Amori pochi ma buoni, ha scritto nel suo libro «Mai fermarsi». Ricorda il primo?
«Me lo ricordo benissimo anche perché mi ha insegnato un sacco di cose, è funzionario della Camera, un cervello brillantissimo: con lui ho imparato i segreti delle leggi. Anche Francesco, mio marito, l’ho conosciuto per caso, un amico comune mi chiese di dargli una mano per Radio radicale: dopo una settimana eravamo a vivere insieme, lui allora era senza casa... stasera dormo qui, e poi è rimasto, sono quasi 44 anni».
Un fulmine durato una vita.
«Non so come mai. Eravamo persone diverse, lo siamo ancora. Forse il segreto è rimanere se stessi. Anche se l’equilibrio è difficile, la sensazione, se vuoi tirare una riga, è che io mi sono fatta un grande c... Però nei momenti in cui non ero in prima linea ho fatto anche passi indietro. Penso sempre che c’è anche un’altra cosa che puoi fare. Bisogna avere piani A, B, C... io ho piani fino alla Z. Adesso per esempio sto lavorando a un canale tematico su Salute e Benessere, sarà il mio prossimo step».
Come vede le donne oggi?
«Benissimo quelle di 20-25 anni; un po’ meno quelle sui 40-45 perché molte hanno fatto delle rinunce grosse per la carriera e quindi avrei voluto dire a ognuna di loro: “Non vale la pena, occupatevi anche della vita privata”. Faccio una grande campagna per la crioconservazione degli ovuli [...] ».
Rimpianti?
«Rifarei tutto. Io me la sono proprio costruita la mia vita, perché da ragazzina cercavo di leggere, di fare, di andare al cinema, di stare a sentire: ho sempre avuto il culto delle persone grandi quindi a 18 anni frequentavo Edda Ciano, Paolo Stoppa, Eduardo De Filippo, Moravia».
Un privilegio avere Roma come scenario...
«La mia famiglia è qui da 500 anni, io non riesco a immaginarmi da un’altra parte»
0 notes