#ilbreviario
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In questo romanzo troverete:
- una tigre che terrorizza Manhattan;
- un ex bambino prodigio di una sit com;
- un’astronauta bloccata nello spazio da mine interstellari cinesi;
- uno scultore che “scolpisce” crateri;
- aste su eBay per accaparrarsi calderoni inesistenti;
- gli Gnuppets;
- Marlon Brando potenzialmente ancora in vita;
- un’edizione “war free” del NY Times;
- una nebbia perenne;
- una neve perenne;
- un odore di cioccolato perenne...
... e il tutto finirà per avere senso ;)
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Postel, Berg&Kalus, Rooney, Ng.
Theodore e Dorothee, di Alexandre Postel: sì. L’anatomia di una coppia esplorata attraverso il contesto in cui è inserita, ovvero la società francese odierna. Molto attuale e spesso molto vero.
La vita inizia quando trovi il libro giusto, di Ali Berg e Michelle Kalus: sì. Una lettura leggera e spensierata ma non scontata. Ho adorato ogni scambio e singola peripezia di Frankie e Cat.
Parlarne tra amici, di Sally Rooney: nì. Come dice la protagonista, Frances, che avrei voluto prendere a sberle per tutta la durata del libro, “solo dei bambini che fingono di essere adulti”. Non capisco il motivo per cui attorno a questo libro sia stato fatto tutto quel clamore ma riconosco che l’autrice, essendo molto giovane, sia da tenere d’occhio.
Tanti piccoli fuochi, di Celeste Ng: sì. Nonostante ci sia voluto un buon 20% del libro per farmi coinvolgere, vale la pena leggerlo. Vite che si intrecciano in rapporti causa/effetto, il tema centrale è l’essere madre e la naturale difficoltà di questo ruolo.
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Maurensig, Halliday, Baccomo, Murakami.
Il diavolo nel cassetto, di Paolo Maurensig: sì, Maurensig piace molto anche quando non ci sono di mezzo gli scacchi. Una sorta di fiaba, animata da strambi personaggi, una lettura scorrevole e leggera che poi leggera non è. La morale di fondo ci riguarda un po’ tutti.
Asimmetria, di Lisa Halliday: sì con una riserva sul secondo racconto. Bello e molto interessante ma la complessità delle cose da dire rende la seconda parte caotica e lenta.
Anna sta mentendo, di Federico Baccomo: bella l’idea iniziale che cavalca l’onda della nostra ossessione per la messaggistica in tempo reale, le spunte, gli orari di accesso, etc. ma nel complesso è un no perché si intuisce subito il prosieguo della storia.
L’assassinio del Commendatore, di Murakami Haruki: ho una particolare invidia per l’incoscienza (?) con la quale i personaggi di Murakami si lasciano pacificamente travolgere dalle situazioni, si armano di un “vediamo dove mi porta” e, al massimo, cucinano qualcosa. Aspetto di leggere il secondo libro per esprimermi in merito. PS: non so voi ma io preferivo le traduzioni di Amitrano.
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Murakami, Brennan-Jobs, Ferris, Nothomb.
L’assassinio del Commendatore, di Haruki Murakami: Sì. Il libro secondo è la chiusura di quel cerchio tratteggiato dal libro primo: se all’inizio la storia rimaneva abbastanza legata alla realtà, ovvero con il solo riaffiorare delle “idee”, nel suo svolgimento raggiunge quel surreale tipico di Murakami, ovvero le “metafore”. Qualche richiamo a Dante?
Pesciolino, di Lisa Brennan-Jobs: Sì. Come ho già detto in un altro post, la parte che mancava alla biografia di Jobs di Isaacson è il fulcro del ritratto che ne fa la sua prima figlia, Lisa.
Attentato, di Amélie Nothomb: No. Ogni pagina sembrava urlarmi “esercizio di stile”.
Svegliamoci pure ma a un’ora decente, di Joshua Ferris: Nì. Tra lunghissimi brani noiosi e numerosi flashback, ciò che salva il libro sono i brani riguardanti la solitudine per scelta del protagonista, il tema della reputazione online e una strana religione che, invece di chiederti di credere, ti spinge ad avere dubbi.
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“Sembra quasi che se metti la musica (e i libri, probabilmente, e i film, e il teatro, e qualsiasi cosa procuri emozioni) al primo posto, non riuscirai mai a chiarire la tua vita amorosa, e non arriverai mai a considerarla come un prodotto finito. Ci troverai sempre qualcosa da ridire, starai sempre in subbuglio, e continuerai a criticare e a cercare di dipanare la matassa finché non va tutto a rotoli e devi ricominciare daccapo. Forse noi viviamo troppo protesi verso un apice, dico noi che assorbiamo emozioni da mattina a sera, e di conseguenza non riusciamo mai a sentirci semplicemente contenti: noi dobbiamo essere o disperati, o al settimo cielo, e questi sono stati d'animo difficili da raggiungere in una relazione stabile e solida.”
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Kosinski, Gustafsson, Bertola, Lacey.
Oltre il giardino, di Jerzy Kosinski: decisamente sì. Un semplice giardiniere colpito da amnesia scambiato per un uomo dalla fine saggezza. Una lettura geniale, brillante e intelligente.
Il pomeriggio di un piastrellista, di Lars Gustafsson: nì. Introspettivo, alienante ma comunque godibile.
Romanzo rosa, di Stefania Bertola: sì. Ironico, creativo, brillante, un meta romanzo leggero ma non per questo banale, una “velata” critica all’editoria seriale. È riuscito a farmi desiderare di essere una bibliotecaria 50enne torinese. Indicato nei periodi “vorrei leggere ma non riesco/non so cosa”.
Le risposte, Catherine Lacey: no. Il vuoto cosmico.
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L’ho letto su Netflix.
Vi capita mai di leggere un libro e pensare “se ne facessero un film/una serie tv la guarderei”? Sì? No? Non risponde?
A me capita spesso, d’altronde credo sia tipico della nostra epoca, un’epoca in cui allo stream of consciousness si preferisce in larga misura lo streaming.
È per questo che ho deciso di dare il via a una rubrica in cui parlerò dei libri che, secondo me, nascondono un potenziale cinematografico o giù di lì.
Il primo libro che vorrei vedere sugli schermi è questo...
NB: Se avete intenzione di leggere il libro in questione non proseguite nella lettura del post perché potrebbe involontariamente contenere spoiler.
Trama: Il testo si focalizza sulle vicende di una combriccola male assortita di più o meno 5 persone completamente fuori di testa, quasi sempre accompagnati a personaggi marginali che fanno da corollario e risultano altrettanto assurdi. I piani della realtà e della finzione, si confondono e si ripiegano su se stessi creando a loro volta una nuova realtà, in cui i personaggi cercano di afferrare il reale senso delle cose e di cominciare a essere attori della propria vita.
Contesto: I fatti si svolgono in una Manhattan di un’epoca non definita, resa quasi impraticabile da una pesante nebbia, pervasa da un’inconfondibile odore di cioccolato e terrorizzata da una gigantesca tigre che di notte porta scompiglio e distruzione. Il contesto storico non è mai esplicitato ma dei piccoli dettagli come lo show degli Gnuppets (Muppets?), il libro Obstinate Dust (Infinite Jest?), la “somiglianza” tra il personaggio del sindaco, Jules Arnheim, e Michael Bloomberg ci danno almeno un’idea di base. Ah, e il NY Times stampa una versione “war-free”.
Personaggi: I nomi di alcuni personaggi in qualche modo caratterizzano i personaggi stessi.
Il protagonista, nonché narratore, Chase Insteadman, belloccio ma privo di personalità, è un ex bambino prodigio di una vecchia serie televisiva ormai diventata tappabuchi dei palinsesti. È tornato alla ribalta grazie alla sua storia d’amore con Janice Trumbull, un’astronauta bloccata nello spazio che sta per morire di cancro e dalla quale “riceve” lettere che legge sui giornali.
La controparte di Chase, vuoto ma affascinante, è Perkus Tooth, ex critico rock, ex affissore di manifesti di protesta, oggi disoccupato sul cui aspetto è meglio sorvolare a favore delle sue innumerevoli ossessioni e strambe teorie. Oltre a costringere Chase a guardare vecchi film, documentari e teorizzare che Marlon Brando sia ancora vivo, Perkus ha un’ossessione per i calderoni che cerca di comprare, senza riuscirci, sulle aste di eBay. I due diventano inseparabili: Perkus ha opinioni su tutto e Chase adora ascoltarlo.
A completare questo ventaglio di personaggi, vi sono: l’ambigua ghostwriter Oona Laszlo, con cui Chase avrà una storia, impegnata con la stesura dell’autobiografia dell’artista distopico Laird Noteless, e la coppia formata da Richard Abneg, faccendiere comunale la cui casa è infestata da aquile, e Georgina Hawkmanaji, una ricca ereditiera armena.
Questo libro, assurdo per chi vuole restare in superficie, ha abbastanza materiale per una serie tv. Riesco a figurarmi nella mente la divisione in episodi, di modo che tutto ciò che succede nel libro abbia lo spazio che merita. Sì perché nel libro vengono iniziati e, sempre, portati a termine molti discorsi, vi si trovano numerosi riferimenti e citazioni e tutti i personaggi, che sono il giusto mix tra intellettualoidi stralunati, vecchie glorie del jet set ed esponenti dell’élite newyorkese, hanno una loro funzione.
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Ravera, Patterson, Yoshimoto, Bennett.
Gli scaduti, di Lidia Ravera: nì. Essendo un romanzo distopico, quindi ambientato in un mondo futuro non auspicabile, mi aspettavo una presenza “meno ingombrante” dell’autrice. Resta una lettura piacevole con una interessante idea iniziale.
The Store, di James Patterson: no. La quarta di copertina prometteva bene e invece.
Il lago, di Banana Yoshimoto: no. Primo libro letto della Yoshimoto. Non sono riuscita a farmi coinvolgere dalla storia, l’ho percepita piatta. Per il momento non credo che approfondirò la conoscenza dell’autrice.
Nudi e crudi, di Alan Bennett: sì. Situazioni paradossali e assurde ingigantite sotto la lente della feroce ironia di Bennett.
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Tyler, Mankell, Lethem, Murata.
Guida rapida agli addii, di Anne Tyler: sarò sincera, ho un vago ricordo della trama ma non mi è rimasto molto del libro.
Scarpe italiane, di Henning Mankell: sì. Malinconico, riflessivo, a volte freddo e duro come i luoghi in cui si svolgono le vicende ma, in un certo senso, liberatorio. Se conoscete solo il Mankell del Commissario Wallander, lasciatevi sorprendere da questo libro.
Chronic city, di Jonathan Lethem: innumerevoli volte sì. Una combriccola male assortita con sullo sfondo una Manhattan presa in ostaggio da una tigre. Andate a comprarlo, Perkus Tooth vi ringrazierà. O forse no.
La ragazza del Convenience store, di Murata Sayaka: nì. Bel personaggio, begli argomenti, povero il finale.
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