Tumgik
#il quadro generale
i-am-a-polpetta · 1 year
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mi fa male la testa e ho gli occhi rossi perché sto lavorando davvero tantissimo questi mesi. ho il cuore pesante come quando devi affrontare una situazione difficile e hai l'ansia, un peso sui polmoni e la tremarella nelle gambe. amo la mia famiglia nello stesso modo in cui non la sopporto quando litiga. come se ci fosse sempre da ricercare un colpevole in qualsiasi cosa vada storta, che poi voglio dire, la vita è fatta di palle curve e non possiamo dare sempre la colpa agli altri. a volte va così e basta. eppure io mi sento in colpa anzi in colpissima per questa incapacità di scindere cosa sia sotto il mio volere e cosa no. resto ferma con le gambe incrociate a ripetermi in testa mille canzoni diverse come quando la mia testa va giù di fase, con lo sguardo perso nel vuoto cercando di capire dove sto sbagliando. non sono capace di litigare. lo lascio fare agli altri. sono per il dialogo costruttivo ma qui ci sono solo cose da distruggere. avrei bisogno di vedere la mia psicologa per dirle che sto con questa sensazione qua che non mi piace. però sta in ferie e non lo so forse ci rivedremo a fine agosto, forse. una cosa ci siamo promesse io e la mia ragazza: che per quanto potessimo litigare, saremmo sempre arrivate a sera chiarite, facendo la pace come i bambini alle elementari perché io non ce la faccio a sostenere il peso della rabbia, della delusione, della colpa. e vedere mio fratello che se ne va senza nemmeno salutarmi mi rende inerme, come se davvero le colpe per queste cose che non posso controllare fossero tutte causa mia.
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Io: strong and independent woman, marketing manager, vivo all’estero da 5 anni, in 3 posti diversi, 8 traslochi
Sempre io ogni due giorni: “Papà come devo attaccare la lampada già? Blu con blu, rosso con rosso? Aspe ti faccio una foto ai fili”
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curiositasmundi · 1 year
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Se uno va ai resoconti degli anni prima dello scoppio della prima guerra mondiale, vedrà masse di popolazione, frustrate da decenni di stagnazione economica ed esacerbate da una propaganda giornalistica battente, inneggiare alla guerra desiderosi di “fargliela vedere” al nemico, dipinto come un bruto che fa ciò che fa per puro odio, immotivatamente. I pochi personaggi che allora cercavano di conservare uno spirito critico, come Karl Kraus, venivano denigrati da ogni parte. Un secolo e fischia più tardi non è cambiato niente. L’attacco che Hamas ha organizzato contro Israele è frutto di un percorso lunghissimo, che dovrebbe essere noto, in cui un odio viscerale è stato fatto crescere. La necessaria condanna dello scempio commesso nei confronti di civili inermi non cambia nulla nel quadro generale, dove, come chiaramente espresso anche nell’editoriale di Haaretz di ieri, questi atti belluini sono il risultato di una vicenda che ha responsabili politici ben precisi, di cui Netanyahu è uno dei principali. Comprendere NON significa giustificare, ma questa distinzione cruciale è categorialmente assente nella maggior parte delle scatole craniche. Niente può giustificare, cioè trasformare in qualcosa di giusto, un attacco indiscriminato a civili indifesi (da una parte come dall’altra). Comprendere serve a mettersi nelle condizioni per agire e correggere il tiro. Di fronte ad un genocidio come quello che si profila nella striscia di Gaza il rischio che questo apra un nuovo fronte in Libano da parte degli Hezbollah è elevatissimo (Hezbollah ha esplicitamente detto che interverrà se ci sarà un’operazione dell’esercito nella striscia di Gaza). Hezbollah ha dietro di sé l’Iran. Intanto gli USA hanno inviato una portaerei nucleare e un bombardiere B-52 a sostegno di Israele. L’Arabia Saudita ha chiuso la porta ad ogni processo di normalizzazione dei rapporti con Israele. Alle minacce di Hezbollah Israele ha risposto che un loro intervento contro Israele porterà alla distruzione di Damasco (Hezbollah è alleato della Siria). Ma la Siria è anche alleata fondamentale nello scacchiere medioorientale della Russia, che ha truppe militari in loco. Il domino delle alleanze è pronto a far crollare tutte le tessere, come nel 1914. A parte ciò, ci sono 25 milioni di musulmani in Europa, ed immaginando che una frazione minima, uno su mille, sia radicalizzato, questo significa avere un esercito di 25.000 potenziali terroristi in casa, che di fronte ad atti percepiti come forme di sterminio dei propri “confratelli” potrebbero attivarsi nel cuore dell’Europa. Rispetto a questo quadro, proprio come in passato, la reazione della maggioranza è quella da rissa al bar: “Pensi che abbia paura? Ti faccio vedere io!” Nel 1914 i più bramosi di menar le mani erano quelli che non si erano sbucciati neanche un ginocchio in tutta la loro vita, studenti e borghesia salottiera. Oggi è la stessa cosa, con prevalenza dei salotti. Una volta di più sarà l’imbecillità a distruggerci.
Sarà l’imbecillità a distruggerci - Andrea Zhok, via: Infosannio
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l-incantatrice · 11 months
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Ogni giorno al TG danno la notizia di un femminicidio…è da anni ormai che il fenomeno è in continuo aumento. Io non sono certo una psicologa o sociologa in grado di analizzare la questione e trovare delle spiegazioni,però vorrei fare qualche riflessione. Questo fenomeno,secondo me,rientra nel quadro di un aumento della violenza in generale nella nostra società,basta vedere le aggressioni ai medici in ospedale,il bullismo a scuola e tanti altri fatti…I nostri nonni hanno avuto una vita decisamente più dura della nostra,hanno conosciuto la guerra,la fame,il freddo…eppure la loro società era meno violenta della nostra. Forse oggi a renderci più rabbiosi sono i ritmi frenetici,l’esigenza di essere sempre performanti,la solitudine,l’indifferenza degli altri,non so…Inoltre nei rapporti di coppia oggi sono gli uomini a essere i più fragili. Per quello che vedo tra le coppie separate che conosco,le donne sono più decise,sanno voltare pagina,rifarsi una vita,a volte anche con una certa disinvoltura; mentre gli uomini non riescono a costruirsi nuove relazioni,gravitano ancora intorno alla vecchia coppia ormai inesistente,a volte si riducono persino a zerbini pronti ad acconsentire ai capricci delle ex compagne,al loro egoismo. Non so…è solo un mio pensiero,però vedere ogni giorno una donna uccisa,a volte anche i figli,è una cosa davvero desolante
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allecram-me · 2 months
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Forse andrà meglio. Forse non fa per me. Quelli di Berlino mi hanno offerto questa bellissima possibilità di partecipare alla loro Summer school su una tipologia di disegno di ricerca di cui non so niente, non ho nemmeno dovuto chiedere fondi alla mia università. O meglio, mi hanno detto che se avessi potuto pagare per loro sarebbe stato fantastico, perché a furia di essere inclusivi rischiano spesso di non rientrare con le spese, ma ovviamente è bastato questo a fare in modo che mi sentissi dire che “sarebbe stupido pagare!” da chi gestisce i miei fondi, quelli che ho a mio nome, ma che non posso usare senza autorizzazione. E va così, era la vita che avevo scelto, mi piaceva. Ma adesso? Non riesco in nessun modo a concentrarmi, e per una senza corpo non è così normale. Sono dentro un loop assolutamente senza senso: ho fame, non mangio, ho sonno, non posso dormire. Mi sento inadeguata, mi chiedo come concretamente farò nei prossimi mesi a fare tutto quello che devo necessariamente portare a termine. Autosabotaggio puro, certo, un impostore qualunque. Però è vero che non riesco a seguire nulla. Poi, guardando il quadro generale, è facile dire che aver traslocato tutto quello che possiedo solo pochi giorni fa in questa casa nuova dove mi ostino a non avere gas e quindi acqua calda o alcuna connessione internet gioca il suo ruolo. Il fatto di stare ancora aspettando l’inizio dell’ultima raccolta dati che dovrà essere il punto focale della tesi che di conseguenza devo ancora scrivere per una buona parte, anche questo gioca certamente il suo ruolo. Sentirmi sola al mondo, aver messo in dubbio il senso di questi ultimi cinque anni di lavoro, non provare altro che oppressione all’idea di continuare a lavorare con queste persone che mi fanno semplicemente schifo, pure.
Svegliarmi alle tre di notte nella casa nuova completamente allagata da un tubo che si è rotto, con mobili, scatoloni e tutto il resto ancora a terra: come non considerare anche questo. Eppure la differenza tra varianza between e within mi ha sempre fatta sentire a casa, e oggi invece no.
Praticamente adesso vivo con mia madre, per la quale non saltare i pasti è da viziati con evidenti problemi di attaccamento al cibo e l’affrontare operativamente i problemi discutendoli razionalmente è una perdita di tempo che, soprattutto, non offre alcuna garanzia che le informazioni condivise - così come le conclusioni tratte - siano ritenute in memoria. Così svengo almeno una volta al giorno, e mi sento costantemente sola, in colpa, intrinsecamente incapace e soprattutto un peso per me stessa e per lei, che nel frattempo aspetta me per poter andare in ferie, ancora insieme.
Sono davvero tornata indietro, e peggio. La principale differenza è che al terzo allagamento della vita sono diventata molto più abile nello spazzare l’acqua dal pavimento.
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arreton · 2 months
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Quello che è difficile con me non è il creare il quadro generale e trascenderlo metterci una distanza e vedere che ogni cosa va contestualizzata e non presa per sé, ma al contrario offuscare il generale e concentrarsi sul particolare. È controintuitivo perché per la maggior parte il problema è al contrario: paziente eccessivamente focalizzato su pochi oggetti; mentre io sono ossessionata da ogni singolo elemento e più dettagli ho più sto peggio perche ogni oggetto diventa una minaccia mortale incombente.
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multiverseofseries · 3 months
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House of the Dragon 2 Episodio 1: A Son For A Son recensione ed analisi
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Dopo quasi due anni dal suo debutto la serie spin-off prequel di “Game of Thrones” House of the Dragon è finalmente tornata con la sua seconda stagione. L’attesa è assolutamente valsa la pena. Tante cose sono cambiate rispetto alla prima stagione ma il livello tecnico della serie HBO è soltanto aumentato.
la regia di Alan Taylor, dietro la macchina da presa del primo episodio della nuova stagione della serie, ha saputo cogliere le micro espressioni dei personaggi ed il loro dolore. Si sofferte tanto nel primo capitolo, il dolore di Rhaenyra dal lato dei neri ed il trambusto generale da quello dei verdi. La guerra interna alla famiglia del drago sta per entrare ufficialmente nel vivo perché dopo questo episodio sarà impossibile tornare indietro.
Allo stesso modo per voi sarà improponibile staccarvi dalla schermo. Nonostante tutto non mancano differenze importanti con il romanzo di Martin, cambiamenti che causeranno diverse complicazioni nella relazione tra i personaggi.
Nulla è più come prima!
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Se avete atteso House of the Dragon 2 con la speranza di ritrovare i vostri amati personaggi esattamente come li avete lasciati due anni fa, resterete delusi. In House of the Dragon 2 nulla è come lo abbiamo lasciato. Non solo ora Aegon siede comodamente sul trono di spade e si dimostra decisamente impreparato al ruolo di re, ma Rhanerya sta vivendo il momento più doloroso della sua vita: ha perso Lucaerys e non si darà pace finché non troverà una prova concreta della perdita del suo piccolo.
Queste sono soltanto due delle prime situazioni che saltano subito all’occhio dello spettatore ma tutti i personaggi sono cambiati. La morte di Viserys ha diviso la sua famiglia marcatamente in due, scagliando la scintilla della guerra. Tutti i personaggi sono leggermente diversi da come li avevamo lasciati, c’è chi è più fragile e chi in cerca di vendetta, ma tutti sono mutati e non sempre per il meglio.
Il grandissimo cambiamento di House of the Dragon riguarda in primo luogo la siglia. Nel 2022 la sigla rappresentava chiaramente il titolo del romanzo da cui la serie è tratta: Fuoco e Sangue. Infatti vedevamo un liquido cremisi, ed era chiaramente sangue, scorrere tra i vari sigilli. Tale liquido rappresentava i legami di parentela tra i vari membri della famiglia Targaryen. La sequenza partiva dal sigillo di Aegon il conquistatore per poi procede verso quello delle sue due sorelle-mogli, Visenya e Rhaenys, fino ad arriva a Rhaenyra, l’erede designata da Viserys.
Nel 2024 tutto cambia: al posto del sangue che scorre tra i sigilli ecco un arrazzo che man mano crea illustrazioni mediante i ricami e ripercorre le vicende che già conosciamo ma con toni se vogliamo ancora più poetici. Man mano che la sigla si svolge nuovi ricami si aggiungono fino ad arrivare alla contrapposizione tra Team Black e Team Green rappresenta da Rhaenyra sul trono di Roccia del drago e Aegon sul Trono di spade. Un cambio di sigla interessante che farà desiderare a tutti i fan della serie di possedere un quadro con le magnifiche illustrazioni dei minuti iniziali di ogni episodio ( chi vi scrive sarà fuori dal coro ma preferivo la sigla della scorsa stagione). A restare costante è però l’iconica colona sonora di GOT, davvero insostituibile.
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Poetico e se vogliamo persino nostalgico è l’inizio del primo episodio di House of the Dragon 2. Come molti avevano spifferato, tra cui anche gli sceneggiatori della serie, House of the Dragon 2 apre il suo sipario al freddo ed al gelo. Ci troviamo subito al Nord, meglio ancora all’estremo Nord dato che Jace e Lord Cregan Stark sono letteralmente sulla barriera.
Il giovane Lord di Grande Inverno interpretato da Tom Taylor non ha bisogno di presentazioni: è fin da subito immediatamente riconoscibile anche solo grazie alla spada, Ghiaccio, che porta legata alla schiena. Cregan ha scelto di portare Jace, futuro erede al trono di spade, sulla barriera perché desidera che colui che sarà prima o poi re possa percepire con i suoi occhi la minaccia degli Estranei. Ovviamente questo inizio di stagione strizza inevitabilmente l’occhio ai bei tempi di GOT ed a tutte le emozioni che il pubblico ha provato, e prova ancora, vedendo semplicemente lo stemma degli Stark.
Sappiamo che Jace si è recato al Nord in groppa al suo drago per ottenere la conferma della fedeltà da parte del leader degli Stark, conferma che non tarda ad arrivare dato che Lord Cregan Stark ci tiene a precisare che gli uomini del Nord sono persone d’onore e non sono soliti ad infrangere un giuramento. Già da questa breve scena possiamo vedere che la serie tv ha scelto di modificare alcune cose rispetto al romanzo di Martin: non vediamo il tempo che Jace ha trascorso al Nord, periodo nel quale è diventato amico stretto di Cregan, né assistiamo alla richiesta del sovrano del Nord. Cregan, nel romanzo, giura fedeltà a Rhaenyra ma in cambio richiede un matrimonio tra la sua primogenita e il primogenito maschio che in futuro avrà Jace. Ovviamente questi dettagli potrebbero essere aggiunti in un secondo momento, nel caso in cui Jace tornasse al Nord, ma forse non avverrà in questa stagione visto che stando a quanto detto da fonti attendibili questa sarà l’unica apparizione del lord di Grande Inverno per questa stagione.
Data la breve introduzione non assistiamo nemmeno al primo incontro ta Jace e Lady Jeyne Arryn, la Lady della Valle. Anche se come avviene nel romanzo, la sovrana della Valle giura fedeltà a Rhaenyra in cambio di un drago a protezione della sua dimora. Siamo certi che vedremo il personaggio nei prossimi episodi dello show, soltanto che non lo vedremo interagire con Jace ma molto più probabilmente con Rhaena.
Team Black vs Team Green
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Nelle varie promo di House of the Dragon 2 la serie ha scelto di puntare tutto sulla contrapposizione tra i due schieramenti: quello nero capitanato da Rhaneryra e quello verde presieduto da Aegon. La serie tv prosegue questa tendenza presentandoci le due fazioni mediante una continua contrapposizione di scene, molte delle quali sono state montate a specchio.
Il dolore graffiante ed assordante di Rhaneyra è il grande protagonista del primo capitolo. La regina dei neri non si da pace: finché non avrà una prova concreta della perdita del suo secondogenito continuerà a sperare ed a cercalo. Questa speranza e questo dolore le impediscono di fare qualsiasi altra cosa. Non presta attenzione alla guerra imminente, alla ricerca di alleati ed alla sua posizione; è talmente trafitta dal dolore da non riuscire nemmeno a tornare a casa. Non abbiamo mai visto una Rhaenyra così sconvolta e sopraffatta dai sentimenti, d’altronde però questa sua nuova versione è il frutto di tutto ciò che ha represso nella prima stagione della serie.
Deamon, dall’altra parte, vorrebbe agire subito. Il principe interpretato da Matt Smith vorrebbe conquistare subito Approdo del Re assieme a Rhaenys ed ai loro draghi ma sa benissimo che prima di fare una mossa simile occorre l’approvazione della Regina. Chi scrive non crede davvero che Daemon fosse convinto di riuscire a conquistare la città così facilmente e soprattuto senza un piano ben costruito. Il personaggio di Matt Smith in questa seconda stagione è assetato di vendetta. Non accetta in nessun modo quello che è successo e non desidera cedere terreno ai nemici. Daemon non è un personaggio diplomatico ma un ottimo cavaliere di drago ed un soldato dotato.
Risponderebbe al fuoco con molto più fuoco, ma non sempre è l’idea migliore. I verdi ancora non sanno chi si sono messi contro. Daemon non ha troppi peli sulla lingua ed ha un codice morale tutto suo, ma è un personaggio leale o almeno così sembra. In questi primo episodi di House of the Dragon 2 è accecato dalla vendetta ed agisce in base ad essa.
In merito all’episodio di Blood and Cheese è necessario un approfondimento più dettagliato che troverete più avanti.
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Grazie alla tecnica delle sequenze montate a specchio lo show ci presenta i verdi decisamente meno addolorati, all’inizio, ma comunque molto turbati per ciò che Aemond ha compiuto alla fine della stagione precedente. Con la morte di Luke la guerra è diventata inevitabile e benché Alicent non voglia accettarlo entro il secondo episodio se ne farà una ragione.
La Regina madre la vedrete per la prima volta agire per il suo interesse personale, comportarsi come davvero vuole anche se ciò che farà sarà in violazione a tutti i codici morali che si è sempre autoimposta. Per una volta Alicent agirà spinta dal suo desiderio e non da quello del padre o della sua casata. Peccato che forse queste nuove emozioni la spingeranno ad abbassare la guardia proprio quando i verdi sono più vulnerabili e non la porteranno a sviluppare un istinto materno di protezione ed empatia verso i suoi figli. La grande novità per Alicent riguarda proprio la relazione con Ser Criston Cole, una storia che nei romanzi non è mai stata resa canonica ma solo rumoreggiata da una delle fonti. La ship per chi vi scrive la sua introduzione è totalmente superflua, c’era o non c’era non avrebbe fatto differenza è sembrato quasi fosse inserita solo per poter avere delle scene di sesso negli episodi ( opinione totalmente personale quindi per cortesia si evitino gli insulti nei commenti), ma è palese che l’intento con il quale è stata costruita verte solo in favore del fandom ( una fandom di cui sinceramente ignoravo l’esistenza per quanto riguarda questa ship).
Aegon è inequivocabilmente non idoneo a portare la corona. Non è stato preparato al ruolo di re e al tempo stesso non sembra intenzionato a voler imparare. È stato messo sul trono contro la sua volontà ed ora agirà seguendo solo il suo istinto e mosso dal desiderio di vendetta. Siamo certi che il personaggio avrà modo di mostrarsi in tutte le sue sfumature.
Da elogiare è la regia di Alan Taylor che, in un solo capitolo ci dimostra che il livello tecnico dello show si è alzato. Mediante primi piani sui personaggi comprendiamo a pieno le loro emozioni, come se fossimo immersi letteralmente nella storia. Il primo episodio non è ricco d’azione ma anche dove le sequenze più movimentate sono presenti Taylor non si lascia trovare impreparato. Alcune inquadrature sono davvero mozzafiato.
Blood and Cheese
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Il primo episodio di House of the Dragon 2 è intitolato “A son for a son” (Un figlio per un figlio) ed ha quindi come colonna portante un episodio chiave del romanzo. Quello che i fan di Martin hanno soprannominato Blood and Cheese. Peccato che la storia nel romanzo sia parecchio diversa rispetto a quella riproposta nella serie tv. Ed i cambiamenti apportati nello show modificano non di poco le relazioni tra i personaggi.
Se nella serie tv l’episodio di Blood and Cheese nasce come un’idea di vendetta di Daemon in favore di Rhaenyra, è lui a chiedere informazioni a Mysaria, già presente a Roccia del drago, ed è sempre lui ad intrufolarsi nella città per assoldare i sicari; nel romanzo non è cosi. Deamon, già ad Harrenhal, fa recapitare un corvo a Roccia del Drago diretto alla moglie. Nella lettera Dameon scrive “un figlio per un figlio” ed ecco spiegato il titolo dell’episodio, ed aggiunge “Luke sarà vendicato”. Daemon non si reca direttamente ad Approdo del Re ma fa fare tutto ad un intermediario (è stata Mysaria ad ingaggiarli) di cui si fida ciecamente.
L’ordine di Daemon nel testo di Martin è quello di eliminare il primogenito di Helaena e non Aemond, come invece avviene nella serie tv. Nello show questo cambiamento ha senso perché è Aemond il responsabile della scomparsa di Luke e tutto ciò ci dimostra ancora una vota che la guerra della serie vede contrapposte Alicent e Rhaenyra, dato che “un figlio per un figlio” farebbe propio riferimento a questo dualismo. Viceversa nei romanzi lo scontro è tra Rhaenyra e Aegon, uno scontro tra fratelli.
Se nella serie tv viene lasciato il dubbio sulle vere indicazioni di Daemon in merito all’episodio. Il principe consorte ordina ai due di uccidere Aemond ma non sappiamo cosa potrebbe aver detto fuori schermo e la serie lascia il tutto volutamente in dubbio. Diversamente, nel romanzo le indicazioni sono chiarissime: i due sicari sanno che la regina Helaena prima di mandare a letto i suoi tre piccoli, perché nel testo ha 2 i gemelli e Maelor (un piccolo di 2 anni), fa visita alla madre con i bambini. Così Blood and Cheese si dirigono negli appartamenti di Alicent, la legano ed attendono l’arrivo della regina per poi chiederle a quale figlio desidera rinunciare. La giovane sceglie il piccolo Maelor perché avendo due anni riteneva che forse non fosse in grado di capire oppure non voleva rinunciare all’erede. Peccato che Blood and Cheese prendono proprio Jaeherys, il primogenito.
Nella serie tv Blood and Cheese non conoscono molto bene la pianta della Fortezza Rossa, infatti anche se cercano Aemond, e non lo trovano perché non è a palazzo, si dirigono casualmente da Helaena (l’interpretazione di Phia Saban incredibile) che, non avendo nella serie il terzo figlio ed essendo i due gemelli identici, deve indicare loro quale dei due è il maschio. Lei sceglie subito Jaeherys, forse proprio per vendicarsi di Aegon o forse perché desidera proteggere la sua piccola. Non lo sappiamo. Alicent non è presente in quel momento perché il tutto non avviene nei sui appartamenti e lei è occupata con Cole ( nota a margine ci tengo a dire che la scena dove Haelena entra nelle stanze della madre e vede i due hanno letteralmente troncato la drammaticità di ciò che era avvenuto poco prima creando un effetto soap opera, sinceramente evitabile come situazione). Ciò che avviene con Blood and Cheese nel romanzo segna per sempre Helaena, dato che non sarà più se stessa e si lascerà completante andare al dolore, tanto che non riuscirà più ad accudire Maelor, che verrà assegnato alla cure di Alicent.
Altra differenza all’interno della serie tv è che Daemon ha agito alle spalle di Rhaenyra e questo avrà enormi conseguenze nella loro relazione. Gli sceneggiatori hanno scelto di mostrare un Daemon ancora più vendicativo ed impulsivo del solito, beh non che ci si possa aspettare altro da lui.
In conclusione questo primo capitolo conferma tutte le cose positive della prima stagione e migliora la serie sotto il profilo tecnico esaltando la bravura del cast, peccato che pecchi leggermente nell’adattamento di un momento chiave del romanzo provocando così ripercussioni a catena che non vediamo l’ora di scoprire assieme a voi.
Conclusioni
In conclusione il primo capitolo di House of the Dragon 2 ha rispettato quasi tutte le aspettative: qualità tecnica in pieno stile HBO, personaggi tridimensionali che evolvono da una stagione all'altra e regia minuziosa. Peccato solo per l'adattamento di Blood and Cheese poteva essere fatto meglio.
👍🏻
I personaggi sono cambiati ed tutti si mostrano come il frutti dei loro traumi
La regia è a livelli cinematografici
La fotografia è luminosa, scordatevi il buio di alcuni episodi della precedente stagione
Il cast è pazzesco
👎🏻
sono presenti diverse differenze rispetto al romanzo di Martin, in punti davvero molto cruciali
La nuova ship c’era o non c’era non fa differenza
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klimt7 · 1 year
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La Bugiarda
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Le bugie della Meloni sui ristori agli alluvionati.
Quí non è arrivato un solo euro di quelli annunciati dal Governo nei primi giorni dell'alluvione, (soldi annunciati a favore di telecamere). I soli ristori sono arrivati dalla Protezione Civile e dai Comuni che ora si trovano impossibilitati a far fronte a qualsiasi altra spesa.
Il Governo dopo aver tergiversato più di due mesi prima di nominare il Commissario straordinario (il generale Figliuolo), non lo ha dotato nemmeno dei fondi necessari.
Come ammesso dallo stesso Generale che scherzosamente si è definito "un Commissario senza alcun portafoglio" e ha invitato i Comuni ad attendere il mese di settembre nella speranza che il Governo gli faccia arrivare gli indispensabili fondi.
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È ora di sbugiardare le messinscene di questa poveraccia, spergiura e inadeguata a svolgere funzioni di Governo, allo stesso modo del manipolo di sbandati e inetti, che ha posto a capo dei Ministeri italiani.
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Una Presidente del Consiglio indegna di considerazione e capace soltanto di incolpare i predecessori (Draghi) e rovesciare le sue inadempienze sugli Enti locali.
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Il sindaco di Ravenna: «Meloni ha una visione totalmente distorta, torni in Romagna»
Sulla lettera inviata da Meloni al governatore dell’Emilia Romagna, è intervenuto anche il sindaco di Ravenna. Per Michele de Pascale, la Presidente del Consiglio «non ha un quadro esatto della situazione in Romagna e in tutta la Regione», si legge sul post Facebook. «Forse – continua de Pascale – le dichiarazioni surreali di qualche suo collaboratore le hanno fornito una visione totalmente distorta sull’efficacia delle misure previste dal suo governo».
Poi la richiesta a Meloni di «incontrarla direttamente nei prossimi giorni, a Roma, o dove ritiene», ma, forse, continua il primo cittadino di Ravenna, «sarebbe meglio che tornasse lei in Romagna, nei luoghi più colpiti, e che, se non si fida dei sindaci (anche di quelli di centrodestra a quanto pare), dei sindacati e di tutte le associazioni di impresa, ascolti direttamente le persone colpite, visiti le case distrutte dall’alluvione e provi ripetere lì le 5 pagine sui 4,5 miliardi già spesi per l’alluvione».
La lettera della premier, per De Pascale, «purtroppo è totalmente negativa, prosegue nella narrazione surreale dei 4,5 miliardi già spesi dal governo per cittadini, imprese e opere pubbliche; rinvia ad ottobre le nostre due proposte per avere subito risorse reali per gli indennizzi a famiglie e imprese ed elude completamente la nostra richiesta di incontrarla subito personalmente per decidere insieme come procedere».
Il quadro è sufficientemente chiaro. Un Governo totalmente sordo e cieco davanti alle esigenze dei territori. Un Governo capace di andare avanti solo con annunci, interventi propagandistici e pillole di marketing televisivo.
La totale separazione dalla realtà concreta che vivono i cittadini delle zone alluvionate.
"Fascisti su marte" mi pare un ottima sintesi dell'attuale situazione!
😛🙈
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diceriadelluntore · 1 year
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Sono molto timida e ti scrivo in anonimo, ma volevo ringraziarti per le cose che sto scoprendo con le Storie di Musica. Sto ascoltando cose che non credevo mi piacessero e sto imparando tantissimo. Ti volevo chiedere due cose: come scegli i dischi? come definire un disco pietra miliare, come tu scrivi spesso? Grazie <3
Questo messaggio mi riempie di gioia e ti ringrazio per avermelo scritto. Nel rispetto della tua timidezza, quando ti va scrivimi ancora!
Hai posto due domande niente male, la prima è più facile da rispondere. Ho cambiato varie volte sistema di scelta, da un po' di tempo mi prefiggo un tema, un filo rosso che lega i dischi che scelgo, accomunati da questa caratteristica prescelta, che può essere sui temi che espongono, sulla copertina, sul periodo in cui sono usciti o, come nel caso di questo mese, il fatto di essere di un periodo e di un posto determinato. Una volta scelto il filo rosso, che spesso discuto con i miei amici anche di Tumblr, mi faccio una lista dei miei dischi e una piccola ricerca: se c'è qualche disco significativo nelle mie guide e nei miei libri sulla musica che non conosco o che non possiedo, lo cerco, lo ascolto e se mi convince lo metto nei papabili. Ovviamente più un disco mi è familiare più mi sento a mio agio a raccontarlo, ma dopo anni di storie sto imparando e ho conosciuto tante nuovi dischi che piano piano mi sono cresciuti dentro. Ed è sempre bellissimo riascoltarli, capita di recuperare canzoni o dischi dimenticati per anni.
La seconda è una domanda all'apparenza semplice ma in pratica complicatissima. Una pietra miliare è una metafora per indicare qualcosa che segna: in epoca romana era un ceppo di pietra numerato che indicava sulle grandi strade la distanza progressiva, in miglia, dal punto di partenza, cioè da Roma, dove non era un modo di dire che tutte le strade portavano. In senso figurato è un evento che segna un percorso, che lascia appunto un segno. Per spiegarti cosa sia, parto da una definizione rubandola a Italo Calvino, che scrisse un piccolo saggio sul Perchè leggere i classici (in questo caso i libri):
I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume).
Penso che per i dischi sia lo stesso: al netto di altri fattori (vendite, premi, notorietà) è il valore culturale, estetico e creativo che me li porta a definire tali. Attenzione, questi sono tre fattori soggettivi e puoi confrontare da te, tra le varie classifiche (che per me hanno sempre lasciato il tempo che trovano, ma un quadro generale lo riescono a dare) le differenze delle scelte e delle valutazioni, eppure è più facile, soprattutto seguendo un percorso anche storico filologico, trovare quei lavori che hanno segnato il proprio tempo, che hanno creato uno stile, che ne hanno esaltato al massimo uno proprio, che sono riusciti a parlare almeno ad altri musicisti tracciando un nuovo percorso, un punto di partenza da evolvere. Se esiste una caratteristica comune, credo sia proprio questa, la capacità di mantenersi vivi, di riuscire a parlare con la stessa potenza anche a decenni di distanza (e questo spero che lo avvertirai continuando ad amare la musica), di fermare un momento e di regalare una sensazione magica sia a chi li ascolta per la prima volta sia a chi li riascolta per l'ennesima.
Ti ringrazio tanto ancora e buona musica!
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donaruz · 2 years
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"Ha fatto lei questo orrore?" Chiese un ufficiale nazista a Picasso.
"No, è opera vostra" Rispose.
Il dipinto a cui si riferiva il nazista era il "Guernica", il famoso quadro raffigurante il bombardamento sulla città, appunto, di Guernica. I morti tra donne e bambini furono 1500.
il generale dell’aeronautica italiana Pietro Pinna, nel 1937 rapporta l’episodio con queste parole: “La distruzione di Guernica, compiuta dagli apparecchi tedeschi ed italiani, ha dato la misura di quanto può fare l’aviazione contro un centro abitato da civili.”
Molti pensano che furono solo i tedeschi a massacrare i civili quel giorno, non è così, c'erano anche aerei da guerra Italiani (I Savoia Marchetti S.M. 79).
Il giorno dopo il bombardamento le truppe di Franco entrano a Guernica e bruciano tutti i documenti anagrafici conservati nella chiesa di Santa Maria, rendendo di fatto impossibile il conteggio delle vittime. Ecco perché molti pensano sia stato ben superiore alle 1500 vittime.
Solo durante il processo di Norimberga, il creatore della Luftwaffe Hermann Göring, alla fine ammette: “Guernica è stato un terreno di prova per la Luftwaffe. È stata una vicenda spiacevole, d’accordo! Ma non potevamo fare altrimenti perché non avevamo un altro posto per sperimentare i nostri aeroplani”.
Prima di dipingere "Guernica", Picasso aveva visto a Palermo un affresco di un anonimo catalano "Trionfo della Morte" del 1446. L'affresco proveniva dal cortile di Palazzo Sclàfani. Picasso non aveva inventato niente, aveva semplicemente adattato un'opera sulla morte per ricordare la città martoriata di Guernica. Era stato lo stesso Picasso ad ammetterlo, rispondendo a una precisa domanda di Renato Guttuso, del quale era amico sin dagli anni Cinquanta. Oggi l'affresco è conservato presso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.
Ogni giorno gli "aerei" europei, compresi ovviamente quelli Italiani, bombardano i migranti in mare. E i morti sono in numero superiore a Guernica. Eppure tutti vanno a vedere quel quadro e rimangono sconvolti (oggi conservato a Madrid). In realtà lo si può vedere in ogni barcone obbligato ad affondare nel mediterraneo.
Guernica è ogni giorno.
Olmo Losca
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tiaspettoaltrove · 5 months
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Ricordare le vecchie dittature, per dimenticare le nuove.
La strategia della politica (e della propaganda in generale) è molto semplice: ricordare (ipocritamente peraltro) un passato remoto, e al contempo disinteressarsi completamente del passato prossimo, del presente, e del futuro. Lo vediamo ogni anno con questa storia del 25 Aprile: tutti a mettersi in bocca “la resistenza”, l’antifascismo e bla bla bla, eppure a me sembra che il mondo vada in una direzione completamente opposta. Mi chiedo, più che altro: dove ha vissuto questa gente nel triennio italiano 2020-2022? Ma voi non vi ricordate che cosa è stato quel periodo storico? Vi siete davvero già dimenticati tutto? Non passava giorno senza che, in un mezzo di comunicazione qualsiasi, non venissero proferiti i peggiori insulti nei confronti di una (abbastanza consistente, peraltro) fetta della popolazione. Ma veramente avete le fette di prosciutto davanti agli occhi a questi livelli? Si è sempre avversati per la propria fede, la propria religione, le proprie idee politiche o anche solo esistenziali. Sempre, se tali idee non corrispondono a quelle della massa. Le discriminazioni sono sempre avvenute, e purtroppo sempre avverranno. Ma non si nota il cortocircuito mentale? Non si nota come, fino a poco tempo fa, non si potesse nemmeno esprimere la propria opinione riguardo a determinati argomenti, senza essere come conseguenza ricoperti dei più infami epiteti? Che memoria corta, in questo paese. E probabilmente non solo in questo. Però evitatemi la sceneggiata. Evitatemi la (finta) apertura all’accoglienza, alla diversità, all’inclusività. Perché sono tutte baggianate ragazzi, e lo avete ampiamente dimostrato. Accogliete solo ciò che volete accogliere voi, rispettate solo ciò che volete rispettare voi. Vi ergete a detentori unici dell’etica e della morale, fallendo clamorosamente agli occhi di chi ha un minimo di spirito d’osservazione, d’intelletto, di sagacia. Ma non lo vedete quello che sta succedendo in Palestina, dannazione? È così da decenni. Non da mesi, non da anni, ma da decenni. Ora se ne parla un po’ di più, sempre troppo poco, ma nulla cambia. Sta bene a tutti. Sta bene a quelli del governo (ma sarebbe stato così per qualsiasi colore politico, purtroppo), sta bene a quelli che urlavano o urlano, sta bene a chi rivendica questa sorta di resistenza (di quasi un secolo fa) sui social network. Roba che noi neanche c’eravamo, ci affidiamo a libri di Storia scritti dai vincitori, ché perfino i racconti dei nostri nonni sono discordanti tra loro. A dimostrazione che la Verità non è sempre così lampante a tutti, anzi. Che ognuno, volente o nolente, la interpreta con la propria luce nel quadro più generale della realtà. Vi dichiarate antifascisti, e siete più irruenti dei mafiosi nel calpestare le letture dell’esistenza diverse dalla vostra. Pensate davvero di essere credibili? Di contare qualcosa? Abbiate la decenza di tacere. Io sono contro tutte le dittature, anche contro quelle che in pochi vedono. Che strisciano, insidiose, giorno dopo giorno.
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toscanoirriverente · 8 months
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Israele uguale nazismo? Cosa succede quando l’uso politico della storia si incontra con l’ignoranza della storia? L’uso politico della storia non è certo una novità. È sempre stato praticato. Si ricorre strumentalmente all’uno o all’altro esempio storico scegliendo l’interpretazione che si ritiene più conveniente al fine di dare sostegno, di fornire legittimità, alla posizione politica che si sta difendendo. A chi ne fa un uso politico, della storia in sé, di che cosa sia realmente accaduto in passato, non importa un bel nulla: si usa la storia come una clava, è solo un mezzo utile per fare propaganda, per conquistare proseliti, per sconfiggere le posizioni avversarie. Ma se la novità non sta certo nell’uso politico della storia, è nuovo il contesto in cui vi si fa ricorso. (...)
Le ricerche condotte dagli specialisti della comunicazione danno al riguardo indicazioni chiare: una grande quantità di persone che vive immersa nel presente ha perduto la capacità di capire che il presente è influenzato dal passato. A queste persone sfugge la profondità storica di qualunque evento di cui sia testimone. E poiché il passato non conta nulla, non è considerato un mezzo per comprendere il presente, non ha nemmeno senso dotarsi di un minimo di conoscenze storiche. Un tempo l’uso politico della storia, la storia usata come clava, incontrava un limite, ovvero esistevano degli anticorpi. Una parte almeno dei ceti istruiti era dotata di sufficienti nozioni storiche,e disponeva di sufficiente senso storico, da non farsi imbrogliare. Adesso non è più così, gli anticorpi sono svaniti o si sono assai indeboliti. A qualcuno è stato detto che un tempo (il quando, nonché il contesto, ovviamente, sono irrilevanti) è esistita una cosa denominata nazismo e di cui null’altro importa sapere se non che si trattava del male assoluto. Inoltre, quel qualcuno ha sviluppato nel tempo un odio viscerale nei confronti di Israele, Stato percepito come più potente dei suoi vicini e colpevole di essere appoggiato dall’Occidente. L’accostamento diventa automatico: Israele uguale nazismo. Non c’è alcun bisogno di sapere qualcosa né della storia del nazismo né di quella di Israele per stabilire l’associazione. E poiché ignoranza della storia significa anche ignoranza di cosa sia e di quanto abbia storicamente pesato l’antisemitismo, non sorprende che una quantità così elevata di studenti universitari, da Harvard alle università europee, non abbia problemi a fare un simile accostamento. (...)
Per aiutare a comprendere quanto sta accadendo in Medio Oriente occorrerebbe spiegare che si tratta di una vicenda complessa che inizia nel 1948 con la nascita dello Stato di Israele e il conseguente «rifiuto arabo». Nessuna comprensione di quanto è accaduto e accade è possibile se non si parte da lì. Gli stessi errori di Israele (le colonie in Cisgiordania, l’illusione di potere difendere all’infinito lo status quo, ossia i precarissimi rapporti fra due popoli reciprocamente ostili) non si spiegano se non ricostruendo quel quadro generale. Ma, appunto, ciò presuppone che l’interlocutore sia disposto a riconoscere il peso e l’importanza della storia per comprendere il presente. Il che però è impedito o quanto meno reso assai difficoltoso dal clima e dalle tendenze dominanti. La sopra citata ricerca del Cattaneo lascia aperto uno spiraglio. Risulta che gli atteggiamenti negativi verso gli ebrei sono più accentuati fra gli studenti con alle spalle un basso rendimento scolastico. In altri termini, anche nell’epoca dei social, la scuola può fare, almeno in parte, la differenza. Se essa tornasse al rigore di un tempo forse si potrebbero ricostituire gli anticorpi necessari per contenere la diffusione delle credenze più aberranti. L’incontro fra uso politico della storia e ignoranza della storia genera mostri. Ciò, di sicuro, non fa bene alla democrazia.
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curiositasmundi · 8 hours
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E’ vero, il vostro smartphone non esploderà, ma la vostra vita l’altro ieri è cambiata; Cassandra vi spiega il perché.
Quando una notizia è nuova e sensazionale succedono sempre due cose:
La prima è che i giornalisti, e più in generale i media, non capiscono nemmeno l’evidente, non sanno cosa riferire, dicono cose totalmente false e sbagliate.
Non sanno a chi chiedere, chiedono al cuggino che è un po’ acher, gli ci vogliono giorni prima di pensare a fare una telefonata alla persona giusta. E poi la notizia si sgonfia, e nessuno più ragiona e scrive del quadro generale.
La seconda è che il pubblico si lascia convincere dall’interpretazione riduttiva e sensazionalistica, si limita a sorridere riconoscendo errori marchiani, ne discute con il cuggino che è un po’ acher e poi passa alla notizia successiva. Nessuno ragiona, anche se non deve scrivere ma solo pensare, al quadro generale.
E’ questo invece il dovere, il duro lavoro, dei profeti.
Come Cassandra vi predica da oltre un decennio, ancora prima che ci fosse la parola giusta per descriverlo, l’Internet delle Cose è tra voi, è tutta intorno a voi.
Non siate voi a controllarla, lo credete soltanto, ma vi sbagliate.
Normalmente è l’IoT che si limita a controllarvi, anzi che permette ad un sacco di gente do controllare voi; già solo questo è un pericolo enorme ed un anatema sulla vostra vita presente, ed ancor più su quella dei vostri figli.
Ma da oggi sapete che, alla bisogna, può essere utilizzata anche per uccidervi.
Ieri era una profezia, oggi è storia.
Vi basta questo fatto per guardare con occhi diversi la vostra domotica, la vostra auto, il vostro televisore, qualsiasi cosa abbia dentro un computer e sia collegata a qualcos’altro con non importa quale canale di comunicazione?
E veniamo alla cronaca, anzi ai suoi effetti permanenti sul futuro.
Le caratteristiche dell’IoT sono state usate per trasformarne una piccola parte in un’arma di distruzione di massa di altissima precisione.
Vista dal freddo punto di vista della tattica militare, è stata prodotta una nuova arma di distruzione di massa a basso costo e di precisione quasi chirurgica.
Si tratta di una precisione molto migliore delle cosiddette “armi intelligenti”, che sono costosissime e precise solo “geometricamente”, ma uccidono molto più i civili che i combattenti, quindi per questo “nobile” scopo “precise” certo non sono.
Ma la cosa rivoluzionaria non è l’operazione di intelligence e di uso bellico di tecnologie quotidiane; è un argomento che possiamo lasciare ai salotti televisivi di livello intellettuale meno basso.
La cosa rivoluzionaria, di cui probabilmente nemmeno gli addetti ai lavori, per la maggior parte, si sono ancora accorti, è che i principi della guerra asimmetrica, fantasia, uso efficiente delle risorse, imprevedibilità, da sempre appannaggio del “contendente debole”, sono state oggi utilizzate dal “contendente forte”.
Infatti, chi ha detto che non poteva essere così? In futuro succederà sempre più spesso, e diventerà la norma. Sarà una delle tante armi che possono essere utilizzate da chiunque, anche dalle superpotenze, per tentare di vincere una sporca guerra.
A Cassandra, sempre proiettata verso il futuro, della cronaca presente in sé interessa poco.
Ma alle persone in generale questo argomento deve interessare. Tutti hanno qualcuno a cui non stanno simpatici. Anche se non vorremmo, anche i migliori di noi hanno “altri” che li considerano nemici, se non personalmente anche come “fazione”.
Purtroppo, da oggi, sarà necessario convivere in un mondo dove non sono le armi nucleari il pericolo maggiore, non sono gli aerei usati per abbattere i grattacieli, non sono i disperati convinti di migliorare il mondo facendosi esplodere accanto a voi.
No, saranno gli oggetti che vi circondano, le cose più semplici e più innocue, che come la bambola assassina del film horror, come il pistolero robot con la faccia di Yul Brinner del film di fantascienza, saranno usate per colpirvi a tradimento.
Come già tratteggiato in questo profetico articolo di Wired del 2014, e evidenziato nello stesso anno da Cassandra, l’IoT è fatta di Frankenthings; “Cose” dell’Internet delle Cose apparentemente innocue, ma da temere davvero e sempre!
E’ così, è stato dimostrato, non ci sono più dubbi!
Fatevene una ragione. E poi pensate ed agite di conseguenza.
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crazy-so-na-sega · 1 year
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Il primo “pilastro” riguarda la trasformazione fisica degli ambienti di apprendimento (100.000 aule) grazie a una forzata iniezione di tecnologia di ultima generazione: device informatici personalizzati, schermi multifunzione, intelligenza artificiale, realtà aumentata, stampanti 3D, ecc. È il cespite più consistente dell’iniziativa: circa i ¾ degli investimenti previsti. Entro Natale 2022 tutte le scuole sono state “caldamente invitate” dal Ministero a fare incetta di strumentazioni high tech per il massimo degli stanziamenti virtuali disponibili (cioè a contribuire sconsideratamente al Debito pubblico), indipendentemente dalle dotazioni pregresse, dalla reale capacità di fruizione delle nuove, dalla loro utilità per il tipo di scuola, ecc. Il resto dei finanziamenti servirà per “smontare” le aule tradizionali e riqualificarne l’apertura al mondo attraverso banchi a rotelle, aule-laboratorio, ambienti virtuali, ecc. L’approccio generale sarà work based learning e gli spazi scolastici dovranno essere disegnati “come un continuum fra la scuola e il mondo del lavoro”.
la Scuola sarà svilita a componente della riforma del lavoro, sollevando le aziende dall’onere di selezionare e formare il proprio personale. La riforma introduce infatti nella Scuola superiore di primo e secondo grado due nuove figure di insegnanti (la seconda grande novità): il docente Orientatore e il docente Tutor. Con compiti, l’uno, di aiutare lo studente nella scelta precoce della futura professione e, l’altro, di consigliarlo nei percorsi di apprendimento liberi ad essa più adeguati. Nella nuova Scuola, infatti, non tutti studieranno ancora le stesse materie o nello stesso modo, ma ciascuno studente seguirà un iter di apprendimento personalizzato volto a fargli conseguire le conoscenze e le abilità specifiche per la sua futura professione.
La difesa del merito – di studenti e insegnanti – è in effetti il terzo pilastro della riforma, come del resto propagandisticamente annunciato dal Governo Meloni fin dal nuovo nome del Ministero dell’Istruzione, divenuto pure “del Merito”. Si tratta della pretesa non nuova di misurare la capacità didattica dei docenti, fingendo di non sapere che ad insegnare si arriva vincendo concorsi per titoli ed esami. In realtà, è fin troppo chiaro quale siano le vere finalità di questo sbandierato progetto di valorizzazione del merito. In primo luogo, acquisire un’arma di ricatto contro quella libertà professionale dei docenti (art. 33 Cost.), che nel quadro attuale costituisce un ostacolo insormontabile alla rimodulazione indotta del loro insegnamento. Alla condizione di assoggettamento etico e professionale degli insegnanti cui mira la riforma si arriverà probabilmente correlando al merito lo stipendio, il punteggio interno alla scuola e quello esterno per i trasferimenti. In secondo luogo, spingere gli insegnanti a divenire organici alla riforma stessa: con quelli “contrastivi” relegati in fondo alla graduatoria, essere docenti “meritevoli” significherà né più né meno che assecondare in modo acritico la visione sociopedagogica che essa sottende.
Le finalità umanistiche e “liberali” dei tradizionali curricoli scolastici lasceranno il posto a quelle utilitaristiche della formazione tecnologica, funzionale alla creazione di un vasto proletariato di nuova concezione. Anche gli insegnanti dovranno adeguarsi ai tempi, adattando la loro didattica agli strumenti e alle finalità delle nuove onnipresenti tecnologie informatiche, secondo i voleri insindacabili dell’UE (vedi Quadro di riferimento europeo per le competenze digitali dei docenti, il “DigCompEdu”). Inseriti in un sistema europeo di riconoscimento delle competenze digitali, saranno valutati (e domani stipendiati) secondo una precisa scala di bravura, con tanto di titolo distintivo: A1) Novizio; A2) Esploratore; B1) Sperimentatore; B2) Esperto; C1) Leader; C2) Pioniere. In altre parole, non saranno più riconosciuti come professionisti tutti ugualmente “sapienti” nelle loro rispettive materie, ma incardinati in una gerarchia di valore (e di diritti) di natura prettamente tecnica, che confonde i fini del loro lavoro con gli strumenti utilizzati per conseguirli. Ci chiediamo: valeva la pena percorrere tutto il cerchio dell’ideale democratico per tornare al “MinCulPop”, ai Balilla e ai Lupetti da cui proveniamo?  –  E allora vogliamo pure i Colonnelli!
-Marco Bonsanto, insegnante di Storia e Filosofia
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p.s: testata che si dichiara "ostinatamente laica, dissidente e di sinistra". Lo sconquasso basilare, eppure silenzio.
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susieporta · 1 year
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«La fretta: altra perniciosa categoria della modernità. Esiste infatti una differenza fondamentale tra fretta e rapidità. Si racconta che una volta Picasso fosse seduto in un bistrot parigino e, distrattamente, mentre chiacchierava con gli amici, facesse un disegno su un tovagliolo di carta. Una signora a un tavolo vicino notò la cosa e chiese al maestro di poter comprare il disegno.
Picasso acconsenti, ma quando la signora chiese il prezzo il maestro indicò una cifra spropositata. "Ma come, le ci è voluto solo qualche secondo," disse la donna. Picasso la guardò stupito e poi rispose: "Signora, si sbaglia. Mi ci è voluta tutta la vita".
La rapidità è il risultato della combinazione di competenza e padronanza; essa implica preparazione, studio, pratica, allenamento. Si pensi ai gesti degli atleti professionisti: sono composti, eleganti, rapidi - o rapidissimi - solo quando occorre e sempre in un quadro di controllo.
La fretta, al contrario, è uno dei sintomi dell'impreparazione inconsapevole e pericolosamente attiva. L'accelerazione fine a se stessa non consente il controllo degli eventi, delle dichiarazioni, della formulazione delle opinioni. Dipende (anche) dall'ansia - un'ansia generale, strutturale - e nelle azioni che genera non vi è precisione, non vi è reale intenzione. La fretta impedisce l'approfondimento, ostacola la comprensione e produce, nel migliore dei casi, delle mezze verità; nel peggiore e più frequente dei casi, un totale fraintendimento delle idee e dei fenomeni.
L'assenza di pazienza cognitiva è a un tempo una delle cause e uno degli effetti dell'impazienza diffusa che caratterizza la gran parte dei comportamenti nella sfera della politica, del dibattito pubblico, della presunta riflessione su temi cruciali della vita civile. Essa espone ai rischi delle demagogie e della manipolazione: rende vulnerabili alle menzogne del potere.»
Gianrico Carofiglio (1961), Della gentilezza e del coraggio (2020)
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tinxanax · 2 years
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Voi forse non crederete a queste cose, ma io si. La mia vita sta cambiando radicalmente, e aspetto troppe chiamate importanti nei prossimi giorni e avevo bisogno di un quadro generale. Ecco cosa faccio io, a 20 anni, il sabato notte:
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