#il mondo in una stanza
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maledettadaunangelo · 2 months ago
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Ma, quando la vita ci si mette, neanche l’amore basta. E, con un cuore già compromesso, cos’altro si può rischiare? In quella stanza, ho dato il mio cuore imperfetto all’uomo che amavo. E poi... lui se n’è andato.
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pensieri-inlacrime · 3 months ago
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1. Nome e cognome?
2. Quanti anni hai?
3. Dove vivi?
4. Single?
5. Com'è la tua famiglia?
6. La stanza preferita di casa tua?
7. Ti senti sicuro a casa tua?
8. Vivi nella stessa casa in cui hai passato l'infanzia?
9. Quali nomi daresti ai tuoi figli?
10. Ti piacciono i bambini?
11. Ti piacciono gli animali?
12. Top 3 animali che preferisci?
13. Quale animale ti rappresenta meglio?
14. Quale animale ti spaventa di più?
15. Quali sono le tue paure più grandi?
16. Hai mai superato una tua paura nella vita?
17. Qual è la cosa più folle che hai fatto per amore?
18. Ti vorresti sposare?
19. Meglio lasciare o essere lasciati?
20. Meglio amare o essere amati?
21. Nel sesso, meglio dare o ricevere?
22. Qual è l'ingrediente segrete per del buon sesso secondo te?
23. Il posto ideale per fare l'amore?
24. Mai provato attrazione per qualcuno del tuo stesso sesso?
25. Mai provato attrazione per qualcuno del sesso opposto al tuo?
26. Lingerie o nudità?
27. Pagheresti mai per fare sesso?
28. Legalizzeresti droghe e prostituzione?
29. Ti trasferiresti in un'altra nazione se ne avessi la possibilità?
30. Se ti costringessero a lasciare l'Italia, in quale Paese andresti?
31. Cosa ne pensi della politica?
32. Qual è l'ingiustizia più grande del mondo secondo te?
33. Le guerre sono sempre sbagliate secondo te?
34. Quale sarebbe la tua reazione se una persona ti dicesse che è vittima di violenza in famiglia?
35. Cosa pensi dei bulli?
36. Ricordi con piacere i tuoi anni scolastici?
37. Qual era la tua materia preferita a scuola?
38. Avevi un buon rapporto con i professori?
39. Quali tecniche usavi per saltare le interrogazioni?
40. Come si chiamavano i tuoi compagni di banco?
41. Maglio scuola o lavoro?
42. Che lavoro fai?
43. Che lavoro vorresti fare?
44. Sei un procrastinatore seriale?
45. Lavori meglio da solo o in team?
46. Come hai vissuto il periodo della pandemia?
47. Come te la cavi in cucina?
48. Dolce o salato?
49. Quale tipo di pasta preferisci?
50. Frutta o verdura?
51. Quale panino ordini più spesso al McDonald's?
52. Sei vegetariano o vegano?
53. Sei astemio?
54. Il tuo drink preferito?
55. Meglio vino o birra?
56. L'ultima cosa che hai mangiato?
57. Ti va di descriverti fisicamente?
58. Ti va di descriverti caratterialmente?
59. Vai in terapia?
60. Credi che la terapia di coppia sia utile?
61. Ti fidi dei medici?
62. Hai mai messo i punti per qualche ferita?
63. Cosa credi che succeda dopo la morte?
64. C'è qualche caro morto che vorresti riabbracciare?
65. Con quale personaggio storico vorresti passare 24h per conoscerlo meglio?
66. Consigliami tre film
67. Consigliami tre serie TV
68. Consigliami tre videogiochi
69. Consigliamo tre giochi in scatola
70. Il tuo personaggio preferito del signore degli anelli?
71. Il tuo personaggio preferito della Marvel?
72. Il tuo personaggio preferito Harry Potter?
73. Hai mai fatto teatro/cinema?
74. Hai qualche talento nascosto?
75. Meglio lodare o essere lodati?
76. Che modello di telefono hai?
77. A quanto sta la tua batteria?
78. Quale invenzione già esistente avresti voluto inventare tu?
79. Collezioni qualcosa?
80. Hai una morning routine?
81. Sei una persona disordinata od ordinata?
82. Quale lingua vorresti saper parlare?
83. Quale laurea vorresti avere?
84. Di quale sport vorresti essere campione del mondo?
85. Ti piacciono le persone muscolose?
86. Ti piacciono le persone alte?
87. Ti piacciono le persone in carne?
88. Il tuo orientamento religioso?
89. Che ruolo ha Dio nella tua vita?
90. Qual è un difetto che non sopporti negli altri?
91. Qual è un pregio che apprezzi sempre negli altri?
92. Meglio parlare od ascoltare?
93. Quale social usi di più?
94. C'è qualcuno che ti manca?
95. C'è qualcuno che vorresti ti lasciasse in pace per sempre?
96. Cosa diresti al te di dieci anni fa?
97. Quale stagione preferisci?
98. Qual è il tuo colore preferito?
99. Qual è un cartone della tua infanzia?
100. Dimmi a quale domanda vorresti rispondere così te la faccio
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papesatan · 6 months ago
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Trovo che nulla parli di noi come le nostre lacrime. Di conseguenza, ho deciso di trascrivere qui una lista di eventi e situazioni che mi fanno piangere inconsolabilmente:
le lettere scritte da mia madre e nascoste in un vecchio diario di scuola, quando andavo ancora alle medie. Le ho scoperte soltanto pochi mesi fa, riaprendolo casualmente, e sono scoppiato a piangere,
il finale di Mary Poppins, quando dopo essere stato licenziato, il signor Banks torna a casa con l’aquilone finalmente riparato e comincia a giocare coi figli, correndo fuori con loro per farlo volare nel parco (scena tuttora inguardabile per me senza cominciare a frignare),
gli abbracci alla stazione,
l’episodio di Doraemon in cui Nobita vorrebbe ringraziare la persona che, durante una gita all’asilo, lo aiutò a rialzarsi, scacciando i bruchi pelosi che lo ricoprivano. Tuttavia, Nobita non riesce a ricordare il suo volto, cos�� Doraemon gli offre l’opportunità d’incontrare chiunque voglia nella Stanza del Rivedersi,
la perduta innocenza,
il finale dell’Uomo dei Sogni, quando Ray incontra suo padre, morto da tempo, e prima che questi svanisca gli chiede: “Ehi papà, vuoi giocare un po’ con me?” (tema a quanto pare ricorrente, dovrei forse dedurne qualcosa?),
l’inesorabile decadimento fisico e psichico dei miei genitori, ormai pressoché anziani,
la tenerezza del mio cagnolino e la consapevolezza della sua ineluttabile caducità, 
questo mio talento letterario negletto e sprecato, gettato ormai ad appassire come giardino incolto,
il finale della terza stagione di Person of Interest, quando Samaritan sembra aver ormai vinto, ma il monologo di Root ci ricorda che nonostante tutto il male che ci opprime, non dobbiamo mai smettere di sperare,
Exit music for a film dei Radiohead, dal minuto 2:50, ovvero lo smanioso desiderio di rivalsa che da sempre m’avvampa e mi corrode animo e viscere dopo ogni mortificante derisione, al pensiero che sì, un giorno tutti sapranno, e allora, beh, gliela farò vedere io… (me ne rendo conto, di solito è così che nascono i serial killer). Questa parte, ad ogni modo, mi emoziona a tal punto da avermi spinto a scrivere il finale della mia storia: “Un ventoso mattino di settembre, i servi del marchese  avrebbero forzato le porte dello studio, ove il misero scrittore soleva rinchiudersi di notte, e lo avrebbero trovato morto, riverso fra le sue carte in una pozza di vomito. Spalancate le finestre a lutto, i poveri disgraziati sarebbero stati travolti allora dall'empia ferocia di quegli astiosi fogli sdegnati dal tempo e, così finalmente libere, pagine e pagine d'inchiostro si sarebbero riversate in strada, pronte a prender d'assalto case e negozi, scuole e caserme, mulinando burrascose sulla città, fra le strida dei borghesi impazziti e le urla dei bambini accalcati contro i vetri, fino a seppellire il mondo, terra e cielo, sotto cumuli di scritti dissotterati dal fuoco e dagli abissi”,
la morte di Due Calzini in Balla coi lupi (e il tema ad esso collegato), quando il lupo segue fedelmente Dunbar ormai prigioniero e i soldati gli sparano addosso per dimostrare la loro tonitruante possenza di coraggiosissimi esseri umani supercazzuti, finché non l’ammazzano senza pietà. 
la lettera di Valerie da V per Vendetta, (credo non occorrano spiegazioni né commenti qui),
la mia sciagurata impotenza dinanzi al dolore degli amici,
la morte del commissario Ginz ne Il dottor Živago: “Soldati armati di fucili lo seguivano. ‘Cosa vorranno?’ pensò Ginz e accelerò il passo. Lo stesso fecero i suoi inseguitori. [...] Dalla stazione gli facevano segno di entrare, lo avrebbero messo in salvo. Ma di nuovo il senso dell’onore, educato attraverso generazioni, [...] gli sbarrò la via della salvezza. Con uno sforzo sovrumano cercò di calmare il tremito del cuore in tumulto. Pensò: ‘Bisognerebbe gridargli: - Fratelli, tornate in voi, come volete che sia una spia! - Qualcosa di sincero, capace di svelenirli, di fermarli.’ [...] Davanti all’ingresso della stazione si trovava un’alta botte chiusa da un coperchio. Ginz vi balzò sopra e rivolse ai soldati alcune parole sconvolgenti, fuori dell’umano. Il folle ardire del suo appello, a due passi dalle porte della stazione, dove avrebbe potuto rifugiarsi, sbigottì gli inseguitori. I soldati abbassarono i fucili. Ma Ginz si spostò sull’orlo del coperchio della botte e lo ribaltò. Una gamba gli scivolò nell’acqua, l’altra rimase penzoloni fuori della botte. [...] I soldati accolsero la sua goffa caduta con uno scroscio di risate: il primo lo colpì al collo, uccidendolo. Gli altri gli si gettarono sopra per trafiggere il morto a baionettate”. Non riesco a dire come questa fine mi commuova, ma credo abbia a che fare con goffaggine, spietatezza e umiliazione, cose che mi colpiscono tutte enormemente,
l’episodio de La casa nella prateria, in cui il signor Ingalls realizza una scarpa speciale per la piccola Olga che zoppica a causa di un’asimmetria nelle gambe. Il padre però non vuole che giochi con le altre bambine perché teme possano deriderla o che, ancor peggio, possa farsi male. Aggredisce così il signor Ingalls per essersi intromesso, ma all’improvviso vedendo la figlia giocare felice in cortile, muta espressione commuovendosi profondamente, ed io con lui. È la gioia d’un padre che comprende che sua figlia è finalmente felice. 
la vittoria dell’Italia alle olimpiadi di Torino 2006 nel pattinaggio di velocità, inseguimento a squadre maschile. Avevo 17 anni, avevo finito da poco i compiti e non so perché, restai paralizzato di fronte alla tv ad ammirare l’impresa di Enrico Fabris e compagni, esplodendo poi in un inspiegabile pianto liberatorio che ancora oggi sa per me d’imponderabile (disciplina mai più seguita, che quel giorno però mi regalò un’emozione eguagliata solo dall’oro di Jacobs nel ‘21 - senza lacrime),
la canzone Ave Maria, donna dell’attesa: dal matrimonio di mia sorella ad oggi son passati sette mesi, eppure questa canzone mi fa ancora lo stesso perturbante effetto, scuotendomi ogni santa volta.
Isengard Unleashed dalla colonna sonora del Signore degli Anelli, in particolare, il momento coincidente con la marcia degli Ent (vedi sogni di furiosa rivalsa), dal minuto 2:18,
la comprensione altrui,
ogniqualvolta ho dovuto accompagnare qualcuno all’Eterna Porta e dirgli addio in Spiritfarer,
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trovare ricci spiaccicati sulla strada,
gli immarcescibili sensi di colpa per la morte del gattino Figaro, quando avevo cinque anni,
le storie di grandi insegnanti, capaci di lasciare tracce di sé nei loro alunni.
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falcemartello · 6 months ago
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SHHH!!
Silenzio mi voglio rilassare..
Esiste un luogo che potrebbe farvi ricredere sugli effetti terapeutici del silenzio assoluto: si tratta della stanza anecoica degli Orfield Laboratories, in Minnesota, che nel 2008 è entrata del Guinness dei Primati con il titolo di luogo più silenzioso al mondo.
L’idea di passarci un po’ di tempo potrebbe sembrare rilassante, ma non lasciatevi ingannare: nessuno è mai riuscito a rimanerci per più di 45 minuti. Il motivo?
La stanza anecoica è talmente silenziosa che può portare alla follia in meno di un’ora.
La stanza del silenzio è composta da due camere costruite l’una nell’altra, realizzate con materiali fonoassorbenti e fonoisolanti che hanno la capacità di assorbire i suoni al 99%.
La camera più interna è isolata da uno strato in fibra di vetro spesso 1 metro e le sue pareti sono rivestite da una tappezzeria in schiuma sintetica.
Anche il pavimento è a prova di rumore tanto che camminandoci sopra tende a cedere leggermente in modo da attutire eventuali vibrazioni o fruscii.
Perché è impossibile resistere al suo interno?
Chi si trova nella stanza anecoica (che, come suggerisce il nome, non produce eco) diventa l’unica fonte di rumore; inizia a percepire il suono dei propri organi, il sangue che scorre nelle vene, il battito cardiaco, il gorgogliare dello stomaco. In pratica, vive un’esperienza extrasensoriale capace di far perdere sia l’equilibrio fisico che psichico.
Steve Orfield, il responsabile della struttura, spiega che a luci spente si sperimenta uno stato di deprivazione sensoriale totale che poco a poco fa perdere al cervello ogni riferimento. Per orientarci infatti noi usiamo anche i suoni, che ci forniscono equilibrio e facilitano i movimenti: la loro assenza produce un disorientamento tale da indurre claustrofobia, vomito, attacchi di panico e allucinazioni. 
È quasi d’obbligo inoltre rimanere seduti, perché nella stanza stare in piedi e camminare diventa pressoché impossibile.
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allecram-me · 2 months ago
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Valerio è morto da otto giorni, un’ora e dieci minuti. Cinque secondo i medici, ma io ero proprio lì e l’ho visto il suo cuore smettere di battere. Valerio è nato in un ospedale di Napoli ed è morto al policlinico di Modena. Della sua vita rimangono impressioni, la solidità con la quale s’era aggrappato al mio cuore, ed io al suo. Continuo a dirmi che passerà anche questa, che arriverà la pace ed afferrerò il telefono per chiamarlo, per immaginarmi sulla sua pelle, incastrata tra i peli del suo petto. Non succederà mai più.
Sono a Berlino da quarantotto ore. Sono partita senza avere un posto dove stare - lo avevo, ma non sapevo come accedervi - sono arrivata in aeroporto ed ho prenotato una stanza. La mattina dopo mi sono svegliata ed ancora non sapevo come avrei fatto. Poi ho fatto tutto.
Meno di un’ora fa ero ad Alexanderplatz. Incantata dalle luci e dalle persone, mi ero seduta su una panchina a fumare una sigaretta. Un ragazzo indiano mi ha teneramente rivolto la parola, è stato gentile. Ora sono sul balcone del mio nuovo e temporaneo appartamento a Frankfurter a chiedermi chi sono. Sono quella che va in giro per una città sconosciuta da sola, che ordina una zuppa in un ristorante vietnamita, che prende un aereo senza sapere dove dormire. Sono la donna che teneva la mano di Valerio mentre moriva, che ha tenuto la mano di Valerio le altre volte che era in coma, che per due volte lo ha risvegliato quando sembrava impossibile. Sono una persona minuscola che non ha saputo imporre ai suoi familiari di non firmare contro l’accanimento terapeutico, ben consapevole che Valerio volesse vivere. Un po’ meno consapevole dell’entità del dolore che gli abbiamo risparmiato, del destino di dialisi costretto a letto a cui abbiamo detto no per lui. Valerio ci ha messo tre giorni a morire, perché lui voleva vivere. Lui voleva vivere ed adesso devo vivere io, ma non so come. So che sono brava a farlo. So che lo amo, e che lui mi ha amata davvero. Adesso sono a Berlino da sola, sola come non sono stata mai. Ho paura di tutto, ma non si vede, come Valerio che è ovunque, ma da nessuna parte. Ho paura di riuscire come di non farlo.
Valerio sapeva fare tutto. Noi, forse, ci somigliavamo. Lui è la parte migliore di me, e voglio che il mondo lo veda anche più di prima, perché lui è la cosa più bella che abbia mai incontrato.
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lady--vixen · 3 months ago
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il caldo, il vuoto, il silenzio, il nulla
E cosa vuoi di più?
10 gradi di meno, una stanza in cui sfogare i demoni con chi dico io, quel primo sguardo dopo millenni, parlare di libri sotto le lenzuola, baciare per così tanto tempo da sentire le labbra stanche, la pace nel mondo, il premio nobel
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perpassareiltempo · 1 month ago
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C’era qualcosa di erotico in quel cupo cielo (…), con quella fitta coltre di nuvole, il grigio, il vento freddo. Tutto sembrava fatto apposta per spingere a cercare la pelle dell’altro. In quel colore grigio sconfinato, veniva voglia di chiudersi a lungo in una stanza. E in quella stanza, abbandonarsi a un piacere senza limiti, come se fosse l’unico posto al mondo dove poterlo fare.
Banana Yoshimoto - Ricordi di un vicolo cieco
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ilcoinquilino · 1 month ago
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Lo ammetto! Ludovica è molto bella, ma non è solo bella: è magnetica. C’è qualcosa di profondamente intrigante in lei, qualcosa che mi attira e mi spinge a volerla conoscere meglio.
Questa mattina abbiamo fatto colazione insieme. Avendo entrambi lezione nel pomeriggio ho colto l'occasione per scambiarci quattro chiacchiere: discorsi leggeri, di circostanza — le ho anche offerto una mia Kinder Paradiso! Ludovica ha un grande pregio, ha questo modo particolare di ascoltare, come se il suo interlocutore fosse l’unica persona al mondo in quel momento.
Studia arte, non ricordo con esattezza il nome del corso di laurea. Critica di qualcosa... Non me lo sarei mai aspettato. Dal suo aspetto curato avrei giurato fosse iscritta a un corso di moda. Non è eccentrica nel vestire, chiariamolo, ha uno stile sobrio ma studiato nei minimi dettagli. Stamattina indossava una canottiera attillata, un cardigan dal fascino vintage, e un paio di jeans a vita alta che le modellavano perfettamente la figura. Molto seducente nella sua semplicità.
Abbiamo parlato delle nostre coinquiline e della sua stanza — quella che per me rimane la stanza di Matilde. Ludovica non fa ancora parte del nostro mondo: devo ancora abituarmi all'idea di lei che dorme nel letto di Matilde, di lei che fa la doccia nuda nel nostro bagno, del suo profumo che aleggia per casa come una presenza estranea. Non si è ancora ambientata, forse percepisce di essere un'ospite poco gradita per qualcuno, anche se non me lo ha detto esplicitamente. Non si è nemmeno appropriata degli spazi che le spettano in bagno, quelli che Vittoria ha volutamente occupato con tutti i suoi prodotti di skincare.
Non ha trascorso molto tempo in casa, forse perché non la sente ancora del tutto sua. Vorrei aiutarla in qualche modo, ma non so da dove cominciare. Oggi ho apprezzato che si sia confidata con me, raccontandomi di aver chiesto al proprietario di casa il permesso di apportare qualche modifica alla sua cameretta, nel suo mondo.
Le ho offerto il mio aiuto.
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fridagentileschi · 11 days ago
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L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili.
Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene.
Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa.
Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili.
La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate.
Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo.
Arrivano per spegnere la sua fiamma, ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca.
Donna. Libera. Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia.
Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà.
Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito.
PS: La ragazza si chiama #AhouDaryaei, studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran.
Un’eroe di cui avevamo bisogno! ♥️
Dalla Fenomenologia della lingua
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me-soltanto-me · 1 month ago
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Per un bicchiere di vino in più, quelle immagini scolpite nella mente, diventano più nitide, quel bicchiere che non ti aspetti di versare, noi due soli, che parliamo con la logica, ma la nostra anima emotiva pulsa di strani istinti, sensazioni che non puoi controllare quando tutto si inibidisce nel profumo dell’uva fermentata.
Quel bicchiere di vino in più, che avvicina le mie mani sul tuo corpo, percorrendo ogni tua morbida forma, un pizzico di timore, in attesa di una tua mossa, quel vino, che ti fa accettare le mie mani sulla tua pelle, i vestiti che si slacciano, il cuore che si imbarazza, il calore dell’alcool, e la voglia di provare, quella vibrazione che non ha un direzione, senza amore, senza storia, senza poesia ne frasi complesse.
Dove le parole non servono a nulla, dove ogni sguardo è intenso, ogni carezza diventa l’inferno, e ogni bacio sul collo, una sporca fuga dalla razionalità, dove i visi si toccano e le labbra si abbracciano, dove, i respiri si incrociano e la pelle bagnano.
Quel vino, che rende irrazionale ogni nostro movimento, dove la luce diventa scura e il mondo fuori da questa stanza, congela, perchè il calore è solo nostro stasera, guardandoti negli occhi, afferrandoti con voglia, nell’immagine riflessa in uno specchio disegniamo un quadro perfetto, nel calore delle tue gambe e un rest completo dei nostri pensieri…
Per un bicchiere di vino in più, il coraggio di raccontarti sul tuo corpo, qualsiasi cosa che per altri può risultare difficile, con il solo soffio delle mie fantasie, scriverò un romanzo, per farti sentire posseduta, dal diavolo…
(Ejay Ivan Lac)
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ilpianistasultetto · 10 months ago
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E mentre la politica italiana si azzuffa sulla Ferragni, sulle pistolettate di Pozzolo, sulla farina di grillo e mille altre bagattelle, nel mondo c'e' chi corre verso nuove forme di societa'. Qualche giorno fa, mia figlia mi ha parlato del nuovo ascensorista che ha incontrato in una citta' della Cina, nemmeno tra le piu' conosciute. Un tipo cordiale, forse un po' freddino ma molto efficace. Fa conversazione in ascensore, ti accompagna al piano e poi lungo il corridoio fino alla porta della stanza. E li rimane in attesa di qualche tua richiesta. 😱
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worldofdarkmoods · 1 month ago
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L'amore non corrisposto
C’è un dolore che pochi riescono a capire davvero, un dolore che non lascia ferite visibili, ma ti scava dentro, lentamente, giorno dopo giorno. È l’amore non corrisposto. Di quel tipo di amore, io sono diventata una sorta di esperta. Non è un amore come gli altri, non è la favola di due persone che si innamorano l’una dell’altra e condividono sogni, passioni e paure. No, questo è un amore che ti lascia sola, in una stanza piena di pensieri che si rincorrono, domande senza risposta, speranze che si infrangono e dubbi che ti logorano l’anima.
Ho provato a capirlo, a capire cosa ci fosse di sbagliato in me, cosa mi portasse a fissarmi su qualcuno che non poteva, o non voleva, ricambiarmi. Ogni volta che lo vedevo, il cuore batteva più forte, le mani sudavano, la gola si stringeva fino a farmi mancare il respiro. Eppure, anche in quei momenti di pura emozione, una voce dentro di me continuava a ripetere che non c’era speranza. Lo sapevo, lo sentivo in ogni fibra del mio corpo, eppure non riuscivo a smettere. Mi odiavo per questo.
Odiavo quella parte di me che continuava a sperare. Odiavo come il mio corpo cercava involontariamente il suo, come ogni suo sguardo, ogni suo gesto, anche i più banali, diventavano per me un segnale da interpretare, una traccia di possibilità. E odiavo me stessa per permettermi di credere, anche solo per un attimo, che ci fosse una minima chance che lui potesse provare lo stesso.
Ma la parte peggiore è quando arriva quella la notizia. "ho sapute che si sente con lei." E lì, tutto si ferma. Il mondo crolla in un istante. Non capisco più niente. Mi sento stupida, fragile, inutile. Mi chiedo come ho potuto illudermi per tutto questo tempo. Il caos nella mia mente si trasformava in un silenzio assordante, e quel silenzio mi urlava dentro, ricordandomi che non ero mai stata abbastanza, che non lo sarei mai stata.
Eppure, c’era una parte di me che non riusciva a lasciar andare. Ogni volta che lui si avvicinava, ogni volta che accettava quel piccolo contatto fisico, era come se mi desse appena abbastanza per restare incatenata a quel sentimento. Bastava un tocco, uno sguardo, un sorriso, e io tornavo a credere che, forse, tutto non fosse stato solo un’illusione della mia mente. Che forse, in qualche angolo del suo cuore, ci fosse posto anche per me.
Ma era solo una trappola, una bugia che mi raccontavo per non affrontare la verità: lui non mi avrebbe mai amato. E questo mi distruggeva. Mi faceva sentire piccola, inutile, come se ogni mia emozione fosse sprecata, come se stessi dando tutto ciò che avevo per una battaglia che era già persa in partenza.
Mi sono chiesta tante volte perché continuiamo a farci questo. Perché continuiamo a innamorarci di persone che non ci ricambieranno mai, perché mettiamo il nostro cuore nelle mani di chi non lo custodirà con cura. Forse perché, in fondo, ci aggrappiamo a quel pizzico di speranza che, per quanto irrazionale, ci tiene vivi. O forse perché non sappiamo come fare a spegnere i sentimenti, anche quando sappiamo che ci stanno portando solo sofferenza.
E così, continuo a camminare in questo limbo, tra la speranza e la disperazione, tra il desiderio e la consapevolezza. So che dovrei andare avanti, so che dovrei lasciar andare, ma qualcosa dentro di me si rifiuta. Qualcosa dentro di me spera ancora che un giorno lui si accorga di me, che veda in me ciò che io vedo in lui.
Ma la realtà è che, probabilmente, non succederà mai. E forse, in fondo, il vero problema non è lui, ma sono io. Sono io che non riesco a smettere di sperare, sono io che non riesco a proteggere il mio cuore da qualcuno che non lo merita. Sono io che, nonostante tutto, continuo a innamorarmi di chi non mi amerà mai.
E mi odio per questo. Mi odio per non riuscire a smettere. Mi odio per aver permesso a un sentimento unilaterale di definire così tanto chi sono, di determinare così tanto il mio valore. Eppure, per quanto provi a combatterlo, per quanto cerchi di liberarmi, torno sempre al punto di partenza: a quella sensazione di vuoto, di mancanza, di amore non corrisposto che mi tiene prigioniera di qualcosa che non esiste.
E così, mentre i giorni passano e lui continua a vivere la sua vita, io rimango qui, a raccogliere i pezzi di un cuore che si spezza ogni volta che lo vedo, ogni volta che sento parlare di lui con qualcun’altra. E mi chiedo se un giorno riuscirò mai a liberarmi di questo peso, o se sarò condannata a portarlo con me per sempre.
-Anonimo🖤
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mtonino · 2 months ago
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Side by Side - Art Influences Films
Spesso mi sono occupato del rapporto tra arte e cinema e di come si ininfluenzino vicendevolmente, oggi voglio porre l'attenzione su un caso particolare: la presenza dei quadri del pittore Alex Colville nel film Shining di Stanley Kubrick. In realtà, le opere di Colville appaiono in più di un film (Heat, Moonrise Kingdom), ma in Shining ciò avviene ben quattro volte:
Woman and Terrier (1963)
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Colville descriveva quest'opera così: "è la mia Madonna col Bambino; ​​naturalmente nel mio mondo il bambino è un cane."
L'artista canadese considerava i cani come esseri senzienti, in grado di vedere, ma incapaci di fare il male. Nella sua arte le persone rappresentano la capacità distratta e iperconsapevole di fare il male e i cani l'innocenza.
"I volti distolti di Colville coinvolgono gli spettatori nelle sue opere, ci fanno sentire dei voyeur. Quando qualcuno in un'opera di Colville guarda direttamente lo spettatore è come se lo avessimo interrotto, come se avessimo fatto irruzione in una scena privata"
tratto da “Scoprire il vero Alex Colville,” Maclean's, 22 agosto 2014
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A Jack Torrance è appena stato detto di Delbert Grady, l'ex custode dell'Overlook Hotel che ha fatto a pezzi sua moglie e le sue due figlie. A casa Torrance, a Boulder, l'amico immaginario di suo figlio Danny, gli ha detto che il padre ha ottenuto il lavoro e sta per chiamare per dargli la notizia. Come previsto, il telefono squilla e la moglie di Jack, Wendy, risponde.
Mentre Shelley Duvall si siede per parlare con Jack Nicholson, "Woman and Terrier" di Colville è chiaramente visibile sulla parete di fondo, sopra un televisore. Il dipinto raffigura una donna che abbraccia un terrier, il suo volto è per lo più nascosto dalla testa del cane, con l'angolo dell'occhio sinistro appena visibile, che sbircia fuori.
Nella scena di Shining siamo dentro casa di Wendy e la stiamo osservando rispondere a una telefonata privata, mentre un personaggio di Colville ci spia dalla parete in fondo, ricordandoci che stiamo per assistere al grande orrore che si avvicina.
Horse and Train (1954)
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Di questo quadro Colville dice: "Ho sempre pensato che fosse piuttosto bello ma mi rendevo conto che poche persone lo avrebbero comprato per appenderlo in una casa, la maggior parte delle persone sembra considerarlo estremamente morboso"
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Danny ha appena avuto la visione delle due bambine e del sangue che scorre, e si è svegliato nella sua camera da letto dopo essere svenuto davanti allo specchio del bagno. Arriva la pediatra per visitarlo dopodiché la dottoressa e Wendy vanno in soggiorno, dove discutono dei problemi di Jack con l'alcol, di come lui una volta abbia slogato il braccio di Danny e di come questo apparentemente abbia causato la prima apparizione del misterioso amico immaginario di Danny.
Mentre attraversano il corridoio, ecco sul muro "Horse and Train", una delle opere più riconoscibili di Colville: un cielo grigio e nuvoloso e un cavallo nero che galoppa lungo i binari verso un treno in arrivo. È un dipinto avvincente, ispirato a un distico di una vecchia poesia sulla futilità di mantenere le convenzioni di fronte a un cambiamento violento e imminente. Le possibilità che il cavallo esca dai binari, o che il treno possa frenare in tempo sono reali, anche se non sembrano probabili. La conversazione tra Wendy e la pediatra chiarisce che Jack ha dei problemi che emergeranno, in grande stile, durante i cinque mesi di isolamento. Cavallo e treno stanno accelerando sulla rotta di collisione.
Dog, Boy, and St. John River (1958)
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Il dipinto, un altro dei pezzi più iconici di Colville, raffigura un ragazzo che guarda verso un fiume tenendo in mano un fucile da caccia con un cane appena dietro. Di nuovo non possiamo vederne il volto, lo stiamo guardando dietro.
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Quando Danny svolta l'angolo e sbircia attraverso la porta aperta della Stanza 237, la prima cosa che vediamo all'interno è una lampada da tavolo accesa davanti al quadro "Dog, Boy, and St. John River". Non possiamo vedere il volto di Danny mentre guarda attraverso la stanza, riproducendo così quasi lo stesso punto di vista del ragazzo nel quadro.
Un altro cane di Colville fa la sua comparsa nel film (anche se è oscurato dalla lampada), e di nuovo c'è quel pizzico di percezione extrasensoriale. Cosa stanno guardando il cane e il suo padrone, o cosa cercano? Potrebbe essere una battuta di caccia innocente, ma la luce e la prospettiva fanno sembrare che ci sia qualcosa di sinistro là fuori, sopra la grande distesa d'acqua in lontananza. O siamo solo noi, che ci avviciniamo furtivamente al ragazzo e al cane attraverso le canne?
Se Colville credeva che un cane potesse percepire il male, allora forse si sta nascondendo dietro il ragazzo mentre lo segue, il ragazzo è armato e deciso ad affrontare qualsiasi cosa stia per succedere, il cane lo raggiunge ma si tiene a distanza.
È questa la relazione tra Danny e Tony (l'amico immaginario), o tra lui e la sua capacità di "luccicare", mentre si avvicinano furtivamente alla fonte del terrore nascosto dell'Overlook Hotel?
È una coincidenza che il ragazzo e il cane siano davanti a uno specchio d'acqua e che Danny e Tony (e in seguito Jack) stiano per essere attaccati da una strega nuda immersa in una vasca da bagno?
Forse Kubrick sta di nuovo ricordando agli spettatori che si stanno abbandonando al voyeurismo mentre qualcosa di malvagio sta per arrivare?
Non può essere un caso, è sicuramente una scelta consapevole di Kubrick: la prima cosa che vediamo nella stanza 237 è il dipinto, riflesso nello specchio, di un ragazzo che impugna un'arma; più avanti nel film, Danny impugnerà un coltello e scriverà una parola con un rossetto rosso su una porta, ma solo l'inquadratura attraverso uno specchio ne rivelerà il vero significato.
Moon and Cow (1963)
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Jack ha sfondato la porta del bagno e ora è sulle tracce di Danny dopo aver eliminato Dick Halloran. Wendy, scampata per un pelo all'attacco in bagno, sta correndo al piano di sopra con in mano il coltello che ha usato per tagliare la mano di Jack. Mentre sale, passa davanti a diversi dipinti, nessuno dei quali è più evidente di "Moon and Cow" di Colville, che rimane inquadrato per qualche breve istante; prima è alla sua sinistra, poi passa alla sua destra.
Il quadro rappresenta una mucca, sdraiata in un pascolo, sulla destra della cornice, che guarda la luna, alla sua sinistra. A differenza dei precedenti, sembra non avere niente a che fare con la storia di Shining senonché, nella scena culminante, pochi minuti dopo, Jack cade sul terreno innevato nel labirinto.
L'ultima inquadratura, prima di vedere apparire il suo corpo congelato la mattina dopo, è di Jack accasciato a terra, a sinistra dell'inquadratura con una luce brillante in lontananza alla sua destra. Proprio come "Moon and Cow", se lo guardassimo attraverso uno specchio.
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falcemartello · 5 months ago
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Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero?
E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo dei sogni dalla realtà?
...
Ti sei mai fermato un attimo ad osservarla?
Ad ammirare la sua bellezza? La sua genialità?
Miliardi di persone che vivono le proprie vite, inconsapevoli.
Tu sapevi che la prima Matrix era stata progettata per essere un mondo umano ideale?
Dove non si soffriva, e dove erano felici tutti quanti, e contenti. Fu un disastro.
Nessuno si adattò a quel programma, andarono perduti interi raccolti.
Tra noi ci fu chi pensò a... ad errori nel linguaggio di programmazione nel descrivere il vostro mondo ideale, ma io ritengo che, in quanto specie, il genere umano riconosca come propria una realtà di miseria e di sofferenza.
Quello del mondo ideale era un sogno dal quale il vostro primitivo cervello cercava, si sforzava, di liberarsi. Ecco perché poi Matrix è stata riprogettata così. All'apice della vostra civiltà. Ho detto "vostra civiltà" di proposito, perché non appena noi cominciammo a pensare per voi diventò la nostra civiltà, e questa naturalmente �� la ragione per cui noi ora siamo qui. Evoluzione, Morpheus. Evoluzione. Come per i dinosauri. Guarda dalla finestra: avete fatto il vostro tempo. Il futuro è il nostro mondo, Morpheus. Il futuro è il nostro tempo.
...
Matrix è ovunque, è intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore.
L' avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.
Quale verità?
Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha muri, che non ha odore. Una prigione, per la tua mente.
(Laurence Fishburne)
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tizianacerralovetrainer · 10 days ago
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L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili.
Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene.
Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa.
Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili.
La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate.
Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo.
Arrivano per spegnere la sua fiamma, ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca.
Donna. Libera. Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia.
Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà.
Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito.
PS: La ragazza si chiama AhouDaryaei, studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran.
Un’eroina di cui avevamo bisogno!
Fonte: Simone Carta, scrittore ❤️
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palmiz · 11 days ago
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L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili.
Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene.
Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa.
Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili.
La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate.
Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo.
Arrivano per spegnere la sua fiamma, ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca.
Donna. Libera. Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia.
Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà.
Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito.
PS: La ragazza si chiama Ahou Daryaei, studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran.
Un’eroe di cui avevamo bisogno!
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Un grosso problema sono le donne a favore della sharia, e se non sono tutte coese contro il regime religioso, sarà l'ennesimo martire di un ottusa religione.
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