#il mio primo disco da venduto
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Shania Twain
Shania Twain, cantautrice canadese e regina del country pop, è una delle donne che hanno venduto più dischi della storia, più di cento milioni di copie.
Scrive testi che parlano d’amore, di empowerment femminile, descrive spaccati di vita quotidiana e mette in luce, con ironia e sarcasmo, il materialismo e la superficialità del mondo contemporaneo.
Più volte in testa alle classifiche mondiali, tre dei suoi album sono stati premiati come dischi di diamante.
Tra i numerosi premi ricevuti spiccano cinque Grammy Awards, due World Music Awards e ben 39 BMI Songwriter Awards.
È inserita nella Walk of Fame del Canada, nella Walk of Fame di Hollywood, nella Canadian Music Hall of Fame e nella Nashville Songwriters Hall of Fame. Le è stata anche dedicata una Barbie.
Per il suo impegno umanitario e per aver dato lustro alla storia della musica, è stata insignita col prestigioso Ordine del Canada.
Nata col nome di Eilleen Regina Edwards a Windsor, in Ontario, il 28 agosto 1965. Ha avuto un’infanzia difficile vissuta in ristrettezze economiche. Il suo patrigno, che l’aveva adottata insieme alle due sorelle dando loro il cognome Twain, picchiava la madre caduta in depressione che, per un periodo, era anche stata accolta in una casa rifugio per donne maltrattate.
Ha iniziato a cantare nei bar all’età di otto anni per aiutare la sua famiglia. L’esperienza nei locali notturni sono stati la sua prima palestra di vita.
A 13 anni è comparsa in un programma della CBC e ai tempi del liceo era la cantante di una band locale che faceva cover.
Quando, nel 1987, la madre e il padre adottivo sono morti in un incidente d’auto, si è trovata a prendersi cura delle sorelle e del fratello.
Nel 1991 ha firmato il suo primo contratto con la Mercury Nashville Records adottando il nome d’arte Shania, che, in una lingua nativa, significa “a modo mio“.
Nel 1993 è uscito il suo primo album, l’omonimo Shania Twain con cui si è fatta notare e anche criticare nella scena country per i suoi videoclip in cui metteva in mostra l’ombelico.
Due anni dopo, insieme al produttore Robert Lange, che intanto aveva sposato, ha pubblicato The Woman in Me rimasto per mesi al primo posto nelle classifiche country e che ha venduto dodici milioni di copie, vinto un Grammy e ottenuto due premi dall’Academy of Country Music.
Come on Over, del 1997, ne ha consacrato il successo internazionale. Rimasto in classifica per due anni consecutivi, con i suoi 40 milioni di copie, è stato il disco di musica country più venduto di tutti i tempi che le ha portato quattro Grammy.
Da allora la sua carriera musicale è stata tutta in ascesa, tour mondiali, importanti collaborazioni, i suoi brani usati per importanti campagne pubblicitarie e serie tv.
Una vita non priva di intoppi e arresti, ha superato la malattia di Lyme e un lungo periodo di depressione ma si è sempre rialzata, con la grinta e l’ironia che la contraddistinguono.
Nel 2011 è stata protagonista di un reality dal titolo ‘Why Not? with Shania Twain‘ andato in onda sul canale americano ‘OWN’ di proprietà di Oprah Winfrey. Nel corso del programma, ha ripercorso tutte le tappe della sua vita, anche quelle dolorose causate dal divorzio col marito, l’infanzia e la difficile adolescenza.
Il 3 maggio dello stesso anno è uscito From This Moment On, il suo libro autobiografico.
Dal 1º dicembre 2012 è stata presenza fissa per due anni di seguito al Caesars Palace di Las Vegas con lo spettacolo residente Shania: Still the One.
Nel 2017 ha pubblicato l’album Now, seguito da un anno di tour promozionali prima di accettare la seconda residenza a Las Vegas Let’s Go! , che ha aperto il 6 dicembre 2019 che si è conclusa il 10 settembre 2022.
Nel luglio 2022 è stato pubblicato un documentario Netflix che ripercorre la sua carriera intitolato Not Just A Girl.
Il 3 febbraio 2023 è uscito il suo sesto album in studio, Queen of Me.
Shania Twain ha partecipato a concerti che hanno fatto la storia, a numerose trasmissioni televisive e recitato in serie tv e diversi film.
Ha sgomitato per farsi apprezzare oltre la sua bellezza e avvenenza fisica ma è stata di ispirazione per tante giovani musiciste, prima tra tutte, Taylor Swift.
È vegetariana e da anni vive in Svizzera.
Nel 2010 ha creato Shania Kids Can, organizzazione che si occupa di assistenza all’infanzia. Sostiene una serie di enti di distribuzione alimentare per persone indigenti.
È una donna grintosa, partita dal niente che è diventata una delle star più potenti del mondo musicale.
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Fedez - Il mio primo disco da venduto (2011) - Free Mp3 Album Download
Fedez – Il mio primo disco da venduto (2011) – Free Mp3 Album Download
Fedez – Il mio primo disco da venduto (2011) – Free Mp3 Album Download.
Il mio primo disco da venduto è il secondo album in studio del rapper italiano Fedez, pubblicato il 30 novembre 2011 dalla Tanta Roba.
Tracklist:
1. Intro (prod. 2P) 2. Jet Set (prod. JT) 3. Vivere Domani (prod. Don Joe) 4. Bella Vita (prod. Roofio) 5. Blues ft Marracash & Guè Pequeno (prod. Deleterio) 6. Alza La Testa ft J-Ax…
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Fedez - Il mio primo disco da venduto (2011) - Free Mp3 Album Download
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Il mio primo disco da venduto è il secondo album in studio del rapper italiano Fedez, pubblicato il 30 novembre 2011 dalla Tanta Roba.
Tracklist:
1. Intro (prod. 2P) 2. Jet Set (prod. JT) 3. Vivere Domani (prod. Don Joe) 4. Bella Vita (prod. Roofio) 5. Blues ft Marracash & Guè Pequeno (prod. Deleterio) 6. Alza La Testa ft J-Ax…
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X factor ?????
Quindi, queste persone ESPERTE di musica di ogni genere , FAMOSI / E conoscitori / conoscitrici di strumenti musicali decideranno il furturo di poveri ragazzi, bravi o meno che, da anni si impegnano con passione e dedizione a suonare e cantare musica e canzoni che sentono arrivare dal loro cuore....
Dovranno modificare il loro ESSERE, per poter proseguire il percorso ( X factor ) e seguire le indicazioni di questi " ISTRUTTORI esperti " ...
Ambra Angiolini :
Album
1994 - Te Pertenezco
1996 - Angelitos
1997 - Ritmos Vitales
Rkomi :
Album
2017 – Io in terra
2019 – Dove gli occhi non arrivano
2021 – Taxi Driver
Dargen D'Amico :
Album
2006 – Musica senza musicisti
2008 – Di vizi di forma virtù
2011 – CD'
2012 – Nostalgia istantanea
2013 – Vivere aiuta a non morire
2015 – D'io
2017 – Variazioni (con Isabella Turso)
2019 – Ondagranda (con Emiliano Pepe)
2020 – Bir Tawil
2022 – Nei sogni nessuno è monogamo
Fedez :
Album
2011 – Penisola che non c'è
2011 – Il mio primo disco da venduto
2013 – Sig. Brainwash - L'arte di accontentare
2014 – Pop-Hoolista
2017 – Comunisti col Rolex (con J-Ax)
2019 – Paranoia Airlines
2021 – Disumano
‐-‐‐------‐--
Forse sono vecchio io ma...
NON È QUESTA LA MUSICA CHE VORREI !!!
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Deborah Iurato: è la volta di "Live Set - Groove Factory"
Da venerdì 10 giugno sarà disponibile sulle piattaforme digitali "Live Set – Groove Factory", il nuovo ep di Deborah Iurato.
Prima di tornare sul palco in giro per l'Italia, Deborah Iurato si cimenta in una veste inedita nella quale interpreta le più belle canzoni Soul e R&B di icone internazionali come Whitney Houston, Aretha Franlin, Tina Turner, Annie Lennox, Etta James, ecc.
Per l'occasione, è stato creato un contest sulla pagina Instagram di Deborah Iurato dove sono stati scelti 10 fan che hanno avuto l'opportunità di assistere alle registrazioni del live in studio che si è svolto lo scorso 10 aprile al Groove Factory di Bologna, all'interno del quale è stata allestita un'ambientazione intima che ricorda il salotto di un appartamento con luci, lampade, tappeti, piante, cuscini... Durante l'evento sono state fatte delle riprese video speciali che usciranno sempre dal 10 giugno sui canali ufficiali di Deborah.
Spiega l'artista a proposito del suo nuovo progetto: «La musica Soul - R&B ha sempre fatto parte del mio percorso artistico e ho sempre desiderato un mio live cantando i brani che ascoltavo da bambina. Non vedo l'ora di trasmettere la mia energia e condividere le mie emozioni insieme al pubblico».
Biografia
Deborah Iurato ha esordito nel 2014 nel talent show Amici di Maria De Filippi, vincendo la tredicesima edizione. Nello stesso periodo ha debuttato con il suo primo EP, intitolato anch'esso Deborah Iurato e che ha raggiunto la seconda posizione della classifica italiana degli album, oltre ad essere stato certificato disco di platino dalla FIMI per le oltre 50.000 copie vendute. Questa pubblicazione è stata accompagnata dal singolo Danzeremo a luci spente, uscito in radio il 2 maggio 2014 e che ha ottenuto la certificazione disco d'oro dalla FIMI per aver venduto oltre 25.000 copie, dal singolo Anche se fuori è inverno, scritto da Fiorella Mannoia e che ha ottenuto un buon successo in Italia, raggiungendo la vetta della classifica dei singoli italiana e venendo certificato anch'esso disco d'oro dalla FIMI, una candidatura da parte di RTL 102.5 come brano dell'estate 2014 al Summer Festival, e da Piccole cose, estratto in radio il 25 luglio.
Durante l'estate 2014 la cantante è stata ospite dei concerti di Fiorella Mannoia tenuti a Taormina, Palermo e Gela e di quello di Alessandra Amoroso svoltosi a Catanzaro. Nel 2014 la cantante ha pubblicato il singolo L'amore vero, che ha anticipato il suo album di debutto Libere, prodotto da Mario Lavezzi e che ha raggiunto l'undicesima posizione nella classifica italiana degli album. L'album è stato promosso dai singoli Dimmi dov'è il cielo e l'omonimo Libere, rispettivamente usciti il 5 dicembre 2014 e il 13 marzo 2015, nonché da un tour promozionale svoltosi tra il 2014 e il 2015. Nel 2015 la cantante ha aperto il concerto di Lionel Richie tenutosi al Mediolanum Forum di Assago, mentre nel concerto tenuto al Teatro Dal Verme di Milano il mese seguente hanno partecipato in qualità di ospiti d'eccezione Giovanni Caccamo, Loredana Bertè e Rocco Hunt rispettivamente nei brani L'amore vero, E la luna bussò e Sono molto buona. Nella data del 22 marzo invece è stata ospite Fiorella Mannoia, con la quale ha cantato Treni a vapore.
Il 5 giugno 2015 è uscito il singolo inedito Da sola, scritto da Giovanni Caccamo, musicato da Placido Salomone e presentato il giorno precedente ai Wind Music Awards 2015 e il 26 dello stesso mese alla seconda serata del Summer Festival, manifestazione alla quale la cantante si è classificata seconda.
Nell'agosto 2015 è stata rivelata la collaborazione della Iurato con il cantautore milanese Marco Rotelli alla realizzazione del brano Fermeremo il tempo, pubblicato come singolo nel settembre 2015. Nel febbraio 2016 ha esordito al Festival di Sanremo insieme a Giovanni Caccamo nella categoria "Campioni" con il singolo Via da qui, classificatosi terzo alla manifestazione. Il singolo è stato successivamente inserito nel secondo album in studio Sono ancora io, uscito il 12 febbraio 2016. Il 20 maggio è uscito il terzo singolo estratto dall'album, l'omonimo Sono ancora io.
A fine luglio 2016 è stata rivelata la collaborazione con il rapper Moreno per la realizzazione del brano Lasciami andare, contenuto nel album di quest'ultimo, Slogan. Dal 16 settembre al 4 novembre è stata concorrente della sesta edizione del programma televisivo Tale e quale show, trionfando nella puntata finale. Il 3 dicembre è stata ospite nella semifinale della 59ª edizione dello Zecchino d'Oro. Il 7 Giugno 2019 pubblica il singolo Stammi Bene (On My Mind) feat SoulSystem. Nel 2020 pubblica i singoli "Supereroi", "Ma cosa vuoi?", "Voglia di Gridare" per l'etichetta Ora Label. "Live Set – Groove Factory" è il nuovo ep live in studio in uscita sulle piattaforme di streaming digitale il 10 giugno 2022.
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Deborah Iurato: ecco "Live Set - Groove Factory"
Da venerdì 10 giugno sarà disponibile sulle piattaforme digitali "Live Set – Groove Factory", il nuovo ep di Deborah Iurato.
Prima di tornare sul palco in giro per l'Italia, Deborah Iurato si cimenta in una veste inedita nella quale interpreta le più belle canzoni Soul e R&B di icone internazionali come Whitney Houston, Aretha Franlin, Tina Turner, Annie Lennox, Etta James, ecc.
Per l'occasione, è stato creato un contest sulla pagina Instagram di Deborah Iurato dove sono stati scelti 10 fan che hanno avuto l'opportunità di assistere alle registrazioni del live in studio che si è svolto lo scorso 10 aprile al Groove Factory di Bologna, all'interno del quale è stata allestita un'ambientazione intima che ricorda il salotto di un appartamento con luci, lampade, tappeti, piante, cuscini... Durante l'evento sono state fatte delle riprese video speciali che usciranno sempre dal 10 giugno sui canali ufficiali di Deborah.
Spiega l'artista a proposito del suo nuovo progetto: «La musica Soul - R&B ha sempre fatto parte del mio percorso artistico e ho sempre desiderato un mio live cantando i brani che ascoltavo da bambina. Non vedo l'ora di trasmettere la mia energia e condividere le mie emozioni insieme al pubblico».
Biografia
Deborah Iurato ha esordito nel 2014 nel talent show Amici di Maria De Filippi, vincendo la tredicesima edizione. Nello stesso periodo ha debuttato con il suo primo EP, intitolato anch'esso Deborah Iurato e che ha raggiunto la seconda posizione della classifica italiana degli album, oltre ad essere stato certificato disco di platino dalla FIMI per le oltre 50.000 copie vendute. Questa pubblicazione è stata accompagnata dal singolo Danzeremo a luci spente, uscito in radio il 2 maggio 2014 e che ha ottenuto la certificazione disco d'oro dalla FIMI per aver venduto oltre 25.000 copie, dal singolo Anche se fuori è inverno, scritto da Fiorella Mannoia e che ha ottenuto un buon successo in Italia, raggiungendo la vetta della classifica dei singoli italiana e venendo certificato anch'esso disco d'oro dalla FIMI, una candidatura da parte di RTL 102.5 come brano dell'estate 2014 al Summer Festival, e da Piccole cose, estratto in radio il 25 luglio.
Durante l'estate 2014 la cantante è stata ospite dei concerti di Fiorella Mannoia tenuti a Taormina, Palermo e Gela e di quello di Alessandra Amoroso svoltosi a Catanzaro. Nel 2014 la cantante ha pubblicato il singolo L'amore vero, che ha anticipato il suo album di debutto Libere, prodotto da Mario Lavezzi e che ha raggiunto l'undicesima posizione nella classifica italiana degli album. L'album è stato promosso dai singoli Dimmi dov'è il cielo e l'omonimo Libere, rispettivamente usciti il 5 dicembre 2014 e il 13 marzo 2015, nonché da un tour promozionale svoltosi tra il 2014 e il 2015. Nel 2015 la cantante ha aperto il concerto di Lionel Richie tenutosi al Mediolanum Forum di Assago, mentre nel concerto tenuto al Teatro Dal Verme di Milano il mese seguente hanno partecipato in qualità di ospiti d'eccezione Giovanni Caccamo, Loredana Bertè e Rocco Hunt rispettivamente nei brani L'amore vero, E la luna bussò e Sono molto buona. Nella data del 22 marzo invece è stata ospite Fiorella Mannoia, con la quale ha cantato Treni a vapore.
Il 5 giugno 2015 è uscito il singolo inedito Da sola, scritto da Giovanni Caccamo, musicato da Placido Salomone e presentato il giorno precedente ai Wind Music Awards 2015 e il 26 dello stesso mese alla seconda serata del Summer Festival, manifestazione alla quale la cantante si è classificata seconda.
Nell'agosto 2015 è stata rivelata la collaborazione della Iurato con il cantautore milanese Marco Rotelli alla realizzazione del brano Fermeremo il tempo, pubblicato come singolo nel settembre 2015. Nel febbraio 2016 ha esordito al Festival di Sanremo insieme a Giovanni Caccamo nella categoria "Campioni" con il singolo Via da qui, classificatosi terzo alla manifestazione. Il singolo è stato successivamente inserito nel secondo album in studio Sono ancora io, uscito il 12 febbraio 2016. Il 20 maggio è uscito il terzo singolo estratto dall'album, l'omonimo Sono ancora io.
A fine luglio 2016 è stata rivelata la collaborazione con il rapper Moreno per la realizzazione del brano Lasciami andare, contenuto nel album di quest'ultimo, Slogan. Dal 16 settembre al 4 novembre è stata concorrente della sesta edizione del programma televisivo Tale e quale show, trionfando nella puntata finale. Il 3 dicembre è stata ospite nella semifinale della 59ª edizione dello Zecchino d'Oro. Il 7 Giugno 2019 pubblica il singolo Stammi Bene (On My Mind) feat SoulSystem. Nel 2020 pubblica i singoli "Supereroi", "Ma cosa vuoi?", "Voglia di Gridare" per l'etichetta Ora Label. "Live Set – Groove Factory" è il nuovo ep live in studio in uscita sulle piattaforme di streaming digitale il 10 giugno 2022.
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Il 2018 secondo Billboard (parte 1)
Come ogni anno, a inizio dicembre, Billboard ha pubblicato le classifiche di fine anno decretando quali canzoni, artisti e album hanno avuto più successo durante gli ultimi 12 mesi. Diamo un’occhiata alle classifiche 2018.
HOT 100 SONGS:
1) “God’s Plan” - Drake: quasi ovvia la sua vittoria: esordio al numero 1 della Billboard Hot 100, in cima alle classifiche in quattordici Paesi (tra cui l’Italia) e in top 10 in altri nove, record di streaming sia su Apple Music che su Spotify. Parte dell’EP “Scary Hours” e accolta timidamente dalla critica, sin dal giorno di uscita è diventata una delle canzoni più rilevanti dell’anno: dopo aver preso la prima posizione della Hot 100, l’ha tenuta per altre 10 settimane, rimpiazzata solo da un’altra canzone di Drake, “Nice for What” e rimanendo comunque in top 10 per 26 settimane. Anche nel Regno Unito ha dominato, rimanendo al numero 1 per nove settimane. Certificata disco di platino in Australia (5), Belgio, Canada(8), Danimarca, Italia (2), Nuova Zelanda (2), Portogallo, Spagna, Svezia, UK (2) e USA (8), e disco di diamante in Brasile e Francia. Canzone dell’anno senza dubbio. Inutile dirlo, teniamola d’occhio per i Grammy.
2) “Perfect” - Ed Sheeran: l’abbiamo sentita ovunque e di continuo da quando è uscita, il 26 settembre 2017. Ben oltre il miliardo e mezzo di visualizzazioni su YouTube, ha tuttavia impiegato tre mesi per raggiungere la prima posizione nelle classifiche britanniche e americane, tra cui la UK Christmas. Numero 1 in sedici Paesi (tra cui l’Italia), il suo successo straordinario è sotto gli occhi e nelle orecchie di tutti. La canzone ha beneficiato di alcune versioni alternative cantate da Sheeran con artisti di altissimo calibro quali Beyoncé e Andrea Bocelli. In particolar modo la prima ha fatto fare alla canzone il passo decisivo per conquistare la vetta della UK Singles Chart, che ha perso in favore di Eminem e la sua “River”, in cui compare anche Sheeran. Per quanto riguarda la classifica statunitense, la versione con Beyoncé è stata la prima a raggiungere la vetta, per poi cedere il passo all’originale e, dopo sei settimane, ad “Havana” di Camila Cabello. Disco di platino in Australia (9), Austria, Belgio (3), Danimarca (3), Italia (7), Nuova Zelanda (5), Portogallo, Svizzera (6), UK (4) e USA (7); disco di diamante in Canada, Francia e Germania.
3) “Meant To Be” - Bebe Rexha & Florida Georgia Line: proveniente dall’EP “All Your Fault: Pt. 2″ e poi inclusa nell’album “Expectations”, non ha raggiunto la cima della Billboard Hot 100 perché bloccata da “God’s Plan”, ma ci sarebbe riuscita contro virtualmente ogni altro competitor. Ha avuto successo nella Hot Country Songs, prendendosi subito la prima posizione e mantenendola per un tempo record di 50 settimane, sostituita da “Lose It” di Kane Brown. Disco di platino in Australia (5), Paesi Bassi, Nuova Zelanda (2), Norvegia, Svezia (2), UK e USA (4). Il suo successo è incomparabile a quello delle prime due canzoni di questa classifica, ma essendo rimasta al top per quasi un anno, merita sicuramente di essere considerata una delle canzoni più di successo del 2018.
4) “Havana” - Camila Cabello Featuring Young Thug: sinceramente fatico a capire come faccia a non essere sul podio, considerando la sua immensa popolarità a partire dall’autunno 2017 e che si è trascinata per buona parte del 2018. Numero 1 in dodici Paesi, top 10 in molti di più (tra cui l’Italia), ha avuto la capacità di tenere in classifica ben dopo settembre le sonorità latine che solitamente non sopravvivono al cambio di stagione. Prima posizione raggiunta nel Regno Unito il 3 novembre e mantenuta per cinque settimane fino all’arrivo di “Perfect”. Negli USA dovrà aspettare gennaio per la cima della classifica, salvo doverla cedere immediatamente a “God’s Plan”. Disco di platino in Argentina, Australia (9), Austria, Belgio (2), Canada (8), Danimarca (2), Germania (2), Italia (3), Messico (4), Paesi Bassi, Nuova Zelanda (3), Norvegia, Portogallo (2), Spagna (3), Svezia (4), Svizzera, UK (2) e USA (7). Disco di diamante in Brasile (3), Francia e Polonia.
5) “Rockstar” - Post Malone Featuring 21 Savage: vero e proprio fenomeno su Internet, molto più di quanto dicano le 400 milioni di views su YouTube, ha raggiunto la posizione numero 1 della Billboard Hot 100 e delle classifiche di molti altri Paesi. Singolo di lancio dell’album “Beerbongs & Betleys”, ha ottenuto il record di streaming in una singola settimana su Apple Music, con oltre 25 milioni di ascolti. Ha raggiunto la cima della Hot 100 alla sua quarta settimana in classifica e l’ha tenuta per otto settimane in tutto. E’ arrivata al top anche nel Regno Unito. Questo successo non le ha impedito però, inspiegabilmente, di finire nell’elenco delle peggiori canzoni del 2017 sia secondo Spin che secondo Time. Disco di platino in Australia (5), Belgio (2), Canada (9), Danimarca, Italia (3), Messico (2), Nuova Zelanda (2), Norvegia (4), Portogallo (2), Spagna, Svezia (7), UK (2) e USA (7) e disco di diamante in Brasile e Francia.
Sebbene l’hip-hop non sia il mio genere preferito, devo dire che in questa top 5 le mie canzoni preferite sono quelle di Drake e Post Malone, segno che, per i miei gusti, la direzione presa dall’”hip-hop per le masse” è quella giusta.
BILLBOARD 200 ALBUMS:
1) “reputation” - Taylor Swift: “reputation” con la minuscola, perché “my reputation’s never been worse” canta Taylor in “Delicate”, traccia 5. Apprezzato dalla critica e numero 1 in tredici Paesi, è l’album più venduto negli USA durante il 2017, nonostante la pubblicazione a novembre. Le recensioni hanno evidenziato i testi, rabbiosi e personali, l’uso abbondante dell’elettronica, la sfumatura dark che accompagna tutto l’album, i temi trattati. The Independent ha scritto che “Call It What You Want” è la miglior canzone mai fatta da Taylor Swift, The Daily Telegraph ha comparato l’album ad un blockbuster. L’album ha venduto due milioni di copie solo nella prima settimana, diventando subito il numero 1 nella Billboard 200 e superando le vendite di tutti gli altri album in classifica quella settimana messi insieme. E’ rimasto al numero 1 per le prime tre settimane e poi durante la settima. Ha esordito in vetta anche nel Regno Unito. Disco di platino in Argentina, Australia (2), Austria, Messico, Nuova Zelanda (2), UK e USA. E’ un album che mi interessa moltissimo e che ascolterò il prima possibile.
2) “Scorpion” - Drake: non poteva mancare, trascinato da sei singoli da top 10, il quinto album di Drake, di ben 25 tracce, tutte e 25 nella Hot 100 il 14 luglio 2018, record assoluto. Uscito dopo una dura campagna contro Pusha T, che aveva rivelato l’esistenza di un figlio segreto di Drake, l’album ha ricevuto elogi per alcune tracce ritenute davvero ben fatte, ma è stato generalmente criticato per l’eccessiva lunghezza e la sensazione di stanchezza conseguente, colpa anche di testi e temi ripetitivi, che rendono non necessario il numero spropositato di tracce. Allo stesso tempo, è stato notato come la presenza di 32 produttori renda il suono dell’album ottimo, anche se incoerente nel suo complesso. Le vendite parlano chiaro: disco di platino negli Stati Uniti il giorno di uscita, record globale di ascolti su Spotify in un solo giorno, oltre 130 milioni. Stesso tipo di record battuto anche su Apple Music. Debutto al primo posto nella Billboard 200 e prima posizione mantenuta per cinque settimane. Prime due settimane al top anche nella UK Albums Chart. Disco di platino in Canada (2), Danimarca, Nuova Zelanda, Svezia e USA.
3) “beerbongs & bentleys” - Post Malone: dimostrazione di cosa possono fare due bei singoli di lancio, così come “Rockstar” è stato molto apprezzato dal pubblico ma meno dalla critica. Secondo Metacritic il suo voto medio è 51/100. Elogiato per la produzione e per la voce di Malone, il punto debole dell’album sono i testi, che non giustificano la presenza di 18 tracce. Ci sono sicuramente dei buoni momenti, ma nel complesso l’album non splende. Record di ascolti su Spotify il primo giorno (prima che arrivasse “Scorpion” a prendersi tutto), ha debuttato al numero 1 della Billboard 200, e alla prima settimana ha segnato il record per il maggior numero di stream nell’arco di sette giorni. E’ rimasto in cima alla classifica per tre settimane. Il 12 maggio 2018 si è ritrovato ad avere nove canzoni nella top 20 e quattordici nella top 40, record assoluto. Debutto al numero 1 anche nel Regno Unito. Disco di platino in Australia, Brasile, Canada (4), Danimarca (2), Nuova Zelanda (3), Norvegia (3) e USA (2).
4) “The Greatest Showman” - Soundtrack: ok, questa era imprevista. In cima alle classifiche di diversi Paesi (tra cui l’Italia), ha raggiunto la prima posizione su iTunes in oltre 77 Stati. Album più venduto del 2018 nel Regno Unito. Il singolo “This Is Me” ha vinto il premio come miglior canzone originale ai Golden Globe, ed è stato nominato per la stessa categoria anche ai Critics’ Choice Movie Awards e agli Oscar. Apprezzatissimo anche dalla critica, ha ricevuto il disco di platino in Australia, Canada, Nuova Zelanda, UK (4) e USA (2).
5) “(Divide)” - Ed Sheeran: questa era una chiamata facile, e anzi, credevo si trovasse più in alto. E’ comunque sorprendente come sia ancora tra gli album più venduti dopo oltre un anno e mezzo, ulteriore dimostrazione di come Ed Sheeran abbia trovato la formula adatta. Mi chiedo se possa fare ancora meglio con il suo prossimo lavoro, e credo che la risposta sia sì, ma staremo a vedere. Nel frattempo parliamo di questo disco, numero 1 in quattordici Paesi (tra cui l’Italia) e le cui tracce sono tutte entrate nella UK Singles Chart durante la prima settimana. Ha vinto un Grammy come miglior album vocale pop nel 2018, determinando una volta per tutte il suo status di caposaldo pop e disco di riferimento per la scena pop mondiale almeno per un altro anno, ovvero quello che sta per concludersi e che lo vede ancora in ottima forma, incapace di fallire nel suo intento, ovvero piacere a quanti più possibile. Ovviamente numero 1 dal day one, ha venduto un milione di copie nel Regno Unito dopo soli 16 giorni, risultando il prodotto d’intrattenimento più venduto dell’anno, superando anche contenuti provenienti da altri media come il cinema. Arrivato ai due milioni dopo 4 mesi, ha tenuto la testa della classifica per venti settimane non consecutive. Inutile dire che è risultato essere l’album più venduto nel Regno Unito del 2017. Negli USA l’album ha debuttato in prima posizione e ci è rimasto un’altra settimana. A livello mondiale è stato l’album con più ascolti su Spotify nel giorno di uscita. Ultimo ma non ultimo, è stato l’album più venduto al mondo nel 2017. Disco di platino in Austria (2), Belgio (3), Canada (7), Danimarca (6), Ungheria (3), Italia (5), Paesi Bassi (4), Nuova Zelanda (11), Spagna, Svezia (2), Svizzera (2), UK (10) e USA (4), e disco di diamante in Australia, Francia, Germania e Polonia. Un album così popolare merita un ascolto.
Domanda: tra questi album si trova il vincitore del Grammy 2019 per il miglior album?
Nella parte 2: top artist e top new artist.
Appuntamento alla prossima tappa della nostra odissea musicale!
#musica#darthreset#post3#il2018secondobillboardparte1#drake#edsheeran#beberexha#camilacabello#postmalone#taylorswift
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Joan as Police Woman
https://www.unadonnalgiorno.it/joan-as-police-woman/
Ho cercato di scrivere canzoni che parlano di speranza, di essere aperta e libera. Sapevo che sarebbe stato più difficile a causa dei cliché legati alla positività. Ho scritto e riscritto i testi fino a quando non mi sono sembrati verosimili. Non è facile essere ingenui! In realtà non è facile nemmeno essere umani a volte. Io non sto vivendo un’esistenza illusoria, semplicemente ho constatato che il mio pensiero plasma la mia realtà. Sto puntando alla libertà totale. Per cos’altro vale la pena di vivere? Mi ci avvicino ogni volta che mi viene da ridere, che scelgo la gentilezza invece della paura e della frustrazione, che imparo ad abbandonarmi al trasporto dei sensi.
Joan as Police Woman è il nome d’arte di Joan Wasser, cantautrice, violinista e chitarrista statunitense.
Nata a Biddeford, nel Maine il 26 luglio 1970, ha iniziato a suonare il pianoforte a sei anni. Dopo un paio di anni è passata al violino, con cui si è presto esibita in varie orchestre scolastiche tra cui la Boston University Symphony Orchestra. Si è laureata in musica classica nonostante avesse tutt’altra propensione musicale.
Aveva vent’anni quando ha iniziato a suonare coi Dambuilders, fortunata band con cui ha girato il mondo e venduto milioni di dischi. Sperimentando vari percorsi musicali ha sviluppato un suo personalissimo stile che l’ha portata a farsi un nome nell’ambito del panorama indie rock che le è avvalso collaborazioni celebri con mostri del rock come Lou Reed, Elton John, Nick Cave, Anthony and the Johnsons e molti altri.
Nel 1997 ha subito la straziante perdita del suo compagno, il musicista Jeff Buckley, annegato in un fiume.
Ha assunto il nome d’arte di Joan as a Police Woman in un trio del 2002, il nome è nato per omaggiare l’attrice Angie Dickinson nella fortunata serie televisiva degli anni ’70.
Il primo disco, un omonimo EP autoprodotto risale al 2004, l’ha portata alla ribalta internazionale.
Nel 2006 è uscito il suo primo album da solista, Real Life che, due anni dopo, è stato premiato agli Independent Music Awards come miglior disco pop rock.
Da allora vari album si sono succeduti, celebri collaborazioni e tour in tutto il mondo, anche se resta un’artista di nicchia, per palati raffinati.
Artista camaleontica è cantautrice, compositrice e polistrumentista. Nella sua carriera è saltata con maestria da uno stile all’altro toccando rock, soul, folk, elettronica e rifacimenti celebri.
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Sette sataniche. Satanismo e culti religiosi. Casistica internazionale: uccidere "in nome del diavolo". Selezione di casi avvenuti in Italia. Un caso di satanismo "acido": le Bestie di Satana
Sette sataniche
Satanismo e culti religiosi
Casistica internazionale: uccidere "in nome del diavolo"
Selezione di casi avvenuti in Italia
Un caso di satanismo "acido": le Bestie di Satana
L'identificazione del gruppo Bestie di Satana è avvenuta, a seguito di due tragici fatti: l'omicidio di Mariangela Pezzotta, 27 anni, di Somma Lombardo, uccise nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2004 a Golasecca, nel Varesotto, dal suo ex fidanzato Andrea Volpe con la complicità di Elisabetta Ballarin, e il disseppellimento, in un bosco tra Somma Lombardo e l'aeroporto di Malpensa, di due cadaveri: i corpi di due giovani fidanzati misteriosamente scomparsi la notte del 17 gennaio 1998: Fabio Tollis, 16 anni, originario di Cologno Monzese, e Chiara Marino, 19 anni, di Corsico, entrambi amici del sunnominato Andrea Volpe. La notizia del ritrovamento dei due cadaveri apparve sui giornali il 5 giugno 2004. Il giorno seguente, 6 giugno 2004, le cronache riferivano che i due corpi ritrovati erano quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino: l'idenntificazione dei resti dei due giovani, ormai ridotti a scheletri, fu possibile grazie ai documenti e ai vestiti che le vittime indossavano quando, la notte del 17 gennaio, uscirono dal pub milanese Midnight con un gruppo di amici. Le cronache parlano di sacrifici umani perpetrati dalle Bestie di Satana, anche se, le dinamiche omicidiarie poste in essere dagli assassini farebbero pensare ad altre motivazioni. Il 6 giugno 2004 viene reso noto l'arresto, per i suddetti delitti, di Andrea Volpe, Nicola Sapone, Pietro Guerrieri e Mario Maccione, quest'ultimo minorenne all'epoca dei fatti. Il 28 luglio 2004, a seguito di approfondite indagini e la collaborazione di due "pentiti", Andrea Volpe e il minorenne Massimino M, vengono arrestati Eros Monterosso, 27 anni, di Sesto S. Giovanni, Marco Zampollo, 26 anni di Brugherio, Paolo Leoni, di Corsico, soprannominato "Ozzy". Il gruppo Bestie di Satana aveva il suo epicentro a Varese ed era composto da tre livelli concentrici: 1) il nucleo, il livello centrale composto da una dozzina di soggetti, principalmente ragazzi di provincia con pochi soldi in tasca, ma disposti a uccidere senza farsi tanti problemi; 2) la protezione, il livello intermedio formato da 6-7 persone che proteggevano il nucleo ed erano a conoscenza delle attività criminali praticate nei boschi di Somma Lombardo; 3) i fiancheggiatori, il livello più esterno costituito da una cerchia di persone che entravano occasionalmente in contatto con il gruppo criminale, rimanendo, all'oscuro delle azioni connesse ai sacrifici umani. L'ispiratore del gruppo sarebbe una persona adulta che vive a Torino. Senza il ritrovamento dei cadaveri nel Varesotto, probabilmente il nome e l'attività della setta sarebbe rimasta sempre nascosta; <<chi sbaglia, paga con la propria vita>> e <<chi entra nel gruppo può uscirne solo con i piedi di fuori, orizzontale>> erano i fondamentali princìpi regolatori dei rapporti all'interno del gruppo. Il terreno di caccia prediletto nel quale muoversi per cercare di reclutare nuovi membri era abbastanza variegato e partiva dalla zona di corso Sempione a Milano per estendersi attraverso l'hinterland del capoluogo e altre parti della Lombardia. La prima fase del reclutamento veniva chiamato "setaccio" o "cribbio" perché doveva "trattenere" i potenziali seguaci che, erano individuati nei locali in cui si svolgevano i concerti rock tenuti da una piccola band e dove, si faceva largo uso di bevande alcoliche e droghe. I reclutatori, a volte il capo stesso del gruppo, si aggiravano nel locale, e, osservavano attentamente il pubblico per cercare di individuare le persone più adatte. A questa prima fase ne seguiva sempre una seconda, il "secondo setaccio" venivano contattati i soggetti preselezionati e invitati ad alcuni incontri in cui erano loro offerti degli stupefacenti. Se i movimenti dei soggetti venivano ritenuti soddisfacenti e non destavano sospetti, si entrava nella terza fase, "l'ingresso", incentrata sull'ammissione effettiva nel gruppo che comportava l'attribuzione di un nuovo "nome satanico" e un rituale di iniziazione che comprendeva l'usanza di bere il sangue degli altri membri. Il gruppo Bestie di Satana, avrebbe avuto una struttura regionale, ma, dalle prime investigazioni, emergerebbe la possibilità che il gruppo fosse collegato con altri gruppi nazionali attraverso la figura degli "ispettori", dei personaggi aventi il compito di mantenere i contatti con le altre sette. Quella di Milano e del suo hinterland potrebbe essere solo una cellula di un'organizzazione diffusa a livello nazionale, con un capo adulto in ogni regione che controlla psicologicamente un gruppo di adolescenti utilizzando droghe, alcool e psicofarmaci. Il capo "l'Anticristo", ha ilncoompito di indicare modalità e luoghi del sacrificio o della messa nera, durante il quale vengono sempre consumati dei rapporti sessuali con una ragazza che funge da "schiava sessuale", sia essa più o meno consenziente. Per i finanziamenti, i gruppo lombardo non sembra che abbia mai potuto godere di particolari entrate economiche, tutti i riti venivano celebrati nei boschi in maniera abbastanza semplice. Il gruppo Bestie di Saatana amava il rock satanico, le droghe e i rituali esoterici e i membri si ispiravano alla musica heavy metal, a testi mistici trovati su Internet e gli scritti horror composti da H.P. Lovecraft. Il gruppo metal-rock preferito dagli appartenenti alle Bestie di Satana era quello degli Slayer, il CD più ascoltato era Hell awaits uscito sul mercato nel 1985. In quell'anno, l'album, realizzato dalla casa discografica americana Teschio Insanguinato, ha venduto 100.000 copie e i testi delle canzoni sembrano prefigurare gli scenari degli omicidi compiuti dalle Bestie di Satana: <<Suicidio obbligatorio>>, <<Richard si impicca>>, <<Uccidi ancora>>. Diversi testimoni hanno raccontato che Volpe, Sapone e altri membri della setta andavano in giro in macchina ascoltando a tutto volume le canzoni degli Slayer e addirittura alcuni di essi si erano fatti tatuare sulla schiena l'immagine della copertina del disco, insieme a figure di diavoli e pentacoli. Andrea Volpe sarebbe stato il primo a parlare e a raccontare le attività del gruppo. Secondo la vua versione, Chiara Marino è stata uccisa <<perché somigliava troppo alla Madonna>> e quindi fu scelta come <<vittima sacrificale>> da offrire alla Bestia durante un rito satanico il 17 gennaio 1998, notte di luna piena, da compiere nei boschi di Somma Lombardo. Volpe suona la chitarra, è un eroinomane, ma è anche una figura carismatica molto abile nelle procedure di reclutamento di adolescenti. Andava in giro sempre vestito di nero e portava i capelli lunghi, cercando di assomigliare il più possibile a uno dei suoi idoli, Marilyn Manson, e aveva riempito la sua macchina di adesivi e scritte che inneggiavano al satanismo: la polizia ha trovato appiccicati sui vetri della sua vettura degli adesivi con il 666, il numero satanico per eccellenza, e altri con la faccia del diavolo sopra. Racconta che il novilunio, o il plenilunio, insieme alla posizione di altri pianeti e stelle, risentivano una speciale importanza per la celebrazione di messe nere e dei "sacrifici", così come la scelta dei luoghi veniva fatta seguendo le indicazioni di libri e tradizioni occultiste di varie epoche a cui il gruppo faceva riferimento. Gli omicidi "sacrificali" sarebbero stati commissionati da un livello più alto e più segreto dell'organizzazione che agirebbe da Torino e da altre località piemontesi. Questo potente gruppo torinese si chiamarebbe Setta degli X, esisterebbe da molti anni e non sarebbe mai stata oggetto di indagine perché i suoi capi sarebbero persone influenti e di buona posizione economica e sociale. Nicola Sapone sarebbe il leaser formale della setta, idraulico di Busto Arsizio che, suona la chitarra ed è appassionato di musica heavy metal e viene considerato dagli investigatori l'elemento di contatto con un presunto gruppo superiore di adulti istruttori. Pietro Guerrieri, ragioniere ha problemi psichici ed è un consumatore abituale di cocaina. Nel 1999 finisce all'ospedale San Gerardo, e gli viene fatta una diagnosi di <<psicosi acuta esogena e disturbo della personalità>>. In quell'anno, Guerrieri scrive anche una specie di lettera-testamento indirzzata al padre: <<Io sono un tossico e un pezzo di merdaper molta gente a Brugherio. Ma ho paaura. I satanici e i mafiosi mi uccideranno. Il mio desiderio più folle era essere tatuato sulla schiena, le braccia e la faccia ma la mia famiglia non vuole e per questa mia mania hanno avuto inizio tutti i miei guai>>. Mario Maccione all'epoca del duplice delitto del 1998, era minorenne ed è l soggetto più influenzabile del gruppo.
Io ero un pò il medium del nostro gruppo. Non mi interessava tanto il satanismo, però. Invece mi piacevano molto quella musica, l'hard metal e lo spiritismo. E durante i riti andavo in trance. Mi entrava dentro lo spirito di uno scrittore francese; uno spiritista, che poi ci diceva cosa fare.
Maccione racconta anche la dinamica del duplice omicidio del 1998 di Fabio Tollis e Chiara Marino. Nel bosco:
e lì vidi la fossa, già pronta. Non ne sapevo nulla. Volpe e Chiara avevano due pile, le agitarono radicalmente mostrandomi le pareti e il fondo. Chiara mi accoltellò al polso, la spinsi. Volpe aaveva preso Fabio da dietro, gli aveva passato il braccio intorno al collo, e con l'altra mano lo pugnalava al petto. Mi gridò: <<Prendi il martello, prendi il martello!>> Corsi alla macchina, c'erano tanti sassi per strada. Presi il mazzuolo e colpii Fabio due volte: una alla fronte, e una alla nuca. Poi riempimmo la fossa. Raccogliemmo tutte le foglie insanguinate che c'erano intorno, e le bruciammo insieme con i guanti di lattice.
Paolo Leoni, "Ozzy", dal nome del cantante metal Ozzy Osbourne, frequentava gli stessi locali che erano punto di ritrovo per i membri della setta. Leoni ammette di conoscere Nicola Sapone, negando però decisamente di acvere mai avuto a che fre con la setta lombarda e, in particolare, con le loro attività criminali. Un filone delle investigazioni ha ipotizzato che le attività criminose delle Bestie di Satana siano iniziate con un omicidio commesso dal padre di Paolo Leoni nel 1985. L'ipotesi è che Corrado Maria Leoni abbia fatto parte di una setta attiva a Milano tra gli anni '80 e '90 dal xx secolo, della quale il gruppo delle Bestie di Satana sarebbe una diretta emanazione. L'organizzazione si è sciolta nel 1993, ma alcuni suoi adepti potrebbero aver "allevato" delle nuove reclute. Sia Paolo Leoni che la madre negano qualsiasi coinvolgimento in storie di satanismo. Al gruppo Bestie di Satana sono stati ascritti, in via più o meno ipotetica, altri delitti. Nel 1998, Stefano Longone, amico di Andrea Volpe, muore in uno strano incidente: mentre sta facendo una passeggiata mattutina, pedalandi sulla sua bicicletta, viene travolto da un TIR. Alla luce della scoperta dell'esistenza delle Bestie di Satana, si ipotizza la possibilità che Longone fosse stato ipnotizzato dai membri della setta. Nel 1999, tra i boschi situati fra Somma Lombardo e Malpensa, viene trovato impiccato a un traliccio dell'ENEL un ragazzo di 23 anni che si chiamava Andrea Ballarin. Secondo l'ipotesi avanzata dagli investigatori, Ballarin sarebbe stato "suicidato" perché sapeva troppo e poteva denunciare il gruppo; Volpe e Sapone lo avrebbero riempito di psicofarmaci e droghe e, quando la vittima ha perso i sensi, lo avrebbero impiccato. Nello stesso anno, un altro ragazzo, Andrea Bontade, muore in uno strano incidente stradale avvvenuto fra Somma Lombardo e Gallarate. Il ragazzo era agitato e preoccupato, conosceva Andrea Volpe ed è probabile che i membri della setta fossero convinti che anche lui, come Ballarin, volesse denunciarli. Bontade, fu sottoposto a forti pressioni psicologiche e, sotto l'effetto di LSD e altri allucinogeni, indotto "praticamente" a suicidarsi in quanto traditore del gruppo; Bontade, infatti, insieme a Nicola Sapone e Pietro Guerrieri, aveva scvato la fossa destinata ad accogliere i cadaveri di Fabio Tollis e Chiara Marino e doveva trovarsi sul luogo dell'esecuzione, cosa che invece non accadde. Tra la fine del 2003 e maggio 2004, a Legnano, almeno tre ragazzi sono morti in circostanze sospette: Luca Colombo, 21 anni, è stato trovato impiccato; il corpo di Antonio Lombardo, 28 anni, amico di Luca, è stato rinvenuto bruciato nel cimitero legnanese; stessa sorte è capitata ad Alberto S., originario di Dairago, vicino Legnano, il cui cadavere bruciato è stato ritrovato dentro la sua automobile. Gli investigatori, non escludono la possibilità di allargare il campo delle indagini e di raccogliere informazioni su persone scomparse nel nulla negli ultimi dieci anni nella zona tra Milno e il Varesotto, per verificare se conoscessero Volpe o gli altri indagati oppure se fossero entrati in contatto con il mondo dell'occultismo e delle sette sataniche. Il delitti ascritti al gruppo Bestie di Satana, non rientrano nella tipologia caratteristica degli omicidi commessi a scopo rituale e/o sacrificale: la Pezzotta fu uccisa a colpi di pistola e badilate; Fabio Tollis e Chiara Marino sono stati uccisi a coltellate e colpi di mazza; Ballarin è stato impiccato nell'intento di simulare un suicidio; Bontade, sottoposto a intensi stress facenti leva sui sensi di colpa e dietro somministrazione di sostanze allucinogene, è stato indotto al suicidio. Gli assassini, hanno ucciso - indotto al suicidio come forma di ricatto e/o di punizione allo scopo ddi ridurre all'asservimento i componenti del gruppo. I vari rituali a base di cocaina, LSD, incisioni sulle braccia e assunzioni di piccole quantità di sangue, celebrati in diverse occasioni dai membri del gruppo, sembrano aver avuto, assai verosimilmente, la funzione predominante di accrescere la coesione del gruppo e la sua chiusura verso il mondo esterno. L'inchiesta, si chiude con dieci richieste di rinvio a giudizio. L'udienza preliminare si è tenuta a Busto Arsizio il 13 gennaio 2005. Il giudice per le udienze preliminari (GUP) Maria Greca Zancu ha disposto che il prcesso alle Bestie di Satana in Corte d'Assise venisse aperto il 21 giugno 2005; il 21 febbraio, invece, si sono celebrati i riti abbreviati per i tre imputati che, in modo più o meno integrale, hanno confessato; Andrea Volpe, Pietro Guerrieri e Mario Maccione, che all'epoca dei fatti era minorenne. Guglielmo Gullotta, avvocato difensore di Eros Monterosso, aveva anche chiesto l'intervento di un esorcista del Servizio pastorale di esorcismo con sede presso il Vicariato di Roma in piazza San Giovanni in Laterano. L'avvocato Gullotta, aveva sostenuto la tesi dell'incapacità o semicapacità mentale del suo assistito a causa dei presunti effetti operati sulla mente dall'evocazione del diavolo nei riti satanici, dalla musica heavy-metal, dalla stessa atmosfera che avvolgeva interamente la setta. Tale richista, è stata da quest'ultimo respinta in quanto <<la possessione demoniaca, a tutto voler concedere in relazione all'azione del demonio, non ha diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento processualpenalistico>>; inoltre, prosegue il magistrato, non è possibile neanche sostenere che <<gli appartenenti alla setta fossero "agiti" dal Maligno che proprio loro stessi invocavanom pertanto anche un'eventuale manifestazione positiva del Male non potrebbe escludere la capacità di chi volontariamente lo invocava e ne invocava l'ispirazione>>. La singolare richiesta del legale di Eros Monterosso ricorda un caso di omicidio avvenuto nel 1979 a Brookfield nel Connecticut (USA): Alan Bono, fu ucciso a coltellate, all'interno della sua casa, dal suo amico diciannovenne Arnie C. Johnoson. Il movente dell'omicidio sarebbe stato la gelosia, ma il Johnson ha motivato il suo tragico gesto con una versione assai inusuale: <<Da tempo ero diventato amico di un ragazzino dodicenne di Danbury, che mostrava tutti i sintomi della possessione diabolica. Il ragazzo, si contorceva e parlava lingue sconosciute, soffriva molto. Un giorno ho invocato il demonio: "Lascia stare questo baambino", gli ho detto "Entra in me se vuoi": Da quel momento non sono stato più padrone della mia volontà>>. Il Johnosn, non attribuiva la responsabilità del delitto a se stesso bensì a Satana, dal quale egli si sentiva posseduto. L'avvocato difensore del giovane omicida Martin Mennella, decise di sostenere ad oltranza l'incredibile tesi dell'imputato con l'interrogare uno per uno i giurati, per sondare le loro credenze religiose, e di ricusare tutti quelli che avessero sostenuto di non credere al demonio. L'esorcista Ed Warren e la moglie Lorraine, famosa veggente, furono interpellati dalla difesa come consulenti in questo singolare caso giudiziario che si risolse con la condanna dell'imputato per omicidio preterintenzionale. Il 22 febbraio 2005, il GIP di Busto Arsizio condanna Andrea Volpe a 30 anni di carcere e Pietro Guerrieri a 16 anni e 6 mesi. L'11 aprile 2005, il GUP del Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato Mario Maccione a 19 anni di carcere e assolto per insufficienza di prove Massimiliano Magni. Il 23 febbraio 2006, la Corte d'Appello sezione Minori di Milano ha diminuito a 16 anni la condanna per Maccione e ha condannato a 9 Magni, che era stato assolto in primo grado: i giudici hanno accolto le richieste dell'accusa, che ha descritto Maccione e Magni come pienamente complici del gruppo delle Bestie. Utilizando la recente legge Pecorella approvata dal governo Berlusconi, Massimiliano Magni ha la possibiilità di presentare un ricorso per ottenere l'annullamento della sentenza di condanna dell'appello. Il 21 giugno 2005, a Busto Arsizio, è partito il processo a cinque membri della setta, gli ultimi delle Bestie di Satana, e il 31 gennaio 2006 i giudici hanno emesso la senteza dopo otto ore di camera di consiglio condannando tutti e cinque gli imputati. Nicola Sapone, considerato il leader della setta, è stato condannato all'ergastolo, con isolamento diurno per tre anni; Paolo Leoni "Ozzy" ritenuto la vera mente del gruppo, ha ricevuto 26 anni e la stessa condanna è stata inflitta a Marco Zampollo, considerato uno degli organizzatori dei delitti; Elisabetta Ballarin è stata condannata a 24 anni e 3 mesi per la partecipazione all'omicidio di Mariangela Pezzotta ed Eros Monterosso è stato condannato a 24 anni. L'accusa aveva chesto 26 anni per la ragazza e l'ergastolo per gli altri quattro. I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno ridotto di dieci anni la pena per Andrea Volpe, il giovane accusato di tre omicidi maturati nell'ambito delle cosiddette Bestie di Satana.
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Cinzia Marongiu - 1966
Un bicchiere di vino. Era questa la missione strampalata che mi ero data in quello che sarebbe diventato il mio primo, rocambolesco, incontro con Fabrizio De André.
Non un'intervista di persona, che tanto a quell'ipotesi aveva detto e ripetuto un sonoro "no" attraverso il suo "mastino", l'addetta stampa che lo proteggeva da tutto e da tutti permettendogli di vivere lontano da seccature mediatiche nel suo eremo in Sardegna o nella casa a Milano. Perché non era dato sapere nemmeno dove lui si trovasse in quel periodo. Un bicchiere di vino, da bere insieme scambiandosi qualche parola. Tutto qui. Io ero una redattrice di Tv Sorrisi e Canzoni e mi ero messa in testa di intervistarlo sul suo disco pubblicato da poco, (era l'ottobre del 1996) "Anime salve". Dalla mia avevo la potenza del settimanale più venduto in Italia e soprattutto la presenza come condirettore di quella che era stata la sua prima addetta stampa, oltre che un'amica, Rosanna Mani. Ma De André non ne voleva sapere. Il mandato era "non fa interviste". Aveva acconsentito a un ristretto incontro stampa alla presentazione del disco e stop. Dopo diverse insistenze e una trattativa estenuante aveva ceduto all'intervista ma alla sua maniera: io gli avrei dovuto inviare le domande per fax e lui mi avrebbe mandato le risposte. Acconsentii a malincuore: come può un poeta arrendersi a un mezzo freddo e distaccato come il fax? Glielo scrissi pure, promettendo e assicurando ogni controllo da parte sua. Non ci fu niente da fare: prendere o lasciare. Naturalmente presi. Ma subito dopo andai nella stanza del mio direttore di allora esponendo il mio piano: chiesi che mi facessero partire per Olbia e da lì andare con una macchina presa a noleggio a L'Agnata, il suo agriturismo vicino a Tempio dove era possibile anche cenare. L'idea era quella di prenotare (sotto falso nome per non rischiare di essere riconosciuta come la giornalista insistente) una cena per due e di sperare che De André fosse lì. A quel punto mi sarei palesata chiedendogli solo la possibilità di bere un bicchiere di vino insieme. Giusto per guardarlo negli occhi. Giusto per poterlo conoscere e quindi descrivere nel mio articolo. Come buona parte degli italiani ero innamorata di quella figura iconica, di quella voce "evocativa", di quell'aura di solitudine cercata e perseguita con determinazione, con ostinazione. Poi me ne sarei tornata buona buona a Milano e avrei aspettato che il fax vomitasse le risposte. Il piano aveva parecchi punti deboli: poteva anche essere un colossale buco nell'acqua. Poteva essere che io arrivassi a L'Agnata per scoprire che lui si trovava a Milano. Ma saperlo non era dato. Il mio direttore Pierluigi Ronchetti era perplesso: "E se non c'è?"; "E se c'è e si indispettisce?"; "E se ci chiude per sempre la porta?". A Rosanna invece l'idea piacque molto: "Se lo conosco bene piacerà anche a lui. D'altra parte non stai violando gli accordi visto che l'intervista la faremo, come lui desidera, per iscritto. Vai solo per il bicchiere di vino". Nel giro di un giorno organizzai il mio viaggio al buio: chiamai L'Agnata e prenotai una cena per due. Non ricordo il nome che utilizzai ma non era il mio. Poi l'aereo per Olbia, la macchina a noleggio e un piccolo hotel a Tempio. Poco prima dell'ora di cena telefonai per dire che la persona che sarebbe dovuta venire con me non stava bene ma che io sarei andata lo stesso lì a cena. Mentre guidavo verso la sua azienda agricola ricordo il buio assoluto delle strade. Ricordo la paura di sbagliare percorso, quella di arrivare tardi e soprattutto quella di non trovarlo. Appena arrivai mi accolse Agostino il fattore e mi fece entrare in una grande cucina dalla quale si accedeva alla sala. Mentre passavo lo vidi. Maglione blu, ciuffo sugli occhi. Feci finta di niente e tirai dritto. Non volevo metterlo in imbarazzo. Visto che ero sola avevano deciso di farmi stare nel tavolo con altre due coppie. E così trascorsi una lunghissima serata a parlare di tutto pur di non stare zitta. Le due coppie erano d'età parecchio più grande della mia ma non era un problema. Mangiai gli antipasti, il primo, il secondo. Ci passò ben più di un bicchiere di vino, tanto per stemperare la tensione che mi stringeva lo stomaco. Mi vergognavo tantissimo. Continuavo a mentire ai miei commensali: nessuno sapeva che ero una giornalista. Arrivò anche il dolce e il caffè. E la sala cominciò pian piano a svuotarsi. A un certo punto, oltre la mezzanotte, anche le mie due coppie-scudo decisero di andar via. Io invece dissi che mi sarei trattenuta ancora un po', non senza cogliere i loro sguardi curiosi . O forse perplessi. Finché in quella grande sala rimasi da sola. Io e basta. Fu a quel punto che scrissi un biglietto a mano. Scrissi che ero la giornalista che non voleva arrendersi al fax. E che ero arrivata apposta da Milano per incontrarlo e per bere un bicchiere di vino con lui. Sapevo che lui avrebbe capito subito. Diedi il biglietto ad Agostino. E aspettai. Non so quanto. A me sembrarono minuti eterni. A un certo punto dalla porta entrò De André: "Dov'è la giornalista che detesta il fax?" disse a voce alta guardandosi in giro, anche se intorno non c'era nessun altro oltre me. Lo ripeté più volte, io gli sorridevo. Si sedette al mio tavolo. Era molto incuriosito ma anche diffidente, come solo noi sardi sappiamo essere. All'inizio il nostro più che un dialogo fu un match. Non riusciva a capire cosa volessi da lui. Ma iniziammo a parlare. Trascorsero i minuti e poi le ore. Davanti a me avevo una bottiglia di filu 'e ferru, la grappa sarda, della quale mi servii più volte. Lui fumava come un turco. Io pure. La svolta fu quando gli chiesi di parlarmi della "sarditudine": Fabrizio era una delle persone più colte che abbia conosciuto nella mia vita. Un affabulatore straordinario. Cominciò a raccontarmi dei canti a tenores e del significato simbolico delle varie figure che li compongono. Ogni tanto li cantava pure. Parlammo di un sacco di cose ma ero troppo emozionata e alticcia per ricordarmele. Ciò che mi è rimasto impresso in maniera indelebile invece è la sensazione di paradiso a due passi. E quella preghiera silenziosa che sentivo dentro di me sussurrare: "Ti prego, fa che continui ancora". Arrivarono le quattro del mattino e io e Fabrizio avevamo già preso accordi. Fu lui a dettarli: "Facciamo così, visto che sei qui l'intervista possiamo farla di persona ma per iscritto così siamo contenti tutti e due. Ora tu vai in albergo e io a letto. Domani notte mi metto a scrivere le risposte perché io lavoro solo di notte. E poi dopodomani nel primo pomeriggio torni qui e l'intervista la buttiamo giù insieme". Mi avviai alla macchina e guidai piano fino a Tempio. Stracotta e beata. Quella notte dormii quasi niente. Dopo un paio d'ore ero già in viaggio verso la mia Cagliari dove trascorsi un giorno e una notte. Pronta a ripartire per l'Agnata il giorno prefissato. Tornai che erano più o meno le due del pomeriggio. De André si era svegliato da poco e beveva un brodo caldo di capra. Andammo in una stanza. Forse il suo studio. Lui aveva con sé i fogli scritti a mano con le risposte. Ci sedemmo a tavolino e iniziammo a lavorare. L'intervista fu veramente un lavoro a due. Era preciso e attento, come me. Spostavamo domande di qua e di là, tagliavamo risposte. Io trascrivevo tutto a mano perché lui di darmi i suoi fogli non ne voleva sapere. Credo sia stato uno dei più bei pomeriggi della mia vita. Ogni domanda era l'occasione per approfondire un tema. Parlammo di letteratura e di agricoltura, del successo e della solitudine. A un certo punto uscimmo fuori e mi fece vedere la tenuta. Il laghetto, gli alberi, l'orto: il suo mondo, il suo orgoglio. Lì la sua cameriera Tonina ci scattò una foto che conservo ancora. Lui mi disse: "Non guardiamo in macchina ma verso l'orizzonte". E la foto uscì così: con me che scrutavo un punto indefinito del paesaggio e lui che guardava me. Ci salutammo. Dovevo prendere l'aereo per Milano e arrivare per tempo a Olbia. Guidai come in trance: al posto delle marce l'incredulità, al posto del volante la felicità più assoluta. Poi scrissi l'intervista. Ricordo che per buttare giù l'attacco ci misi tantissimo: mi censuravo continuamente. Mi proibivo qualsiasi emozione. Ero una cronista e punto. Quando l'intervista uscì, seppi che a Fabrizio era piaciuta tantissimo. Il bicchiere di vino, invece, rimase per sempre una promessa. Rinnovata a ogni incontro successivo.
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COMUNICATO STAMPA LUIGI D’ELIA E I BEVANO EST IN “CINQUE RACCONTI DI FINE ESTATE”: IN UN CD LE PAROLE DEL SUD Il teatro, quello con un palcoscenico, un sipario, una storia da ascoltare, aspetta la fine dello smarrimento, quello passato per le scene chissà quante volte. E mentre si consuma l’attesa, che fa il giro del suo primo Natale, Luigi D’Elia affida cinque storie a un cd, che per titolo fa “Cinque racconti di fine estate” (edito “INTI - La terra delle storie in viaggio”, prezzo 12 euro, disponibile in cofanetto cd audio a domicilio e in tutta Italia - ordini e spedizioni WA +39 349 258 1270 - www.luigidelia.it), germogli usciti dalla terra vera, quella che vive d’attesa e di ricordi, di un tempo fatto di uomini dediti, donne sincere e bambini aggrappati a infanzie indimenticabili.
Cinque racconti, con la stessa voce narrante, Luigi D’Elia, attore, autore, educatore ambientale, per la regia di Simonetta Dellomonaco che firma le parole del prologo, e le musiche dell’anima dei Bevano Est (Stefano Delvecchio - fisarmonica bitonica, Davide Castiglia - violino, Giampiero Cignani - clarinetto), registrati lo scorso giugno a casa di Ciuma, in Romagna, da Lars Von Sbrokken. Un progetto prezioso, curato nelle immagini e nella fotografia da Michela Cerini, che racconta la vita come una necessità sussurrata, quella di paesaggi lontani dalle frenesie vacillanti attorno a un virus urbano, tempi rurali che sanno di vero, di focolari soffusi, tremolanti come la brace sotto enormi pignatte, e di patti familiari incrollabili come i muretti a secco che lambiscono la ferrovia di Serranova. Corre il treno e fischia consegnando nei poderi dei trebbiatori la nuova macchina per la mietitura del grano. Cinque fili intrecciati tra Serranova, Torre Guaceto, San Vito dei Normanni e Ostuni, ricomposti sull’ascolto di contadini, carcarùli, musicisti terapeuti, ricercatori, poeti e amici. Un lavoro promesso al teatro e trattenuto dentro un disco d’attesa, l’attesa estatica di scene rinviate che si nutrono di storie della terra, di amori a festa, di parole cesellate dalla fatica e dalla meraviglia, di suoni di voci rassicuranti. Come lontananze di Domenico Modugno che arrivano fin sulle stelle del cielo lustro d’agosto. E ora che il sipario è fermo, questi cinque racconti attraversano l’attesa che il teatro, così generoso, compie prima di riprendersi il suo spazio. I cinque racconti affondano nella verità specchiata del Novecento, storie contadine in bilico tra autenticità e nostalgia, sono le nostre radici, quelle digradate nell’esodo verso le città che hanno lasciato la campagna vuota di relazioni e piena di voglia di ricreare. “Cinque racconti di fine estate” è il regalo perfetto, il regalo dell’anima che rimette la memoria sopra le brezze di primavera che pettinano le spighe di grano. Sono storie bianche come la luce aperta che cade sulle battige di Torre Guaceto, come il bagliore della calce appena spenta o come le nuvole che strisciano il cielo, verdi come la tarantola acquarola, dorate come la stoppia lasciata al sole, rosse come la terra battuta sotto gli ulivi o come i capolini dei papaveri su distese rigate di giallo. L’essenza dei colori, in punta di memoria, filtrata dalle parole che appartengono al passato, le stesse che abbiamo bisogno di inventare un’altra volta. Oggi più di sempre. Luigi D’Elia torna al suo teatro, quello scritto sopra le righe dei filari tra Serranova e il mare, sui solchi profondi e friabili di Baccatàni. La musica e le parole della terra, quelle che oggi suonano come panacea di un tempo compresso e calante. In cinque tracce c’è il nostro passato, c’è la controra del Sud, c’è la voglia di aggrapparsi alla memoria senza più staccarsene, come una cura, c’è la voglia di tornare in quelle case coloniche disfatte che restano in piedi come monumenti di comunità. Ascoltandone le voci antiche. «Il primo viaggio dopo il lockdown - ha detto Luigi D’Elia - è stato per raggiungere i Bevano Est in Romagna, la casa di Ciuma, Cinzia, Adele, Dario, le loro capre, le rane e registrare questi racconti. Ricordo che era con me la convinzione che la voce fosse intimidita dopo essere stata ritirata tanto tempo dall’energia tutta fuori del palco, dei teatri. C’era un pudore. È la mia prima produzione artistica alternativa allo spettacolo dal vivo che mi lascia in pace. E per me, per il mio raccontare, per la materia delle storie, per quello che porta dietro, è un atto d’amore. È come uno spettacolo per uno spettatore solo o pochi per volta. O per un campo di grano. In cuffia o come credete. È come una stagione». “Cinque racconti di fine estate” è questo, è uno spettacolo dal vivo a distanza, un viaggio del tempo che saggia approdi più sicuri, di evasione dai giorni condominiali, e corre verso gli spazi smisurati della terra. Dove la natura rallenta al muoversi delle stagioni con le loro diverse tonalità, e poi subito accelera al ritmo di una pizzica in la minore. «La raccolta - è il pensiero di Simonetta Dellomonaco che ha curato la regia del disco - è un affresco neorealista di un mondo che permane nel dna ancora ribelle di un’Italia che si è globalizzata, che è diventata moderna, si è a volte rinnegata. Ha venduto la sua anima rurale e magica degli spazi liberi e delle notti sotto le stelle, per vivere negli appartamenti di due camere cucina e bagno. Qui il narratore, scopre insieme al pubblico dei mondi fatti di facce, di mani, di sudore, di corpi, di melancolie, di mancanze incolmabili, di attitudini più che di personaggi, che pure sembrano essere realmente vissuti e spesso lo sono». Uscita 9 dicembre. Ordini già attivi qui: https://wall.cdclick-europe.com/projects/Cinque_racconti_di_fine_estate CINQUE RACCONTI DI FINE ESTATE Prologo Il ragazzo radice / Artemio Bubba / ’Ngiulina / L’estate della balena / Non c’era da vinì Luigi D’Elia e Bevano Est con un racconto di Simonetta Dellomonaco Luigi D’Elia voce narrante Stefano Delvecchio fisarmonica bitonica Davide Castiglia violino Giampiero Cignani clarinetto Simonetta Dellomonaco regia www.luigidelia.it www.bevanoest.com www.inti-tales.com Registrato nel giugno 2020 a casa di Ciuma, da Larsen Von Sbrokken. Foto e progetto visivo Michela Cerini.
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Qualche notte fa ero in studio, a suonare, produrre, provinare. Ho fatto un bounce per ascoltarlo su qualche altro dispositivo, per vedere se i suoni “reggessero”. Da un paio di anni ho un iPod mini, comprato su eBay dopo aver visto Baby Driver. È lo stesso che avevo da adolescente, ma al tempo lo avevo verde (perchè era l’ultimo rimasto in tutta Napoli e Provincia). Poi si è rotto, lo abbiamo dato in riparazione e il tizio che avrebbe dovuto ripararmelo, me l’ha perso. Quando l’ho ricomprato da “grande” l’ho preso blu, come mi è più congeniale. L’iPod mini è, come la mia collezione di dischi, tra gli oggetti che hanno formato la mia identità adolescenziale di ascoltatore (molto più importante di quella da musicista). Ascolto il provino una, due volte, tre volte con le Beats azzurre, le cuffie delle foto del mio primo disco. Wow, suona bene. Non solo la canzone, proprio l’iPod. L’ascolto senza notifiche, distrazioni, rotture di palle, altre cose che non fossero le canzoni. Preso benissimo riascolto anche un paio di pezzi di quel mio primo disco, ritrovando suoni che avevo dimenticato. Chi me l’ha venduto non ha cancellato le canzoni dalla memoria, lasciandomi 780 brani molto ricercati, così metto la modalità Shuffle e vedo cosa mi regala. Qualche minuto dopo parte questa canzone. Inaspettatamente mi riempie. Senza nessun motivo reale inizio a piangere di emozione, con un pezzo dei Beach Boys che conosco benissimo. “Dio solo sa” quanto sono grato alla musica per la capacità che ha di sorprendermi, tra le pieghe di giornate pesanti e umore traballante. L’altra foto, invece, è la demo che stavo ascoltando. #vintagetech #iPodmini #playlist #beachboys #petsounds #godonlyknows #apple #thinkdifferent (presso Apple Park) https://www.instagram.com/p/CD6yLA3Dj-D/?igshid=1u9sfmk9adzvd
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Carillon - Sac1
Il mio nome 3 lettere 1 numero
Ciao chiudi gli occhi e rifletti
Una stanza di specchi
Un bucket di difetti
Ho l'ansia in pacchetti
Conta poco se aspetti
Io ho cambiato i miei sogni ho cambiato i cassetti
Sò che un posto tra noi lo vorresti
Ma sono finiti i biglietti
Tutto ciò fa riflettere
Ce la fai quando pensi di smettere
Ho sbagliato a promettere
Ho sbagliato e non riesco a correggere
Ho capito da subito
Chi mi sta intorno qua pensa solo al suo essere
Io,
Sono tutto il contrario di ciò che sognavo di essere
Oggi ho problemi reali
Problemi legali
Problemi a tenere i legami
E da un po' ho capito
Che soffrono sempre di più le persone speciali
Ho corso i miei rischi
Magari ma ho il vento che soffia sotto le mie ali
Tengo stretti i contatti,
Concetti, istinto col tempo gli affetti
E dalla prima rima, dal primo disco
Dal primo palco, dal primo fischio
Dal primo salto, dal primo testo scritto
Soltanto per non stare zitto
Ho una rabbia dento che esplode
Uccido la traccia e non lascio le prove
La prova del 9 nessuno si muove
Ancora che aspetto che smetta di piovere
E sono solo un figlio di puttana
Solo se ha bisogno la gente ti chiama
Ho letto il mio destino e ho cambiato la trama
Perché ho avuto fame prima della fama
E voglio sempre quello che non ho
Sapere quello che non sò
Salgo sul prossimo volo giuro ti penserò
Ti cercherò, ti penserò, ti cercherò, ti penserò
Anche quando sarò lontano giuro ti penserò
Giuro ti penserò
E mi hanno detto non è mai per sempre
Nel mio quartiere le stelle si sono spente
Sarò la voce di tutta sta gente
Sarò la voce di chi non ha niente
Ti ho scritto un pezzo ma non lo hai ascoltato
Se avessi un prezzo di avrei già comprato
Guardo lo specchio e vedo me cambiato
Cambiare idea non sempre è sbagliato
Non è sufficente
Come a scuola che ero sempre assente
Ho venduto i miei dubbi, le crisi
Gli attacchi di panico al primo offerente
Ho parlato poco, mangiato poco
Pensato poco, cambiato poco
Sbagliato poco, contato poco
Come vedi tutto questo è ancora troppo poco
Ancora scrivo testi per te
Non ti conosco ma sò che mi ascolti
Sai che nè ho fatto di ogni
Sai che non serve arrivare secondi
Fumo questa poi scrivo una perla
Per tutti i ragazzi dei blocchi
Ho ancora le mani bucate
Tu stammi lontana meglio non mi tocchi
Se mi guardo in dietro vedo tutto grigio
Il futuro è nella mani di chi ha dato un senso
Dichiarato, chiesto di sapere il prezzo
Di vedere il resto in mezzo a questo schifo
In base a questo scrivo
Non è fare un giro, non è andare in giro
Non è solo un video
Non è fare il divo
Non è fare il primo
Questa roba è la mia vita
Toglila e mi uccido
E sono solo un figlio di puttana
Solo se ha bisogno la gente ti chiama
Ho letto il mio destino e ho cambiato la trama
Perché ho avuto fame prima della fama
E voglio sempre quello che non ho
Sapere quello che non sò
Salgo sul prossimo volo giuro ti penserò
Ti cercherò, ti penserò, ti cercherò, ti penserò
Anche quando sarò lontano giuro ti penserò
Giuro ti penserò
E mi hanno detto non è mai per sempre
Nel mio quartiere le stelle si sono spente
Sarò la voce di tutta sta gente
Sarò la voce di chi non ha niente
- Sac1
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MIKA da tutti
Non è mai facile mettersi a nudo. La cosa diventa più complicata se sei una pop star mondiale, hai venduto dieci milioni di album, ricevuto dischi d’oro e di platino come se piovessero, sfiori i tre milioni di like su Facebook e conti oltre mille migliaia di follower su Instagram e Twitter. Mika, cantautore luccicante – pare arrivato dal Paese delle Meraviglie, con un carico di hit super catchy dal sapore eighties e uno stile da Peter Pan che ama Freddie Mercury ed Elton John –, si toglie la maschera da showman. A 36 anni, rottamata l’anima da control freak attento a ogni dettaglio della carriera, il performer di origine libanese ha deciso di mostrare la parte più intima di sé, mai esibita in tv (da X Factor a The Voice versione francese e Stasera CasaMika). Con questo nuovo lavoro – pur non abbandonando le sonorità divertenti e spensierate – punta all’essenziale. A cominciare dal titolo, My Name Is Michael Holbrook, che svela il suo vero nome, fino al Revelation Tour in partenza il 24 novembre da Torino. Mika mette all’angolo l’alter ego artistico, per mostrare se stesso «con semplicità, senza filtri tra il me reale e ciò che rappresento per la gente. È la cosa più difficile al mondo, ma il vero lusso è la sostanza. Me ne rendo conto solo adesso». Perché solo adesso? «Sto vivendo un momento di transizione. Durante la realizzazione dell’album ho dovuto dire addio a persone per me importantissime: mia nonna, alla quale ho dedicato tante canzoni, e Bella, una signora apparsa anche nel video di Grace Kelly. Entrambe anime fondamentali, che influivano sul mio lavoro. Di fronte a simili perdite ho riconsiderato l’essenza delle cose». Come si manifestano nel disco, questi cambiamenti? «L’emozione è più vera, la melodia più evidente e i colori sono più forti. L’album è l’accesso al giardino segreto dei miei ricordi e delle mie relazioni. Nel brano Sanremo, per esempio, racconto il primo luogo visitato in Italia con la mia famiglia. Dormivamo a Villeneuve Loubet, ma andavamo spesso in Liguria. Era tutto così decadente e la gente possedeva un linguaggio del corpo così evocativo. Ho voluto omaggiare quella cartolina, quel Paese sensuale. La canzone non c’entra nulla con il Festival, come alcuni hanno pensato». Qualche anno fa si vociferava della tua possibile conduzione sul palco dell’Arison.
>>> L’INTERVISTA, DI GASPARE BAGLIO, CONTINUA A PAG. 154 DI GLAMOUR NOVEMBRE.
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Harry Styles in classifica, ma come solista
Bentornati con un nuovo articolo! Oggi parleremo del cantante inglese, che tutti conosciamo, Harry Styles, ex componente della boyband One Direction.
Il cantante è tornato in classifica con il suo primo album da solista intitolato proprio Harry Styles, pubblicato il questo 12 maggio. L’album ha raggiunto in pochi giorni il primo posto nelle classifiche musicali nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Italia, dov’è stato il più venduto tra gli album internazionali. Il disco ha debuttato alla numero #1 nella prestigiosa classifica Billboard 200 albums charts, vendendo un totale di 193mila copie in una settimana superando per sino il record raggiunto da Sam Smith.
L’album contiene 10 canzoni: Meet Me in the Hallway, Sign of the Times, Carolina, Two Ghosts, Sweet Creature, Only Angel, Kiwi, Ever Since New York, Woman, From the Dining Table.
Il cantante ha ricevuto alcuni complimenti e anche Liam Payne, compagno di band, ha espresso il suo parere in un’intervista fatta da Music Choice: “Se devo essere onesto, non è il mio genere di musica. Non è qualcosa che ascolterei, ma penso che abbia fatto bene a fare quello che voleva. È divertente pensare che Harry potrebbe dire la stessa cosa di me, perché lui non ascolta musica hip hop.”
Anche Liam Payne adesso è un solista, e ha debuttato quest’anno con il singolo Strip That Down, duettando con il rapper Quavo.
Per quanto riguarda i concerti, Harry Styles inizierà a settembre il suo Harry Styles Live On Tour, facendo le prime tappe nel Nord America per poi arrivare in Europa. Il cantante britannico sarà qui in Italia il 10 novembre 2017 e si esibirà all’Alcatraz di Milano.
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Michael Jackson: On the wall
di Kin Woo
Fin da quando è entrato nel nostro immaginario collettivo a soli 11 anni con i Jackson Five, pochi artisti sono stati così rivoluzionari e originali come Michael Jackson. Il suo album Thriller del 1982 ha anche dato il via alla golden era dei video musicali grazie al corto della title track della durata di 12 minuti, e da allora il disco ha venduto, a quel che si dice, oltre 105 milioni di copie in tutto il mondo, ed è stato 33 volte disco di platino negli USA diventando l’album con il maggior numero di riconoscimenti nella storia. L’immagine di Michael che balla con la sua giacca di pelle rossa è impressa nelle menti di un’intera generazione.
Oggi, a nove anni dalla sua prematura scomparsa, nel 2009, per arresto cardiaco, e proprio quando, il 29 agosto prossimo, avrebbe compiuto 60 anni, la National Portrait Gallery di Londra con la nuova mostra, Michael Jackson: On The Wall , indaga il fenomeno Jackson raccontato da 40 artisti fra cui Kehinde Wiley, Maggi Hambling, Grayson Perry e David LaChapelle.
Il direttore Nicholas Cullinan ebbe l’idea per la mostra dieci anni fa, mentre lavorava a quella che la Tate aveva dedicato a Andy Warhol (una coincidenza: è stato il primo artista a ritrarre Jackson negli anni 80). «Il fatto che un artista possa rappresentare cose tanto diverse per persone tanto diverse è qualcosa di davvero unico», afferma Cullinan. «Era quasi un meme ante litteram. Il suo spirito è riassunto nei suoi costumi di scena, nei suoi gesti, nella moda».
E questo è evidente soprattutto nel ritratto dell’artista Kaws, che mostra Jackson con la sua iconica giacca e i guanti bianchi che verranno associati alla star per sempre. Come spiega Kaws nel catalogo della mostra: «Mi piaceva moltissimo il modo in cui riusciva a rendere un normalissimo capo di abbigliamento come un guanto bianco o una giacca di pelle rossa un elemento della sua identità».
Nel corso della sua carriera Jackson ha collaborato con molti stilisti fra cui Gianni Versace (che lo aveva vestito per un duetto con Paul McCartney e per il suo HIStory tour) e negli ultimi anni, Hedi Slimane e Riccardo Tisci. A differenza però di altre star camaleontiche come Bowie e Madonna, Jackson teneva sempre gli stessi pezzi chiave nel suo look: guanti, giacche militari riccamente decorate e calzini bianchi con i mocassini.
Se il suo impatto sulla moda si sente ancora oggi – designer molto diversi fra loro come Supreme, Olivier Rousteing per Balmain e Philip Treacy hanno tutti reso omaggio a Jackson negli ultimi anni– è facile dimenticare che in quegli anni il suo stile era visto come un atto di ribellione. Come scriveva lo stesso Jackson nella sua autobiografia del 1988, Moonwalk, «Il mio atteggiamento è questo: se la moda dice che quella cosa è vietata, io la metto».
Vogue ha parlato dell’evoluzione del suo stile con alcuni dei collaboratori più vicini al musicista.
Michael Bush, costumista Nel corso di una collaborazione durata�� 25 anni, che ha avuto inizio sul set del film del 1986 Captain EO ed è continuata fino alla sua morte (Bush l’ha vestito anche per il funerale), nessun designer ha contribuito a consolidare l’immagine di Jackson nell’immaginario collettivo quanto Michael Bush insieme al suo partner, il compianto Dennis Tompkins. Più che costumisti i due divennero i suoi couturier personali, artefici di molte delle innovazioni sartoriali della sua carriera – dalla giacca di Thriller creata per il Bad tour del 1987-89, che era stata realizzata con 11.000 lampadine che pulsavano al ritmo della canzone, alle lean shoes, le scarpe brevettate che permettevano a Jackson di inclinarsi (to lean) in avanti di 45 gradi (tutti i capi sono ricordati con affetto da Bush nel suo libro del 2012 The King of Style: Dressing Michael Jackson).
Gli abiti che hanno creato per Jackson dovevano rispettare quelle che Bush descrive come le “Four Fs of dressing Michael Jackson: Fit, Function, Fun and First”, ovvero le regole per vestire la star: vestibilità, funzionalità, divertimento e originalità. Jackson, noto per essere un perfezionista, sfidava continuamente i due stylist a raggiungere livelli sempre più alti di maestria tecnologica per le sue performance sul palco. «Dagli altri pretendeva esattamente quello che pretendeva da se stesso, nulla di più», dice Bush, «e quindi Dennis e io accettavamo la sfida e facevamo il possibile per disegnare abiti di scena che facilitassero al massimo i movimenti». Abiti che sono un riflesso e al contempo un elemento indissolubile della sua musica, creando un tutto unico più completo. «Michael Jackson non seguiva la moda, era la moda a seguirlo».
Nadja Swarovski, Swarovski Se c’è un capo che ha acquistato un significato davvero straordinario nella carriera di Jackson, è il guanto bianco indossato sulla mano sinistra per la prima volta durante l’ormai iconica performance di Billie Jean nel 1983. Tempestato di 1.200 cristalli Swarovski, era stato creato dal primo costumista del cantante, Bill Whitten. Nadja Swarovski ricorda il rapporto della sua famiglia con la star: «La prima volta che Michael si era esibito nel moonwalk indossava una camicia decorata con cristalli, calzini con cristalli e ovviamente il guanto realizzato interamente con gli Swarovski. Ci sono volute 40 ore per cucire a mano i cristalli sul guanto».
Se Swarovski ha una lunga tradizione di collaborazioni con le star, da Madonna a Beyoncé, lavorare con Jackson era stato particolarmente entusiasmante. «Michael Jackson era un’icona senza pari, era totalmente unico e continuamente innovativo, sia dal punto di vista musicale che nella moda».
Rushka Bergman, stylist e fashion editor per Vogue Italia La stylist serba Rushka Bergman aveva incontrato per la prima volta Jackson nel 2007 quando con il fotografo Bruce Weber l’avevano immortalato per un servizio speciale su L’Uomo Vogue che celebrava il 25° anniversario di Thriller. «Quando ho visto Michael per la prima volta ero davvero nevosa, ma lui è stato gentile, era timido, una persona speciale. Il ricordo più bello che ho di lui è quando si è messo a ballare il moonwalk e il robot walk per il nostro shooting davanti all’obbiettivo di Bruce Weber. Tutta la troupe ballava, cantava e piangeva. Un momento magico!».
Nel 2008 era poi diventata la consulente creativa e stylist di Jackson, commissionando a vari stilisti fra cui Riccardo Tisci per Givenchy, Hedi Slimane per Dior Homme e John Galliano gli outfit per This is It!, il tour che avrebbe visto il ritorno di Jackson sulle scene. «Il mio obiettivo era riportare in auge il suo status di icona di stile. Michael aveva un fisico perfetto per gli abiti e quando indossava le giacche dal taglio impeccabile di Balmain o i pantaloni di Dior Homme sentivi che il suo sex appeal stava tornando. Era di nuovo una rock star, e un sex symbol».
Bergman spera un giorno di poter esporre i 120 look couture che aveva ideato per quel tour sfortunato, ma nel frattempo mantiene vivo il suo legame con Jackson dal momento che di recente ha lavorato con sua figlia Paris. «Mi ricorda moltissimo suo padre. Michael sarebbe molto orgoglioso di vedere sua figlia diventare una superstar».
Balmain La collezione Primavera Estate 2019 di Olivier Rousteing era un chiaro omaggio a Jackson, ma il rapporto di Balmain con il cantante risale a dieci anni fa, quando il precedente direttore creativo della griffe, Christophe Decarnin, era stato incaricato da Bergman di creare gli abiti per il tour This is It!. Bergman aveva incontrato Nikola Vasari, allora a capo del womenswear, per scegliere alcuni look dalla collezione Primavera Estate 2009 di Balmain perché fossero realizzati appositamente per Jackson.
Jackson si innamorò dei dieci bozzetti che Vasari aveva realizzato per il progetto . «A quel tempo era da un po’ che non lo sentivamo, quindi era tutto molto elettrizzante», ricorda Vasari. Iniziò a lavorare adattando la collezione alla corporatura minuta di Jackson, aggiungendo elementi décor alle giacche a ai jeans biker. Sebbene il suo lavoro non vide mai la luce a causa della scomparsa di Jackson, ricorda: «Fu un’esperienza incredibile. Dovevamo andare alla prima, e la notizia della sua morte fu un vero shock. Ma le sue canzoni esisteranno per sempre».
Philip Treacy Durante la London Fashion Week del settembre 2012, Philip Treacy aveva presentato la sua prima sfilata in otto anni sotto le arcate delle Royal Courts of Justice. Lady Gaga era stata la sua madrina d’eccezione, presentando una serie di modelli e modelle black che sfoggiavano abiti dall’archivio di Michael Jackson, completati con gli straordinari cappelli di Treacy, fra cui un cappello-guanto indossato da Alek Wek e un copricapo che riproduceva una giostra in miniatura, completa di luci sfolgoranti. Treacy voleva fare una sfilata a tema africano. «Un giorno stavo ascoltando Michael Jackson, a un certo è iniziata The Way You Make Me Feel e ho pensato: Ecco qui. La sfilata doveva parlare della ricchezza dell’Africa, e Michael Jackson possedeva questa ricchezza, e quando si vestiva assecondava la sua sensibilità». Quando chiamò la casa d’aste Julien’s Auctions di Los Angeles sperando di poter avere in prestito un guanto, gli venne offerto l’intero archivio di abiti che Bush e Tompkins avevano creato per Jackson, e che sarebbe andato all’asta in dicembre.
Vedere il guardaroba per la prima volta «mi ha tolto il respiro», afferma Treacy. «Quegli abiti emanavano energia. Quegli abiti facevano parte del suo personaggio. Erano reliquie del pop del 21° secolo». La sfilata, dedicata agli amici e mèntori di Treacy Alexander McQueen e Isabella Blow, aveva ricevuto un’accoglienza incredibile, reazione che lui attribuisce al potere inesauribile dell’immagine di Jackson. «Il più grande showman della nostra generazione. Aveva più fascino e talento di chiunque altro. Ed era il massimo esempio di intrattenitore consapevole della propria immagine. I suoi abiti erano messaggi per i suoi fan».
Michael Jackson: On the Wall è alla National Portrait Gallery di Londra fino al 21 ottobre 2018.
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