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L’Ottocento Elegante
Arte in Italia nel segno di Fortuny 1860-1890
a cura di Francesca Cagianelli, Dario Matteoni
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2011, 232 pagine, 180 ill. a colori, 23 x 28 cm, ISBN 9788836619481
euro 35,00
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Dal 1860 l’ondata di rinnovamento dell’arte italiana vede da una parte le lotte della falange macchiaiola, dall’altra l’avvento trionfale della cosiddetta “arte alla moda”, che assimilando le tendenze francesi dilaganti nell’ambito dei Salon parigini traeva nuovi incentivi dall’astro spagnolo Mariano Fortuny y Marsal (1838-1874), destinato a lasciare in Italia un’eredità indelebile anche dopo la sua precoce scomparsa.
Piemonte, Veneto e Lombardia da un lato, Roma e Napoli dall’altro, senza contare la Toscana, gareggiavano quindi nelle esposizioni ufficiali dell’epoca grazie a una produzione artistica improntata a un’iconografia elegante e a un imperante sfarzo cromatico. L’ostracismo critico sopraggiunto istantaneamente contro tale produzione doveva decretarne di lì a poco una pressoché totale rimozione, mentre di pari passo procedeva l’affermazione dell’arte alla moda sul palcoscenico del mercato internazionale.
Con il volume s’intende far tornare finalmente in auge i protagonisti di questa importante stagione storica che, considerati finora esclusivamente come “seguaci di Fortuny”, vengono nuovamente legittimati in virtù di quell’intuizione artistica fatta di squillanti sinfonie di colore e seducenti grazie femminili che doveva preludere alla modernità.
Il volume è completato da una bibliografia.
Mostra Rovigo, Palazzo Roverella gennaio - giugno 2011
23/01/23
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#Ottocento Elegante#art exhibition catalogue#Palazzo Roverella Rovigo 2011#Mariano Fortuny#Giovanni Boldini#iconografia elegante#sfarzo cromatico#art books#fashionbooksmilano
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Cecilia’s Plot 💌
Eros, na mitologia grega, é o deus do amor e do desejo sexual. Muitas vezes representado como um jovem alado com um arco e flechas, cujas flechas causam amor ou desejo em suas vítimas. Ele representa não apenas o amor romântico e erótico, mas também a força vital e a energia criativa que impulsiona a vida e a reprodução. Em suma, Eros é uma figura complexa e multifacetada, simbolizando tanto a beleza e a alegria do amor quanto a sua natureza imprevisível e potencialmente destrutiva.
Na Teogonia de Hesíodo, Eros é uma das primeiras divindades a emergir no cosmos, simbolizando a força primordial do amor e da atração que une todas as coisas. Já em outras tradições, ele é visto como um filho de Afrodite e Ares ou, em algumas versões, de Afrodite e Hermes. A iconografia de Eros evoluiu ao longo do tempo, passando de um deus temível e poderoso nas eras arcaica e clássica a um deus mais jovial e brincalhão no período helenístico e romano. Ele é um precursor do Cupido na mitologia romana, mantendo muitas das mesmas características e atributos.
Quando os deuses gregos passaram a ser cada vez menos cultuados pelos mortais, as divindades precisaram se reinventar. Foi daí que as coisas mudaram na vida da divindade do amor. Eros adotou sua forma feminina junto de um novo nome, Cecília, sendo assim como se apresentaria aos mortais dali em diante. Cada detalhe de sua mudança foi repleto de significados e simbologia. Desde a escolha do nome, até sua nova história a ser contada. Tudo foi pensado de forma que a chama de sua essência se mantivesse viva assim como seu legado.
O Cupido, agora atendendo pelo nome Cecília, se aventurou em meio aos humanos. A deusa passou a viver presente no mundo dos mortais. Seu trabalho era agora feito por meios disfarçados, assim como sua identidade real era mantida em sigilo. Buscou uma ocupação alternativa, se inseriu em círculos sociais estratégicos, fez alianças… Tudo muito bem planejado, assim como a verdadeira arquiteta das relações e relacionamentos faria.
Cecília é uma mulher doce, de aura magnética, astuta, confiante, imprevisível, às vezes caprichosa, de personalidade forte, e principalmente: boa com pessoas. Possui também uma presença marcante graças a sua essência como deusa. Assim como as asas, aos poucos as flechas entraram em desuso. A deusa usa elas apenas em ocasiões muito específicas. Com exceção de sua personalidade e aparência, o único rastro de sua identidade divina é sua ira. Quando isso ocorre, o vislumbre de um brilho escarlate se faz presente nos olhos normalmente cristalinos de Cecília, junto de sua aura que intensifica emoções naqueles que a cercam.
Quando não está induzindo laços entre os humanos, a deusa se dedica ao seu mais novo projeto. Cecília fundou uma marca de roupas íntimas femininas da qual carrega seu símbolo, o Cupido. A “Slow Burn” leva o legado de Eros por uma nova perspectiva. Representa a beleza, a sensualidade, o amor e a confiança, de forma luxuosa e elegante.
Para equilibrar seu trabalho mundano com suas tarefas divinas, Cecília transita entre a Grécia e a cidade de Nova Iorque. Além de viajar pelo mundo sempre que possível. É alguém mutável e está sempre em busca de novas possibilidades e conexões.
1. Este plot segue a versão de Eros baseada no conto “Teogonia”, escrito por Hesíodo. (Há um post anterior relacionado ao conto)
2. Cecília é originalmente grega e não tem uma idade exata.
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S. Giorgio e il drago dell'incuria.
Sicuramente vi sarà capitato di vedere più volte l’immagine di S. Giorgio, coperto da una elegante armatura ed armato di spadone, mentre uccide il terribile drago e libera la principessa Silene secondo il racconto fatto di Jacopo da Varagine nella sua “Legenda Aurea”, testo di riferimento per gran parte della iconografia cristiana. Famosa ad esempio a Firenze la rappresentazione fattane da Donatello nella predella del Tabernacolo dell’arte degli Spadai e Corazzai in Orsanmichele, che segna l’inizio dell’utilizzo della prospettiva e dello “stiacciato” nella scultura rinascimentale. A S. Giorgio è intitolata una delle porte dell’ultima cerchia delle mura di Firenze, quella eretta tra il 1284 ed il 1333 e progettata, secondo la tradizione, da Arnolfo di Cambio, l’architetto che progetterà i più importanti edifici della Firenze medievale: Palazzo Vecchio, S. Maria del Fiore, S. Croce per dirne alcuni. Un imponente giro di mura in pietra forte che ha protetto per secoli Firenze e la sua fiorente economia dai pericoli esterni. Questa porta, che si trova nella parte più alta della città tra via san Leonardo e la Costa San Giorgio, di fianco al Forte Belvedere (che ancora non esisteva all’epoca in cui fu eretta), è un pò diversa dalle altre: per la sua piccola dimensione venne talvolta definita postierla.
La Porta a S. Giorgio nella famosa pianta del Buonsignori (1587) Originariamente era coronata, come le altre, da merli e camminamento di ronda che furono rimossi durante l’abbassamento eseguito su indicazione di Michelangelo in occasione dell’assedio di Firenze (1529-30) per offrire un bersaglio meno facile alle artiglierie imperiali La struttura è in conci di pietra forte disposti “a filaretto”, la chiave di volta è decorata con un giglio e nella lunetta dell’arco “senese” c’è un bel bassorilievo del XIV° secolo con San Giorgio che uccide il drago, comunemente attribuito ad Andrea Pisano (trattasi di una copia, l’originale è in palazzo Vecchio) S. Giorgio, soldato e martire Cristiano vissuto in Anatolia nel IV secolo, e la sua lotta contro il drago divennero nel medioevo simbolo della lotta del bene contro il male e incarnazione dei più alti ideali cavallereschi. Pare però che il valoroso Giorgio nulla possa contro un nemico più temibile del dragone sputafuoco: l’incuria! Ieri durante una passeggiata per la via S. Leonardo, mi sono reso conto che la porta versa in non buone condizioni: c'è una grossa lesione all’altezza del’imposta destra dell'arco "senese", che rischia di cadere sulla testa a qualcuno dei tanti turisti e passanti che attraversano la porta. Mi domando se chi di dovere se n'è reso conto... Speriamo solo che non debba succedere il guaio come al solito (vedi recente crollo del lungarno)! Ho scattato una foto per documentare lo stato attuale, confrontandola con una foto più vecchia si nota chiaramente il danno.
La Porta a S. Giorgio IERI
La Porta a S. Giorgio OGGI
Enrico Bartocci Read the full article
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Lezione del 11/11/2020
AUTORE: Piero della Francesca
NOME: Pala di Brera
DATA: 1427
MATERIALE E TECNICA: tempera e olio su tavola
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Pinacoteca di Brera, Milano
CONTESTO ORIGINALE: L'opera fu realizzata da Piero della Francesca su commissione di Guido da Montefeltro.
CONTESTO ATTUALE: L'opera riprende alcuni elementi tipici del Rinascimento: la prospettiva perfetta, la veste elegante e solenne, le ombre proprie e portate sono rappresentate scientificamente. Piero della Francesca riprende alcuni elementi fiamminghi, come il tappeto e le decorazioni del mantello, che tuttavia si discosta dagli stilemi delle Fiandre, con il suo panneggio morbido. L'opera può dunque essere confrontata con la Madonna del Canonico Van Der Paele, da cui riprende alcuni di questi elementi. L'ambientazione è rinascimentale con una grande prevalenza di elementi dell'antichità, in particolare la conchiglia che è posta sulla testa di Maria richiama Venere e dunque assegna a Maria il ruolo di Venere Generatrice. In ginocchio di fronte a Maria troviamo Guido da Montefeltro, committente dell'opera, rappresentato di profilo per nascondere parte del suo volto, deturpato in seguito ad una giostra. Alle spalle di Maria i santi sono rappresentati con la propria iconografia; in particolare troviamo San Giovanni Battista, San Bernardino da Siena, San Girolamo, San Francesco d'Assisi, San Pietro Martire e San Giovanni Evangelista.
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“Essere l’ oggetto del desiderio significa essere definite nella forma passiva. Esistere nella forma passiva significa morire nella forma passiva- cioé essere uccise. Questa è la morale della favola della donna perfetta.”
“Il rapporto tra Eugenie e la madre è un’ estrema e certamente melodrammatica rappresentazione pornografata dell’ antipatia tra madri e figlie che indica come anche le donne serbino elementi di un precedente rapporto erotico con la madre, che è stato meglio esplorato e documentato negli uomini. In realtà la Filosofia nel boudoir precorre in molto aspetti il saggio di Freud sulla femminilità e dovrebbe essere visto nello stesso contesto europeo di competizione e rivalità tra donne,che svaluta le donne nei drammi della vita sessuale.”
“Negare gli incantesimi dell’ utero significa ridurre un bel po’ della magia fraudolenta della donna idealizzata, rivelarci come noi siamo, semplici creature in carne e ossa, le cui aspettative deviano dalla necessità biologica in maniera sufficiente da costringerci ad abbandonare, forse con rimpianto forse con sollievo,l’ ingannevole sacerdozio di una sacra funzione riproduttiva. Questa demistificazione si estende all’ iconografia biologica delle donne. (...) L’ invenzione sadiana di Juliette è una negazione enfatica di questa ipnotica retorica. Perché di retorica si tratta, composta di stratificazione millenarie, di congetture e fantasie sulla natura del mondo. La verità è che l’ utero è un organo come qualsiasi altro organo, più utile dell’ appendice, meno utlie del colon, ma non ti serve a molto se non desideri utilizzarlo nella sua unica funzione: il parto. Nel migliore dei casi funziona male e causa malattie, sofferenze, inconvenienti. L’asserzione di questo fatto elementare attraverso una donna fittizia implica un intero processo di demistificazione e di negazione che va molto oltre la demistificazione e la secolarizzazione delle donne.”
“Per fottere sua madre ha bisogno del fallo più grosso del mondo; e ciò non è ancora sufficiente a soddisfarla. Lei non ne morirà. Non “sborrerà” perché, quando la lezione di anatomia,la lezione di misantropia, la lezione di politica, di rabbia, di terrore, è finita, noi dobbiamo spedirla di nuovo dal marito, dal padre a cui appartiene. Di nuovo a casa, a casa, più in fretta che puoi!”
La donna sadiana (Angela Carter)
“Nell'universo invertito degli specchi, così com'ero, un damerino, un dandy alla Baudelaire, elegante e azzimato, sembrava a prima vista che fossi ritornata ad essere quello che ero stato. Ma la mascherata in cui mi trovavo non riguardava solo l'aspetto esteriore. Sotto la maschera della maschilità io ne indossavo un'altra, quella della femminilità, una maschera che ormai non sarei più riuscita a posare, per quanto ci provassi, nonostante fossi in realtà un ragazzo,travestito da ragazza ed ora ritravestita da ragazzo, come Rosalind nell'Arden Elisabettiano.”
La passione della nuova Eva (Angela Carter)
“Entrammo. Non mi aspettavo le creature che ci attendevano nel voluttuoso salotto dove ci fece passare Leopoldo e nel quale ci chiudemmo: erano quattro ragazze dai quindici ai sedici anni, tutte e quattro incinte al nono mese…«Che diavolo vuoi fare di questa selvaggina?», chiesi al duca.”
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☆ — ♯ 𝐀𝐁𝐎𝐔𝐓 𝐓𝐇𝐄 𝐏𝐑𝐄𝐒𝐄𝐍𝐓 ↻ ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ + ʜᴇʀ ʜᴜsʙᴀɴᴅ h. 20.01, september 11th, 2022 📍 sᴛᴏᴄᴋʜᴏʟᴍ﹐ sᴡᴇᴅᴇɴ. ❪ ✨ ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ Il fragore delle stoviglie rompeva quella tensione che si avvertiva, come una presenza silenziosa, in quella casa così finemente arredata. I quadri costosi di Van Gogh alle pareti, la grande iconografia di Prada, il mobilio ricercato e di classe conferivano alla residenza del capo di Svezia un ambiente elegante, raffinato, che raccontava di un lusso antico, che affondava le sue origini in generazioni passate. Era presente nei dettagli che impreziosivano la tavola, nella donna di servizio che s'intratteneva per sparecchiare la tavola al termine della cena, ma erano gli sguardi della donna d'eleganza innata ad essere carichi di turbamento e protagonisti di quella sera, un turbamento che ormai accompagnava ogni momento della sua giornata. ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « Lasciaci sola per favore, Brita. Finirai dopo di sparecchiare la tavola. » Un semplice cenno del capo fu la risposta della donna, la domestica, prima di ritirarsi nelle sue stanze in fretta e furia. Era in momenti come quelli che si sentiva il peso di una ricchezza che colpiva ogni singola prospettiva, il peso di una posizione sociale che poteva essere malvista dai meno abbienti ma che rappresentava il nuovo in un mondo da rinnovare. Provava ancora e ancora, Magdalena, ma nel silenzio di casa sua, sotto lo sguardo attento del marito, rifuggiva il suo bisogno di quiete, il bisogno di dire mostrarsi debole. A lungo la donna aveva sviato quella conversazione, quella che avrebbe dovuto condurre con l'uomo che le sedeva accanto, con quello sguardo che tradiva curiosità ma anche attenzione, furbizia ed attesa. ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « Sofie è andata a Londra, è partita questa mattina. L'hai vista? » ɪᴠᴀʀ « Sì, è passata nel mio studio prima di andare in aeroporto. Ha detto che ti ha trovata strana, e non nego che ultimamente lo stia pensando anche io. Che cosa sta succedendo? » ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « L'altra sera ha visto Alexander. » Tante erano le implicazioni di quella frase. Tante erano le possibili conseguenze che tutta la famiglia avrebbe dovuto affrontare se mai si fosse arrivata alla verità eppure la freddezza dell'uomo, il suo essere così dannatamente calcolatore spazzò via ogni traccia di affetto. ɪᴠᴀʀ « Le ha detto qualcosa? » ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « Non credo... Mi ha detto che non si sentono in modo assiduo a causa degli impegni di lui ma... Se Alexander provasse ad avvicinarsi a Sofie, lei... Non voglio pensarci. Ho provato a cominciare a parlarle, ad aprire gli occhi su un mondo che non è tutto rose e fiori come pensa lei. » ɪᴠᴀʀ « L'abbiamo sempre protetta, abbiamo sempre messo al primo posto il suo bene e di questo non me ne pento. » ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « C'è qualcos'altro che non ti ho detto, Ivar. » Il silenzio di poc'anzi divenne una cortina irrespirabile in quella stanza, tanto spesso da poter esser spezzato con un colpo d'ascia eppure solamente gli sguardi della coppia sembravano parlare al posto delle loro labbra. Così tante cose che non venivano menzionate, così tanti segreti tenuti celati, così tante vite in pericolo che nessuno avrebbe mai potuto dormire sonni tranquilli. ɪᴠᴀʀ « Il ricatto, lo so. Come hai solamente potuto pensare di farcela da sola. Come hai potuto pensare che io non ne sapessi alcunché? Mi credi tanto sprovveduto? Sul serio? Ma soprattutto come pensavi di vincere alla roulette russa? Perché è di questo che si tratta... Un gioco d'azzardo in cui il banco vince sempre. Dannazione, Magdalena stai giocando col fuoco, e tu, chiaramente, non ne sei in grado. Ed io dovrò di nuovo metterci mano. » Scostò il capo la donna, lo abbassò quel tanto da guardare il cotone pregiato della tovaglia che aveva scelto personalmente tempo prima, mentre lasciava correre i polpastrelli su quel tessuto candido. Risaltavano le sue unghie laccate di rosso scuro, così elegante, così oscuro prima di posare nuovamente lo sguardo sull'uomo che aveva scelto tempo prima, nonostante le infinite difficoltà, nonostante gli infiniti segreti. Un lungo silenzio seguì quelle parole dure, quello sguardo rabbioso di un uomo che non aveva mai dovuto chiedere nulla a nessuno. S'era fatto un nome, altisonante, che in molti avrebbero ricordato, bramato e adulato, ma che ora rischiava solamente produrre un effetto boomerang, su di lui, su sua moglie, ma soprattutto sulla sua bambina. ᴍᴀɢᴅᴀʟᴇɴᴀ « E' stato chiaro, Ivar... O le donne, o i soldi. »
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Abismucultura
Dificultura. Niilismo. Vontade, apenas vontade, de sair metralhando todo mundo, aleatoriamente.Tentei explicar isso pros porto-riquenhos, flanar por aí com uma arma na mão, sem propósito, sem vingança, sem ressentimento social comesinho de classe, só a vontade de dar uns tiros e sair correndo ou caminhando, acho que caminhar depois de um tiro é mais elegante, embora dependendo do tiro você esteja fadado ao fracasso no socius. Dei um tiro lá na comunidade e nunca mais me perdoaram. Dei uns tiros dentro de um carro e meu cérebro rachou ao meio. De que tiro você fala ? O Falo dá tiros ? O Tira da Fala detona massa cinzenta de criminosos nefandos e por aí vai, so on e so on. Título. Um merchan de si mesmo, uma fotografia exposta numa rede social aberta, uma iconografia imagética, você pensa em unidade eu estou trabalhando nas grandes lajotas. É claro que não posso dar detalhes, por isso dou voltas, escrevo sem ter um nexo preciso ou um princípio duradouro que permute as linhas de afago aos olhos que ensejo. ASSERTIVO. seja assertivo na sua bobagem. PICARETAGEM. Lembro de reuniões familiares insossas que começaram fadadas ao fracasso coletivo. O que nos une como seres humanos dispersivos, nômades do desejo, afeitos ao carinho, ao proscênio, ao próximo que nos iluda, nos convide pra uma viagem ao lado selvagem. Que selvageria é essa? Chegar chegar chegando ? Como se o outro esperasse um toque no braço. Eu tenho TOC e não suporto contato pessoal com o próximo que desconheço. Você não deveria falar isso em voz alta, você queima as pontes tão logo as constrói. Do que você está falando especificamente ? De onde vem essa razão pra sair escrevendo ou dizendo coisas sem sentido ? Embora tudo tenha e depreenda um sistema de signos bastante óbvios.
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Propagar a ideia de que é um fracasso, ideia batida, já foi pensada, na real tudo foi pensado ou em termos de pensamento a realidade é o problema. Os jogos de linguagem, a vontade de parecer inteligente diante da classe de otimistas que frequentam, assoviam, fritam vai BRAZIL, nosso país tem um z número de problemas, os agrotóxicos, o ninho de vespa, os privilégios, mas aí entra o cinismo nosso de cada dia, o cinismo deles de cada dia, e eu é que acabo sendo o pessimista, o ressentido, o rapaz maroto que não deu certo na vida e ainda mora com a mãe. Como pode ? Ele não se esforçou porque via no trabalho uma maneira torpe de recuperar a decência, daí herdou aquilo que alimenta suas raízes do Brasil central no pai nosso de cada dia, de cada manhã prenhe de significados dentro de um carro de boi metafísico que range as rodas ao passar pelo meu (sub)consciente. Eu tenho certeza disso tudo e de como era aristocrático viajar de VARIG nos anos 90, ir pra Europa, ir pros Estados Unidos. Não é curioso que ninguém queira realmente viver no Brasil ? A saída mais próxima é o aeroporto, porque existem outras saídas convenientes, de acordo com a cor da sua pele e as suas escolhas profissionais, a sua vocação pra aguentar o tranco ou burlar isso tudo na maciota, dizendo no bom português de Portugal com quem temos uma eterna cizânia porque supostamente eles não nos colonizaram direito ou então erraram feio, acho que as duas respostas soluções estão certas, não é mesmo ?
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E pra quais anjos espadachim você vai dedicar suas rezas de ateu ? Sua religiosidade mórbida, sua vocação pra coroinha assediado, pelo barroco mineiro inteiro, aquilo tudo que os outros já viram pra você e mostraram e portanto perdeu a razão de ser, roubaram meu joie de vivre na feira do pastel de asfalto e da esfiha quente de ar condicionado, furada, furado, esse discurso todo de desentendimento, quando depois de umas e outras nós somos os melhores pra fingir e amaciar e dourar a pílula, lembro quando votei no JÂNIO pra presidente, você nem era nascido, vocês todos nem sabiam que um dia viriam ao reino dos Céus aqui na TERRA chamado BRASIL.
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Coxinha. Santo-embusteiro. Pedante. Neófito. Colecionador de figurinhas de albúns de Copas passadas. Eleitor reacionário do Bolsonaro, acha que arma resolve na mão de pessoa de bem. Pessoa de bem arquejando sofrimento em fila de banco, inominável, a fila, os bancos, a voz do apresentador de televisão, todos vendilhões, todos condenados, todos sem vergonha alguma de serem patrões, donos de cisternas particulares, donos de aerodutos de liberação e tentação, citação obrigatória de Caetano e Gil, que fizeram escola na mafia escola, não vou citar o Outro jornalista que bate continência pra juiz chamando sempre de doutor isso doutor aquilo, cheio de não me toques, cheio de lantejoulas passeando por aí verbalmente. Eu torço pra dar errado, torço pra que não funcione. DESFUNCIONE, é isso aí, Nossa meretriz, nossa matrix, nosso mentecapto futuro governador de mais um Paraíso que poderia ser, perdido, então, sobrou o quê pra ser digladiado. Glandes epopéias ou Epopéias das Glandes, um trabalho sujo que ando produzindo de um artista que se disse comissionado. Artistas que descobrem a própria poética em nome de um dedo no cu da cara do patronato, da curadoria, da vida basfond, debaucherry, neologismos doutor, neologismos me perdoem por ser tão obsequioso nessa necessidade de escrever, pra quê? Pra não sair metralhando geral, acorda, agora eu fecho com chave de ouro falando que BRETON dizia que isso e aquilo, esqueci, não vou citar, vou citar Andy War Hole como ANDY MEU brother de nova iorque, meu camarada alucinado das sopas campbell, talvez por culpa dele e do DUCHAMP, que abriram os flood gates, criaram inferno na terra da pretensão porque qualquer um com charme ou cara de pau vai lá e comete uma atrocidadezinha e chama de arte e diz que tem conceito e pronto bate o ponto numa aula de algum colóquio ou oficina cultural que seja e fodeu
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Uma narrativa simples, cômoda, que aceite o olhar paciente do leitor que busca uma trivialidade, uma fuga, um pequeno escape de sua rotina traiçoeira, cheia de dúvidas e dívidas e karma-oncologia prestes a aflorar na verve inestimável intestinal de seus dias. Portanto eu complico, não ofereço nada além de prolegômenos e uns filhos bastardos de contos que começam sem saber pra onde vão e terminam sem dizer a que vieram e acima de tudo afinal de contas por quê ? Fica dúvida, fica incerteza, fica sensação de gosto ruim na boca depois de tomado o remédio expectorante que não tem gosto de quase nada sabor laranja, um cebion malfuncionado, aquoso e de paisagismos líquidos que você com outras viroses em outros carnavais ou carnavaias já se divertiu bastante horrores com o chiado do premido da frente urbana de investigações visuais auditivas de espectros e fantasmatologias severas . . .
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12 ago 2021 18:48
COME VIVERE, E MALE, SENZA FEDERICO ZERI - CI DICE ANCORA CHE LA STORIA DELL'ARTE È STORIA E BASTA: CHE L'OCCIDENTE E L'ORIENTE SI INCROCIANO DI CONTINUO. AVVERTE CHE SOLO SVILUPPANDO IL NOSTRO OCCHIO RIUSCIREMO A CAPIRE CHI SIAMO - ANNA OTTANI CAVINA: ‘’VISITING PROFESSOR A HARVARD E ALLA COLUMBIA, NON È MAI STATO CHIAMATO DA UNA UNIVERSITÀ ITALIANA. DA FREELANCE AVEVA UN'AUTOREVOLEZZA CHE SI ERA COSTRUITO DA SOLO. ERA UNA FIGURA LIBERA, CONTROCORRENTE. AVEVA UN DISTACCO ARISTOCRATICO DA OGNI SISTEMA, NON ANDAVA A BUSSARE ALLE PORTE’’
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Dario Pappalardo per "Robinson - la Repubblica"
Nei video su YouTube, Federico Zeri continua a tenere la sua lezione. Non dalla cattedra che non ha mai avuto, ma dalla scrivania della sua Villa di Mentana, tra i marmi e le cartelline di fotografie. Continua a googlare nella sua testa - lo fa da quando il termine ancora non esisteva - a trovare connessioni tra le immagini, tra maestri del colore riconosciuti o pittori anonimi, dimenticati dai documenti.
Ci dice ancora che la storia dell'arte è storia e basta: che l'occidente e l'oriente si incrociano di continuo sulle tavole delle icone, tra i polittici dipinti e le sculture degli imperatori. Avverte che solo sviluppando il nostro occhio riusciremo a capire chi siamo.
Zeri avrebbe compiuto 100 anni il 12 agosto. Di lui resta un archivio strepitoso - Internet ante litteram - che era già nella sua mente e che oggi è oggetto delle ricerche di studiosi e appassionati nel mondo. Quel patrimonio culturale è stato custodito dalla storica dell'arte Anna Ottani Cavina, che per 14 anni ha diretto la Fondazione Zeri, di cui ora è presidente onoraria, all'università di Bologna.
Con il critico e una ristretta cerchia di amici ha condiviso i viaggi e un'amicizia costante, fatta di discrezione: «Ci davamo del lei», dice. Chi era Federico Zeri? «La storia di Federico Zeri è quella di un irregolare di genio. Molti l'hanno conosciuto in tv, ma lui ha vissuto decenni di studio alfieriano fra biblioteche e musei con una sete ossessiva di conoscenza.
Si laurea a Roma nel 1945 con Pietro Toesca, guida i soldati americani alla scoperta della capitale, conosce le lingue, la botanica, la chimica ed entra in dialogo con i poli antagonisti della storia dell'arte: Roberto Longhi e Bernard Berenson, che raggiunge a I Tatti, la villa di Fiesole, pedalando sulla bici di Anna Banti».
Il più citato nella storia dell'arte italiana del Novecento rimane però Roberto Longhi. «Ma Federico Zeri ha sùbito una dimensione internazionale. Conosce il mondo anglosassone come nessuno in quegli anni: 18 traversate alla volta degli Stati Uniti. Parla e scrive un inglese perfetto. A 36 anni è chiamato dal Metropolitan Museum di New York per costruire il catalogo dei dipinti italiani, quattro volumi.
Poi il catalogo della Walters Art Gallery di Baltimora e il Census of Italian Paintings nelle collezioni pubbliche americane. Incrocia elementi di diversa natura - storia, filologia, iconografia - per restituire identità ai dipinti. È il consulente di grandi collezionisti, da Vittorio Cini ad Alessandro Contini Bonacossi, da Luigi Magnani a Gianni Agnelli a Paul J. Paul Getty: la sua connoisseurship diventa strumento di conoscenza storica».
Non lavorava per il mercato? «Non aveva piedistalli accademici, era un libero studioso. È stato l'advisor del grande antiquario Daniel Wildenstein. In mezzo alle fotografie di Zeri abbiamo recuperato 323 perizie, battute a macchina su carta termofax, molto lontane da quelle paginette oracolari, ontologiche, cui ci ha abituato il mercato. Ogni perizia, di tre/quattro pagine, ha la densità di un saggio.
Zeri sposta l'attribuzione e la data, decifra la scritta, individua l'emblema araldico, coglie gli indizi più labili e nascosti. Uno scavo molto serio per dare nome a un dipinto e ricostruire il tessuto storico. Senza potersi avvalere di Internet, aveva una capacità di connessione straordinaria. Scansionate nel cervello, tutte quelle immagini gli permettevano collegamenti che noi oggi facciamo con il computer».
Riguardando i suoi interventi in video appare sicuro nello smascherare i falsi con esiti clamorosi. «Usava parole di spietata precisione, definitive. Nel 1983 sul kouros del Getty, la statua greca ritrovata in sette pezzi che quadravano a perfezione, afferma a gran voce che è un falso. Cacciato dai trustees del museo, otterrà finalmente ragione nel 1990, alla comparsa sul mercato di un secondo kouros gemello. A favore delle telecamere del tg, nel 1984 afferma senza esitazione che le "teste di Modigliani": "So' du' paracarri".
La sua capacità di definizione proviene da un lungo processo investigativo e da una conoscenza delle forme e della loro evoluzione in un arco temporale vastissimo. Ma anche da studi incrociati. Persino dalla botanica».
La botanica? «Smaschera la cosiddetta Madonna di capitan Cook attribuita a Raffaello, riconoscendo nel dipinto una Cycas revoluta, una palma originaria delle terre oceaniche esplorate da Cook 250 anni dopo la morte di Raffaello. In questo campo la sua conoscenza capillare si saldava a un amore sconfinato per la natura che aveva motivazioni nel mondo antico e pagano, prima che la sacralità del regno vegetale fosse scalzata dall'avanzare del cristianesimo».
Era diventato una maschera televisiva, un influencer ante litteram. «I suoi affondi sono impudenti, a volte pittoreschi fra palandrane e jellabah, ma nel segno della denuncia. Conosce le potenzialità del mezzo: "Rispondendo alle buffonate con le buffonate, non ho esitato a travestirmi, ad apparire in scenari assurdi, a costruirmi una personalità che Salvador Dalí, che ho conosciuto di persona, non avrebbe sconfessato"».
Non ha scritto molti libri. «"Rimpiango tutti i libri che non ho scritto", diceva. Il suo Pittura e Controriforma è ancora un libro esplosivo, prima risposta italiana agli studi marxisti di Frederick Antal. Ma Zeri è una stella di prima grandezza, al di là dei suoi scritti, dove ha forgiato una lingua scabra e laconica, estranea alla cerchia longhiana: "una lingua elegante, costruita a colpi di rinunce, dove il poco tiene il posto del molto e lo riassume", come gli riconosceva Giovanni Testori».
Che ricordi ha dei viaggi con lui? «Viaggiava in luoghi remoti, allora poco accessibili, su autobus di linea. Si muoveva fra le rovine della città carovaniera di Palmyra - dove arrivammo nel 1988 con i cammelli - come se davvero quelle rovine lui le avesse abitate, quando ancora non c'era il deserto. "Non ci sono più le gazzelle!". Queste parole di Zeri non le dimentico. Aveva negli occhi la Palmyra del III secolo: leoni e gazzelle cacciati dall'imperatore Aureliano nei territori della regina Zenobia, come li aveva descritti Ammiano Marcellino».
Si lanciava in territori estremi per l'epoca. «Amava i crocevia delle culture, le civiltà alla periferia dell'Impero. Non era ancora caduto il muro di Berlino e si andò a Tallinn, in Estonia, alla ricerca di un retablo di Michael Sitow, poi a Mistra, fra le rovine medievali dei Paleologi, in Siria e in Turchia, dove si è recato più volte, mentre colleghi illustri non avevano mai visto Costantinopoli. A differenza di Roberto Longhi, che in Giotto riconosceva l'origine della nostra cultura visiva, Zeri individuava le nostre radici nell'Oriente e nella contaminazione dei due mondi».
Non ha mai avuto una cattedra in Italia. «Visiting professor a Harvard e alla Columbia University, non è mai stato chiamato da una università italiana. Da freelance aveva un'autorevolezza che si era costruito da solo. Era una figura libera, controcorrente. Aveva un distacco aristocratico da ogni sistema, non andava a bussare alle porte.
Si rifugiò lontano dalla città: a Mentana, fuori Roma, nella villa dove aveva montato la sua collezione di reperti in una passeggiata socratica di incontro con le ombre del passato. La lettura più penetrante è dell'archeologo Antonio Giuliano: Zeri veniva a noi da un mondo antico, cui sentiva di appartenere; da qui la sua solitudine intellettuale e il suo rapporto lacerante con il presente».
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Instituto Moreira Salles RJ
Em 1999, a casa no bairro da Gávea onde viveram Walther Moreira Salles e sua família tornou-se a sede do Instituto Moreira Salles no Rio de Janeiro.
Apresenta exposições, filmes e shows, além de abrigar os acervos de Fotografia, Música, Literatura e Iconografia. A própria casa, marco da arquitetura moderna dos anos 1950, é um atrativo para os visitantes.
Definida por Guilherme Wisnik como “uma casa de chácara”, a antiga residência de Walther Moreira Salles é, segundo o arquiteto, “uma construção monumental, elegante e austera, projetada para abrigar tanto uma família numerosa quanto uma intensa vida social, marcada por frequentes recepções para convidados ilustres”.
Instituto Moreira Salles RJ Arquitetura e História
O projeto da casa do alto da Gávea concebido no final dos anos 1940 para ser Residência dos Moreira Salles e que hoje serve de sede ao instituto mantido pela família leva a assinatura de um dos maiores ícones da arquitetura moderna brasileira: Olavo Redig de Campos.
Redig manteve farta correspondência com Walter Moreira Salles durante os três anos de realização do projeto encomendado pelo banqueiro e embaixador. O acervo do arquiteto – ainda em fase de catalogação – também encontra-se sob a guarda do IMS, onde chegou em duas etapas: a primeira em 1997 e a segunda em 2006. Reúne uma produção intelectual contendo 50 documentos, um conjunto de 50 correspondências, 40 fotografias, 80 slides relativos à inauguração do Monumento no Cemitério de Pistoia, na Itália (onde estão enterrados 499 soldados brasileiros mortos em ação durante a Segunda Guerra Mundial), 340 documentos cartográficos, entre os quais projetos de plantas e fachadas, desenhos originais apresentados na defesa de tese do arquiteto na Universidade de Roma, em 1930, além de plantas e croquis do mausoléu da Academia Brasileira de Letras e das embaixadas brasileiras em Buenos Aires, Dakar e Beirute.
Filho do diplomata Deoclécio de Campos e de Zulima Redig de Campos, Olavo nasceu em 22 de maio de 1906 no Rio de Janeiro, mas viveu toda a infância na Europa. Seu retorno ao Brasil, em 1931, coincidiu com o advento da arquitetura moderna no país. Em 1939, Olavo Redig de Campos casou-se com Maria Letícia de Salles, com quem teve oito filhos. No mesmo ano, assumiu a chefia da Carteira Predial da Caixa de Aposentadoria e Pensões dos Ferroviários da Central do Brasil, para a qual construiria conjuntos residenciais no subúrbio da cidade. Como consultor técnico do Serviço de Conservação do Patrimônio do Itamaraty, cargo que ocupou a partir de 1946, colaborou em projetos importantes da arquitetura moderna do país.
Com o fim da Segunda Guerra Mundial, em 1945, o governo brasileiro precisou construir sedes de embaixadas, residências e consulados no exterior. Para isso, contou com Olavo Redig de Campos, que já integrava o quadro do Ministério das Relações Exteriores e seria responsável por grande parte desses trabalhos. Deve-se ao arquiteto brasileiro a restauração geral do Palazzo Doria Pamphilj, em 1964, sede da embaixada brasileira em Roma desde 1920.
A maquete da casa que desde 1999 serve de sede ao Instituto Moreira Salles esteve até 2017 em exposição para o público na Sala dos Azulejos. Ela foi reformada em 2014 por ocasião da mostra de Richard Serra, que devolveu ao prédio muito de sua configuração original, sem os painéis de gesso instalados nos espaços expositivos. O vídeo nesta página mostra a maquete em detalhes, mas nela não estão novidades que surgiram de 1999 para cá, como o prédio da RTA (Reserva Técnica de Acervos).
Instituto Moreira Salles RJ Restaurante
Em agosto de 2016 o bistrô Empório Jardim abriu sua filial dentro do IMS Rio. As três sócias – a chef Paula Prandini, a chef boulanger Iona Rothstein e a jornalista Branca Lee – mantiveram praticamente o mesmo menu da matriz, incluindo o famoso café da manhã servido o dia inteiro.
Além do salão climatizado, o Empório Jardim se expande para uma área externa com mesas à beira do lago de carpas e do painel de Burle Marx. No menu há entradas, saladas, quiches, omeletes, sanduíches, sobremesas, drinks e vinhos. Entre os pratos principais há opções veganas e clássicos como o picadinho de mignon.
Instituto Moreira Salles RJ Loja
São vendidos publicações, produtos próprios do IMS e fotos do acervo, em pronta entrega ou encomenda através do catálogo. A loja sempre oferece promoções de seus produtos. As trocas são realizadas somente com a apresentação do cupom fiscal.
Instituto Moreira Salles Rj Pixinguinha
Compositor, instrumentista, arranjador e maestro, Pixinguinha (1897-1973) é personagem fundamental na história da música brasileira. Sua vida e sua obra são relembradas na exposição Pixinguinha – Naquele tempo, hoje e sempre, que o IMS Rio inaugura no Dia Nacional do Choro, 23 de abril, às 17h. É a data consagrada como sendo a do nascimento do compositor – embora pesquisa recente, realizada pelo pianista Alexandre Dias, aponte 4 de maio como o dia mais provável.
Na abertura da mostra, o músico Antônio Rocha tocou uma flauta que pertenceu a Pixinguinha. O instrumento é um dos itens exibidos na mostra, que reúne ainda partituras, discos e objetos pessoais de Alfredo da Rocha Vianna Filho, o Pixinguinha. O conjunto integra o acervo do músico, sob a guarda do IMS desde o ano 2000. A seleção ainda apresenta dez retratos feitos por fotógrafos cujas coleções também estão no Instituto Moreira Salles.
A curadoria da exposição é de Luiz Fernando Vianna, coordenador da Rádio Batuta, a rádio de internet do IMS.
Horário de Funcionamento Instituto Moreira Salles RJ
Terça a domingo das 11h às 20h
Onde Fica, Endereço e Telefone Instituto Moreira Salles RJ
R. Marquês de São Vicente, 476 – Gávea, Rio de Janeiro – RJ
Telefone: (21) 3284-7400
Outras informações e site
Mais informações: www.ims.com.br
Mapa de localização
from https://www.encontrariodejaneiro.com.br/agenda/instituto-moreira-salles-rj/ from https://encontra-rio.blogspot.com/2019/08/instituto-moreira-salles-rj.html
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Instituto Moreira Salles RJ
Em 1999, a casa no bairro da Gávea onde viveram Walther Moreira Salles e sua família tornou-se a sede do Instituto Moreira Salles no Rio de Janeiro.
Apresenta exposições, filmes e shows, além de abrigar os acervos de Fotografia, Música, Literatura e Iconografia. A própria casa, marco da arquitetura moderna dos anos 1950, é um atrativo para os visitantes.
Definida por Guilherme Wisnik como “uma casa de chácara”, a antiga residência de Walther Moreira Salles é, segundo o arquiteto, “uma construção monumental, elegante e austera, projetada para abrigar tanto uma família numerosa quanto uma intensa vida social, marcada por frequentes recepções para convidados ilustres”.
Instituto Moreira Salles RJ Arquitetura e História
O projeto da casa do alto da Gávea concebido no final dos anos 1940 para ser Residência dos Moreira Salles e que hoje serve de sede ao instituto mantido pela família leva a assinatura de um dos maiores ícones da arquitetura moderna brasileira: Olavo Redig de Campos.
Redig manteve farta correspondência com Walter Moreira Salles durante os três anos de realização do projeto encomendado pelo banqueiro e embaixador. O acervo do arquiteto – ainda em fase de catalogação – também encontra-se sob a guarda do IMS, onde chegou em duas etapas: a primeira em 1997 e a segunda em 2006. Reúne uma produção intelectual contendo 50 documentos, um conjunto de 50 correspondências, 40 fotografias, 80 slides relativos à inauguração do Monumento no Cemitério de Pistoia, na Itália (onde estão enterrados 499 soldados brasileiros mortos em ação durante a Segunda Guerra Mundial), 340 documentos cartográficos, entre os quais projetos de plantas e fachadas, desenhos originais apresentados na defesa de tese do arquiteto na Universidade de Roma, em 1930, além de plantas e croquis do mausoléu da Academia Brasileira de Letras e das embaixadas brasileiras em Buenos Aires, Dakar e Beirute.
Filho do diplomata Deoclécio de Campos e de Zulima Redig de Campos, Olavo nasceu em 22 de maio de 1906 no Rio de Janeiro, mas viveu toda a infância na Europa. Seu retorno ao Brasil, em 1931, coincidiu com o advento da arquitetura moderna no país. Em 1939, Olavo Redig de Campos casou-se com Maria Letícia de Salles, com quem teve oito filhos. No mesmo ano, assumiu a chefia da Carteira Predial da Caixa de Aposentadoria e Pensões dos Ferroviários da Central do Brasil, para a qual construiria conjuntos residenciais no subúrbio da cidade. Como consultor técnico do Serviço de Conservação do Patrimônio do Itamaraty, cargo que ocupou a partir de 1946, colaborou em projetos importantes da arquitetura moderna do país.
Com o fim da Segunda Guerra Mundial, em 1945, o governo brasileiro precisou construir sedes de embaixadas, residências e consulados no exterior. Para isso, contou com Olavo Redig de Campos, que já integrava o quadro do Ministério das Relações Exteriores e seria responsável por grande parte desses trabalhos. Deve-se ao arquiteto brasileiro a restauração geral do Palazzo Doria Pamphilj, em 1964, sede da embaixada brasileira em Roma desde 1920.
A maquete da casa que desde 1999 serve de sede ao Instituto Moreira Salles esteve até 2017 em exposição para o público na Sala dos Azulejos. Ela foi reformada em 2014 por ocasião da mostra de Richard Serra, que devolveu ao prédio muito de sua configuração original, sem os painéis de gesso instalados nos espaços expositivos. O vídeo nesta página mostra a maquete em detalhes, mas nela não estão novidades que surgiram de 1999 para cá, como o prédio da RTA (Reserva Técnica de Acervos).
Instituto Moreira Salles RJ Restaurante
Em agosto de 2016 o bistrô Empório Jardim abriu sua filial dentro do IMS Rio. As três sócias – a chef Paula Prandini, a chef boulanger Iona Rothstein e a jornalista Branca Lee – mantiveram praticamente o mesmo menu da matriz, incluindo o famoso café da manhã servido o dia inteiro.
Além do salão climatizado, o Empório Jardim se expande para uma área externa com mesas à beira do lago de carpas e do painel de Burle Marx. No menu há entradas, saladas, quiches, omeletes, sanduíches, sobremesas, drinks e vinhos. Entre os pratos principais há opções veganas e clássicos como o picadinho de mignon.
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São vendidos publicações, produtos próprios do IMS e fotos do acervo, em pronta entrega ou encomenda através do catálogo. A loja sempre oferece promoções de seus produtos. As trocas são realizadas somente com a apresentação do cupom fiscal.
Instituto Moreira Salles Rj Pixinguinha
Compositor, instrumentista, arranjador e maestro, Pixinguinha (1897-1973) é personagem fundamental na história da música brasileira. Sua vida e sua obra são relembradas na exposição Pixinguinha – Naquele tempo, hoje e sempre, que o IMS Rio inaugura no Dia Nacional do Choro, 23 de abril, às 17h. É a data consagrada como sendo a do nascimento do compositor – embora pesquisa recente, realizada pelo pianista Alexandre Dias, aponte 4 de maio como o dia mais provável.
Na abertura da mostra, o músico Antônio Rocha tocou uma flauta que pertenceu a Pixinguinha. O instrumento é um dos itens exibidos na mostra, que reúne ainda partituras, discos e objetos pessoais de Alfredo da Rocha Vianna Filho, o Pixinguinha. O conjunto integra o acervo do músico, sob a guarda do IMS desde o ano 2000. A seleção ainda apresenta dez retratos feitos por fotógrafos cujas coleções também estão no Instituto Moreira Salles.
A curadoria da exposição é de Luiz Fernando Vianna, coordenador da Rádio Batuta, a rádio de internet do IMS.
Horário de Funcionamento Instituto Moreira Salles RJ
Terça a domingo das 11h às 20h
Onde Fica, Endereço e Telefone Instituto Moreira Salles RJ
R. Marquês de São Vicente, 476 – Gávea, Rio de Janeiro – RJ
Telefone: (21) 3284-7400
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Artes plásticas románicas
Introducción: Las artes figurativas del románico sirvieron para plasmas un programa iconográfico que pretendía trasmitir una doctrina. Por ello las dos características esenciales son la función didáctica y la dependencia del marco arquitectónico. Otras características son el antinaturalismo (de la tradición bizantina) con la representación de figuras rígidas, planas y deshumanizadas. Los personajes están dotados de gran expresividad en los gestos .
Escultura: Se concentraba, fundamentalmente, en portadas y capiteles.
En el tímpano se solía representar el pantocrator, dentro de una mandrola y rodeado de tetramorfos. EN el intradós de las arquivoltas encontramos a los 24 ancianos del apocalipsis y en las jambas y el parteluz diferentes santos, apóstoles y personajes del antiguo testamento.. Todas las figuras se adaptan al mao arquitectónico, cubriéndolo en su totalidad y aplicando de esta manera el principio de horror vacui. Entre los ejemplo mas destacados encontramos a San lazaro de autun, santa magdalena de Vezelay o Santa Fe de Conques en Francia. En España destaca el Pórtico de la Gloria en la catedral de Santiago de Compostela.
Catedral de Jaca, Crismon trinitario: Anagrama de cristo y las letras alfa y omega que aluden al principio y fin de los tiempo. También podría ser la P de Pater y la S de espíritu santo, completando así la santísima trinidad. Puede presentarse solo o flanqueado por dos leones, alegorías del cristo vencedor del mal y la muerte.
El pórtico de la Gloria: A los pies de la catedral, sobre la cripta, se abre la fachada principal también conocida como pórtico de la Gloria. Se compone de tres arcadas apoyadas en pilares con columnas adosadas. El santo sostiene el tímpano, donde aparece cristo resucitado y acompañado de ángeles que sostienen los instrumentos de la pasión. En el nivel inferior las jambas conversan entre si e incluso sonríen. Estos detalles nos sitúan en un estilo mas naturalista acercándose al gótico.
Capiteles: Se esculpían temas historiados, vegetales y animales y diferentes temas geométricos. Estos capiteles aparecen en las columnas de los claustros. Los temas historiados hacen referencia a escenas del antiguo y del nuevo testamento y a la vidas de los santos.
Claustro del monasterio de santo domingo de silos: Los capiteles están decorados con temas geométricos y vegetales, animales reales y fantásticos, escenas historiadas de temas religiosos y profanos. Los realices presentan temas cristalográficos como la duda de santo tomas, el descendimiento...
Esculturas de madera policromada: Esculturas de bulto redondo talladas en madera policromada que representan dos temas; cristo crucificado y la virgen con el niño. Los ejemplos as importantes son la majestad batlló. La virgen sigue el modelo bizantino de Kiriotissa. Se representa de frente sin relación alguna entre madre e hijo
La pintura Románica: Tuvo especial importancia en el desarrollo del arte románico por varias razones:
Realzaba las formas arquitectónicas
Contribuía a la caracterización de los fieles con los temas pintados sobre las amplias superficies que quedaban libres en el interior
Recuperaba la tradición romana junto con las influencias prerromanicas y bizantinas
Características:
técnicas variadas; mural, temple sobre tabla y miniatura
La mayor parte e la pintura es al fresco o al temple por lo que requiere una serie de iperacion como el enfoscado, enlucido o estarcido entre otras
La pintura sobre tabla se encuentra, mas frecuentemente, en los frontales de altar y el retablo
La miniatura cuenta con numerosos ejemplos como los rollos de pergamino de las iglesias del sur de Italia, las biblias españolas como la de san Pedro de Roda o los códices con textos de carácter histórico judío como el libro de los testamentos
como otros soportes encontramos miniaturas realizadas en marfil como el caso de la arqueta de San Millan de la Cogolla o el Crucifijo de don Fernando y doña Sancha
Predominio de colores intensos y puros
Contornos perfilados con gruesas lineas negras
sin perspectiva y con muchos rasgos formales de la escultura (Hieratismo, frontalidad o isocefalia)
Pintura mural: Utilizaban la técnica al fresco pintando los temas mas importantes en el abside. (pantocrator o virgen con el niño)
San clemente: Firmeza en el dibujo y un conocimiento y aplicación de la gama de colores mas abundante. Destruida en buena parte, aun queda algunos restos interesantes como el cordero místico envuelto en un nimbo y la parábola del pobre Lazaro
Santa Maria: El temas es la virgen kiriotissa con el niño en los brazos y la epifanía y debajo, dibujos de animales en círculos que recuerdan tejidos orientales. Se conversan oros temas con iconografia como david y goliat. El conjunto revela una formación artística inferior a la anterior.
Panteón de los reyes de la colegiata de san isidoro de León: Destaca la cripta de san isidoro de Leon llamada panteon real, decorada con pinturas. Las bóvedas se decoran con temas muy diferentes, entre ellos; la anunciación, visitación, epifanía, natividad, la pasión con la ultima cena, el pantocrator o escenas dedicadas a la representación del zodiaco. El estilo es mas elegante, naturalista y plagado de detalles anecdoticos.
Ermita de santa cruz de maderuelo: A los pies aparece la representación del pecado, la creación de adán y la tentación de eva. En la bóveda el pantocrator rodeado de tetramorfos y en los laterales profetas, evangelistas y diversas jerarquías angélicas. El abside se reserva para la virgen con el niño y la adoración de los reyes magos.
Pintura sobre tabla: Decoraba los frontales de altar y pequeños retablos. En ellos se aplicaba la técnica al temple, con escenas de santos y mártires, como en los casos del fronal de Avia y el frontal de lx
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Presepi allestiti nei negozi di Alessandria
1.Naturgiocando giocattoleria via Dante Il presepe Naturgiocando è stato realizzato con prodotti in vendita in negozio. La base è in cartone composta da scatole ricoperte con carta da pacco Lo sfondo e la capanna sono stati realizzata con il Playmais I personaggi della Sacra Famiglia e gli animali appartengono al gioco “L’arca di Noè”. Tutti gli altri personaggi appartengono al gioco “Figure del castello”. Le casette e la scritta “Naturgiocando”sono realizzati con il gioco “Cubotti” in legno per costruzioni “. 2a.Symbols via Caniggia Presepe in latta di fabbricazione tedesca. 2b. Symbols via Caniggia Presepe americano in resina 3a.Anfossi Moda via Migliara TITOLO: La creche dans le neplier PROPRIETA’: opera d’arte espressa con totale manualità dal creatore e proprietario Sig. Emiliano Francescon MATERIALE: la radice é un nespolo centenario. Le statuette in legno sono realizzate con ulivo, ciliegio e nespolo. 3b.Anfossi Moda via Migliara Presepe a cura dell’associazione Il Sole Dentro 4.Tu Donna Poi corso Roma Bottiglia in vetro con dentro presepe in rame. Creato dall’artigiano Umberto Zenaro nel 2000 5.Askos ceramiche via Dante Natività in ceramica con angeli decorati in oro zecchino. Produzione artigianale propria 6.2012 intimo Galleria Guerci Presepe in gesso con statuine d’epoca. Collezione del dott. Ugo Robutti 7.Libreria Fissore via Caniggia Presepe dentro capanna in legno con illuminazione elettrica, iconografia tradizionale italiana. Marca Fontanini. Anni ‘90 8.Lemon via San Lorenzo Presepe classico in resina 9.Coffee Set via San Lorenzo Presepe costruito su un ramo d’acacia. Ideato dalla Sig. Carla Novello 10.Nuance de Cafè via Caniggia Presepe di artista Americana. Collezione anni 2000 11.La bottega del Maiale via San Lorenzo Il classico presepe con protagonisti i maialini; Rappresentazione del presepe tradizionale con statuette di maialini. Orchestra di maialini per accompagnare il lieto evento. 12.Quagli via San Lorenzo “Presepe ad fuiachin ” Realizzato con i tutuli e le foglie delle pannocchie sgranate, come si faceva nei primi anni del secolo scorso nelle povere famiglie contadine. Proprietà Arzani-Zanardi 13a. Cioci Ricci via San Lorenzo “Presepe Peruviano” 13b. Cioci Ricci via San Lorenzo “Presepe Carillon” 14.Edicola San Lorenzo 58 via San Lorenzo Piccolo presepe in miniatura ambientato in un villaggio africano, realizzato con diversi materiali. 15a .Piccole Birbe via Vochieri PRESEPE IN CASSETTA Autore STEFANO MARRALI di ALESSANDRIA CITTÀ DI ALESSANDRIA
Presepe artigianale interamente realizzato a mano con materiali naturali (gesso, argilla, legno) e dipinto a mano. Circa 80 ore di lavoro. 15b. Piccole Birbe via Vochieri PRESEPE NEL BORGO Autore STEFANO MARRALI di ALESSANDRIA Presepe raffigurante scorcio del borgo medioevale di Varzi (PV) interamente realizzato e dipinto a mano con materiali naturali. Circa 70 ore di lavoro. 16.La casa degli Agrumi via Vochieri Rappresentazione della natività in chiave rustica. Su un letto di fieno viene ricreata la natività, con la capanna di legno e muschio, Maria e Giuseppe e gli immancabili animali che contribuiscono a riscaldare le fredde notti 17.Il Cilindro via Caniggia Presepe di sughero, artigianato Italiano . 18. Pizzeria Capri via Caniggia Presepe di artigianato Russo 19. Ellens via Caniggia Presepe di carta, artigianato Italiano 20. Semplicemente dolci via Caniggia Presepe con statuine occidentali 21. Pelletterie Chic via Dante Presepe tradizionale di produzione italiana 22. Molina Fashion via Caniggia Presepe tradizionale con statuine classiche 23.Pasticceria Bonadeo Galleria Guerci Presepe composto da capanna, alberi, montagne di cioccolato, personaggi in pasta di zucchero. Tutto realizzata a mano 24.Gioielleria coppo via Dante Presepe che rappresenta il piccolo villaggio di Betlemme… in una scena di vita quotidiana nell’attesa della venuta di Gesù bambino. 25.Pasticceria Gallina via Vochieri Presepe in cioccolato con Natività e ambientazione tipica, realizzato artigianalmente 26.Restauri & Antichità Montano via Verona Natività in terracotta dipinta (inizio 1800) Restauri & Antichità Montano via Verona Presepe napoletano in terracotta dipinta. Natività di fine ‘800. Sotto campana di vetro 27. Sartoria Anastasia via Vochieri Presepe artigianale realizzato in pannolenci 28.Farmacia Invernizzi via Vochieri Presepe di design in ceramica di Alessi 29.Bottega d’arte Bianchi via Milano Presepe napoletano in terracotta dipinta, statuine del 1700 ed ambientazione del 1800 30. Quintessenza corso Roma Natività dal design elegante ed essenziale, realizzata in grès porcellanato completamente lavorato a mano. Prodotto da Linea Sette, laboratorio che prende vita dai maestri ceramisti Flavio Cavalli e Giuseppe Bucco nel 1977 in Marostica e che ricerca e sperimenta per ottenere un materiale ceramico (argille con caolini e feldspati) dalle eccellenti qualità tecniche ed espressive. Questa piccola scultura dai tratti puri nasce per passione e comunica armonia e gioia. 31. Confabitare- Agorà gas e luce via Vochieri Presepe tradizionale composto da capanna realizzata in legno e statue in porcellana 32. Cartoservi via Bergamo Le capanne e le casette dei presepi esposti sono composti da legno, sughero e corteccia; i personaggi sono in resina e terracotta (artigianato fiorentino ed addobbati con stoffa (artigianato napoletano) 33. Talmone piazza Marconi Presepe moderno in resina dipinta con interventi artigianali sull’ambientazione 34.Ottobelli via dei Martiri Presepe artigianale in gesso piemontese CITTÀ DI ALESSANDRIA
lombardo fine ‘800. Proprietà Arch. Daniela Ghetti 35. Arte e Viaggi via Ferrara Presepe Thun 36. Coltelleria Boido via San Lorenzo Presepe cileno con natività in terracotta dipinta a mano 37. Francesca intimo via San Lorenzo Presepe artigianale in legno di acacia naturale di produzione propria 38. Marlboro via San Lorenzo Presepe artigianale palestinese in legno d’ulivo 39. Panetteria Ferrando Maria via San Lorenzo Presepe artigianale in legno naturale stilizzato 40. Enoteca Boido via San Lorenzo Piccolo prezioso Presepe realizzato in oro da un Maestro Artigiano Orafo milanese. 41. Dolci capricci via San Giacomo della Vittoria Presepe in legno e cartapesta tipico napoletano 42. L’Albero via Ferrara Boule in cristallo o presepe in ceramica 43. Polvere di Stelle via Ferrara Legno e cartapesta tipico alessandrino 44. Salmoiraghi &Viganò via Migliara Il Presepe è in linea moderna di legno d’Abete, eseguito artigianalmente seguendo forme classiche e tradizionali. Fa parte di una grande collezione del Santuario Gesu’ Bambino, di Arenzano – GE. 45. Secondamanina via Vochieri SACRA FAMIGLIA: Trittico realizzato in terracotta negli anni 80 dal maestro BRESCI M. artigiano del savonese 46. La sartoria dei viaggi piazza Garibaldi PASTORI E RE VERSO LA SACRA NATIVITA’ PRESEPE di artigiano ignoto a contorno di una splendida SACRA NATIVITA’ in cotto, capolavoro di una suora di clausura (anni ’80). Il percorso di Pastori e Re, guidati dalla Cometa, verso il giaciglio di paglia del Bambino Gesù, confortato da Angeli musicanti, è segnato e rischiarato da ceri. Il viaggio dei Magi è sicuramente di gran lunga più importante di qualsiasi viaggio “cucito” qui in Sartoria, anche se, nel nostro piccolo e col dovuto rispetto della sacralità dell’evento 47. Asei School via Ferrara Un presepe che sottolinea il concetto di fratellanza e festa di unione per tutti i popoli. Sarà allestito un albero di Natale (simbolo natalizio trasversale per molte culture) composto da scatole di cartone colorate di bianco e aperte in direzione della vetrina, all’interno delle quali verrà collocato il presepe illuminato in posizione centrale, e circondato da frasi e parole di unione, fratellanza e amore in tutte le lingue del mondo che verranno apposte all’interno delle altre scatole. L’albero verrà circondato da luci led bianche. La vetrina sarà incorniciata con stencil o figure di polistirolo che richiamano la neve e richiamano l’atmosfera natalizia. 48. My shoes via Dante Classico presepe con capanna, i Re Magi, gli animali, i personaggi, le montagne e il lago. 49. Ristorante Arcimboldo via Legnano Il presepe è composto da alcune statuette in gesso salvatesi dall’usura del tempo e sono da attribuirsi all’epoca fine anni ‘30 inizio anni ‘40. Agli inizi degli anni 50 il presepe è passato alla famiglia Rattazzo. Per completarlo sono CITTÀ DI ALESSANDRIA
state inserite nuove statuine tra gli anni ‘70 e ‘80 ,di materiale più leggero e non deperibile. Le parti del vecchio presepe sono la capanna, costruita in cartone e dipinta con acquarelli, la sacra famiglia, il bue, l’asinello, l’angelo annunciatore in cima alla capanna, due re magi, due cammelli, le casette in sughero dipinte con acquarello,alcuni soggetti e animali. Anche la ghiaia per tracciare la strada è degli anni 50. 50. Farmacia Rizzotti via Vochieri Presepe composto da : una grotta in cui sono presenti il bambino Gesù, Maria, Giuseppe, il bue e l’asino, un prato con un pastore ed il gregge, i tre Re Magi, un’oasi con palma e due cammelli. Il tutto illuminato da stelle per attirare l’attenzione dei passanti. 51.Pharmahappy Via San Lorenzo Piccolo presepe di carta, che ha il sapore dei ritagli d’infanzia, un presepe messicano intriso di tradizione e arte popolare. Un chiaro omaggio alla grande pittrice Frida Kalho, Sagome semplici dai colori intensi e dalle forme naif, un presepe nella foresta abitata da animali. Non mancano certo i personaggi principali: la Madonna ,il Bambinello e San Giuseppe, forti nella loro semplicità grafica; fanno capolino dalla selva anche il bue e l’asinello. Disegnato e progettato dalla designer 52.Sun 68 via Migliara “SWEET CHRISTMAS” Reinterpretazione tenera e soffice del presepe con l’utilizzo di orsi Trudy. 53.Gipsy Bar via Galvani Presepe Napoletano in materiale espanso; mis: 90x61x61 Presepe Tedesco in legno; mis: 22x25x45 Presepe Congolese con statue intarsiate a mano; mis: 37x29x33 Mini Presepe in scatola di legno Presepe su tronco lavorato; mis:22x20x37 54. Bar dei 4 Pazzi via Dante Presepe con materiale di recupero 55. La Coccinella via San Lorenzo Natività artigianali realizzate manualmente con oggetti diversi in legno terracotta e stoffa. 56. Henry Gioielli via Dante Presepe realizzato su tronco d’albero con personaggi stilizzati in metallo 57. Guasco Gioielleria via San Lorenzo Presepe tradizionale 58. Holy Wood via Legnano Presepi frutto del lavoro artigianale di famiglie cristiane di Betlemme. Famiglie che sosteniamo, importando direttamente i loro manufatti in legno di ulivo prodotti nelle loro botteghe artigiane 59. La Perfezione via Dante “Maria che lava” Natività in bacinella 60. Ecostore via San Giacomo della Vittoria Semplice ed essenziale presepe in ceramica, anni 60, colorato a mano ed illuminato, che rappresenta la Natività. I personaggi sono rappresentati con un lieve CITTÀ DI ALESSANDRIA
rilievo, a tutto tondo invece la capanna.. Ricevuto in regalo per il negozio Eco Store di Alessandria dalla mamma del titolare come augurio di buone vendite natalizie! 61. Prenatal via Migliara Presepe a cura dell’associazione I Nani di Tassarolo 62. La Claque via San Giacomo della Vittoria Presepe a cura dell’associazione Oftal AQUERO’ 63. Ortopedia Noli via Dante Presepe a cura di ANMIL e DISABILITY MANAGER 64. Amidali via dei Martiri Presepe a cura dell’associazione parkinson Gli Amici di Lucia 65. Profumeria Piera via Dante Presepe a cura dell’associazione Parkinson Gli amici di Lucia 66.Gioielleria Regalzi via dei Martiri Presepe a cura dell’associazione Il Sole dentro 68. Ottica Vinciguerra via Milano Presepe a cura dell’associazione Il Sole dentro 69.Rivendita 1 via Vochieri il presepe accanto alla cascata 70. Reposi Calzature Piazza Garibaldi Presepe realizzato dai bambini dell’Associazione Il Sole dentro di Alessandria per l’Autismo in collaborazione con i bimbi dell’Associazione il Girotondo di Castellazzo B.da 71. Trimmer’s Via San Lorenzo Presepe realizzato dai bambini dell’Associazione Il Sole dentro di Alessandria per l’Autismo in collaborazione con i bimbi dell’Associazione il Girotondo di Castellazzo B.da 72. Regalzi Gioielli Via dei Martiri Presepe realizzato dai ragazzi dell’Associazione Il Sole dentro di Alessandria per l’Autismo 73. Henry Gioielli Via Dante Presepe realizzato dai ragazzi dell’Associazione Il Sole dentro di Alessandria per l’Autismo
ALESSANDRIA. NATALE AL CENTRO: PRESEPI ALLESTITI NEI NEGOZI. Presepi allestiti nei negozi di Alessandria 1.Naturgiocando giocattoleria via Dante Il presepe Naturgiocando è stato realizzato con prodotti in vendita in negozio.
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Periscópio 3 - Jorge Amado sob a censura dos sociólogos
Leda Tenório da Mota
Por muito tempo, para o Brasil bem pensante, Jorge Amado inexistiu. Ou existiu como não-objeto reconhecível. Panfletário, folclórico, populista, estereotipado, melodramático, inverossímil, comercial e, no mau sentido, socialista, coloquialista, carnavalesco... quem o haveria de levar a sério em nosso scholarship?
A muitas vozes e trazendo à baila a geração de 30 e seus expoentes _ Graciliano Ramos e José Lins do Rego, mas principalmente Graciliano _ , entoou-se, assim, aqui e ali, que ele estava aquém de tudo o que de melhor saiu de nossas vertentes modernistas, em matéria de prosa ficcional. Foi em relação ao grande regionalismo representado pelo autor de Vidas secas (1938) que Alfredo Bosi situou Seara vermelha (1946) numa “sofrível mistura de crônica do cangaço e expedientes melodramáticos”. E que Antonio Candido advertiu-nos sobre o caráter “manipulador e reducionista” de certo romance do período, em que inscreveu o de Jorge Amado. A fraqueza desse tipo de romance _ sublinhava em Literatura e sociedade _ está numa politização “indigerida”, que faz com que “os fatores do enredo” predominem sobre a “humanidade singular dos protagonistas”. É dizer que o escritor passou distraído não somente pela arte mas pelas injustiças da sociedade brasileira.
De fato, ao longo dos muitos decênios em que se forjou tal fortuna crítica, medimos Jorge Amado pelo parâmetro Graciliano. De duas maneiras complementares. Em termos de estilo, contrapondo a crispação, a secura, a economia de meios do segundo às abundâncias, fluências, molezas, malemolências do primeiro. Tematicamente, comparando o pessimismo, o fundo sombrio da escritura de um, menos pactuado com o obreirismo de programa, ao partidarismo cheio de fé no progresso social do outro.
Aqui aclimatados nos anos 1990, depois de acolhidos, nos anos 1980, nos departamentos de letras norte-americanos, os cultural studies acrescentariam a essas pechas mais uma. Alimentados por escrituras femininas e muito fixados em questões de gênero, encontrariam jeito de localizar, ainda, em Jorge Amado, o sujeito machista. Em vez de nos dar mulheres guerreiras, valquírias e amazonas, ele dá-nos prostitutas, escreveu, com brio feminista, em seu A donzela guerreira, Walnice Galvão.
A monotonia das cobranças terá sido quebrada, às vezes, por caprichos classificatórios, que separaram esta obra de repercussão internacional em fases, sem grande certeza sobre as fronteiras a serem consideradas. Assim, para alguns, um segundo momento amadiano, menos conformista e mais satírico, teria sido inaugurado com Gabriela cravo e canela (1958). Enquanto que para outros, teria havido certa evolução da visão lírico-pitoresca para uma visão do conflito brasileiro a partir de A morte e a morte de Quincas Berro d´Água (1959). No entanto, nem por discordar do momento exato do turning point uns e outros deixaram de notar o apelo fácil e o patético de segunda ordem, sempre em vigor, mesmo nos melhores casos. De modo econômico mas eficiente, a Enciclopédia Itaú Cultural recenseia tudo isso.
A pesquisa mostra que opinião diversa só encaminharam as vozes abafadas discordantes de sempre. Aqui, um crítico-poeta que desde sempre evoluiu à margem da universidade, como José Paulo Paes, não por acaso, o autor de um dos posfácios providenciados para um dos três volumes das obras completas do escritor, editadas pela Companhia das Letras, nos anos 2000, numa coleção projetada de 35 títulos. Sendo ele suficientemente atrevido para vir opinar que Gabriela cravo e canela era “um quadro de tessitura polifônica dos mais bem logrados, de que se pode orgulhar a prosa de ficção no Brasil”. Acolá, um boca-do-inferno como Haroldo de Campos, vindo igualmente a público, em 2002, por ocasião da morte de Jorge Amado, declarar que o falecido era dono de uma enorme imaginação fabular, e que traços metafóricos de cunho lírico percorriam e davam graça a seus textos. Ambos precedidos nessa sua idiossincrasia por Sergio Buarque de Holanda, que, elegante e pedagógico, como de hábito, num dos artigos hoje recolhidos nas páginas de O espírito e a letra, fala-nos de uma força lírica de Amado que não resulta prejudicada pela identificação emotiva deste sentimental nostálgico com o Lumpenproletariat dos morros e das areias baianas.
Saliente-se que os escrutínios depreciadores emanam de uma tradição crítica forjada no interior do marxismo e dos rigores adornianos. Estamos falando daquele método crítico que entrelaça forma literária e forma social, pautando-se por buscar nas literaturas sua capacidade de interiorização da história e valorando-as pela qualidade desse equacionamento. Estamos falando daquela escola que, por isso mesmo, repudiou experimentações poéticas das vanguardas brasileiras tardias – do concretismo ao tropicalismo, de Augusto de Campos a Caetano Veloso, ambos na mira de um Roberto Schwarz_demolidor, vendo-as como ideias “fora do lugar”. O que não a impediu de encontrar na literatura de Jorge Amado, em sentido contrário, ideias por demais no lugar. Ideias saídas da pregação da mistura feliz das raças, respeitosas demais do preconceito nacional para serem respeitáveis.
Diante da edição das obras completas por parte de uma das mais poderosas editoras brasileiras, talvez caiba perguntar: estaria em curso no país em que a “revisão” virou gênero, de tanto que tivemos revisões críticas ao longo da metade do século passado, uma revisão de tudo isso? Dito de outro modo: será que com a nova perspectiva de conjunto a ser proporcionada pela reunião da totalidade dos títulos começamos a nos preparar para “compreender” – no sentido forte da palavra: conter, abranger, incluir – a obra em questão? A tirá-la de seu sequestro? A dar-lhe direito de cidade?
Se fosse verdade, os comentários inseridos no final dos primeiros volumes editados – que trazem farta iconografia, reproduções de manuscritos, fotos do escritor, com seu physique du rôle melancólico _, porém modesto aparato crítico _ orelhas anônimas, ausência de notas, posfácios em vez de apresentações –, talvez não tivessem que ser assinados por um morto – José Paulo Paes – e dois estrangeiros – José Saramago (por ocasião do cumprimento desta tarefa ainda vivo) e o jornalista português Miguel Sousa Tavares. Nem assumiriam o tom de tributo que assumem – mesmo no caso do texto infinitamente superior de José Paulo Paes, que não padece da bonomia insípida que valeu a Saramago o prêmio Nobel –, mas seriam estudos, exegeses, ensaios. Criticamente, a abertura da coleção começa mal. Dir-se-ia que continua a expor um mal-estar. Diante disso, caberia também perguntar: será que a arte de Jorge suporta uma revisão crítica? Não estariam certos, no fim das contas, os que a repudiam? Haveria o que se descobrir ou redescobrir aí?
Ajudada por todos aqueles que enalteceram o contador de histórias e, mesmo, por aquelas novas gerações críticas que, hoje em dia, admitem o history teller, embora com reparos, notando, por exemplo, que ele não resolve bem as intrigas que arma, arrisco aqui alguns palpites críticos.
Primeiro, Jorge Amado é um grafômano. Pouco importa que suas histórias não se resolvam a contento (se é que deveriam), diante deste fato mais relevante que é a sua grafomania. É essa sua fantástica pulsão de escrita – a propósito: de que inquietação, de que tristeza, de que ferida sai isso? – que o leva a tecer infinitamente ficções, a não poder parar de contar, como se tivesse sido escolhido pela literatura, e não o contrário. Como se tudo existisse no mundo para desembocar num livro.
Depois, nem por ser popular, uma língua de escritor precisa ser vista como sem estilo. Pode-se suspeitar, ao contrário, que haja nessa não-marca, nessa arte pobre, uma limpeza, um frescor, uma sinceridade, uma renúncia, uma audácia. Parece que essas são qualidades da fatura de Jorge Amado. Quem sabe mais apreciáveis que os esforços técnicos evidentes de certas outras literaturas festejadas pela mesma crítica que detesta as suas singelezas, como a de Chico Buarque de Holanda romancista, por exemplo, com seus muitos truques e tiques pós-modernos: o jogo de espelhos, o narrador cindido, a estrutura em abismo, a memória frouxa, tudo isso que tem valor de efeito.
Além disso, Jorge Amado atualiza e complica o sincretismo de Gilberto Freire, cuja influência sobre sua obra ele reivindica, e os seus críticos deploram, com isso nos deixando desconfiar, ainda, diga-se de passagem, que, se ele é censurado na USP, é porque a miscigenação, como tão bem notou Carlos Fuentes, é barroca. É por incluir, como inclui, em suas fusões raciais, os turcos, os sírios e os libaneses. A estes últimos dedicou, aliás, todo um livro, um dos que acabam de ser lançados agora, com notas de Saramago no final: A descoberta da América pelos turcos. (1994) De resto, não se trata só de etnias. Os murais romanescos de Jorge Amado incluem também a confusão religiosa. E neste caso, uma deliciosa ironia: se tanto nos acostumados, popularmente, com os deuses africanos convivendo tranquilamente com os santos do cristianismo, não era assim quando, no início dos anos 1930, o escritor estreou. Salvador – que os baianos chamam de Bahia –, é o lugar por excelência das igrejas católicas. Ora, Jorge Amado planta a umbanda e os orixás no centro desse catolicismo. Faz isso com humor. É uma leveza agnóstica que ganha pontos, retrospectivamente, quando a confrontamos com as travessias místicas – estas, sim, para incautos – de Paulo Coelho, para o remetermos ao escritor que o ultrapassou em fama, aqui como lá fora.
É verdade que a mesma paixão socialista que instrumentou localmente as críticas aversivas, dispostas a ver no escritor um realista insuficiente, armou, no exterior, principalmente no âmbito daquilo que chamávamos, no passado, de “cortina de ferro”, a nomeada do retratista oficial do Brasil. Foi graças a essa glória externamente construída que Jorge Amado conquistou, internamente, o grande público, terminou por ganhar o cinema e a televisão. Na falta de estima do leitorado culto, de padrão universitário, encontrou guarida nos receptores médios, comercializando-se.
Em seu livro Não incentivem o romance, o crítico italiano Alfonso Berardinelli fala em best sellers “involuntários” e “aristocráticos”, obras literárias originais e de valor que tiveram, e continuam tendo, um sucesso enorme, mas seriam memoráveis para os críticos e historiadores da literatura, ainda que assim não fosse. Nesse passo, não faz acepção entre a prosa e a poesia. Lembra o que foi para a juventude americana On the road de Jack Kerouak. Assinala a enorme penetração de livros como O Leopardo, de Lampedusa, Cem anos de solidão, de Garcia Marques e O complexo de Portnoy, de Philip Roth. Sobre o livro de Roth, nota que ajudou o crescimento de uma indústria do romance americano, entre os anos de 1960 e 1970, tanto quanto Love Story, de Eric Segal, e Aeroporto, de Arthur Haley. Fato surpreendente quando se conhecem os requintes literários deste judeu de New Jersey que é talvez o mais importante escritor americano vivo.
Não se trata de comparar Jorge Amado a nenhum dos anteriores, nem mesmo a Garcia Marques, de que ele tem o furor narrativo, a épica, a veia mitológica, embora não a linguagem suntuosa e sobrecarregada. Mas de suspeitar, contra as ideias feitas, que ele pode ser um desses aristocratas.
NOTA DA AUTORA: Incluindo capítulos sobre a recepção de Jorge Amado pela universidade paulista, uma certa biografia de Clarice Lispector e as afinidades entre as novas críticas de Haroldo de Campos e Roland Barthes, esta reedição de Sobre a crítica literária brasileira no último meio século (de onde foi extraído o texto publicado em Zunái) dobra a aposta da autora na hipótese, em 2002 escandalosa, de que há mais que a força do meio a ser acionada quando se pergunta o que é a literatura, o que são as artes. Confirma assim um parti pris assumido quando ainda era perigoso, fazê-lo, porque atentava contra a doxa escolar.
Leda Tenório da Motta é professora no Programa de Estudos Pós-Graduados em Comunicação e Semiótica da PUC/SP, pesquisadora do CNPQ nível 1, pesquisadora do InstituTo de Estudos Avançados da USP, membro do Reseau International Roland Barthes. Traduziu, entre outros, os Pequenos poemas em prosa de Baudelaire e Métodos de Francis Ponge. Publicou, entre outros, Proust- Proust- A violência sutil do riso, Prêmio Jabuti na categoria Crítica Literária, e Céu acima- Para um tombeau de Haroldo de Campos.
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