#ho passato la vita
Explore tagged Tumblr posts
Text
Forse io non me lo merito l'amore. Forse si nasce destinati a certe cose. E il mio destino, ne sono certa, non era quello di essere amata. E la cosa ironica è che ho passato la vita a desiderare di esserlo...
Roberto Emanuelli, Ora amati
#roberto emanuelli#ora amati#frasi#citazioni#frasi libri#citazioni libri#libri#forse non me lo merito#non me lo merito#meritare#destinati#destino#certe cose#ne sono certa#certa#sono certa#il mio destino#essere amata#amata#ironia#ironica#ho passato la vita#la vita#vita#la mia vita#desiderio#desiderare
111 notes
·
View notes
Text
Lacrime silenziose
Dolore di una voragine nel cuore
Urla interiori disperate
Parole e frasi che fanno scoppiare la testa
Ho paura
Tremo
Mi giro e rigiro come ingabbiata
Piango
Non vedo via di fuga
Non vedo una vera salvezza
Mi sto mettendo in trappola da sola
Con le ferite di fantasmi passati
Ma ancora presenti
In vesti diverse
Ho paura
Di dare ancora fiducia
Di permettere a qualcuno di toccarmi di nuovo il cuore ora e in futuro
Ma allo stesso tempo è ciò di cui ho un disperato bisogno: affetto
Sentirlo davvero sulla pelle, sul cuore
Non mi accontento più di immaginarlo
Eppure
Eppure ho paura
Una paura folle di permettere a qualcuno di amarmi
Di darmi ciò di cui ho più bisogno
Perché resta una paura terribile
Quella di poi perdere tutto
Di venire ancora una volta abbandonata
Di essere quel giocattolo che ormai annoia
Di essere riposta con una semplice frase "non sei abbastanza" o "non sei quella giusta per me" o "non sei la ragazza che cercavo"
Ho paura
Ho paura di non guarire mai veramente le ferite sul cuore
Di stare solo ad accumularle e a volte bruciano ancora come se non fosse passato neanche un giorno
Forse non sono destinata all'amore
Forse il mio ruolo è solo quella di donatrice di affetto
Riceverlo con la stessa intensità probabilmente non è nel mio destino
Forse per me il "lieto fine" non è previsto
Resterò sempre un'anima tormentata incatenata al dolore, incatenata alle illusioni e alle delusioni della vita
Spaventata da fare qualsiasi passo
Spaventata da qualsiasi conseguenza
Spaventata da ogni cosa, dalla vita stessa.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#sfogo personale#tristezza#dolore#paura#amore#cuore a pezzi#cuore spezzato#cuore fragile#la vita mi spaventa#ho paura#andare avanti#incatenata al passato#tormentata#pensieri#pensavo#pensieri notturni#lacrime#piangere#pianto#piangere in silenzio#bisogno di affetto#bisogno di abbracci#bisogno di coccole#bisogno di amore#solitudine#cuore#vita#frasi vita
19 notes
·
View notes
Text
io ve lo giuro, sarà che essendo cresciuta in mezzo a persone bilingue / trilingue sono molto sensibile a certi discorsi, sarà che amo la linguistica più di me stessa, ma non sopporto i discorsi di chi deve prendere davvero in antipatia un giocatore perché non impara una lingua (battute a parte che se rimangono battute le adoro e le faccio io per prima). Chi ci prova ha il mio rispetto (tenerissimo yann), ma ragazzi non siamo tutti uguali a questo mondo e non abbiamo tutti lo stesso carattere nella vita. Non è questione di volontà né di rispetto, dai, la lingua la imparano prima o poi per capirsi, non è che siccome non lo fanno davanti alle telecamere per voi allora non capiscono. Cioè ma davvero siamo così attaccati alle nostre lingue nazionali da farne un dramma? Background diversi, upbringing diversi, storie diverse, caratteri diversi, non sapete quanti fattori concorrono e quanta gente ho visto non riuscire a proferire parola per un motivo o un altro. Dai che palle
#mi fa sorridere perché ho passato la vita a studiare le questioni linguistiche dei miei amici ecc#dei miei cugini#ci sono amici che non parlano arabo e so perché. pur capendo tutto#ci sono altri che parlano tranquillamente e so anche quello#non mi aggrada moralizzare una cosa del genere sinceramente è un discorso complesso
1 note
·
View note
Text
-----
È evidente che non è normale. Stan sotto l’influenza dell’ideologia perversa e maligna della setta genderomane.
Perché mai un maestro si dovrebbe "dichiarare" gay o etero?
Se penso ai maestri che ho avuto, non sapevo nulla della loro vita privata. Può essere che alcuni fossero gay.
Chi sente il bisogno di fare sfoggio della propria sessualità con dei bimbi non è idoneo a fare il maestro.
I gay, in teoria, sono indistinguibili dagli etero.
Credo lo siano sempre stati nella storia. Solo oggi c’è questo volgare, squallido, ostentare la propria sessualità, anche coi bimbi.
Questo fare la vocina da vecchia giocatrice di bridge. E guai a chi ci vede qualcosa di strano.
Una volta chi parlava facendo vocine strane era considerato un indemoniato. Ci capiva di più la gente semplice di una volta che gli accademici rotti in culo di oggi.
Ora anche il mainstream e le pubblicità sono volutamente tendenziose per accontentare il nuovo incipit.
Crema per il culo.
Alzi la mano chi non l’ha pensato.
L’arcobaleno in solo un decennio è passato da simbolo di pace a simbolo di culo arrossato e sanguinolento.
Miracoli di questa "gauche" pusillanime ed ipocrita.
151 notes
·
View notes
Text
Dopo non so quanto tempo, ho il cuore in pace. Il passato nei bagagli pesa meno, la rabbia è una sfumatura che ha smesso di ombreggiare l'anima e ora riesco finalmente a respirare senza avvertire più dolore. Quando sei lontano da tanto, l'odio non disturba più, i ricordi brutti scolorano, le lacrime si asciugano e riesci a sorridere... sorridere davvero, non per celare il tormento, la debolezza, ma perché assapori la vita fino in fondo.
Tutti abbiamo sofferto, vero, anche se crediamo che il nostro dolore sia più profondo di quello degli altri. In realtà è così, perché ognuno soffre a suo modo, così come, a suo modo, ne esce. Chi forte come una roccia indistruttibile, chi con cicatrici così radicate da esserne sfigurato per il resto dei suoi giorni, chi fragile come l'ultima foglia di un albero autunnale e, chi, incapace di nutrire altri sentimenti per chiunque.
Io non so come ne sono uscita, so per certo che ne sono uscita, ed è già un passo avanti.
90 notes
·
View notes
Text
Oggi sono ufficialmente ritornata nelle lande giapponesi.
Ora che sono arrivata mi è passato, ma nel mentre non è stato facile emotivamente perché... non volevo partire più.
Non è stata una vacanza semplice. È iniziata benissimo: mangiate astronomiche e gite a Napoli un giorno sì e l'altro pure. Poi però è arrivata la visita e l'operazione, a cui poi si è aggiunta pure la capatina al pronto soccorso perché il dermatologo era disponibile solo dopo il mio volo e dovevo accertarmi che la ferita in testa fosse a posto.
Mi dispiace aver dato stress e preoccupazioni alla madre della mia migliore amica (già ansiosa di suo), però allo stesso tempo sono super grata del fatto che mi abbiano ospitato perché, onestamente, senza questa possibilità probabilmente non sarei tornata (almeno non nelle mie zone).
È stata una vacanza strana perché per la prima volta non ho festeggiato con la mia famiglia e questo mi ha fatto sentire spesso un pesce fuori d'acqua in varie situazioni.
Vivere lontano mi ha reso più indulgente e permissiva nei confronti di comportamenti indubbiamente molesti (cassiera e poliziotta che chiedono:"ma che ti è successo in testa?"; della serie: ma un paio di cazzi vostri?!), perché, invece di incazzarmi, ho risposto con un sorrisetto sulle labbra come a dire "qua sono fatti così, non c'è niente da fare".
Una vacanza di alti e bassi anche emotivamente. Se Natale chiama famiglia, famiglia per me chiama amarezza - persino la mia migliore amica ha provato sgomento e un senso di malessere dopo essere venuta con me a trovare i miei nonni (gli unici con cui ancora mantengo un rapporto, anche se finto). Oltre l'amarezza, rimangono i traumi - usciti fuori come una valanga di melma nera dalla mia bocca un pomeriggio durante una passeggiata in cui, dopo decenni, ho pianto così tanto che non riuscivo quasi più a respirare, talmente singhiozzavo forte.
Tuttavia, anche se il tempo della mia permanenza è stato breve, sono venute appositamente a trovarmi tutte le persone con cui sono riuscita a creare un legame forte in questi anni e mi sono sentita estremamente grata di avere amicizie così nella mia vita.
Vivere lontano spesso ti fa sentire una monade persa nel globo e sapere di avere qualche legame rimasto, qualcuno che ti pensa e che ci tiene, aiuta a sentirsi meno soli.
Fossi rimasta qualche mese avrei cominciato di sicuro ad odiare di nuovo tutto, però due settimane sono troppo poche per odiare... quindi rimane solo l'amarezza del dover lasciare quel posto dove (per un po') ti senti nel TUO posto.
56 notes
·
View notes
Text
👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
68 notes
·
View notes
Text
Per tutti i nuovi iscritti, ripropongo qualche racconto 😉
GINEVRA
Qualche giorno fa avevo un appuntamento alle 17, davanti ad un albergo di cui non ricordo il nome.
Non ci sono mai arrivata, è saltato tutto all'ultimo momento.
Ultimamente va così:
belli, passabili, simpatici, discretamente o altamente interessanti, poco importa.
Tanto, una scusa per non incontrarli, la trovo sempre. Mercoledì però ero convinta e preparata, con il baby doll e le autoreggenti.
Mi sono eccitata nel bagno dell'ufficio a pensare al momento in cui finalmente, qualcuno che nn fosse mio marito, fosse riuscito a violare questo tempio
Non succede da tempo ormai e ho pensato che l'ingegnere , dopo anni di tentativi, avesse finalmente vinto la bambolina.
Pensando a lui mi sono accarezzata da sopra le mutandine... carezze fugaci, giusto per sentire la prominenza delle grandi labbra, aspettando che il liquido della mia fica bagnasse la stoffa
Mi piace andare in giro così umida, mi piace pensare che se ne percepisca l'odore
Fatto sta che, alle 14,30, mi arriva un messaggio che, per qualche casino sul lavoro, l'Enrico non potrà raggiungermi.
Contenta un cazzo ovviamente, ma visto che tanto a Torino ci dovevo andare ugualmente per una cena al Magorabin, sono partita con la mia valigia di porche voglie verso la bella città sabauda.
La delusione non ha spento i miei istinti, c'era nell'aria tempesta ma con ancora il caldo estivo che mi faceva sudare le cosce e irrigidire i capezzoli
Ho camminato da corso San Maurizio con il Po alla mia sinistra, verso la Gran Madre, per andare a prendere un gelato e sorridevo ogni volta che il vento apriva lo spacco del mio vestito verde, troppo leggero per contrastarne la forza
Le cosce scoperte, le autoreggenti in evidenza, gli uomini che guardavano dalle macchine mentre attraversavo la strada... Umidità, vento, sguardi liquidi e umori lungo le calze velate. Eccitata come un adolescente al primo ditalino, mi sono seduta col mio gelato su una panchina di cemento di fronte al Gran Bar di Corso Casale, vicino alla più classica delle fontanelle della città, quella con la testa di toro
Ho leccato quel gelato pensando all'ultima volta in cui avevo avidamente succhiato e portato un cazzo ad esplodermi in bocca .
Troppo tempo
Mi sono avvicinata alla fontana per togliere dal vestito una macchia di cioccolato e con noncuranza l'ho quasi alzato completamente, aspettando che i ragazzi seduti al chiosco vicino si accorgessero di me. Gomitate, risatine, chissà quante volte mi avranno chiamata puttana.
Mentre maledicevo la mancanza di un amante che mi aspettasse a cazzo duro in un posto qualunque, è arrivata la pioggia e a passo svelto sono tornata verso via Vanchiglia , dove avevo la macchina.
Mi stavo bagnando, ma non ho corso e questo mi ha permesso, lungo il tragitto, di notare un piccolo negozio di abbigliamento vintage
Mi sono fermata e un cartello invitava ad entrare liberamente per sbirciare tra gli abiti appesi
Varcando la soglia ho sentito odore di incenso e di rose e mi sono sentita subito in un ambiente caldo e famigliare
Quella che poi ho saputo essere la proprietaria, è arrivata da una porta che dava su un cortile interno.
Ho notato il suo vestito in chiffon color pesca, lungo fino ai piedi, tanto lungo da doverlo tenere alzato mentre camminava. Sembrava una tipica damigella di quei matrimoni americani che si vedono in tv. Le ho sorriso istintivamente guardandole i piccoli seni non costretti da intimo
Capelli corti come i miei ma mossi, ornati da un piccolo fiore all'altezza dell'orecchio, occhi grandi e scuri, una bocca sottile e dolce nascondeva denti bianchi e perfetti
Mi ha invitata a guardare e chiedere, se ne avessi avuto bisogno...
Ho passato le mani tra gli stendini, ma continuavo a pensare alle sue forme sotto la stoffa, al culo importante, ad una vita non troppo sottile su un corpo comunque armonioso
Mi stavo bagnando ed ero a disagio e quando mi sono girata lei mi stava fissando
"il vestito che hai in mano ti starebbe benissimo, dovresti provarlo!"
Non so se sia stata la sua capacità professionale o la voglia di spogliarmi che mi accompagnava da tutto il giorno, ma ho chiesto dove fosse il camerino e sono stata contenta di trovarlo spazioso e accogliente, con un grande specchio
Mentre mi preparavo l'ho sentita camminare nervosamente avanti e indietro,ma quando ho scostato le tende, ho trovato subito i suoi occhi. Prontamente ha iniziato a sistemarmi il colletto, mi ha toccato le spalle "lo sapevo, lo porti benissimo"
Ha aperto un bottone e poi un altro ed io sono rimasta immobile senza sapere cosa fare, mi sentivo come una bambola nelle mani di una bambina che gioca a fare la mamma
Ma tra le gambe c'era la donna che sono. L'ho sentita pulsare ed eccitarsi.
"Ecco, lascia che si veda il tuo décolleté , è perfetto"
Ha preso altri vestiti e mi ha chiesto di provarli. Il suo tono era perentorio ma dolce, un no non era contemplato ed io, come un automa, ho ubbidito.
Mentre indossavo il secondo abito ha azzardato aprendo le tende, dicendo di voler togliere ciò che non serviva più e mi ha vista in intimo, con le calze a balza larga che circondavano le mie cosce.
Sono rimasta immobile, imbarazzata, ma il suo modo di guardare e di sorridere ha sciolto le mie inibizioni
"ti aiuto se vuoi"
"si, per favore"
È entrata ed io ho sentito il suo profumo di rose, e l'inconfondibile odore dell'eccitazione
Mi ha aiutato a tirare su il vestito e mi ha sfiorato il collo con le mani, poi le spalle, la schiena
Cristo, volevo solo che mi toccasse e palpasse
Le ho sorriso guardandola dallo specchio e prendendolo come un invito mi ha girata e mi ha baciata
Un bacio dolce e bagnato che mi ha improvvisamente reso consapevole di quanta tenerezza io avessi dovuto rinunciare in passato, in nome di relazioni che spesso mi avevano lasciato sola e inerme, in balia delle più luride pulsioni.
Mi ha spinta contro lo specchio e pressando il suo corpo sul mio mi ha allargato le gambe con un ginocchio. Ero fradicia e vogliosa e lei lo sapeva
Ha fatto scivolare il vestito e si è inginocchiata davanti alle mie mutandine che piano piano ha sfilato via
Ho pensato a come fosse possibile tutto ciò...mesi a chattare su inutili siti di incontri e poi la mia ricompensa era lì, in un piccolo negozio di abiti vintage..
Ha annusato il mio pube, il mio pelo, ci ha strofinato il naso, allargato le mie grandi labbra con le dita ed è rimasta a guardarla
Ci ha giocato con la lingua mentre iniziavo a mugolare, leccava il mio clitoride, lo succhiava con avidità, infilava le dita dentro l'orifizio grondante umori biancastri e se le leccava con foga
Improvvisamente ha smesso ed è corsa via. Per un attimo smarrita mi sono seduta sullo sgabello del camerino Ho sentito chiudere a chiave la porta del negozio ed è tornata da me
"Eccomi, non puoi più scappare"
Ma chi cazzo voleva muoversi da lì!
L'ho avvicinata a me e ho appoggiato la testa sul suo ventre, ho alzato il vestito fino al suo sesso, anche lì completamente libero dall'intimo.
Che fica meravigliosa, completamente nuda ed esposta
L'ho accarezzata, ma è il suo culo che volevo, morbido ed invitante.
Le ho chiesto di girarsi, di chinarsi per me e ho affondato la faccia tra quelle natiche
Ho annusato forte e poi la mia lingua è corsa all'esplorazione di quel pertugio perfetto, che sapeva di sapone e culo
Leccavo ed infilavo la lingua sempre più in fondo, come un piccolo cazzo entravo ed uscivo mentre la sentivo ansimare, colare, sentivo il gusto di tutta la sua voglia
Ha iniziato a masturbarsi e sentivo il rumore delle ditta fradice
La volevo mia, volevo godere con lei guardandola in viso
Lho accompagnata sul tappeto, supina, le ho aperto le gambe e mi sono posizionata sulla sua fica in un incastro perfetto
Abbiamo iniziato a muoverci e a strofinare i nostri sessi, sempre più veloce
Dio, l'odore che emanava quell'erotico ballo... Sudore, fica, shampoo per capelli, trucco, culo
Ho goduto nell'attimo in cui diceva "Vengo cazzo!"
Siamo esplose insieme e la sua fica ha spruzzato sulla mia, mentre il suo corpo pareva in preda a convulsioni
Mi sono abbassata e ho raccolto con la lingua ciò potevo, gustando tutto il suo essere
Poi ho raggiunto la sua bocca e sporca di umori l'ho baciata morbidamente, mischiandomi alla sua saliva
Mi ha guardato e ha riso e ancora ansimante mi ha detto
"Ah, piacere, io sono Ginevra"
Al Magorabin non ci sono mai arrivata.
43 notes
·
View notes
Text
ho un'età che mi permette di assistere alla forma adulta di chi ho visto essere bambino e questo vuol dire che questa fase per me è passata, ma riesco a prenderne coscienza soltanto attraverso l'evoluzione di altri perché io mi sento sempre la stessa, neanche un centimetro spirituale in più. ancora più straziante è guardare invecchiare le giovani figure adulte che hanno costellato la mia infanzia o adolescenza. zia si è fatta la tinta bianca ai capelli, li ha sempre avuti scuri, soltanto dodici mesi fa era mora. in un anno li ha schiariti sempre di più fino al bianco. dice che è stanca di fare la tinta ogni mese, lascerà che i suoi bianchi naturali crescano confondendosi con il nuovo colore. e poi forse non metterà più lo smalto e neppure il trucco il sabato sera. la vecchiaia quindi è l'abbandono del superfluo? o è l'abbandono di sè stessi? la tinta è davvero così superficiale oppure è un atto di resistenza? forse non sempre, forse qualche volta. questi movimenti viscidi del tempo che striscia lungo i pilastri solidi della mia esistenza mi mettono a disagio. probabilmente perché li sento anche addosso. probabilmente perché senza accorgermene sono diventata un pilastro della mia stessa vita anche io. probabilmente perché mi sento violata, impotente, non come uno stupro, è una violenza diversa, una violenza dolce, subdola, ingannevole, inesorabile. forse sono in ritardo, forse è troppo tardi per tante cose, forse gli altri sono in anticipo, forse si sentono in ritardo anche loro. da giovane la mia bisnonna aveva sempre uno zigomo gonfio, o un occhio nero, o una frattura da qualche parte. poi suo marito è morto e lei ha iniziato a mettere il rossetto, i gioielli e il profumo. io ero bambina, molto bambina, la ricordo come una delle donne anziane più eleganti che io abbia mai visto. è morta sulla soglia dei cent'anni con le labbra rosse, non è mai stata in ritardo. credo che la resistenza si manifesti sempre di rosso. vorrei passare lo stesso colore sulle mie labbra, per firmare queste parole con un bacio stampato sul foglio, ma il tempo della carta è passato
46 notes
·
View notes
Text
Ossessivo desiderio di femmina
"Ehiiii: che c'è, Ida? Ti conosco abbastanza da sapere che è da un po’ di tempo che sei inquieta…"
"si, hai ragione Lucio. È che la cosa mi imbarazza. Certo, so che posso essere assolutamente sincera, con te. Ci mancherebbe! Sono anni che siamo colleghi e di me sai tutto, misure di scarpe e del reggiseno incluse! E tu quindi puoi aiutarmi."
"dai, scema: spara, che oggi pomeriggio qui in ufficio non abbiamo più niente da fare e abbiamo tempo e quiete fino alla chiusura. Per fortuna…"
"ecco… è che da quando mi sono separata, sono tre anni ormai, io non ho più… capisci? E non ce la faccio più…"
"be’ direi che la cosa è molto seria, accidenti. Ma io… con tutta l'umana comprensione, per carità, cosa posso fare per te?"
"questo è il punto: io non voglio più alcuna relazione. Sto bene così, grazie. Almeno per ora; quindi se sei d'accordo e mooolto ma mooolto discretamente, io e te potremmo fare… diciamo, della 'ginnastica', sempre che ti vada? Sperando che tu non abbia troppi scrupoli morali nei confronti di tua moglie… una cosa leggera. Così: con dedizione ma senza coinvolgimento emotivo. Solo ogni tanto… anche visto che lei è all'ottavo mese e quindi la lasciamo in pace, poverina… ecco perché mi sono permessa, perché m'è venuto in testa…"
"devo dire che mi lasci basito: sarebbe uno sconvolgimento della mia vita totalmente inaspettato per me, questo… non è che non avrebbe impatto…"
"vabbe’ lasciamo stare, scusami. Non avrei dovuto. Ho proprio passato la linea, con te! Perdonami, ma almeno mi sono sfogata. Ecco: adesso divento rossa… Puoi dimenticare, per favore?"
"nooo: che dici! Sono d'accordo: si fa. E poi… il ferro va battuto finché è caldo, no? Telefono a casa per dire che farò un po’ tardi, stasera. Aaah.. ecco che vedo tornare il sorriso sul tuo bellissimo volto, finalmente! Confidenza per confidenza: stai tranquilla. Assolutamente. Perché io per te ho un debole. Ti… d-e-s-i-d-e-r-o da morire! Da sempre sei la mia maggior fonte di distrazione, qui al lavoro. Ti adoro letteralmente. E adesso che sei arrossita ti voglio ancora di più. Mi sto già legando a te, che tu lo voglia o no. Altro che senza coinvolgimento.”
"si, anch'io - detto con estrema franchezza - ti trovo profondamente maschio e molto attraente. Ti ringrazio della confidenza intima: è molto gradita. Sai, solo al pensiero di dovermi impegnare in un nuovo, faticoso rapporto con qualcuno… invece tu mi conosci, con te sono a mio agio. E sei un bel manzo giovane. Mi fido di te ciecamente per tutto, ma lo sai no? Anzi, già che ci siamo, ti confesso che c'è un'altra piccola cosa…"
"mi vuoi far impazzire, oggi? Già avrei bisogno di una doccia fredda… ma dimmi…"
"ecco: con mio marito non l'ho mai fatto. Mi vergognavo! Ma c'è una cosa che proprio…"
"dai: parla. Sai che puoi dirmi e chiedermi tutto, no? Sii sincera, sciolta e apriti fino in fondo…"
"allora: io vorrei tanto prenderlo in bocca, sentire i gemiti dell'uomo e l'urgenza maschile di venirmi dentro che lo spinge ad affondare nella mia gola. Vorrei sentire che mi prendi per la nuca, così che io non scappi e bramo sentirmi tua schiava dentro. Da te sottomessa con forza, fino a che non sarai soddisfatto! Desidero ingoiare il tuo seme, sentirti pulsare e percepirti fremere per me, godere. Ti lavorerei l'asta con giochi di lingua sapienti, mentre mantengo il contatto visivo. Così capiresti che ti sto adorando… Ho provato con degli ortaggi, ma non è la stessa cosa! Ecco: l'ho detto. È proprio una cosa che desidero fortemente. Con mio marito mi sono sempre vergognata di prendere l'iniziativa, non volevo che pensasse che sono una poco di buono, una porca. E poi lui non me l'ha mai chiesto. Idiota! Ma comunque questo è da sempre un mio grandissimo desiderio…"
"basta: adesso mi stai proprio facendo morire dalla voglia di averti. Tranquilla che oggi potrai fare con me tutto ciò che vuoi, giuro. Anzi, ti dico solo due parole, per prepararti psicologicamente: lato B!"
"oddio che bello! Ma… mi farai molto male? Comunque… si, confesso che anche questa è una cosa che desidero da tempo. Voglio assolutamente anche che tu mi rompa il culo. Si: mi dovrà far male. Sai: devo fare con te tutto quello che non ho mai fatto prima. Proprio come una squillo di lusso, che ne prende magari solo uno o due al giorno. Ma che lavora come si deve, con impegno e ogni sua sessione dura a lungo. Ok, allora: tra mezz'ora stacchiamo. Usciamo separati. Non voglio pettegolezzi. Ci vediamo a casa mia, tra un'oretta. Dammi il tempo di preparare l'atmosfera e me stessa: devo farmi stupenda solo per te. Non vedo l'ora di averti dentro. Intanto, adesso in silenzio e rapido, per favore vieni qui: ti concedo l'anticipo di un bacio… Dai: non farti pregare, figo della Madonna…"
RDA
27 notes
·
View notes
Text
La vita, proprio la vita
e io ho aspettato
Ha piovuto tutta la sera, tutta la notte e io ho aspettato ma tu non sei arrivata, e se qualcuno è arrivato certo non eri tu sono uscito in strada o sul balcone, non ricordo, e la pioggia scendeva, senza tregua, tutta la sera, tutta la notte, a meno che non siano state le stelle ad arrivare il cielo, l’eterno, il tempo dal principio, che è arrivato e mi è passato attraverso, così che la pioggia, se è piovuto, è arrivata e tu no, e io non ho mai detto a nessuno quanto è stato doloroso aspettare, quanti dischi ho suonato e tutte le canzoni parlavano di te, anche quelle che non parlavano affatto di te, anche il cielo parlava di te e il tempo, l’eterno, la pioggia, o se non di te della tua assenza, perché non sei arrivata e quella notte ho compreso il vero significato di buco nero, non solitudine, non dolore, non tragedia, non sole morto, ma qualcosa del genere, perché un buco nero è quando non arrivi quando decidi di vivere senza di me
no, non l’ho mai detto a nessuno, con quale dolore ho atteso, quanto è stata lunga la notte, che ogni minuto mi entrava dentro come un coltello smussato
e si piantava lì, che la notte mi si era avvolta intorno al collo come filo spinato, poi è arrivato il giorno e ha stretto più forte
Identico è il cielo, identico è il tempo e l’eterno è eterno, credo che sia una sequoia, ma forse non hai mai dovuto aspettare qualcuno che non è arrivato a meno che invece l’abbia provato e questo sia il motivo per tutti i buchi neri del cosmo, trecentomila all’ultimo conteggio
ecco quante volte non sei arrivata
Ricordo che non volevo sopravvivere alla notte, nemmeno vedere un nuovo mattino sorgere senza di te, avevo vent’anni e qualcosa e volevo morire
Come puoi continuare a battere chiedevo al cuore, nella tenebre del sangue
troppo giovane per sospettare che il cuore è il più vecchio muscolo del mondo, è un trattore ostinato, un pulsar costante
ma per molti mesi, molti, molti lunghi mesi, sei stata tu il mio inizio e la mia fine, chiudevo gli occhi e vedevo solo te che quella notte non sei arrivata, non hai risposto quando ho telefonato, e due giorni dopo ecco una lettera, scritta con una penna nera, diciamo una lettera da parte dell’amore, con l’inchiostro di un buco nero
Trent’anni più tardi salgo su un autobus ed eccoti lì, seduta davanti con in braccio un nipotino di tre anni, forse quattro, sei seduta con lui come a chiedere scusa per non essere arrivata quella notte di dicembre di tanto tempo fa quando la pioggia o le stelle sferzavano i vetri in Karlagata, mi si piantavano in fronte e l’eterno si era tramutato nella tua assenza e pensavo di morire
Ma se ti ricordi, il cuore è un trattore ostinato per questo posso prendere quell’autobus trent’anni dopo, vivo, con la barba, qualche cicatrice lasciata dalla vita, e tu sei lì e la vita, proprio la vita sta in mezzo tra me e te
27 notes
·
View notes
Text
Molti dei Millennial sono cresciuti sotto l’effetto di strategie fallimentari di educazione famigliare.
Per esempio, è sempre stato detto loro che erano speciali, che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita solo perché lo volevano.
Quindi qualcuno ha avuto un posto nella squadra dei pulcini non perché fosse un talento, ma solo perché i genitori hanno insistito con l’allenatore.
Oppure sono entrati in classi avanzate non perché se lo meritassero ma perché i genitori si erano lamentati con la scuola, per non parlare di coloro che hanno passato gli esami non perché se lo meritassero ma perché gli insegnanti erano stanchi di avere rogne dai genitori.
Ad alcuni hanno dato medaglie di partecipazione per essere arrivati ultimi, una bella medaglia affinché nessuno si dispiaccia.
La scienza comportamentale non ha dubbi: è una svalutazione della medaglia e dei riconoscimenti di chi lavora duramente per ottenere un buon risultato, inoltre fa sentire anche in imbarazzo chi arriva ultimo perché, se ha un minimo di dignità, sa che non se l’è davvero meritata quella medaglia.
Così queste persone sono cresciute con l’illusione che, anche senza sforzarsi troppo, è possibile farcela in qualunque settore.
Allora finiscono l’università, magari a pieni voti e pretendono immediatamente che un tappeto rosso si srotoli sotto i loro piedi, invece sono gettati nel mondo reale e in un istante scoprono che non sono per niente speciali voto o non voto, che i genitori non gli possono fare avere un buon posto di lavoro e figuriamoci una promozione, che se arrivi ultimo non ti danno niente, anzi rischi il licenziamento e, guarda un po’, non ottieni qualcosa solo perché semplicemente lo vuoi.
Non voglio fare ironia, credetemi, né tanto meno sorridere, la faccenda è davvero delicata poiché quando questa persona prende coscienza reale dalla situazione in cui si trova è un momento cruciale perché in un attimo, nell’istante preciso in cui concepisce la verità, l’idea che ha di se stessa va letteralmente in frantumi.
È questo anche il momento in cui si attacca alla sua fonte primaria di dopamina: i social network.
Ciò ci porta ad un altro problema : la tecnologia.
I Millennial sono cresciuti in un mondo fatto di Tik Tok, di Instagram ed altri social, dove siamo bravi a mettere filtri alle cose.
In cui siamo un po’ tutti fuoriclasse a mostrare alla gente che la nostra vita è magnifica: tutti in viaggio ad Ibiza, tutti al ristorante stellato, tutti felici e pimpanti anche se invece siamo tristi e depressi.
Ho letto un’interessante ricerca scientifica, che in sintesi dice che ogni qual volta che riceviamo una notifica sullo smartphone, un messaggio o quant’altro, nel nostro cervello viene rilasciata una bella scarica di dopamina (una sostanza che dà piacere).
Ecco perché quando riceviamo un messaggio è una bella sensazione oppure se da qualche ora non si illumina il cellulare, alcuna notifica, né un messaggio, iniziamo a vedere se per caso non è accaduto qualcosa di catastrofico.
Allo stesso modo andiamo tutti in stress se sentiamo il suono di una notifica e passano più di tre minuti senza che riusciamo a vedere di cosa si tratta.
È successo a tutti, ti senti un po’ giù, un po’ solo, e allora mandi messaggi a gente che forse nemmeno sapevi di avere in rubrica.
Perché è una bella sensazione quando ti rispondono, vero?
È per questo che amiamo così tanto i like, i fan, i follower.
Ho conosciuto un ragazzo che aveva sui 15 anni che mi spiegava quanto tra loro si discriminassero le persone in base ai follower su Instagram!
Così se il tuo Instagram cresce poco vai nel panico e ti chiedi: “Cosa è successo, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Non piaccio più?”
Pensa che trauma per questi ragazzi quando qualcuno gli toglie l’amicizia o smette di seguirli!
La verità, e questa cosa riguarda tutti noi, è che quando arriva un messaggio/notifica riceviamo una bella botta di dopamina.
Ecco perché, come dicono le statistiche, ognuno di noi consulta più di 200 volte al giorno il proprio cellulare.
La dopamina è la stessa identica sostanza che ci fa stare bene e crea dipendenza quando si fuma, quando si beve o quando si scommette.
Il paradosso è che abbiamo veri limiti di età per fumare, per scommettere e per bere alcolici, ma niente limiti di età per i cellulari che regaliamo a ragazzini di pochi anni di età (già a 7 o 8 anni se non a meno).
È come aprire lo scaffale dei liquori e dire ai nostri figli adolescenti: “Ehi, se ti senti giù per questo tuo essere adolescente, fatti un bel sorso di vodka!
In sostanza, se ci pensate, è proprio questo che succede: un’intera generazione che ha accesso, durante un periodo di alto stress come l’adolescenza, ad un intorpidimento che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso i cellulari.
I cellulari, da cosa utile, diventano facilmente, con i social network, una vera e propria dipendenza, così forte che non riguarda solo i Millennials ma ormai tutti noi.
Quando si è molto giovani l’unica approvazione che serve è quella dei genitori, ma durante l’adolescenza passiamo ad aver bisogno dell’approvazione dei nostri pari.
Molto frustrante per i nostri genitori, molto importante per noi, perché ci permette di acculturarci fuori dal circolo famigliare e in un contesto più ampio.
È un periodo molto stressante e ansioso e dovremmo imparare a fidarci dei nostri amici.
È proprio in questo delicato periodo che alcuni scoprono l’alcol o il fumo o peggio le droghe, e sono queste botte di dopamina che li aiutano ad affrontare lo stress e l’ansia dell’adolescenza.
Purtroppo questo crea un condizionamento nel loro cervello e per il resto della loro vita quando saranno sottoposti a stress, non si rivolgeranno ad una persona, ma alla bottiglia, alla sigaretta o peggio, alle droghe.
Ciò che sta succedendo è che lasciando ai ragazzi, anche più piccoli, accesso incontrollato a smartphone e social network, spacciatori tecnologici di dopamina, il loro cervello rimane condizionato, ed invecchiando troppi di essi non sanno come creare relazioni profonde e significative.
In diverse interviste questi ragazzi hanno apertamente dichiarato che molte delle loro amicizie sono solo superficiali, ammettendo di non fidarsi abbastanza dei loro amici.
Ci si divertono, ma sanno che i loro amici spariranno se arriva qualcosa di meglio.
Per questo non ci sono vere e proprie relazioni profonde poiché queste persone non allenano le capacità necessarie, e ancora peggio, non hanno i meccanismi di difesa dallo stress.
Questo è il problema più grave perché quando nelle loro vite sono sottoposti a stress non si rivolgono a delle persone ma ad un dispositivo.
Ora, attenzione, non voglio minimamente demonizzare né gli smartphone né tantomeno i social network, che ritengo essere una grande opportunità, ma queste cose vanno bilanciate.
D’altro canto un bicchiere di vino non fa male a nessuno, troppo alcol invece sì.
Anche scommettere è divertente, ma scommettere troppo è pericoloso.
Allo stesso modo non c’è niente di male nei social media e nei cellulari, il problema è sempre nello squilibrio.
Cosa vuol dire squilibrio?
Ecco un esempio: se sei a cena con i tuoi amici e stai inviando messaggi a qualcuno, stai controllando le notifiche Instagram, hai un problema, questo è un palese sintomo di una dipendenza, e come tutte le dipendenze col tempo può farti male peggiorare la tua vita.
Il problema è che lotti contro l’impazienza di sapere se là fuori è successo qualcosa e questa cosa ci porta inevitabilmente ad un altro problema.
Siamo cresciuti in un mondo di gratificazioni istantanee.
Vuoi comprare qualcosa?
Vai su Amazon e il giorno dopo arriva.
Vuoi vedere un film?
Ti logghi e lo guardi, non devi aspettare la sera o un giorno preciso.
Tutto ciò che vuoi lo puoi avere subito, ma di certo non puoi avere subito cose come le gratificazioni sul lavoro o la stabilità di una relazione, per queste non c’è una bella App, anche se alcune delle più gettonate te lo fanno pensare!
Sono invece processi lenti, a volte oscuri ed incasinati.
Anche io ho spesso a che fare con questi coetanei idealisti, volenterosi ed intelligenti, magari da poco laureati, sono al lavoro, mi avvicino e chiedo:
“Come va?”
e loro: “Credo che mi licenzierò!”
ed io: “E perché mai?”
e loro: “Non sto lasciando un segno…”
ed io: “Ma sei qui da soli otto mesi!”
È come se fossero ai piedi di una montagna, concentrati così tanto sulla cima da non vedere la montagna stessa!
Quello che questa generazione deve imparare è la pazienza, che le cose che sono davvero importanti come l’amore, la gratificazione sul lavoro, la felicità, le relazioni, la sicurezza in se stessi, per tutte queste cose ci vuole tempo, il percorso completo è arduo e lungo.
Qualche volta devi imparare a chiedere aiuto per poi imparare quelle abilità fondamentali affinché tu possa farcela, altrimenti inevitabilmente cadrai dalla montagna.
Per questo sempre più ragazzi lasciano la scuola o la abbandonano per depressione, oppure, come vedo spesso accadere, si accontenteranno di una mediocre sufficienza.
Come va il tuo lavoro? Abbastanza bene…
Come va con la ragazza? Abbastanza bene.
Ad aggravare tutto questo ci si mette anche l’ambiente, di cui tutti noi ne facciamo parte.
Prendiamo questo gruppo di giovani ragazzi i cui genitori, la tecnologia e l’impazienza li hanno illusi che la vita fosse banalmente semplice e di conseguenza gliel’hanno resa inutilmente difficile!
Prendiamoli e mettiamoli in un ambiente di lavoro nel quale si dà più importanza ai numeri che alle persone, alle performance invece che alle relazioni interpersonali.
Ambienti aziendali che non aiutano questi ragazzi a sviluppare e migliorare la fiducia in se stessi e la capacità di cooperazione, che non li aiuta a superare le sfide.
Un ambiente che non li aiuta neanche a superare il bisogno di gratificazione immediata poiché, spesso, sono proprio i datori di lavoro a volere risultati immediati da chi ha appena iniziato.
Nessuno insegna loro la gioia per la soddisfazione che ottieni quando lavori duramente e non per un mese o due, ma per un lungo periodo di tempo per raggiungere il tuo obiettivo.
Questi ragazzi hanno avuto sfortuna ad avere genitori troppo accondiscendenti, la sfortuna di non capire che c’è il tempo della semina e poi quello del raccolto.
Ragazzi che sono cresciuti con l’aberrazione delle gratificazioni immediate, e quando vanno all’università e si laureano continuano a pensare che tutto gli sia loro dovuto solo perché si sono laureati a pieni voti.
Cosicché quando entrano nel mondo del lavoro dopo poco dobbiamo raccoglierne i cocci.
In tutta questa storia, sono convinto che tutti abbiamo una colpa, ma che soprattutto tutti noi possiamo fare qualcosa di più impegnandoci a capire come aiutare queste persone a costruire oggi la loro sicurezza e le loro abilità sociali, la cui mancanza rende la vita di questi giovani inutilmente infelice e inutilmente complicata.
339 notes
·
View notes
Text
LA LETTERA DEL TRADIMENTO
Mi è difficile scrivere questo post, a dirla tutta non so neanche perché rendo pubblico questo mio sentimento, cosi grave e profondo che sto provando.
Forse una sorta di liberazione personale, di qualcosa che ho dentro e che fa tanto male. Un qualcosa che farà sicuramente sorridere con perfidia alcune persone che mi sono consanguinee. Se mi leggeranno, dai loro profili blindati e privatissimi.
Oggi sono passato da mia madre, semplicemente per scrivere la lista della spesa da farle domani. Quella settimanale del sabato a cui lei ci tiene tanto ancora. Oltre a sistemarle le medicine nei porta pillole.
Il taccuino su cui scrivevo, per poi strappare il foglio e mettermelo in tasca, è finito. Cerco nello scrittoio e trovo un quadernetto di quelli tascabili. Si la lista della spesa l'ho scritta, ma tra quello che mi sono messo in tasca con un cura, c'era anche una paginetta scritta. Tempo fa.
"Settembre 2015", così inizia la paginetta. La calligrafia è quella di mia madre, non ci si può sbagliare. Il tratto della penna più fluido e deciso, non tremante e pieno di pause come quando scrive oggi.
Sono passati nove anni da quella confessione scritta su quella paginetta. Uno sfogo che mia madre ha scritto, nello sconforto e nell'incredulità più totale. Un dolore, il suo, che penso sia riuscito a sconfiggere la sua resistenza mentale un anno fa. Facendola precipitare in un declino cerebrale senza ritorno.
Ho letto poche righe per capire il contenuto, l'ho messo in tasca e poi con calma me lo sono letto a casa. Il tradimento.
L'essere traditi porta a una condizione interiore di crollo delle tue certezze, un punto fermo e d'appoggio che viene a mancare. All'improvviso. La certezza dell'incertezza, comprendere che chiunque faccia parte della tua vita può farti volutamente del male.
Questo sentimento diventa devastante quando a tradirti, a pugnalarti alle spalle, è un figlio. Un essere umano che hai voluto, accudito e protetto. Ma che al momento di diventare un uomo ti violenta il cuore, depreda di tutto materialmente e sentimentalmente. Lasciandoti solo e completamente privo di ogni certezza, con la consapevolezza di quanto spietato possa diventare un essere umano.
Le sue parole lette tutte d'un fiato con il cuore in gola mi hanno lasciato una devastazione interiore, alzando lo sguardo dal foglio ho guardato i miei figli. Ho provato a immaginare se uno di loro, in futuro, si comportasse come mio fratello ha fatto con mia madre. E ancor prima con me.
Chi conosce la mia famiglia sa. Alcuni nonostante sentenze e giudizi definitivi ha scelto di seguirlo, di appoggiarlo, altri di trovare soddisfazione personale per quanto successo. Attestati di solidarietà, di conforto mai pervenuti. Un senso di pietà per le loro anime aride lo provo comunque, anche se da anni ho cercato di alzare muri a protezione. Per non sentire, per non vedere.
Faccio del mio meglio per far ricredere mia madre sul fatto che un figlio sa anche essere parte e sostegno, della vita di un genitore, fino alla fine. Lo farò anche quando la sua ragione, oramai compromessa, non ricorderà più neanche chi sarò io.
Oggi era felice che gli facessi la spesa, oggi aveva tanta voglia di dettarmi la lista della spesa, contenta di essersi ricordata tutto. Senza dovermi dire "c'era ancora qualcosa ma non me lo ricordo".
Se devi dimenticare qualcosa, madre, dimentica il dolore che ti ha provocato. Dimentica lui e continua serena con me.
26 notes
·
View notes
Text
Ho perso l’abitudine dello sviscerare quello che sento, quello che vedo, con le parole. Avere dalla mia parte le immagini è un aiuto, ci danzo attorno con qualche lettera in fila per farne una cornice, per guidare lo sguardo, ma nulla di più. Solo che poi finisco per sentire troppo e sento la necessità di decomprimere.
E’ un mondo fatto per due, e questo mi fa paura. Ho imparato così bene a stare da sola da non capire davvero ciò che voglio, sento la necessità di carezze balsamiche fatte col dorso di una mano, di baci dati con la punta delle dita, e mi chiedo: è ciò che voglio o ciò che sento di dover desiderare? Sono così bloccata dall’ansia o semplicemente, in realtà, non è quello che bramo? In questa vita da grandi, le settimane passano svelte svelte, un po’ come quando giro le pagine dell’agenda. Contare i giorni che mancano a qualcosa, tranquillizzarmi sapendo di averne a sufficienza, è una strategia che ho fatto mia quando ancora non sapevo dare un nome alle cose. Ora le cose arrivano semplicemente, e se conto quei giorni non bastano mai, mi sembra di non avere il potere di fermare nulla. Il primo di giugno mi sembra passato da due giorni appena. Continuo a pensare che l’idea di te che mi sono dipinta nella testa sia l’unica opzione di vita felice possibile, l’unico amore (non necessariamente romantico, anche se ho la tendenza a romanticizzare tutto) che potrebbe incastrarsi con me. Ma le idee restano idee e il tempo continua scorrere troppo veloce. Chissà se ci pensi mai, a come sarebbe stato, se.
41 notes
·
View notes
Text
- Non ti ho vista per un po’, dove sei stata?
- In disparte, per conto mio.
- A fare?
- Calcoli. A contare tutte le cose che la vita non mi ha dato, quelle che ha finto di darmi, quelle che mi ha dato per poco, spacciandole per ciò che desideravo in quel momento, e poi rivelandole per le cianfrusaglie e presenze inconsistenti quali erano.
A contare quanto tempo é passato, quanto ne resta.
A guardare il Cielo di questo autunno pieno di enigmi,
a muovergli accuse, ringraziamenti, domande,
a strappargli promesse, a fissarlo in silenzio e versare qualche lacrima.
O un sorriso. O una speranza.
- Sembra una cosa molto molto triste. E come stai, adesso?
- Consapevole.
- Consapevole non é uno stato d’animo. Sembra davvero una cosa triste. Vuol dire triste?
- Vuol dire consapevole.
La tristezza é come la felicità, o come la vita stessa.
A un certo punto, passa. Arriva altro.
La consapevolezza, invece, resta. Se la eserciti, resta sempre.
Gabriela Pannia
75 notes
·
View notes
Text
Ogni volta che spiego il mio stato d'animo ai miei genitori anziché essere comprensivi mi rimproverano perché mi lamento sempre, ne ho sempre una che non va e quindi lasciandomi con la costante sensazione di essere una persona problematica e pessima.
In questo momento l'unica cosa che mi viene in mente è di farla finita.
È così da una vita!
Non basta "cambiare i pensieri" perché molto spesso si è stanchi di credere a determinate cose perché ne ho sopportate tante. E può succedere di non avere più speranze, di sentirsi una nullità ma per loro è inconcepibile provare questo tipo di emozioni perché è sintomo di qualcosa che non va e che mi lamento sempre.
Ho avuto tante difficoltà in passato e ho sempre dovuto sopportare questo atteggiamento come se io pretendessi troppo. E ho affrontato tutto sola alla fine..
Ma quali sono le cose che pretendo? Forse che alla mia età vorrei solo avere una famiglia tutta mia? Che vorrei essere molto più avanti rispetto a dove sono al momento? Che troppo spesso le cose sono sempre andate al contrario e continuano a farlo per circostanze che non posso controllare?
Sono arrabbiata, stanca, amareggiata. Non ho più le forze di sperare ancora. Ero una sognatrice ma adesso anche quella piccola parte di me si è spenta.
Ma no. Come al solito l'empatia non esiste, se non la pensi come loro e hai crisi ti puntano il dito e ti fanno sentire una merda. Però gli altri eccome se li ascoltano, eccome se gli stanno vicino.
Con me c'è sempre il giudizio. Da sempre. Sono cresciuta con una vocina che mi fa sentire una persona da niente, quasi da ricovero dopo che ho una discussione con loro.
È per questo che le persone quando parlano con me cerco sempre di non giudicarle, so cosa significa non essere compresi. Io mi metto sempre nei panni degli altri perché sicuramente c'è un motivo perché qualcuno si sente in un certo modo. Se si sfogano hanno bisogno di aiuto, la gente lancia grida di aiuto perché in fondo vuole solo essere tirato fuori da quel dolore ma non ce la fa! Puntare il dito non aiuta, non sapete mai quanto possa uccidere o salvare una sola parola. Mai!
Però ne ho bisogno anche io. Vorrei vivere in un mondo di empatici ma è impossibile. Vorrei incontrare me stessa in qualcun altro. Siamo esseri umani, non tutti siamo forti ma c'è chi è più fragile e sensibile e non va escluso. Non mi fido di chi si mostra sempre perfetto, sono stanca della puzza di perfezione!
20 notes
·
View notes