#gente che non sa argomentare
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sono-solo-un-riflesso · 1 year ago
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Perché devo sempre conoscere gente di merda?
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ambrenoir · 6 months ago
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Sono stordito dal niente che mi circonda! Vi siete mai chiesti perché oggi la maggior parte degli articoli e dei libri sono scritti come se noi lettori avessimo cinque anni? E no, non è un caso!
Tempo fa una mia amica mi ha consigliato di leggere un libro. «È un libro bellissimo, vedrai, ne parlano tutti!» Io in genere diffido sempre dei «libri di cui tutti parlano», ma mi lasciai convincere. Presi questo libro, lessi le prima pagina e provai… un senso di sbalordimento. Perché sembrava scritto da un bambino di quinta elementare. Vedete, oggi una frase che contiene un avverbio e qualche aggettivo è considerata troppo difficile per i lettori!
Sì, perché vi è quest'idea che il lettore comune sia un ebete! Ma l'importante è che i concetti siano facilmente comprensibili, obietterà qualcuno! Sbagliato! Lo stile «paratattico», fatto di frasi brevi e legate tra loro dalla congiunzione «e», serve per raccontare dei fatti. È rapido, immediato, ma spezzetta il pensiero, lo comprime. Lo stile ipotattico invece, fatto di frasi lunghe e di subordinate, serve per argomentare una tesi, per riflettere, pensare. Ti permette di associare le idee, di stabilire una gerarchia tra le frasi e di metterle in relazione.
E no, non è un caso che si tenda ad usarlo sempre meno! La nostra è una società che vuole «fatti» ma non riflessioni, notizie e gossip ma non approfondimenti! Sappiamo troppo e troppo poco perché non siamo più in grado di mettere in relazione le cose. La gente non sa più pensare. Non sa più costruire un discorso. Tempo fa scrissi: «il pensiero viene continuamente snobbato in una società che ha fatto dell'ignoranza un vanto, che si eccita e va in visibilio davanti alle affermazioni di Chiara Ferragni.» In tanti mi accusarono di essere piena di pregiudizi, perché la Ferragni non era certamente una donna ignorante!
Già, peccato che il soggetto della frase fosse la «società» e non «Chiara Ferragni». In troppi ormai non sanno neanche più riconoscere il soggetto di una frase! E forse, dico forse è il caso di tornare a dare respiro ai nostri pensieri. Ma in ogni caso prima di lavorare sull’intelligenza artificiale, perché non facciamo qualcosa per la stupidità naturale?
Guendalina Middei
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classylandpeace · 1 year ago
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La famiglia ideale.
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I bambini devono nascere soltanto in famiglie funzionali, cioè da persone non adultescenti, non tradizionaliste, non religiose, ma mature: in grado di offrire al nascituro le attenzioni necessarie alla sua persona e non ad altro - come le apparenze e il cosa dirà la gente.
Il poter procreare non è direttamente correlato anche al saper essere un buon tutore/genitore: è l'adulto funzionale a fare la differenza nella crescita sana, equilibrata di un minore - e non importa chi se ne prenda cura, ma il come ci si prenda cura di un minore.
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Il termine corretto per indicare la procreazione assistita nella quale una donna porti avanti una gravidanza per conto di un'altra coppia o single (di aspiranti genitori del nascituro) non è utero in affitto ma o maternità surrogata o gestazione per altri.
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Gli unici reati che potrebbero esistere in una gpa sono:
- la donna è povera, e si presta alla maternità surrogata perché non ha alternative di reddito
- la/le persone a cui viene offerto il diritto di diventare genitori del nascituro non sono adeguate, cioè disfunzionali.
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ANALFABETISMO FUNZIONALE (Il caso di Hoara Borselli).
Il termine sensazionalistico comprare collegato a figli viene usato, in questo contesto specifico, esclusivamente con l'idea di suscitare scalpore nel lettore; Borselli, infatti, non fornisce a tale sua opinione in merito alla maternità surrogata alcun tipo di argomentazione (insieme ordinato di proposizioni logiche, secondo cognizione di causa, proposte da chi conosca a fondo la materia) in supporto al suo mero pregiudizio.
Il tweet ignorante di Hoara Borselli sulla maternità surrogata lo si può quindi considerare quello che in gergo viene chiamato giornalismo spazzatura, ovvero una forma di comunicazione distorta, presente da molto tempo nei media e oggi anche sui social, elaborata ad arte solo per vendere copie d'una testata, e non per offrire corretta informazione.
Solo un analfabeta funzionale potrebbe prestarsi a questo tipo di spazzatura, così quanto approvarla.
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L'analfabeta funzionale sa leggere, sa scrivere, ma non sa pensare; di conseguenza non sa argomentare, e se legge qualcosa, non capisce il testo, il sottotesto e vede, "comprende" cose che non esistono ovunque.
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Le parole sono importanti (sia quando si scrive, che quando si parla), perché esse devono rispecchiare, nel caso di un giornalista che faccia cronaca, la realtà che analizza; quello che ha fatto @HoaraBorselli col suo tweet analfabeta non ha nulla a che vedere col giornalismo.
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shadowydreamermagazine · 2 years ago
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Non costa nulla dire ad una persona "guarda che non è vero"; se lavori nel campo della Scienza, argomentare è il tuo pane quotidiano; pure divulgare, se ne sei capace.
Le informazioni ci sono, ma non accessibili a tutti; c'è uno strato enorme della popolazione italiana che non legge manco un libro all'anno. Viviamo in un Paese dove ancora la religione (l'irrazionalità ) è considerata cultura ed educazione. Il problema NON si affronta punendo.
Siamo sommersi di fake news, religiose o meno, da ogni sponda e la comunità scientifica se ne disinteressa, rendendosi complice di quanto sta accadendo.
Guerre da bar sui social; inquinamento della rete fatto di inutili scontri fra psuedomedici e pseudoscienziati, che non fanno divulgazione scientifica, cioè quello che conta.
La sfiducia nella scienza, riapparsa durante il periodo Covid, nasce anche da comportamenti reazionari di medici, ricercatori e virologi, sui social, nei media; nonché da chi li segue e difende impropriamente, attaccando e non divulgando.
È la religione, chi difende dogmi indimostrabili, a minacciare chi la mette in discussione, non la Scienza, che si occupa di trovare soluzioni e fare divulgazione, non bullismo, non anatemi sui social.
Chi conta davvero in Scienza sono tutti quei Ricercatori, che lavorano duro nei laboratori e hanno in mente solo di trovare Soluzioni, non di divagare sui social, a straparlare, a fare invettive, a minacciare utenti, perdendo tempo invece di fare Ricerca per aiutare malati.
Il metodo scientifico è ciò che caratterizza un uomo di Ragione: il saper dominare con la logica (non con l'amor proprio) le questioni semplici quanto quelle complesse, trovando Soluzioni ad un problema. Soluzioni: non stupide vendette, che odorano solo di lesa maestà.
La fede si costruisce su un gioco-forza di violenza psicologica e minacce; l'attendibilità scientifica, solo su prove ed evidenze. Chi si occupa di Scienza lo sa; in troppi mostrano però di non aver capito ancora la differenza fra religione e Scienza.
Non è reato mentire: ogni giorno lo fa un prete, un papa, un vescovo, un insegnante di religione, e ci guadagnano pure soldi a palate, tali truffatori, prendendo pure soldi dal welfare italiano. E finché esiste questo, le querele non valgono nulla.
Chiese aperte durante il picco più alto di Covid, grazie all'avvallo della comunità scientifica, che misero in pericolo la salute di persone fragili; mutismo assoluto quando la politica di destra e la chiesa si scagliano contro donne e gay e figli dei gay. Questa NON è scienza.
Porgere il fianco alla religione, pure in un momento di pandemia quando LA GENTE MUORE, al posto di scontrarsi con essa per difendere i fragili, ha un prezzo. Si chiama: non sei uno scienziato, non sei un medico, non sei un virologo, ed io ho il DIRITTO di dubitare di te.
Se durante una pandemia, tutti i locali superflui o considerati tali (come i teatri) vengono chiusi, ma le chiese no e i virologi a riguardo non battono ciglio, perché 'per fede' è possibile sfidare il virus, anche quando sei anziano fragile, come si chiama questo? Medicina? No.
Quando la chiesa cattolica e i cattolici fanno apologia contro i diversi, portando qualcuno anche al suicidio, come è da poco accaduto a Cloe Bianco, alla scienza italiana non interessa; la stessa scienza che teneva le chiese aperte durante la pandemia Covid, ma chiudeva il resto.
Il fatto che i virologi abbiano mostrato atteggiamento NON scientifico, appoggiando la chiesa nella sua richiesta di tenere aperto durante il Covid, mettendo a rischio anziani (i più fragili), ci dice che siamo molto lontani ancora da una Scienza Indipendente, AUTOREVOLE.
Con quel "i miei avvocati" verso comuni cittadini, da uomini che lavorano in campo scientifico, dimostra che per quanto una persona possa studiare, farsi una cultura, se non matura una Coscienza, non matura Etica, rimane il rozzo elemento gretto di partenza.
I religiosi si muovono incutendo paura per essere rispettati; se si è davvero uomini di scienza si deve dimostrarlo anche comportandosi come tali: è un ruolo che chiede atteggiamenti Etici, non morali; di essere mossi dal bene superiore che è la salute degli altri, non l'ingaggiare guerriglie sui social.
Con uno sproloquio su "i miei avvocati" contro una comune persona, si rafforza soltanto la bias cognitiva di chi percepisca gli scienziati brutti e cattivi; è un enorme piacere che si fa verso religiosi, speculatori, truffatori che vogliono che questa immagine si consolidi.
Chi fa dietrologia, quale comune cittadino, poggia il suo operato irrazionale sulla bias cognitiva di ritenere tutti incapaci e menzonieri medici e scienziati: non gli va rafforzata, ma spenta, con un comportamento impeccabile; deve esserci Etica da chi ha un Ruolo che gli impone di attuarla.
Facile prendersela con una persona debole con "i miei avvocati"; più difficile scontrarsi con una testata giornalistica strutturata o contro una istituzione millenaria che fa disinformazione, che può avere più risorse di te coi 'miei avvocati' Ma è lì che si vede CHI SEI DAVVERO.
Puoi scrivere tutte le norme che vuoi per difendere qualcuno dalle fake news, dalla diffamazione, ma se da una parte, per motivi religiosi, ammetti che si può mentire, diffamare, molestare, quelle norme NON valgono nulla. E un buon avvocato LO SA, chi ha Cultura, lo sa.
Si vuole muovere una guerra, al posto di fare Ricerca, al posto di pensare ai malati? La si muove alla radice del problema: non si cade nella facile trappola di minacciare un comune cittadino, perché NON ci si vuole scontrare coi diretti responsabili della disinformazione.
La comunità scientifica italiana, quando il governo e la chiesa cattolica fanno apologia contro omosessuali, donne, 'diversi', se ne sta nel suo cantuccio, muta; ma si scomoda assai quando la sua autorità viene messa in discussione sui social da 4 utenti con 100 account a testa.
La Scienza e la Ragione si difendono con le prove, con i dati, col quotidiano impegno verso le persone, non contro esse o litigando tramite avvocati; lo scopo di un medico, di un ricercatore è impegnare il proprio tempo PER GLI ALTRI. Come Ippocrate stesso intese, e Socrate pure
Cosa è più importante? Fare Ricerca e concentrarsi, spendendo il proprio tempo ed energie SOLO su ciò che è strettamente legato alla professione e allo scopo (curare) o lanciare guanti di sfida a destra e manca a chi non conta nulla, sui social, a colpi di "i miei avvocati"?
Una persona comune ha tutte le ragioni di difendersi da una diffamazione, reagendo anche in modo scomposto; quando non sei una persona comune, le tue reazioni non calcolate ricadono su di te, su chi lavora con te, e nel campo della medicina, sull'immagine che offri ai malati.
Da non credente, io non credo a nulla: così come non credo nelle divinità e in chi le sostiene, così non credo a chi ancora, da medico, da scienziato, da virologo scende a compromessi con la fede - pure durante una pandemia! - METTENDO IN PERICOLO la salute di chi va a messa.
Siamo quello che facciamo, non ciò che diciamo di essere. Puoi scriverti anche chilometri di bio che fanno capo all'ambito scientifico, ma se non ti comporti con Etica davanti a questioni comunque inferiori al tuo Ruolo (CURARE), perdi autorevolezza. Quella che i malati vogliono.
In un momento in cui è IMPORTANTE mostrare credibilità, perché le persone fragili hanno bisogno di punti certi di riferimento, NON puoi permetterti da virologo, da Ricercatore, da medico, di comportarti come un adultescente, che non ha ancora capito il suo Ruolo.
In Scienza, le questioni o sono vere o sono false - e lo sono in base alle prove fornite, NON in misura proporzionale alla stima che una persona ha meritato, secondo ipse dixit. La scienza è OGGETTIVA, NON è democratica, ed è AVALUTATIVA: si comporta in modo Etico, NON morale.
Se il principio è: va punito chi dice una bugia, chi diffama, chi distorce la realtà o punisci tutti o non punisci nessuno. Non può esistere parte della società che per 'motivi religiosi' può permettersi di mentire, diffamare, truffare e il resto no. O tutti o nessuno.
Un comune cittadino italiano che menta non fa nulla di diverso da ciò che compie quotidianamente un sacerdote della chiesa o un insegnante di religione a scuola: distorcere la realtà e distorcere pure la realtà già distorta. E non vengono puniti, ma pure pagati dallo Stato italiano, coi soldi di TUTTI.
In un'Italia che ti impone un indottrinamento religioso fin da bambino per 'uso e costume' (sbagliato!), l'attenuante esiste: devi recuperarlo lo spirito critico, facendo molta fatica, in una realtà in cui ancora tante persone fanno fare riti esorcistici da sciamani sugli altri.
I social non sono una sala operatoria in emergenza di un pronto soccorso: si ha tutto il tempo per pensare a cosa scrivere; di rispondere non a caldo, ma valutando la portata delle proprie esternazioni. Prendersela con un comune cittadino e non con il quotidiano NON è Etico.
Intimorire una comune cittadina con 'conseguenze legali', al posto di spiegargli GENTILMENTE (o anche ironicamente) che il quotidiano sta raccontando una notizia falsa, è un atto di mero bullismo e scredita pure il comportamento ETICO che deve tenere chi si occupa di Scienza.
Perchè denunciare una comune, innocua cittadina, invece di affrontare il problema alla radice? È come sentire una notizia falsa su di noi alla radio e rompere lo stereo su per il muro, invece di presentarsi coi legali alla sede radiofonica.
Il metodo scientifico chiede correttezza e precisione, altrimenti non è scienza, ma religione; vale anche per l'Etica. Siamo quello che facciamo, non chi diciamo di essere.
Viviamo in un Paese in cui il 90% della gente ha subìto un indottrinamento religioso; è legale raccontare fregnacce di uomini risorti, di pane azzimo e vino che diventano il corpo d'una semidivinità, traendone profitto (in stile Wanna Marchi). Non puoi prendertela con le vittime
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gloriabourne · 3 years ago
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Quelle tutte cuoricino per C. fingono oer far vedere a E. quanto sono belle e brave a farsi piacere la sua nuova fidanzata. La maggior parte non la sopporta a C. me ne sono accorta con il tempo, ma è così. Quelle poche sono solo lecchine fanatiche di E, poi ci sarà una minima parte a cui piace davvero, ma quelle sono sobrie non tutte i love you. Invece io dico che anche lei si mette in mostra, perché se ad esempio io sono allo stadio con E. e la prima cosa che faccio -
- la prima cosa che faccio è sparami un selfie con lui e taggarlo sul suo profilo con millemila followers quello è mettersi in mostra, e fa tante cose analoghe quella li, quindi è ovvio che si parli di più di lei, se non la mette lui appare lei. Comunque siamo persone pensanti e vediamo la differenza tra 2 persone, infatti io dico sempre che Silvia era un'altra cosa, seria, molto, ma molto più adatta ad E, e non era frivola e non faceva tante cretinate, lo dico perché è così, non siamo cechi.
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No.
E basterebbe questa come risposta, ma mi rendo conto che forse è il caso di argomentare.
No prima di tutto riferito al fatto del mettersi in mostra. Io vado fuori di testa quando leggo questi ragionamenti perché penso che per ragionare così si debba davvero essere staccati dalla realtà.
Quindi, secondo la tua idea, se Chiara posta una foto con Ermal lo fa per mettersi in mostra, visto che lui ovviamente in quanto personaggio pubblico ha molti follower. Io vorrei commentare questa cosa con un video per farti vedere la mia faccia allucinata, perché sono sinceramente perplessa.
Ora sta a vedere che una non può più postare una foto con il proprio ragazzo perché se lo fa si sta solo mettendo in mostra. Non sia mai che una lo fa perché come la maggior parte delle persone ha piacere di condividere una foto con il proprio fidanzato.
Io sono la prima a criticare alcuni comportamenti di Chiara. Ad esempio non mi sono fatta problemi, quando ha festeggiato i suoi 30 anni, a dire che secondo me era tutto un po' esagerato. Quindi si sa che se vedo qualcosa che mi fa un po' storcere il naso lo dico senza farmi problemi.
Ma qua non è un fare una critica su un atteggiamento che non va a genio. Qua è fare critiche sul nulla solo per il gusto di criticare.
Davvero, la cosa del mettersi in mostra perché posta una foto con il suo ragazzo mi lascia basita. Tra l'altro ci tengo a sottolineare che Chiara ha il profilo privato, quindi se lei fa una foto e tagga Ermal si vede sul suo profilo e basta, a meno che non sia Ermal stesso a ricondividerla. Quindi, come già dicevo questa mattina, date la colpa a Chiara per come Ermal usa i suoi social 😂
Vogliamo anche darle la colpa dell'11 settembre o dell'omicidio di Giulio Cesare già che ci siamo?
Seconda cosa: ma quanta presunzione trasuda dalla tua frase "lo dico perché è così".
Scusa eh, ma chi sei per sapere che Silvia era più adatta a Ermal? Chi sei per dire che era più seria e meno frivola di Chiara? Conosci personalmente Silvia, Chiara o Ermal? Perché solo chi li conosce può dare giudizi simili.
Noi comuni mortali possiamo limitarci a ciò che vediamo dai social che, spoiler, non sempre rispecchia la vita vera di una persona. Io ad esempio, a giudicare dal mio profilo ig, sembro una a cui piace girare per locali, uscire con gli amici, fare festa... In realtà sono una pantofolaia, ma non posto sui social le foto di quanto sto a casa a guardarmi un film con il pigiama di flanella e le pantofole a forma di unicorno, quindi la gente può farsi un'idea di me che in realtà non rispecchia la realtà.
Questo tipo di ragionamenti e idee sono proprio gli estremismi di cui parlavo qualche giorno fa, sono proprio le cose che secondo me non vanno bene. Così come non va bene venerare una persona che di fatto è una come tante, non va bene nemmeno arrogarsi il diritto di puntarle sempre il dito contro senza nemmeno conoscerla.
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pangeanews · 5 years ago
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“Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano”
Jonathan Bassoni, insegnante liceale, una volta leggeva le previsioni meteo nel telegiornale di un’emittente privata per guadagnare quattro soldi. Erano gli anni Novanta e doveva ancora finire gli studi universitari del corso di laurea in Letteratura. Si metteva una giacchina celeste che gli stava stretta sulla vita, si pettinava con la riga da una parte, si spargeva un po’ di gel e aveva i suoi tre minuti a disposizione. Gli davano in mano un foglio che proveniva dall’Aeronautica e una cartina geografica dell’Italia e delle Marche in particolare. Doveva semplicemente indicare dei punti cardinali e avvertire l’utenza dei segnali di cambiamento dalla notte all’alba: tramontana, alta pressione, precipitazioni nevose, sole, mare mosso ecc.
Si affaccia dal balcone della sua casa in collina e la città gli sembra metafisica: un quadro di Giorgio de Chirico, il maestro che dipingeva il silenzio e grandi vuoti, oltre che monumenti con un nuovo aspetto. Vecchi ruderi che non servono più, eppure affascinanti nella loro dimensione, nelle fattezze surreali. Jonathan punta il campanile della chiesa di San Domenico che svetta e non suona, abbandonato nella sua eleganza con la croce offuscata da strisce sottili di nebbiolina.
L’insegnante crede non solo nella scienza atmosferica. Ci sono altre tensioni e dinamismi che decidono l’andamento quotidiano ad alta quota, tra i cieli, e nel sottofondo marino degli oceani. Una sorta di avvio cosmico, un motore che non si aziona per caso. La terra decide di opporsi al comportamento dell’uomo. Jonathan è sorpreso soprattutto dalle ondate eccessive di calore o di freddo e dalla siccità, che vanno ad interferire con le risorse idriche e distruggono la vegetazione.
Adesso è più che mai convinto che la foresta amazzonica non possa continuare a bruciare senza che si verifichi una reazione, perché gli effetti delle politiche di deforestazione sono, di fatto, devastanti. Ha letto sul “Corriere della Sera” che la stima dei roghi nel Sud-America equivale a tre campi di calcio al minuto. Gli ambientalisti accusano gli allevatori. La foresta è situata per circa il 65% in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Tra il 19 e il 25 agosto 2019 sono scoppiati più di tremila incendi.
Ora è arrivata la pandemia di Coronavirus proveniente dalla Cina, dovuta, probabilmente, alla reticenza sui numerosissimi casi di questa Repubblica Popolare che non ha immediatamente allertato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli ambientalisti riferiscono che l’effetto serra, la mancanza di ossigeno, il petrolio consumato, come altri combustibili, determinano un violento impatto sulla terra. I profeti tibetani che abitano i “territori degli dei e degli irati” hanno parlato di una sterminata pestilenza, di una catastrofe universale, della fine del primo ciclo umano: una tragica profezia.
I pipistrelli sono animali inquietanti, notturni. Appesi a testa in giù come topi con le ali, ci hanno sempre indotto una certa ripugnanza. Sono considerati i serbatoi del Coronavirus nell’aumento della variabilità genetica. Il passaggio di genere dal volatile all’uomo ha causato la pandemia. Jonathan reputa che la natura se ne sia servita per non soccombere dinanzi alle nefandezze umane. Che cos’è in fondo il Covid 19, se non il meccanismo di difesa del pianeta contro gli abusi umani, ormai insopportabili? L’eccesso di anidride carbonica immessa sta trasformando l’atmosfera in uno scudo impenetrabile e non lascia passare il calore. L’effetto serra e la pandemia hanno un nesso. È insita nella dissipazione del patrimonio la grande imperfezione umana: il segno di un comando e di un potere sconnesso con l’ambiente, di un sopruso pericoloso, invasivo. La natura non si può controllare, non si piega ad un accidentale fenomeno, ad una pratica sbagliata, ad una battaglia involutiva, di retroguardia. Il carico della terra rompe un equilibrio: è l’immagine di una cosa che si riequilibra per giustezza, per una spinta che guida le particelle dell’universo e il sistema solare. Le leggi della fisica conservano una tale esplosività che nessun uomo può annientarle.
Jonathan ha in testa la sua concezione mitica, arcaica, che gli studi di antropologia culturale gli hanno sollecitato. Sin da ragazzo leggeva Prometeo, il simbolo della lotta contro le ingiustizie per la libertà della natura. Era persuaso dalle previsioni dei medium, di coloro che intravedono il futuro nell’energia dell’“amor che move il sole e l’altre stelle”, per dirla con Dante e con l’ultimo verso del Paradiso della Divina Commedia. Amore, quindi, come raccordo celeste, unità, intesa, concordia.
Il Coronavirus non è una punizione divina, ma l’espressione del pianeta terra. Una risposta secca, rigida. Una prospettiva per ristabilire l’ordine violato a partire dall’inquinamento del suolo e delle acque per uno scopo produttivo che ha aumentato eccezionalmente rifiuti, scarichi, infezioni, batteri. Le stesse onde elettromagnetiche invadono il pianeta con frequenze negative sul nostro sistema immunitario.
Jonathan, il lunedì mattina, si collega con i suoi studenti tramite lo smartphone. Ha assegnato i compiti con il protrarsi della quarantena che costringe tutti a casa. I ragazzi del quinto stanno studiando il Romanticismo, sapendo che salteranno l’esame di Stato secondo il modello consueto e che probabilmente faranno una prova orale da casa. Sturm und drang: la tempesta e l’assalto del virus, non solo del movimento culturale tedesco nato con l’immissione dei sentimenti nella letteratura. Mentre interroga, il professor Jonathan Bassoni pensa ad altro, all’ondata di virus che contagia, che uccide dalla Lombardia al sud dell’Italia. La visione al microscopio del Sars-Cov-2 ricorda una corona ed è ingannevole. Una corona di spine, verrebbe da dire, proprio adesso che è passata la Pasqua e che il virus accenna la sua fase discendente. Un male che non si vede, che suscita vecchi richiami, mutamenti che non sempre aiutano e proteggono i popoli, la civiltà. Il mondo aspetta trepidante il vaccino.
Jonathan non direbbe mai ai suoi studenti che sta leggendo un libro di Helena Petrovna Blavatsky, la sorgente del pensiero occulto moderno che diede origine alla società teosofica, che si rifaceva alle scienze degli antichi popoli e alle facoltà latenti degli uomini che non compiono distinzione di razza, di sesso, di età e di religione. La fratellanza ci unirebbe e ci salverebbe da ogni insidia. Ma Jonathan reputa che l’unità tra la gente sia diventata impraticabile. Dire fratellanza è come non dire nulla, anche se il termine fosse pronunciato da un alto prelato cattolico sull’altare durante la messa della domenica. Chi mai ideerebbe una società dello spirito? E chi può sapere quale fu il cenacolo segreto che svelò il mistero ultimo dell’uomo, il suo fine e la distanza colmabile con i morti? Helena Petrovna Blavatsky morì nel 1891 a causa di un’epidemia influenzale. Ancora un’epidemia, che nel 2020 sembra qualcosa di talmente lontano e indescrivibile, da non esistere più. Eppure viviamo un’ecatombe di altri tempi.
La soluzione contro i mali del secolo, l’indifferenza e l’alienazione, e ora anche contro il Covid 19, consisterebbe in un movimento circolare di solidarietà e fiducia interraziale, oltre che in un vaccino? In un mutamento radicale delle intenzioni umane distribuite tra spazio e tempo, rinunciando ad un imperante progresso meccanicistico, ad una tecnocrazia gelida, che cerca il profitto da raggiungere prima possibile? Eppure la crisi del capitalismo e la fine dell’industria occidentale non hanno prodotto cambiamenti, né nel sistema economico, né in quello politico. Le stesse relazioni interpersonali sono sempre più frigide, impassibili. Nessuno ha imparato la lezione.
“La natura matrigna di Leopardi e il cattolicesimo di Manzoni. Quali eventi hanno influenzato i due esponenti del Romanticismo italiano? Quali opere ce lo fanno capire meglio?”, chiede Jonathan Bassoni ad una studentessa collegata.
“Ci darà il voto professore?”.
“Nessun voto, per ora. Ma dovete essere capaci di articolare un discorso, di argomentare. Forza”.
L’antivirus: potrebbe indicarcelo un medium nella sacralità del mito? Jonathan si distrae, torna ad estraniarsi mentre la ragazza risponde alla sua domanda. Il professore teme di scoprirsi astraente, fuori moda, incomprensibile, perfino folle, se avallasse lo spiritismo e il paranormale, tanto da essere deriso. Ma se la normalità fosse concentrata in ciò che sembra un trucco, un gioco per maghi, una credenza? Padre Pio non era un impostore, e neppure Gustavo Adolf Rol. Avevano compreso tutto, anche il significato dello spirito immortale che è mosso dall’amore, nient’altro che dall’amore. Gesù Cristo non fu uomo d’amore sacrificato per salvarci, morendo al posto nostro?
Dopo l’interrogazione Jonathan apre le pagine del quotidiano che ha acquistato la mattina alle sei all’edicola della stazione, dove lo aspetta Giuseppe, un anziano che cammina instancabilmente anche in questo periodo, nonostante non dovrebbe farlo, stando al decreto governativo appena riconfermato. A quasi ottant’anni non rinuncia ai suoi dieci chilometri giornalieri per dare lubrificazione alle gambe, afferma, altrimenti rischierebbe di non alzarsi più dal letto. Giuseppe non ha paura del Covid 19, perché alla sua età non si può più temere la morte. Dove andrà a finire non lo sa e non gli importa. Crede nella fatalità. Magari si ritroverà in un paradiso celestiale, o nell’abisso, nel buio dei ciechi senza saperlo. Tira a campare. Prosegue questo anomalo aprile con i suoi rituali protratti dal lunedì alla domenica: alle tre del mattino è già in piedi e ascolta la radio facendo la conta dei morti di Coronavirus, dei malati e dei guariti. Fa le parole crociate e poi esce infilando il giaccone invernale. Dopo il giro largo della piazza centrale, si inoltra nel giardino comunale e alla stazione aspetta il furgone dei giornali che arriva da Ancona a tutta velocità. A pranzo si cucina la pasta integrale e mangia i soliti pomodorini con un filo d’olio, rigorosamente senza sale. Due volte la settimana un filetto di maiale ben cotto. Giuseppe ha ottant’anni, ma un fisico asciutto. Nella sua vita non ha mai contratto un’influenza e non sa cosa sia la febbre.
I morti per l’epidemia da Coronavirus nel nostro paese hanno superato le 20.000 unità proprio il giorno successivo alla Pasqua. Mentre Donald Trump starebbe valutando la riapertura delle attività per non tenere ferma l’economia, l’epidemia avanza con un incremento dei casi e il superamento del milione di contagi in tutto il mondo. Jonathan, appena posato il quotidiano sul tavolo della sala, si lava le mani con l’alcool, pulisce le superfici della sua stanza da letto con un piumino da spolvero, passa uno straccio bagnato sul pavimento e con un panno di daino toglie i pulviscoli dal computer e dal tavolo di lavoro dove sono ammassati i libri e i quaderni degli appunti. Beve acqua minerale direttamente dalla bottiglia. Ha appena letto che il primo vaccino contro il Covid 19 sarebbe in fase di sperimentazione a Padova, prodotto da una ditta italiana. Potrebbe essere disponibile già a settembre. Il primo lotto partirà da Pomezia per l’Inghilterra dove inizieranno i test su 550 volontari. Jonathan sa che il vaccino non può essere risolutivo come le stesse medicine, come ogni soluzione scientifica adottata nei laboratori chimici, se non cambieremo stile di vita. Il senso profondo della forza spirituale che non vediamo e non tocchiamo con mano, se non arriverà all’essere umano e non costituirà un principio saldo, inviolabile come le regole di questi giorni, potrebbe decretare, viceversa, la fine della terra con un secondo Big Bang, con un’accelerazione di particelle nucleari e uno scoppio improvviso. Una nucleo-sintesi primordiale e un’espansione di dimensioni impensabili rovesceranno le sorti del mondo? In pochi resisterebbero e avrebbero il dovere di ricostruire il pianeta con modalità differenti, ricominciando dalla primitività, da un contatto diretto con la natura, rispettata e non sfruttata, da uno sviluppo crescente dell’agricoltura, da un consumo maggiore e salutare di zucca, mais e altri alimenti ricchi di carboidrati, come le patate, i fagioli e le arachidi. Quindi si coltiverebbero di più la carota, il radicchio, il ravanello, il cavolfiore. Si utilizzerebbero solo fertilizzanti naturali e antiparassitari non di origine chimica. Gli animali sarebbero allevati con i mangimi ottenuti dall’agricoltura biologica. Non esisterebbero più confini delimitati da una geografia politica, ma un’intensa comunione per un cammino lento, sostenibile, influenzato dalle buone relazioni e da governi democratici. Migliorerebbe il clima e l’effetto serra avrebbe un altro impatto. La terra guarirebbe.
Jonathan sente uno scricchiolio provenire dalla camera da letto dei suoi genitori. Suo padre è morto da poco più di un anno. Giurerebbe di aver visto un’ombra muoversi e provocare una folata di vento, appena avvicinatosi. Teme il terremoto, ma la casa è stabile e non succede nulla. Esiste un varco con l’aldilà, una manifestazione di contatto, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto? Suo padre ha voluto dirgli che la terra è in pericolo, mai come questa volta? O Helena Petrovna Blavatsky ha approvato il suo sentire, la sua lettura di un’opera ormai introvabile in commercio, avuta da uno strano ex frate di Norcia? Da dove proveniva lo scricchiolio? Da un armadio, da una parete, da un quadro, dal letto? Di notte Jonathan ha l’impressione di sentire uno scampanellio e delle voci attutite. Una visionaria percezione che lo avvertirebbe di qualche indizio extrasensoriale? Il rischio è di convincersi dell’inverosimile.
Ma cosa diceva Helena Petrovna Blavatsky? “Sii perseverante come chi dura in eterno. Le tue ombre vivono e svaniscono, perché la conoscenza non è della vita fuggevole. Sei l’uomo che era, che è e che sarà, l’ora del quale non suonerà mai. Accetta i dolori della nascita”. La via fuggevole e un’altra vita. Quale? Quella che fa dell’universo una coscienza insita nell’uomo e negli spiriti della natura che non sono materia ma energia, energia allo stato puro? Jonathan si convince che il vaccino sarà un’esperienza non solo fisica, composta di leggi che ci governano nel visibile e che scompaiono improvvisamente, a nostra insaputa. C’è qualcosa di più del desiderio umano, una realtà più grande, libera dal giudizio. Il futuro oscuro e incerto si combatte con una promessa di fedeltà all’uomo, alla terra, all’ambiente. Come? Non accendendo fuochi, non recando danno alle piantagioni, non dando la caccia agli animali protetti, concedendo più spazi alla vegetazione che neutralizza lo smog, non utilizzando biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono e polveri sottili.
Suona il telefono. È Gerardo, l’ex frate di Norcia che non crede più ad una sola religione, ma ad uno spiritualismo ancestrale.
Ho sentito scricchiolare nella stanza dei miei genitori.
Anch’io, nella mia soffitta.
Telepatia?
Ho visto un’ombra.
Anch’io, sembrava camminare.
Succede.
Che cosa succede?
Che qualcuno ci parli.
Lo chiamo antivirus.
Una strana sincronia, un’esperienza che ci accomuna.
È sufficiente non commettere scorrettezze, inganni, barbarie per vivere serenamente, nel tempo, nello spazio, tra i propri simili e nella natura?
La natura è sempre superiore alla storia. La storia è un’avventura, un insieme di guerre, di genocidi, di supremazie che finiscono, che si avvicendano. Un’ingorda tentazione, come quella di Adamo ed Eva.
Quando finirà la pandemia?
Quando bene e male non si mescoleranno più insensibilmente. La pandemia non è solo del Covid 19. Finirà quando non saremo più in attrito con noi stessi, con il vicino di casa, con il collega d’ufficio, con il coniuge. Un impegno in grado di far parlare la geologia e l’ecologia, l’idrologia e la glaciologia, l’economica e la sociologia, di valutare le azioni della diplomazia, dei governi internazionali. Se domani il virus cessasse di contagiare, saremmo felici? No, non lo saremmo affatto. Egoismo e divisione alimentano una frustrazione costante. Lo ha detto anche Papa Bergoglio con un tono sussurrato. Basta la forza dell’avvertimento, il soffio delle parole perché non vincano la paura e la morte. Il primo capitale è quello umano.
Ci riusciremo?
È la partita più difficile del terzo millennio.
Alessandro Moscè
*In copertina: la teosofa Helena Blavatsky (1831-1891)
L'articolo “Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano” proviene da Pangea.
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mynameis-gloria · 5 years ago
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Oggi a pranzo sono usciti alcuni discorsi e la mia coinquilina ha detto che sono una ragazza che polemizza. Perché non ha mai sentito qualcuno commentare o argomentare cose che a volte la gente nemmeno sa.
Non dico la mia molto spesso, se non appunto con le persone che conosco e con cui posso dialogare e per questo le ho risposto che non la prendo come un'offesa. Perché a dire la mia opinione non ci vedo nulla di male.
E anzi è proprio quando ha detto "la gente non le sa" che mi sono soffermata a riflettere. Perché la gente non ha voglia di sapere, di argomentarsi. È adagiata. E molte volte non ha un parere personale.
E non è che parlo a vanvera, le cose le dico le commento e le constato solo quando le so altrimenti si che me ne sto zitta. Perché c'è differenza tra esprimere la propria opinione e parlarne apertamente e polemizzare. Quando lo faccio non discuto, il mio scopo non è di attaccare (non mi interessa) ma di far vedere che ci sono altri punti di vista, questo le ho spiegato.
Io sono curiosa delle cose che ci circondano. Anche di quello che la gente non nota o che finge di non notare. Sono interessata. E non so se sia un difetto o un pregio o se sia giusto o sbagliato ma so che fa parte di me.
_mynameis-gloria
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onlinediarykindathing · 2 years ago
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29 giugno 2022
Il caldo di questi giorni sta uccidendo anche me, sarà che mi sto rivedendo ‘the vampire diaries’ e leggendo ‘Dracula’(daily) ma io davvero li capisco questi vampiri che appena mettono il braccio o anche solo un dito al sole si bruciano. Il caldo è così potente che leggendo ‘untold nights and days’ mi sono sentita capita. C’è un ‘capitolo’ (non ha dei veri e propri capitoli il libro) in cui la scrittrice si distrae dall’argomento di cui stava parlando per fare una digressione sul caldo, era proprio la mia mente che leggeva e provava al momento quelle sensazioni. È stranissimo sto libro ma mi sta piacendo un sacco. Sono tentata di aggiungerlo alla lista di libri cartacei da comprare, però voglio finirlo prima. Poi passerò agli altri. Ho una lista bellina di libri che voglio leggere, senza sapere la trama. In realtà io sono una creatrice seriale di liste, di ogni genere, di libri da leggere, di cose da fare, liste di spesa, di quadri che mi piacciono, di segni zodiacali compatibili con me. Avevo già fatto una lista di libri da leggere a inizio anno e avevo anche iniziato a seguirla! Leggendo più di un libro! Ora non ricordo dove l’ho scritta, domani provo a cercarla e la aggiungo a questa nuova (ricordo solo che avevo inserito ‘the priory of the orange tree’ (voglio tentare questo genere in inglese, se sono sopravvissuta a ‘the raven cycle’ (e finita per amarlo) posso decisamente farcela. Devo smetterla di sottovalutarmi).
Comunque io incolpo il caldo per i disagi di questa giornata. Prima mi arriva il ciclo, con qualche giorno di anticipo (why). Poi con ile, mentre aspettiamo quei due, siamo andate a comprare la tessera per la macchina dell’acqua (quella che la eroga fredda e frizzante e che costa poco a differenza di quella gratis ma calda e davvero calda della fontana). Mentre siamo nel bel mezzo di questa complessa operazione (bilanciare due borracce e telefono e portafoglio contemporaneamente senza bagnarti è complesso) arriva Daniele che mi distrae dal fatto che stavo raccontando e mi fa lasciare la tessera appena comprata con ancora 2 euro in carica (1 litro sta 10 cent) nella macchina, e come si suol dire, ne ho lasciata una e ne ho ritrovate due. (Si, me l’hanno fottuta) (maledetti ladri di acqua). Daniele oggi di nuovo un po’ touchy come se non mi avesse dato buca il giorno prima; l’ho trattato un po’ male oggi però, e nonostante ciò a fine giornata, quando mi ha preso male male il mal di pancia del ciclo, è salito in biblioteca a lasciare un libro al posto mio e mi ha anche accompagnato in stazione. Avevo le mie ragioni però: ha perso punti perché si è scordato il libro che devo lasciare in biblioteca a casa (ho l’ansia di essere bannata dal posto e ieri gliel’ho anche ricordato ma lui nada) e di nuovo non mi ha portato i volumi di ‘one piece’. Vorrei essere più in grado di argomentare i miei discorsi quando parlo, oggi sono sembrata più incazzata di quanto ero e meno sarcastica di quello che volevo essere. Devo fare come il fratello grande di ‘My liberation diary’ che parla e parla a macchinetta e la gente comunque lo ascolta o come la sorella piccola che sta iniziando a dire tutto ciò che le passa per la testa senza vergognarsi o essere intimidita dagli altri e le persone la trovano strana ma le sono amiche lo stesso. Invece mi sa che faccio la fine della sorella grande. Daniele dice che ha conosciuto una ragazza della stessa città di ile e si scopre che lei la conosce, e quando lei gli ha chiesto ‘come hai fatto a conoscerla? Su tinder?’ per sfotterlo lui alza le spalle. Gli piace questa ragazza. Perché la fa così semplice? Incontra una ragazza e boom di colpo gli piace. La gente incontra me e non succede niente. Sono stata giusto un po’ disappointed in questa cosa, but not surprised. Forse sapevo che in fondo in fondo, per quanto scherza e mi sfotte, lo fa platonicamente, non gli è mai passato per la testa che magari potessi piacergli sul serio. Mi trova troppo piccola? La tipa ha solo 2 anni più di me, quindi solo 4 anni meno di lui. Evidentemente è una che sa fare conversazione e ha le cose in chiaro nella vita ed è impagnata in cose serie. Non come me che cazzeggio, leggo libri/manga, passo del tempo con mia sorella e al massimo esco con Cate e Bobba. Non sono abbastanza interessante? I’m a bit boring me lo concedo. Di nuovo oggi scherzando (spero) mi ha detto che parlo poco *sigh intensified* e io di nuovo non sono riuscita a zittirlo con il mio wit inesistente. Google search bar: How to change personality and becoming an extroverted chatterbox so you can amaze your crush with your amiable character? Che poi non è che è una crush, sono solo io che mi affeziono troppo veloce alle persone e non so esprimere esteriormente questa cosa. Non finirò neanche come la sorella grande! Lei si dichiara al tipo chiedendogli di uscire insieme e lui rifiuta nel modo più garbato e ottimistico e idealistico di sempre. E lei piange per questo ma poi la vedi che si sente orgogliosa per non avere regrets ed è molto più sicura di se.
Io non dirò mai niente e la cosa finirà come con Mauro che di punto in bianco sparisce dalla mia vita e si fidanza dal nulla e va a vivere a Roma e io non so più niente di lui, lui che era il mio compagno di banco al liceo, con cui i primi anni di uni facevo la strada giornaliera per il campus, con cui ho pianto vedendo l’episodio di Van Gogh di ‘doctor who’ e con cui ho dormito nello stesso letto in gita. That was my first crush e lui è semplicemente sparito dalla circolazione. Io qui grieving per questa persona (romanticamente e non) e lui lí fregandosene di me, a quanto pare. Ora mi vede le storie su ig così dal nulla, io non so che farmene, e quindi non faccio niente di nuovo. Non posso mica scrivergli facendo finta di niente e che non mi abbia ferito almeno un po’. La mia unica tattica nelle relazioni (quella di non dire niente e tenermi tutto dentro finché non scoppio e piango e spero poi tutto passi) qui non sta andando granché. Vorrei solo trovare una persona a cui importa di me e a cui piace passare del tempo con me, che sia mia amica o my significant other, a best friend mi va benissimo, ma cercare di far capire a qualcuno che gli interessi è molto più semplice di far capire a qualcuno che vuoi essere sua amica. Non so creare/tenere una relazione, figurati creare/tenere amicizie. Oggi mi sento proprio disperata su questo fronte. Sarà il ciclo che peggiora tutto. O il caldo. È davvero micidiale.
La mia occasione di dimostrare me stessa sarà forse quando andremo a vivere per 3 settimane nella città della tesi. Li dovremo lavorare a fare i rilievi della città intera (o di pezzi significativi), quindi ci stancheremo tantissimo, però allo stesso tempo vivremo insieme e passeremo i weekend insieme (Rambo lavora lo stesso nei weekend quindi penso saremo in 3 i fine settimana). Potremo passarli andando nelle città vicine ad esplorare il territorio e passeremo tutte le serate insieme in questa città minuscola in cui non c’è molto da fare se non infinite chiacchierate sulle panchine, al massimo con una bella birra fresca. Io vorrei anche provare questa folle idea di fare delle corsette mattutine, niente di serio, giusto per muovermi e correre un po’, non lo faccio da secoli e a me piaceva un sacco correre; volevo provare a trascinarlo con me con la scusa che alzarsi presto fa bene e magari ci vediamo anche l’alba insieme. Però questo è uno spin off bello e buono del film che ho promesso a me stessa di smettere. Vivrò alla giornata e cercherò di godermi questi giorni che già so mi mancheranno, quindi niente, sarò sua amica e mi sforzerò di esserlo al meglio, per lo meno come primo step, poi si vedrà. I’m gonna be the best version of myself :).
Ah poi alla fine mi sono arrivati i soldi guadagnati da scrutatrice (quelli del primo giorno però, non gli altri ancora) anche se avevo dato l’iban sbagliato (che poi non avevo torto io perché sulle lettere quello era, che poi la banca lo cambia senza avvisare in qualche modo io no so che farmene).
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anticonformistadocile · 4 years ago
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su di lui (si spera)
Molti mesi fa ho spiegato come erano finiti i miei tinder dates e di come, sommariamente, sia cascata per uno.
Mi permetto di dare un consiglio alle ragazze: tutto ciò che avete nella vita può essere elevato al cubo, il ragazzo con cui vi state sentendo può essere nettamente migliore, la vostra carriera può essere fantastica ed economicamente parlando potreste avere sempre più soldi, non esiste un limite alla ricchezza.
Io, tutto questo, lo sottovalutavo, credevo che potessi dirlo alle mie amiche e alle altre persone ma che non fosse un discorso che valesse anche per me (se la seguente domanda fosse un qualcosa tipo "come mai?" semplice, sono idiota).
Il proseguimento delle mie storie d'amore prosegue vivendo la mia prima esperienza sessuale con Baffo, credo sia comune ma è stato qualcosa di poco gratificante- per il mio corpo almeno-, abbiamo iniziato a fantasticare su altre cose, ci siamo rincontrati un' altra volta poi è partita la quarantena e tutta la situazione Covid è sfociata prepotentemente.
Dopo un paio di mesi ho deciso di abbandonarlo, voleva, ed insisteva soprattutto, a trovare una ragazza per un threesome e, ironicamente, sembrava che stessimo scegliendo la prossima casa in cui vivere.
Diciamo che la ricerca era quasi al termine, sorgeva un problema: la ragazza voleva solo lui, non era vero che voleva fare threesome, voleva chiavarselo ed amarlo, come ogni ragazza.
Le condizioni erano che questa voleva frequentare lui per un bel po' di tempo e poi lui avrebbe tirato fuori me da un cassetto e avremmo combinato quanto richiesto nel contratto.
Ero persa nei sentimenti quindi ho ripreso la mia tipica rigidità e gli ho detto che la trovavo una mancanza di rispetto soprattutto verso i miei sentimenti che , ai tempi, erano abbastanza forti.
L'ho ghostato, lui ha provato a riconttattarmi più volte, ho visto i messaggi e lui non ha mai visto le mie risposte.
L'ho bloccato su instagram, ho eliminato il suo numero di telefono e ho cancellato la chat su telegram e su whatsapp.
Non ho dato molte motivazioni per questo "abbandono" semplicemente mi girava il cazzo e non volevo avere e vivere con delle condizioni simili, ho poco tempo nella mia vita da dedicare a due coglioncelli.
Sono stata soltera per circa 1 mese e poi mi ha riscritto un vecchio amico di ali che chiameremo "il fascista".
Quando ci siamo riscritti lui era malizioso, io volevo solo riprendere l'amicizia senza combinare molto di più. Abbiamo iniziato a sentirci in videochiamata ed ho visto una bandiera con un simbolo strano sopra, sono rimasta una notte intera a capire che diavolo di simbolo fosse fino a quando non ho capito che si trattava della croce utilizzata dai neo-fascisti.
Ammetto di essermi parecchio spaventata, qualche mese prima ero andata a manifestare proprio contro di loro, sostenevo ideali totalmente anti-fascisti ed ero molto affine all' anarco-comunismo, quindi sentirmi eccitata davanti a uno che avrei voluto ammazzare in altri contesti era una delle cose più frizzanti che avessi mai fatto nella mia vita.
Mi ero auto-imposta una sfida: se le cose vanno bene e non fa il coglione, si prova a fargli cambiare ideologia, se invece fa il coglione, debbo scrivere un libro tipo "come stare con un fascista: modi e tecniche per stroncargli il cazzo" lo so, forse un po' troppo volgare ma intendetemi.
abbiamo iniziato una relazione dopo una settimana che ci sentivamo, io ero un cetriolo sottovuoto, non sentivo nulla e lui credeva che fossi solo timida, nelle videochat manco iniziavo più a parlare: ansimavo e accennavo con la testa, prendeva e pretendeva pochissimo.
Arrivò l'estate, lui voleva che io andassi da lui, e viceversa. Lui aveva la possibilità di spostarsi in quanto era economicamente stabile e non viveva in una strict family. Io no.
Diciamo che abbiamo iniziato i veri conflitti quando mi ha visto tornare a Torino, dopo 1 mese di mare. Lui voleva che io abbandonassi la mia famiglia per andare da lui 1 settimana, ovviamente tutto a mie spese perché lui doveva usare i suoi soldi per acquistare la moto nuova.
Il colpo di grazia è avvenuto quando ho scoperto che parlava con la mia migliore amica e lui le chiedeva delle foto di nudo. Quando mi è stato riferito io l'ho contattato e lui mi ha messo davanti a un bivio: scegliere tra la mia migliore amica o lui.
Onestamente l'ho trovata la mossa più infantile che un 25enne potesse mai farmi, una mancanza di rispetto mai vista prima, io gli ho chiesto di dirmi la verità, se mi avesse ammesso la colpa l'avrei perdonato e sarei potuta andare da lui, lui ha continuato a mettermi davanti al bivio preferendo ignorare la mia richiesta ed io l'ho abbandonato, senza troppi fronzoli.
Io odio profondamente chi mi manca di rispetto e chi sottovaluta il mio intuito. Odio chi crede di poterla averla vinta, ignorandomi o credendo che sia più ingenua del previsto. Odio un sacco di atteggiamenti umani ma in assoluto la mancanza di rispetto nei miei confronti è quello che ritengo più grave.
Non mi aspettavo, dal fascista,un comportamento molto maturo in tutta onestà, mi aspettavo che sapesse mentire e nascondere le sue cazzate in maniera migliore.
Eravamo una ""coppia"" a distanza, 400km per l'esattezza. Lo sapevo sin dall'inizio che avrebbe fatto lui la cazzata e più volte ho pensato di anticiparlo provando l'ebrezza del tradimento.
Era fine agosto, ero tornata a casa e giusto qualche giorno prima del mio compleanno avevo rotto definitivamente (in amore e amicizia) col fascista.
io inizio, quella che ora si chiama, hot girl summer però in ritardo, ri-contatto baffo prenotando una scopata ma lui ormai è annebbiato dall'idea del threesome quindi ho lasciato stare, ho ri-aperto tinder e, non trovando nulla di interessante, ho annullato qualsiasi voglia di passione, amore e curiosità verso il genere maschile.
ho continuato a fare le mie coglionate sui social e a fare la critica sociale a caso, mi inizia a seguire gente nuova, amplio il pubblico, approfondisco il content e mi formatto in qualche format.
Mi segue un tipo , il quale ha molti collegamenti con miei amici di Settimo, lo chiameremo LL , per convenienza. Questo ragazzo inizia a rispondermi alle stories, qualche like tattico ma, onestamente, in quel periodo, avevo pure poca voglia di conoscere persone nuove e quindi mi preoccupavo solo di andare a trovare la mia migliore amica e di godermi quei attimi di libertà pre-lockdown.
Mi risponde ad una storia abbastanza particolare circa il 23 settembre, abbiamo iniziato a scriverci ed ero molto turbata perché era fottutamente affascinante, una delle persone migliori con cui abbia mai conversato e con le quali mi trovavo molto bene ad argomentare e a parlare della mia vita, gusti e passioni, e non volevo far comprendere che volevo portarmelo a letto.
ora qui apro una parentesi che mi sembra dovuta: io non concepisco il sesso come una porta attraverso il quale si entra nella stanza più personale, privata e che ti "incatena" a quella persona. Lo concepisco più come un modo per capire come è fatta quella persona, se si ricercano le stesse cose eccetera.
Il mio obiettivo con LL era quello di costruire una buona amicizia, io rimanevo fredda e distaccata e lui faceva lo stesso con me, volevo farmelo e poi amici come prima, senza dover avere l'angoscia della relazione e senza dovermi costruire delle nuove barriere di fiducia. Tutto molto distaccato, freddo e distante.
Ecco non è andata esattamente così.
Mi potrei giustificare dicendo che l'ho conosciuto nella sua totalità, si è aperto a me e mi ha chiesto di leggerlo attentamente, tutt'ora non ho letto tutto ciò che ha da offrimi  ma è solo un motivo in più per continuare a frequentarlo e per continuare a volergli bene. Perché si è fidato di me, si è aperto, mi tratta con rispetto, mi tratta come una persona normale e non vuole avere fretta, vorrebbe che viaggiassimo insieme, che convivessimo per alcuni attimi, che vivessimo certe esperienze singolari.
Ha dei difetti, come tutti, ma li riconosce, comprende i miei fastidi e si sforza a non mostrare certe cose.
Gli altri ragazzi volevano che io stessi in disparte alla loro vita, non volevano che io facessi parte delle loro attività, ero un sacco da riempire e dopo un po' credevo fermamente di esserlo, senza credere che fosse estremamente negativo tutto ciò.
LL no, lui mi coinvolge nelle sue cose, mi chiede pareri, discutiamo, so di alcune cose che accadono nella sua vita e lui sa le mie, perché gli interessa di me, ci tiene , mi dimostra a suo modo di tenerci.
Ecco, forse una delle cose più complicate da fare in una relazione è quella di comprendere come il partner ti dimostra l'affetto, come il tuo partner comunica attraverso atteggiamenti e comportamenti.
Spiegare il genere di sentimento che provo per lui è complesso perché non so spiegare oggettivamente i sentimenti, forse è un mio problema o forse è più generale, ma se il sentimento che ho ricevuto prima era amore allora LL è qualcosa di oltre l'amore.
Scusatemi, momento di pianto perché in post-mestruo sono una fontana.
comunque
Non mi piace pensare che sia l'uomo della mia vita, non mi piace dargli eccessiva importanza e considerazione, lo considero più come un compagno di viaggio se ne andrà quando vorrà e non sarò costretta a mandarlo via (almeno, spero di non doverlo fare) spero solo che rimanga un compagno fedele ed io sarò altrettanto.
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iltrombadore · 4 years ago
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Parigi, agosto 1939: la drammatica fine dell’amicizia tra Nizan e Politzer dopo il Patto Hitler-Stalin, nel  capitolo XV  del romanzo “Les communistes” di Louis Aragon
Nel primo volume del romanzo “Les communistes” (1946) di Louis Aragon, grande affresco sul dramma della “drole de guerre” con la crisi catastrofica della terza repubblica dopo il governo del Front Populaire, gli accordi di Monaco del 1938 e la messa fuori legge del Partito Comunista al tempo del Patto Ribbentrop-Molotov (agosto 1939) il romanziere mette in scena il contraccolpo morale e politico vissuto dai comunisti francesi per l’accordo di non aggressione tra Hitler e Stalin.
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 In particolare, sotto i nomi immaginari di Patrice Orfilat e Michel Felzer, Aragon rievoca nel capitolo XV la crisi e dissociazione dal PCF di Paul Nizan (nel romanzo Patrice Orfilat), intellettuale e firma prestigiosa de “l’Humanité”, mettendolo a confronto con un altro intellettuale ebreo e comunista, Georges Politzer (nel romanzo Michel Felzer), intransigente staliniano, che di fronte al suo dissenso, rompe decisamente con lui al termine di un teso colloquio in cui dà all’ amico, più o meno esplicitamente, della “spia” e del “traditore”. La violenza verbale e la intransigente condanna cui Aragon sottopose Nizan   corrispose al clima dell’epoca e alle durezze seguite, dopo il 1945, con la “guerra fredda” e lo scontro al calore bianco tra Est e Ovest in Europa. L’autore stesso, venti anni dopo (1966) la pubblicazione di “Les communistes”, eliminò in una riedizione del romanzo la parte dedicata ad Orfilat-Nizan, senza tuttavia rivedere il giudizio positivo sul comportamento del PCF all’atto del Patto Hitler Stalin.  Riletto oggi, il drammatico confronto Nizan-Politzer, non ha nulla di retorico o di forzatura ideologica, salvo alcune espressioni e tinteggiature psicologiche dei personaggi: si trattava di restituire la dolorosa spaccatura negli animi e negli ideali di tanti combattenti per la causa socialista, intervenuta alla vigilia della seconda guerra mondiale, che vide la Francia bersaglio primario del nazismo, prima che quest’ultimo si rivolgesse contro l’URSS.
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Paul Nizan (1905-1940) scrittore, saggista, filosofo, giornalista francese. Marxista, aderisce al PCF alla fine degli anni Venti, pubblica saggi e romanzi sulla linea del “realismo socialista” e diventa una delle firme più prestigiose de “l’Humanité”. Nel 1939 rompe con il PCF dopo il Patto RIbbentrop-Molotov. Morì in guerra durante l’offensiva tedesca a Dunquerque.
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Georges Politzer (1903-1942) intellettuale marxista, ebreo ungherese naturalizzato francese. Prese  parte giovanissmo alla insurrezione di Bela Kuhn nel 1919. Filosofo e psicologo, contestò il pensiero di Bergson in nome di un rigoroso materialismo dialettico. Fu attivo dal 1932 nel PCF e fondò a Parigi l’Università dei Lavoratori. Durante l’occupazione tedesca, continuò ad insegnare in un liceo, e fu attivo nella resistenza clandestina. Arrestato nel 1942 insieme alla moglie con l’accusa di attività comunista, fu consegnato dai collaborazionisti ai nazisti che lo fucilarono poco dopo. Sua moglie fu deportata ad Aushwitz e scomparve nell’Olocausto.
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                               Da Les Communistes
                                                XV
Si era sbarazzato di Josette con il primo pretesto a disposizione. Aveva delle uscite insopportabili. Come il modo ammiccante di rivolgersi a lui: “e allora, i tuoi russi…?”. Poteva ribattere quanto voleva che non erano affatto ‘i suoi russi’. Lei ci ridacchiava sopra e diceva: “…per noi, sai, fa lo stesso…i cosacchi sono dei bellissimi uomini…ne ho visti di certi passare per la Rue Pigalle…” . Non era il caso di mettersi a discutere. Una perfetta idiota. Oltretutto, lui da tempo ne aveva abbastanza anche delle sue acconciature, con quei capelli schiariti e tirati all’indietro, la bella fronte tutta scoperta, le palpebre color turchese, la bocca ritoccata da un tratto sottile di rosso che si rialzava sulle labbra…Lei si figurava già i Cosacchi a Parigi, e ci metteva l’ aggiunta: “…vorrà dire che andremo a letto con loro…peggio per voi!”. Nel frattempo, si era aggiunto al loro tavolo anche Roger Bresle, con l’aria di cavallone spaiato che non sa dove appoggiarsi, e però riesce sempre a trovare qualche mangiatoia. Ne sapeva più d’una sul suicidio di Weismuller. Già si vociferava che non si fosse affatto trattato di suicidio: era un affare riguardante o l’Intelligence Service o la Ghepeù…Mentre parlava, Bresle metteva in mostra  i denti e le narici . Se Patrice avesse potuto, lo avrebbe volentieri lasciato con Josette. Ben altri pensieri gli giravano per la testa.
All’angolo tra la Rue d’Odessa e il boulevard Montparnasse, di fronte alla stazione, a due passi dalla farmacia e del locale notturno, verso l’una, c’era una certa agitazione quando Orfilat si trovò a passare di là. Affrettò il passo. Quattro tipi l’ avevano avvicinato lungo il marciapiede subito dopo il Dome. Erano dei pittori, assieme a un polacco; gli sarebbe toccato difendersi dall’accusa di essere agli ordini di Stalin, e dire qualcosa che lo avrebbe potuto compromettere…Alla Rue d’Odessa, c’ era un capannello di operai, impiegati, donne: curioso carnaio metropolitano, dove, vicino la stazione ferroviaria, si mescola la gente più varia, i commerci della rue de Rennes, gli artisti di Montparnasse e il popolo che arriva dalla periferia del XIV arrondissement. In mezzo al capannello, Patrice riconobbe nella sua piccola sedia a rotelle il signor Brillant, mutilato nella guerra del ’14, che conosceva bene fin da quando militava dalle parti del XIV. Era lui che abitualmente diffondeva l’Humanité alla Gare Montparnasse. Vicino a lui c’erano due ragazzi e una donna con dei manifestini. Si accendevano animate discussioni. La gente si accalorava, quasi a perdere la calma. Altri passanti si accalcavano richiamati dalla scena. All’improvviso, alcuni personaggi attraversarono il boulevard di corsa e si lanciarono contro il gruppo. C’era con loro un ufficiale in uniforme, tutto decorato, che guidava l’assalto: “Addosso, addosso ai figli di puttana!”. La banda di squadristi, che probabilmente faceva parte della Action Francaise, o si riferiva a Bucard, si lanciò contro i distributori de l’Humanité. Nel preciso istante in cui uno degli assalitori levava un manganello contro Brillant, lui riconobbe da lontano Orfilat, e gridò: “Patrice!”. Patrice allungò il passo, scotendo le spalle. Che improntitudine, chiamarlo per nome! Così lo avrebbero riconosciuto e aggredito… Si infilò a precipizio dentro la galleria della stazione come se non si fosse accorto di nulla. La sedia a rotelle di padre Brillant era riversa sulla strada, e l’ufficiale stava raccogliendo i manifestini caduti a terra. Gli altri assalitori inseguivano le donne lungo la rue d’Odessa. Patrice traversò tutta la galleria della stazione fino all’uscita dalla parte opposta. Fermò un taxi e dette l’ indirizzo di casa Felzer.
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Michel Felzer era in fondo l’unica persona alla cui stima Patrice teneva. Una stima che risaliva a quattordici se non quindici anni prima, ai tempi del Quartiere Latino, quando Patrice abitava in rue d’Ulm, e Felzer era stato il primo a contestare il pensiero di Bergson e Brunschwig. Né lui né l’altro erano ancora iscritti al Partito. E attraverso Felzer, Patrice aveva iniziato la lettura di Marx e di Lenin. Poi, per quanto la vita li avesse separati, da quando tutti e due si erano ritrovati militanti comunisti, Felzer aveva sempre mantenuto, nei confronti dell’amico, un ascendente da iniziatore. Si incontravano di rado. E Felzer aveva già avuto occasione di rimproverare Patrice per certe collaborazioni ed articoli dove qui e là comparivano concessioni formali che potevano dare luogo ad equivoci. Anche in quella circostanza, Patrice aveva fatto spallucce, come di fronte all’aggressione del signor Brillant. Gli pareva che Michel fosse un po’ troppo settario, e perciò, visto che era un tipo fatto così, prendeva anche sottogamba i suoi rimproveri sempre piuttosto accesi. In fin dei conti quelle intemerate non gli dispiacevano perché finivano con il dissipare quel tanto di rimorso di coscienza cui era soggetto.
D’altronde, ciò che avrebbe davvero preso male da un altro, come avrebbe potuto prendersela con Felzer, che era un mostro di devozione al Partito? Michel Felzer, continuando la  professione di insegnante di filosofia, era diventato un discreto e assiduo collaboratore del Comitato Centrale: era lui che raccoglieva la documentazione indispensabile ai dirigenti del Partito per argomentare i loro interventi. Prendeva appunti, leggeva i giornali, metteva da parte tutto ciò che l’ informazione economica poteva servire alla analisi politica di un comunista. Sembrava non avesse quasi più vita privata. Eppure si era sposato due volte, aveva figli dai due matrimoni, e doveva privarsi dell’essenziale per fare fronte alle spese di mantenimento. Gli si poteva concedere e perdonare di essere brusco e sommario nelle sue valutazioni. Se aveva un brutto carattere, ne aveva ben donde. Ma alla fine non era così, era un tipo gagliardo dai capelli neri, con i tratti legnosi, e portato alla franca risata quando era il caso. In quel periodo, la vita gli si era complicata dopo che il governo Daladier gli aveva spostato l’ insegnamento in provincia, a tre ore da Parigi. Aveva mantenuto l’appartamento in affitto nella rue Lepic, ed era costretto ad un andirivieni tra la capitale e il suo liceo in Normandia, se voleva continuare il lavoro di Partito. Nella rue Lepic, viveva solo. Moglie e figli erano in campagna.
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“Non vieni a pranzo con me?”. Patrice, sulla soglia d’ingresso, scorgeva l’ appartamento di due stanze ingombre di scartoffie, il letto disfatto, i vestiti gettati a casaccio. Dal primo mattino, Michel lavorava in maniche di camicia, e non aveva altro per la testa. Perché, che bisogno c’era di tutto quel daffare? si domandava Patrice…Se c’è la guerra…e comunque il Partito…Evidentemente Michel non sapeva ancora ciò che lui, Patrice, sapeva,  e cioè quali fossero le intenzioni del governo. Comunque: il fuoco è alle polveri, e lui ancora scartabella fogli!
Gli occhi azzurri di Felzer si aprirono in mezzo al suo volto bruciato, e si toccò il naso con una mossa familiare: ”Pranzare? Giusto! Hai ragione, stavo dimenticando…ma che ora è ? Le una e venti? Urca, le una e venti!”.
Annodò velocemente la cravatta e disse: “allora, tu hai lasciato il giornale?”
Incredibile. Era tra le nuvole fino a quel punto?
“Ma non sai che il giornale è stato chiuso?”
“E allora?”, chiese Felzer.
Lui rimase lì per lì senza risposta, d’altra parte Michel passò oltre. “mangiamo al piccolo bistrot qui all’ angolo, no? Hanno un buon vinello, di questi tempi”.
Non faceva cenno al Patto. Non commentava nulla. La guerra…Si comportava come sempre, al suo stesso modo. Riguardava l’ultima pagina di giornale che aveva coperto di sottolineature, sembrava leggerla e rileggerla, e a un certo punto scoppiò a ridere.
“cos’è che ti fa ridere?”
“E’ troppo lungo da spiegare. Andiamo, su, sbrighiamoci, ho una fame da lupo!”
Vallo a capire…
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Per le scale, Patrice racconta la sua versione dei fatti accaduti a Montparnasse.
“E tu cosa hai fatto?”, dice Michel….
“C’era la polizia, ti rendi conto, non ci si poteva avvicinare…”
Michel scosse la testa. Stavano scendendo per la rue Lepic. Patrice taceva. Michel domandò: “E al giornale, cosa dicono?” Patrice fece un gesto sommario ed evasivo. Non avrebbe raccontato il suo dialogo con Armand… Il bistrot era quasi vuoto, vista l’ora. L’ostessa, una signora grassoccia, con un fiocco blu chiaro attorno al collo, disse: “a quest’ora signori, niente bistecca. Ho dei gustosi maccarelli al vino bianco…poi del fegato, delle patate fritte”.
Si erano seduti vicino alla finestra, da cui si poteva ammirare la Place des Abesses. Michel aveva scostato le tendine a quadretti bianchi e rossi e si era acceso una Caporal. Fumava come un caminetto. Anche il pasto non lo fermava. “Com’è il paté-maison?” chiese Patrice. Ottimo, come pochi. Vada per il paté-maison.
Orfilat era nervoso, e attorcigliava il tovagliolo. Si guardava intorno. Non sembrava ascoltare Michel con attenzione. Perché Felzer parlava di tutto, fuorché di ciò che in quel momento appassionava chiunque, la sola cosa di cui ci si sarebbe dovuti occupare? Cosa significava quel comportamento? Forse era al corrente di ciò che pensava Patrice? Oppure anche lui…Quest’ idea fino a quel momento non lo aveva sfiorato: può essere, può essere che anche Michel…ma non voleva parlarne per primo …Gli batteva il cuore: e se questo fosse possibile? Era una speranza che al fondo lo riconsolava. Se Felzer e lui, se loro due…Trovò il coraggio di affrontare l’argomento scottante.
“Ma dimmi, cosa ne pensi tu, di questo Patto? “
Michel rivolse lo sguardo dei suoi occhi azzurri su di lui: “Che cosa vuoi che ne pensi?”
Era una risposta a doppio fondo? No. Perché Michel avrebbe dovuto fare il furbo con lui? Vuole soltanto dire che non è possibile pensare due cose in proposito. Non si immagina nemmeno per un istante che io possa pensarla diversamente da l’Humanité. E’ questa sorta di ingenuità, così sorprendente in un filosofo come lui, a costituire l’autorevole prestigio di quest’uomo agli occhi di Orfilat. Ma in quella situazione tale dirittura, così particolarmente sottolineata, aveva qualcosa d’ irritante.
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Sembrava tutto troppo semplice. Era bastata una semplice uscita di Michel a far cadere il coraggio di Patrice. Volle sondare l’amico, prima di pronunciarsi più apertamente. Davanti a tale semplicità, a tale raffinata semplicità, bisognava sapersi mascherare.
“Naturalmente, disse, non c’è che un modo di pensare al riguardo. Non ce ne sono due”
“Perché dici questo?”, lo interruppe Felzer. “Ci sono due modi”.
“Ci sono due modi, e non ci sono.  In ciò consiste il dramma…”
“Quale dramma? Si pensa ciò che si pensa. Ecco tutto. Io non vedo drammi.”
“Capisco quello che vuoi dire. Ma, ci sono tante persone lacerate, tra i nostri compagni. Per questo parlo di dramma”.
“Lacerati? Ah, si. Gli adoratori della coscienza lacerata…Guarda: io non sono tanto ferrato in questo genere di argomenti”
“Lo so, lo so… Ma pensa per esempio che la maggioranza dei francesi si è fatta una sua opinione opposta alla tua…è un dramma, questo. A meno che non si sia diventati dei trotzkisti…!”
“Ma di che parli? Lascia perdere i trotzkisti. Non si diventa trotzkisti. I trotzkisti sono agenti di polizia, punto e basta. Non costituiscono un problema teorico e filosofico”.
Cosa si può rispondere ad un personaggio del genere? E’ un semplificatore, e a forza di semplificare, complica…
“Mi spiego meglio: noi siamo dei maggioritari…e se la maggioranza del popolo francese si mette a pensare…”
“Essere maggioritario non vuol dire conformare il proprio pensiero a quello di una maggioranza di fatto; vuol dire considerare come unico fine valido, e come unico modo di agire, quello di conquistare la maggioranza a ciò che si pensa..”
“Non mi faccio capire. Io parlavo di dramma, il dramma di trovarsi di colpo in contrasto con il popolo francese…”
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“Chi pensi tu che sia in contrasto col popolo francese? Ci sono vari modi di trovarsi in contrasto col popolo. Per esempio, Marx nel 1870…tu lo sai, lui non era d’accordo sul fare ricorso alle armi, e all’insurrezione. Poi, quando è sorta la Comune, egli disse che non si poteva non essere d’accordo col popolo e non si poteva separare la propria sorte da quella del popolo anche al rischio della vita”.
“Bene. Appunto per questo…”
“Appunto. Il disaccordo iniziale di Marx col sentimento popolare non ha nulla in comune con, per esempio, la dissociazione di Barbey d’Aurevilly dai combattenti di Parigi…tu ricordi quando Barbey faceva lo spionaggio per conto di Versailles…”.
“Non conosco questa storia. Cosa fece Barbey…?”
“Non è che un esempio. Ce ne sono altri. Voglio dire che anche la discussione sui mezzi, il disaccordo sui metodi impiegati non consente di distaccarsi dai propri compagni e dal proprio popolo… si può fare quel che si vuole; ma per quanto lui abbia scritto, nulla può cancellare il fatto che sia letteratura di un traditore…letteratura di una spia”.
Patrice non prestava più ascolto.
Era solo preso dall’ idea che di un personaggio come Barbey d’Aureivilly, scrittore che aveva un posto di primo piano nella nostra storia letteraria, nessuno ricordava più che fosse stato un traditore, una spia…..di lui non restavano che i suoi libri, il suo stile, quella magnifica prosa…Quel pensiero gli somministrava una specie di ebrezza, un senso di sicurezza per il futuro. Di cosa parlava Felzer? “Cosa siamo noi? A favore o contro la classe emergente, a favore o contro le forze del progresso…Ci sono due modi di pensare: quello dei combattenti e quello dei crumiri, sabotatori di scioperi…”.
“Ma chi sono oggi i sabotatori? Tutta la questione è lì. Io sono contro Hitler. E tu, che sei Ebreo, tu non puoi non essere contro Hitler…”.
“Cosa c’entra nel merito il fatto che io sia Ebreo o no? Non è un punto di vista. E’ chiaro, o no, chi sono i sabotatori?”
“Certo. Io sono contro Hitler. I russi non hanno chiesto quale fosse il nostro parere per trattare con lui. E’ evidente chi sono i sabotatori…”
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Felzer aveva poggiato i pugni stretti sul tavolo. Si era quasi alzato e sporgeva con il corpo sul piatto del paté-maison. “Vattene, disse, su, vattene!”
Patrice lo guardò mezzo sconvolto. Abbassò gli occhi sul piatto, poi fissò Michel, e cercò di  balbettare “ma che dici”…
“Vai a pranzare da un’altra parte, disse Michel, su vattene!”
La bruna grassoccia col fiocco bleu stava portando il fegato di vitella. Vide Patrice alzarsi da tavola e uscire. Restò sorpresa con i piatti in mano, e si rivolse al cliente che restava: cosa doveva fare? Felzer mandò giù un respiro profondo. Poi fece un cenno con la mano: “Lasci pure le due porzioni. Ho una fame da lupo”.
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ribbit-darthvalz · 5 years ago
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Superbia e civiltà
“Correggetemi se sbaglio, ma non credo di essere una persona superba. La superbia non mi si addice, come il conflitto. Ho dovuto smussare il mio carattere, perché come sempre convinta che l'errore partisse da me, non per crocifiggermi, ma per un senso di umiltà. L'unica cosa cristiana che capisco e che accetto, è che siamo umani e che sbagliamo, che l'umiltà ci rende ricchi, perché riconoscendo l'errore si può solo migliorare.
Oggi ho avuto il solito dibattito, potevo evitarlo, stare zitta e far finta di non sentire quello che borbotta mio padre da settimane. Un padre incapace di vedere i propri errori, incapace di ascoltare e minimamente di capire "perché valentina non c'è mai a casa?" beh... ti rispondi da solo ogni volta che parli. Era una discussione futile, si era incazzato perché Conte ha fatto il discorso a tarda notte, bofonchiando cose come "EH DECIDONO TUTTO LORO, IN QUATTRO GATTI, DOVREBBE PARLARE IL MINISTRO DELLA SALUTE, NON IL CAPO DELLA CROCE ROSSA BUBUBUBU" io ho cercato di spiegargli che evidentemente non potevano fare diversamente, che sicuramente non era a sfregio, visto che poi la notizia è stata girata a tutti i giornali, e che molto banalmente, finché una decisione viene presa e resa nota ai cittadini, non ha di che lamentarsi, gli sarebbe piaciuto se avessero deciso tutto alle nostre spalle? come una persona a lui tanto cara?Di fatto ha poi citato anche salvini, gli ho fatto notare che lui ha avuto un comportamento pessimo, che si atteggiava a capo del governo, "EH MA SONO I MEDIA CHE L'HANNO DIPINTO COSì" oh ti prego, dimmi quanto non somigliava a mussolini durante i suoi discorsi, dimmi quanti giorni è stato a fare il suo lavoro, dimmi quante parole d'amore ha riservato ai suoi contestatori... visto che NEL DIBATTITO, la ferocia non serve se vuoi essere un leader giusto, sii umile, ascolta e rispondi, non URLA E SBRAITA COME UN MACACO PIENO DI SE. Ma non lo capisce, non ascolta, borbotta ancora, alzando la voce, lui e mia madre. 
E mia madre è quella più subdola, perché rigira la frittata, dice le stesse cose come un disco rotto, si nasconde dietro al "AH VA BENE, ALLORA NOI SIAMO GLI IMBECILLI E TE SEI QUELLA CHE SA SEMPRE TUTTO!" visto che travisano ogni parola dei giornalisti, dei politici, di chiunque, alla terza volta che gli spiego che non capisco dove sia il problema di fare una diretta a mezzanotte, che le linee generali per proteggersi dal corona sono state ripetute ventimila volte, che ogni regione è chiusa ma che ogni comune "fa come gli pare" ma perché ogni comune ha dei fondi e sopratutto UNA DENSITA' DEMOGRAFICA differente (cioè non puoi mettere tot militari a milano come a bientina... mi pare logico) insiste col dirmi che HAI SEMPRE RAGIONE E NOI SIAMO GLI IMBECILLI.
sì lo siete. Siete imbecilli perché è la gente come voi, poveri ignoranti, che si fa intortare dagli stronzi come salvini. La gente così che non ha nulla e che ha meno di nulla perché non accetta di ascoltare, non accetta che il più giovane sia di vedute più ampie, non accetta alcun tipo di spiegazione. Sembra che guardiamo dei telegiornali completamente diversi, io gli ho pure detto che dovrebbe imparare ad argomentare, invece di fare l'ignava, non schierarsi, per poi dire "eh però... gli immgirati..." "eh però... veramente dove sono quelli di medici senza frontiere..."Brava codarda e ipocrita, che lanci  merda sui tuoi figli solo perché provano a farti capire. Io sono umile, mi faccio da parte, non mi lascio trascinare dall'ira, so di avere ragione, ma non posso combattere una battaglia così, non posso vincere contro decine di anni di ignoranza e scetticismo nei confronti dello stato. Non posso continuare a farmi dire "TU HAI SEMPRE RAGIONE E NOI SIAMO GLI IGNORANTI, BRAVA" con tono triste ma aggressivo, perché le madri ti spingono sempre sul senso di colpa e se poi sbotti "SEI CATTIVA CON ME, MI TRATTI MALE" 
No, non ti tratto male, perché potevo decidere di smettere di lottare contro tutto il peso che reggo. Contro il disagio del vivere con due genitori così, i ricordi, le umiliazioni, la non serenità, il disturbo alimentare, la depressione... e a quel punto ti saresti portata sulla coscienza, fino all'ora della morte, una figlia che non avresti più avuto. E mi dispiace rinfacciarle il mio disagio, rinfacciarle che sono stata male, farla piangere, ma non mi lascia scelta... e stavolta mi sono fermata prima, perché non ha totalmente colpa lei, se è ignorante. Però non fa altro che spingermi più verso il limite di sopportazione, e io alzo l'asticella e mi fermo prima di sbottare, prima di dirle le cose cattive che davvero la farebbero piangere, le cose che ti fanno pensare e guardare dentro per un momento. E sarebbe più facile per me, vincerei sempre, ma non ho voglia di fare la bulla, di usare la superbia e il vittimismo. Voglio essere migliore.”
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paoloxl · 6 years ago
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, è vero: una società ha diritto di difendersi dai suoi membri che non rispettano la legge ma, a mio parere, non lo dovrebbe fare dimostrando di essere peggiore di loro o, ancora peggio, creando un clima da far west.
La proposta di legge per riformare la legittima difesa, come deterrente a furti e rapine, mi fa paura e mi fa temere non certo per i rapinatori o per i ladri, ma per le brave persone, nel caso venissero derubate o rapinate, perché se un bandito sa che può essere ucciso, a sua volta tenterà di sparare per primo.
Chi è mentalmente malato (pedofili e simili), chi è in astinenza da droga, chi si sente in guerra contro il mondo per motivi religiosi o politici, non ha sostanzialmente paura di andare in carcere o di essere ucciso. Infatti, alcuni non hanno neppure paura di farsi saltare in aria nel nome del Dio di turno. La possibilità di essere ucciso non fa paura neppure ad uno che ha fame e molti ladri provengono da situazioni di degrado, emarginazione, povertà e altro.
Molti delinquenti si sentono in guerra verso la povertà, coltivano un sogno di vita diversa, un destino migliore e, sapendo che potrà loro capitare di ricevere una fucilata alle spalle, accetteranno di ammazzare per non essere ammazzati.
Leggete qui sotto questo articolo di Daniel Monni e capirete che questa non è una buona legge per la nostra società.
Carmelo Musumeci 
 BREVI NOTE SULLA RIFORMA DELLA LEGITTIMA DIFESA
“ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame…ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”
-DE ANDRE’ F., Nella mia ora di libertà–
            “Onorevoli colleghi! I recenti fatti di cronaca relativi a violente aggressioni in abitazioni private a scopo di furto e a rapine presso attività commerciali quali la rivendita di tabacchi, di prodotti petroliferi o di preziosi che vengono sempre più di frequente perpetrate ai danni dei nostri concittadini, ci impongono, nella nostra responsabilità di legislatori, di verificare che il nostro ordinamento sia adeguato per contrastare e prevenire tali fenomeni […] La norma dell’articolo 52 del codice penale appare […] insufficiente a garantire una possibilità di difesa da aggressioni violente, soprattutto nella parte in cui richiede, affinché ricorra la legittima difesa, la proporzionalità tra difesa e offesa[1]”: questo è, in estrema sintesi, il pensiero che anima la recentissima proposta riforma della legittima difesa.
            La novella legislativa si comporrebbe, infatti, di quattro articoli:
            -il primo aggiungerebbe il seguente comma all’art. 52 c.p.: “si considera che abbia agito per difesa legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone, con violazione del domicilio di cui all’art. 614 […][2]”;
            -l’articolo due inasprirebbe le pene per il delitto di furto in abitazione;
            -il terzo intenderebbe subordinare la sospensione condizionale della pena al “pagamento integrale dell’importo dovuto per il risanamento del danno alla persona offesa[3]”;
            -l’articolo quattro, infine, vorrebbe escludere dai benefici penitenziari i condannati per furto in abitazione e furto con strappo.
            Partiamo da un presupposto banale: la legittima difesa nasce come una presa d’atto del fallimento della capacità di prevenire reati dello stato. In quel determinato caso concreto, infatti, l’ordinamento non ha saputo prevenire la commissione di un reato e non è riuscito a tutelare il privato cittadino da un’aggressione. La legittima difesa configura, dunque, una sub specie di stato d’eccezione. Se questo è vero, e lo è, allora diviene imprescindibile dettare in modo chiaro gli elementi costitutivi della stessa: in caso contrario, infatti, si aprirebbe un’insanabile falla giuridica, poiché “si allargherebbero incondizionatamente i confini di operatività della legittima difesa ed ogni cittadino potrebbe disinvoltamente sentirsi autorizzato ad arrogarsi il ruolo di giustiziere nella prevenzione e repressione dei reati, con conseguenze deleterie facilmente immaginabili[4]”.
            Gli elementi costitutivi della legittima difesa, tradizionalmente, sono i seguenti:
            -attualità del pericolo;
            -ingiustizia dell’offesa ad un diritto proprio od altrui;
            -proporzione tra difesa ed offesa;
            -necessità della condotta difensiva.
            La riforma del 2006, invero, aveva già inciso pesantemente sulla legittima difesa, creando una presunzione assoluta di proporzionalità tra difesa ed offesa allorquando l’aggressore avesse violato il domicilio dell’aggredito[5]. Quest’ultima novella, tuttavia, non consentiva-e non consente-“un’indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma presuppone un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri[6]” e, in aggiunta, mantiene in vita il limite della necessità della condotta difensiva.
            La causa di giustificazione delineata dall’art. 52 c.p., come si può ben comprendere, deve essere maneggiata con estrema cura poiché deroga al monopolio ordinamentale dell’uso della forza e consente al privato cittadino di auto-tutelarsi: cura ed attenzione che l’attuale legislatore, ahimè, non sembra conoscere. La riforma, infatti, sembra essere dettata da un’esigenza di sicurezza sociale sorta a seguito di spiacevoli fatti di cronaca. Il legislatore, preso atto di ciò, anziché chiedersi cosa non abbia “funzionato” nella prevenzione dei reati, sembra sostenere, con i fatti, che l’unica soluzione idonea a prevenirne la commissione sia quella di aumentare i limiti edittali e, paradossalmente, consegnare nelle mani dei singoli cittadini una sub specie di indiscriminato potere di auto-difesa. È un po’ come dire: “lo stato non sa come prevenire i reati! Ma voi cittadini, da oggi, potrete reprimerli direttamente!”. Tutto questo argomentare, a ben vedere, è un nonsense giuridico e rischia di gettare, ancora di più, nell’insicurezza la popolazione.
            La proposta di riforma de quo, infatti, si presta ad almeno tre interrogativi:
“-Concedere ai privati cittadini l’uso della violenza contribuisce a prevenire i reati?
-Innalzare le pene per determinati reati distoglie il possibile criminale dalla loro commissione?
-Escludere dai benefici penitenziari chi ha posto in essere i reati di furto in abitazione o furto con strappo previene la commissione degli stessi?”.
Alla prima domanda si potrebbe rispondere affermando che la concessione dello ius puniendi ai singoli cittadini non è altro se non l’ammissione di un fallimento da parte dell’ordinamento, il quale afferma, indirettamente, di non sapere (o di non volere) reprimere i reati. È una soluzione piuttosto pilatesca del problema la quale trascura il fatto che le esigenze di sicurezza dei cittadini non possono sopirsi dando “i forconi” in mano agli stessi ma, casomai, creando condizioni sociali che prevengano la nascita di possibili criminali.
Se al secondo interrogativo si potesse rispondere affermativamente, ad oggi, si potrebbe constatare l’assenza di criminalità. I recenti legislatori, infatti, hanno fatto dell’innalzamento dei limiti edittali uno strumento “attira-consensi” e, tuttavia, la prevenzione dei reati non sembra averne, minimamente, beneficiato: anzi. Si pensi, ad esempio, con riferimento al furto con strappo al caso del soggetto tossicodipendente che, in crisi di astinenza, “scippa” la vecchietta per procurarsi i soldi di una dose: possiamo veramente credere che l’aumento della pena lo farà desistere?
La possibile risposta alla terza domanda è la seguente: non si può confondere la fase antecedente al reato con quella successiva alla sua commissione. Scopo annunciato della riforma è prevenire la commissione del furto in abitazione: credere che tale risultato si possa perseguire escludendo dai benefici penitenziari chi ha già posto in essere tali reati e, quindi, escludendo tali soggetti da misure create per favorirne la rieducazione è, sinceramente, del tutto privo di logica. Se chi ha già posto in essere quella tipologia di reato non viene rieducato, come se ne può prevenire la commissione? La prevenzione dei reati, inoltre, si ottiene “ritoccando” la fase esecutiva della pena? Credere ciò è come sostenere che per prevenire un’infiltrazione d’acqua piovana dal tetto sia sufficiente mettere delle bacinelle nei punti dove già piove. Se la fase esecutiva, oltretutto, viene modificata in pejus ed impedisce la rieducazione, chiaramente, i risultati non potranno che essere infausti.
            La proposta di riforma, in buona sintesi, sembra rispondere unicamente ad un’esigenza di sicurezza sociale che vuole travolgere qualsiasi principio giuridico. Una legittima difesa indiscriminata ed “onnipresuntiva” come quella ipotizzata nell’ A.C. 274, infatti, non può che rendere ancora più desolato l’attuale ordinamento giuridico: non solo una riforma di questo tipo non riuscirebbe a prevenire la commissione dei reati che vorrebbe reprimere ma, casomai, avrebbe l’effetto contrario di moltiplicarli. Legittimare l’uso della violenza, con presunzioni assolute di legittimità, infatti, creerebbe non pochi problemi dal punto di vista sociale: lo stato ammetterebbe di non saper prevenire i reati e di non poter difendere i propri cittadini. A ciò si aggiunga che un legislatore penale che pensa di reprimere la commissione dei reati punendo chi li ha posti in essere con “l’assenza di rieducazione”, a ben vedere, confonde due piani ben distinti: non rieducare il reo, infatti, non significa punirlo e, casomai, moltiplica la commissione di reati. Uno stato che non rieduca, paradossalmente, punisce sé stesso.
            Si potrebbero chiudere queste brevi note con una riflessione: “si sente spessissimo parlare di sicurezza sociale e, altrettanto spesso, in nome di quest’ultima si vorrebbe sacrificare la rieducazione della pena sancita dall’art. 27 della Cost…quale articolo della Costituzione, tuttavia, sancisce il primato della sicurezza sociale?”.
Dott. Daniel Monni
Settembre 2018
[1]Proposta di legge, atto parlamentare n. 274 d
[2] Ibidem
[3] Ibidem
[4] SARNO F., SARNO M., L’evoluzione della legittima difesa, Milano, 2008, pagina 7
[5] Cassazione Penale, 9 febbraio 2011, n. 11610
[6] Cassazione Penale, 14 novembre 2013, n. 691
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