#frutti tropicali
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[ph. Mirco Lorenzi]
Si è conclusa domenica 5 marzo la residenza creativa di Catinca Draganescu con una prima presentazione di alcuni dei materiali di ricerca che sta sviluppando intono al progetto The future belongs to those who hope. Nel contesto del progetto europeo Stronger Peripheries, Catinca e il suo team hanno lavorato attorno alla tematica Right to the future declinandola attorno ai concetti di comunità e utopie di futuri possibili.
In questa primissima fase di lavoro il dispositivo che hanno individuato per coinvolgere spettatori e spettatrici di Mondaino nel loro processo di ricerca si rifà al teatro partecipativo alla Roger Bernát: si tratta di un gioco socio-interattivo che prova a riflettere sulle dinamiche che si creano in una comunità temporanea di spettatori-attivi e sulle reazioni che si innescano nella platea di spettatori-osservatori.
Il pubblico entra e viene accolto sul palcoscenico da tre performer che guideranno il gioco; lo spazio è inizialmente vuoto e circondato da sedie sui lati. L’interazione si apre con una serie di domande che invitano alla partecipazione e conducono all’autoselezione dei partecipanti: chi desidera essere attivo nel gioco si alza in piedi e chi desidera esserne il testimone resta seduto.
L’architettura drammaturgica progettata per gli spettatori si sviluppa all’interno di un preciso frame di istruzioni e domande utili ad orientare le azioni e le riflessioni del pubblico. Come proprio del paradigma partecipativo di Bernát anche qui è nei bivi, nelle biforcazioni che «si inserisce l'azione dello spet-atore, spesso alle prese con domande che contemplano risposte diferenti, senza approdare a una conclusione certa» (Pedullà 2015, p. 40). L’espediente d’innesco è la fine della Terra, devastata da disastri naturali, riscaldamento globale e guerre e il trasferimento di alcuni esseri umani in un pianeta sconosciuto. Sbarcano in nove dall’astronave alveare e, dopo esercizi fisici e di immaginazione, iniziano a costruire il nuovo pianeta con piante e frutti tropicali, aria sana e acqua potabile.
Poi si presentano, alcuni con nomi reali altri con nomi immaginari e ognuno di loro porta dalla Terra precisi desideri da conservare: fratellanza, pace, autogestione, creatività, equità, tranquillità, simbiosi, tutela per cambiamenti individuali.
Attraverso sfide sia fisiche che dialogiche si crea una sorta di comunità temporanea che mette in moto per renderli visibili e così disinnescarli, in maniera ludica e ironica, gli stessi meccanismi che si attivano nella realtà: nel momento in cui vengono date precise regole che limitano la sopravvivenza del gruppo sul pianeta si creano alleanze, si autoproclamano leader, si solidarizza provando a portare l’attenzione sulle proprie opinioni...
Chi resta vivo? Chi è disposto a sacrificarsi per mantenere intatto il numero dei 15 possibili abitanti umani del nuovo pianeta? Tornare indietro o restare? Discutere per trovare una soluzione ottimale e condivisa o votare “democraticamente” per arrivare alla soluzione finale? Queste sono solo alcune delle questioni che si aprono durante le quasi due ore di incontro che hanno colpito e appassionato gli spettatori e le spettatrici che hanno partecipato anche all’incontro successivo con la compagnia, durante il quale sono state dipanate le tematiche del lavoro e non sono mancati i feedback sia da parte dei partecipanti attivi che soprattutto dai testimoni che hanno condiviso con gli artisti le loro impressioni, la loro “invidia” nel guardare da fuori e il loro parteggiare per alcune delle decisioni prese o al contrario suggerire possibilità che non erano state immaginate nel corso del gioco.
*Pedullà, C. (2015). Lo spett-attore: il teatro partecipato di Roger Bernat. Antropologia E Teatro. Rivista Di Studi, 6(6).
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Catinca Draganescu's creative residency ended on Sunday, March 5, with a first presentation of the research materials. The project The future belongs to those who hope is developping in the context of the European project Stronger Peripheries; Catinca and her team have been working around the theme Right to the future by declining it around the concepts of community and utopias of possible futures.
At this very early stage of their work, the device they have identified to involve spectators of Mondaino in their research process is based on Roger Bernát-style participatory theater: it is a socio-interactive game that tries to reflect on the dynamics that are created in a temporary community of spectator-activists and the reactions that are triggered in the audience of spectator-observers.
The audience enters and is welcomed to the stage by three performers who will lead the play; the space is initially empty and surrounded by chairs on the sides. The interaction opens with a series of questions that invite participation and lead to self-selection of participants: those who wish to be active in the game stand up and those who wish to be the witness remain seated.
The dramaturgical architecture designed for the spectators is developed within a precise frame of instructions and questions useful for guiding the audience's actions and reflections. As proper to Bernát's participatory paradigm, here too it is in the forks, the bifurcations that "the action of the spectator-viewer is inserted, often grappling with questions that contemplate diferent answers, without landing at a certain conclusion" (Pedullà 2015, p. 40). The trigger device is the end of Earth, devastated by natural disasters, global warming and wars, and the relocation of some humans to an unknown planet. Nine of them disembark from the hive ship and, after physical and imaginative exercises, begin to build the new planet with tropical plants and fruits, healthy air and clean water.
Then they introduce themselves, some with real names others with imaginary names, and each of them brings from Earth precise desires to preserve: brotherhood, peace, self-management, creativity, equity, tranquility, symbiosis, and protection for individual changes.
Through both physical and dialogical challenges, a kind of temporary community is created that sets in motion to make them visible and thus defuse, in a playful and ironic way, the same mechanisms that are activated in reality: the moment precise rules are given that limit the group's survival on the planet, alliances are created, self-proclaimed leaders are made, solidarity is established by trying to bring attention to one's own opinions...
Who stays alive? Who is willing to sacrifice themselves to keep the number of the 15 possible human inhabitants of the new planet intact? Go back or stay? Discuss to find an optimal and shared solution or vote "democratically" to arrive at the final solution? These are just a few of the questions that opened up during the nearly two-hour meeting that impressed and impassioned the spectators and viewers who also participated in the subsequent meeting with the company, during which the themes of the work were unraveled and there was no shortage of feedback both from active participants and especially from the witnesses who shared with the artists their impressions, their "envy" in watching from the outside and their siding with some of the decisions made or on the contrary suggesting possibilities that had not been imagined in the course of the play.
*Pedullà, C. (2015). Lo spett-attore: il teatro partecipato di Roger Bernat. Antropologia E Teatro. Rivista Di Studi, 6(6).
#catinca draganescu#stronger peripheries#right to the future#the future belongs to those who hope#performing arts#teatro partecipativo#roger bernat#pane quotidiano
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A zonzo per la Francia: Gaston Lenotre
Il maestro della pasticceria francese nel Novecento… Gaston Lenotre nacque il 28 maggio 1920 a Saint-Nicolas-du-Bosc in Normandia, primogenito di due cuochi che fin dalla sua infanzia lo condussero nel meraviglioso mondo dell’arte della cucina francese. Poco più che ventenne Gaston dovette affrontare il terribile periodo della Seconda Guerra Mondiale, anni dove il settore gastronomico in gran parte del mondo crollò totalmente. Nell’immediato dopoguerra, il giovane cuoco dimostrò una grande forza d’animo e iniziò a girare Parigi con la bicicletta vendendo i suoi cioccolatini a chi incontrava per strada e nel 1947 riuscì, con la prima moglie Colette, ad aprire la sua prima pasticceria nel leggendario 16esimo arrondissement. Gaston si fece notare da subito, infatti nelle sue ricette ridusse le quantità di zucchero e farina, oltre a sostituire a classica crema pasticcera con una mousse aromatizzata anche con frutti tropicali come la guava, il lime e il mango. I suoi dolci erano leggeri, freschi e il burro utilizzato era sempre il migliore sul mercato oltre ad aver portato, primo in Europa, la cultura culinaria giapponese soprattutto per l’arte dell’impiattamento, dove il dolce deve apparire accattivante ed elegante nascondendo la tecnica e la precisione necessarie a realizzarlo. Tra le sue innovazioni tecniche ci furono il raffreddamento controllato veloce e l’utilizzo della gelatina nelle mousse, oggi usate dai più grandi pasticceri e che permettono una migliore conservazione del dolce. Dalla fine degli anni sessanta Gaston aprì una società di catering, oltre a diversi ristoranti che conquistano le tre stelle Michelin e una scuola di cucina a Parigi da dove sono usciti fino ad oggi quasi tremila professionisti che sono ancora parte del mondo gastronomico francese. Amava spesso dire che “La pasticceria è il miglior allenamento anche per gli chef grazie alla precisione e alla perfezione necessarie; il pasticciere invece deve conoscere i sapori e giocare con gli abbinamenti andando anche oltre la classica dolcezza“ al punto che Paul Bocuse, suo grande amico e collega, dopo aver assaggiato l’Operà, la torta di mandorle farcita con crema al caffè e glassata al cioccolato di sua invenzione, disse che “Gaston sorprende come Monsieur Dior nella moda“. Nel 1982 il pasticcere fondò, con Bocuse e Roger Vergé, il Pavillon de France pressò il Walt Disney World Resort di Orlando, in Florida. Gaston Lenotre morì l'8 gennaio 2009 nella sua casa di Sennely ed è sepolto nella basilica di Notre-Dame-de-la-Couture, a Bernay e suo nipote Patrick continua la sua storia come rinomato chef e pasticcere. Read the full article
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Madeira è l'arcipelago delle meraviglie del Portogallo, a 500 km dalle coste africane, dove il clima è sempre mite e i paesaggi sono mozzafiato. Se state pensando ad un viaggio in Portogallo, vale la pena concedersi una lunga sosta nella bellissima isola dell'Atlantico che, a ragione, viene anche chiamata "giardino galleggiante". L'arcipelago di cui fa parte è composto da 8 isole, Madeira e Porto Santo sono le uniche due abitate.
L'isola di Madeira gode di un clima mite tutto l'anno. In questo arcipelago dove è sempre primavera, la stagione autunnale è forse il periodo migliore per visitarla: è notevolmente più mite delle isole Azzorre e le piogge sono meno frequenti; i mesi di ottobre e novembre sono anche molto più economici affollati rispetto all'alta stagione e in città e sulle spiagge non troverete folle di turisti della stagione estiva. Vale la pena visitarla per i suoi paesaggi incontaminati, le sue spiagge paradisiache, le montagne e i paesini.
Madeira è l'isola perfetta per chi ama il trekking, potrete scegliere tra numerose escursioni e percorsi di trekking. L'isola è ricca di sentieri di montagna, ma i percorsi più memorabili si trovano sulle levades, i particolari canali di irrigazione costruiti a Madeira a partire dal sedicesimo secolo che attraversano la massa basaltica dell'isola per trasportare l'acqua dal nord al sud dell'isola.
Salite fino al Pico de Ruivo per godere dello spettacolare panorama sull'isola o percorrete il trekking delle 25 fonti che vi porterà in mondo magico fatto di cascate, boschi e natura lussureggiante in tre ore di cammino.
Un altro bel sentiero è quello sulla costa di São Jorge, un percorso scavato nella roccia di circa 3 km. Il momento ideale per fare trekking a Madeira è ad ottobre e novembre quando le temperature sono decisamente più miti rispetto ai mesi precedenti.
Ma non è tutto, l'isola è il paradiso della gastronomia, specialmente per chi adora la frutta, il pesce fresco e il buon vino.
Vale la pena assaggiare le piccole banane dell'isola, le castagne o i frutti tropicali come la guava o la cherimoya. Se amate il pesce e i frutti di mare assaggiate i filetti di pesce coltello o le bistecche di tonno con contorno di croccante mais fritto, il polpo e i frutti di mare (patella e littorina).
Fatevi servire una Coral fredda (la birra lager prodotta sull'isola) e una porzione di patelle come aperitivo, non ve ne pentirete. Il mercato più famoso dove poter assaggiare queste prelibatezze è il Mercado dos Lavradores di Funchal.
Sull'isola troverete moltissimi vigneti, specie nelle zone di Funchal, Estreito Câmara de Lobos, Ribeira Brava, Porto da Cruz, São Vicente e Ribeira Janela. Potrete passeggiare per le vigne, visitare le cantine, fare percorsi degustativi e prendere parte alla vendemmia.
Madeira è l'isola perfetta per chi fa surf. L'inverno è il momento migliore per andare a fare surf in Portogallo, ma l'autunno offre comunque delle buone possibilità per trovare onde perfette specie sui litorali occidentali e sud occidentali; non è detto che non troviate buone onde anche sull'isola di Porto Santo.
Disseminati sull'isola ci sono anche tanti piccoli paesini di pescatori dove la vita scorre lenta e tranquilla.
Fermatevi a Santana, un vero e proprio villaggio da favola fatto da casette colorate dai tetti di paglia che hanno la forma tipica di una capanna, vi sembrerà di essere in una favola dei fratelli Grimm.
Non perdete le spiagge nere di Prainha e di Praia da Lagoa. Raggiungete le spettacolari piscine naturali di Porto Moniz create dalle rocce di origine vulcanica: qui la temperatura dell'acqua è più calda rispetto a quella dell'Oceano per via della zona di ristagno creatasi grazie alle rocce.
La miglior destinazione per gli amanti delle spiagge sabbiose nell’arcipelago di Madeira è senza ombra di dubbio l'isolotto di Porto Santo. Lungo i 100 chilometri di costa dell’isola troverete distese di sabbia nera vulcanica, spiagge di sabbia dorata e baie di ciottoli
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BODYKEY BY NUTRILITE BARRETTE SOSTITUTIVE DEL PASTO🍫 Sostituire 2 pasti al giorno, all'interno di una dieta ipocalorica con una barretta sostitutiva del Pasto Bodykey, contribuisce alla perdita di peso e al raggiungimento degli obiettivi di controllo del peso 🍫Una volta raggiunto il peso ideale basta sostituire un solo pasto con una barretta sostitutiva 🍫Sono arricchite con ben 13 vitamine e 11 minerali.🍫Contribuiscono al normale metabolismo energetico e al normale metabolismo dei macronutrienti. 🍫Contribuiscono al normale funzionamento degli enzimi digestivi. 🍫Non contengono coloranti e conservanti artificiali e sono prive di OGM. 🍫Non contengono oli/grassi parzialmente idrogenati. 🍫2 gusti deliziosi, con tantissimi ingredienti di origine naturale, per sostituire uno o due pasti al giorno. 🍫GUSTO CIOCCOLATO FONDENTE con fave di Cacao e Mandorle 🍫GUSTO FRUTTI TROPICALI con Mango, Mela, Albicocca, semi di Girasole e Lino. 🍫Ogni confezione da 812 gr. contiene 14 barrette da 58 gr. 📱Chiedimi come avere lo sconto del 10% su Messenger, lasciate un SMS vi risponderò appena possibile o mandatemi un email a:[email protected]
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🍈🥭FRUTTI SCONOSCIUTI E DOVE TROVARLI🍍🥥
Una delle cose che mi fa impazzire nel vivere in Kenya sono le scoperte quotidiane. Oggi giorno imparo qualcosa di nuovo ed incredibile, l’Africa credo che non smetterà mai di stupirmi!
Ho deciso così di diventare una cacciatrice di frutti strani 😂 ed incredibilmente continuo a trovarne di nuovi !! Alcuni non hanno neanche un nome e perfino la gente locale non sa cosa siano, ma questo è il bello... io nel dubbio li assaggio tutti !!
Nome: indefinito
Sapore: simile al passion fruit ma dal sapore più delicato
Caratteristiche: l’interno è bianco
Consistenza: buccia dura, interno molle
Nome: Tree Tomato (?)
Sapore: ricorda la papaya
Caratteristiche: simile al passion fruit, l’interno è rosso
Consistenza: molle come un pomodoro
Nome: indefinito
Sapore: ricorda il cetriolo
Caratteristiche: la buccia è dura e ha le spine
Consistenza: cetriolo
Sere
www.kihinee.com
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La Calabria del cambiamento climatico: il boom dei frutti tropicali
Mango e frutto della passione al posto di arance e clementine: è il futuro dei nuovi imprenditori agricoli del Mezzogiorno e, in particolare, del sud della Calabria. Tutto merito dell'aumento delle temperature e di estati sempre più lunghe
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Il post sulla vicina simil Chastain e la giungla di piante mi ha fatto ricordare il condominio dove vivevo da bambina.
Anche lì c'era un signore così ossessionato dalle piante da averne in ogni stanza possibile, alberi inclusi, e ogni stanza aveva la temperatura più adatta. Chissà il costo della bolletta per il settore frutti tropicali... Tutte senza vaso, direttamente sul pavimento. Pavimento che crollò, dopo eroici sforzi, nell'appartamento sottostante sfitto da tempi immemori.
Tutti si erano rotti le palle, c'erano diversi problemi dovuti alla sua ossessione, quindi la minaccia silenziosa era lasciargli pacchi di sale davanti alla porta.
'sta cosa del sale te la rubo.
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MOUSSE SOFFICE AI FRUTTI TROPICALI Buona, gustosa e senza colesterolo😆 Un buon dolce deve essere: -bello -buono -ben bilanciato
#dolcivegani#scuolapasticceriavegana#marialuisalucherini#veganpastrychef#senzalatte#senzauova#senzacolesterolo#senzaglutine#mousse
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Moltiplicazione dell'Ananas: Guida Completa
Ciao a tutti, qui è Andrea! Come state? Spero che il vostro weekend sia stato rilassante e che siate pronti a iniziare una nuova settimana piena di energia e novità. Oggi è lunedì, e cosa c'è di meglio che iniziare la settimana con un nuovo argomento affascinante per tutti gli appassionati di giardinaggio che ci seguono su GiardinoWeb? In questo articolo, voglio parlarvi di una tecnica molto interessante e forse un po' insolita per molti: la moltiplicazione dell'ananas. Sì, avete letto bene! Anche se può sembrare un frutto esotico lontano dalla portata dei nostri giardini europei, vi sorprenderà sapere quanto possa essere semplice propagarlo anche a casa nostra. Non solo è un processo gratificante, ma è anche un ottimo modo per riutilizzare la parte superiore del frutto che solitamente viene scartata. Prepariamoci quindi a scoprire insieme come trasformare la vostra passione per il giardinaggio in un'avventura tropicale. Passo 1: La Selezione dell'Ananas Il primo passo per una buona moltiplicazione è la selezione dell'ananas giusto. Preferite frutti che siano maturi al punto giusto, con foglie verdi e fresche. Evitate frutti con foglie secche o danneggiate, poiché potrebbero influenzare negativamente il processo di radicazione. Passo 2: Preparazione della Corona Una volta selezionato il frutto, il passo successivo è preparare la corona dell'ananas per la piantagione. Per farlo, afferrate fermamente la corona con una mano e il resto del frutto con l'altra, e ruotate delicatamente fino a quando non si stacca. Un altro metodo è tagliare la parte superiore del frutto, lasciando circa un centimetro di polpa sotto la corona. Prepariamo la nostra Ananas Passo 3: Asciugatura e Rimozione delle Foglie Inferiori Prima di procedere con la piantagione, è importante lasciare asciugare la corona per qualche giorno per prevenire la formazione di muffe o marciumi. Inoltre, rimuovete le foglie inferiori per esporre circa 2-3 cm di stelo, che sarà la parte che radicherà nel terreno o nell'acqua. Tagliamo bene e lasciamo asciugare prima di metterla nel vaso con terra Passo 4: Radicazione Per la radicazione, avete due opzioni: potete optare per l'acqua o il terreno. Se scegliete l'acqua, posizionate la corona in un bicchiere riempito in modo che solo la base dello stelo sia immersa. Cambiate l'acqua ogni due giorni per mantenere un ambiente pulito. Se preferite il terreno, piantate direttamente la corona in un vaso con terra fertile e ben drenante, mantenendola umida ma non inzuppata. Mettiamo in un vaso con terriccio buono la nostra piantina di Ananas Passo 5: Attesa e Trapianto La radicazione richiede pazienza. Se avete scelto il metodo dell'acqua, una volta che le radici hanno raggiunto una lunghezza di circa 3-4 cm, potete trapiantare la corona in un vaso. Scegliete un luogo nella vostra casa dove l'ananas possa ricevere molta luce, ma evitate l'esposizione diretta al sole nelle ore più calde. Con successo la nostra Ananas ha messo un bellissimo apparato radicale. Passo 6: Cura dell'Ananas La cura dell'ananas non richiede particolari attenzioni. Assicuratevi che il terreno rimanga umido e fornite un fertilizzante ricco di potassio durante la stagione di crescita per promuovere lo sviluppo del frutto. Prendiamoci cura della nostra bellissima pianta di Ananas. Ecco fatto, amici di GiardinoWeb! Avete ora tutte le informazioni per iniziare la vostra avventura nella moltiplicazione dell'ananas. Non vedo l'ora di vedere le foto delle vostre piante tropicali e di condividere insieme a voi la gioia di vedere crescere un pezzo di esotico paradiso proprio a casa vostra. Buon giardinaggio a tutti e alla prossima! Read the full article
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Utilizzata da 20 anni in Giappone ma vietata negli USA e non autorizzata in Europa, la bacca di questa pianta originaria dell’Africa Occidentale ha la proprietà di rendere dolce e piacevole tutti i cibi aspri e amari, senza contenere zucchero e anzi non attiva l’insulina e quindi è perfetta per i diabetici e per chi è in sovrappeso. Ma negli anni 70 è stata vietata per motivi che risultano poco chiari.
E’ stata scoperta all’inizio del ‘700 da un esploratore francese che aveva notato come i nativi dell’Africa occidentale usavano i frutti della Synsepalum dolcificum per condire le loro pietanze. La cosa strana era che le bacche non avevano nessun sapore di per sé, ma quando venivano addizionate a cibi o bevande acide, queste venivano percepite come dolci.
IL MIRACLE FRUIT DI TOKYO
In Giappone tutti quelli che vogliono assaporare un pò di dolci rispettando la propria salute sanno dove andare: ci sono molti bar-pasticcerie, come ad esempio il “Miracle Fruit” di Tokio, dove tutte le leccornie offerte lì – compresi torte, gelati, mousse al cioccolato e paste – non contengono neanche un briciolo di zucchero. E infatti, se assaggiati da sé, i «dolci» del Miracle Fruit alla frutta sono acidissimi, e quelli al caffè e al cioccolato molto amari. Ma ecco il trucco: prima dell’abbuffata, si mastica la piccola bacca rossa di Miracolina, un po’ simile al frutto della rosa canina, offerta dalla casa. Da quel momento, la lingua avverte tutti i sapori aspri e amari come dolci. Una spremuta di limone o di pompelmo sembrerà una limonata. Un caffè senza zucchero, vi sembrerà zuccherato.
LA MOLECOLA MAGICA
Infatti la Miracolina, così è stata chiamata la molecola contenuta nelle bacche del Synsepalum dolcificum, nonostante non abbia praticamente alcun sapore, ha la capacità di rendere dolce i cibi amari e aspri. Riesce ad ingannare i recettori del sapore dolce presenti sulla lingua e fa si che, ad esempio, il pompelmo sembri dolce, con effetti che durano fino a 60 minuti dopo la sua assunzione.
Il vantaggio, rispetto agli altri dolcificanti naturali, è che la miracolina è una glicoproteina non metabolizzata con l’azione dell’insulina e quindi rappresenta un’alternativa per i diabetici. Inoltre praticamente non contiene calorie.
VIETATA DALLE MULTINAZIONALI
A partire dagli anni ’60-’70 è nata una diatriba per la sua commercializzazione, fino a quando l’FDA, l’ente che autorizza e controlla l’uso di cibi farmaci in America, decise di bandire il frutto dal mercato americano con la motivazione che risultasse nocivo per coloro che soffrono di diabete. Questa pericolosità non è stata mai dimostrata. Ciò che è pericoloso per i diabetici è lo zucchero, che viene messo dappertutto, eppure nessun ente si lamenta, cosa c’è dietro quindi?
E’ curioso infatti che mentre vietava la Miracolina, l’FDA stava autorizzando la vendita dell’aspartame, il dolcificante chimico prodotto dal colosso farmaceutico Searle: un business da miliardi di dollari. Per autorizzare l’aspartame ci sono voluti 16 anni, infatti non si riusciva a fargli superare i test e oggi lo si trova in tutti i supermercati, nelle bevande e cibi light e in pseudo-zuccheri commerciati con i nomi Neutrasweet, Sucrase e così via. In Europa leggete bene le etichette: l’aspartame è indicato come additivo E 951.
L’aspartame è un comprovato neurotossico. E’ in corso in USA un processo collettivo, su richiesta di migliaia di consumatori, che chiede alla Searle 350 milioni di dollari per i danni causati dall’aspartame. Secondo le accuse, la Searle ha nascosto i danni fisici già evidenti durante le prove cliniche: avrebbe persino asportato i tumori cerebrali che si sviluppavano nei ratti da laboratorio alimentati con aspartame.
DOVE TROVARE LA MIRACOLINA
Questo frutto cresce con molta difficoltà fuori dal suo ambiente naturale, e la glicoproteina si deteriora rapidamente, impedendone l’esportazione. Cresce solo su suoli acidi, in ambienti tropicali umidi.
Per questo in Giappone si vendono i frutti surgelati e anche le pasticche di Miracolina, e sono prodotti molto richiesti e usati da almeno ventanni.
Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Università di Tsukuba è riuscita ad inserire il gene responsabile della produzione della miracolina nella lattuga, riuscendo così a produrre la glicoproteina al di fuori del frutto originario, aprendo così la strada ad uno sfruttamento commerciale.
In Europa la vendita di prodotti a base di questa pianta non è autorizzata ma non ci sono informazioni sulla sua pericolosità per la salute umana. Negli USA è ancora vietata. La stessa cosa è successa alla Stevia, che solo qualche anno fa, dopo decenni di attesa, è stata legalizzata. E’ una pianta scomoda perché è più dolce dello zucchero, non attiva l’insulina e quindi è salutare, non ha calorie e fa addirittura bene ai denti!
Fin dall’antichità si parla del miele che serviva a mandar giù l’amara medicina, e oggi abbiamo a disposizione qualcosa di ancora migliore. Infatti è perfetto per far consumare erbe salutari amare o altre sostanze senza percepire il sapore che potrebbe infastidire. Questo frutto sconosciuto potrebbe rivoluzionare il mercato dei dolcificanti, creare una nuova idea di cucina senza zucchero e rendere piacevoli i rimedi naturali. E’ tempo che l’Europa valuti la sua immissione nel mercato sulla base di prove scientifiche concrete.
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IL LIBRO LIBeRO — Irene Bendinelli
Salpammo all'alba.
Eravamo uno sparuto gruppo di curiosi spiriti all'avventura, fermamente intenti a emulare le leggendarie imprese del multiforme eroe Ulisse. Il cielo sopra di noi conservava ancora il respiro lento delle ultime luci stellate della notte, mentre stralci dorati di un nuovo giorno si preparavano a indicarci la rotta.
Eravamo privilegiati spettatori di uno scenario mai visto prima: maestoso, bellissimo, come tante rose tee da poco sbocciate in una meraviglia di colori! Il nostro giardino fiorito era lievitato, sollevato da schiumose onde del Mare-Oceano-Mari.
Cavalcammo, come intrepidi indiani nelle vaste praterie americane, verso spazi aperti, immensi, nell'infinità delle acque salate. Nessuno ci avrebbe potuti fermare! Eravamo più forti di mille eroi della mitologia greca, più coraggiosi di tutti i soldati del mondo riuniti in battaglia e più liberi di centomila palloncini sospesi nell'aere.
Il vento a favore ci guidava come un caro padre che prende il figlio per mano e lo conduce verso i sentieri della sua vita futura. Sostenuti dalla forza di Eolo, ci sentivamo padroni dell'universo, dei mari, delle terre, dell'aria e della miriade di stelle lassù.
Continuava a navigare fiera e sicura la nostra imbarcazione in legno, con tre gonfie vele bianche issate: erano tre morbide nuvole di ovatta, calate sulla linea dell'orizzonte. Intanto gli spruzzi d'acqua e sale ci rinfrescavano, permettevano di farci sentire sui volti tutta la carica esplosiva dell'estate e sancivano l'unione tra noi marinai e le creature marine. Ci sentivamo anche noi come dei pesciolini.
– Esploratori seguaci di Nemo, sgargiante bandiera a strisce bianche e arancioni, all'arrembaggio! Il tesoro dell'isola è già nostro!
Niccolò era completamente assorto in quell'avvincente lettura, che non si era distratto neanche da suoni e suonetti provenienti dal telefono mobile. A capofitto tra quelle pagine sfogliate con vivo interesse, aveva la possibilità di diventare un ottimo marinaio a bordo del vascello Poseidone.
– Agli ordini, capitano! - rispose la ciurma al completo, mentre il Mare-Oceano-Mari riempiva l'anima.
La direzione era quella giusta, puntando ancora per diverse miglia a Nord. La freschezza di quell'acqua salata, sempre più chiara e limpida, ci rinfrescava anche i pensieri, che viaggiavano leggeri leggeri, sorretti da quelle tre gonfie vele bianche.
Da marinaio semplice avevo ancora tanto da imparare, ma la passione e la curiosità non mi mancavano certamente, così controllare la nave, svolgere la regolare manutenzione e talvolta provvedere alla distribuzione del cibo nella cambusa erano attività che non mi spaventavano minimamente. In tutto questo, non perdevo mai di vista il nostro saggio ed esperto capitano Hogart, pronto a guidarci nell'impresa e a risolvere qualsiasi genere di situazione: gli imprevisti, per lui, erano semplicemente nodi di velluto da sciogliere grazie a piccole mani dalle dita elastiche.
Niccolò interruppe la lettura e si osservò le mani. Anche le sue, come quelle descritte nel romanzo, erano mani piccole, con dita peraltro elastiche, proprio perché lui era ancora un bambino. Sarebbe voluto entrare in quella storia, Niccolò, far parte di quella ciurma, aiutare il capitano Hogart a sciogliere i nodi degli imprevisti e dimostrare agli altri marinai, a se stesso, ma soprattutto ad alcuni suoi compagni di classe che aveva coraggio da vendere, anche se a scuola appariva spesso introverso. Le sue, erano ancora mani misurate per impugnare le penne e le matite, morbide per proteggere un cucciolo di gatto e delicate per assemblare in mille diverse costruzioni i mattoncini Lego. Sarebbero diventate capaci, però, non troppo tardi, di ammainare le vele, manovrare il timone, sfidare la forza dei venti e utilizzare tutti gli attrezzi del mestiere marinaresco.
Il sole, intanto, si preparava a troneggiare nel centro della volta celeste. Splendido splendente si sarebbe fatto alto, una palla infuocata, luccicando ininterrottamente sulle creste lievi di quella meraviglia che era il Mare-Oceano-Mari. E l'acqua si sarebbe ancor di più riscaldata e la vita a bordo del vascello Poseidone si sarebbe illusa di stare pigramente in vacanza.
Uno stormo di gabbiani, saziato dall'abbondanza di pesci, decollò veloce dalla superficie azzurra screziata di bianco ai chiari riflessi sconfinati del cielo, diretto verso una mèta ben precisa, per vivere una nuova stagione in un'altra terra.
Un'isola accogliente stava aspettando anche i nostri marinai.
Si delineò di lato alla loro vista un curvilineo profilo di un timido scoglio, col capo di poco alzato e ricoperto da una rigogliosa vegetazione. Mentre la distanza dal veliero all'isola si riduceva, mentre si annullava la presenza di uomini e animali nei paraggi, ardeva il desiderio di approdarvi, la frenesia di corrervi a piedi nudi e di scoprirne il fatidico tesoro. Pirati e galeotti si erano sfidati, su altri mari e in altre epoche, per appropriarsi di gemme e monete in quantità; temerari cercatori d'oro si erano spinti per secoli oltre quelle acque, per nobilitare ogni volta di più le loro imprese; sognatori di altri tempi – e forse anche di questi – erano cresciuti con il sale della fantasia e la speranzosa convinzione di far rotta all'isola di Utopia.
Poche erano le carte nautiche che segnalavano la presenza di quell'isola, a differenza di molte che la ignoravano completamente, indicando al suo posto una qualsiasi corrente acquatica. Ma poiché il mistero si infittisce se un'antica pergamena polverosa viene scovata per caso in una rimessa, trovano invece il loro senso la curiosa esplorazione, l'audace avventura e l'entusiasmo della partenza.
Il capitano Hogart, da vero capitano, fu il primo a scendere dall'imbarcazione, per assicurarsi che su quella terra, emersa dai fondali marini, non si nascondessero insidie. Soltanto pappagalli dai grandi becchi gialli e dalle ampie piume variopinte, appesi sulle legnose fronde di contorte mangrovie, intonarono un acuto saluto di benvenuto.
“Ci siamo!” pensò Niccolò. “Vediamo ora cosa succede.”
I marinai, con la gioia che sarebbe esplosa nei loro petti se non fosse stata contenuta dalle divise a righe bianche e blu, seguirono fedelmente il loro capitano. Parevano una fila ordinata di formiche in processione, caute e silenziose, ma ancor più attente e curiose, alla ricerca di cibo, di briciole di pane. L'ultimo della ciurma, col viso florido e raggiante per la fierezza del compito assegnatogli, issò sulla sponda orientale della riva l'alta bandiera del Poseidone: un tridente grigio rivolto in su, sostenuto dalla possente mano destra del dio Nettuno, protettore di tutti i mari e della loro piccola compagnia.
– Ricordate il richiamo dell'eroe Ulisse ai suoi compagni di viaggio! Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza! – rimbombò così potentemente la voce di Hogart, da far volare via in un istante tutti i pappagalli che li avevano accolti.
“La conoscenza, la conoscenza!” pensai.
Da tre mesi della mia vita mi trovavo a bordo di una nave, che già consideravo come una seconda casa, io che da piccolo non volevo più uscire dalla vasca durante il bagnetto e che giocavo a ore sulle pozzanghere come fossero laghi da attraversare. Avevo imparato tanto finora: ogni uscita in mare aperto era una sfida con me stesso e con la natura, ogni gesto da compiere un esempio di solidarietà verso gli altri, ogni nubifragio una prova da superare per crescere, ogni porto raggiunto una sicurezza da custodire con affetto.
Mentre tali pensieri mi rimbalzavano nella mente, i miei piedi marciavano allineati a quelli degli altri marinai alla scoperta di quell'isola. L'aria era talmente intrisa di un silenzio paradisiaco, che si riuscivano a percepire i respiri affannati e i battiti accelerati dei nostri cuori.
Li avvertiva anche Niccolò quei respiri e quei battiti, che filtravano da quei luoghi fantastici alla cameretta reale del bambino, grazie alle pagine ingiallite di quel romanzo, appartenuto da generazioni alla sua famiglia.
L'isola, con una superficie grande quanto mille uomini in cerchio, odorava di essenze rare, di dolci profumi fruttati e di fresche fragranze floreali. Il lungo viaggio assolato sul Mare-Oceano-Mari trovava il suo meritato riposo all'ombra di nodose mangrovie, di maestose palme verdeggianti e di piante dai fiori tropicali mai visti prima, che infondevano pace e serenità.
Quell'isola era tutta per loro, per quei prodi marinai!
La costa orientale era contornata da un'innumerevole varietà di conchiglie, alghe, ricci e legnetti, adagiati su basse dune sabbiose, mentre la zona a Ovest era battuta da forti venti impetuosi, che si infrangevano su dure e ripide falesie, come se due stagioni naturali si contendessero il controllo di quella dispersa roccaforte.
Nel mezzo stavano loro, i coraggiosi marinai, in equilibrio tra estate e inverno, tra caldo e freddo, nel protetto spazio centrale dove terra, roccia, fiori e frutti convivevano in armonia. Non c'erano tracce di tesori, di bauli, di gemme e di ori, ai quali la ciurma non pensava già più, felice com'era di starsene lì tranquilla e beata. Nel cuore di quell'isola svanivano i rancori e le paure, le ansie e i problemi, sostituiti dalla calma quiete delle anime, dalle perfette solitudini ritrovate e dall' intramontabile desiderio di libertà mai sopito. Altre isole avrebbero raggiunto, altre avventure avrebbero vissuto, altre storie avrebbero raccontato, ma quella era l'isola alla quale non avrebbero più rinunciato, l'isola del Poseidone, dove ognuno si sentiva libero. Come vento libero.
Niccolò sentì entrare, dalla finestra aperta della camera, un soffio d'aria fresca. Era l'imbrunire di una sera alla fine di aprile, era la briosa brezza di quell'isola, sostenuta e tramandata dall'eco esplosivo della letteratura che aveva trasformato le pagine del libro in onde di libertà, amata libertà.
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Un mio vecchio pallino da https://ift.tt/37MvDV1
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Sei a dieta? Ricetta ai frutti tropicali
Sei a dieta? Ricetta ai frutti tropicali
Ricette per chi è a dieta!
Oggi vi invito a provare queste ricette, avvisandovi che se non siete almeno miei Clienti, difficilmente riuscirete a prepararle.
premessa obbligatoria per non creare false aspettative!
Si perché sono ricette per chi mangia i prodotti Herbalife.
Del resto il frullato o shake è un tuo pasto quindi è normale prepararlo buono, variato, usando la stessa cura con cui…
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Vuoi assaporare alcuni dei migliori piatti tipici marocchini? Hai la passione per la cucina etnica e vuoi visitare il Marocco? Scopri le dieci specialità marocchine più rinomate che ti permetteranno di assaporare la cultura di questo Paese. La cucina tipica marocchina La cucina tipica marocchina è un mix di sapori e profumi differenti, apprezzata anche dai palati più esigenti. La tradizione culinaria del Marocco ha origini lontane ed è caratterizzata dalle numerose interazioni tra popoli e culture diverse avvenute in questo Paese. La cucina marocchina tradizionale presenta infatti influenze moresche, arabe, mediterranee e berbere. Negli anni numerosi cuochi hanno perfezionato queste pietanze fino a renderle simboli indiscussi della cultura e della tradizione marocchina. I piatti marocchini sono composti da molti ingredienti, anche differenti tra loro per origine e utilizzo. Sicuramente una caratteristica importante della cultura culinaria di questo Paese è l’utilizzo di spezie ed erbe. Nonostante alcune spezie non siano originarie del Marocco, sono alla base di moltissime ricette in quanto importate da numerosi secoli. Tra i profumi più utilizzati ci sono la cannella, il cumino, lo zenzero, la curcuma, il pepe nero, l’anice, i semi di sesamo, lo zafferano, il coriandolo, il prezzemolo e la menta. Tra i prodotti tipici del paese, utilizzati spesso nelle pietanze di tutti i giorni, ci sono frutti tropicali e mediterranei, ma anche carni diverse e pesce. Tra gli ingredienti più utilizzati ci sono il montone, l’agnello, il manzo, il pollo e il consiglio. Meno presente nei piatti tipici marocchini è il pesce, che è stato inserito solo negli ultimi secoli. Tra i prodotti aromatizzanti ci sono poi il limone in salamoia, la frutta secca e l’olio d’oliva grezzo. È necessario fare un riferimento anche alle bevande, in quanto il Marocco è lo Stato più conosciuto al mondo per il tè verde alla menta. Questo particolare tipo di tè è infatti come un’istituzione nella cultura marocchina e l’assunzione di questa bevanda è sempre più spesso un’abitudine giornaliera di tanti marocchini. All’interno della dieta marocchina sono scarsi i dolci cotti ma c’è un alto consumo di frutta fresca dopo il pasto, tra i pochi dessert diffusi ci sono però il kaab el ghzal (o corna di gazzella) e l’halva shebakia. 1. Cous cous: simbolo della cucina marocchina Il cous cous è uno dei piatti più conosciuti della cucina tradizionale marocchina. In Marocco e all’estero sono numerosissime le alternative e le rivisitazioni di questo piatto: con verdure, pollo, legumi e tanto altro! Spesso infatti la ricetta originale viene adattata per renderla più occidentale, quindi meno speziata e più semplice. L’origine di questo piatto è nel Maghreb e il suo condimento spesso variava da famiglia a famiglia secondo le ricette tramandate dagli antenati. L’elemento comune di queste preparazioni è sempre stato il cous cous, composto da granelli di semola dura, spesso preparati in casa e poi cotti a vapore. Questo cereale veniva infatti cotto a vapore all’interno della casseruola o cuscussiera. Il cous cous marocchino era sicuramente un piatto dedicato alle festività o alle celebrazioni. Questa pietanza è ricca di ingredienti nonché di varianti che cambiano da città a città e da famiglia a famiglia. L’ingrediente principale è, ovviamente, il cous cous, che viene arricchito con moltissimi ingredienti. Tra i condimenti più diffusi ci sono la frutta secca, le sette verdure (carote, sedano, cipolla, pomodoro, porri, zucchine, finocchi e patate), i datteri e il cardamomo, il tfaya (con zenzero, miele, cannella, pepe, zafferano, cipolla, burro, uvetta), manzo e zafferano, frutti di mare feta e menta, albicocche e formaggio. La versione più conosciuta in occidente e sicuramente più preparata è quella alle verdure di primavera, quindi carciofi, piselli, fave, zucchine e aggiunta di aneto. All’interno del cous cous è possibile trovare poi carni come l’agnello oppure il pesce, tipico delle zone a Nord come Tangeri, nonché elementi dolci come uvetta, mandorle, miele e zucchero. 2. Tajine di carni speziate Il Tajine è uno dei piatti tipici marocchini più conosciuti. Questo piatto viene realizzato sia con la carne che con il pesce, ma è più popolare e rinomato quello con la carne in umido. Il suo nome deriva dal piatto in cui viene cotto, realizzato in terracotta spesso decorata. Questo piatto è composto da due parti differenti: l’inferiore, un piatto piano con bordi bassi, e il superiore a forma di cono che funge da coperchio e viene poggiato sopra durante la cottura. Quest’ultima parte del piatto è ideata per favorire il ritorno della condensa verso il basso e quindi per aiutare la cottura della carne. Gli ingredienti del Tajine di carni speziate sono moltissimi, in quanto questo piatto presenta numerose spezie e verdure che lo rendono particolarmente saporito. La ricetta originale ha come base il manzo, che viene cotto molto lentamente e per lungo tempo insieme a verdure e spezie. Tra i profumi più utilizzati nelle ricette tradizionali marocchine del Tajine ci sono la paprika dolce, la cannella, il sale, il pepe, lo zenzero, lo zafferano e la curcuma. Le verdure di accompagnamento alla carne sono poi solitamente le carote, le zucchine, i pomodori, i piselli, le patate e la cipolla. La riuscita di questo piatto è fondata sulla cottura, la carne deve stufare per molto tempo in modo da diventare molto tenera, nonché spesso viene gustato con del pane marocchino. Tajine, piatto tipico marocchino – Fonte: 123rf 3. Pastilla La Pastilla è un piatto tradizionale marocchino la cui origine risale alla Spagna Islamica. Infatti dopo che l’ultima città islamica della Spagna, Granada, fu sconfitta, moltissimi musulmani si rifugiarono nel Maghreb portando con sé anche alcune tradizioni culinarie spagnole. Il nome di questo piatto infatti può essere letto nella lingua spagnola come “Pastiglia”, il cui termine deriva dalla parola “pasta”. Questa pietanza è molto particolare in quanto coniuga il dolce e il salato, al suo interno sono infatti presenti sia cannella, mandorle tostate e zucchero che carni salate cotte nel brodo, prezzemolo, cipolle e spezie, quali paprika, zafferano coriandolo, aglio e molto altro. 4. Msmmen Le Msemmen (o pane marocchino) è una preparazione tipica della cucina marocchina e può essere considerato sia un piatto dolce che un piatto salato. Questo piatto può essere paragonato alle crèpes più occidentali e può essere farcito di con condimenti sia salati che dolci. La ricetta è molto semplice e gli ingredienti pochi, la preparazione di questo piatto infatti si basa sull’utilizzo della farina di grano saraceno, lievito, acqua, semola, sale e olio, nello specifico olio di semi. Nella tradizione marocchina questa ricetta viene utilizzata per la merenda o la colazione nella sua versione dolce, oppure viene farcita con peperoni, paprika e carne bianca. 5. Baghrir I Baghrir sono tra le poche pietanze dolci tipiche marocchine. Questo piatto può essere paragonato ai pancake ma la sua preparazione è molto diversa. Infatti questa pietanza della cucina tipica marocchina viene chiamata anche “pancake dai mille buchi”, a causa della superficie non liscia ed omogenea ma piena di piccole “bollicine” e fori. La ricetta è semplice e tra gli ingredienti da utilizzare ci sono la semola, la farina, il lievito, il sale, il burro e il miele. I Baghrir sono più spessi delle tradizionali crèpes ma sono molto soffici, grazie alla mancanza di ingredienti liquidi. È possibile farcirli con del miele, del burro fuso, marmellate o in alternativa con la crema alla nocciola per gli amanti del cioccolato. 6. Tanjia La Tanjia è uno dei piatti tradizionali del Marocco più conosciuti ed è attribuito in particolare alla città di Marrakech. Alla base di questa pietanza ci sono l’agnello, il cumino, lo zafferano, il burro, il limone candito e il Ras el Hanout. Quest’ultimo è una miscela di oltre trenta piante provenienti da tutto il Nord Africa e può essere considerato un’alternativa al curry. La peculiarità di questo piatto è che viene cotto all’interno di una giara di terracotta dalla quale prende il nome e viene cucinato sotto la cenere del farnatchi, un forno a legna tipico del Marocco utilizzato per scaldare gli hammam. 7. Zuppa harira La zuppa Harira è una ricetta a base di ceci e lenticchie. Questo piatto rappresenta nella cultura marocchina il conforto e la famiglia, in quanto viene consumato spesso nel lungo mese di Ramadan. In questo periodo infatti i marocchini islamici non possono consumare cibo e acqua durante il giorno, ma attraverso questa zuppa al momento del tramonto si celebra la rottura del digiuno. Anche di questo piatto ci sono moltissime varianti per tipo di carne, spezie e verdure aggiunte. Molte ricette utilizzano il manzo, altre l’agnello, alcuni inseriscono il profumo della cannella, altri le fave. Anche questo piatto prevede comunque l’utilizzo di spezie come curcuma, zenzero, cumino, prezzemolo e molto altro. Immancabili in questa ricetta sono i legumi, in particolare le lenticchie e i ceci. Zuppa harira, tipica del Marocco – Fonte: 123rf 8. Mèchoui Il Mèchoui è un piatto tradizionale marocchino che si basa sulla cottura dell’agnello allo spiedo, grigliata o arrostito. Questo piatto viene consumato in accompagnamento con del pane marocchino, del sale e del cumino. si tratta di un piatto semplice ma molto saporito, ideale per gli amanti della carne di agnello che potranno assaporare così questo taglio di carne in modo intenso e saporito. 9. Katban L’agnello è alla base di moltissime ricette tipiche del Marocco. Un’altra alternativa è il Katban, ovvero lo spiedino di carne di agnello. Questo spiedino viene arrostito sulla brace dopo una lunga macinatura in una salsa di cipolle, prezzemolo, paprika, pepe, cumino e olio d’oliva. È un piatto molto semplice e saporito, con meno spezie delle ricette più tradizionali, quindi ideale anche per chi non è abituato a mangiare piatti speziati. 10. Corni di gazzella I Corni di gazzella sono dei dolci tipici marocchini chiamati in questo modo per la forma arcuata che ricorda le corna delle gazzelle del deserto. Questo piatto è composto principalmente da mandorle e nocciole, con l’aggiunta dell’acqua di rose che lo rende leggermente più dolce. Al suo interno è presente anche poco miele e il rosso dell’uovo. https://ift.tt/31ZxeUR I 10 piatti tipici del Marocco da non perdere Vuoi assaporare alcuni dei migliori piatti tipici marocchini? Hai la passione per la cucina etnica e vuoi visitare il Marocco? Scopri le dieci specialità marocchine più rinomate che ti permetteranno di assaporare la cultura di questo Paese. La cucina tipica marocchina La cucina tipica marocchina è un mix di sapori e profumi differenti, apprezzata anche dai palati più esigenti. La tradizione culinaria del Marocco ha origini lontane ed è caratterizzata dalle numerose interazioni tra popoli e culture diverse avvenute in questo Paese. La cucina marocchina tradizionale presenta infatti influenze moresche, arabe, mediterranee e berbere. Negli anni numerosi cuochi hanno perfezionato queste pietanze fino a renderle simboli indiscussi della cultura e della tradizione marocchina. I piatti marocchini sono composti da molti ingredienti, anche differenti tra loro per origine e utilizzo. Sicuramente una caratteristica importante della cultura culinaria di questo Paese è l’utilizzo di spezie ed erbe. Nonostante alcune spezie non siano originarie del Marocco, sono alla base di moltissime ricette in quanto importate da numerosi secoli. Tra i profumi più utilizzati ci sono la cannella, il cumino, lo zenzero, la curcuma, il pepe nero, l’anice, i semi di sesamo, lo zafferano, il coriandolo, il prezzemolo e la menta. Tra i prodotti tipici del paese, utilizzati spesso nelle pietanze di tutti i giorni, ci sono frutti tropicali e mediterranei, ma anche carni diverse e pesce. Tra gli ingredienti più utilizzati ci sono il montone, l’agnello, il manzo, il pollo e il consiglio. Meno presente nei piatti tipici marocchini è il pesce, che è stato inserito solo negli ultimi secoli. Tra i prodotti aromatizzanti ci sono poi il limone in salamoia, la frutta secca e l’olio d’oliva grezzo. È necessario fare un riferimento anche alle bevande, in quanto il Marocco è lo Stato più conosciuto al mondo per il tè verde alla menta. Questo particolare tipo di tè è infatti come un’istituzione nella cultura marocchina e l’assunzione di questa bevanda è sempre più spesso un’abitudine giornaliera di tanti marocchini. All’interno della dieta marocchina sono scarsi i dolci cotti ma c’è un alto consumo di frutta fresca dopo il pasto, tra i pochi dessert diffusi ci sono però il kaab el ghzal (o corna di gazzella) e l’halva shebakia. 1. Cous cous: simbolo della cucina marocchina Il cous cous è uno dei piatti più conosciuti della cucina tradizionale marocchina. In Marocco e all’estero sono numerosissime le alternative e le rivisitazioni di questo piatto: con verdure, pollo, legumi e tanto altro! Spesso infatti la ricetta originale viene adattata per renderla più occidentale, quindi meno speziata e più semplice. L’origine di questo piatto è nel Maghreb e il suo condimento spesso variava da famiglia a famiglia secondo le ricette tramandate dagli antenati. L’elemento comune di queste preparazioni è sempre stato il cous cous, composto da granelli di semola dura, spesso preparati in casa e poi cotti a vapore. Questo cereale veniva infatti cotto a vapore all’interno della casseruola o cuscussiera. Il cous cous marocchino era sicuramente un piatto dedicato alle festività o alle celebrazioni. Questa pietanza è ricca di ingredienti nonché di varianti che cambiano da città a città e da famiglia a famiglia. L’ingrediente principale è, ovviamente, il cous cous, che viene arricchito con moltissimi ingredienti. Tra i condimenti più diffusi ci sono la frutta secca, le sette verdure (carote, sedano, cipolla, pomodoro, porri, zucchine, finocchi e patate), i datteri e il cardamomo, il tfaya (con zenzero, miele, cannella, pepe, zafferano, cipolla, burro, uvetta), manzo e zafferano, frutti di mare feta e menta, albicocche e formaggio. La versione più conosciuta in occidente e sicuramente più preparata è quella alle verdure di primavera, quindi carciofi, piselli, fave, zucchine e aggiunta di aneto. All’interno del cous cous è possibile trovare poi carni come l’agnello oppure il pesce, tipico delle zone a Nord come Tangeri, nonché elementi dolci come uvetta, mandorle, miele e zucchero. 2. Tajine di carni speziate Il Tajine è uno dei piatti tipici marocchini più conosciuti. Questo piatto viene realizzato sia con la carne che con il pesce, ma è più popolare e rinomato quello con la carne in umido. Il suo nome deriva dal piatto in cui viene cotto, realizzato in terracotta spesso decorata. Questo piatto è composto da due parti differenti: l’inferiore, un piatto piano con bordi bassi, e il superiore a forma di cono che funge da coperchio e viene poggiato sopra durante la cottura. Quest’ultima parte del piatto è ideata per favorire il ritorno della condensa verso il basso e quindi per aiutare la cottura della carne. Gli ingredienti del Tajine di carni speziate sono moltissimi, in quanto questo piatto presenta numerose spezie e verdure che lo rendono particolarmente saporito. La ricetta originale ha come base il manzo, che viene cotto molto lentamente e per lungo tempo insieme a verdure e spezie. Tra i profumi più utilizzati nelle ricette tradizionali marocchine del Tajine ci sono la paprika dolce, la cannella, il sale, il pepe, lo zenzero, lo zafferano e la curcuma. Le verdure di accompagnamento alla carne sono poi solitamente le carote, le zucchine, i pomodori, i piselli, le patate e la cipolla. La riuscita di questo piatto è fondata sulla cottura, la carne deve stufare per molto tempo in modo da diventare molto tenera, nonché spesso viene gustato con del pane marocchino. Tajine, piatto tipico marocchino – Fonte: 123rf 3. Pastilla La Pastilla è un piatto tradizionale marocchino la cui origine risale alla Spagna Islamica. Infatti dopo che l’ultima città islamica della Spagna, Granada, fu sconfitta, moltissimi musulmani si rifugiarono nel Maghreb portando con sé anche alcune tradizioni culinarie spagnole. Il nome di questo piatto infatti può essere letto nella lingua spagnola come “Pastiglia”, il cui termine deriva dalla parola “pasta”. Questa pietanza è molto particolare in quanto coniuga il dolce e il salato, al suo interno sono infatti presenti sia cannella, mandorle tostate e zucchero che carni salate cotte nel brodo, prezzemolo, cipolle e spezie, quali paprika, zafferano coriandolo, aglio e molto altro. 4. Msmmen Le Msemmen (o pane marocchino) è una preparazione tipica della cucina marocchina e può essere considerato sia un piatto dolce che un piatto salato. Questo piatto può essere paragonato alle crèpes più occidentali e può essere farcito di con condimenti sia salati che dolci. La ricetta è molto semplice e gli ingredienti pochi, la preparazione di questo piatto infatti si basa sull’utilizzo della farina di grano saraceno, lievito, acqua, semola, sale e olio, nello specifico olio di semi. Nella tradizione marocchina questa ricetta viene utilizzata per la merenda o la colazione nella sua versione dolce, oppure viene farcita con peperoni, paprika e carne bianca. 5. Baghrir I Baghrir sono tra le poche pietanze dolci tipiche marocchine. Questo piatto può essere paragonato ai pancake ma la sua preparazione è molto diversa. Infatti questa pietanza della cucina tipica marocchina viene chiamata anche “pancake dai mille buchi”, a causa della superficie non liscia ed omogenea ma piena di piccole “bollicine” e fori. La ricetta è semplice e tra gli ingredienti da utilizzare ci sono la semola, la farina, il lievito, il sale, il burro e il miele. I Baghrir sono più spessi delle tradizionali crèpes ma sono molto soffici, grazie alla mancanza di ingredienti liquidi. È possibile farcirli con del miele, del burro fuso, marmellate o in alternativa con la crema alla nocciola per gli amanti del cioccolato. 6. Tanjia La Tanjia è uno dei piatti tradizionali del Marocco più conosciuti ed è attribuito in particolare alla città di Marrakech. Alla base di questa pietanza ci sono l’agnello, il cumino, lo zafferano, il burro, il limone candito e il Ras el Hanout. Quest’ultimo è una miscela di oltre trenta piante provenienti da tutto il Nord Africa e può essere considerato un’alternativa al curry. La peculiarità di questo piatto è che viene cotto all’interno di una giara di terracotta dalla quale prende il nome e viene cucinato sotto la cenere del farnatchi, un forno a legna tipico del Marocco utilizzato per scaldare gli hammam. 7. Zuppa harira La zuppa Harira è una ricetta a base di ceci e lenticchie. Questo piatto rappresenta nella cultura marocchina il conforto e la famiglia, in quanto viene consumato spesso nel lungo mese di Ramadan. In questo periodo infatti i marocchini islamici non possono consumare cibo e acqua durante il giorno, ma attraverso questa zuppa al momento del tramonto si celebra la rottura del digiuno. Anche di questo piatto ci sono moltissime varianti per tipo di carne, spezie e verdure aggiunte. Molte ricette utilizzano il manzo, altre l’agnello, alcuni inseriscono il profumo della cannella, altri le fave. Anche questo piatto prevede comunque l’utilizzo di spezie come curcuma, zenzero, cumino, prezzemolo e molto altro. Immancabili in questa ricetta sono i legumi, in particolare le lenticchie e i ceci. Zuppa harira, tipica del Marocco – Fonte: 123rf 8. Mèchoui Il Mèchoui è un piatto tradizionale marocchino che si basa sulla cottura dell’agnello allo spiedo, grigliata o arrostito. Questo piatto viene consumato in accompagnamento con del pane marocchino, del sale e del cumino. si tratta di un piatto semplice ma molto saporito, ideale per gli amanti della carne di agnello che potranno assaporare così questo taglio di carne in modo intenso e saporito. 9. Katban L’agnello è alla base di moltissime ricette tipiche del Marocco. Un’altra alternativa è il Katban, ovvero lo spiedino di carne di agnello. Questo spiedino viene arrostito sulla brace dopo una lunga macinatura in una salsa di cipolle, prezzemolo, paprika, pepe, cumino e olio d’oliva. È un piatto molto semplice e saporito, con meno spezie delle ricette più tradizionali, quindi ideale anche per chi non è abituato a mangiare piatti speziati. 10. Corni di gazzella I Corni di gazzella sono dei dolci tipici marocchini chiamati in questo modo per la forma arcuata che ricorda le corna delle gazzelle del deserto. Questo piatto è composto principalmente da mandorle e nocciole, con l’aggiunta dell’acqua di rose che lo rende leggermente più dolce. Al suo interno è presente anche poco miele e il rosso dell’uovo. Tra i piatti tipici da assaggiare assolutamente in Marocco c’è il famoso cous cous, la tajine di carne, ma anche dolci come le corna di gazzella.
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Lo scorso sabato abbiamo passato una bella giornata affiancate dai cari amici Federico Lupo e Manlio Speciale a spasso per il meraviglioso Orto Botanico di Palermo e lo Studio Tomo. Passeggiate in blu tra le meraviglie della natura mediterranea, le raffinatezze delle regioni tropicali e subtropicali e le più innumerevoli flore immaginifiche. Siamo ancora felicemente storditi dai colori, dai profumi e dai panini 😉. Grazie a tutti i frutti (i partecipanti al workshop) e tutti i fiori (lo studio Tomo e i suoi petali Federico e Pietro). Questi alcuni dei ritratti della passeggiata mattutina all'orto catturati da Gloria Pasotti.
PASSEGGIATE IN BLU con Gloria Pasotti, Infactand Infiction, Caned Icoda e Tomo Studio.
Orto Botanico di Palermo, via Lincoln 2 / Tomo Studio, via E. Albanese 108
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