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ambrenoir · 5 months ago
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Se il latte va a male, diventa yogurt. Lo yogurt è più prezioso del latte. Se peggiora ancora, diventa formaggio. Il formaggio è più prezioso sia dello yogurt che del latte. E se il succo d'uva diventa acido, si trasforma in vino, che è ancora più costoso del succo d'uva. Non sei cattivo perché hai fatto errori.
Gli errori sono le esperienze che ti rendono più prezioso come persona. Cristoforo Colombo fece un errore di navigazione che lo portò a scoprire l'America. L'errore di Alexander Fleming lo portò a inventare la penicillina. Edison a coloro che lo deridevano per i suoi esperimenti rispondeva: Non ho fallito. Ho solamente trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta una lampadina.
Non lasciarti abbattere dagli errori. Non è la pratica che rende migliori. Sono gli errori .»
Franco Battiato.
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mucillo · 1 year ago
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Lettera di Natale di Franco Arminio
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Natale e i giorni che lo circondano sono una spina feroce per i dolenti. Il Natale dei vecchi nelle case di cure, il Natale dei carcerati, il Natale negli ospedali. Ma questi giorni sono feroci anche per chi sta a casa e ha la stanza del figlio vuota, il figlio morto a Natale diventa un ferro rovente che ti rovista il cuore. Il Natale di chi sta a casa e sente che è passato troppo tempo e non hai più venti anni e nemmeno quaranta. Il Natale dei bambini circondati da merci più che da da persone, il Natale degli scapoli, quelli che quando tornano a casa la sera sentono il vento che fischia dietro la porta e non ti viene voglia di spostare un bicchiere, di lavare un piatto. Il Natale degli amori sgretolati, delle diffidenze, delle bugie che diciamo agli altri e a noi stessi. Il miserabile Natale di chi ha successo e ne vuole avere ancora di più, il Natale dei delinquenti che prima o poi saranno scoperti, il Natale di chi è stato lasciato e di chi non è stato mai trovato, il Natale del fegato malato, del dente guasto, il Natale degli occhi gonfi, il Natale delle rughe, dei capelli caduti, il Natale di chi non si ama più e di chi non ha amato mai.
Una festa così dovrebbe essere una grande occasione di federare le nostre ferite, dovrebbe essere la festa della verità su chi siamo e su chi vorremmo diventare, da soli e assieme agli altri. E invece abbiamo delegato il nostro dolore ai dolciumi, come se un torrone potesse essere l’avvocato della nostra ansia, un panettone il muro contro l’angoscia.Natale dovrebbe essere il tempo della poesia. La poesia al posto della tombola, la terna di Leopardi, la quintina di Dante. La poesia serve a spiegare la disperazione e a far fiorire la gioia, tutte e due le cose assieme. La poesia serve a lasciare un poco di vuoto dentro di noi, serve a tenere spazio per il ritorno dei miracoli.Nella giostra orrenda delle merci ci siamo dimenticati che in fondo Natale è la festa dei miracoli.
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ocoreanalfabeta · 1 year ago
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Franco. Un nome comune, insignificante come sabbia scivolante tra le dita. Un bambino nato nel 1927, in un paesino sperduto tra le braccia chiuse della Campania. Lì, in quel posto afflitto dal sole implacabile e dalla sabbia che tutto inghiotte, il male ha trovato rifugio.
Gli ancelle del tempo, con la loro falce affilata, si erano unite per dar vita all'essenza dell'oscurità e della corruzione, e Franco era lo strumento perfetto. Crescendo, le sue radici affondavano sempre più nelle terre infette, e così quella piccola pianticella abbracciò il marcio circostante. Le case cadenti, le strade deserte, le facce tragiche dei suoi abitanti: tutto ciò si fonde con la sua anima distrutta che vomita incontrollabilmente peccaminose intenzioni.
La sua figura, una carne umida e spettinata, si perdeva tra i vicoli bui, precorrendo le tracce di corruzione che scavavano il loro cammino. La sua voce, uno sghignazzo sinistro e grezzo, echeggiava tra i muri mentre sussurrava le sue preghiere di depravazione.
Il suo volto tanto pallido e freddo da poterlo confondere, a tratti, con una statua marmorea nel cimitero di un Dio dimenticato. L'odore di violenza che lo avvolgeva come un velo putrido, era il suo marchio indelebile. Eppure, un altro marchio solcava la sua carne: un rosario, oscenamente consacrato, che trasudava misericordia e redenzione.
Franco era un uomo di Chiesa. Un sacerdote degenere, un flagello che si dilettava nel suono delle lacrime e dei lamenti. Bendando i suoi occhi ormai opachi e ascoltando le preghiere soffocate dei suoi fedeli, sapeva che il potere sovrannaturale che una volta gli era stato promesso, era diventato quasi tangibile.
Il prete cattivo, soffocante di desideri proibiti, si gettava nella notte senza regole. Carne e sangue erano i suoi vizi, la violenza era il suo pane quotidiano. Alla ricerca di quel calore tanto proibito, la sua croce si sciolse tra le sue mani e l'oscurità si riversò in lui.
Nessuno, forse solo i sussurri del vento carico di peccato, avrebbe potuto prevedere il terribile destino che avrebbe atteso l'anima dannata di Franco. La sua strada si sarebbe intrecciata con flamme divine e sangue versato, causando una tempesta di tragedia.
E così, immerso nel buio eterno, Franco continua a danzare nel freddo riflesso di uno spirito corrotto. Animato da un desiderio insaziabile, inietta fiele nelle vene della sua vittima, macchia di nero ogni colpo di luce che osa attraversare il suo cammino.
Ma l'oscurità non può nascondere eternamente la scintilla di speranza, e la sua misericordia assomiglia a un'ombra che si spalanca sulla sua cupa anima.
Chissà quali demoni chiamerà a sé, chissà quanti cammini distrutti seguiranno i suoi passi. Franco, il prete cattivo, con i suoi vizi segreti e le sue preghiere sacrileghe, è un'ombra che, prima o poi, dovrà affrontare la luce.
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aitan · 11 months ago
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Stavo sfogliando il file in cui ho catalogato i miei CD. Ho preso un anno a caso, il 1973, più di mezzo secolo fa, e ho trovato queste perle della produzione discografica italiana:
- Arbeit Macht Frei degli Area
- Nuova Compagnia di Canto Popolare (l'album eponimo)
- Storia di un impiegato di Fabrizio De André
- Un uomo in crisi di Claudio Lolli
- Far finta di essere sani di Giorgio Gaber
- Io sono nato libero del Banco del Mutuo Soccorso
- Palepoli degli Osanna
- Non farti cadere le braccia di Edoardo Bennato
- Io e te abbiamo perso la bussola di Piero Ciampi
- Abbiamo tutti un blues da piangere del Perigeo
- Opera buffa di Francesco Guccini
- Alice non lo sa di Francesco De Gregori
- Sulle corde di Aries di Franco Battiato
- Sempre di Gabriella Ferri
- Pazza idea di Patty Pravo
- Amarcord di Nino Rota
Fuori dall'Italia, nello stesso anno, uscivano capolavori del calibro di Dark side of the Moon (Pink Floyd), Fuente y caudal (Paco De Lucía), Venham mais cinco (José Afonso), João Gilberto (João Gilberto), Araçá Azul (Caetano Veloso), Todos os Olhos (Tom Zé), Mingus Moves (Charles Mingus), Quadrophenia (The Who), Tubular Bells (Mike Oldfield), Selling England by the Pound (Genesis), Berlin (Lou Reed), Fanfare For The Warriors (Art Ensemble of Chicago), Head Hunters (Herbie Hancock), Chapter One: Latin America (Gato Barbieri), Ode to Duke Ellington (Ibrahim Abdullah), Birds of Fire (Mahavishnu Orchestra), Future Days (Can) e la colonna sonora di Jesus Christ Superstar
Prossimamente passo in rassegna i titoli del 1974, giusto 50 anni fa.
Perché sono della generazione che comprava i dischi, inseriva l'ascolto nel suo contesto storico, pensava che c'era un prima e in dopo, apprezzava le innovazioni e i legami con la tradizione e non pensava che i suoni si muovessero in un tutto indistinto o facessero solo da accompagnamento ai TikTok.
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patemi-pk · 1 year ago
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Minni e le magnifiche cinque
Quindi, ho recuperato un lotto di Minni amica del cuore e ho avuto modo di leggere nella sua interezza "Minni e le magnifiche cinque".
Ho già accennato in precedenza come le testate dedicate all'altra metà del cielo della banda Disney nascondano storie interessanti o, almeno, diverse dallo standard di Topolino. In particolare, il risultato riscontrato da questa storia (a cui seguirà un sequel, "Un anno dopo") darà l'inizio a quel processo creativo che avrebbe portato a W.i.t.c.h. di lì a qualche anno.
Sarò franco: la storia ha degli spunti interessanti e delle caratterizzazioni originali, con anche ingenuità (brividi ad ogni citazione del toponimo Topolandia) e un finale che forse ripaga poco la costruzione che si era avuta nei 4 episodi (anche se forse una risoluzione aderente ai primi sospetti di questo piccolo giallo non sarebbe stata egualmente desiderabile IMHO), ma i disegni sono stati ciò che mi ha reso la lettura meno coinvolgente. Non sono un grande estimatore di Amendola e qui, se sugli standard character mantiene una certa rotondità delle figure, che conferiscono armoniosità ai personaggi, per il resto ho trovato il tratto un po' legnoso e, in particolare, il character design delle 5, attorno alle quali ruota la vicenda, poco incisivo.
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Scrivo per la mia solitudine
che non passa mai, per la mia fuga
che non conosce muri.
Scrivo per chi è morto, scrivo
perché bisogna rispondere in qualche modo
al grande insulto del morire.
Scrivo per i malati, scrivo perché
avere un tumore non è la stessa cosa
che non averlo.
Scrivo per chi ha paura, la paura
che ti viene all’improvviso e quella
che ti sta incollata addosso tutta la vita.
Scrivo per chi ha perduto un amore
e per chi non lo ha mai trovato.
Scrivo per i vecchi e per i giovani
che già sentono le spine
del tempo che passa.
Scrivo perché ora posso farlo,
perché ho un dolore e la voglia
di sputarlo.
Scrivo perché ho tutta la mente
popolata di uomini e di donne
e di animali e di alberi.
Da tempo me ne sono accorto:
ci manco solo io nel mio corpo,
La poesia è un tentativo di tornare
a casa, di farlo da vivo
e non da morto.
franco arminio
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dorrieglobal · 6 years ago
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Chi è Joseph Mifsud
Joseph Mifsud ha fatto da tramite tra la Russia e l’entourage di Trump? Il ruolo di questo professore maltese nello scandalo che ha rischiato di travolgere il presidente Usa è ancora poco chiaro. Di certo si sa che Misfud, che ha insegnato in un’accademia privata a Roma, ha incontrato nella Capitale un ex-consigliere per gli esteri di Donald Trump, George Papadopoulos.
Era marzo 2016. Un mese dopo, tra l’Italia e Londra, Mifsud avrebbe detto a Papadopolous che i russi avevano materiale «sporco» su Hillary Clinton: migliaia di email, a disposizione degli uomini di Trump. Poi Papadopolous è finito in galera per aver mentito all’FBI proprio sui suoi contatti con la Russia. Mifsud ha provato a far perdere le sue tracce, ma secondo un’inchiesta del Foglio ha trovato l’appartamento romano in cui avrebbe vissuto per mesi.
Chi è Joseph Mifsud, il misterioso professore «nascosto in Italia» al centro del Russiagate foto 3
Chi è Joseph Misfud
Nato nel 1960 a Malta, ricopre il primo ruolo politico tra il 2006 e il 2006, come capo di gabinetto del ministro degli Esteri maltese. Nel 2007, intanto, sta abbandonando la sua prima università – quella di Malta – a causa della troppa libertà nel gestire fondi accademici. Si sposta all’EMUNI, università slovena, che lo starebbe cercando per 39 mila euro di spese scoperte.
Nel 2013 si sposta a Londra, dove è direttore della London Academy of Diplomacy fino al 2016. In Italia sta prevalentemente a Roma, ma si sposta anche ad Agrigento: dove diventa presidente di un consorzio Universitario, nel 2018 un tribunale italiano lo condanna a restituire 49 mila euro di pagamenti in eccesso.
Mifsud non è un diplomatico, ma sembra avere molti agganci. Si fa fotografare con Boris Johnson e Ernest Chernukhin, console russo a Londra. Lavora per un think-tank saudita gestito dal principe Turki al Faisal, già capo dell’intelligence di Riyadh, portando al seminario un ex agente CIA.
Ma specialmente è docente della Link Campus a Roma, l’università che sembra apprezzata da alcuni esponenti 5 Stelle. È alla Link Campus che il 14 marzo 2016 Mifsud conosce Papadopoulos; è dalla Link Campus che scompare il 31 ottobre 2017, quando le carte dell’inchiesta Russiagate diventano pubbliche.
Chi è Joseph Mifsud, il misterioso professore «nascosto in Italia» al centro del Russiagate foto 1
Dove è nascosto
Mifsud è cercato da americani, russi e italiani. Ha una figlia di più di un anno e una fidanzata in Ucraina. Secondo la ricostruzione del Foglio per7 mesi Mifsud si è nascosto via Cimarosa 3, dietro a Villa Borghese, a metà strada tra l’ambasciata americana e quella russa. L’appartamento sarebbe di una diplomatica greca, l’affitto lo pagherebbe l’accademia privata Link. e il contratto sarebbe intestato alla Link International, società con una trentina di dipendenti.
Secondo il presidente di link University Vincenzo Scotti, le relazioni con lui si sono interrotte nel 2008, tranne una breve collaborazione tra il 2017 e il 2018. Vanna Fadini, presidente della società di gestione dell’università, ha dichiarato che l’appartamento è un beneficio che spetta a tutti i docenti stranieri della Link. Fadini è anche amministratrice della Link International, la società di cui Mifsud è socio, e per cui il professore maltese si occupa di «incoming nazionale, cioè la ricerca di studenti internazionali».
Ma i legami tra il professore maltese e l’università potrebbero essere più profondi. Avrebbe avuto un ruolo nell’accordo tra l’ateneo e la Edof (Essam & Dalal Obaid Foundation), fondazione della casa reale saudita, e la conseguente creazione del Centre for War and Peace studies, aperto e chiuso nel giro di pochissimo; il fautore della partnership tra la Link Campus e la Lomonosov Moscow State University, firmata a Mosca alla presenza di Scotti, dell’ex ministro degli Esteri Franco Frattini (insegnante della Link).
Inoltre The Professor avrebbe portato all’università i soldi di Stephan Roh, avvocato milionario tedesco con moglie russa, attuale rappresentante legale di Mifsud, che con la sua Drake Global Ltd possiede il 5 per cento dell’ateneo. Roh è una figura centrale del Russiagate – il suo nome sembra sempre più importante man mano che si dipanerà il rapporto Mueller.
Corliss Donahue
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onlinenows · 6 years ago
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Chi è Joseph Mifsud
Joseph Mifsud ha fatto da tramite tra la Russia e l’entourage di Trump? Il ruolo di questo professore maltese nello scandalo che ha rischiato di travolgere il presidente Usa è ancora poco chiaro. Di certo si sa che Misfud, che ha insegnato in un’accademia privata a Roma, ha incontrato nella Capitale un ex-consigliere per gli esteri di Donald Trump, George Papadopoulos.
Era marzo 2016. Un mese dopo, tra l’Italia e Londra, Mifsud avrebbe detto a Papadopolous che i russi avevano materiale «sporco» su Hillary Clinton: migliaia di email, a disposizione degli uomini di Trump. Poi Papadopolous è finito in galera per aver mentito all’FBI proprio sui suoi contatti con la Russia. Mifsud ha provato a far perdere le sue tracce, ma secondo un’inchiesta del Foglio ha trovato l’appartamento romano in cui avrebbe vissuto per mesi.
Chi è Joseph Mifsud, il misterioso professore «nascosto in Italia» al centro del Russiagate foto 3
Chi è Joseph Misfud
Nato nel 1960 a Malta, ricopre il primo ruolo politico tra il 2006 e il 2006, come capo di gabinetto del ministro degli Esteri maltese. Nel 2007, intanto, sta abbandonando la sua prima università – quella di Malta – a causa della troppa libertà nel gestire fondi accademici. Si sposta all’EMUNI, università slovena, che lo starebbe cercando per 39 mila euro di spese scoperte.
Nel 2013 si sposta a Londra, dove è direttore della London Academy of Diplomacy fino al 2016. In Italia sta prevalentemente a Roma, ma si sposta anche ad Agrigento: dove diventa presidente di un consorzio Universitario, nel 2018 un tribunale italiano lo condanna a restituire 49 mila euro di pagamenti in eccesso.
Mifsud non è un diplomatico, ma sembra avere molti agganci. Si fa fotografare con Boris Johnson e Ernest Chernukhin, console russo a Londra. Lavora per un think-tank saudita gestito dal principe Turki al Faisal, già capo dell’intelligence di Riyadh, portando al seminario un ex agente CIA.
Ma specialmente è docente della Link Campus a Roma, l’università che sembra apprezzata da alcuni esponenti 5 Stelle. È alla Link Campus che il 14 marzo 2016 Mifsud conosce Papadopoulos; è dalla Link Campus che scompare il 31 ottobre 2017, quando le carte dell’inchiesta Russiagate diventano pubbliche.
Chi è Joseph Mifsud, il misterioso professore «nascosto in Italia» al centro del Russiagate foto 1
Dove è nascosto
Mifsud è cercato da americani, russi e italiani. Ha una figlia di più di un anno e una fidanzata in Ucraina. Secondo la ricostruzione del Foglio per7 mesi Mifsud si è nascosto via Cimarosa 3, dietro a Villa Borghese, a metà strada tra l’ambasciata americana e quella russa. L’appartamento sarebbe di una diplomatica greca, l’affitto lo pagherebbe l’accademia privata Link. e il contratto sarebbe intestato alla Link International, società con una trentina di dipendenti.
Secondo il presidente di link University Vincenzo Scotti, le relazioni con lui si sono interrotte nel 2008, tranne una breve collaborazione tra il 2017 e il 2018. Vanna Fadini, presidente della società di gestione dell’università, ha dichiarato che l’appartamento è un beneficio che spetta a tutti i docenti stranieri della Link. Fadini è anche amministratrice della Link International, la società di cui Mifsud è socio, e per cui il professore maltese si occupa di «incoming nazionale, cioè la ricerca di studenti internazionali».
Ma i legami tra il professore maltese e l’università potrebbero essere più profondi. Avrebbe avuto un ruolo nell’accordo tra l’ateneo e la Edof (Essam & Dalal Obaid Foundation), fondazione della casa reale saudita, e la conseguente creazione del Centre for War and Peace studies, aperto e chiuso nel giro di pochissimo; il fautore della partnership tra la Link Campus e la Lomonosov Moscow State University, firmata a Mosca alla presenza di Scotti, dell’ex ministro degli Esteri Franco Frattini (insegnante della Link).
Inoltre The Professor avrebbe portato all’università i soldi di Stephan Roh, avvocato milionario tedesco con moglie russa, attuale rappresentante legale di Mifsud, che con la sua Drake Global Ltd possiede il 5 per cento dell’ateneo. Roh è una figura centrale del Russiagate – il suo nome sembra sempre più importante man mano che si dipanerà il rapporto Mueller.
Sharon Smith
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t-annhauser · 2 months ago
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la potta
Dovevano essere dei gran sporcaccioni gli antichi provenzali perché molti dei termini più sconci che ho trovato nella lingua italiana si devono alla loro fantasia distorta:
Potta. Voce d'area centro-sett., dalla voce dial. franco-provenzale pota ‘labbro sporgente, broncio’, prob. da lippot, dim. del fr. lippe ‘labbro sporgente’, dal medio oland. lippe ‘labbro’ •seconda metà sec. XIII.
E per non dire dei toscani, perché si sa, noi italiani per darci una lingua comune abbiamo dovuto lavare i panni in Arno, e la potta noi la si chiama toscanamente anche passera, ma non per via dell'uccellino, che si chiama passero perché zompetta a piccoli passi, la passera si chiama passera perché è un passaggio, qualcosa che si attraversa, sebbene per attraversarla occorra mettere in atto una serie così complessa di antichi e misterici rituali che di fatto la si attraversa sempre più di rado.
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multiverseofseries · 2 months ago
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Emily in Paris 2: torna la comedy al femminile da cartolina
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Emily in Paris 2, la seconda stagione della serie di Darren Star con Lily Collins che perde alcune peculiarità del ciclo inaugurale.
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Emily in Paris 2: una foto di scena
Lo diciamo subito all'inizio Emily in Paris 2, la seconda stagione della serie di Darren Star con Lily Collins: la comedy al femminile da cartolina torna con meno riflessioni tra le righe, pur proponendo altri spunti interessanti, e finisce quindi per essere un intrattenimento leggero e senza pretese ma poco di più.
Avremo sempre… Emily
Sono sempre state due le anime che hanno caratterizzato Emily Cooper, la Emily in Paris interpretata da Lily Collins nel serial: non solo quella americana di Chicago da dove proviene e quella francese a cui sta cercando di abituarsi e adattarsi per il proprio anno lavorativo all'estero, ma anche quella romantica in preda alle vibrazioni della "città dell'amore" e quella lavorativa vittima dello stacanovismo e dell'essere ligia al dovere. Un equilibrio delicato non sempre riuscito nella comedy Netflix, soprattutto in questa seconda stagione, che riparte da dove si era interrotta la storia: il cuore di Emily è diviso tra lo chef del piano di sotto Gabriel (Lucas Bravo) e Camille (Camille Razat), ex di Gabriel e amica di Emily a Parigi, dopo una notte appassionata di sesso perché erano convinti che lui stesse per partire. Ma poi il suo ristorante ha trovato un finanziamento e ora è pronto per realizzare il proprio sogno professionale a Parigi, proprio come Emily. Questo secondo ciclo di episodi parla proprio di realizzazione professionale tanto quanto di quella sentimentale e tra plot twist, baguette, porri e l'immancabile social life della protagonista, segue maggiormente i personaggi femminili rispetto a quelli maschili.
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Emily in Paris 2: Lily Collins in una scena della serie
Se la prima stagione si concentrava sull'approccio da millennial di Emily che si scontrava con quello "vecchio stampo" di Sylvie e colleghi nella comunicazione dei propri brand e clienti, ora si perde un po' questa riflessione generazionale tra le righe per seguire più storyline, forse troppe, in modo un po' dispersivo. Si dimentica l'importanza della comunicazione social che rimane ma è meno incisiva, e avrebbe potuto raccontare ad esempio il mantenimento di uno status da influencer dopo averne mostrato la creazione nel ciclo inaugurale. Ciò che emerge dai nuovi episodi è una Emily quasi detestabile per il suo comportamento amoroso rispetto alla prima stagione. Racchiude la contraddizione statunitense per eccellenza: gli europei vengono visti come scansafatiche e libertini in amore, mentre gli americani sono fin troppo dediti al lavoro e puritani, ma poi è proprio la protagonista a combinarne di cotte e di crude! In mezzo ai soliti cliché e stereotipi franco-americani, tra le tante (troppe) storyline dispersive dei personaggi più o meno secondari, spesso improbabili, citiamo le (dis)avventure canore di Mindy (Ashley Park), unica altra amica e ora coinquilina di Emily a Parigi, che cerca di sfondare come cantante dopo la debacle che la rese virale e famosa in Cina. Partirà letteralmente "dal basso", come dame pipì ovvero la donna che prende la mancia nei locali fuori dalla toilette, senza rivelare le proprie "nobili" origini.
Polilinguismo comunicativo
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Emily in Paris 2: un'immagine della serie
A dispetto della mancanza dell'evoluzione della comunicazione social, nella nuova stagione è presente - anche se sempre tra le righe - una riflessione sul polilinguismo che abbraccia molti dei personaggi. Da Emily che prende lezioni di francese e lì incontrerà un inglese, Alfie (Lucien Laviscount), new entry che proprio non riesce ad accettare la visione romantica di Emily su Parigi e sui francesi, colpa anche del proprio "monotono" lavoro di banchiere che si scontra con la professione di Emily, all'apparenza frivola e fatta di eventi, foto e colori. Fino al personaggio di Sylvie - interpretata da Philippine Leroy-Beaulieu, attrice francese nata a Roma e vissuta in Italia per un lungo periodo, che molti conosceranno da Chiami il mio agente! - che ad un certo punto dirà (in perfetto italiano): "È strano come una lingua diversa dia un'impressione diversa di una persona. In italiano io ad esempio sono molto più dolce e meno pungente". Sono proprio questi spunti narrativi ad arrivare in modo un po' troppo confuso e raffazzonato, così come alcuni outfit "bomboniera" della protagonista. La Parigi mostrata nello show è ancora una volta da cartolina, ma in modo quasi esasperato, pur nel racconto meta-narrativo dello scontro di idee con Alfie: troppo colorata, luccicante e sognante da risultare irreale piuttosto che magica come quella di Midnight in Paris. Nemmeno l'omaggio a François Truffaut in un episodio riesce a fare il miracolo. L'altro principale difetto della stagione è l'aver proposto troppo tardi alcune storyline potenzialmente interessanti, tra cui quella dedicata a Sylvie di cui nelle prime puntate gli autori sembrano dimenticarsi relegandola alla versione francese di Miranda Priestley, e quella incentrata su Madeline, il personaggio di Kate Walsh che torna in grande spolvero regalando alcuni plot twist interessanti per una potenziale terza stagione… se riusciremo ad arrivarci.
Conclusioni
In conclusione Emily in Paris 2 sono dispiaciuta che, nonostante l’intrattenimento leggero che caratterizza la serie, la prima stagione aveva mostrato delle potenzialità di riflessione che vengono a mancare nella seconda, lasciando spazio ad altri possibili spunti narrativi sfruttati non fino in fondo e spesso in modo confuso per i personaggi e le loro storyline, a partire dalla protagonista e dalla sua vita amorosa che diventa quasi detestabile, rendendo la sua “scalata” lavorativa fin troppo semplicistica, in una Parigi fin troppo da cartolina. Nella seconda metà di stagione appaiono però delle possibili svolte interessanti per un’eventuale terzo ciclo di episodi.
👍🏻
Le anime della protagonista, americana e francese, sentimentale e lavorativa.
L’essersi ricordati di avere nel cast Kate Walsh.
La new entry Alfie che evidenzia lo scontro culturale e il punto di vista diverso con Emily.
Alcune storyline potenzialmente interessanti…
👎🏻
… che arrivano forse troppo tardi nella seconda metà di stagione, a discapito di altre inserite in modo spesso confuso e improbabile, come quelle di Sylvie e Madeline.
L’aver perso attenzione per il “mantenimento” della parte social e comunicativa.
La Parigi quasi esasperata da cartolina, così come alcuni outfit della protagonista.
Emily rischia di diventare detestabile agli occhi del pubblico a causa del suo comportamento in ambito sentimentale che è anche una contraddizione in termini.
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shawlocal · 6 years ago
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Chi è Joseph Mifsud
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«The Professor» è al centro dell'indagine sulle interferenze russe nella campagna elettorale Usa: avrebbe messo in contatto il team di Trump con la Russia Joseph Mifsud ha fatto da tramite tra la Russia e l’entourage di Trump? Il ruolo di questo professore maltese nello scandalo che ha rischiato di travolgere il presidente Usa è ancora poco chiaro. Di certo si sa che Misfud, che ha insegnato in un’accademia privata a Roma, ha incontrato nella Capitale un ex-consigliere per gli esteri di Donald Trump, George Papadopoulos.
Era marzo 2016. Un mese dopo, tra l’Italia e Londra, Mifsud avrebbe detto a Papadopolous che i russi avevano materiale «sporco» su Hillary Clinton: migliaia di email, a disposizione degli uomini di Trump. Poi Papadopolous è finito in galera per aver mentito all’FBI proprio sui suoi contatti con la Russia. Mifsud ha provato a far perdere le sue tracce, ma secondo un’inchiesta del Foglio ha trovato l’appartamento romano in cui avrebbe vissuto per mesi.
Chi è Joseph Misfud
Nato nel 1960 a Malta, ricopre il primo ruolo politico tra il 2006 e il 2006, come capo di gabinetto del ministro degli Esteri maltese. Nel 2007, intanto, sta abbandonando la sua prima università – quella di Malta – a causa della troppa libertà nel gestire fondi accademici. Si sposta all’EMUNI, università slovena, che lo starebbe cercando per 39 mila euro di spese scoperte.
Nel 2013 si sposta a Londra, dove è direttore della London Academy of Diplomacy fino al 2016. In Italia sta prevalentemente a Roma, ma si sposta anche ad Agrigento: dove diventa presidente di un consorzio Universitario, nel 2018 un tribunale italiano lo condanna a restituire 49 mila euro di pagamenti in eccesso.
Mifsud non è un diplomatico, ma sembra avere molti agganci. Si fa fotografare con Boris Johnson e Ernest Chernukhin, console russo a Londra. Lavora per un think-tank saudita gestito dal principe Turki al Faisal, già capo dell’intelligence di Riyadh, portando al seminario un ex agente CIA.
Ma specialmente è docente della Link Campus a Roma, l’università che sembra apprezzata da alcuni esponenti 5 Stelle. È alla Link Campus che il 14 marzo 2016 Mifsud conosce Papadopoulos; è dalla Link Campus che scompare il 31 ottobre 2017, quando le carte dell’inchiesta Russiagate diventano pubbliche.
Il Foglio | Jospeh Mifsud all’inaugurazione dell’anno accademico 2017 della Link. A fianco il rettore Roveda e il presidente Scotti
Dove è nascosto
Mifsud è cercato da americani, russi e italiani. Ha una figlia di più di un anno e una fidanzata in Ucraina. Secondo la ricostruzione del Foglio per7 mesi Mifsud si è nascosto via Cimarosa 3, dietro a Villa Borghese, a metà strada tra l’ambasciata americana e quella russa. L’appartamento sarebbe di una diplomatica greca, l’affitto lo pagherebbe l’accademia privata Link. e il contratto sarebbe intestato alla Link International, società con una trentina di dipendenti.
Secondo il presidente di link University Vincenzo Scotti, le relazioni con lui si sono interrotte nel 2008, tranne una breve collaborazione tra il 2017 e il 2018. Vanna Fadini, presidente della società di gestione dell’università, ha dichiarato che l’appartamento è un beneficio che spetta a tutti i docenti stranieri della Link. Fadini è anche amministratrice della Link International, la società di cui Mifsud è socio, e per cui il professore maltese si occupa di «incoming nazionale, cioè la ricerca di studenti internazionali».
Ma i legami tra il professore maltese e l’università potrebbero essere più profondi. Avrebbe avuto un ruolo nell’accordo tra l’ateneo e la Edof (Essam & Dalal Obaid Foundation), fondazione della casa reale saudita, e la conseguente creazione del Centre for War and Peace studies, aperto e chiuso nel giro di pochissimo; il fautore della partnership tra la Link Campus e la Lomonosov Moscow State University, firmata a Mosca alla presenza di Scotti, dell’ex ministro degli Esteri Franco Frattini (insegnante della Link).
Inoltre The Professor avrebbe portato all’università i soldi di Stephan Roh, avvocato milionario tedesco con moglie russa, attuale rappresentante legale di Mifsud, che con la sua Drake Global Ltd possiede il 5 per cento dell’ateneo. Roh è una figura centrale del Russiagate – il suo nome sembra sempre più importante man mano che si dipanerà il rapporto Mueller.
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londranotizie24 · 7 months ago
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Cosa siamo nel buio, un successo le presentazioni di Tobia Rossi in tutta Italia
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Di Annalisa Valente Tobia Rossi ha trasposto nel racconto Cosa siamo nel buio la sceneggiarura di Hide and Seek, che ha debuttato a marzo al Park Theatre di Londra. Cosa siamo nel buio, un successo le presentazioni di Tobia Rossi in tutta Italia Continua il successo di Cosa Siamo Nel Buio (Mondadori Editore). L’opera letteraria di Tobia Rossi, drammaturgo, sceneggiatore e story editor, segue la messa in opera della piece teatrale Hide and Seek (sempre a firma di Rossi), che nello scorso mese di Marzo è stata rappresentata al Park Theatre di Londra per la Zava Productions, riscuotendo un buon successo di pubblico. Questa stessa piece ha preso vita dalla drammaturgia, sempre di Rossi, Nascondino, che a sua volta ha ispirato questo romanzo, dopo aver vinto il Mario Fratti Award 2019 ed essere andato in scena in Italia, a Londra e New York. Cosa Siamo Nel Buio narra di Gio, che va in seconda liceo, ed è convinto che nessuno lo ami, sia in famiglia che tra i compagni di scuola. E ne è talmente convinto che decide di sparire lasciando come unico indizio una serie di video sul suo profilo TikTok. Va a nascondersi in una remota grotta nel bosco, forse per non essere trovato o forse perché qualcuno finalmente si accorga di lui. Così quando Mirko – il compagno di scuola che Gio osserva da mesi - scopre per caso il suo nascondiglio, le cose cambiano. Mirko diventa un complice, torna a trovarlo nella grotta per raccontargli cosa sta succedendo fuori: le ricerche della polizia, i servizi in TV, le visualizzazioni del suo profilo TikTok che crescono ogni giorno. Finché il legame tra i due si stringe, rivelando davvero ciò che Gio e Mirko sono nel buio: due anime spezzate in cerca di uno spiraglio di luce. Adesso quindi tocca al libro continuare a far parlare di sé e in Italia, già da fine Maggio, sta riscuotendo un buon successo di pubblico anche grazie al programma di presentazioni dal vivo in località e situazioni interessanti. Prima a Milano, presso la Libreria Noi (https://www.noilibreria.it) un luogo creato con l’obiettivo di costruire una comunità di lettori non solo attraverso la vendita di libri ma con eventi, incontri, laboratori. “Il luogo perfetto per presentare questa storia” lo ha definito lo stesso Tobia. Alla presentazione milanese ha partecipato Gianluca Nativo, giovane autore con già due romanzi all’attivo, entrambi editi da Mondadori. “Ci siamo conosciuti a scuola (è anche un insegnante) – ci ha detto Tobia - abbiamo scoperto un interesse in comune per una certa letteratura per ragazzi, oltre che per la scrittura, e lui con grande generosità mi ha accompagnato in alcuni eventi di presentazione del mio romanzo, facendomi da relatore.” Altri appuntamenti hanno fornito l’occasione per incontrare dal vivo Tobia Rossi e il suo libro: la Pride Week di Alessandria a fine Maggio e la kermesse Mare di Libri a Rimini a metà Giugno. E altri ancora ce ne saranno: di nuovo a Milano (al teatro Franco Parenti il 4 ottobre), in Valtellina, nel Monferrato e in Sardegna. “Io spero tanto che il libro possa anche approdare all'estero – ci confida Tobia - credo che le tematiche che tratta siano universali e quello che accade nel piccolo paese di Mirko e Gio, un paese identificato nel nord dell'Italia, possa accadere tranquillamente ‘alla periferia di qualsiasi impero’. E poi il pubblico britannico, ad esempio, ha già conosciuto e apprezzato la storia attraverso lo spettacolo Hidend Seek, che è stato da poco in scena al Park Theatre, ottenendo un buon consenso di pubblico e critica”. Nel frattempo, chi ha visto a Londra Hide and Seek (o se l’è persa e vuole recuperare) quindi vuole leggere il libro, può acquistarlo on line, o sul sito di Mondadori https://www.ragazzimondadori.it/libri/cosa-siamo-nel-buio-tobia-rossi-9788804781783/  o alla pagina Cosa siamo nel uno su Amazon. Anche perché, come ha spiegato l’autore “questo romanzo amplia il racconto del testo teatrale, crea tutta una serie di percorsi, di personaggi secondari. Dice tutto quello che nel testo teatrale non viene detto, per una questione di sintesi. E’ come se fosse una versione ampliata di quella storia e del suo mondo”.  Se avete amato Hide and Seek, non potrete non amare anche Cosa Siamo Nel Buio. ... Continua a leggere su
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natiperesseresalvati · 9 months ago
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Il portachiavi
Tanti anni fa ho comprato un portachiavi. Era, ad essere precisi, il giorno in cui ci siamo messi insieme. Era un portachiavi bellissimo, di pelle nera, di quelli che si richiudono su sé stessi con un bottone. Sopra era ricamata una rosa e la parola “amor”. L’anello per le chiavi era d’argento fino ma lavorato in modo da renderlo resistente. Ancora oggi è una delle cose più belle che io abbia mai acquistato. Non l’ho mai mollato un attimo, era come se fosse una parte di me.
I primi anni ha resistito benissimo, è rimasto come nuovo, sempre pulitissimo e profumato. Chiunque lo vedesse mi faceva i complimenti. Erano gli anni in cui io e te stavamo benissimo, tutto andava a gonfie vele.
Quel portachiavi era nella mia borsa anche il giorno in cui mi hai chiesto di sposarti, e mi è sempre rimasto accanto.
Ricordo come fosse ieri la volta in cui mi sono accorta del primo graffio. Proprio accanto ai petali della rosa, era un piccolo solco. Mi arrabbiai tantissimo perché sapevo che sulla pelle quei graffi non si levano mica, bisogna starci attenti. Era il giorno in cui litigammo per la prima volta: tu volevi trasferirti a Verona, mentre io volevo rimanere qui. Da quel momento è stato inevitabile che il portachiavi si graffiasse ancora: un graffio qua, uno là, uno più grande, uno più piccolo, uno sul gambo della rosa, uno proprio in mezzo ai petali, un po’ come i nostri litigi.
Ricordi quando scoprii che mi avevi nascosto che continuavi a vedere Greta, la tua ex? È stato il giorno in cui sul portachiavi ho trovato il graffio più profondo di tutti. Addirittura si era sfilacciata la pelle.
Pensa che nonostante tutto non mi ha mai neanche sfiorato l’idea di buttarlo. Anche se col passare del tempo si stava rovinando, era pur sempre il mio portachiavi, quel portachiavi, e anche con tutti i graffi del mondo non lo avrei mai buttato o sostituito. Così con la mia testardaggine continuavo a pulirlo e lucidarlo tutti i giorni.
Quando te ne sei andato per un mese di punto in bianco e senza spiegazioni, l’ho perso con tutte le chiavi attaccate. Io non ho mai perso delle chiavi, quindi immagina come potevo sentirmi.
Mi sembrava di essermi persa con il portachiavi, senza nessuno, vuota e incompleta.
Sono stati giorni da infarto.
Quando l’ho ritrovato ho capito come non bisogna mai dare per scontata la presenza di niente e di nessuno, perché forse la colpa era la mia che ti avevo trascurato.
Nelle settimane successive mi accorsi che l’anello che teneva le chiavi si era leggermente allentato, evidentemente non era poi così tanto resistente come sembrava: era come se, tutt’a un tratto, fosse diventato fragile. E così ho cominciato ad avere paura di perdere le chiavi.
Ogni giorno, quando tornavo a casa, mi mettevo con calma a cercare di schiacciare un po’ l’anellino per tenerlo stretto. A volte ci provavo persino con le pinze, ma sembrava proprio non volerne sapere. Tu non c’eri molto, in quel periodo, perché eri appena tornato e dovevamo riassestarci.
Poi c’è stata la volta in cui si ruppe il bottone che teneva uniti l’anello e il portachiavi, e per poco non perdevo tutto. Tu eri andato a Dubai con Franco e Matteo mentre io ero in ospedale con mio padre che stava male.
Dovetti portarlo alla bottega, dove sostituirono il bottone. Fu un peccato perché non era più la stessa cosa: il portachiavi era lì, sì, ma era come se non fosse più lo stesso. Nel frattempo, oltretutto, la pelle continuava a rovinarsi e la rosa, sovrastata dai graffi e dalle pieghe, cominciava a non vedersi più.
Così i giorni sono passati, e la mia vita è andata avanti fra te e il portachiavi. Solo che negli ultimi mesi le cose hanno preso una piega evidente: perché come tu ormai hai deciso di allontanarti da me, l’anello che teneva le chiavi ha deciso di allentarsi al punto che ho cominciato a perdere le chiavi. Una dopo l’altra. Sono testarda io, lo so, perché avrei potuto buttarlo e prenderne un altro, e invece no, ho continuato a tenerlo. E così ora ho perso anche la chiave di casa mia. Ma ti rendi conto? La chiave di casa, della mia casa, la chiave della mia vita. È come se avessi perso me stessa.
La sto cercando da due ore qui sotto, e nel frattempo ti chiamo a ripetizione, Marco, ma non vuoi proprio rispondere. Così ora sono davanti al portone ad aspettare che ritorni, sperando tu abbia le chiavi.
Certo, ne è passato di tempo, da quando eravamo felici insieme. È un peccato come tutto si rovini e piano piano svanisca.
Eccoti, finalmente. Vedo la tua macchina avvicinarsi, grazia a Dio ce l’hai fatta.
Solo che guardando meglio mi accorgo che non sei solo, vedo dei capelli lunghi e biondi accanto a te.
Ma certo, Greta.
Vi vedo ridere in macchina passando qui davanti mentre vai a cercare parcheggio per portarla a casa nostra.
Brutto schifoso che non sei altro.
Sto pensando a mille modi per ucciderti solo per trovare quello che ti faccia soffrire di più, ma all’improvviso mi accorgo che nella mia mano destra ho ancora il portachiavi, quel portachiavi, e nel frattempo con le unghie della mano sinistra sto scavando nella pelle nera come se potessi trovarci qualcosa. Il tuo cuore, magari.
Ormai è distrutto pure questo portachiavi, non si vede più neanche un accenno della parola “amor”.
Fanculo.
E fanculo a me che mi sono intestardita così tanto quando avrei dovuto buttarlo tanto tempo fa, come te. E invece no, non ho voluto farlo.
Ora basta però: lo guardo bene per l’ultima volta sapendo che non lo rivedrò mai più.
Attraverso la strada e con tutta la forza che ho lancio il portachiavi dal ponte e lo vedo scivolare nell’aria fino a che non sento il rumore sordo che fa quando entra nell’acqua e sparisce in un attimo.
La mia testa sta per esplodere, sento i muscoli di tutto il mio corpo che tremano dalla rabbia ed i miei occhi sono gonfi, ma non preoccuparti, Marco, perché io rimango qui sotto ad aspettarti.
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m2024a · 10 months ago
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Fedez: «Credo di avere trovato la mia versione femminile». L'allenamento con i suoi "sosia nel mondo" Fedez, in questo momento, si trova in California perché proprio oggi, venerdì 12 aprile, inizia uno dei Festival musicali e non solo, più atteso di tutto l'anno: il Coachella. Il rapper parteciperà all'evento, si pensa, con vari amici o colleghi perché i genitori Franco e Tatiana dovrebbero essere tornati in Italia con Leone e Vittoria. In questi giorni, quindi, il cantante sta pubblicando varie storie sul proprio profilo Instagram e, proprio nelle scorse ore, ha deciso di allenarsi un po'. Nella palestra in cui è andato, Fedez ha conosciuto vari ragazzi intenti ad allenarsi e ha registrato diversi video in cui fa autoironia sul proprio stato fisico e dove mostra la differenza tra lui e i suoi "sosia nel mondo". Fedez, nella palestra californiana Fedez ha postato una storia Instagram in cui mostra ai suoi milioni di fan di essere in una palestra enorme circondato da attrezzi di ogni tipo. Il rapper, poi, si mette in posa davanti alla telecamera del suo smartphone insieme a una ragazza dai capelli molto lunghi e con un completino sportivo. Entrambi mostrano il bicipite e quello di lei è molto più tonico di quello di lui, così anche per i glutei e le gambe. Quindi, Fedez (che intanto fa un'espressione fra il triste e il divertito) scrive: «Si dice che tutti abbiamo almeno un sosia nel mondo. Credo di avere trovato la mia versione femminile. (Soprattutto il bicipite, uguale)». Nella storia successiva, il rapper si lascia immortalare con un ragazzo palestrato e con muscoli molto definiti e, quindi, ecco che aggiunge: «Niente raga... A Los Angeles è pieno di sosia miei». Fedez e la singletudine Fedez, a giudicare dalle storie Instagram, si starebbe vivendo questo periodo di singletudine molto bene. Il rapper, dopo la separazione da Chiara Ferragni che, intanto, non si fa più vedere sui social ormai da dieci giorni, è volato negli Stati Uniti con i bambini ed è stato prima a Miami e, ora, è in California.
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micro961 · 10 months ago
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Miriam - “Tu non te ne andare”
Atmosfere elettro pop per il nuovo singolo in uscita della giovane cantautrice romana, secondo estratto dall’EP “A squarciagola”.
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Il nuovo singolo di Miriam racconta di una storia nata da uno sguardo, ma consumata nel pensiero di chi l’avrebbe voluta vivere davvero, in una serata con musica troppo alta, tra i profumi confusi nella massa delle persone intorno.
«La notte è sempre lo sfondo più bello delle nostre storie, quelle consumate nell’incontro e quelle invece rinchiuse nella proiezione della propria mente, di ciò che avrebbe potuto essere ma non è mai stato. Ho visto e vissuto centinaia di queste storie. Una sera, un incontro che può sembrare insignificante si trasforma tutto d‘un tratto in un ricordo che cambia, occupando per giorni i tuoi pensieri. Quante volte ho immaginato come sarebbe stato quello stesso incontro se fosse durato anche solo qualche secondo in più. Dopo averlo immaginato più e più volte un giorno è nata lei. Una canzone che ha saputo trasformare questa esperienza così ricorrente in una storia da consumare a tutto volume». Miriam
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L’EP “A squarciagola”, da cui è estratto il brano, segna l’esordio della giovane artista romana e nasce dalla fusione del background musicale raccolto da Miriam in questi anni. Una fusione di suoni moderni elettronici con influenze del cantautorato italiano che da sempre accompagna la cantante nella sua crescita musicale.
L'obiettivo, infatti, era quello di creare un prodotto che rappresentasse passato e presente, Miriam cresciuta con i mostri sacri del cantautore italiano come Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Franco Battiato, e che successivamente si è avvicinata poi a quello che è il panorama attuale passando da Brunori Sas ai Coma Cose e Frah Quintale.
Miriam è una cantautrice romana del ’99 che ha fatto della sua passione per la musica il suo rifugio, e ora, il suo modo di far sentire “a casa” chiunque ascolti le sue canzoni.
Ha iniziato la sua carriera musicale nel 2013 come cantante solista e cantautrice. Tuttavia, è agli inizi del 2021 che ha veramente trovato la sua strada come artista. Ha abbracciato il ruolo di cantante solista, chitarrista, tastierista e compositrice nel suo progetto musicale personale, semplicemente chiamato “Miriam”.
Ha inciso il suo primo brano e si è esibita in numerosi concorsi nazionali, conquistando il pubblico romano con le sue esibizioni dal vivo. Ora, sta portando avanti la promozione delle sue canzoni anche attraverso i social media, sotto il nome “Je suis Miriam” su Instagram e TikTok, con format e contenuti che sottolineano il suo forte legame al cantautorato italiano. Per Miriam, cantare è più di una passione, è una chiamata.
A novembre 2023 esce il suo primo EP “A squarciagola” anticipato dal singolo “Cinema” uscito a metà settembre. Il prodotto vede la luce grazie a una raccolta fondi che a seguito della risposta positiva del suo pubblico nel giro di un mese riesce a concludere per finanziare il suo progetto musicale. 
Il rilascio dell’EP è accompagnato dalla release organizzata da Miriam e il suo team presso l’Atelier Montez di Roma, a fare da protagonista alla serata, oltre alla musica, sono le numerose attività interattive che raccontano ogni singolo brano, catapultando l’ascoltatore dentro di essi. 
A febbraio 2024 si reca a Sanremo durante il Festival per promuovere la sua musica nei vari eventi della città e nelle emittenti radio tv presenti.
Il 15 marzo esce il suo nuovo singolo “Tu non te ne andare”.
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dominousworld · 11 months ago
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EGOISMO E L'IO VERIDICO
EGOISMO E L'IO VERIDICO
di Franco Giovi L’ego e la sua manifestazione, l’egoismo, dei quali per certi versi mi sono trovato quasi difensore d’ufficio, poiché le accuse ed i lamenti contrari sono viziati dall’animus egoico da cui trapelano, sono caratteri strutturali della normale coscienza di sé moderna, che certamente non può auto-esorcizzarsi col riempirsi di parole evocanti condizioni opposte, virtù e superamenti…
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