#fotografia e classicità
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Galleria d’Arte Frediano Farsetti al Mia Photo Fair BNP Paribas 2025 XIV Edizione dal 20 al 23 marzo 2025
Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Piero Gemelli Superstudio Più, Via Tortona 27, Milano booth COO9 Per l’edizione 2025 di Mia Photo Phair la Galleria d’Arte Frediano Farsetti continua a presentare il lavoro dei tre maestri del mezzo fotografico con cui da anni ha stabilito una collaborazione, Antonio Biasiucci, Piero Gemelli e Luca Campigotto. Tre sguardi e tre modi di intendere la…
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Giuseppe Grimaldi si professa seguace della School of Humanist Photography.
Di più, vigorosamente affermo.
D'accordo, quel movimento ebbe speculativo afflato che s'ergeva sopra il mero intento documentario.
Ma Giuseppe è un umanista, oltre che un humanist photographer.
Quell'umanesimo che si volgeva alla remota classicità, e che al contempo in pittura esprimeva esiti immortali.
Ma Giuseppe anche questo trascende.
Sapete, mi stava pungendo vaghezza scovar analogie tra i suoi rossi e quelli di un Domenico Veneziano od un Antonello da Messina.
No, preferisco accostarlo ad Edward Hopper.
Per atmosfera, oltre che per cromie.
Ecco perché trascende, Giuseppe.
Le epoche, trascende.
C'è uno stratificato mondo, nella sua fotografia a corredo di questo brano.
Ben oltre la strada, ho titolato.
Perché Giuseppe è uno street photographer con un pennello in mano.
E con libri letti - non può essere altrimenti - opere delibate, suggestioni vissute.
Sto per enuclear elementi della composizione ...no, me ne astengo.
Meglio lasciar gustare il fotografico affresco nella sua poliforme interezza, a ciascuno il compito di sezionare ed estrapolare.
Ecco, mi fermo qui.
A voi il viaggio, il piacere di profondità sondare.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi 𝗦𝘆𝗹𝘃𝗮𝗻𝗼 𝗕𝘂𝘀𝘀𝗼𝘁𝘁𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁à 𝘀𝗶 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘃𝗲 𝗶𝗻 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗶𝗮 🎧 𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐀 𝐈𝐋 𝐏𝐎𝐃𝐂𝐀𝐒𝐓 La nuova stagione de La Musica come Pratica dell’Impossibile inaugura con un approfondimento sulla figura del compositore, uomo di teatro, pittore, scenografo e costumista fiorentino Sylvano Bussotti. Proprio le sue numerose personalità artistiche ci permettono di definirlo come “quinta essenza” della creatività in un continuo confronto geniale con una classicità musicale che trascendete storicismi. È la consueta voce dell'autore Michele Selva ad accompagnarci in questo viaggio nel segno della libertà del gesto: dall’arte figurativa, al teatro fino alla composizione. È proprio il palcoscenico teatrale ad affascinare Bussotti fin dalla più tenera età, a cinque anni scopre la musica attraverso gli studi di violino perfezionati al conservatorio, un insieme di fondanti epifanie creative in cui sono stati determinanti il fratello Renzo e lo zio materno Tono Zancanaro, entrambi pittori.Nel 1949 a Padova approfondisce da autodidatta lo studio della composizione e si trasferisce successivamente a Parigi, dove nel biennio 1956-1958 inizia a frequentare i corsi privati di Max Deutsch e incontra Pierre Boulez e Heinz-Klaus Metzger, che lo conduce a Darmstadt, dove conosce John Cage e da lì rimane affascinato dalla filosofia del compositore americano, la quale sembra offrirgli una strada alternativa alla scuola di Boulez ed intraprendere con fermezza il percorso che lo porta all’aserialismo. Un’influenza importantissima quella dei pittori in casa Bussotti, fin dal ragazzo infatti, Sylvano lavora alla composizione musicale così come al disegno e alla pittura, che lo porta ad allestire mostre d’arte in vari paesi del mondo. Dall’attività concertistica si sviluppa poi l’esperienza teatrale che gli permette di occuparsi anche di cinema e televisione. Nel 1984 nasce a Genazzano la B.O.B ovvero la BUSSOTTIOPERABALLET sintesi della sua esperienza creativa costituita da spettacoli di teatro musicale contemporaneo che trovano fama e respiro internazionale attraverso concerti, spettacoli e mostre d’arte. Questa è solo una parte del mondo di Sylvano Bussotti che vi invitiamo a conoscere o riscoprire attraverso questa nuova monografia in musica.Si ringraziano l’autore biografico Luigi Esposito e Rocco Quaglia, animatore inesauribile del pensiero bussottiano. Un programma a cura di Michele Selva Regia di Alessandro Renzi Fotografia tratta da “You turned the tables on me” (1974-1981, Roberto Masotti)
𝑺𝒚𝒍����𝒂𝒏𝒐 𝑩𝒖𝒔𝒔𝒐𝒕𝒕𝒊 - 𝑹𝒐𝒃𝒆𝒓𝒕𝒐 𝑴𝒂𝒔𝒐𝒕𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝒎𝒆𝒎𝒐𝒓𝒊𝒂𝒎 🎧 𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐀 𝐈𝐋 𝐏𝐎𝐃𝐂𝐀𝐒𝐓 🎶 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - La Musica come Pratica dell'Impossibile
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Le Sorprendenti Atmosfere Surreali Di Augusto De Luca

Augusto De Luca, fotografo atipico nel panorama italiano sempre alla ricerca di prospettive inconsuete e di accostamenti sorprendenti. L'occhio è solo spaziale. Tutti gli altri sensi sono temporali.Stanley Kubrick Poliedrico Augusto De Luca. Fine fotografo, gentile performer, avvocato, collezionista e musicista. Artista dagli anni 70 che ritrova sempre nello scatto fotografico la sua primigenia passione di vita. Per cui tutto ruota attorno a quello. Alla visione, all'occhio. Quell'occhio indagatore che attraverso la macchina fotografica irrompe in uno spazio, lo riempie fino ai suoi confini, lo analizza e lo completa.

Spesso fotografo i soggetti nei loro studi, o a casa, dove trovo sempre un oggetto che mi attrae, da fotografare con loro. Questo mi univa in qualche modo a loro e mi faceva entrare nel ritratto.. In quel momento fagocito quella persona e la macchina è il mio occhio che entra.....Augusto De Luca Gli elementi complementari delle fotografie di De Luca rimangono, in maniera duratura, le figure, le persone e i simboli, le luci e le ombre, il bianco e il nero. Tutti animati da una presenza, quando nascosta, quando dirompente, che svela comunque una meticolosa attenzione all'inquadratura, e all'elemento inquadrato.
Perciò, da una parte elementi strutturali organizzati in una classica grammatica compositiva, e dall'altra una disposizione inusuale e insolita delle figure nello spazio.
Questo, fondamentalmente, interessa ad Augusto De Luca. Il ricercare sempre punti di vista nuovi, inediti accostamenti, che una foto non sia mai uguale a quella successiva. Mai una ripetizione, mai una copiatura. Tutto volge lo sguardo verso orizzonti nuovi, verso nuove sperimentazioni formali ed estetiche. Pur, come abbiamo detto, rimanendo in una sorta di classicità, dovuta anche al bianco e nero. LEGGI ANCHE... Le Illusioni In Bianco E Nero Di Chema Madoz Sì, perché questo tipo di fotografia riproduce la realtà ma, al contempo, la eleva a una dimensione che oserei definire onirica, suggestiva e sospesa nel tempo. Una sorta di compenetrazione surrealista, tra figura ed ambiente, di stampo magrittiano. E i suoi scatti in bianco e nero si vestono di questa intensità profonda e misteriosa. Intensità che parla al cuore generando emozioni. Cerco di realizzare immagini in cui, per le inquadrature e per gli oggetti che correlo tra loro, realtà ed immaginazione danno origine ad una sintesi surreale.Augusto De Luca Esattamente come la manipolazione delle luci e delle ombre, grazie alla quale i suoi scatti, ci donano una bellezza struggente, un’atmosfera solenne che conferisce ai personaggi l’importanza che meritano. E restitutisce dignità alla loro storia personale talvolta dimenticata. Insomma, personaggio di grande spessore culturale Augusto De Luca. Che può vantare eccellenti conoscenze e referenze. Dal gallerista napoletano Lucio Amelio, a nomi come Andy Warhol, Keith Haring, Joseph Beuys o Robert Mapplethorpe. Da Ennio Morricone a Hermann Nitsch, da Pupella Maggio a Lina Sastri. E, non solo, ma puo annoverare suoi scatti in collezioni pubbliche e private in Italia e nel mondo come l'International Polaroid Collection (USA) o la Biblioteca Nazionale di Parigi. Per concludere, non potevo non pescare nell'infinito mare di aneddoti che accompagnano l'esperienza di fotografo di De Luca. Per primo, breve storia, raccontata dalla voce del fotografo, che riguarda Pupella Maggio... Pupella alla fine degli anni 80’ abitava a Roma. Io ed il mio assistente arrivammo a casa sua e quando lei ci aprì la porta, fui inondato da un incredibile profumo di ragù. Ricordo che socchiusi gli occhi e mi sembrò di essere a Napoli. Lei era una donna gentile e umile. Io iniziai a cercare un posto per fotografarla e vidi su di una mensola un ritratto di Eduardo De Filippo con una dedica “A Pupilla con amore, quello selvaggio del teatro”. Subito capiì che avrei fatto la foto proprio insieme a quel ritratto. Le chiesi di prendere una maschera di Pulcinella che avevo notato. Misi le luci in modo tale che replicassero le luci dentro il ritratto di Eduardo e scattai. Sembrava quasi che Eduardo fosse illuminato in quel momento dalla stessa luce.

... e per secondo, un piacevole racconto su Concetta Barra, altra grande interprete napoletana... Lei abitava a casa del figlio Peppe. Io volevo fotografarla con qualcosa di Napoli così andammo in giro a piedi. Era di una simpatia vulcanica. Non feci altro che ridere a crepapelle da quando la incontrai. Poi mi disse una frase che mi colpì: "Io sono napoletana e sarei stata napoletana anche se fossi nata a Milano… Sono sicura che in quel caso avrei inventato il panettone con la pummarola n’coppa (il pomodoro sopra)". Scoppiammo a ridere. Io la fotografai a Marechiaro insieme al Vesuvio, appena accennato in fondo all’immagine, per sottolineare che Concetta é Napoli, e che Napoli è Concetta. Come nella scenografia di un teatro vuoto dove c’é soltanto il viso di Concetta in un meraviglioso scialle arabeggiante.

Che ne dite? Non sono bellissime? Fatemi sapere il vostro scatto preferito, dopo aver guardato attentamente la galleria qui sotto. Ciao da Tommaso! Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace! Read the full article
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In #TheKing il tentativo del regista DavidMichod in collaborazione con il suo co-sceneggiatore l'attore #Egerton (che nel film interpreta il ruolo del saggio Falstaff) ha un merito: quello di rendere contemporaneo Shakespeare al punto da appassionare le nuove generazioni con uno script che pur nella sua classicità propone delle soluzioni linguistiche nuove mirate ad intercettare motivazioni e spinte emotive dal carattere universale. In questo quadro il giovane Enrico V (interpretato dal talentuoso #ThimoteèChalamet) subisce il contrappasso di un principe, costretto ad ereditare la corona e a governare un popolo e una corte che ha fame di conquista. Il suo desiderio di tregua si scontra con le logiche imperialiste, laddove ogni desiderio di pace non può essere un atto di fede, ma deve essere sancito da una vittoria in battaglia anche se questa non è necessaria. Così il conflitto si fa più autentico e stimolante fino alla famosa battaglia di Agincourt resa magnificamente tra scenari fangosi e numerose comparse capaci di rendere epico il momento storico. Merito della sua fotografia capace di offrire una profondità di colori che ricorda la pittura di Bruegel https://www.instagram.com/p/B40AVAyo8bX/?igshid=o0we2illxmwl
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Italian panorama
Un portfolio di 10 nuovi talenti della fotografia Made in Italy
Alexandra Von Fuerst Il suo vero nome è Alessandra Bergamin, è cresciuta in provincia di Treviso ma è nata in Austria da madre slovacca, ed è forse da qui che scaturisce la sua fascinazione per l’Est Europa, dalle favole tradizionali russe al surrealismo ceco. Dopo gli studi universitari di fotografia a Milano, ha vissuto un anno a Berlino a sperimentare con la forma e il colore alla ricerca di una propria via estetica. Attualmente vive a Londra, città che con il suo fascino gotico e la modernità underground ne nutre la creatività. I suo scatti – che combinano l’interesse per l’arte con la fotografia di moda e fondono la poetica femminile con le più viscerali ossessioni e i desideri della natura umana – hanno un côté surreale, celebrano l’imperfezione in tutta la sua bellezza ed enfatizzano forme, colori e materiali.
Luca Anzalone All’età di 18 anni, dopo un diploma in agricoltura, cambia vita e va a Poole, nel Dorset, per studiare all’Arts University Bournemouth e dedicarsi alla sua grande passione: la fotografia. Si ispira, da sempre, alle donne, e questo interesse lo spinge a esplorare la moda. «In un’era “social” che sempre più limita il contatto fisico tra individui», dice, «uso la fotografia per avvicinarmi alle persone e creare un rapporto intenso e intimo, che lascia prima di tutto un segno su di me e solo successivamente sul mio negativo». Anzalone ha una percezione della realtà romantica e drammatica: «Non ho limiti né pregiudizi, cerco di aprirmi ed espormi il più possibile a tutto ciò che sento e al mio bisogno di essere vivo. Il flusso emotivo è forse la mia vera fonte di ispirazione».
Marianna Sanvito Milanese di nascita, fin da piccola ama ogni forma d’arte, il cinema e la pittura in particolare. Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti, lavora per molti anni come art director prima di dedicarsi completamente alla fotografia. Il suo stile è delicato e femminile, ama ritrarre il fascino e l’eleganza dell’età che passa. Alla classicità della composizione, nei suoi scatti si contrappongono la profondità degli sguardi e la forza espressiva del soggetto. È alla ricerca costante, ossessiva, di un equilibrio tra gli opposti che descrive con una citazione di Giuseppe Fava sulla città natale dello scrittore: «Bisogna dire che ogni cosa si facesse in questo paese doveva essere fatta due volte e spesso l’una contro l’altra, come se ci fossero due anime».
Arianna Lago Vive da 18 anni nel Regno Unito, dove si è formata in Sound Arts & Design alla London University of the Arts, approfondendo musica, suono e cinema. Alla fotografia, invece, si è avvicinata da autodidatta, fino a che la macchina fotografica non ha preso il sopravvento su ogni altra passione. L’ispirazione, per Lago, nasce cercando l’inusuale e osservando la poetica del quotidiano. Il colore, la spontaneità, e tutto ciò che crea emozione sono elementi fondamentali del suo linguaggio espressivo.
Ilaria Orsini Dopo una formazione come assistente fotografa e un periodo di permanenza a Parigi, ha trovato in Londra il luogo ideale per la sua creatività. Sia nei suoi lavori personali sia in quelli legati alla moda, l’approccio è istintivo, spesso imprevedibile e frenetico: «Difficilmente riesco a immaginare la foto fuori dal set, il più delle volte devo cercarla dietro l’obiettivo», racconta. «Vivere a Londra ti sottopone a continui stimoli visivi. È la città stessa che mi influenza». Orsini racconta come spesso siano proprio i luoghi a ispirarla e come la ricerca delle location sia fondamentale. Da poco si è avvicinata al mondo della fotografia di architettura e di interni e sta lavorando a un libro sulle abitazioni private di Carlo Scarpa, in uscita il prossimo inverno.
Luca Campri Nasce a Parma ma resiede da diversi anni a Londra. Ama viaggiare e scoprire nuovi mondi per i suoi progetti fotografici. Appassionato di multiculturalità, sta lavorando a un libro su un gruppo di amici, parte di una comunità hippie in Cina, che girano il mondo vivendo di arte. Un’altra grande passione, importante nel suo percorso creativo, è il cinema. Il suo stile è documentaristico: «Non costruisco situazioni “in posa”, anche quando lavoro con la moda, e non ho un’idea predefinita di come dovrà essere lo scatto. Provo invece a creare i presupposti per lasciare i soggetti liberi di esprimersi e di mostrare emozioni reali, spesso condividendo momenti di positività e allegria», dice. «Amo l’idea di affiancare una poetica documentaristica al fashion system».
Alessandro Furchino Capria Nato all’ombra del Castello di Rivoli, vive tra Milano e Londra. Il ritratto è il fulcro del suo lavoro. Gli piace paragonare metaforicamente il suo percorso a quello di Ulisse: «L’odissea infinita e il ritorno a Itaca mi tengono prigioniero di un viaggio continuo in mare, dove la fotografia infrange continuamente il precario equilibrio». Naturalità e circostanze fortuite sono per lui preludio allo scatto, momento puntuale in cui tutto si allinea. «E lì, in quell’istante, che scegliere diventa l’atto principale di tutto il lavoro, il riassunto del gesto fotografico».
Dario Salamone Nato ad Agrigento, vive e lavora a Milano. Ha studiato filosofia all’Università La Sapienza di Roma, oltre a composizione e pianoforte al Conservatorio Santa Cecilia. Si dedica alla fotografia da autodidatta, affacciandosi da subito al mondo dell’editoria di moda. «Il mio lavoro», spiega, «indaga le possibilità espressive e meccaniche del corpo umano, ma anche il rapporto tra natura e cultura, il ruolo della tecnica nel processo di antropogenesi».
Vito Fernicola Da cinque anni vive a Parigi, ma da Napoli, sua città natale, ha portato con sé una propensione al racconto simbolico e la profonda autenticità, al di là di ogni forma di spettacolarizzazione. Nel suo lavoro la relazione tra soggetto e ambiente non è mai casuale, ma ha un carattere proprio, strutturale. «La fotografia », dice, «attesta il codice scenico dandogli vita in modo ora ordinato, ora razionale, ora rituale, spesso raccontando generazioni differenti e gestendo sempre intensamente il movimento ». Nel suo lavoro svela una sostanza intima “ibridata” dallo spazio circostante.
Leonardo Scotti Pur essendo un assiduo viaggiatore è fedelissimo alla sua città natale, Milano, in cui crede molto e dove vive da sempre. Nel suo lavoro spiccano le forme e la composizione, spesso accompagnate da un velo d’ironia. Trova ispirazione nei viaggi e nella realtà e ha un’attenzione particolare ai dettagli surreali del quotidiano. Il colore è un elemento dominante, così come il paesaggio naturale. Non ama situazioni costruite, e si autodefinisce molto istintivo e impulsivo, sia sul set sia nella vita reale.
Vogue Italia, agosto 2018, n.816, pag.162
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sede: Studio Museo Francesco Messina (Milano); cura: Angela Madesani.
L’esposizione, ideata specificatamente per gli spazi del museo, l’antica chiesa sconsacrata di San Sisto, è un omaggio alla poesia di Francesco Messina. La scrittura, del resto, ha sempre accompagnato il percorso plastico dello scultore siciliano le cui liriche I tigli del parco, pubblicate nel 1965, si avvalsero di una introduzione redatta dall’amico Salvatore Quasimodo.
Giuliana Cunéaz spiega: “Nei versi di Messina ho trovato motivi di profonda aderenza con la mia ricerca intrisa di forme mutevoli e cangianti, di immagini in continuo divenire dove il complesso mondo della materia si intreccia alla sua stessa sublimazione”. Da questa sintonia sono nati i tre interventi inediti dell’artista, ognuno ispirato ad una poesia del grande artista e dedicato ai luoghi che ne raccontano il vissuto. Nei lavori di Giuliana Cunéaz l’uso del 3D e della tecnologia più sofisticata si armonizzano con i temi trattati nelle liriche di Messina, creando un dialogo inedito tra parola e forma. Ne scaturisce una visione intima, che consente a ciascuno di entrare in contatto con l’aspetto imperscrutabile delle cose. A tale proposito Angela Madesani scrive nel testo in catalogo: “L’incontro tra la tecnologia, utilizzata da Cunéaz, e la poesia di Messina parrebbe un ossimoro. In realtà il dialogo è perfettamente equilibrato, riferimento ad una dimensione che va oltre un preciso tempo storico, a una localizzazione realmente geografica. Il rimando è, infatti, a una presunta quanto auspicata classicità”. Questa considerazione trova conferma nella videoinstallazione in 3D Matter waves chrome nella quale le onde, con il loro respiro, sembrano depositare sul terreno oggetti misteriosi o reperti archeologici dai colori vivaci e in continua metamorfosi. Perfetto appare il contrappunto di Messina che scriveva “… dagli scogli il mare esplode… oltre le case, oltre la notte un sepolcro di reliquie affiora”. La poesia Linguaglossa ha ispirato invece la realizzazione di un lavoro sulla genesi delle forme, mentre una delle liriche più famose di Messina, I tigli del parco, ha mosso Giuliana Cunéaz verso la progettazione di un’installazione alta oltre nove metri, collocata sulla vetrata principale dell’antica chiesa dove attraverso un materiale traslucido, rievocazione della pittura monumentale, l’artista ha ideato una sequenza di nanostrutture nella quale si potrebbero riconoscere i tigli descritti da Messina.
Giuliana Cunéaz nata ad Aosta nel 1959, vive e lavora a Milano. Utilizza tutti i media artistici, dalla videoinstallazione alla scultura, dalla fotografia alla pittura sino agli schermi dipinti. Dall’inizio degli anni Novanta inizia un’indagine dove la ricerca plastica si coniuga con le sperimentazioni video. Nel 2004 il 3D entra, a pieno titolo, a far parte della sua indagine e l’artista acquisisce gli elementi tratti dal mondo della scienza e della nanoscienza per modificarli sino a creare un paesaggio virtuale che interagisce con i dati naturali. Giuliana Cunéaz ha iniziato ad esporre in importanti spazi pubblici e privati italiani e stranieri dall’inizio degli anni Novanta. Ha partecipato, tra l’altro, alla Biennale di San Paolo in Brasile, a Tina B. Festival di Praga, alla Biennale di Siviglia Youniverse, ad Anteprima Torino nell’ambito della Quadriennale di Roma e alla Biennale Internazionale Project Daejeon. Molti sono i luoghi che hanno ospitato le sue opere, dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, al museo Pecci di Prato, dal Castello Gamba, a Gallerie d’Italia, sino alla Fondazione Burri di Città di Castello e al museo Marino Marini di Pistoia.
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Giuliana Cunéaz. La grammatica delle forme sede: Studio Museo Francesco Messina (Milano); cura: Angela Madesani. L'esposizione, ideata specificatamente per gli spazi del museo, l'antica chiesa sconsacrata di San Sisto, è un omaggio alla poesia di Francesco Messina.
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