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#flotta umanitaria
neottolemo · 1 year
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Restiamo umani
Fondato nel 2019, il progetto ResQ-People Saving People è nato con l'obiettivo di salvare il maggior numero possibile di vite umane tra quanti attraversano il Mediterraneo alla ricerca di un futuro degno di questo nome.
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corallorosso · 4 years
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Perché sui migranti l'Italia è complice delle stragi in mare Quel tweet non è un grido di dolore e di rabbia. Certo, è pervaso da questi sentimenti, ma al fondo c’è l’esperienza di un giornalista, Sergio Scandura di Radio radicale, che da una vita professionale racconta, spesso con importanti scoop, la tragedia dei migranti nel “mare della morte”, il Mediterraneo. “Bloccate le navi ONG, non fate operare in SAR oltre le 12 miglia nazionali Marina militare e Guardia Costiera. Bugiardo sulla pelle dei disperati. Bugiardo sulla pelle di morti a dozzine, annegati anche a 25-30 miglia sotto Lampedusa. Rivoltante. Vergogna. Vergogna”. Non c’è una virgola fuori posto in questo j’accuse. Ma il primo destinatario di questa denuncia, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dubitiamo che arrossirà di vergogna. E di sicuro non lo farà l’improponibile ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. E al di là dei toni, composti, e della professionalità, incommensurabilmente superiore a quella del suo sprovveduto (in materia internazionale) collega della Farnesina, la sostanza delle cose non cambia quando a parlare è la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. “I decreti sicurezza, o immigrazione, dovranno essere esaminati in uno dei prossimi Cdm. Si verificheranno anche gli aspetti delle sanzioni alle Ong, che potrebbero anche diventare sanzioni di carattere penale. Ma è una strada che intraprenderemo con la modifica dei decreti”, ha affermato la titolare del Viminale, giovedì scorso, nel corso dell’ audizione al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen. Complicità in stragi. Cinque stragi in una settimana. Almeno 200 morti lungo la rotta dalla Libia all’Europa. E nessuna nave di soccorso in mare, bloccate dai provvedimenti italiani che ostacolano gli interventi della flotta civile, e da un’Europa che promette solidarietà, ma continua a cooperare con le autorità di Tripoli, niente affatto estranee alla continua mattanza. Dei cinque naufragi segnalati negli ultimi giorni, il più grave è avvenuto il 21 settembre e si è saputo solo oggi, sabato: 111 morti. “Solo 9 delle 120 persone sono vive, soccorse da un pescatore dopo giorni in mare. Con i sopravvissuti stiamo ricostruendo gli eventi. Serve assistenza medica urgente», scrive su Twitter Alarm Phone. “Tra le vittime ci sono Oumar, Fatima e i loro 4 figli” aggiunge l’organizzazione che raccoglie le chiamate d’emergenza in tutto il Mediterraneo. Segnalazioni di altri naufragi sono arrivati anche da Cipro e dall’Algeria. Nella notte tra venerdì e sabato «120 migranti riportati in Libia hanno riferito allo staff dell’Oim che 15 persone sono annegate quando il loro gommone ha iniziato a sgonfiarsi», conferma Safa Msehli, portavoce dell’agenzia Onu per le migrazioni. Secondo l’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr-Acnur) al 23 settembre 8.247 persone sono state registrate come intercettate in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica. La gran parte viene portata nei campi di prigionia ufficiali, dove poi molti vengono fatti sparire. Il 15 settembre, votando il rinnovo della missione Onu in Libia, il Consiglio di sicurezza ha espresso “grave preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria” e per la situazione “affrontata da migranti, rifugiati e sfollati interni, inclusa la loro esposizione alla violenza sessuale e di genere” “La Libia è stato un inferno. Io sono maledetta, sono proprio maledetta”. Lo ripete più volte, Sabha, originaria della Costa D’Avorio. Dal settembre 2016 all’aprile 2017 è stata in uno dei centri di detenzione di Sabha: “Mi hanno preso e portato in prigione, volevano da me dei soldi. Sono stata lì sette mesi: mi hanno fatto di tutto. Ogni giorno ci prendevano e ci portavano da alcuni uomini per soddisfare le loro voglie. Mi hanno preso da davanti, da dietro, erano così violenti che dopo avevo difficoltà anche a sedermi. Mi filmavano mentre mi violentavano. Mi urinavano addosso. Un giorno mi hanno costretta ad avere un rapporto con un cane e loro mi hanno filmato. Sono maledetta”. La sua testimonianza, raccolta nel Cara di Mineo, fa parte del report “La Fabbrica della Tortura”, reso noto, nei giorni scorsi, da Medici per i diritti umani (Medu) Nessuno può chiudere gli occhi di fronte al grido di dolore di migranti e rifugiati. Come ha detto il Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere ed integrare gli sfollati è un dovere universale di ogni popolo civile. La vita umana viene prima di ogni cosa". (...) Umberto De Giovannangeli
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goodbearblind · 6 years
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- COMUNICATO STAMPA MEDICI SENZA FRONTIERE E SOS MEDITERRANEE –
Aquarius: Pressioni del governo italiano su Panama per fermare i salvataggi sulla rotta marittima più mortale del mondo
23 settembre 2018 – SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere (MSF) sono sconvolte dall'annuncio da parte dell'Autorità marittima di Panama di essere stata costretta a revocare l’iscrizione dell'Aquarius dal proprio registro navale sotto l'evidente pressione economica e politica delle autorità italiane. Questo provvedimento condanna centinaia di uomini, donne e bambini, che sono alla disperata ricerca di sicurezza, ad annegare in mare e infligge un duro colpo alla missione umanitaria dell’Aquarius, unica nave gestita da una ONG rimasta per la ricerca e il soccorso nel Mediterraneo centrale. Entrambe le organizzazioni chiedono ai governi europei di consentire all’Aquarius di continuare la sua missione, facendo sapere alle autorità panamensi che le minacce del governo italiano sono infondate o garantendo immediatamente una nuova bandiera per poter continuare a navigare.
Sabato 22 settembre, il team a bordo di Aquarius è rimasto scioccato quando ha saputo che le autorità panamensi avevano informato ufficialmente Jasmund Shipping, il proprietario della nave, della richiesta delle autorità italiane a prendere “azioni immediate” contro l'Aquarius. Nel messaggio ricevuto dall'Autorità marittima di Panama si legge che “sfortunatamente è necessario che [l'Aquarius] sia esclusa dal nostro registro perché la sua permanenza implicherebbe un problema politico per il governo e per la flotta panamense in direzione dei porti europei”. Questo messaggio è arrivato nonostante l’Aquarius abbia completato con successo tutte le procedure di registrazione, essendo conforme agli standard elevati previsti dai regolamenti marittimi di Panama.
SOS Méditerranée e MSF denunciano fortemente queste azioni che dimostrano fin dove il governo italiano voglia spingersi, mentre la sola conseguenza è che le persone continueranno a morire in mare e che nessun testimone sarà presente per contare i morti.
“I leader europei sembrano non avere scrupoli nell'attuare tattiche sempre più offensive e crudeli che servono i propri interessi politici a scapito delle vite umane" dichiara Karline Kleijer, responsabile delle emergenze per MSF. "Negli ultimi due anni, i leader europei hanno affermato che le persone non dovrebbero morire in mare, ma allo stesso tempo hanno perseguito politiche pericolose e male informate che hanno portato a nuovi minimi la crisi umanitaria nel Mediterraneo centrale e in Libia. Questa tragedia deve finire, ma ciò può accadere solo se i governi dell'UE permetteranno all’Aquarius e alle altre navi di ricerca e soccorso di continuare a fornire assistenza salva-vita e a testimoniare dove è così disperatamente necessario".
Dall'inizio dell'anno, oltre 1.250 persone sono annegate mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo centrale. Coloro che tentano la traversata hanno tre volte in più la probabilità di annegare rispetto a coloro che ci avevano provato nel 2015. Il numero reale di morti è probabilmente molto più alto dal momento che non tutti i naufragi sono stati assistiti o registrati dalle autorità o dalle agenzie dell’ONU. Lo dimostra il naufragio ai primi di settembre al largo della costa libica in cui si stima che almeno 100 persone siano annegate.
Nel frattempo, la guardia costiera libica, supportata dall'Europa, aumenta il numero di respingimenti nelle acque internazionali, tra l’Italia, Malta e la Libia, che negano ai superstiti il loro diritto di sbarcare in un luogo sicuro come stabilito dal diritto internazionale marittimo e dei rifugiati. Al contrario, queste persone vulnerabili vengono riportate in condizioni spaventose nei centri di detenzione libici, molti dei quali si trovano all'interno dell’attuale zona di conflitto nella città di Tripoli.
“A cinque anni dalla tragedia di Lampedusa, quando i leader europei dissero ‘mai più’ e l'Italia lanciò la sua prima operazione di ricerca e soccorso su larga scala, le persone continuano a rischiare la propria vita per fuggire dalla Libia mentre il tasso di mortalità nel Mediterraneo centrale è alle stelle” dichiara Sophie Beau, vice presidente di SOS Méditerranée. “L'Europa non può permettersi di rinunciare ai suoi valori fondamentali”.
Le notizie dell'Autorità marittima di Panama sono arrivate mentre le équipe a bordo dell’Aquarius erano impegnate in un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo Centrale. Nelle ultime 72 ore, Aquarius ha aiutato due imbarcazioni in difficoltà e ora ha 58 persone a bordo, molte delle quali sono psicologicamente provate e affaticate dalla traversata in mare e dalle esperienze in Libia e per questo hanno bisogno urgentemente di sbarcare in un luogo sicuro come richiede il diritto internazionale marittimo. L’Aquarius ha sempre agito in piena trasparenza operando sotto il coordinamento di tutti i centri marittimi competenti e nel rispetto delle leggi marittime e delle convenzioni internazionali.
SOS Mediterrannee e MSF chiedono all’Europa di permettere all'Aquarius di poter continuare ad operare nel Mediterraneo centrale e di far sapere alle autorità panamensi che le minacce del governo italiano sono infondate o di garantire immediatamente una nuova bandiera per poter continuare a navigare.
L’Ufficio Stampa di Medici Senza Frontiere
Maurizio Debanne, 348 8547115, [email protected]
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luciopicca · 3 years
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Nel Mediterraneo continuano a morire gli esseri umani, le leggi e i diritti. Ci siamo uniti per dare un segno concreto e contrastare la cultura dell’indifferenza, mettendo in mare un’altra nave che sostenga donne, uomini e bambini,  costretti a spostarsi da situazioni drammatiche o volenterosi di inseguire il proprio sogno, come di diritto. Il nostro obiettivo è quello di aggiungere, con il contributo di chi non è indifferente, una nave alla flotta umanitaria, oggi del tutto insufficiente https://www.instagram.com/p/CSGp5z_rqn4/?utm_medium=tumblr
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novalistream · 4 years
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Perché sui migranti l'Italia è complice delle stragi in mare Quel tweet non è un grido di dolore e di rabbia. Certo, è pervaso da questi sentimenti, ma al fondo c’è l’esperienza di un giornalista, Sergio Scandura di Radio radicale, che da una vita professionale racconta, spesso con importanti scoop, la tragedia dei migranti nel “mare della morte”, il Mediterraneo. “Bloccate le navi ONG, non fate operare in SAR oltre le 12 miglia nazionali Marina militare e Guardia Costiera. Bugiardo sulla pelle dei disperati. Bugiardo sulla pelle di morti a dozzine, annegati anche a 25-30 miglia sotto Lampedusa. Rivoltante. Vergogna. Vergogna”. Non c’è una virgola fuori posto in questo j’accuse. Ma il primo destinatario di questa denuncia, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dubitiamo che arrossirà di vergogna. E di sicuro non lo farà l’improponibile ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. E al di là dei toni, composti, e della professionalità, incommensurabilmente superiore a quella del suo sprovveduto (in materia internazionale) collega della Farnesina, la sostanza delle cose non cambia quando a parlare è la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. “I decreti sicurezza, o immigrazione, dovranno essere esaminati in uno dei prossimi Cdm. Si verificheranno anche gli aspetti delle sanzioni alle Ong, che potrebbero anche diventare sanzioni di carattere penale. Ma è una strada che intraprenderemo con la modifica dei decreti”, ha affermato la titolare del Viminale, giovedì scorso, nel corso dell’ audizione al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen. Complicità in stragi. Cinque stragi in una settimana. Almeno 200 morti lungo la rotta dalla Libia all’Europa. E nessuna nave di soccorso in mare, bloccate dai provvedimenti italiani che ostacolano gli interventi della flotta civile, e da un’Europa che promette solidarietà, ma continua a cooperare con le autorità di Tripoli, niente affatto estranee alla continua mattanza. Dei cinque naufragi segnalati negli ultimi giorni, il più grave è avvenuto il 21 settembre e si è saputo solo oggi, sabato: 111 morti. “Solo 9 delle 120 persone sono vive, soccorse da un pescatore dopo giorni in mare. Con i sopravvissuti stiamo ricostruendo gli eventi. Serve assistenza medica urgente», scrive su Twitter Alarm Phone. “Tra le vittime ci sono Oumar, Fatima e i loro 4 figli” aggiunge l’organizzazione che raccoglie le chiamate d’emergenza in tutto il Mediterraneo. Segnalazioni di altri naufragi sono arrivati anche da Cipro e dall’Algeria. Nella notte tra venerdì e sabato «120 migranti riportati in Libia hanno riferito allo staff dell’Oim che 15 persone sono annegate quando il loro gommone ha iniziato a sgonfiarsi», conferma Safa Msehli, portavoce dell’agenzia Onu per le migrazioni. Secondo l’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr-Acnur) al 23 settembre 8.247 persone sono state registrate come intercettate in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica. La gran parte viene portata nei campi di prigionia ufficiali, dove poi molti vengono fatti sparire. Il 15 settembre, votando il rinnovo della missione Onu in Libia, il Consiglio di sicurezza ha espresso “grave preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria” e per la situazione “affrontata da migranti, rifugiati e sfollati interni, inclusa la loro esposizione alla violenza sessuale e di genere” “La Libia è stato un inferno. Io sono maledetta, sono proprio maledetta”. Lo ripete più volte, Sabha, originaria della Costa D’Avorio. Dal settembre 2016 all’aprile 2017 è stata in uno dei centri di detenzione di Sabha: “Mi hanno preso e portato in prigione, volevano da me dei soldi. Sono stata lì sette mesi: mi hanno fatto di tutto. Ogni giorno ci prendevano e ci portavano da alcuni uomini per soddisfare le loro voglie. Mi hanno preso da davanti, da dietro, erano così violenti che dopo avevo difficoltà anche a sedermi. Mi filmavano mentre mi violentavano. Mi urinavano addosso. Un giorno mi hanno costretta ad avere un rapporto con un cane e loro mi hanno filmato. Sono maledetta”. La sua testimonianza, raccolta nel Cara di Mineo, fa parte del report “La Fabbrica della Tortura”, reso noto, nei giorni scorsi, da Medici per i diritti umani (Medu) Nessuno può chiudere gli occhi di fronte al grido di dolore di migranti e rifugiati. Come ha detto il Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere ed integrare gli sfollati è un dovere universale di ogni popolo civile. La vita umana viene prima di ogni cosa". (…) Umberto De Giovannangeli
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adrianomaini · 5 years
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C'era la guerra
Settantasette anni fa i marinai, tra cui mio padre, proveniente da Ventimiglia (IM) - a maggio 1942 ormai in semplice esercitazione - della corazzata "Giulio Cesare", già ammiraglia della flotta italiana, la prima battaglia della Sirte l'avevano già combattuta. 
Settantanove anni fa in questa zona di estremo ponente ligure in frontiera con la Francia i civili sfollati erano già rientrati nelle lore case.
Credo sia giusto rammentare in chiave umanitaria i drammatici accadimenti della storia, ancorché visti in ambito locale, purtroppo inesauribile fonte di fatti. 
Dal Fronte dei Balcani - cui afferisce questo scatto che rappresenta un carabiniere richiamato da Bordighera (IM), mio nonno materno - in tanti, troppi tornarono minati profondamente dalla malaria. E non solo nella mente, per tutti gli orrori commessi in quei luoghi dalle orde nazifasciste.
Nel frattempo accadeva la tragedia della spedizione in Russia in cui non perirono solo ragazzi di queste nostre località fanti dell'89° reggimento, come giustamente viene ricordato anche di recente con pubblicazioni e convegni. Altri giovani ancora, come l'alpino della sovrastante fotografia, partito pure lui da Ventimiglia.
Come il milite del Genio Ferrovieri di questa immagine, mio zio paterno.
Probabilmente gli auguri di Natale del maggiore del Battaglione dello zio sono arrivati ai miei quando lo zio era già disperso, motivazione ufficiale della sua scomparsa, datata per il Ministero della Difesa al 18 dicembre 1942, più o meno il giornodel timbro postale su quella cartolina. Solo da poco ho pensato di fare ricerche sul Web. Ho trovato la motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare concessa alla Bandiera del Reggimento del Genio Ferrovieri, proprio per il X° Battaglione Genio Ferrovieri, quello dello zio: "Nella campagna al fronte orientale (Russia) ha assicurato, col suo fattivo lavoro, i rifornimenti alle truppe combattenti, riattivando e costruendo numerosi tronchi ferroviari. Posto a difesa, durante la battaglia del Don, di un’importante postazione, ricacciava varie volte il nemico malgrado la sua forte superiorità di uomini e mezzi. In epica gara coi fanti ha combattuto per oltre tre giorni, offrendo una strenua resistenza finchè, decimato negli uomini, per evitare il completo accerchiamento ripiegava su linee arretrate". Zona di Krassnogorowka, dicembre 1942. Decorazione concessa il 21 Maggio 1948.
Nell'affondamento della corazzata Roma del 9 settembre 1943 morì il marinaio di Ventimiglia cui è dedicata la sezione locale dell'Associazione, amico di famiglia dei miei, caro soprattutto a mio padre.
Gli effetti del bombardamento aereo del 10 dicembre 1943 su Nervia di Ventimiglia (IM) - Fonte: Silvana Maccario di Camporosso (IM)
Un capitolo a parte sarebbe da dedicare ai bombardamenti, aerei, navali e terrestri, che colpirono la popolazione civile, soprattutto le stragi del 10 dicembre 1943 causate in località Nervia e Gianchette di Ventimiglia (IM). Sovente ripenso a quante persone ho conosciuto che avevano perso dei loro cari in quei drammatici frangenti.
In tanti sottolineano tuttora la Notte dei Bengala del 21 giugno 1944, quando si sperò inutilmente nell'imminente arrivo o sbarco in zona degli Alleati.
Lo speravano soprattutto i partigiani, anche i partigiani del mare, uomini che si apprestavano a tenere contatti rischiosi tra gli alleati e i patrioti combattenti in montagna: in ideale collegamento di valori con quei pescatori ed altri generosi che proprio in questa zona avevano aiutato tra il 1938 e il 1939 ebrei stranieri in fuga verso la Francia perché cacciati con le famigerate leggi razziali del 1938 dal regime fascista.
Si tratta solo di piccoli, anche casuali, di sicuro molto parziali esempi, inerenti la realtà locale in cui ho sempre vissuto, senza alcuna pretesa di scrivere o riscrivere la storia, per non dimenticare!
from Adriano Maini: vecchi e nuovi racconti https://ift.tt/38bEZKZ via IFTTT
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ivandegrandis · 6 years
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🔴NOVARA, GIOVEDÌ SERA ALLE 20,45 NELLA SEDE DI FRATELLI D’ITALIA SI TORNA A PARLARE DI PROFUGHI E ONG CON IL GIORNALISTA DE IL GIORNALE GIUSEPPE DE LORENZO🔴 NON MANCATE!!! Giovedì sera alle ore 20,45 presso la sede di #FratellidItalia in Via Frasconi 1 a #Novara, è in programma un incontro APERTO alla cittadinanza, per parlare di un argomento attualissimo: le navi #Ong che continuano il trasporto di profughi verso le nostre coste. Abbiamo chiamato a parlarne il giornalista de "Il Giornale" Giuseppe De Lorenzo per un approffondimento sulle politiche dell'immigrazioni e sul controverso ruolo delle ONG, le cosiddette navi umanitarie che operano nel Mediterraneo. Sarà presentato il libro di De Lorenzo "Arcipelago ONG, inchiesta sulle navi umanitarie nel Mediterraneo". “Arcipelago ONG” è un libro inchiesta sulle navi umanitarie che operano nel Mar Mediterraneo, da leggere per informarsi approfonditamente su un fenomeno sempre più dai tratti oscuri e spesso criminosi. “In oltre due anni di attività, le ONG attive nel Mediterraneo hanno trasportato in Italia migliaia di migranti. Il loro intervento influisce sulla realtà di numerosi stati, soprattutto dell’Italia. Ma il loro intento è solo umanitario? Cosa ha spinto (e spinge) la flotta umanitaria a salpare verso la Libia? Come finanziano le loro missioni? Perché si spingono così vicino all’Africa per recuperare i clandestini? Sono queste le principali domande alle quali il libro vuole rispondere, indagando i collegamenti tra le Organizzazioni, i flussi finanziari che le sostengono, gli strani incontri con i trafficanti e il loro ultimo fine: abbattere la fortezza Europa ed eliminare le frontiere.” https://www.instagram.com/p/BsnFDYYh9gp/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=149jzv6dg6dev
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purpleavenuecupcake · 5 years
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Aeronautica: Boeing KC767 sicuri e pienamente operativi
In merito all’articolo apparso questa mattina su Il Fatto Quotidiano, dal titolo “L’Aeronautica ha 4 velivoli a rischio, ma volano ancora” a firma Toni De Marchi, l’Aeronautica Militare intende affermare, con assoluta fermezza, che i quattro Boeing KC-767A in linea presso il 14° Stormo di Pratica di Mare – così come tutti i velivoli della Forza Armata – rispondono a stringenti e rigidissimi requisiti e parametri di sicurezza ed efficienza, applicati dall’Aeronautica Militare in linea con direttive e standard definiti in ambito internazionale. Sulla questione richiamata all’interno dell’articolo, come già peraltro evidenziato al giornalista, si precisa che anche i KC-767A dell’Aeronautica Militare, come tutti gli aeromobili moderni, sono equipaggiati con sistemi di sicurezza volti a riconoscere l’avvicinamento ad una situazione di stallo, con la conseguente perdita di portanza e di quota, permettendo al velivolo di uscire da tale situazione mantenendolo nel proprio inviluppo di volo. In particolare, il Sistema Maneuvering Characteristics Augmentation System (MCAS) presente sul KC-767A è progettato al fine di fornire informazioni aggiuntive al pilota circa lo stato dell’aeroplano mediante le forze da applicare sui comandi di volo in caso di elevato angolo d’attacco (AOA). L’MCAS ha l’autorità di muovere lo stabilizzatore orizzontale in specifiche condizioni di volo. In aggiunta il KC-767A è anche equipaggiato con due sistemi ridondanti di sicurezza che inibiscono qualsiasi ulteriore movimento non comandato dello stabilizzatore orizzontale. Nel caso che l’MCAS dovesse causare una condizione di volo non desiderata, i piloti dell’Aeronautica Militare sono regolarmente addestrati all’uso di entrambi i sistemi di sicurezza dell’impianto. In considerazione del fatto che il Sistema MCAS adottato sul KC-767A dell’Aeronautica Militare è diverso da quello presente sul Boeing 737 Max, non è stato necessario implementare alcuna misura precauzionale supplementare, né alcuna tipologia di addestramento specifico per gli equipaggi della Forza Armata che operano sull’assetto, in aggiunta agli stringenti protocolli addestrativi che vengono periodicamente già effettuati sia a terra con simulatori sia in missioni di addestramento in volo. Una parte consistente di tale addestramento è dedicata proprio alla gestione di emergenze e criticità di diversa tipologia, ivi comprese le procedure da adottare in caso di movimento non comandato dello stabilizzatore orizzontale. I KC-767A dell’Aeronautica Militare - versione militare speciale del Boeing 767 largamente diffuso nel mondo dell’aviazione civile – sono utilizzati per molteplici tipologie di missioni, sia di trasporto personale e materiali, sia in configurazione tanker per il rifornimento in volo di altri aeromobili. Ad oggi, la flotta KC-767A dell’Aeronautica Militare ha effettuato più di 26.000 ore di volo ed oltre 6.400 missioni in ogni parte del mondo, a supporto dei contingenti militari italiani che operano all’estero in ambito NATO o di coalizioni internazionali, per le esercitazioni internazionali, nonché in occasione di emergenze umanitarie nelle quali i velivoli della Forza Armata sono spesso chiamati ad intervenire per il trasporto dei primi soccorsi. In queste ore, ad esempio, i KC-767A dell’Aeronautica Militare sono impegnati in supporto alla Protezione Civile per il trasporto di un ospedale da campo ed aiuti umanitari per le popolazioni del Mozambico colpite dal terribile ciclone Idai. Un altro esempio significativo della versatilità di impiego del velivolo KC-767A è quello della capacità di trasporto sanitario su lungo raggio, come ad esempio quello effettuato per il rimpatrio urgente dalla Sierra Leone, con una speciale barella per il trasporto di malati altamente infettivi, di un medico di Emergency che aveva contratto il virus ebola durante una missione umanitaria nel paese africano. Read the full article
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salvo-love · 6 years
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George Soros, l'uomo che paga ​l'invasione dell'Europa
Gli amici degli scafisti: il magnate investirà 500 milioni nelle ong per creare una flotta di navi per salvare i migranti
Gian Micalessin -06/03/2019 - 13:14
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Solo pochi giorni fa la Commissione Ue annunciava la necessità di espellere un milione di migranti illegali.
Solo ieri in Sicilia ne sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (Moas, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi legati al milionario «filantropo» George Soros. Bruxelles, a questo punto, farebbe bene a spiegare che per fermare il traffico di uomini bisogna combattere non solo le organizzazioni criminali, ma anche la carità pelosa, e politicamente motivata, di Soros e della sua galassia buonista.
Una galassia a cui l'ottuagenario filantropo ha promesso il 20 settembre scorso investimenti da 500 milioni di dollari per favorire «l'arrivo dei migranti». Investimenti destinati a contrastare le politiche europee sull'immigrazione e a mettere a rischio la sovranità dell'Italia e di altre nazioni.
Il primo a capirlo è il capo di Frontex, Fabrice Leggeri intervenuto di recente per criticare la tendenza a soccorrere i migranti «sempre più vicino alle coste libiche» spiegando come questo incoraggi i trafficanti a stiparli «su barche inadatte al mare con rifornimenti di acqua e carburante sempre più scarsi rispetto al passato». Le parole di Leggeri rappresentano un'esplicita denuncia delle attività di soccorso marittimo finanziate da Soros. Dietro le operazioni di navi di grossa stazza come il Topaz Responder da 51 metri del Moas, il Bourbon Argos di Msf, o l'MS di Sea Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti del filantropo. Finanziamenti che garantiscono il trasferimento nei nostri porti di migliaia di migranti illegali.
L'aspetto più inquietante di questa vicenda è però come questa flotta di navi fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di Msf) del Belize (il Phoenix, di Moas) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di Moas) punti a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e italiane. Per capirlo basta spulciare i siti delle organizzazioni che gestiscono la flotta buonista. La tedesca Sea Watch armatrice di due navi soccorso battezzate con il proprio nome spiega di battersi per il «diritto alla libertà di movimento» e di non accettare «arbitrarie distinzioni tra profughi e migranti». Come dire che il rispetto di confini e sovranità nazionale non ha alcun senso.
Come non lo ha distinguere tra chi fugge da guerre e dittature e chi invece cerca solo migliori condizioni di vita. Sea Eye, un'altra organizzazione tedesca conduttrice di una nave da 26 metri e di un barchino da soccorso spiega invece di volere contrastare tutti i futuri piani europei per il trasferimento dei migranti in campi di accoglienza situati in Libia e Tunisia. Un articolo pubblicato sul sito dell'organizzazione maltese Moas da un giornalista ospitato sulla nave Topaz Responder descrive invece un'operazione con tutti i crismi dell'illegalità. L'articolo racconta il soccorso di 650 migranti recuperati «nella notte tra il 21 e 22 novembre a venti chilometri dalle coste libiche» e poi portati in Italia. Un'esplicita ammissione di come la «flotta umanitaria» operi ampiamente dentro il limite di dodici miglia (22,2 chilometri) delle acque territoriali. Un limite entro il quale sarebbe obbligatorio riportare i naufraghi a terra anziché traghettarli fino alle ospitali coste italiane.
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jamariyanews · 6 years
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USAID: e adesso arrivano gli aiuti umanitari in Venezuela
Postato il 6 febbraio 2019 di bortocal15
  sarebbe troppo vivere in un paese che si chiami ancora Italia, ma dove i giornali online e i media non aprano col Festival di Sanremo come prima notizia.
nell’alternativa di pigliarmi una mezza settimana di ferie dal blog in attesa che passi l’;onda periodica di questa specie di rincretinimento collettivo o scrivere un blog come mi piacerebbe fossero i nostri giornali anche nei giorni festivalieri, mi dedico da oggi in poi soltanto alla lettura della stampa tedesca e intanto continuo a leggere del mondo quel che mi sembra importante e vero.
e chissa` se devo chiedere scusa a qualcuno
. . .
John Bolton, consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, ha annunciato la partenza di carovane di aiuti umanitari per il Venezuela, preparate da Usaid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale fondata da Kennedy nel 1961 per la lotta alla povertà globale.
l’USAID fornisce assistenza in più di 100 paesi tra Asia, Africa, Europa, America Latina; i suoi scopi dichiarati (li riporto da wikipedia) sono sufficienti per vederla agire in vari settori: prosperità economica, rafforzamento della democrazia, protezione dei diritti umani, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale, istruzione e assistenza umanitaria in caso di disastri naturali o dovuti all’opera umana, lotta alla mortalità infantile e delle madri partorienti, alla povertà, alle diseguaglianza di genere.
insomma, un perfetto armamentario politically correct.
c’e` soltanto un piccolo dettaglio: tra gli accompagnatori ci saranno anche militari venezuelani esuli che si sono dichiarati con Guaidó; del resto gli Stati Uniti considerano lui il legittimo presidente, e notoriamente tocca a loro decidere chi sara` il presidente del Venezuela, non ai venezuelani.
senza volere mitizzare la figura di quel presidente, morto ammazzato in un complotto della CIA, come avveniva mezzo secolo fa, chissa` se sarebbe d’accordo a vederla usare cosi`.
. . .
nel caso del Venezuela, come da informazioni riportate dal Foglio,  ci sarebbero tre punti di ingresso nel paese per il cosiddetto aiuto internazionale.
fatemi sottolineare quanto sia importante la copertura internazionale (senza esagerare con la parola: per internazionale qui intendiamo semplicemente un gruppo abbastanza numeroso di paesi asserviti agli Stati Uniti e a Trump, da far definire internazionale l’intervento americano) visto che l’Assemblea Generale dell’Onu riconosce in quello di Maduro il governo legittimo del paese.
. . .
cosi` le spedizioni umanitarie americane – ed e` inutile mettere le virgolette, tanto oramai e` accertato che e` umanitario invadere un paese e portarci la guerra – entreranno in Venezuela da Cúcuta in Colombia, da Roraima in Brasile, e da un’isola dei Caraibi, Aruba o Curaçao, che sono tuttora colonie olandesi.
L’aiuto sarebbe destinato a circa 300 mila persone: malati di cancro, bisognosi di dialisi, altri affetti da malattie gravi, comunque perfetti per la parte dei bisognosi di soccorso; per loro arriverebbero medici, materiale chirurgico, medicine, generi alimentari.
tutto bellissimo, no? l’America che si mobilita per salvare il Venezuela dalla fame e dalle malattie che lei stessa gli ha procurato con l’embargo…
. . .
Maduro ha già detto ovviamente che questo “aiuto” (sto citando dal Foglio, filo-interventista, e le virgolette ce le aggiungo io) non lo vuole e ha nominato un “protettore dello stato di Táchira” contro questo rischio di invasione dal confine colombiano – e qui devo togliere nella mia citazione le virgolette che Il Foglio mette attorno alla parola invasione, come l’aureolina attono alla testolina di un santo.
sara` Freddy Bernal, un leader del chavismo, ex poliziotto che ha una certa popolarità.
. . .
Ma Bernal o chi per lui si troverà di fronte a questo scenario: se Maduro dà l’ordine di sparare e i militari obbediscono, determina il perfetto casus belli per fare la fine di Noriega o Saddam; se invece i militari gli disobbediscono, si innesca la rivolta che pone fine comunque al suo regime; ma se decide di lasciar passare le “brigate”, l’invasione umanitaria comincera` e Maduro verrebbe travolto comunque.
e` ben pensata no?
. . .
il Venezuela sara` il nuovo Vietnam?
perfetto, comunque, per la rielezione di Trump…: chi cambiera` mai il presidente di uno stato in guerra?
anche Johnson, il vice-presidente che fu protagonista del complotto per ammazzare il presidente Kennedy, apri` la guerra col Vietnam in grande nell’estate del 1964, inventandosi l’incidente del Tonchino, un falso attacco della flotta nord-vietnamita, e fu rietto alla grande… 
poi pero` perse la presidenza al giro dopo e l’America la guerra…
. . .
spero ancora che si riesca ad impedire questo scenario in Venezuela 55 anni dopo il Vietnam, ma – lo ammetto – e` soprattutto l’ottimismo della volonta`, anche se Russia, Iran, Cina e Vaticano nel mondo contano qualcosa.
Preso da: https://corpus15.wordpress.com/2019/02/06/usaid-e-adesso-arrivano-gli-aiuti-umanitari-in-venezuela-78/
http://bit.ly/2Ig82o1
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corallorosso · 7 years
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La scottante verità di Ilaria Alpi La docufiction «Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio» (visibile sul sito di Rai Tre) getta luce, soprattutto grazie a prove scoperte dal giornalista Luigi Grimaldi, sull’omicidio della giornalista e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Furono assassinati, in un agguato organizzato dalla Cia con l’aiuto di Gladio e servizi segreti italiani, perché avevano scoperto un traffico di armi gestito dalla Cia attraverso la flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca. In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shifco erano usate, insieme a navi della Lettonia, per trasportare armi Usa e rifiuti tossici anche radioattivi in Somalia e per rifornire di armi la Croazia in guerra contro la Jugoslavia. Anche se nella docufiction non se ne parla, risulta che una nave della Shifco, la 21 Oktoobar II (poi sotto bandiera panamense col nome di Urgull), si trovava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi statunitensi rientrate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si consumò la tragedia della Moby Prince in cui morirono 140 persone. Sul caso Alpi, dopo otto processi (con la condanna di un somalo ritenuto innocente dagli stessi genitori di Ilaria) e quattro commissioni parlamentari, sta venendo alla luce la verità, ossia ciò che Ilaria aveva scoperto e appuntato sui taccuini, fatti sparire dai servizi segreti. Una verità di scottante, drammatica attualità. L’operazione «Restore Hope», lanciata nel dicembre 1992 in Somalia (paese di grande importanza geostrategica) dal presidente Bush, con l’assenso del neo-presidente Clinton, è stata la prima missione di «ingerenza umanitaria». Con la stessa motivazione, ossia che occorre intervenire militarmente quando è in pericolo la sopravvivenza di un popolo, sono state lanciate le successive guerre Usa/Nato contro la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria e altre operazioni come quelle in corso nello Yemen e in Ucraina. Preparate e accompagnate, sotto la veste «umanitaria», da attività segrete. Una inchiesta del New York Times (24 marzo 2013) ha confermato l’esistenza di una rete internazionale della Cia, che con aerei qatariani, giordani e sauditi fornisce ai «ribelli» in Siria, attraverso la Turchia, armi provenienti anche dalla Croazia, che restituisce così alla Cia il «favore» ricevuto negli anni Novanta. Quando il 29 maggio scorso il quotidiano turco Cumhuriyet ha pubblicato un video che mostra il transito di tali armi attraverso la Turchia, il presidente Erdogan ha dichiarato che il direttore del giornale pagherà «un prezzo pesante». Ventun anni fa Ilaria Alpi pagò con la vita il tentativo di dimostrare che la realtà della guerra non è solo quella che viene fatta apparire ai nostri occhi. Da allora la guerra è divenuta sempre più «coperta». Lo conferma un servizio del New York Times (7 giugno) sulla «Team 6», unità supersegreta del Comando Usa per le operazioni speciali, incaricata delle «uccisioni silenziose». I suoi specialisti «hanno tramato azioni mortali da basi segrete sui calanchi della Somalia, in Afghanistan si sono impegnati in combattimenti così ravvicinati da ritornare imbevuti di sangue non loro», uccidendo anche con «primitivi tomahawk». Usando «stazioni di spionaggio in tutto il mondo», camuffandosi da «impiegati civili di compagnie o funzionari di ambasciate», seguono coloro che «gli Stati uniti vogliono uccidere o catturare». Il «Team 6» è divenuta «una macchina globale di caccia all’uomo». I killer di Ilaria Alpi sono oggi ancora più potenti. Ma la verità è dura da uccidere. L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci - Redazione Lotta Continua
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salvo-love · 6 years
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George Soros, l'uomo che paga ​l'invasione dell'Europa
Gli amici degli scafisti: il magnate investirà 500 milioni nelle ong per creare una flotta di navi per salvare i migranti
Gian Micalessin -06/03/2019 - 13:14
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Solo pochi giorni fa la Commissione Ue annunciava la necessità di espellere un milione di migranti illegali.
Solo ieri in Sicilia ne sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (Moas, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi legati al milionario «filantropo» George Soros. Bruxelles, a questo punto, farebbe bene a spiegare che per fermare il traffico di uomini bisogna combattere non solo le organizzazioni criminali, ma anche la carità pelosa, e politicamente motivata, di Soros e della sua galassia buonista.
Una galassia a cui l'ottuagenario filantropo ha promesso il 20 settembre scorso investimenti da 500 milioni di dollari per favorire «l'arrivo dei migranti». Investimenti destinati a contrastare le politiche europee sull'immigrazione e a mettere a rischio la sovranità dell'Italia e di altre nazioni.
Il primo a capirlo è il capo di Frontex, Fabrice Leggeri intervenuto di recente per criticare la tendenza a soccorrere i migranti «sempre più vicino alle coste libiche» spiegando come questo incoraggi i trafficanti a stiparli «su barche inadatte al mare con rifornimenti di acqua e carburante sempre più scarsi rispetto al passato». Le parole di Leggeri rappresentano un'esplicita denuncia delle attività di soccorso marittimo finanziate da Soros. Dietro le operazioni di navi di grossa stazza come il Topaz Responder da 51 metri del Moas, il Bourbon Argos di Msf, o l'MS di Sea Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti del filantropo. Finanziamenti che garantiscono il trasferimento nei nostri porti di migliaia di migranti illegali.
L'aspetto più inquietante di questa vicenda è però come questa flotta di navi fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di Msf) del Belize (il Phoenix, di Moas) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di Moas) punti a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e italiane. Per capirlo basta spulciare i siti delle organizzazioni che gestiscono la flotta buonista. La tedesca Sea Watch armatrice di due navi soccorso battezzate con il proprio nome spiega di battersi per il «diritto alla libertà di movimento» e di non accettare «arbitrarie distinzioni tra profughi e migranti». Come dire che il rispetto di confini e sovranità nazionale non ha alcun senso.
Come non lo ha distinguere tra chi fugge da guerre e dittature e chi invece cerca solo migliori condizioni di vita. Sea Eye, un'altra organizzazione tedesca conduttrice di una nave da 26 metri e di un barchino da soccorso spiega invece di volere contrastare tutti i futuri piani europei per il trasferimento dei migranti in campi di accoglienza situati in Libia e Tunisia. Un articolo pubblicato sul sito dell'organizzazione maltese Moas da un giornalista ospitato sulla nave Topaz Responder descrive invece un'operazione con tutti i crismi dell'illegalità. L'articolo racconta il soccorso di 650 migranti recuperati «nella notte tra il 21 e 22 novembre a venti chilometri dalle coste libiche» e poi portati in Italia. Un'esplicita ammissione di come la «flotta umanitaria» operi ampiamente dentro il limite di dodici miglia (22,2 chilometri) delle acque territoriali. Un limite entro il quale sarebbe obbligatorio riportare i naufraghi a terra anziché traghettarli fino alle ospitali coste italiane.
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salvo-love · 6 years
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George Soros, l'uomo che paga ​l'invasione dell'Europa
Gli amici degli scafisti: il magnate investirà 500 milioni nelle ong per creare una flotta di navi per salvare i migranti
Gian Micalessin -06/03/2019 - 13:14
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Solo pochi giorni fa la Commissione Ue annunciava la necessità di espellere un milione di migranti illegali.
Solo ieri in Sicilia ne sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (Moas, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi legati al milionario «filantropo» George Soros. Bruxelles, a questo punto, farebbe bene a spiegare che per fermare il traffico di uomini bisogna combattere non solo le organizzazioni criminali, ma anche la carità pelosa, e politicamente motivata, di Soros e della sua galassia buonista.
Una galassia a cui l'ottuagenario filantropo ha promesso il 20 settembre scorso investimenti da 500 milioni di dollari per favorire «l'arrivo dei migranti». Investimenti destinati a contrastare le politiche europee sull'immigrazione e a mettere a rischio la sovranità dell'Italia e di altre nazioni.
Il primo a capirlo è il capo di Frontex, Fabrice Leggeri intervenuto di recente per criticare la tendenza a soccorrere i migranti «sempre più vicino alle coste libiche» spiegando come questo incoraggi i trafficanti a stiparli «su barche inadatte al mare con rifornimenti di acqua e carburante sempre più scarsi rispetto al passato». Le parole di Leggeri rappresentano un'esplicita denuncia delle attività di soccorso marittimo finanziate da Soros. Dietro le operazioni di navi di grossa stazza come il Topaz Responder da 51 metri del Moas, il Bourbon Argos di Msf, o l'MS di Sea Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti del filantropo. Finanziamenti che garantiscono il trasferimento nei nostri porti di migliaia di migranti illegali.
L'aspetto più inquietante di questa vicenda è però come questa flotta di navi fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di Msf) del Belize (il Phoenix, di Moas) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di Moas) punti a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e italiane. Per capirlo basta spulciare i siti delle organizzazioni che gestiscono la flotta buonista. La tedesca Sea Watch armatrice di due navi soccorso battezzate con il proprio nome spiega di battersi per il «diritto alla libertà di movimento» e di non accettare «arbitrarie distinzioni tra profughi e migranti». Come dire che il rispetto di confini e sovranità nazionale non ha alcun senso.
Come non lo ha distinguere tra chi fugge da guerre e dittature e chi invece cerca solo migliori condizioni di vita. Sea Eye, un'altra organizzazione tedesca conduttrice di una nave da 26 metri e di un barchino da soccorso spiega invece di volere contrastare tutti i futuri piani europei per il trasferimento dei migranti in campi di accoglienza situati in Libia e Tunisia. Un articolo pubblicato sul sito dell'organizzazione maltese Moas da un giornalista ospitato sulla nave Topaz Responder descrive invece un'operazione con tutti i crismi dell'illegalità. L'articolo racconta il soccorso di 650 migranti recuperati «nella notte tra il 21 e 22 novembre a venti chilometri dalle coste libiche» e poi portati in Italia. Un'esplicita ammissione di come la «flotta umanitaria» operi ampiamente dentro il limite di dodici miglia (22,2 chilometri) delle acque territoriali. Un limite entro il quale sarebbe obbligatorio riportare i naufraghi a terra anziché traghettarli fino alle ospitali coste italiane.
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jamariyanews · 6 years
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VIDEO – Il «grande gioco» delle basi in Africa
L’Arte della guerra
By Manlio Dinucci
Global Research, January 15, 2019
ilmanifesto.it
  I militari italiani in missione a Gibuti hanno donato alcune macchine da cucire all’organizzazione umanitaria che assiste i rifugiati in questo piccolo paese del Corno d’Africa, situato in posizione strategica sulla fondamentale rotta commerciale Asia-Europa all’imboccatura del Mar Rosso di fronte allo Yemen. Qui l’Italia ha una propria base militare che, dal 2012, «fornisce supporto logistico alle operazioni militari italiane che si svolgono nell’area del Corno d’Africa, Golfo di Aden, bacino somalo, Oceano Indiano». A Gibuti i militari italiani non si occupano, quindi, solo di macchine da cucire. Nell’esercitazione Barracuda 2018, svoltasi qui lo scorso novembre, i tiratori scelti delle Forze speciali (il cui comando è a Pisa) si sono addestrati, in diverse condizioni ambientali anche di notte, con i più sofisticati fucili di precisione capaci di centrare l’obiettivo a 1-2 km di distanza. Non si sa a quali operazioni militari partecipino le Forze speciali, poiché le loro missioni sono segrete; è comunque certo che esse si svolgono prevalentemente in ambito multinazionale sotto comando Usa. A Gibuti c’è Camp Lemonnier, la grande base USA da cui opera dal 2001 la Task Force Congiunta – Corno d’Africa, composta da 4000 specialisti in missioni altamente segrete, tra cui uccisioni mirate per mezzo di commandos o droni killer in particolare nello Yemen e in Somalia. Mentre gli aerei e gli elicotteri per le operazioni speciali decollano da Camp Lemonnier, i droni sono stati concentrati nell’aeroporto Chabelley, a una decina di chilometri dalla capitale. Qui si stanno realizzando altri hangar, la cui costruzione è stata affidata dal Pentagono a una azienda di Catania già impiegata in lavori a Sigonella, principale base dei droni USA/NATO per operazioni in Africa e Medioriente.
L’Italia base Usa per l’Africa
A Gibuti ci sono anche una base giapponese e una francese,  che ospita truppe tedesche e spagnole. A queste si è aggiunta nel 2017 una base militare cinese, l’unica fuori dal suo territorio nazionale. Pur avendo un fondamentale scopo logistico, quale foresteria degli equipaggi delle navi militari che scortano i mercantili e quale magazzino per i rifornimenti, essa rappresenta un significativo segnale della crescente presenza cinese in Africa. Presenza essenzialmente economica, a cui gli Stati uniti e le altre potenze occidentali contrappongono una crescente presenza militare. Da qui l’intensificarsi delle operazioni condotte dal Comando Africa, che ha in Italia due importanti comandi subordinati: lo U.S. Army Africa (Esercito USA per l’Africa), alla caserma Ederle di Vicenza; le U.S. Naval Forces Europe-Africa (Forze navali USA per l’Europa e l’Africa), il cui quartier generale è nella base di Capodichino a Napoli, formate dalle navi da guerra della Sesta Flotta basata a Gaeta. Nello stesso quadro strategico rientra un’altra base USA di droni armati, che si sta costruendo ad Agadez in Niger, dove il Pentagono già usa per i droni la base aerea 101 a Niamey. Essa serve alle operazioni militari che gli USA conducono da anni, insieme alla Francia, nell’Africa del Sahel, soprattutto in Mali, Niger e Ciad. Paesi tra i più poveri del mondo, ma ricchissimi di materie prime – coltan, uranio, oro, petrolio e molte altre – sfruttate da multinazionali statunitensi e francesi che sempre più temono la concorrenza delle società cinesi, le quali offrono ai paesi africani condizioni molto più favorevoli. Il tentativo di fermare con strumenti militari, in Africa e altrove, l’avanzata economica cinese sta fallendo. Probabilmente anche le macchine da cucire, donate a Gibuti dai militari italiani ai profughi, sono  «made in China».
Manlio Dinucci
il manifesto, 15 gennaio 2019
VIDEO (PANDORATV) :
The original source of this article is ilmanifesto.it
Copyright © Manlio Dinucci, ilmanifesto.it, 2019
 Originale con video :https://www.globalresearch.ca/il-grande-gioco-delle-basi-in-africa/5665578
http://bit.ly/2DHeJLx
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jamariyanews · 6 years
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La sconfitta dei buonisti
Gian Micalessin - Sab, 08/12/2018 - 08:57
Msf è un fiume in piena. Dopo aver realizzato che nessun nazione, manco la neutrale Svizzera, concede più il diritto di issare la propria bandiera sull'Aquarius spara a zero contro l'Italia, l'Europa e il mondo.
Ma le sue invettive sono un classico caso di delirio generato dalla fine dell'onnipotenza. L'organizzazione si era convinta di esser al di sopra delle leggi e del diritto internazionale. Sputava in faccia a Marco Minniti che pretendeva di far salire le forze dell'ordine sulle sue imbarcazioni portandosi dietro l'arma di ordinanza. Accusava Matteo Salvini, colpevole di averla bandita dai porti italiani, di volere lo «smantellamento del sistema di ricerca e soccorso». Sbraitava contro i pm colpevoli di indagare sull'abitudine di smaltire come banale spazzatura i rifiuti sanitari infetti. Un'abitudine che porterebbe direttamente in galera qualsiasi operatore privato della sanità. Msf e il resto della flotta pseudo-umanitaria erano convinti, insomma di poter far tutto in virtù della forse apprezzabile, ma non richiesta, disponibilità a ripescare i migranti. Ovviamente non si ponevano il problema d'essersi messi al servizio dei trafficanti di uomini che, grazie a loro, vendevano non solo un biglietto per le coste italiche, ma anche una sicurezza assolutamente presunta. Talmente presunta che nel 2016 nel Canale di Sicilia si contarono 5mila morti, la più grande mattanza registrata. Ma a Msf e alle altre Ong quei morti interessavano poco. Erano solo vittime collaterali di una missione che dietro la scusa umanitaria nascondeva obbiettivi politici più importanti. Imbarcando i migranti partiti dalla Libia, Msf e compagni rivendicavano il diritto di chiunque a sbarcare in Europa indipendentemente dai motivi. Il fine ultimo non era salvare delle vite, bensì cambiare la legislazione in Italia ed Europa estendendo a chiunque quel diritto all'asilo riconosciuto oggi dalla Convenzione di Ginevra solo a chi fugge da guerre e carestie. Questa ambiziosa, ma occulta finalità politica è la principale causa della loro sconfitta. L'Italia di Minniti e di Salvini, la magistratura, gli Stati che negano una bandiera all'Aquarius, non condannano la loro presunta voglia di far del bene, ma il tentativo di usare quell'attività per infrangere il diritto internazionale comportandosi alla stregua di un'organizzazione, se non illegale, quanto meno pericolosa. Anche perché l'infrangere il diritto internazionale e la sovranità equivale a infrangere i diritti di un numero di cittadini assai superiore rispetto a quello dei migranti traghettati in barba alle leggi.
Preso da:  http://www.ilgiornale.it/news/politica/sconfitta-dei-buonisti-1613116.html https://ift.tt/2LgIzbS
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purpleavenuecupcake · 6 years
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Aquarius 2 batte bandiera panamense e non rispetta le regole. Autorità italiane, "pressioni su Panama" per cancellarne iscrizione
La Repubblica riporta che le  autorità italiane avrebbero fatto pressioni su Panama perché revocasse l'iscrizione dai registri navali alla nave Aquarius. Sos Méditerranée e Medici Senza Frontiere si dicono "sconvolte" dall'annuncio dell'Autorità marittima del Paese che ha detto di essere stata costretta a revocare l'iscrizione dell'Aquarius dal proprio registro navale "sotto l'evidente pressione economica e politica delle autorità italiane". Secondo le due organizzazioni, "questo provvedimento condanna centinaia di uomini, donne e bambini, alla disperata ricerca di sicurezza, ad annegare in mare e infligge un duro colpo alla missione umanitaria di Aquarius". Sabato 22 settembre, scrivono in una nota Msf e Sos Méditerranée, il team a bordo di Aquarius è rimasto scioccato quando ha saputo che le autorità panamensi avevano informato ufficialmente Jasmund Shipping, il proprietario della nave, della richiesta delle autorità italiane a prendere "azioni immediate" contro l'Aquarius. Nel messaggio ricevuto dall'Autorità marittima di Panama, si legge che "sfortunatamente è necessario che l'Aquarius sia esclusa dal nostro registro perché la sua permanenza implicherebbe un problema politico per il governo e per la flotta panamense in direzione dei porti europei". Questo messaggio è arrivato nonostante l'Aquarius abbia completato con successo tutte le procedure di registrazione, essendo conforme agli standard elevati previsti dai regolamenti marittimi di Panama. La denuncia punta il dito contro "azioni che dimostrano fin dove il governo italiano voglia spingersi, mentre la sola conseguenza è che le persone continueranno a morire in mare e che nessun testimone sarà presente per contare i morti". Le notizie dell'Autorità marittima di Panama sono arrivate mentre le équipe a bordo dell'Aquarius erano impegnate in un'operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo Centrale. Nelle ultime 72 ore, Aquarius ha aiutato due imbarcazioni in difficoltà e ora ha 58 persone a bordo, molte sono psicologicamente provate e affaticate dalla traversata in mare e dalle esperienze in Libia. "L'Aquarius - continua la nota - ha sempre agito in piena trasparenza operando sotto il coordinamento di tutti i centri marittimi competenti e nel rispetto delle leggi marittime e delle convenzioni internazionali". Intanto, il ministro dell'Interno Matteo Salvini attacca su Facebook Aquarius2. "Denuncerò per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina chi aiuta gli scafisti. Nelle ultime ore i trafficanti hanno ripreso a lavorare, riempiendo barchini e approfittando della collaborazione di qualche Ong. Tra queste c'è Aquarius 2, che poco fa ha recuperato 50 persone al largo di Zuara", scrive in un post. "Altri due gommoni - ha affermato Salvini -, con a bordo 100 immigrati ciascuno, sarebbero in navigazione. Pensare che, dopo il caso Diciotti, le partenze dalla Libia si erano azzerate! Aquarius 2 ha intralciato il lavoro della Guardia costiera libica, ignorando le indicazioni. Secondo alcuni quotidiani, Aquarius 2 sta per essere cancellata dai registri navali di Panama (dopo aver subìto la stessa decisione da Gibilterra) perché 'è illegale e non rispetta le procedure'. Anche l'altro giorno si era rifiutata di collaborare con la Guardia costiera libica. Possono cambiare nome e bandiera altre mille volte: ma per questi signori i porti italiani restano chiusi". Dall'inizio dell'anno, oltre 1.250 persone sono annegate mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo centrale. "Il numero reale di morti è probabilmente molto più alto - aggiungono le Ong - dal momento che non tutti i naufragi sono stati assistiti o registrati dalle autorità o dalle agenzie dell'Onu. Lo dimostra il naufragio ai primi di settembre al largo della costa libica in cui si stima che almeno 100 persone siano annegate". Secondo i calcoli di Msf e Sos Méditerranée, "coloro che tentano la traversata hanno tre volte in più la probabilità di annegare rispetto a coloro che ci avevano provato nel 2015". "Nel frattempo, la guardia costiera libica, supportata dall'Europa, aumenta il numero di respingimenti nelle acque internazionali, tra l'Italia, Malta e la Libia, che negano ai superstiti il loro diritto di sbarcare in un luogo sicuro come stabilito dal diritto internazionale marittimo e dei rifugiati. Al contrario, queste persone vulnerabili vengono riportate in condizioni spaventose nei centri di detenzione libici". Medici senza frontiere e Sos Méditerranée chiedono all'Europa di permettere all'Aquarius di continuare la sua attività nel Mediterraneo, facendo sapere alle autorità panamensi "che le minacce del governo italiano sono infondate". Chiedono, infine, di garantire al più presto alla nave una nuova bandiera per poter continuare a navigare. Read the full article
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