#feritoia
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anchesetuttinoino · 29 days ago
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IL BUCO DELLA MEMORIA
Sono passati esattamente 40 anni da quell'anno terribile profetizzato da Orwell nel suo romanzo più famoso.
Per fortuna non è successo nulla di quanto visionariamente ipotizzato, #èandatotuttobene e sembra che prossimamente andrà pure a meraviglia.
O no?
Postiamo giusto qualche nota in commemorazione di 1984
Il buco della memoria è un elemento immaginario presente nel romanzo 1984 di George Orwell; è un meccanismo ideato per alterare o far sparire fotografie, trascrizioni e documenti scomodi o imbarazzanti l'intento di cancellarne definitivamente la memoria. Oltre a eliminare documenti scomodi, il "Ministero della Verità" del Partito crea falsi documenti al fine di riscrivere la storia per renderla conforme ai frequenti cambiamenti della propaganda politica.
il "buco della memoria" è una fessura collegata a uno scivolo che conduce a un inceneritore dove i membri del partito depositano i documenti politicamente scomodi che devono essere distrutti:
«Nelle pareti del cubicolo si aprivano tre orifizi: a destra del parlascrivi, un piccolo tubo pneumatico per i messaggi scritti, a sinistra un tubo più grande per i giornali, e al centro, ad agevole portata del braccio di Winston, un'ampia feritoia oblunga protetta da una grata metallica. Quest'ultima serviva a eliminare la carta straccia. Nell'intero edificio vi erano migliaia, anzi decine di migliaia di feritoie simili, ubicate non solo nelle singole stanze, ma anche nei corridoi, non troppo distanti l'una dall'altra. Per chissà quale motivo le avevano soprannominate "buchi della memoria". Quando qualcuno sapeva che un certo documento doveva essere distrutto, oppure vedeva per terra un pezzo di carta in tutta evidenza gettato via, automaticamente sollevava il coperchio del buco della memoria più vicino e ve lo lasciava cadere dentro, dove un vortice di aria calda l'avrebbe trasportato fin nelle enormi fornaci nascoste da qualche parte nei recessi del fabbricato»
Il protagonista, Winston Smith, che lavora presso il "Ministero della Verità", è uno degli incaricati al ruolo di revisione dei vecchi articoli di giornale, col compito di adattarli agli interessi di propaganda del governo. Per esempio, a Smith può essere chiesto di modificare retroattivamente una dichiarazione circa il razionamento del cibo in modo da riflettere le nuove politiche.
Che scenario orribile nato dalla fantasia distopica dell'ingenuo Orwell: come avrebbe potuto immaginare che invece di quel complesso meccanismo di incenerimento, oggi sarebbe bastato UN SEMPLICE CLICK? 😎
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lady--vixen · 3 months ago
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"Nella mia vita ho letto quasi trecentomila pagine."
Lui le guardò le labbra. Gli occhi erano nascosti da occhiali da sole. Si chiese come potesse saperlo con tale certezza e se la immaginò imprigionata in una fortezza fatta di parole come armature e virgole a segnare le pause, puntini di sospensione a scandire gli orgasmi e punti esclamativi a rendere il luogo inespugnabile. Se solo avesse trovato delle virgolette, era certo che lo avrebbero condotto a una feritoia nei muri di carta. L'inizio di un discorso, un dialogo. Era quella la chiave per entrare.
"A cosa pensi?" dissero le labbra della donna nascosta dagli occhiali da sole.
"Ai puntini di sospensione."
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ilcercatoredicolori · 1 year ago
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È un ininterrotto brulicare
nel mio ventre e, come una febbre,
m'assale la foia,
mentre le mie mani
lusingano il tuo membro.
Sono carne e sangue
su di un talamo di spine
e la mia sacra feritoia,
cocente e madida, s'irrora di te...
del tuo seme ch'insorge in me
per sgorgare tra le mie cosce,
quando fremo di piacere
tra ansimi e respiri concitati
che plaudono
a questa nostra concupiscenza.
Frida Zenon - Adirf ©
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mucillo · 9 months ago
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"Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali. Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell'io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un'apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire.
Clarissa Pinkola Estés( Donne che corrono coi lupi)
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canesenzafissadimora · 20 days ago
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Rara è la capacità di lasciarsi ferire dalla bellezza.
Una ferita che diventa feritoia, aperta su quell'infinito e quell'eterno verso su cui si tende.
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petalidiagapanto · 11 months ago
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«Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali. Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell'io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un'apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire»
(Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia)
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ilsalvagocce · 1 year ago
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25 giugno
Quest'anno i girasoli non sono ancora fioriti – a pochi giorni dal compleanno di mamma ne si rubava due per portarli alla reggia, tipo cuore di cerbiatto di biancaneve.
Sono venuta verso il mare ed erano tutti verdi, erano presto, erano tutti ancora un altro po'.
Distesa smeraldo al vento agitatissimo del mare, mare ispido sotto tempesta. Non ho trovato pace manco lì, pure questo è un caso eccezionale, l'ho trovata però a una stazione di paese nel sottopassaggio nel tempo della controra; pace la trovi dove lo spaziotempo ti assomiglia, non nelle palme, non nell'abitudine, imparo ora.
Ho accompagnato mia sorella al binario verso Roma, sono arrivata tardi, siamo scese tardi da casa, abbiamo accumulato minuti di ritardo, il biglietto non era fatto, tardi era tardi, è tardi diceva babbo, i binari son solo tre e non c'è fila, se non di lucertole lemme lemme al sole della campagna, ma era tardi comunque. Babbo non guida in convalescenza con gli occhi, e come gatto in gabbia vedeva già il treno perduto.
Abbiamo corso a gambette nude col il sapore del caffè ancora chiaro. lei comprava il biglietto alla macchinetta e io con le valigie mi spostavo al binario 3. il treno arriva, lei ancora non c'è, il treno si ferma son ancora io con in mano le sue borse e gli zaini, le persone scendono io prendo tempo appoggio una valigia nel vagone, prendo tempo un piede di là un piede di qua, Ale arriva Ale arriva ti prego il puntino controllore lo vedo laggiù che mi guarda che mi biasima farò tardare tutti i treni d'italia, fingo di incespicare prendo tempo, Ale arriva si tuffa dentro lanciamo le valigie lanciamo i baci e la porta si chiude Ciao amor ce l'abbiamo fatta! Il treno parte. i fiori per domani li raccoglierò ora penso andrò a cercare i girasoli, cincischio nelle scale dal binario tre, le risalgo dall'altra parte, con la lentezza che viene dopo la fretta, e la feritoia della luce che divide in due gli scalini. Su uno scalino e poi su un altro più basso stanno due bicchieri di estathè vuoti, dondolano al venticello delle 15. Sembriamo io e mia sorella, due estati catapultate nell'orario delle partenze degli arrivederci. Li ho fotografati, giochini struggenti che in un modo o nell'altro ce la fanno, con il frizzantino delle cannucce come frecce per andare. Mentre inquadravo la foto, dall'alto degli scalini è spuntato babbo, con la sua t-shirt da casa, e la bottiglia di acqua di mia sorella in mano, corso alla stazione, vuota, solo noi, sperando di fare in tempo: — Si è scordata questa! 
Ci vedi come siamo, due bicchierini di estathè in una stazione vuota d'estate, e una bottiglietta d'acqua lucida dimenticata a casa ma che manco quella si può scordare, la portiamo fin dove deve stare, corriamo incontro per fare in tempo per fare tutto per cucirci assieme, occhi di cassandra piè veloci e teste per aria, a cercare il giallo nei girasoli in tua assenza, terrena.
ce l'abbiamo fatta/ce la facciamo/ce la faremo mi pare di leggere ovunque, in qualche modo che ci hai insegnato tu.
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ilguardianodelfaro · 1 year ago
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Ti guardo quando tolgo le catene
ed attraverso il Ponte dei Sospiri:
indugio appena ad una feritoia,
prima del calcio osceno che mi spinga
fuori dal mondo.
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men4de · 1 year ago
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non mi sento in grado di vivere. la mia finestra di sopportazione è una feritoia e io posso solo stare nell'apatia per non esplodere
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alonewolfr · 1 year ago
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Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali. Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell’io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un’apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire.
|| Clarissa Pinkola Estés
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awesomeredhds02 · 2 years ago
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_marinadallacosta_
"Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali.  Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell'io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un'apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire.” 🐺🐺🐺 #Ginger #gingerhair #gingermodels #redheadsdoitbest#glamouruivo #goddess_redhead #howtobearedhead#irishstyle #love #naturalredhair #naturalredhead #paleskin#redhair #redhead #redheadgirl #redheadroyalty#redheadsrock #rockitlikearedhead #ruiva #ruivanatural#stunning #domina #gingersofinstagram
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lubweird · 2 years ago
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Molti anni fa, quando ancora mi trovavo nei mitici ‘enti, un caro amico per chiedermi come stavo mi mandò un messaggio di testo. Un sms, l’ormai vintage; che solo nominarlo, per chi è nato nel secolo breve, apre una finestra di ricordi e mondi relazionali che sono preistoria a pensarli oggi.
Il testo diceva: “Ciao! Come ti tratta la vita?”
All’epoca mi sembrò solo un modo delizioso e originale per fare una domanda semplice, però qualcosa dentro di me ne intuiva una profondità inedita. Ero ancora molto giovane per essere consapevole di quali corde avesse fatto vibrare dentro di me.
Quella domanda non mi ha più abbandonato, l’ho portata con me. Negli anni mi ha fatto compagnia e ogni volta che l’ho mentalmente rivolta a me stessa mi ha permesso di scandagliare le percezioni dentro e fuori di me. In essa sono presupposte altre domande: come tratta la vita gli altri? E io come tratto la vita?
In altre parole: cambiare punto di vista, CRESCERE.
Perché dico questo? Perché oggi, ancor più di ieri, questa domanda è per me altamente sfidante. Soprattutto se penso alla me di allora e incontro la me presente.
 “Il passato è un luogo molto vasto, ci si può trovare di tutto dentro! Il presente no invece! Il presente è una piccola feritoia dove c’è spazio per un solo paio di occhi, i miei!”
                    (The Young Pope, Paolo Sorrentino)
Queste parole, oltre che essere belle e poetiche, fendono lo spazio-tempo per riportarci nel qui e ora e rammentarci che un punto di vista è tanto necessario, quanto mutevole, perché non solo definisce una precisa posizione ma al contempo la contestualizza.
Tornando alla domanda di cui sopra. Oggi mi ha portato a riflettere sui metodi di selezione e sulla figura professionale del RECRUITER. Mi sono chiesta se l’età possa essere una componente importante, se non fondamentale per svolgere questa professione. Mi spiego.
Un/a recruiter troppo giovane o giovane può essere un ostacolo da superare per chi presenta una candidatura per una posizione lavorativa?
Riflettendoci non sono riuscita a d avere una risposta semplice, o chiara, o del tutto onesta. Però quella antica domanda si è subito riaffacciata, come uno specchio.
Nell’epoca della semplificazione, dello smart, della sintesi, a volte ho la sensazione che si vada perdendo la complessità della vita. Crescere è un percorso complesso e in molti casi davvero poco lineare.
Oggi è importante mostrare un curriculum molto sintetico, di impatto, non necessariamente esaustivo, e qui si apre una discussione che al momento preferisco sorvolare, perché è chiaro che un curriculum ha lo scopo di condurre a un colloquio dove le possibili incongruenze possono essere argomentate in maniera esaustiva dal medesimo candidato. Il fatto è che la mia domanda ne ha fatto sorgere un’altra:
L’età di un/a recruiter, e quindi la consapevolezza, può essere un elemento che influisce in modo sostanziale in questo processo per un candidato più maturo che magari sulla carta appare incongruo?
Avere consapevolezza di come a volte può “trattare la vita gli esseri umani e non”, a discapito di tutti i piani belli tondi e ragionevoli[1]  che si possono aver fatto (soprattutto quando si pongono questioni come la salute, propria e dei cari) è una componente importante per svolgere una professione che può cambiare la vita ad altri?
Non sono riuscita a darmi una risposta, se non parziale e scatenando un effetto domino che ha sollevato in me le stesse critiche e argomentazioni che immagino possano sollevare gli addetti ai lavori.  Rimane dunque una domanda aperta, anzi, apertissima.
Tuttavia, da una qualche parte dentro di me risuona un sì. Un sì che ha il sapore di quella terra di mezzo in cui ciascuno di noi può intuire il riverbero della fragilità della condizione umana
E a voi come vi tratta la vita?
[1] Trafitto, CCCP Fedeli alla linea
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LE MURA DI ROMA 🇮🇹
🔹La storia delle mura cittadine è strana. Quelle della Roma arcaica, che circondavano in pratica il solo Palatino, sono quasi scomparse, ridotte a pochi isolati frammenti. Nel IV secolo a.C. sorsero altre mura, dette «serviane» con riferimento al re Servio Tullio, costruite per lo più in blocchi di tufo e che si sviluppavano per undici chilometri, in pratica recingendo i sette colli. Anche queste, però, già in età imperiale vennero in parte demolite o tagliate o utilizzate per altri scopi.
🔸Le vere mura che ancora oggi identificano Roma sono, dunque, quelle ordinate nel 270 d.C. dall’imperatore Aureliano, completate dal successore Marco Aurelio Probo e poi rimaneggiate e rafforzate numerose volte. È un’opera notevole dal punto di vista dell’ingegneria; si snoda lungo un tracciato di circa 19 chilometri, cinge i colli ma scavalca anche il fiume per guadagnare parte della riva destra. Le porte sono numerose e in genere coincidono con le vie consolari. Di tanto in tanto, poi, si aprono delle posterule, piccoli varchi facilmente controllabili che permettevano il piccolo traffico locale da e per il contado.
🔹I diciannove chilometri delle Mura Aureliane vennero costruiti con molta perizia e assai velocemente. Alla morte dell’imperatore (275), il perimetro era quasi completato. Molto aiutarono l’esigua altezza della cinta, l’impiego delle asperità naturali e l’utilizzo dei manufatti già esistenti: la piramide di Caio Cestio, gli archi degli acquedotti di porta Maggiore e di porta Tiburtina, i tratti di mura del Castro Pretorio, nonché un percorso che sfruttava il più possibile la cresta delle colline di modo che l’elevazione naturale supplisse alla modesta misura della costruzione. Anche il fiume venne inserito nel progetto e fiancheggiato da mura per un certo tratto, lungo la riva sinistra, per poi essere scavalcato e includere Trastevere, mentre un saliente di forma triangolare arrivava a cingere il colle del Gianicolo. A nord venne incluso il muraglione di sostegno dei giardini dei Domizi e degli Acilii (oggi Muro Torto).
🔸La muratura aveva un andamento molto regolare: ogni tre metri si apriva una feritoia per gli arcieri, ogni trenta metri (100 piedi romani: ancora oggi la misura anglosassone del «piede» vale circa 33 centimetri) sporgevano massicce torri quadrate che aggettando di circa tre metri consentivano di colpire d’infilata gli assalitori. La distanza tra una torre e l’altra era calcolata sulla gittata delle macchine per il lancio di pietre dette ballistae.
🟨fonte: Corrado Augias. I segreti di Roma
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🟦foto: mura romane
#roma #mura
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ladyswartzrot · 3 months ago
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A furia di rimanere senza risposta, la domanda da «perché?» si era spostata a «come?», ma dal momento che non si trattava più di mettere un piede davanti all’altro, una moneta in una feritoia, degli alimenti in bocca, quel «come» diventava anch’esso fluttuante, perdeva la propria sostanza di parola destinata a concretizzarsi in una linea di condotta per ridursi a mero punto interrogativo, un «e quindi?», un «e adesso?» i cui effetti paralizzanti potevano essere contrastati solo di volta in volta, dandosi degli obiettivi immediati, degli ostacoli senza importanza che si rallegrava di superare perché nascondevano, il tempo di catalizzare la sua attenzione, l’ostacolo gigantesco della scelta tra partire e restare.
I Baffi
Emmanuel Carrére
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Catania, spacciatore rifornisce i clienti attraverso la porta blindata: 23enne arrestato dai Carabinieri
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Catania, spacciatore rifornisce i clienti attraverso la porta blindata: 23enne arrestato dai Carabinieri. Nell’ambito della continua lotta al fenomeno del traffico di droga, principale canale d’approvvigionamento della criminalità organizzata, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Catania Fontanarossa hanno bloccato, ancora una volta, un sito allestito per lo spaccio di cocaina e di marijuana all’interno di un condominio di viale Grimaldi, nel quartiere Librino, arrestando per “detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, un 23enne catanese già gravato da analoghi precedenti di polizia. La metodologia d’intervento è stata suddivisa su due tempi di azioni, dapprima un’attenta attività info investigativa che ha consentito ai militari di venire a conoscenza delle modalità di spaccio all’interno della palazzina. La seconda, a causa delle complessità in cui sarebbero dovuti andare ad intervenire i militari del Nucleo Operativo, si è basata su l’osservazione in modalità discreta e a distanza, ben mimetizzati tra la gente del quartiere, al fine di accertare se vi fossero installati sistemi di videosorveglianza o presenze di eventuali vedette. Dopo un prolungato ed impegnativo periodo di analisi, i Carabinieri hanno, quindi, riscontrato l’effettivo via vai della “clientela”, che si avvicendava all’interno di quel palazzo per qualche minuto, giusto il tempo di pagare e quindi ricevere la dose per poi andare via. Inoltre, in un momento propizio, hanno effettuato un sopralluogo, scoprendo che il luogo della vendita era proprio l’ingresso delle scale condominiali, protetto da un portone in ferro chiuso e con una piccola feritoia. Questa condizione, costringeva i residenti di quel condominio ad assistere alla compravendita di droga nonché, addirittura, ad attendere il suo assenso per entrare ed uscire dal palazzo. Definiti tutti i dettagli del quadro investigativo, il personale operante ha infine deciso intorno alle ore 16.00 di agire. È stato pertanto predisposto il dispositivo con due squadre d’intervento, la prima posizionata in modo da bloccare ogni possibile tentativo di fuga dei malviventi dall’edificio, mentre l’altra, approfittando della fortuita apertura del portone da parte di un condomino che stava rincasando, ha fruttato l’occasione per fare irruzione all’interno dell’androne del palazzo, sorprendendo lo spacciatore con in mano una busta della sua “mercanzia”. Subito bloccato e messo in sicurezza, è stato chiaramente perquisito trovando all’interno della busta due contenitori di plastica contenenti, complessivamente, 64 dosi di cocaina e 31 di marijuana, mentre nelle tasche del giubbotto la somma di 525,00 euro, sicuro provento della sua illecita attività, nonché un block notes con annotazione delle movimentazioni relative alla compravendita delle sostanze stupefacenti. Il 23enne è stato pertanto arrestato e posto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria che ne ha convalidato l’arresto, disponendo per lui la sottoposizione alla misura cautelare dei “domiciliari”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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fashionbooksmilano · 7 months ago
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Renata Mohlo
Elegante da morire
Baldini+Castoldi, Milano 2024, 192 pagine, brossura, ISBN 9791254941447
euro 18,00
email if you want to buy [email protected]
Milano, sbadata e rampante. Giorni nostri. Un cadavere giace nella toilette di un noto ristorante. L’acqua del rubinetto corre, il rotolo di carta igienica pure, e lo stiletto di una décolleté griffata affonda nel corpo esanime dell’illustre defunta. Lei, Madame Jesais Tout, ma all’anagrafe Gaetana Pizzuto; lei, direttrice onnipotente di una patinata rivista di moda, che decide ascese e cadute con un cenno del capo; lei, che «un tempo era buona, ma poi ha dimenticato tutto»; ebbene, lei ora viene avvolta in un tappeto afghano e chiusa nel freezer, per occultarne l’omicidio prima che la gente mormori. E quando Ignazio Scognamiglio, ispettore sgualcito e incline alla disfatta, sarà assoldato sottotraccia alla ricerca di colpevoli e moventi (a profusione), in passerella sfileranno rivalità antiche e figli rinnegati, portinaie chiromanti e parvenu dell’haute couture, fenomenologie del merletto e vendette servite gelide. Intessendo un noir che è anche satira tagliente, l’autrice realizza un affresco ironico e corale, quello della moda tutta brillio ma con i suoi chiaroscuri – lì dove «è tutto falso, la fantasia è altrove» – qui restituita con spensierata, ma a tratti tenera, efferatezza. Come si dice, «Adoro!»
Al piano di sotto
Quando un luogo banale diventa lo scenario di qualcosa di straordinario.
Tutto era dorato, ma era sorprendentemente argenteo quel che si vedeva dello stiletto in acciaio. Brillava superbo, illuminato dal raggio di luce che, penetrando da una feritoia in alto a sinistra, colpiva con precisione il tacco di una décolleté griffata. Una fibbia a forma di rondine, con la sua coda affusolata e biforcuta, giaceva un po’ più in là sul pavimento, mentre la punta della scarpa veniva inghiottita dal buio. Unico elemento vivido in quell’immensa scatola di marmo con venature ambrate, il rosso di un sottile rivolo di sangue che formava una chiazza frastagliata.
Gli specchi riflettevano ogni cosa all’infinito, in un gioco di rifrazioni che rasentava per perfezione quello delle piramidi, e il rumore dell’acqua, che sgorgava da un rubinetto d’oro dimenticato aperto, come una dolce reminiscenza orientale, si confondeva con i suoni sincopati di un pezzo di Dizzy Gillespie.
I soffitti alti e altrettanto specchiati moltiplicavano la scena: a terra giaceva un corpo elegante anche nella morte. Il tubino nero di YSL continuava imperterrito a fasciare un corpo inerme, minuto e in una posa scomposta. Come una farfalla trafitta da uno spillo, Madame Jesais Tout, la potente direttrice di «Cloud», aveva smesso di respirare. Era successo proprio mentre era in bagno, nel momento più intimo e riservato. Sembrava si volesse aggrappare alla carta igienica, che continuava a srotolarsi nella sua rosata ingenuità, producendo un ritmico cigolio. La porta era chiusa e chi avesse bussato sarebbe passato alla successiva pensando semplicemente che qualcuno si fosse asserragliato lì dentro per starsene un attimo in pace, per farsi di coca o per consumare una fugace avventura con uno degli aitanti camerieri. Le gambe piegate all’indietro, le braccia aperte a croce e i capelli di un rosso pompeiano lunghi di extension sparpagliati in ciocche disordinate, defunte già da tempo, enfatizzavano la perentorietà di tutta quella lussuosa pietra tombale, investita della responsabilità di conferire sacralità al luogo dove si fa pipì.
La scena poteva sembrare un’installazione dello Studio Azzurro. Un po’ macabra, certo, ma, si sa, il gusto dell’orrido aveva conquistato tutti e anche l’animo più sensibile aveva imparato a farci i conti. Si era ormai smesso di immaginare il bello per rallegrarsi, per elevarsi. Erano tempi duri. Tra gli stucchi dei salotti che contavano echeggiavano ancora le risate al ricordo della reazione di un giovane stilista, che, all’inaugurazione di una mostra, fu insultato da Klevis Klapman, fratello di Albin ed esponente della Young British Art. Il poveretto, di fronte a un manichino dall’aspetto efebico con un fallo piantato sulla fronte, aveva osato sorridere e sussurrare qualcosa tipo «Ma non ci credo!», scambiando un’occhiata d’intesa con un ragazzotto chinato ad armeggiare con una presa di corrente. Peccato che il ragazzotto fosse l’autore di quel capolavoro. Sollevando lo sguardo, gli avrebbe urlato «Sei davvero privo di fantasia!» di fronte al Gotha dell’arte e della moda che, all’unisono, si mise a fissare il poveruomo come se fosse un pipistrello morto caduto nella minestra. La sua carriera ovviamente finì lì, nessuno lo invitò più e così tornò a fare le pizze al paesello. Essere insultati pubblicamente da un artista d’avanguardia avrebbe rovinato chiunque.
Stupirsi o giudicare non era quindi chic. Il cinismo era quanto di più elegante ci fosse. Questa è la ragione per la quale quel delitto fu scoperto solo molte ore dopo dalla donna delle pulizie del più noto ristorante non solo della città, ma del mondo, perché apparteneva a uno degli stilisti più in voga.
03/05/24
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