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2 febbraio 1935 “Militarizzazione del personale indigeno dei fari e fanali della Somalia”
2 febbraio 1935 “Militarizzazione del personale indigeno dei fari e fanali della Somalia”
È del 2 febbraio 1935 il Decreto Governatoriale n° 10656, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Somalia italiana il 16 febbraio 1935, n° 4, per la “Militarizzazione del personale indigeno dei fari e fanali della Somalia” nel qua le si dice che “il personale indigeno suddetto è considerato fra il personale militarizzato. Il compito speciale dei fanalisti è quello dell’illuminazione e della…
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L'isola del Tino
È la seconda isola dell’arcipelago spezzino, posizionata fra la Palmaria, ora nell’occhio del ciclone per il contestato Masterplan, e il Tinetto, poco più di un coreografico scoglio
Il Tino è un’oasi quasi incontaminata chiusa al pubblico per oltre 360 giorni all’anno, sotto la giurisdizione della Marina Militare, che aprirà ai visitatori questo fine settimana. L’occasione, come da tradizione, sarà quella delle celebrazioni per il patrono del Golfo dei Poeti e dei fanalisti d’Italia, San Venerio. Il monaco vissuto a cavallo del VI e del VII secolo, secondo la leggenda scelse di vivere gli ultimi anni della sua esistenza proprio sull’isola in cui oggi sorge il maestoso faro che porta il suo nome
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I guardiani del mare si raccontano e i più belli sono nel Salento (III parte)
di Cristina Manzo
Faro di punta San Cataldo, Lecce (1)
Questo antico faro che domina la frazione marittima di San Cataldo, dista circa dieci chilometri dalla città di Lecce ed è situato nell’insenatura che ospita i resti di un antico molo edificato intorno al II secolo d.C. dall’imperatore Adriano, al tempo in cui la città di Lecce era una colonia romana, denominata “Lupiae”. Originariamente, infatti, questo punto di approdo era chiamato Porto Adriano in nome dell’imperatore che ne aveva ordinato la ricostruzione. Qui sbarcò Ottaviano dopo aver appreso la notizia della morte di Cesare. Il suo nome attuale, secondo la leggenda, deriva da un monaco irlandese che, tornando da Gerusalemme, naufragò in quest’area e si salvò miracolosamente. Da allora il porto prese la sua attuale denominazione, diventando Porto San Cataldo di Lecce.
“ Il faro è costituito da una torre di forma ottagonale alta poco più di 23 metri a da una struttura in muratura, che in origine era destinata ad alloggio dei fanalisti e magazzino. La costruzione di un faro a San Cataldo fu proposta nel 1863 dal Consiglio Provinciale di terra d’Otranto al Ministero dei Lavori Pubblici. Il primo progetto fu presentato nel 1865; intanto, in attesa della costruzione del faro, fu installato un fanale provvisorio sopra un fabbricato comunale. L’approdo conobbe il suo periodo di maggiore attività nel XVI secolo grazie agli scambi commerciali tra Lecce e la Repubblica di Venezia. Dai Ragguagli sui viaggi di Ferdinando IV di Borbone a Lecce nel 1797 si legge che il re, salito sul campanile del Duomo, vide il porto di San Cataldo, promise di ripararlo e di aprire una strada in linea retta da Lecce in detto luogo… . « concludiamo degnamente questa strada » – !”[1]
Caduta in disuso, Salapia (nome latino di San Cataldo) si trasformò in palude, la cui bonifica avvenne solo in epoca fascista da parte dell’Opera Nazionale Combattenti. Del tram che collegava la vicina città di Lecce non rimangono che alcune fotografie in bianco e nero. Oggi l’antico porto romano è stato completamente abbandonato e il mare lentamente lo sta distruggendo. Del suo splendore restano solo i resti insabbiati e recentemente riportati alla luce dagli scavi archeologici. Qualche muro affiorante dall’acqua testimonia anche il maldestro tentativo dei primi del ‘900 di riportare il porto all’antico splendore, prolungando il molo. I lavori produssero un insabbiamento del porto e subito si dovette desistere dal tentativo, abbattendo parte del nuovo manufatto.
San Cataldo è immersa nel verde di una lussureggiante pineta. La località è circondata da importanti risorse naturali. A nord, oltre la darsena vi è una vasta zona paludosa caratterizzata da un bacino artificiale di bonifica e da depressioni che subiscono l’entrata di acque meteoriche e marine che si estendono fino a Torre Veneri. A sud, vi è invece l’area delle Cesine che costituisce il sistema di lagune e paludi più vasto del Salento. In direzione del capoluogo, vi è il Bosco Fiore, uno dei rimasugli della grande “foresta di Lecce” che un tempo caratterizzava il Salento da Brindisi a Otranto[2].
Il faro di Santa Maria di Leuca, Castrignano del Capo, Lecce[3]
Alto 47 metri rispetto al livello del suolo e 102 sul livello del mare, il faro di Santa Maria di Leuca, frazione del Comune di Castrignano del Capo (Lecce), offre una visuale emozionante a chi accede alla sua sommità, raggiungibile attraverso una scala a chiocciola di 254 gradini: lo dimostrano gli scatti di Roberto Rocca, che catturano le prospettive offerte da questa visuale unica e suggestiva. Nelle immagini si ammirano la basilica di Santa Maria de finibus terrae e la Marina di Leuca. Un emozionante viaggio fotografico compreso tra punta Mèliso a est, per convenzione nautica il punto di divisione tra mar Adriatico e mar Ionio, e punta Ristola, estremo lembo meridionale del Salento, a ovest (Luca Guerra)[4]
Vista dall’alto del faro di Santa Maria di Leuca[5]
Secondo la convenzione nautica, proprio ai piedi del promontorio, si trova il punto di incontro tra i due mari, l’Adriatico e lo Ionio. I raggi del faro superano le trenta miglia. La struttura, massiccia e imponente, situata a pochi passi dalla Basilica Santa Maria De Finibus Terrae, sovrasta la cittadina offrendo la possibilità di ammirare un panorama sempre più apprezzato per la sua unicità. Di giorno, quando il cielo è terzo e l’aria è limpida è possibile sfiorare, con lo sguardo, le coste greche e i monti Acrocerauni situati al confine tra Albania e Grecia. Fu progettato dall’ingegnere Achille Rossi, i lavori durarono tre anni e si conclusero l’11 agosto 1866 per poi essere azionato il 6 settembre sotto la giuda di tre faristi.
La struttura, bianchissima e di forma ottagonale, sostituì la vecchia Torre anti corsara fatta costruire da Federico II. All’interno del Faro i 254 gradini che compongono la scalinata, attraversandone il “corpo” giungono alla Gabbia dell’apparato di protezione; da qui si apre una vista sconfinata. Nel corso degli anni, il guardiano del mare ha subito numerosi interventi di manutenzione, nel 1937 il vecchio sistema di alimentazione a petrolio ha lasciato il passo al più moderno impianto elettrico; lanterna e apparato rotatorio sono stati sostituiti per garantirne sicurezza ed efficienza. La lanterna emette fasci di luce ogni 15 secondi ed è dotata di 16 lenti di cui 10 oscurate; queste permettono la giusta alternanza di segnali luminosi, bianchi e rossi, al fine di dare ai naviganti le corrette informazioni per viaggiare in sicurezza. Nell’occasione dei 150 anni dalla sua costruzione, (nell’estate del 2016), per ricordare l’importante ricorrenza, ogni martedì del mese di agosto è stato possibile visitare il Faro grazie alla gentile concessione del Comando Zona Fari dello Ionio e del basso Adriatico di Taranto e per la cortese disponibilità del farista Antonio Maggio. Numerose sono state le richieste giunte da tutta Italia per ammirare questo piccolo scorcio di Mediterraneo da una prospettiva differente[6].
«I pescatori del tratto di mare tra la Torre del Serpe e la Palascìa raccontano che in certe giornate, quando le nuvole in cielo sono gonfie di pioggia e il sole le illumina come fossero vele, sulla superficie dell’acqua si può scorgere un brillio: i riflessi dorati di qualcosa di simile a una tromba»
(Roberto Cotroneo, E nemmeno un rimpianto, Mondadori, 2011)
Note
[1] https://www.viaggiareinpuglia.it/at/4/castellotorre/5545/it/Faro-di-San-Cataldo-Lecce-(Lecce)
[2] i https://it.wikipedia.org/wiki/San_Cataldo_(Lecce).
[3]https://bari.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/foto/salento_la_magia_di_santa_maria_di_leuca_vista_dal_faro-164042161/1/#1
[4] https://bari.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/foto/salento_la_magia_di_santa_maria_di_leuca_vista_dal_faro-164042161/1/#1Idem
[5] Idem
[6] https://www.ilgallo.it/attualita/il-faro-di-leuca-una-guida-da-150-anni/
Per la prima parte:
I guardiani del mare si raccontano e i più belli sono nel Salento (I parte)
Per la seconda parte:
I guardiani del mare si raccontano e i più belli sono nel Salento (II parte)
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Olbia, dai cumuli di rifiuti rivive la storia del faro di isola Bocca
Olbia, dai cumuli di rifiuti rivive la storia del faro di isola Bocca
OLBIA. Il passato è rimasto prigioniero di guano e piume. Sembra una enorme voliera, invece è il simbolo della città. Da quando gli ultimi fanalisti hanno abbandonato le stanze del faro di isola Bocca, nei primissimi anni Novanta, tutto è rimasto esattamente come allora, con le camere da letto, le cucine e i bagni ricoperti da una spessa coltre di sporcizia. Domenica però una squadra di…
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