#fabrizio berrini
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KABOUTER
Era il settembre del 1978 quando incominciai la mia esperienza a "Kabouter". Era l'epoca delle cosiddette "radio libere" (chi non si ricorda di Radio Alice di Bologna o di radio Popolare di Milano...). A "Kabouter", che non si fregiava dell'inutile suffisso di "radio" prestavano la propria opera persone di un certo spessore, Roberto De Luca, che oggi organizza grandi concerti in tutto il mondo, Adelmo Quadrio, redattore di una rivista storica del rock italiano come L'ultimo buscadero, Alberto Toscano, giornalista esperto di politica internazionale, lo storico Cesare Bermani, Marco Sorrentino, promoter e discografico, Riccardo Bertoncelli, giornalista e scrittore (di cui tutti si ricordano per via dell'Avvelenta gucciniana). Insomma tra queste ed altre "personalità", c'ero io. Cosa ci facevo io in questo salotto radical-chic del rock 'n'roll? Niente. Io mi occupavo di poesia. Conducevo una serissima trasmissione dal titolo "Il fumo dei falò" (titolo mutuato da una bella poesia di Sergej Esenin). Io facevo l'intellettuale serioso in mezzo a un gruppo di intellettuali veri. Poi un giorno il direttore della radio, il vulcanico Fabrizio Berrini entrò e mi disse: "Basta menate, a New York è va fortissimo un nuovo musicista e tu sei qui con 'sta roba?! Si chiama Bruce Springsteen..." Fu quella frase a farmi capire che la cultura poteva essere anche altro. Anche Wim Wenders disse che fu il rock a salvargli la vita, come successe a me; ma oltre al rock me la salvò Fabrizio Berrini...
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