#epitetos
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lunamarish · 2 years ago
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Ciò che dipende a te è accettare o meno ciò che non dipende a te.
Epiteto
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lucifersmockingbird · 1 year ago
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Tezcatlipoca's trials are another thing. I've been humbled so many times I've lost count.
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orotrasparente · 7 months ago
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politici e, soprattutto, giornalisti dovrebbero solo scusarsi con imane khelif, non mi stavo proprio interessando sinceramente alle olimpiadi ma dopo i giorni scorsi ho preso a cuore questa cosa e sto tifando per la pugile algerina più di quanto abbia tifato in generale per italiani e le sue lacrime dopo la vittoria di oggi sono state davvero toccanti, non posso e non oso immaginare cosa voglia dire per una donna (ma anche per qualsiasi essere umano) essere etichettata come un mostro, o qualsiasi altro epiteto utilizzato, su centinaia di giornali, siti, persino da figure politiche, semplicemente perché ha una condizione genetica con cui ha già dovuto fare i conti per tutta la sua vita
la razza umana è la peggiore razza che sia mai esistita sulla terra
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lasllavesdehecate · 5 days ago
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Presentación
¡Buenas! Mi nombre es Theo, y este blog es en parte un intento de parar la desinformación en torno a la Señora Hécate que se da en redes (Especialmente TikTok), y también un acto devocional hacia ella.
Mi objetivo aquí es educar y ayudar a personas en el mismo camino que yo, intentando pasar la antorcha del conocimiento a otros.
En este blog encontrarás publicaciones sobre:
Los Mitos de Hécate
Sus Dominios y Epitetos
Su Veneración en la antigüedad
Festividades Correspondientes
Y otros temas sugeridos...
También está el Templo Virtual de Hécate, el cual sirve para dejar ofrendas virtuales u oraciones a nuestra Señora Hécate en caso de no tener un lugar para hacerlo.
Te deseo mucha suerte en tu viaje.
¡Y Khaire, Señora Hécate!
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crazy-so-na-sega · 18 days ago
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"I NOVAX... Non esiste una grande categoria cosiddetta dei "novax". Questo è solo un epiteto dato dal potere ad una vasta tipologia umana. Ci sono quelli che non si sono vaccinati solo perché erano indecisi se avevano più paura del covid o del vaccino, e sono solo andati in cerca di escamotage di sopravvivenza in attesa che passasse la tempesta. Mai si sono esposti perché aspettavano solo di tornare alla vita di prima senza etichette infamanti.
Ci sono quelli che avevano patologie particolari e non gli tornava tanto il "sicuro ed efficace" sempre e comunque, senza fare anamnesi. Ci sono quelli che avevano gli anticorpi naturali e non gli tornava che l'immunità naturale non bastasse. Ci sono quelli che semplicemente non accettano obblighi e ricatti in nome della libertà personale...
Ci sono quelli che si curano in altro modo e continuano a curarsi come si curano. Ci sono quelli che hanno inserito la dinamica pandemia in una più ampia riflessione di costruzione della società del controllo, e sono stati coerenti, ma sono una minoranza. Ci sono quelli che hanno approfittato del "pubblico novax"per ritagliarsi un fazzoletto di potere e vendere fuffa. Ci sono quelli che hanno approfittato... NON ESISTE NESSUN ESERCITO DI RISVEGLIATI! Tanti che non si sono vaccinati cadono in altre suggestioni...
Per questo è oggi inutile questa divisione con l'accetta tra buoni e cattivi. Oggi si può avere più in comune con uno che s'è vaccinato e ha capito dopo l'inganno che con uno che non s'è vaccinato... Poi certo, ci sono quelli che sono i soldatini del potere e odiano ancora chi non s'è vaccinato...
Rifiutare le etichette è una forma di libertà personale. Fare ciò che è giusto, indipendentemente dall'approvazione altrui è l'ultima forma di libertà."
Weltanschauung Italia
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arcobalengo · 28 days ago
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I NOVAX NON ESISTONO
Non esiste una grande categoria cosiddetta dei "novax". Questo è solo un epiteto dato dal potere ad una vasta tipologia umana.
Ci sono quelli che non si sono vaccinati solo perché erano indecisi se avevano più paura del covid o del vaccino, e sono solo andati in cerca di escamotage di sopravvivenza in attesa che passasse la tempesta. Mai si sono esposti perché aspettavano solo di tornare alla vita di prima senza etichette infamanti.
Ci sono quelli che avevano patologie particolari e non gli tornava tanto il "sicuro ed efficace" sempre e comunque, senza fare anamnesi.
Ci sono quelli che avevano gli anticorpi naturali e non gli tornava che l'immunità naturale non bastasse.
Ci sono quelli che semplicemente non accettano obblighi e ricatti in nome della libertà personale, ma non hanno fatto riflessioni ulteriori.
Ci sono quelli che si curano in altro modo e hanno continuato a curarsi come si curano.
Ci sono quelli che hanno inserito la dinamica pandemica in una più ampia riflessione di costruzione della società del controllo, e sono stati coerenti, ma sono una minoranza.
Ci sono quelli che hanno approfittato del "pubblico novax" per ritagliarsi un fazzoletto di potere e vendere fuffa.
Ci sono quelli che hanno approfittato dell'aiuto delle comunità nate in quel periodo tra chi era discriminato per dimenticarsi dell'aiuto ricevuto il giorno dopo.
Non esiste nessun esercito di risvegliati!
Tanti che non si sono vaccinati cadono in altre suggestioni, ad esempio credono al cambiamento climatico, alla transizione energetica e venerano la AI senza pensare.
Per questo è oggi inutile questa divisione con l'accetta tra buoni e cattivi.
Oggi si può avere più in comune con uno che si è vaccinato e ha capito dopo l'inganno che con uno che non si è vaccinato ma oggi vuole vivere come se non fosse mai accaduto.
Poi certo, ci sono quelli che tutt'ora sono i soldatini del potere e odiano ancora chi non si è vaccinato. Ma questi hanno smesso di essere umani per scelta. E non possiamo fare nulla per loro.
Rifiutare le etichette è una forma di libertà personale.
Fare ciò che è giusto, indipendentemente dall'approvazione altrui, è l'ultima forma di libertà.
Da Arsenale K
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sentidodanalise · 2 months ago
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Logo quando eu pensei nos primeiros textos que fariam parte do blog, eu não pude deixar de colocar na lista o conteúdo de algumas das aulas que eu assisti no ano passado, e no começo do ano, num grupo de estudos sobre os seminários de Lacan. Confesso que adiei um pouco até finalmente vir editar esse texto, que já estava escrito, mas depois de ler O perigo de estar lúcida de Rosa Montero, a ideia ganhou vida outra vez. Neste texto, discuto as relações entre a catarse que compõe o ato de contar a própria história e os objetivos de uma análise.
Criatividade e escrita em Rosa Montero
O perigo de estar lúcida, publicado em 2023 e escrito por Rosa Montero, é uma narrativa que gira em torno do que seria a origem da criatividade, e aspectos comuns que cercam o processo de criação, principalmente, de escritores. Eu adianto que ainda quero fazer um post específico sobre as condições e reflexões acerca do processo criativo do escritor que são compiladas na obra, mas reservo isso para outro momento. Conversando com outras autoras e pensando sobre mim, o que me levou e me mantém escrevendo, seja textos mais técnicos como esse, ou aqueles que ninguém que me cerca faz ideia, é a catarse da realidade que existe em todos eles. Quanto a isso, Rosa Montero reflete sobre o papel da narrativa na construção de sentido para a vida humana, dizendo:
‘’Nós humanos somos pura narração, somos palavras em busca de sentido. Epiteto dizia, com razão, que o que afeta o ser humano não é o que lhe acontece, mas o que se conta do que lhe acontece. De modo que, se você muda o relato, muda a vida, como demonstram as inúmeras terapias que, como a psicanálise clássica, se baseiam na construção de uma nova narrativa pessoal. Isso para não falar da memória, que é pura fantasia, uma história que evolui com os anos. Somos todos romancistas, escritores de um único livro, o da nossa existência. E ainda bem que podemos lançar mão das mentiras para dar certa aparência de ordem e destino a esse caos, ou então a vida seria uma verdade inabitável.’’
Nesse sentido, fica evidente a importância de expressar aquilo que é experienciado: narrar, escrever, ou qualquer ato que possibilite a revelação de nós. Esses atos nos tornam seres históricos e, assim, parece ser possível nomear, dar luz ao que foi vivido, mais do que isso, estabelecer novos sentidos e obter mudanças.
Essa perspectiva sobre a narrativa nos conduz diretamente à psicanálise de Lacan, onde recontar uma história ocupa papel central no processo de análise.
A psicanálise de Lacan
Chegando à obra de Lacan, os seminários escritos são uma série de palestras, nas quais ele desenvolveu e expôs sua teoria psicanalítica. Essas palestras abordam conceitos fundamentais da psicanálise freudiana, reinterpretados por Lacan a partir de campos como a linguística, a filosofia e a antropologia. Particularmente, eu ainda não pude me aprofundar nesses seminários, mas o primeiro capítulo discutido aqui - Os escritos técnicos de Freud - faz parte do seminário um (Os escritos técnicos de Freud), que foi base para a discussão do grupo de estudos.
O ponto a ser dito ficou na minha cabeça por dias e sempre retorna quando eu penso no objetivo de uma psicanálise.
Lacan fala sobre como o elemento essencial, constitutivo e estrutural do processo analítico é a reconstituição completa da história do sujeito, e que essa história não é o passado. O que isso quer dizer? Algumas coisas que nós vivemos antes, como traumas, continuam perturbando o presente, às vezes conscientemente ou inconscientemente, sobretudo, inconscientemente.
Entende-se que o passado não existiria, porque se o que aconteceu antes é ainda sentido no agora, então não é passado. O inconsciente é atemporal, as relações de futuro, presente e passado não obedecem uma linearidade temporal, experiências antigas podem ser vividas como se fossem atuais.
‘’O afeto desconhece o tempo’’
A história só seria o passado na medida que é historiado, narrado, no presente. Assim, reconstituir vem do falar do que foi vivido e sentido, é reconhecer o que aconteceu e assim poder obter uma mudança, um avançar. Cabe fazer uma diferenciação também de que reconstituir é diferente de meramente recordar. O reconstituir diz respeito ao constituir, formar de novo; reorganizar, restabelecer. Não tem como apagar o passado, mas enxergá-lo sob uma nova perspectiva. Já o recordar é algo no presente, que diz algo sobre o passado, ou seja, os sintomas, os atos falhos, os sonhos; num sentido muito mais passivo e de sofrimento. A mera recordação não implica progresso.
Dessa forma, a cura não vem do esquecer, mas do recordar e reconstituir essa narrativa. O processo de uma análise tem o seu objetivo, diferente do que as pessoas pensam, em tratar a história a partir do momento presente.
A obra de Rosa Montero e a teoria de Lacan, portanto, nos mostra como contar, recontar, uma história permite dar sentido à confusão da existência. Os dois, à sua maneira, colocam a importância de revisitar o vivido.
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hermeneutas · 6 months ago
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Olá tudo bem?
Estou em busca de mais conhecimento sobre Hermes, como cultuar, as diferenças entre os epitetos (o que outras culturas chamam de qualidade ou caminho) e como faço as oferendas, pode me ajudar?
Khaire philos!
Hermes, o Senhor dos viajantes, mensageiro olimpiano e amabilíssimo argicida é uma das divindades mais interessantes de se cultuar. Seu domínio é o acaso, a sorte, o movimento e a comunicação. Como patrono da tradução, este blog em si é dedicado a ele junto a Hefesto!
Felizmente contamos com um post sobre ele caso não tenha visto. No mais, podemos listar outros detalhes importantes.
Algumas ideias de oferendas: Moedas deixadas em encruzilhadas de quatro pontas (4 é o número associado a Hermes, por ele ter nascido no quarto dia lunar), libações de leite, mel ou vinho também são aceitáveis, assim como incensos múltiplos, como o olíbano (chamado também de franquincenso/incenso de igreja).
Tu pode também se aprofundar na leitura de seu mito de nascimento, nossos amigos do Helenos tem seu hino inteiro traduzido, felizmente. Clique aqui para ler a respeito.
E quanto à diferença entre os epítetos, podemos destacar alguns: Hermes é descrito como philandros, ou seja, amigo das pessoas, o que evoca seu caráter auxiliador junto ao epíteto kharidotes, "doador de graças". Em contrapartida, vemos o poder do Deus de trapacear e sua astúcia sempre afiada expressa nos epítetos mekhaniotes (enganador) e argeiphontos (assassino de Argos, o gigante de cem olhos), o célere Hermes é sempre descrito como um deus esperto e ligeiro em seus caminhos, cheio de lábia e sabedoria afiada. Outro aspecto evidenciado são seus epítetos ctônicos, khtonios (da terra/do Mundo Inferior) e psychopompos (guia das almas), que abordam sua função como a divindade que leva os espíritos ao além. Hermes é ainda descrito como Ennodios, ou seja, dos caminhos, representando seu domínio de transitar entre todos os reinos, no altivo Olimpo ou no tenebroso Submundo igualmente.
Hermes é uma das divindades mais acessíveis e diversas no Panteão. Esperamos que pouco a pouco possa ir se aprofundando neste vínculo com ele. Paz a ti, philos!
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diceriadelluntore · 2 years ago
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Storia Di Musica #289 - Genesis, The Lamb Lies Down On Broadway, 1974
Quando si parla di dischi dove davvero si sente quanto siano bravi i musicisti, non si può non pensare all’epopea del progressive (che come quelli che mi sopportano in questa rubrica da più tempo sanno, sia uno dei miei pallini musicali). Il prog, che vorrei sottolineare è una definizione che negli anni è diventata sempre meno descrittiva e precisa, ma che per consuetudine e anche affetto si continua ad usare, è stato il primo e significativo della gioventù europea di creare musica pop fuori dallo schema del blues americano d’importazione. Sembra un particolare secondario, ma è fondamentale, come lo è l’estrazione sociale dei protagonisti: tutti baby boomer (termine che vuol dire la prima generazione nata dopo la guerra, non il sarcastico e odioso epiteto di oggi contro chi non è “giovane”), sospinti dalla crescita economica e, particolare importantissimo, la prima generazione che fa musica studiando a livelli superiori; quasi tutti i grandi gruppi progressive sono formati da ragazzi laureati, spesso in materie scientifiche (l’esempio più famoso è Brian May, laureato con lode in Astrofisica, ma ricordo anche i componenti dei mitici Van Der Graaf Generator tutti dottori in materie scientifiche). Tutto questo portò ad un approccio molto serio e tecnico alla musica, e al netto delle preferenze personali i capolavori del prog sono tutti dischi suonati magistralmente, e potrebbero essere tutti citati in questo mese. Aggiungo, in primis, disseminati nei post di questa ve ne sono tanti, e in secundis per celebrare degnamente i dischi stato dell’arte ho scelto uno dei più famosi dischi prog, capolavoro di una delle band leggenda del movimento.
I Genesis sono stati i principi del progressive, una dei gruppi mitici di quel periodo. Eppure l’inizio fu tutt’altro che promettente: dopo una scrittura per la Decca e due singoli, esce From Genesis To Revelation (1969), che ha così poco successo che tutti i membri della band, Peter Gabriel, Tony Banks, Chris Steward, Anthony Phillis e Michael Rutherford tornano a fare gli studenti universitari. Fu però l’intuito di un grande discografico, Tony Strattor-Smith, che fondò la Charisma, la casa discografica motore del prog, a intuire il potenziale: entra a fare patte della band John Mayhewm con cui registrano Trespass (1970), che sebbene non ha vendite confortanti è apprezzato e ha il primo, grande brano, The Knife. Ma il meglio deve ancora venire: Mayhew se ne va con Phillips, e tramite un annuncio sulla famosissima rivista Melody Maker, vengono scelti due nuovi musicisti, Steve Hackett alla chitarra e Phil Collins alla batteria. Nasce qui la line up leggendaria, e piano piano inizierà a prendere forma il loro mondo di testi colti, ironici e surreali, con tanti riferimenti letterari e alla mitologia non solo classica ma anche del folklore locale, una musica maestosa e a tratti magicamente ipnotizzante con largo uso di tastiere e sintetizzatori, creando o anticipando stili futuri, tipo il rock sinfonico. Nursery Crime, Foxtrot, Selling England By The Pound sono i primi tre capitoli di una tetralogia magnifica di capolavori che impongono lo stile musicale del gruppo ma anche l’istrionismo di Gabriel, cantante superbo, e da ricordare soprattutto che fu il primo ad introdurre l’aspetto teatrale e scenografico nei concerti, usando travestimenti, trucchi in volto, caratterizzando la voce dei vari personaggi delle canzoni. Il disco di oggi è l’apoteosi di questo concetto, un disco che è molto di più di Gabriel che dei Genesis, nella stessa misura di The Wall disco di Roger Waters che dei Pink Floyd.
The Lamb Lies Down On Broadway, che esce nel 1974, è il primo, e unico, concept album dei Genesis. Racconta la storia di Rael (anagramma di Real, reale, ma anche parziale di Gabriel), un ragazzo portoricano fuggito dall’orfanotrofio di Pontiac che va a New York a scrivere graffiti, unica forma per esprimere i suoi sentimenti. Camminando per Broadway, Rael si imbatte in un agnello sdraiato fra i vapori dei riscaldamenti sotterranei, che si trasformano in una nebbia che lo trasporta in un'altra dimensione spazio-temporale, quasi interamente ambientata sottoterra. Qui troverà mostri mitologici, uomini mezzi rettili, personaggi grotteschi, ma troverà anche suo fratello John. Proprio per salvare la vita di John, al culmine della storia, Rael rinuncerà a tornare nella sua Manhattan, magicamente riapparsa oltre una finestra nella roccia, per gettarsi fra le rapide di un fiume. Subito dopo il salvataggio tuttavia Rael si accorge sgomento che John ha assunto le sue stesse sembianze, rivelandosi di fatto una proiezione del suo io, e appena capito cosa sta per succedere immediatamente dopo i "due Rael" scompaiono in una misteriosa foschia purpurea assieme a tutta la scena e alla storia stessa. Non esiste un brano “killer” come ci sono stati in altri lavori precedenti, ma basta il brano omonimo che apre il disco, che raccoglie come una ouverture di musica classica tutti i temi del disco ( il doppio LP dura oltre 90 minuti), la dolcezza di Hairless Heart o The Carpet Crawlers, o la forza di In The Cage o di Counting Out Time per decretare questo disco di una tale ricchezza di spunti, sia lirici che sonori, da dare il capogiro. La storia di Rael è l’ennesimo, e più sofisticato, tentativo di Peter Gabriel di critica al consumismo, alla imminente globalizzazione, agli idoli fallaci di un mondo dove i confini tra illusione e realtà sono sempre più fittizi, dove essere e apparire si fondono perdendo di contorno e significato, e molto più di altre occasioni c’è una dimensione personale di racconto emozionale per dar forma a temi che riguardano la sua interiorità, come il rapporto col sesso (The Lamia, The Colony Of Slippermen), con la paura o con la morte (Anyway, Here Comes The Supernatural Anaesthetist), visti con gli occhi di Rael. E se per qualcuno c’è il dubbio, in It, misterioso e sarcastico brano di chiusura, Gabriel canta “Se pensi che sia pretenzioso, sei stato preso per un viaggio\Guarda attraverso lo specchio figliolo, prima di scegliere, decidi” e finisce con “it's only knock and know-all, but I like it", che storpia il titolo di It's Only Rock 'n Roll (But I Like It), degli Stones, traducibile pressappoco: «criticare e [fare il] saccente su tutto», quasi a profetizzare le future critiche delle riviste musicali al lavoro, accusato di essere uno spaccato di megalomania, per la storia così complicata (che ha, per essere precisi, un finale aperto, come a sospettare un continuazione prevista). Gabriel dopo il tour successivo questa faticaccia se ne va, nel 1975, anche perché gli animi degli altri non vedevano bene il suo protagonismo. Ci sono le ultime tre cose da dire: i Genesis ne volevano fare un film con William Friednik, recentemente scomparso, ma non se ne fece mai niente; il disco fu accompagnato da 102 concerti, dove Gabriel cambiava vestito per decine di volte, ed è un peccato che non ne sia mai stato fatto un live come si deve; i Genesis, dopo l’addio di Gabriel, passano le redini a Phil Collins, che dopo la bufera del punk (che odiava la maestria del prog, a cui opposero i suoni viscerali e spesso sgangherati), specializzerà il gruppo in una sorta di pop d’autore, che regalerà risultati di vendita mai visti, soprattutto negli Stati Uniti, che ovviamente non capirono mai del tutto il prog. Ma il passaggio tra le due epoche equivale a passare in una strada dove prima sorgeva una cattedrale maestosa, tra le più grandiose di sempre per meraviglie, al cui posto adesso c’è una villetta in riva al mare, che accoglie l’ondeggio lento delle onde. Un cambiamento non da poco.
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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C'era un tempo in cui l'uomo si sforzava di essere onesto, un aggettivo che lo gratificava, anche perché si trattava di una definizione socialmente apprezzata. Oggi invece si è imposto l'uomo corrotto, un epiteto che significa al contempo abile, furbo e sulla via dell'arricchirsi. L'unico simbolo che conta, anche socialmente, è il denaro.
Vittorino Andreoli
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devotodejupiter · 1 year ago
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Epítetos do deus Júpiter
O deus Júpiter é uma divindade muito complexa, como seu culto era muito grande em épocas antigas foi ganhando vários epítetos ao longo da história do seu culto e é bem possível que novos epítetos apareçam agora que seu culto esta sendo retomado por algumas pessoas ao redor do mundo!
Alguns epítetos de Jove:
Júpiter Elicius: Invocado quando Júpiter traz a vitória.
Júpiter Fulgur: Usado quando Júpiter produz relâmpagos.
Júpiter Lucetius: Descreve Júpiter quando ele concede luz e esplendor a todas as coisas.
Júpiter Caelestis: Descreve Júpiter como o deus do céu.
Júpiter Optimus Maximus: Usado para descrevê-lo como o maior e melhor dos deuses.
Júpiter Pluvius: "Aquele que envia a chuva".
Júpiter Tonans: "O trovão".
Júpiter Stator: “O que detém” ou “o estabilizador”, invocado para deter a fuga em batalha.
Júpiter Feretrius: “Aquele que carrega o despojo”, invocado por Rômulo após sua vitória sobre Acrônio, rei dos Ceninenses
Júpiter Lapis: Invocado para a prática do ritual do “perjúrio da pedra” (ius iurandum lapidem)
Júpiter Pecunia: Representa a riqueza
Júpiter Summanus: "trovão noturno"
Júpiter Hospes: "hospitaleiro ou amigável"
Você pode conferir mais epitetos do deus Jove em português wikipédia ou na em ingês wikipédia.
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jamesmrdouglas · 1 year ago
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Dianae
Il 30 di novembre ricorreva un'altra festa dedicata a Diana, dea della Luna e della caccia, forse in uno dei suoi aspetti più inferi, legati principalmente al momento dell'anno.
Il primo epiteto della dea fu "Trivia" (dal latino trivium), non perché trimorfa nella congiunzione con Luna ed Ecate, ma perché guardiana degli incroci a tre vie. Questo ruolo le aveva donato una connotazione alquanto oscura e pericolosa, poiché indicava metaforicamente la strada per gli inferi. Inoltre simboleggiava i sentieri che i cacciatori incontravano nella foresta di notte, appena illuminati dalla luna, come metafora del fare scelte "al buio".
Secondo Seneca l'appellativo evoca la triplice dea formata da Diana, Selene ed Ecate e specifica che ella possegga i poteri di quest'ultima.
Il ruolo di Diana come dea degli inferi la fece confondere presto con Ecate (e occasionalmente anche con Proserpina); infatti, un teatro nel suo santuario presso il Lago di Nemi, comprendeva una fossa e un tunnel che avrebbero permesso agli attori di scendere facilmente da un lato del palcoscenico e salire dall'altro, indicando una connessione tra le fasi lunari e una discesa della dea della luna nel mondo sotterraneo.
Dipinto di Erik Armusik
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francesca-fra-70 · 2 years ago
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La Pascale che ironizza sull'ex compagno Berlusconi. Squallida persona che sputa nel piatto dove ha mangiato, oggi non saresti dove sei se non grazie a lui. Offenderla con qualunque epiteto sarebbe un complimento! 😏
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fragilityisavirtue · 1 year ago
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C'era un tempo in cui l'uomo si sforzava di essere onesto, un aggettivo che lo gratificava, anche perché si trattava di una definizione socialmente apprezzata.
Oggi invece si è imposto l'uomo corrotto, un epiteto che significa al contempo abile, furbo e sulla via dell'arricchirsi.
L'unico simbolo che conta, anche socialmente, è il denaro.
Vittorino Andreoli, La gioia di pensare
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textosefilosofia · 1 year ago
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# O Secretariado e a Filosofia Estoica
O secretariado é uma profissão que exige habilidades específicas, como organização, comunicação e capacidade de lidar com pressão. No entanto, raramente associamos essa carreira a filosofias antigas, como o estoicismo. No entanto, é surpreendente como os princípios estoicos podem ser aplicados de maneira eficaz ao campo do secretariado, proporcionando benefícios tanto para os profissionais quanto para suas organizações.
## O Estoicismo: Uma Breve Visão Geral
O estoicismo é uma antiga escola de filosofia que teve origem na Grécia, mas floresceu durante o Império Romano. Seus proponentes, como Sêneca, Epiteto e Marco Aurélio, acreditavam que a virtude, a razão e a autodisciplina eram fundamentais para alcançar a felicidade e a tranquilidade interior. Os estoicos ensinavam a importância de controlar nossas reações às circunstâncias externas, aceitar o que não podemos mudar e focar no que podemos controlar: nossas próprias ações e atitudes.
## Como o Estoicismo se Aplica ao Secretariado
### 1. Aceitação e Resiliência
Um dos princípios-chave do estoicismo é a aceitação do que não podemos controlar. No secretariado, há muitos eventos imprevisíveis e situações de alta pressão. Um secretário estoico entenderia que, embora não possa controlar todas as situações, pode controlar sua reação a elas. Isso resultaria em maior resiliência e capacidade de lidar com desafios de maneira calma e eficaz.
### 2. Foco no Dever
Os estoicos enfatizavam o cumprimento do dever e a busca da virtude. No secretariado, isso se traduz em cumprir as responsabilidades de forma ética e dedicada. Um secretário estoico procuraria sempre melhorar suas habilidades e oferecer o melhor serviço possível, independentemente das circunstâncias externas.
### 3. Comunicação Eficaz
A comunicação é essencial no secretariado, e os estoicos valorizavam a clareza e a honestidade na expressão. Um secretário estoico buscaria comunicar-se de maneira direta e eficaz, evitando emoções excessivas e conflitos desnecessários.
### 4. Controle das Emoções
Os estoicos eram conhecidos por sua capacidade de controlar suas emoções, o que é extremamente valioso em um ambiente de trabalho agitado. Um secretário estoico aprenderia a não se deixar levar por sentimentos como o estresse ou a frustração, mantendo a mente calma e focada.
### 5. Planejamento e Organização
O estoicismo também enfatiza a importância da preparação e do planejamento. Um secretário estoico adotaria uma abordagem meticulosa para a organização de tarefas e eventos, garantindo que tudo seja feito de maneira eficiente e dentro do prazo.
## Conclusão
O secretariado e a filosofia estoica podem parecer, à primeira vista, áreas completamente distintas. No entanto, a aplicação dos princípios estoicos no mundo do secretariado pode levar a uma melhoria significativa no desempenho profissional e na qualidade de vida. Ao adotar a aceitação, a resiliência, o foco no dever, a comunicação eficaz e o controle das emoções, os secretários podem se tornar profissionais mais eficazes e equilibrados, contribuindo para o sucesso de suas organizações e para o seu próprio bem-estar. O estoicismo oferece uma filosofia de vida atemporal que pode beneficiar pessoas em diversas profissões, incluindo o secretariado. Ao incorporar esses princípios, os secretários podem encontrar um sentido mais profundo em seu trabalho e viver vidas mais satisfatórias e realizadas.
Aline Leal
#secretariado #filosofia #estoicismo
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madonnacelestiale · 1 year ago
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MADONNA CELESTIALE
Un messaggio di amore e musica
Madonna Celestiale è un progetto artistico che nasce nella primavera 2013 da un’idea di Flavio Scutti elaborata in collaborazione con Paola Stasi.
Viene presentato per la prima volta in un articolo pubblicato sul blog PILL TAPES con foto dedicate alla Madonna nel mese di maggio, insieme ad una mixtape incentrata sulla musica spirituale (contaminata da sonorità che abbracciano diversi generi e culture, dal pop all’elettronica). Il tutto è scaturito dall’idea di diffondere un messaggio d’amore e di speranza, nell’intento di sensibilizzare il pubblico verso una maggiore cura e valorizzazione del patrimonio culturale artistico rappresentato dall’iconografia sacra.
Non vuole essere alcuna vetrina d’esaltazione cristiana, ma intende mostrare al pubblico (turista, curioso o appassionato che sia) l’arte di cui è piena la nostra storia e le nostre città, in chiave festosa e d’intrattenimento, con la passione per l’iconografia, l’amore per il sacro e la natura. Abbiamo scelto la Madonna perché rappresenta la figura della maternità che nella sua forma di icona partendo dalla Grande Madre si ritrova in quasi tutte le culture, dalla Dea Iside degli Egizi, alla Leucotea Ellenica, alla Mater Matuta Italica, ecc…
Progetto
Le Scritture, la liturgia, le preghiere litaniche, le arti figurative e plastiche raccolgono un’enciclopedia di figure relative alla simbologia marianica in grado di oltrepassare il senso comune di religiosità per addentrarci in un orizzonte più stratificato di sedimentazione culturale, fatto di medesime radici – persino etimologiche (culto-cultura) – intrecciate alle peculiarità dell’umano “vivere nel mondo”. Possiamo facilmente tradurre questo insieme di radici intrecciate nel termine “simbolo”.
Il senso letterale di «simbolo» è di «messo insieme» e lo deriva dal greco «sumballein» (gettare insieme). Gli uomini, secondo Platone (Convito 189-93), si amano perché, all’origine, sono stati tagliati in due dalle divinità gelose e, da allora, ognuno va alla ricerca della propria metà smarrita; facilmente sentiamo in noi la necessità di comporre divisioni interne; i primi cristiani hanno sentito il bisogno di raccogliere in un Simbolo, detto degli Apostoli, la somma delle verità da professare e l’esigenza di unire la terra e il cielo.
Questa attività di ricomposizione appare indispensabile. Luca (2,19) si avvale del medesimo termine per significare che «Maria custodiva tutte queste parole collegandole insieme in cuor suo». Non solo indispensabile ma anche assolutamente decisivo appare il termine «Diavolo» (dal greco «diaballein») dice proprio il suo contrario: dividere. Il simbolo ricollega il diviso, il diavolo persegue la divisione dell’unito.
In questo caso il simbolo:
• suscita tensione invece di annullarla
• crea una spinta in avanti, proponendo aperture progettuali
• si protende verso un equilibrio che rimane costantemente al di la di esso
• si fa metapoietico, cioè trasformatore, unificando tutto il mondo in un atto di ri-creazione e di pienezza, nella ricerca di un’inarrestabile e mai raggiunta partecipazione al tutto.
È «fare anima», dice James Hillman, l’unica condizione indispensabile perché una parola richiami altre parole, un’immagine evochi altre immagini, un singolo oggetto si faccia manifestazione del tutto. Chi fa questa esperienza vive la mobile staticità della vita spirituale, il movimento nell’unicità.
Contemplare Maria significa vedere in Lei, sempre eguale a se stessa, le varianti di ogni epiteto che le si attribuisce. Solo chi spazia nell’infinito universo semiotico, può accostarsi alla conoscenza simbolica di Maria (e di qualsiasi altra entità). Maria può non solo contenere simboli, ma essere essa stessa un simbolo. Come tale, escludendole il suo ruolo sovrannaturale, si fa educatrice anche attraverso ciò che essa rappresenta: nel rapporto con la Madonna, l’uomo può integrare in sé il femminile e maturare la sua individuazione, mentre alla donna può accadere di identificarsi nella sua portata materna, generatrice, ma soprattutto nella sua matrice affatto passiva di accettazione dall’Alto di un feto (o compito, o punizione, a seconda delle circostanze) autogeneratosi di cui lei è soltanto la sacca momentanea verso il passaggio alla terra, ma di attrice attiva nella nascita del Bene.
Infatti, a seconda delle radici semitiche alle quali i filologi la fanno risalire - già nel XV-XIV sec. a.C. è documentata su una tavoletta di Ugarit la radice mrym - Maria potrebbe significare «ribelle», l’«amara», la «forte», «colei che si innalza» o che «è innalzata», oppure ancora «profetessa» o «Signora».
Dall’egiziano mrit deriverebbe il significato di «amata» (sembra il più celebrato); dall’ebraico Miryam o marah, quello di «mare amaro», «amarezza», «dolore»; dal siriaco mâr, «signora», «padrona»; dall’egiziano ed ebraico or, «essere luminoso», «stella del mare». Sant’Eusebio professa: “Maria è detta «Stella del mare» perché innumerevoli stelle ha il cielo, il mare una sola e questa è la più luminosa di tutte”.
Dello stesso avviso San Gerolamo, il quale deriva dall’ebraico mar yam («goccia di mare»), il latino Stilla maris, da cui poi il poetico Stella maris, «stella del mare» (stella polare).
Intorno al nome di Maria, è opportuno inoltre citare l’abate Giovanni Caramuele, un Vescovo poliglotta morto a Vigevano nel 1682, nato a Madrid 76 anni prima, autore fra l’altro di un Maria Liber (Praga 1652) in cui viene registrato il «Discorso sul dolcissimo Nome di Maria per anagrammi», in cui riporta le differenti e possibili manipolazioni del nome «Maria». Potrebbe sembrare fanatismo retorico, in realtà è manifestazione di entusiasmo interiore (energia inconscia) che si accontenta di un minimo segno per vedere in esso, tramite assonanze, dissonanze, vicinanze, comunanze l’occasione di liberare tutta la tensione interna centrata sulla cosa o persona amata. Come il fuoco, coinvolge tutto ciò che incontra. Del resto, nell’Antico Testamento, simili procedimenti sono ben documentati.
In conclusione, Madonna Celestiale non è una messa in scena della grandezza e bellezza di Maria, in un ordine puramente spirituale. È piuttosto una specie di operazione archeologica, documentata attraverso foto che ritraggono la Madonna da ogni parte d’Italia e del mondo, tendente a evocare il passaggio simbolico - incarnato in Maria – tra l’anima e la necessità di un suo referente terreno, immobilizzato in un angolo, sulla facciata di un palazzo, in una nicchia, in un’immagine iconica. Questo passaggio trascina con sé il legame umano con la bellezza e all’assoluto, seppure declinato talvolta in termini barocchi, altri austeri o riformatori, altri ancora allegorici, documentando una necessità atavica della specie che va scomparendo in terra, quella della traccia, per essere assimilata in una quinta dimensione, uno spazio dell’immaginario diventato realtà: l’universo digitale.
Laura Migliano
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