#e io non ne ho affatto voglia
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NON AVERE VERGOGNA CON ME...
Non coprirti...
A me piaci così come sei...
Non avere vergogna con me
Mostrati tutta, proprio come sei.
Tutta pazza, tutta intensa, bimba capricciosa a momenti, donna matura in altri.
Non avere vergogna con me
Io voglio essere il tuo compagno, non il tuo giudice.
Hai difetti? Quali? Io ne ho migliaia...
chi non ne ha?
Cicatrici? Smagliature? Cellulite? Io te le bacio tutte.
Con me non coprirti, indossa i vestiti che ami, o non indossarne affatto, non mi importa...
Mi piace la golosina, non l'involucro
Mi piaci tu!...
Punto.
Non avere vergogna con me...
Balla in pantofole, sorridi a viso lavato, gira per casa con i capelli in disordine.
Qual è il problema?
Piangi quando ne hai voglia, che io sarò lì per abbracciarti, o scoppi a ridere che io riderò con te senza sapere perché.
Con me sii te stessa, non trattenerti.
Non avere vergogna con me, perché ho ben chiaro che chi ti ha visto e ti ha lasciato passare non ha capito nulla...♠️🔥
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Sei la convinzione fatta persona! Sei più malato di tutte le ragazze di cui tu stesso parli. Ma ti leggi dopo che scrivi? Quanto ci credi? Sei solo un povero sfigato che non riesce a trovare nessuna per quel modo di arcaico di vedere la donna e pensi di far colpo qui con 4 ragazzine che aprono la bocca piene di stupore per 4 minchiate che scrivi.
Non avrai i coglioni nemmeno di pubblicare questa Ask come io non li ho non mostrandomi e rimanendo anonim* . Scelgo l'anon giusto perchè sei così pieno di ego e di te stesso che saresti capace di fare qualsiasi cosa
Facci una cortesia, evapora nuovamente e per sempre.
Eh no, invece mi spiace deluderti: resto qui, pubblico, e ti rispondo anche. Innanzitutto, tutto questo livore è sintomo di una certa insoddisfazione personale: a cosa è dovuto questo tuo malessere? Cosa ti impedisce di accettare l’opinione e la visione della vita degli altri? Andrebbe indagata quest’esigenza di (cercare di) gettare fango su una persona a te sconosciuta, e che personalmente nessun danno ti ha arrecato. E poi, suvvia, anche qualora ti fossi mostrata col tuo vero profilo non avrei fatto alcunché. Mi hai disegnato come un ‘ndranghetista! Rido. Gli asterischi puoi tranquillamente metterli dove ritieni più opportuno, ma la lingua italiana è un’altra cosa. Ed è molto piacevole leggerla, nella sua forma più corretta. I miei testi, logicamente, li rileggo sempre prima di pubblicarli. Anche più volte. Semplicemente perché ho più rispetto del mio pubblico, di quello che hai tu. A quelle che definisci “4 ragazzine”, sento di voler dedicare il meglio che posso. Ovvio, non tutte lo meritano, ma qualcuna c’è, c’è sempre. Quindi, non capisco bene dove col tuo appunto tu voglia andare a parare. Cosa dovrei pensare? Che sei invidiosa? Gelosa? Non vedo come e perché possa e debba darti fastidio ciò che narro in questo mio piccolo blog. È la mia vita, come tu hai la tua. Di malattie al mondo ce ne sono tante, e onestamente tirarle in ballo abbastanza a casaccio è una mancanza di rispetto per chi è malato veramente, se vogliamo metterla su questo piano. E io non sono affatto perbenista o politicamente corretto, anzi, ma mi limito a ribaltare il discorso per far luce su aspetti che certamente ti sfuggono. Hai mai pensato che possano esserci ragazze che, addirittura, possano trarre giovamento dalla lettura dei miei pensieri? Perché in alcuni casi, cara mia, è proprio ciò che accade. E lo so non perché l’ho sognato di notte nel silenzio più assoluto, ma perché mi è stato fatto presente. Eppure, tu, queste ragazze le definisci pateticamente e banalmente “malate”. E di conseguenza ritieni me ancor più malato perché, nella tua astrusa mente, io evidentemente le travio e corrompo. Quel “modo arcaico di vedere la donna”, è esattamente quel modo che ci ha permesso di arrivare fino a qui. Sì, anche a te. Per te è sbagliato? Va bene, qual è il problema? Per me invece è giustissimo e inevitabile e, paradossalmente, proprio tu lo dimostri. Che poi voglio dire, non vivo su Marte. E se un po’ questo blog l’hai “sfogliato”, lo avrei notato che mi chiamo “Ti aspetto altrove” proprio per questo motivo. Ovvero perché so che in questo mondo non è possibile trovare ciò che cerco. Non lo è più, quantomeno. E accetto questa sorte semplicemente con grande forza e maturità, isolandomi nella mia vita privata, professionale, e di tanto in tanto in questo piccolo spazio che (anche grazie a te) mi regala delle soddisfazioni. Perché quando si colpisce nel segno, ricevere “critiche” è la più diretta e naturale conseguenza. Non sono pieno di ego, sono solamente una persona che dopo tanti anni ha imparato a rispettarsi e volersi bene. E non sono nemmeno “la convinzione fatta persona”. Ho coltivato a fatica e nel tempo una buona autostima che mi accompagna nella vita di tutti i giorni, frutto di una grande introspezione che a tutt’oggi continua quotidianamente. Sono un povero sfigato, dici? Eppure vedo che sei stata tu, a voler sprecare tempo ed energie scrivendomi un messaggio anonimo senza capo né coda. Pensa che in quei pochi minuti avresti potuto uscire a prenderti una boccata d’aria, riflettere su un nuovo obiettivo per la giornata di domani, o dare un bacio alla persona amata. E invece, beata ingenuità, hai creduto di potermi ferire dandomi piuttosto la possibilità di emergere ancora una volta di più. Di risplendere, quindi. E sto sorridendo, mentre scrivo ciò. Perché vedi, se una sconosciuta qualsiasi pensa di poter arrivare qui e distruggere la mia corazza, be’, direi che sta sbagliando tutto. Ma grazie di cuore, per avermi permesso di farmi apprezzare ancora di più da quelle “4 ragazzine”. E ti salutiamo tutti assieme con la manina e un sorrisetto.
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Ho avuto un'infanzia meravigliosa. Con i monti e i torrenti e gli alberi e le lucertole assolati del mio Paesello. E Dio che ci sorvegliava, sonnacchioso dentro ai tabernacoli delle chiese, insieme alle vecchiette con la bocca piena di caramelle Rossana e canti sacri nella luce colorata che filtrava attraverso le vetrate della Matrice.
A undici anni, il declino. Abusato il primo anno di scuole medie da un compagno di classe pluri-ripetente. Mi costringeva a masturbarlo di fronte a tutti. Nessuno mosse un dito. Temo che qualche professoressa sapesse; ma meglio non andarsi a infilare in faccende più grandi di sé... soprattutto se ti ritrovi disgraziatamente a buscarti il pane nel quartiere più violento e feroce di Palermo, a pochi anni della guerra e delle stragi di Mafia. Nessuno si vergognò. Né l'abusante, né i compagni, né chi sapeva e non ha mosso un dito. In compenso mi vergognai io. Questo causò una timidezza patologica, una goffaggine che superava il ridicolo. E di conseguenza il bullismo, il male minore fra quelli sopportati, mi costrinse a chiudermi in casa. Ad uscire solo per andare a scuola e incontrare giorno per giorno il mio carnefice. Perché conoscevo già cos'erano i doveri. La mia famiglia mi ha sempre amato - le uniche persone ad averlo mai fatto - e li ho ripagati essendo sempre ligio ai miei doveri di figlio.
Le superiori andarono un po' meglio. Ma anche qui, amicizie superficiali che si basavano sulla simpatia che sucitava il mio essere goffo e ridicolo e brutto - avevo denti sporgenti e pesavo quanto una vacca - e per il resto cinque anni passati in casa a leggere narrativa fino alla nausea.
En passant: Prima e unica esperienza sentimentale. Rifiutato e umiliato.
Botta di culo. Passo i test di medicina. Volo a Pavia. Ci resto sei anni.
Il primo anno, fantastico. I miei sono lontani. Mi sento in diritto di mollare la presa sulle mie remore morali. Inizio a fumare tabacco e a bere, quasi ogni sera. Passo alla marijuana. Sembra la svolta. Ma dietro l'angolo c'è il baratro. Divento dipendente dall'erba - sì, gente, come si può essere dipendenti da quella porcheria che è il porno si può benissimo essere dipendenti da un fumo magico che fa svanire le proccupazioni - fumo fino a 15 canne al giorno; e le fumo solo, uscendo fuori dalle grazie di Maria. Dimentico che sto lì per studiare e inizio a mandare a troie la possibilità di laurearmi, dicendomi c'è tempo, e raccontandomi un fottìo di fregnacce. Ma sono consapevole delle fregnacce e per tre anni non faccio niente, se non spendere soldi in droga, vedere film d'essai su megavideo e masturbarmi fino a stordirmi, perdere i sensi e finalmente dormire.
Un gruppi di belle persone mi raccatta dal fango a 22 anni. Tra i 22 e 24 finalmente vivo, mi diverto, sono felice, quasi quasi mi viene pure voglia di studiare e dare una bella ordinata alla mia vita... ma i traumi dell'infanzia sono troppo pesanti e mi ammalo. Esordio psicotico acuto. Fottuto. Per 10 anni passo la vita, tra ricoveri, farmaci, psicologi, psichiatri, testi di roschark (o come cazzo si scrive) e le urla, i pianti e la depressione di tutti i miei familiari.
Per 10 anni lotto... e ne vengo fuori. Trovo lavoro a Milano, le miei poesie vengono pubblicate da una piccola casa editrice di Roma che crede in me, mi metto in forma, da dipendente pubblico ho tutte le agevolazioni del mondo e uno stipendio che farebbe invidia al mio psicologo.
Ma perché questa carrellata sulla mia vita? Perché ieri ho visto questo angolino di luce che mi sono costruito a calci e mozzichi e mi sono detto: non ho nessun diritto ad essere così fortunato. E pensavo a Gaza, all'Ucraina, alle carceri libiche, alla barista del mio paese morta a 40 anni, senza aver mai visto la Luce.
Fortunato? Porca Madonna, l'unica fortuna è essere nato in un paese del primo mondo, avere una famiglia che mi ama, ed essere molto meno stupido della media. Tutte cose niente affatto scontate. Ma la Fortuna, cazzo, è un'altra roba.
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Non coprirti...
A me piaci così come sei...
Non avere vergogna con me
Mostrati tutta, proprio come sei.
Tutta pazza, tutta intensa, bimba capricciosa a momenti, donna matura in altri.
Non avere vergogna con me
Io voglio essere il tuo compagno, non il tuo giudice.
Hai difetti? Quali? Io ne ho migliaia...
chi non ne ha?
Cicatrici? Smagliature? Cellulite? Io te le bacio tutte.
Con me non coprirti, indossa i vestiti che ami, o non indossarne affatto, non mi importa...
Mi piace la golosina, non l'involucro
Mi piaci tu!...
Punto.
Non avere vergogna con me...
Balla in pantofole, sorridi a viso lavato, gira per casa con i capelli in disordine.
Qual è il problema?
Piangi quando ne hai voglia, che io sarò lì per abbracciarti, o scoppi a ridere che io riderò con te senza sapere perché.
Con me sii te stessa, non trattenerti.
Non avere vergogna con me, perché ho ben chiaro che chi ti ha visto e ti ha lasciato passare non ha capito nulla.
-web
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Infondo cosa vuol dire divo? sono semplicemente Marcello.
Gli uomini della mia generazione sono cresciuti con miti di ogni natura, il divismo era un immagine mistica, onirica, negli occhi dello spettatore. Sognare rendeva leggeri, creativi, romanzieri. Lo ammetto a volte da ragazzo, da bambino, l'ho fatto anche io, ho usato i miei sogni, sceneggiato speranze e mi sono riscoperto a vivere molte vite ritrovandomi poi, con il successo, in una visione divistica negli occhi dello spettatore. Io, Divo! Infondo cosa vuol dire divo? sono semplicemente Marcello, la forma più concreta dell'uomo, nella sua bellissima e intera fallibilità. Sono il contrasto perfetto, più adeguato, più discutibile. Mi domando, come possa la gente trovare in me, un esempio di uomo da divizzare. Il divismo, forma-immagine così astratta in una realtà sostanziale da rifuggire. Ecco forse, cosa spinge a trovare in me il divo, una fuga che permetta leggerezza, quella sottile irraggiungibilità che alimenti la voglia e il desiderio, proprio come accade in amore. Ma divo io, non mi ci sento affatto. Privilegiato, fortunato, pubblicizzato sono aggettivazioni più opportune. I divi hanno temperamenti più spigolosi, definiti, a cui io sento di non appartenere, mi appartengono i mezzi toni, perché gioco in rimessa. Il divo è una figura eterea, e a me piace il concreto, prendere tutta la bellezza, io apprezzo il tangibile. Il divo elargisce sogni, io pezzi di cinica verità, mentre stai sognando. La differenza è sottile, intelligibile, dolcissima. Non sento di appartenere ad una immagine ma ad una riconoscibilità della stessa. Sento di essere entrato in un vortice, in una fenomenologia, ma ne rifuggo fortemente l'etichetta, la forma, il confine, il concetto, la sua volgarità sottile. È l'unico potere che ho, l'unico tratto più acuto, più spigoloso che mi concedo per difesa mentre tu, rimani a sognare.
#marcello mastroianni#best actor#latin lover#telefonamitra20anni#federico fellini#movies#biografy#storytelling#film photography#mastroianni marcello gif#moviegifs#original photographers#Spotify
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mi fa tanto male il petto e ho un enorme senso di vuoto, mi tartasso la testa con mille e più domande chiedendomi dove io sia finito e perché certe cose siano andate in un certo modo nella mia vita
per quanto alcuni fossero eventi dannatamente da rimuovere e brutti riuscivo ad affrontarli o quantomeno a reagire a essi anche in modo del tutto negativo e disfunzionale
ora invece vado per inerzia e non sento dannatamente nulla e qualsivoglia stimolo io cerchi o mi si pari davanti è come se un automa ci reagisse e non una persona
è come se avessi il pilota automatico, e non sto parlando di viversi o non viversi le cose, quanto più di sentirle io, che sia un esperienza lavorativa, di studio o un qualsivoglia rapporto sociale o relazionale
ora sento solo un male assurdo e a malapena mi si fanno gli occhi lucidi, solo per questo capisco che un minimo umano lo sono ancora, ma diamine io non mi ci sento affatto
non so nemmeno quello che sto facendo o se arriverò da qualche parte così facendo
tutt'ora, proprio come in passato non ho affatto voglia di stare in questo mondo e continuo a trascinare una carcassa ormai morta
magari non mi odierò più come prima è vero, né odio così tanto gli altri come prima o come voglio fare credere
semplicemente non ha più rilevanza nulla, quelle poche persone o cose di cui mi importa rischio di rovinarle al minimo fiato sbagliato o comunque non posso permettermi di fare anche solo il minimo sbaglio per quanto possano addirittura servirmi
non so più nemmeno io cosa sto dicendo, so solo che fa male e che mi mancano certe cose, alcune positive altre tremendamente negative di me e del mio passato
intanto il tempo passa, e ciò che rimane di me o del mio passato se ne va assieme a esso
che schifo, è tutto una dannata seccatura
quanto ancora reggerò senza perdere completamente il senno e abbandonarmi?
è già finito tutto da un pezzo
"mettermi d'accordo con la vita, fare un contratto con la mia solitudine, tutte queste cose non mi appartengono, non fanno per me, non è vero?"
forse tutto questo è vero per me, sono solo l'ombra e lo spettro di ciò che sono stato e sarei voluto essere, ma che non posso essere e che non sarò mai con queste condizioni
presto o tardi ci sarà un addio, cosa avrò combinato fino a quel punto? poco di buono e troppo lasciato in sospeso.
14/12/2023. 02:05
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NON AVERE VERGOGNA CON ME...
Non coprirti...
A me piaci così come sei...
Non avere vergogna con me
Mostrati tutta, proprio come sei.
Tutta pazza, tutta intensa, bimba capricciosa a momenti, donna matura in altri.
Non avere vergogna con me
Io voglio essere il tuo compagno, non il tuo giudice.
Hai difetti? Quali? Io ne ho migliaia...
chi non ne ha?
Cicatrici? Smagliature? Cellulite? Io te le bacio tutte.
Con me non coprirti, indossa i vestiti che ami, o non indossarne affatto, non mi importa...
Mi piace la golosina, non l'involucro
Mi piaci tu!...
Punto.
Non avere vergogna con me...
Balla in pantofole, sorridi a viso lavato, gira per casa con i capelli in disordine.
Qual è il problema?
Piangi quando ne hai voglia, che io sarò lì per abbracciarti, o scoppi a ridere che io riderò con te senza sapere perché.
Con me sii te stessa, non trattenerti.
Non avere vergogna con me, perché ho ben chiaro che chi ti ha visto e ti ha lasciato passare non ha capito nulla.
Dal web.
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Però avete anche un po' rotto, voi del "non me lo merito"...
Se qualcunə vi dà attenzioni, vi fa stare bene, significa che quel qualcunə ha voglia di farvi stare bene, vuole che voi vi sentiate amatə...
L'amore non è una questione di merito! L'amore se ne frega del merito! L'amore è sopra ogni cosa!
sai, è semplicemente questione di sincerità e trasparenza della volte. Invece di credere di essere sempre i migliori in tutto, quelli che non sbagliano mai, quelli che fanno tutto bene, delle volte si può anche avere paura dei propri errori e dei propri punti deboli. A me ha rotto la mania di essere perfetti che ormai va di moda, il fatto che sia "sempre colpa degli altri" quando qualcosa non funziona . Io penso per filo e per segno quello che hai scritto, ma possa anche pensare quello che ho scritto? L'amore va oltre il merito e su questo concordo, ma quando ciò avviene è sempre meglio farci caso, per evitare di dare per scontato quella persona che ci sta amando anche nei momenti in cui lo meritiamo meno. Io sono stata da entrambi i lati e so che significa quando ami qualcuno che è solo in grado di trattarti con sufficienza e che meriterebbe solo che tu ti metta in salvo e invece non lo fai e resti là, ma dall'altro lato viene dato per scontato, come se a te non costasse niente, invece costa tanto e non è affatto scontato. Quindi, sempre se posso esprimere il mio parere sul mio blog, quando sono io dal lato di chi sbaglia, me ne rendo conto e soprattutto riconosco che dall'altro lato c'è una persona che mi sta amando nonostante io non stia ricambiando allo stesso modo e questo mi serve per riconoscere il valore delle persone che ho accanto e per migliorare me stessa.
non capisco perché un concetto debba escludere l'altro.
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“Che c'è, Pietro, non sai cosa dire?”
“No.” Risposi con una vocetta appena udibile. Davvero non sapevo cosa cazzo dire. Guardai anche mia sorella, in cerca di una qualche illuminazione, di un appiglio qualsiasi, mi sarei aggrappato a tutto, pur di uscire indenne da quella pericolosa e niente affatto chiara situazione, ma lei rispose picche. Si voltò verso il televisore e mi lasciò solo contro tutti. Non voleva immischiarsi e non si sarebbe immischiata. Se se la prendevano con me, avrebbero lasciato in pace lei; la legge della giungla. Schifosa di un'egoista! Ma, alla prima occasione, me l'avrebbe pagata. Come si suona si balla.
“Allora, visto che non sai cosa dire,” Iniziò mio padre, “Lo faccio io per te. Ti racconto la mia parte di storia, quella che ho dovuto ascoltare stasera, prima di cena. Dopodiché sarai tu a raccontare la tua e bada bene di raccontarla tutta. E soprattutto precisa. Se mi accorgo che mi stai fregando, o soltanto me lo fai pensare, ti darò una di quelle strigliate che te la ricorderai finché campi. E potrai anche dire addio ai tuoi amici per tutta l'estate, visto che non ti farò più uscire di casa. Ci siamo intesi?” Dovetti acconsentire. Non è che fossi poi tanto d'accordo, ma cosa potevo farci? Avevo solo tredici anni. Comandava lui! Lui prendeva le decisioni e io le subivo. Non avevo alternativa. Per quanto riguarda il dove volesse andare a parare era ancora buio totale. Dovevo pazientare.
“Stasera, prima di venire a cena,” Iniziò, “mi sono incontrato al bar con Mario, il papà del tuo amico Sergio, abbiamo deciso di giocarci l'aperitivo a scopa. Una partita secca, chi perde paga, naturalmente. Consuetudine, lo facciano sempre. Ad un certo punto entra nel bar quella gran testa di cazzo dell'avvocato Terenzi…”
Quel cognome mi scoppiò in testa come una bomba a mano. Ora si che era tutto chiaro. Riuscivo a vedere solo disgrazie. Pensai al sangue che zampillava dal naso di Alberto Maria, il figlio dell'avvocato, pensai… Oh no! Peloroscio! Sembrava che si fosse ripreso, che stesse meglio quando lo avevamo lasciato al campo. Invece… Invece doveva essere morto, porco cane! Ecco perché mio padre era incazzato nero! Era finita! Sarei stato sbattuto in prigione per tutta la mia miserabile vita. Probabilmente anche i carabinieri sapevano già tutto e stavano venendo a prendermi. Forse i miei amici li avevano già rinchiusi. Ero disperato, avevo voglia di piangere. Gli occhi mi si arrossarono e iniziò a tremarmi il labbro inferiore. Era finita! Il vecchio se ne accorse, fece un mezzo sorriso di vittoria e proseguì: “Vedo che non sei del tutto stupido, che stai iniziando a riflettere. Ma non è ancora il tuo turno di parlare, prima devo finire io. Dicevo: entra nel bar l'avvocato Terenzi. Un fatto strano, perché quel figlio di una puzzola è tirchio come un genovese di origini ebraiche e, là dentro, non ci mette mai piede, neanche per un caffè. La cosa ancor più strana, però, è stata che, appena entrato, si è diretto deciso verso il nostro tavolo. Sputava fiamme come un drago. Prima ci ha vomitato addosso una catasta di insulti, almeno dal tono sembravano insulti, le parole non si capivano bene, quel borioso idiota parla una lingua che solo lui capisce. Ed è stata la sua fortuna, altrimenti sarei tornato a casa con una collana fatta con i suoi denti. Ma quando ha deciso di farsi capire, si è fatto capire bene e ci ha raccontato una storia. Una storia che tu dovresti conoscere bene e che, tra poco, sarai costretto anche tu a raccontare. L'avvocato ha detto che, giù al campo sportivo, tu e i tuoi amici siete saltati addosso a quel bastardo del suo adorato figliolo, lo avete caricato di botte e, non contenti, gli avete pure fregato il pallone. Adesso sta all'ospedale di Civita Castellana con il naso rotto e tutto gonfio. Un bel lavoro, non c'è che dire. Ha detto anche vi denuncerà tutti e a noi ci toccherà pagare una barca di soldi. Il Bastardo!”
Le lacrime trovarono finalmente la strada e sciamarono fuori. Un torrente di montagna dopo mesi di pioggia intensa. Portava con se un sacco di detriti, paura, rabbia, ma anche sollievo. A pensarci bene, soprattutto sollievo. Peloroscio non era morto e, per la seconda ed ultima volta nella mia vita, ne fui felice. Ero scampato di nuovo alla prigione. Subito dopo venne la rabbia. Ci mise un attimo a prendere il sopravvento.
“Non è vero!” Urlai “E’ un bugiardo! Bugiardo lui e bugiardo suo figlio! Il pallone era mio. Quello che mi hai regalato tu, quello di cuoio. Noi stavamo già giocando, poi è arrivato il figlio dell'avvocato, insieme a Peloroscio e a Ringhio, mi hanno gettato in terra e mi hanno fregato il pallone. Il mio pallone, non il suo!
"Se le cose stanno in questo modo, allora avete fatto bene a suonargliele. Domani mi sente quel lurido verme! Erano pure in tre i figli di bagascia. E tutti più grandi di voi.” Vidi lo sguardo del mio vecchio e capii che stava rispolverando l'idea della collana fatta con i denti dell'avvocato Terenzi. La cosa non mi dispiaceva affatto.
“Veramente, papà, non siamo stati noi a dargliele…”
“Ascolta, stronzetto, ho detto niente bugie! Cosa vorresti farmi credere? Che si sono picchiati tra di loro? Che il naso a quel prepotente figlio di prepotenti lo hanno rotto i suoi compari?”
“Non dico bugie! E non ho detto neanche questo! Il naso all'avvocatino lo ha rotto Pietro il Maremmano. E le ha suonate anche ai suoi amici. Anzi, solo a Peloroscio, perché Ringhio se l'è fatta sotto ed è rimasto paralizzato dalla paura.” Dissi tutto d'un fiato.
Mio padre non ci stava capendo più un cazzo. Guardò prima me, poi mia madre, che lo mise al corrente su chi fosse questo Maremmano, che lui non aveva mai sentito nominare, né aveva idea di chi fosse figlio, o dove abitasse. Volse ancora una volta lo sguardo verso di me e, con una calma che proprio non gli riconoscevo, disse: “Ascolta, piccolo, raccontami di nuovo tutto daccapo, senza tralasciare nulla. Poi deciderò il da farsi.” Ed io raccontai. Daccapo. Con dovizia di particolari. Dalla mattina. Raccontai delle biciclette, del pranzo, della partita e infine dello scontro. Il vecchio non mi interruppe mai. Si limitò a seguire il racconto, accompagnandolo con cenni di approvazione, o di disapprovazione, a seconda dell'evolversi degli eventi. Alla fine ero stremato. Stremato ma sollevato. Mi sentivo stranamente leggero. La paura era scomparsa. Mi sentivo bene.
La risata di mio padre piombò giù dalla cima del monte, come una valanga, con lo stesso frastuono e la stessa forza dirompente. Dapprima, io, mia madre e mia sorella, restammo pietrificati, poi ci lasciammo contagiare e fu risata liberatoria per tutta la famiglia. Non capivo bene cosa ci fosse tanto da ridere, ma me ne guardai bene dal protestare; poi era bello ridere tutti insieme. Non riuscivamo più a smettere e papà era quello che rideva più forte. Come suo solito, rideva e piangeva e menava delle manate sul tavolo e sulle mie spalle, facendomi anche male, ma non protestai.
“Certo che questo ragazzino deve essere un bel fenomeno!” Disse quando si fu calmato, “Hai detto che ha la tua stessa età, vero?”
“Si.”
“E ha lisciato il pelo a tre ragazzi più grandi di lui?”
“Si.”
“Davvero un bel fenomeno. Solo mi sfugge una cosa: nel frattempo, tu e quegli altri stronzetti dei tuoi amici, cosa facevate? Non gli avete dato una mano? Anche se, da quanto ho capito, non è che ce ne fosse bisogno. Casomai potevate darla a quegli altri tre perdigiorno!” E giù un'altra mitragliata di risate.
“No.” Risposi molto timidamente.
“No? E perché no? Se le avesse buscate?” Era di nuovo serio.
“Perché avevamo paura! Lui non è di qui. Lui non sa come vanno le cose. Quelli erano più grandi e quelli grandi si approfittano sempre dei piccoli. Guai a protestare. Non era la prima volta che ci fregavano il pallone. Lo fanno sempre. E se ti azzardi a protestare, giù botte.”
Aveva capito. Fece segno di si con la testa. Sicuramente anche quando era un ragazzino lui funzionava così. “Capisco, ci sono passato anch'io. E’ così che va il mondo, perdio! Pesce grosso mangia quello piccolo. E’ una legge di natura. Non ci sono santi. O, forse, no, sembra che il meccanismo si sia inceppato. Credo sia un buon segno.” Sentenziò. Si alzò dalla sedia, si infilò una camicia a quadri sopra la canottiera d'ordinanza, mi fece l'occhiolino e: “Infilati una maglietta pulita e andiamo.” Disse.
“Dove?” Chiesi. La paura stava tornando a farsi sotto. Non ero mai uscito con lui dopo cena.
“Voglio conoscere questo fenomeno del tuo amico. Subito.”
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E un'altra cosa l'ho capita: non posso rimandare sempre la vita.
Ho capito che io ho bisogno di ritagliarmi ogni giorno dei respiri di bellezza. Che non voglio dare al domani il mio sorriso, relegarlo sempre a un tempo definito.
Ho capito che le mie labbra non sono fatte per attendere il giusto momento: il fine settimana, le ferie dal lavoro, le feste comandate, le vacanze prestabilite. Che la mia anima ha bisogno di ossigeno quotidiano, acqua, di linfa, e che tutto questo nutrimento non mi viene a trovare, devo andare a cercarmelo.
Ho capito che non posso farne sempre una questione di tempo e di stanchezza. Anche perché spesso non sono davvero stanco, ma solo pigro, o triste. Ed entrambe posso curarmele con una dose di esistenza, di persone, e di ottime motivazioni.
E, per quanto riguarda il tempo, invece, sono convinto che quello che abbiamo in questa vita non sia affatto poco, è solo che ne sprechiamo tanto, in luoghi e con gente che in fondo non ci appartengono.
Ho capito che negli anni ho rivoluzionato il mio concetto di viaggio, e ho fatto bene. Perché non sempre ho disponibilità di giorni e danaro per visitare l'altra parte del mondo. Ma a volte basta posare due passi delicati in un paese vicino, quello silenzioso, deserto, dove regna la magia e l'abbandono. Basta perdersi in quei vicoli colmi di fiori sui balconi o negli occhi di un anziano che raccontano la storia, per sentirsi un po' più ricchi, per sentirmi parte di qualcosa.
Infine, ho capito che mi piace il nuovo, la novità, la scoperta, essere libero. E che non posso farmene una colpa se non riesco a rimanere per troppo tempo nello stesso posto. Sono fatto così, mi vado bene.
Io non sono capace di stare dove non posso esplorare, avere i miei spazi, conoscere, scoprire, prendere, partire. Io amo andare, ecco, e questo è l'unico modo che ho trovato finora per aver voglia di tornare.
- Gian Marco Manzo -
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Facciamoci rapire, per sempre.
Innegabilmente, il mio pene, è spesso il mio principale carnefice. Perché io stesso sono in suo possesso, e lui sa decidere cosa fare e non fare di me. Sono il suo schiavo? Quando lo decide, purtroppo, sì. Intendiamoci, io sono di una lucidità incredibile. Chi mi conosce (soprattutto nella “vita reale”) lo sa. Ma il mio segreto, quello che so solo io, è che lui ha un potere superiore. Un potere che sa guidarmi, nel momento in cui ciò viene deciso. Non condiziona la mia vita, affatto, ma sa insinuarsi. Sa divenire protagonista senza chiedermi il permesso. Sa stravolgere le mie serate, uscendo allo scoperto lì, davanti ai miei occhi. Con quel glande sempre troppo prepotente, che deve per forza scappellarsi per far vedere quanto è perfetto. Con quella grandezza, che colpisce l’occhio. E con quella durezza, che dona l’illusione dell’invincibilità. Non ho molti modi per fermarlo, pertanto mi arrendo a lui. Mi faccio possedere, incensandolo per la meraviglia che è. So come accarezzarlo, dolcemente, senza stravolgere il suo status. So come muoverlo, con le mie spinte, per apprezzarne l’ipnotica mobilità anche nel punto massimo dell’erezione. So guardarlo senza fare niente, godendone alla vista e basta. Ma so anche sbatterlo sul marmo, per sentire quanto diamine sia duro. Se io m’insinuo nei cuori, lui s’insinua nell’intimità, nell’erotismo femminile, nel peccato della carne. Lui dà vita ai laghi, stimolando le vagine. E io ai sorrisi, stimolando l’anima. Sarò sempre migliore di lui, ma al contempo ne manterrò sempre vivo il rispetto, la devozione. Sarò sempre grato. Mi ritrovo, semplicemente, al cospetto di qualcosa che è troppo bello. E non posso non tenerne conto. È un fatto, una sentenza. Potrei dire che spesso sia più un ostacolo, che un’opportunità. Vero, sì. Ma è anche una magnifica consolazione, un motivo per ricordarmi che mi basto. Certo, non raggiungo la perfezione perché quella fortunatamente non mi appartiene. È la mia fortuna. Perché se avessi anche la possibilità di accoglierlo nella mia bocca, allora non ce ne sarebbe più per nessuno. Ché amerei assaporarne tutte le sfumature, e i punti nevralgici. Riempirlo di saliva, sentirlo scivolare con la mia lingua attorno a lui. Avvolgerlo sempre più, il più possibile, fino a rischiare il soffocamento. Sarei affamato, non mi basterebbe mai. E mi farei schizzare tutto. Perché lui può, può ogni cosa. E ingoierei qualsiasi cosa lui decida di donarmi. Ché, uscendo da lui, non può che esser di ottima qualità. Viene voglia quasi di mordicchiarlo, quel glande. Di mangiarlo, per quanto è invitante. E io mi affido all’immaginazione pensando a quanto il mio risucchio farebbe rumore. A quanta saliva, copiosamente, lo ricoprirebbe. A quanto, immenso, sarebbe il godimento. Uno spettacolo che vivo nella mia mente, nei miei sogni, ma che visivamente riesco anche a vedere, a rendere reale. Lui sa che sono suo. Immagina se fossi sua anche tu, e se insieme ci facessimo rapire per sempre. La tua vagina impazzirebbe.
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io l'amore non ricordo com'è, non ricordo com'è la sensazione addosso. è come se fosse un ricordo così lontano da non potervi accedere, quasi fosse un ricordo d'infanzia. che poi, l'avrò davvero vissuto l'amore? l'amore vero, sano, degno di essere chiamato in questo modo? non so rispondere a questa domanda. sarà vero che mi sento già vecchia, ma in realtà son così giovane, ho ancora così tanto tempo davanti, così tante strade. forse, in realtà, mi manca e vorrei ricordare un qualcosa che non ho avuto affatto. e per non pensare più a questa mancanza e al dolore, ho vissuto tanto tempo e intensamente in un modo e in un mondo diverso, nuovo, estroso, che ho fatto totalmente mio. ho compensato, ne ho avuto bisogno, ne ho avuto una fame insaziabile. chi parte per un viaggio non torna mai come prima. e questo viaggio, tra amici e con aspettative ben precise, mi ha invece insegnato qualcosa in modi e momenti che non mi sarei mai aspettata. mi ha spinto lentamente a guardare di nuovo una parte di me che non ho più voluto guardare, a farla uscire di nuovo. io non voglio più questo mondo, voglio amare, voglio innamorarmi davvero, voglio conoscere una persona da amare, che mi lasci senza la possibilità e la voglia di porre scuse. una persona che, per quanta paura e difficoltà io abbia ancora oggi, mi ispiri il coraggio di superarle. non voglio più avere questa fame. ed è vero che bisogna impegnarsi per esser pieni prima da soli, ed è ciò di cui vivo ogni giorno, ma questo viaggio mi ha mostrato quanto le persone ci stimolino, ci ispirino. nessuno si salva da solo, è l'amore che ci cambia. l'amore è il motore del mondo. e io, forse, ancora non conosco questa persona, ma so che è già sulla strada per arrivare da me. per quanto lunga questa strada potrà essere, è solo questione di tempo. quella parte di me che non guardavo più era proprio lì dietro l'angolo, aspettava solo che fossi più pronta. solo più pronta, non pronta totalmente. ogni vero percorso è fatto di gradini, nessuna guarigione è veritiera se accade in un giorno. ho paura, son fragile, ma qualcosa è scattato, ho aperto gli occhi. sono sveglia, finalmente. bentornata giò, ce ne hai messo di tempo.
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Quando la psicologa, parlando della psicoterapia come terapia che apporta benefici o meno, mi chiese se avevo notato dei miglioramenti da quando abbiamo iniziato il percorso, la mia risposta spontanea in testa è stata: "perché avrebbero dovuto esserci dei miglioramenti?". Ma come si può pensare o farsi venire anche solo il dubbio che tre incontri possano apportare dei miglioramenti? Come si può pensare che io riesca a trarne dei benefici con soli tre incontri. Ho bisogno di almeno tre mesi e di un forte transfert per iniziare a far muovere qualcosa nella mia testa. Transfert che, mi sa, con le psicoterapeute femmine non riesce ad avvenire: mi sento più giudicata che dai maschi. Ad esempio parlare di sesso e dei relativi problemi non mi viene affatto spontaneo né ne ho l'intenzione e questo per due motivi: 1) non ho le forze mentali/la voglia di affrontarli; 2) non ho le forze mentali/la voglia di affrontarli con lei: sentire una voce femminile, squillante, parlare di un mio problema femminile (in quanto fica-dotata) è insopportabile anche solo da immaginare. Allora vorrei iniziare il prossimo incontro dicendo: "Salve, io sto bene grazie. Mi sono resa conto che non solo non mi fido di lei, ma diffido di lei in quanto femmina. Credo che sia subentrato un transfert negativo da parte mia". Un po' c'è il piacere di offenderla, un po' c'è il piacere di metterla in difficoltà in quanto professionista, un po' c'è il piacere di lasciarla spiazzata, un po' c'è la curiosità da parte mia di affrontare il problema del femminino in me. Il mio è un edipo al contrario, lo stesso edipo al contrario che si vede in Old Boy. Lì abbiamo un padre che si innamora, fa sesso, svergina sua figlia. Nessuno dei due sa di essere l'uno il padre dell'altra e viceversa. Lo viene a sapere prima lui e non vuole farlo sapere a lei, alla fine impazzisce. Chi viene ucciso qua? Nessuno. Il reale, forse: sceglie di dimenticare facendosi ipnotizzare. La scelta è di continuare un rapporto incestuoso del tutto immaginario negando il reale. Ma adesso sto divagando e ho perso il punto.
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Tutto questo è troppo
Sia chiaro a tutti: dire soltanto "assolutamente", senza aggiungere un sì o un no dopo, non vuol dire nulla. È la peggiore scorrettezza che si possa fare ai propri interlocutori, proprio da gaslighter - si dice così oggi, no?
Quindi, taglio corto e punterò su altro, piuttosto che sull'effetto sorpresa: troppo in entrambi i sensi, positivo e negativo.
Una settimana d'inferno, un'altra in purgatorio e poi, come Dio onnipotente, ho visto, nel progetto compiuto, il mio paradiso. E con ciò, soddisfo il mio bisogno di teatralità e inneggiamento religioso alle mie gesta del tutto gratuito e immotivato.
Ho dovuto lottare, tuttavia, per far valere un mio diritto, e questo è un fatto. A quanto pare, è stato visto anche di cattivo occhio da qualcuno - come se, invece, avessi voluto scavalcare alcuni e sfavorire altri. E invece, invece, ho solo cercato di essere trattato alla stregua di chi ci era già passato, ma con più tranquillità.
Mi è stato parlato di merito e io stesso, ad una certa, l'ho messa sotto questo aspetto. Oggi, che è tutto finito, la vedo sotto un'ottica un po' diversa e, come per molti altri aspetti, non la voglio più mettere sotto la luce della giusta moneta. Non solo, almeno. Perché è vero che un mondo ideale si baserebbe sulla meritocrazia, ma non ci sarebbe nemmeno l'arrivismo, in tale mondo ipotetico.
Quando tutto è finito, ho potuto constatare quanto critico sia e sia stato nei miei confronti, ma anche quanto egoista volessi e avrei voluto essere, al contempo: non solo ho pensato di non meritare tanti ostacoli, ma ho anche avuto la pretesa di pensare che, di tutti quelli che potessero essere nelle mie condizioni, io, proprio io, non avrei dovuto esserci. E questa non è affatto una bella cosa da pensare: chi è, invece, che merita le difficoltà? Magari, chi le genera agli altri, soprattutto per il solo gusto di farlo.
Per anni ho pensato, in viaggio su emotive montagne russe, di dovermi meritare il bene e dover fare in modo di non meritare il male. Come se poi le proprie azioni fossero la sovversione dell'eterno coin flip, che è il fato. E quando ho iniziato a coltivare il pensiero opposto, cioè che il caso è caso e bisogna cercare solo di averla vinta contro la stocastica, ho dato più di quanto dessi prima. Via agli alibi, niente più spazio a scuse e bias che fomentano l'immobilismo e le solite lamentele vuote. E così come l'ho detto a me stesso, l'ho detto agli altri. A volte apprezzato, a volte ignorato, altre disprezzato. D'altronde, bisogna saper accettare anche questo, specie quando i consigli sono non richiesti.
A chi dice che io non libero facilmente le mie emozioni: sento il perenne bisogno di tenerle a bada, talvolta così strette al guinzaglio da farle svenire o almeno stordirle. E poi, quando non ne temo più l'effetto, le lascio andare: se hanno ancora la forza di esprimersi, lo fanno liberamente. Altrimenti, se è troppo tardi, dalle loro ceneri nascono nuovi germogli, con la probabilità evoluzionistica di aver imparato qualcosa, oppure no, da quanto accaduto.
Ed ecco che, quando Davide ha battuto Golia, quando la voglia di non arrendersi è stata più forte della paura, ho sentito la bontà di tale soppressione: se mi fossi fatto prendere costantemente dalla rabbia, dal terrore, dalla delusione e dallo sconforto, oggi starei scrivendo parole completamente diverse.
Quello che ho detto in precedenza, purtroppo, resta: non riesco a cancellare le brutte emozioni che sono intercorse da fine settembre metà ottobre, nonostante la soddisfazione e la gioia, immense, vissute a valle di quella che è stata a tutti gli effetti un'avventura. Non riesco a scrollarmi completamente di dosso l'idea di non aver dato il massimo, di essere stato frettoloso e di aver raffazzonato, sotto molti aspetti, un lavoro che non solo doveva essere cruciale per il mio futuro, ma che mi è sempre piaciuto e che ho scelto con amore.
Eppure, l'applauso scrosciante e la platea di amici davanti a me, ad aspettarmi, è stato sorprendente. Infatti, la prima cosa che ho pensato è stata questa: è troppo, troppo per me.
I complimenti di tutti mi hanno inorgoglito, certamente, ma ho sentito come se fossero quasi d'obbligo: impossibile non farli, impossibile non pensarli, ma non per questo ponderati. Ci si complimenterebbe mai con un adulto normodotato di aver scritto il proprio nome con una penna? Eppure, la prima volta che un bambino scrive il suo nome su carta, con una grafia discutibile e con eventuali errori di ortografia, tutti gli applaudono e gioiscono - con lui e per lui.
Ecco, è qui che vivo il mio dualismo: dire che questo è troppo è al contempo un atto di umiltà, se si guarda l'aspetto banale, quello relativo al non meritare questo gesto in valore assoluto, e uno di superbia, se si ascolta la mia ammissione di colpa, cioè di non aver dato il massimo.
Concludo questo lungo, noioso, forse troppo mesto monologo: ho ringraziato più o meno tutti quelli che mi sono stati accanto in questi anni, dimenticando certamente qualcuno, e ho sentito che non fosse abbastanza.
Credo, a questo punto, di dovermi rendere grazie anche da solo e godermi i traguardi, anziché pensare a cosa è andato storto e cosa poteva andare meglio.
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Sono d'accordo con te, ha sbagliato totalmente nelle persone a cui si è rivolto e soprattutto sbaglia costantemente i modi dimenticandosi che comunque la fortuna di una serie la fa anche chi la guarda (direi per la maggior parte), per cui anche meno scagliarsi ogni volta contro il pubblico. Poi in merito alle clip, la rai avrà pensato fosse un bene farle uscire o far uscire prima gli episodi - cosa che comunque metterà inevitabilmente in giro altri contenuti - ma certamente non è responsabilità dello spettatore..se lo hanno fatto avranno avuto (spero) i loro buoni motivi, però certamente non è compito di chi guarda la serie opporsi a queste scelte e soprattutto se tutto ciò serve a tenere alto l'interesse, lui stesso dovrebbe esserne felice e se non lo è problema suo lol Credo che alla fine la rai stia cercando di trarre il massimo dall'interesse della gente per MF, anche con la scelta di mettere in anteprima gli episodi, però è normale che sia così..il prodotto piace e cerchi di "sfruttare" questo hype al massimo, è lui che dovrebbe accettarlo e smettere con queste storie.
Relativamente a Twitter concordo al 100% è tipo il male, io sto leggendo robe sul personaggio di Carmine che boh, gente che dice che lo rovineranno, che la serie diventerà una parodia delle prime stagioni, che se qualcuno è curioso della storia Carmine-Rosa allora non c'ha capito nulla e roba così che veramente mi fa passare la voglia di entrarci e commentare. Purtroppo non ci sono mezze misure su Twitter, ognuno ritiene di avere ragione anche quando si parla di una semplice serie (e non solo, purtroppo lo fanno letteralmente su tutto)..
(Scusami per i messaggi lunghissimi, non ho affatto il dono della sintesi 🥲)
Giuro l'unica cosa su cui concordo sul tuitter è quando dicono che il personaggio di Nina è stato bruciato, lei e GretaEsposito si meritavano il mondo perché hanno portato sulle spalle tutta la prima stagione e invece mo manco si ricordano più di lei. Per il resto sembra di stare al mercato comunale
Poi mi dà ancora più fastidio il fatto che da 4 clip e le sinossi pensino di aver capito tutto della trama, come se non sapessero che uno dei punti di forza della serie sia proprio il colpo di scena che stravolge tutto. Ma che ne sapete che Carmine e Rosa si innamoreranno davvero? Quello è uno stratega magari ci va dietro per distruggere i Ricci da dentro e si porta dietro Edoardo che ha capito che non quaglierà mai con loro perché non ha il cognome
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LARA
Lara è una donna di quarantanni, non bella, anche se presumo che in gioventù lo sia stata.
Piuttosto grossa, i seni pesanti ed un culone notevole. Mi è stata presentata, circa sei mesi fa, da un amico che l'ha avuta come collega di lavoro alcuni anni addietro e che, già da allora, la scopava spesso e volentieri.
Era inverno quando Stefano mi ha telefonato dicendomi che sarebbe passato a trovarmi con una sua amica. Io ero in casa a fare alcuni lavoretti e li ho ricevuti così come stavo, con una tuta da ginnastica sotto la quale non portavo neppure le mutande.
Dopo un caffé e quattro chiacchiere, ho appreso che da molto se la intendevano e che lei, che ora faceva la rappresentante, cercava sempre qualche occasione per assentarsi da casa e per finire con lui in qualche squallido alberghetto.
Mentre lei si era allontanata un attimo per andare in bagno, Antonio mi fece capire che, se volevo, potevamo giocarci un po' insieme.
Gli dissi che non mi piaceva, che non era affatto il mio tipo.
"Come vuoi “ disse lui.. “ma sappi che ti perdi un'esperienza coi fiocchi!"
Questo mi fece pensare che, forse, valeva la pena provarci e glielo dissi.
Quando lei tornò dal bagno e si sedette di nuovo sul divano tra noi due, Antonio le mise una mano su una coscia e le chiese che cosa volesse fare. Le sarebbe andato di fare l'amore con noi?
Dapprima lei fece un po' di storie; disse che, in fondo, mi conosceva appena.
Ma quella sua ritrosia, per nulla convincente, mi stava visibilmente eccitando.
Lei se ne accorse e infilò la lingua nella bocca di Stefano mentre con la mano destra cominciò ad accarezzare il mio cazzo duro da sopra il tessuto della tuta.
Io allentai il laccio che mi stringeva in vita i pantaloni e lasciai che fosse lei a tirarlo fuori. Poi staccando la bocca da quella del mio amico, si dedicò a succhiarlo avidamente. Sentivo la sua lingua calda scorrere sulla mia cappella mentre la mano mi accarezzava i testicoli. Stefano, intanto, si era sbottonato i pantaloni e li aveva calati intorno alle caviglie. Il suo cazzo era assai più piccolo del mio e, notai, non del tutto rigido. Lui però cercò di allargarle le cosce e scostandole le mutandine di lato di infilarlo nella fica. La posizione di lei, piegata sul mio cazzo, non consentiva movimenti così liberi ed io proposi di spostarci tutti sul letto. In un attimo eravamo nudi e mentre Stefano, finalmente, la stava scopando in fica, io avevo avvicinato il mio cazzone duro alla bocca di Lara affinché riprendesse a succhiarlo. La scena mi eccitava e presto le riempii la bocca con un getto di sborra calda che lei, golosamente, ingoiò.
Antonio, nel frattempo, si agitava furiosamente in mezzo a quelle grosse cosce ed all'improvviso lo sentii gemere e venirle nella fica. Ma lei, ancora, non aveva goduto e continuava a muovere il bacino supplicando di farla venire. Fu Antonio di nuovo ad accovacciarsi e a cominciare a leccarle la fica grondante. Questa scena mi fece tornare l'eccitazione e vidi il mio cazzo inturgidirsi di nuovo.
Mi avvicinai all'orecchio di Lara e le dissi: "Adesso ti voglio inculare"...."Un'altra volta“ fece lei, e per placare la mia voglia prese a masturbarmi e a succhiare di nuovo.
Dopo poco, sentii che il suo corpo si irrigidiva e cominciava ad ansimare sempre più forte. Capii che la lingua di Stefano stava facendo l'effetto sperato e, dopo un attimo, lei si sciolse in un orgasmo che la fece urlare come una maiala in calore.
Fu allora che anche il mio desiderio cominciò a liquefarsi e tirai fuori il mio pene dalla sua bocca per sborrarle sulla faccia.
Restammo un po' a riposarci e a chiacchierare, poi loro se ne andarono via ed io rimasi a pensare che, sì, mi ero divertito abbastanza.
Il giorno successivo, tornando dal lavoro, trovai un messaggio nella segreteria telefonica. Era di Lara che mi chiedeva di richiamarla.
Lo feci e lei mi disse che era stata felicissima di conoscermi e che non aveva dimenticato la promessa fattami.
"Ci sto pensando da ieri" disse.
"Ti riferisci alla mia voglia di incularti?“
"Si, a quella. Ne avrei tanta voglia."
"E allora perché non hai lasciato che lo facessi ieri?"
"Perché volevo essere in ordine, capisci? E adesso lo sono!"
Capii, naturalmente, a cosa si riferiva. La immaginai seduta sul water a spararsi un clistere dentro il culo per essere pronta a prendere il mio bastone di carne fino in fondo al suo budello.
"Posso venire a trovarti?" mi chiese.
Sentivo giá il mio uccello, duro come una pietra, gocciolare linfa vischiosa nelle mutande.
"Ti aspetto“ risposi. E riattaccai.
Mezz'ora dopo suonò al citofono, la feci salire e non ebbi neppure il tempo per chiederle se volesse qualcosa da bere; iniziò subito a spogliarsi ed a spogliare me, passandomi la lingua da capo a piedi.
Mi chiese di sdraiarmi sul letto a pancia in su e cominciò a leccarmi tutto iniziando dai piedi. Indugiò sul cazzo con un desiderio ed una voluttà che mi fecero temere di sbrodarle di nuovo in bocca prima che potessi prendermi quel culo immenso.
La scostai e la feci inginocchiare davanti a me. Vedevo le sue grandi natiche vibrare mentre le davo delle sonore pacche. Le spalancai divaricandole con i pollici e le osservai quel buco del culo grinzoso e umido.
"Bagnamelo un po“ mi disse “con la tua saliva."
Cominciai così a leccarle il culo fino a sentire il muscolo rilassarsi e allargarsi davanti a me. Immaginai che stesse spingendo, come se volesse defecare, perchè si aprisse e si mostrasse ai miei occhi.
"Inculami adesso" disse.
Presi allora il mio cazzo e sputai un po' di saliva sulla mia cappella. L'accostai al suo retto e cominciai a spingerlo dentro quanto più possibile.
Non un lamento, solo un lungo, intenso, mugolio di piacere. Quando le mie palle le toccarono le grandi labbra, quando il mio cazzo scomparve completamente nel suo culo accogliente, lei iniziò a masturbarsi mentre io, da dietro, pregustavo giá il momento in cui le avrei scaricato in corpo il succo delle mie palle.
Mentre la inculavo, con le mani le strizzavo i seni e le tormentavo i capezzoli. Ad ogni pizzico la sentivo trasalire. Il dolore la eccitava ancora di più. Allora, a mano aperta, cominciai a sculacciarla; grosse manate sulle natiche e ad ogni schiaffo la sentivo fremere. La pelle colpita stava diventando rossa e sensibile ed ogni nuova sculacciata sembrava darle rinnovato piacere. D'un tratto cominciò a tremare come una foglia, si irrigidì e si mise a venire tutto il suo piacere sul letto insieme ad uno schizzo incontrollato di urina.
Spinsi allora il mio cazzo con maggior vigore dentro di lei.
"Dimmi cosa vuoi! Dimmelo!“ le ordinai..."Sborrami nel culo, riempimi il culo del tuo sperma caldo, schizzami dentro!" Urlando.
Ed io, non potendo più trattenermi, cominciai a scaricare il mio cazzo dentro di lei grugnendo come un maiale e stringendole le natiche con le mani.
Quella fu la prima di tante successive inculate che Lara ha continuato a regalarmi in questi sei mesi, ed ogni volta quel suo culo smisurato viene riempito dal mio sperma con godimento di entrambi.
LARA
Lara is a forty-year-old woman, not beautiful, though I assume she was beautiful in her youth. Quite large, with heavy breasts and a remarkable big ass. She was introduced to me about six months ago by a friend who had her as a work colleague a few years ago and who, since then, had been screwing her often and willingly. It was winter when Stefano called me telling me that he would come to see me with a friend of his. I was at home doing some chores and I received them as I was, with a track suit under which I didn't even wear underpants. After a coffee and a chat, I learned that they had known each other for a long time and that she, who was now the sales representative, was always looking for some opportunity to be away from home and end up with him in some squalid hotel.
While she had gone away for a moment to go to the bathroom, Antonio made me understand that, if we wanted, we could play a bit together.I told him I didn't like him, that he wasn't my type at all. "As you like" he said.. "but know that you are missing out on a great experience!" This made me think that maybe it was worth a try and I told him so. When she returned from the bathroom and sat down on the couch between us again, Antonio put a hand on her thigh and asked her what she wanted to do. Would she have liked to make love with us? At first she made a little fuss; he said that, after all, he hardly knew me.
But his reluctance, not at all convincing, was visibly exciting me.She noticed it and slipped her tongue into Stefano's mouth while with her right hand she began to stroke my hard cock from above the fabric of the suit.I loosened the drawstring on my pants and let her pull it out. Then detaching his mouth from my friend's, he devoted himself to sucking it greedily. I felt his warm tongue running over my head as his hand caressed my testicles. Stefano, meanwhile, had unbuttoned his trousers and lowered them around his ankles. His cock was much smaller than mine and, I noticed, not entirely stiff. But he tried to spread her thighs and push her panties aside to insert it in her cunt. Her position, bent over my cock, didn't allow such free movements and I proposed that we all move onto the bed. In a moment we were naked and while Stefano was finally fucking her pussy, I brought my big hard cock to Lara's mouth so that she would start sucking it again.
The scene excited me and I soon filled her mouth with a stream of warm cum which she greedily swallowed. Antonio, meanwhile, wriggled furiously between those thick thighs and suddenly I felt him moan and cum inside her pussy. But she still hadn't enjoyed and kept moving her pelvis begging to make her come. It was Antonio who squatted down again and began to lick her dripping pussy. This scene made my arousal return and I saw my cock harden again.
I got close to Lara's ear and said: "Now I want to fuck you in the ass"...."Another time" she said, and to appease my desire she started masturbating and sucking again. After a while, I felt his body tense and he began to pant harder and harder. I realized that Stefano's tongue was having the desired effect and, after a moment, she melted into an orgasm that made her scream like a pig in heat. It was then that my desire also began to melt and I pulled my penis out of her mouth to cum on her face. We stayed for a while to rest and chat, then they went away and I was left thinking that, yes, I had enjoyed myself enough. The next day, when I returned from work, I found a message on my answering machine. It was from Lara asking me to call her back. I did so and she told me that she had been delighted to meet me and that she hadn't forgotten her promise to me. "I've been thinking about it since yesterday," he said. "Are you referring to my desire to bugger you?" "Yes, to that one. I really want to." "Then why didn't you let me do it yesterday?" "Because I wanted to be in order, you understand? And now I am!" I understood, of course, what he meant. I imagined her sitting on the toilet shooting herself an enema inside her ass to be ready to take my meat stick all the way down her gut. "Can I come to see you?" he asked me. I already felt my dick, hard as a stone, dripping sticky sap into my underpants. "I'll wait for you," I replied. And I hung up. Half an hour later the intercom rang, I made her go up and I didn't even have time to ask her if she wanted something to drink; immediately began to undress and undress me, running his tongue from head to toe. He asked me to lie face up on the bed and started licking me starting from my feet. She lingered on the cock with a desire and a voluptuousness that made me fear disgorging her again in my mouth before I could take that immense ass. I pushed her away and made her kneel in front of me. I could see her big buttocks vibrate as I patted her loudly. I opened them wide apart with my thumbs and looked at that wrinkled and wet asshole. "Wet it for me a little" he said "with your saliva." So I began to lick her ass until I felt the muscle relax and widen in front of me. I imagined that he was pushing, as if he wanted to defecate, for it to open and show itself to my eyes. "Fuck me now," he said. I then took my cock and spat some spit on my head. I brought it to his rectum and began to push it in as far as possible. Not a moan, just a long, deep moan of pleasure. When my balls touched her labia, when my cock completely disappeared into her welcoming ass, she started masturbating while I, from behind, was already anticipating the moment when I would have unloaded the juice from my balls into her body. While I buggered her, I squeezed her breasts with my hands and tormented her nipples. With every pinch I felt her wince. The pain turned her on even more. Then, with an open hand, I began to spank her; big slaps on her buttocks and with each slap I felt her quiver. The affected skin was turning red and sensitive and each new spanking seemed to give her renewed pleasure. Suddenly he began to tremble like a leaf, stiffened and began to cum all his pleasure on the bed together with an uncontrolled spurt of urine. I then pushed my cock harder inside her. “Tell me what you want! And I, unable to hold back any longer, began to unload my cock inside her grunting like a pig and squeezing her buttocks with my hands. That was the first of many successive butt fucks that Lara has continued to give me in these six months, and every time that huge ass of hers is filled with my sperm with the enjoyment of both.
LARA
Lara es una mujer de cuarenta años, no hermosa, aunque supongo que lo fue en su juventud.
Bastante grande, con pechos pesados y un culo grande notable. Me la presentó hace unos seis meses un amigo que la tenía como compañera de trabajo hace unos años y que, desde entonces, la había estado follando a menudo y de buena gana.
Era invierno cuando Stefano me llamó diciéndome que vendría a verme con un amigo suyo. Estaba en casa haciendo unos quehaceres y los recibí tal cual, con un chándal debajo del cual no llevaba ni calzoncillos.
Después de un café y una charla, supe que se conocían desde hacía mucho tiempo y que ella, que ahora era la representante de ventas, siempre estaba buscando alguna oportunidad para estar fuera de casa y terminar con él en algún hotel sórdido. .
Mientras ella se había ido un momento para ir al baño, Antonio me hizo entender que, si queríamos, podíamos jugar un rato juntos.
Le dije que no me gustaba, que no era mi tipo en absoluto.
"Como quieras" dijo... "pero debes saber que te estás perdiendo una gran experiencia".
Esto me hizo pensar que tal vez valía la pena intentarlo y así se lo dije.
Cuando volvió del baño y volvió a sentarse en el sofá entre nosotros, Antonio le puso una mano en el muslo y le preguntó qué quería hacer. ¿Le hubiera gustado hacer el amor con nosotros?
Al principio hizo un pequeño alboroto; dijo que, después de todo, apenas me conocía.
Pero su desgana, nada convincente, me emocionaba visiblemente.
Ella lo notó y deslizó su lengua dentro de la boca de Stefano mientras con su mano derecha comenzaba a acariciar mi dura polla por encima de la tela del traje.
Aflojé el cordón de mis pantalones y dejé que ella lo sacara. Luego, separando su boca de la de mi amigo, se dedicó a chuparla con avidez. Sentí su cálida lengua recorriendo mi cabeza mientras su mano acariciaba mis testículos. Stefano, mientras tanto, se había desabrochado los pantalones y se los había bajado hasta los tobillos. Su pene era mucho más pequeño que el mío y, noté, no del todo rígido. Pero trató de separar sus muslos y apartar sus bragas para insertarlas en su coño. Su posición, inclinada sobre mi polla, no permitía tanta libertad de movimientos y le propuse que todos nos acercáramos a la cama. En un momento estábamos desnudos y mientras Stefano finalmente le estaba follando el coño, llevé mi gran polla dura a la boca de Lara para que comenzara a chuparla nuevamente. La escena me excitó y pronto le llené la boca con un chorro de esperma caliente que tragó con avidez. Antonio, por su parte, se retorcía con furia entre esos gruesos muslos y de pronto lo sentí gemir y correrse dentro de su coño. Pero ella todavía no había disfrutado y seguía moviendo la pelvis rogando que la hiciera correrse. Fue Antonio quien se agachó de nuevo y comenzó a lamerle el coño chorreante. Esta escena hizo que volviera mi excitación y vi que mi polla se endurecía de nuevo. Me acerque a la oreja de Lara y le dije: "Ahora quiero darte por el culo"...."Otra vez" dijo, y para calmar mi deseo empezó a masturbarse y mamar de nuevo.
Después de un rato, sentí que su cuerpo se tensaba y empezó a jadear más y más fuerte. Me di cuenta de que la lengua de Stefano estaba teniendo el efecto deseado y, después de un momento, ella se fundió en un orgasmo que la hizo gritar como una cerda en celo. Fue entonces cuando mi deseo también comenzó a derretirse y saqué mi pene de su boca para correrme en su cara. Nos quedamos un rato a descansar y charlar, luego se fueron y yo me quedé pensando que sí, que me había divertido bastante. Al día siguiente, cuando regresé del trabajo, encontré un mensaje en mi contestador automático. Era de Lara pidiéndome que le devolviera la llamada. Así lo hice y ella me dijo que había estado encantada de conocerme y que no se había olvidado de su promesa. "He estado pensando en eso desde ayer", dijo. "¿Te refieres a mi deseo de joderte?" "Sí, a ese. Realmente quiero". "Entonces, ¿por qué no me dejaste hacerlo ayer?" "Porque quería estar en orden, ¿entiendes? ¡Y ahora lo estoy!" Entendí, por supuesto, lo que quería decir. La imaginé sentada en el inodoro inyectándose un enema dentro de su trasero para estar lista para tomar mi palo de carne hasta el fondo de su estómago. "¿Puedo ir a verte?" él me preguntó. Ya sentía mi polla, dura como una piedra, goteando savia pegajosa en mis calzoncillos. "Te espero", respondí y colgué.
Media hora después sonó el intercomunicador, la hice subir y ni siquiera tuve tiempo de preguntarle si quería algo de beber; Inmediatamente comenzó a desvestirme y desvestirme, recorriendo su lengua de pies a cabeza. Me pidió que me tumbara boca arriba en la cama y empezó a lamerme empezando por los pies. Se demoró en la polla con un deseo y una voluptuosidad que me hizo temer correrme de nuevo en mi boca antes de poder tomar ese inmenso culo. La empujé y la hice arrodillarse frente a mí. Pude ver sus grandes nalgas vibrar mientras la palmeaba ruidosamente. Los abrí bien separados con mis pulgares y miré ese ojete arrugado y húmedo. "Mójamelo un poco", dijo, "con tu saliva". Así que comencé a lamerle el culo hasta que sentí que el músculo se relajaba y se ensanchaba frente a mí. Imaginé que empujaba, como si quisiera defecar, para que se abriera y se mostrara a mis ojos. "Fóllame ahora", dijo. Luego tomé mi polla y escupí un poco de saliva en mi cabeza. Lo llevé a su recto y comencé a empujarlo lo más lejos posible. No un gemido, solo un largo y profundo gemido de placer. Cuando mis bolas tocaron sus labios, cuando mi polla desapareció por completo en su acogedor culo, comenzó a masturbarse mientras yo, por detrás, ya anticipaba el momento en que descargaría el jugo de mis bolas en su cuerpo. Mientras la enculaba, apretaba sus pechos con mis manos y atormentaba sus pezones. Con cada pellizco la sentí estremecerse. El dolor la excitó aún más. Entonces, con la mano abierta, comencé a azotarla; grandes palmadas en sus nalgas y con cada palmada la sentía temblar. La piel afectada se estaba poniendo roja y sensible y cada nuevo azote parecía darle un placer renovado. De repente empezó a temblar como una hoja, se puso rígido y empezó a correrse todo su placer sobre la cama junto a un chorro de orina descontrolado. Luego empujé mi polla más fuerte dentro de ella. "¡Dime que quieres! Y yo, sin poder contenerme más, comencé a descargar mi polla dentro de ella gruñendo como un cerdo y apretando sus nalgas con mis manos. Esa fue la primera de muchas sucesivas cogidas a tope que Lara me ha seguido dando en estos seis meses, y cada vez que ese enorme culo suyo se llena con mi esperma con el disfrute de ambos.
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