#doveva piovere
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è ufficialmente primavera anche da me
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È tre ore che doveva iniziare a piovere, quanto scommettiamo che verrà giù nell'esatto momento in cui finirà la lavatrice e io dovrò uscire per prendere i panni?
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si ma io vado in ferie tra qualche giorno ma che kitemmuort proprio mo doveva iniziare a piovere io non ho capito ja mannacc o bucchin lo sapevo
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Come ogni Epifania, a me viene il nodo in gola per la malinconia di quando bambina passavo il cinque gennaio a girare per casa ripetendo tutto il giorno la filastrocca di nonna che, "magicamente", faceva piovere caramelle (o cipolle, se eri stato cattivo). Tutto il giorno finché non smettevano di assecondarmi usando come scusa "la Befana ha iniziato a fare il suo giro, non può passare a tirarti le caramelle".
E mi è tornata pure in mente, quella Befana di molti molti molti anni fa, avrò avuto al massimo sei anni ed eravamo tutti a casa dei nonni, mancavano solo mio padre che era a fare il turno di notte al porto e la mia zia preferita. Quando bussarono alla porta, io ero allo stesso tempo felice e spaventata di andare ad aprire a quella vecchina vestita con abiti consunti che volava su una scopa portando dolci e giocattoli. Aveva un foulard a fiori in testa, lo ricordo ancora, e camminava tutta gobba mentre le facevo strada verso il salotto per farla sedere, doveva essere stanca dopo aver volato tutta la notte. Quell'anno mi portò una calza e un piccolo peluche a forma di papero germano da parte della mia zia preferita, seguito dalla domanda "chi è la tua zia preferita?" a cui, da sempre e per sempre, c'era un'unica risposta. Certo, avrei dovuto capire da quella domanda che a fare la Befana (o meglio, la pefana come dialetto vorrebbe) era la mia zia preferita, ma per me era tutto così magico che il pensiero neanche mi sfiorò.
È quella magia che mi manca, quella che vorrei ritrovare anche solo per un momento alzandomi domani e trovando una calza, che poi andrebbe pure bene un calzino pulito con dentro un Kinder cereali per farmi felice.
E invece non c'è più la magia, non ci sono più le calze piene di docli, non c'è più la Pefana a bussare alla porta ogni cinque gennaio, non c'è più neanche la zia A. a chiedermi "chi è la tua zia preferita?" sapendo che risponderei lei.
E forse, ogni tanto, non ci sono più neanche io.
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E se ste sfighe fossero venute una dopo l'altra dopo un piccolo gesto?
22 settembre 2024 - 8 scorpivs 220
Primi 2 giorni/sol da volontario a supporto dellɜ studentɜ stranierɜ che vengono a studiare nella mia università. Il primo è stato abbastanza noioso, perché ho scambiato parole con poca gente, ma il successivo mi sono sbloccato. Giovedì/sol jovis eravamo in pausa caffè e, nel non aver inclinato bene la brocca, mi sono versato il caffè bollente sulla mano, sporcando tutto. Tra l'altro in quei giorni lì avrei dovuto iniziare a prepararmi il caffè da solo con la moka, ma il fornelletto piccolo non ne voleva assolutamente sapere di accendersi (le scintille però c'erano). Con la scusa di aver attirato l'attenzione di uno studente di Vaasa col mio incidente, mi son messo per la prima volta a scambiare due chiacchiere sui corsi che frequentavamo. Tali chiacchiere proseguirono nella pausa pranzo, che non mi aspettavo si svolgesse in realtà al ristorante all'ultimo piano dell'albergo! Tuttavia quel giorno era capitato addirittura un professore israeliano a tenere lezione. Tra l'altro, per come sta messo il mio ateneo, quasi non mi sembra così inaspettato dato che era stata respinta qualsiasi richiesta dellɜ manifestanti nel periodo dell'Acampada. Non mi andava affatto di aver vicino questa persona, tanto che quando ci ha salutatɜ tuttɜ dopo pranzo non gli strinsi la mano ma gli feci cenno di saluto. Sarà una quisquilia, ma secondo me ha contato qualcosa. Mentre lɜ altrɜ erano partitɜ per Taormina, mi sono incamminato per casa e sorpresa delle sorprese, viene a piovere! Un bell'acquazzone non previsto che mi ha praticamente trattenuto presso un kebabbaro perché era il rifugio asciutto più adatto nel punto dov'ero. Per fortuna a un certo punto aveva smesso di piovere, e sono riuscito a tornare a casa.
Venerdì/sol veneris faccio ritorno a casa. Il pullman era mezzo vuoto, senza colmarsi all'aeroporto, con l'aria condizionata, mi aspettavo un bel viaggio tranquillo. E invece no! Un'auto aveva fatto un incidente sulla statale, nei pressi dell'aeroporto, e il pullman è rimasto in coda per tipo 2 ore! Solo per aspettare che arrivassero i mezzi per spostare l'auto incidentata. Anzi, un'attesa tanto lunga aveva fatto pensare al peggio soprattutto il povero autista, che temeva che quell'incidente fosse stato fatale e che quindi dovevamo aspettare chissà quando perché doveva arrivare il magistrato. Per fortuna non fu così, e prima di polizia e vigili se n'era andata dal luogo dell'incidente proprio l'ambulanza che probabilmente doveva trasportare l'autista ferito. Insomma, arrivo a casa dei miei con ben 3 ore di ritardo e dovetti fare tutto di fretta prima di andare dall'estetista a farmi la parte davanti del torso. Nonostante il dolore in alcune parti del corpo, sono riuscito a reggere la sessione, e finalmente mi son meritato il mio bel pranzetto d'asporto riscaldato da mamma. Tra l'altro proprio quel venerdì/sol veneris seppi da mia madre che finalmente erano arrivate le graduatorie tanto sperate. E l'unica cosa che devo fare è accettare la sede prima di ripartire per un viaggio coi miei.
Di sabato/sol satvrnii, invece, capita che il pomeriggio vado alle Mura Timoleontee per assistere a un evento di mio interesse: l'esibizione di un violinista celebre a livello locale (bravissimo tra l'altro, certe cover col violino erano da paura) alla quale seguiva una visita notturna alle mura con tanto di figuranti vestiti da antichi greci a narrare il passato della mia città. Purtroppo non potei assistere alla seconda parte della serata perché nel frattempo mi stavano chiamando per venire da mio nonno a mangiare la pizza. E dopo la pizzata venne la notte, l'ora delle riflessioni personali, sulla sessualità e sull'espressioni di sé. No, non parlo di momenti di eccitazione, ma proprio di riflessione sul come si reagisce a determinati stimoli e a cosa possono essere dovuti, dato che la sessualità è praticamente legata a doppia mandata alla psicologia. Tale riflessione non la pubblicherò in questa sede in quanto ho altri spazî per farlo.
Nel frattempo ho accettato la sede e domani vedo cosa devo fare dopo
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ti pareva se non doveva iniziare a piovere cazzo
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Cento modi di lanciare un cancellino: alle nuvole
Silvia era meteoropatica e quello, il cielo, lo sapeva.A metà ottobre era chiaro che pioveva. Ma il cielo si riservava la facoltà di piovere anche ad aprile, a volte anche in pieno agosto, e, senza alcun rimorso, persino tra maggio e giugno.Quel giorno Silvia doveva vedersi con un ragazzo che aveva incontrato al corso di pittura e che le aveva chiesto un caffè, non dipinto.Era molto…
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Il senso del grigio
Meccanismo di difesa: l’espressione di per sé mi ha sempre affascinato, non mi fa pensare a ingranaggi impegnati in una danza bensì a un enorme portone di ferro che si chiude, tutt’al più al frenetico tentativo di accorpare vecchi stracci in una cassapanca che non si apre più. Immagino così il mio cervello, affaticato mentre cerca di nascondere la cosiddetta polvere sotto il tappeto… mentre cancella la mia infanzia per evitarmi ulteriore dolore. Il cervello umano è a dir poco affascinante, protegge l’anima e il corpo cercando di nascondere i brutti ricordi così da permetterci di vivere meglio: siamo portati a pensare che il suo maggiore impegno sia archiviare e riproporre i ricordi, invece sa quanto sia importante a volte dimenticare. La rimozione è proprio un potente meccanismo di difesa… ed è qualcosa che io conosco bene.
Non è infallibile, ahimè. In periodi particolari, come quello che sto vivendo, certe dinamiche risvegliano i ricordi ed è per questo che sono settimane che non dormo bene. Erano anni che non sognavo e ora sogno tutte le notti, letteralmente, e tra le assurdità oniriche purtroppo ci sono spesso i ricordi della mia infanzia e adolescenza. Tra questi, uno mi ha lasciato perplessa: ho ricordato una particolare mattinata al liceo, quando l’insegnante dell’epoca chiese alla classe in un momento di pausa quale fosse il colore che proprio non ci piaceva; una mia compagna in particolare insisteva che il colore più brutto e insignificante fosse il marrone, la professoressa concordava. Al solito, io non dissi nulla, neanche avrei avuto spazio per commentare e se lo avessi fatto molto probabilmente nessuno avrebbe ascoltato o peggio ancora mi avrebbero preso in giro tanto per cambiare… e neanche ci pensai.
Uscita da scuola, nei minuti di passeggiata che mi concedevo lì attorno per tardare il più possibile il ritorno a casa, pensai alla questione dei colori… e probabilmente la mia risposta sarebbe andata sul grigio. Era gennaio, faceva freddo e minacciava pioggia, mi guardai attorno a Port’Alba e pensai che quel periodo dopo le feste natalizie, concentrato soprattutto sul primo mese dell’anno, era caratterizzato proprio dal colore grigio, era attaccato alle pareti dei palazzi. Pensai che il grigio fosse la via di mezzo tra bianco e nero e non riuscii ad apprezzarne l’equilibrio, sono sempre stata meteoropatica e detestavo il grigio del maltempo perché la pioggia nelle case in cui sono vissuta ne sottolineava la fatiscenza. Il grigio divenne il colore che non amavo, non ne trovavo il senso mentre tutti gli altri colori avevano per me collegamenti interessanti con la natura; persino il suddetto marrone, che mi ricordava la preziosa terra e il gustoso cioccolato. Il grigio non aveva senso per me neanche rapportato al cibo, non a caso spesso la muffa tendeva a quel colore ed era quinti la tappa del viaggio che rendeva marcio un buonissimo frutto.
In quei pochi giorni, sprazzi di “vacanza” (sempre intossicata, tanto per cambiare) di qua e di là, che ci concedevamo nella mia cosiddetta vecchia vita… il maltempo era una autentica tragedia. Ho sempre odiato la pioggia ma alla riva del mare i nuvoloni tempestosi mi lasciavano una strana sensazione di benessere… che non ho mai approfondito per via della collera perenne di mia madre, che gridando mi trascinava via come se il temporale potesse inghiottirmi. Come se le fosse cara la mia esistenza. Non ho mai approfondito… fino a questi giorni d’estate 2024.
A mare vado spesso da sola, in un lido che frequento oramai da anni. Avevo controllato il meteo e doveva reggere… e invece, neanche il tempo di aprire l’ombrellone, quella mattina iniziò a piovere. Iniziai a sbuffare, scocciata che il primo giorno di relax estivo non mi permettesse di abbronzarmi sotto il mio amato sole. Il Vesuvio dal mio lettino sembrava sparire secondo dopo secondo dietro dei nuvoloni… grigi. La pioggia si fece forte, io restai sotto l’ombrellone. Ero serena. Presi il libro che avevo portato dietro e alternavo le righe dei fogli allo spettacolo bigio del mare di fronte a me. Andai a farmi un bel bagno sotto la pioggia, ero liberamente felice. Telefonai a Dario ridendo, raccontandogli che fossi l’unica su tutta la spiaggia, e restai fino a chiusura.
Io non ho rivalutato il grigio, in realtà l’ho sempre apprezzato. Mi ricorda le mie amate perle, è elegante, ha mille sfaccettature di suo, è il colore dell’argento ed è la tinta che si accosta alla preziosa vecchiaia. Avevo solo bisogno, tanto per cambiare, di equipararmi agli altri, di sentirmi una adolescente con un pensiero critico da formulare ed esprimere. Il grigio è il colore secondo me di gennaio, per me in altra sfumatura lo è non so perché della mia adorata Pasqua, lo percepisco nelle nuvole del periodo primaverile che accompagna il mio compleanno e precede la bella stagione. Amo l’estate e il caldo (pensiero per molti non condivisibile, lo so), odio l’inverno e il freddo… ma da quando ho altri vetri attraverso i quali guardare la pioggia, le stille diventano ticchettii di pace, non mi fa più paura la tempesta.
In ogni senso.
Soprattutto, nel senso del grigio.
Emilia Sensale
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48. (Morning in the club)
Non era quello che voleva, checché ne avesse pensato. Gli odori si mescolavano. Quello dei fondi di caffè. L'odore del fumo sulle tende. Ancora non era andato via e a quest'ora del mattino e così stantio dava fastidio. L'odore dei liquori mescolato a quello del detersivo. Non era romantico. Era un lavoro di merda, e il fatto che non fosse a casa sua, a lavare piatti, non lo rendeva diverso. Almeno dopo un po' che si faceva. Diventava tutto uguale, anche il club. Persino i sogni di giorno erano diversi, piatti sporchi da lavare nell'acqua fredda. C'era una fettina di limone strizzato. Le faceva pena. Doveva strofinarsi la fronte, ma con l'unghia si prese l'occhio e cominciò a lacrimare. Lacrimava parecchio, lacrime asciutte senza dolore dentro, ma cazzo non riusciva più a vedere bene il bicchiere che aveva in mano. Allargò l'occhio per cercare di mettere a fuoco. La sera si ricordò di questo fatto. Certo che era efficiente. il suo corpo era efficiente. Freddo, distaccato, ma anche partecipe. In un certo senso appassionato. C'era un problema e l''occhio aveva fatto. Lei aveva fatto. Uscì sul balcone. Aveva smesso di piovere. Si chinò a guardare le piante, mai verdi abbastanza. Sul travertino del parapetto c'erano delle bolle d'acqua che stando dritta non aveva notato. Sfocò l'occhio. Un'altra volta. Sulla bolla, ci voleva attenzione per notarlo, galleggiava un piccolo filo di polvere, di granelli infinitesimi e neri. Sembrava un decoro. Pensò ai suoi tatuaggi. Sembrava un quadro, quel filo sulla bolla. Ci stava bene. Un ghirigoro, una lettera araba. Corse a prendere la digitale, prima che il sole lo asciugasse. Lo portasse via. Che a volte bastava una cosa come quella a salvare una giornata.
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Questo è un messaggio per i posteri:
Eccomi qui alle tre meno venti a fare l'ultima cosa della giornata: stendere. Come ogni santissima volta, l'atto pratico della mia personale lotta contro l'inutilità dei metereologi. Già normalmente non ne azzeccano mezza, figuriamoci durante marzo pazzerello. Eccomi, quindi, a stendere dopo aver consultato vari siti secondo cui per alcuni non pioverà fino alle sei del pomeriggio, per altri sta già piovendo ora (spoiler: no) e per altri ancora ci sarà pioggia ininterrotta da ora fino a chissà. È due giorni che doveva iniziare la pioggia. È due giorni che non stendo. È due giorni che c'è il sole. Lascio queste parole così che se non mi sentirete più il motivo è semplice: ha iniziato a piovere durante la notte. E durante la notte qualche metereologo ha pagato.
A domani, si spera.
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LA MELA
Una volta dovevo suonare in una nota città, alla villa comunale, ma nonostante si sapesse che pioveva e il concerto sarebbe stato annullato, data l'amicizia con l'organizzatore, che si voleva stare un po' insieme, andai lo stesso.
Ovviamente cominciò a piovere proprio appena prima, ma facendo un po' caldo si pensava che magari si riuscisse comunque a fare qualcosa, ma la pioggia persisteva e allorché si decise di andare un un posto al chiuso che aveva il comune, il dipendente che lo gestiva però, forse in vacanza, non si trovava.
Si fece ora di cena e andammo in quella che doveva essere la festa del festival, con l'idea che magari si sarebbe riusciti a suonare lì qualcosa, ma era più solo l'idea.
Si svolgeva in campagna, un po' in collina, per arrivarci ci abbiamo messo un po', ed era in una vecchia casa che i ragazzi usavano anche per le riunioni organizzative.
Bella festa, gente che suonava in soggiorno, in cucina, ma tutte cose senza amplificazione e quindi volendo inserirsi nelle improvvisazioni con gli altri con i sintetizzatori non era realizzabile.
C'era da bere, un po' di cose da mangiare e girando tra le varie stanze cominciai a fare amicizia.
Ad un certo punto, mentre si conversava, una ragazza molto bella, che stava da tutta la sera attaccata al fidanzato, prende una mela, rossa, e la morde guardandomi. Era riuscita a trovare il momento in cui tutti erano presi nelle conversazioni per farlo, ma la provocazione, che non era rivolta a me, ma a far ingelosire, sembrava non offrire interesse a nessuno. Allora mi sono sentito di aiutarla e dissi
"Vuoi fare peccato?".
Tutti smisero di parlare, di bere, cercando di capire cosa stava succedendo e soprattutto la tipa, che non si aspettava minimamente di trovarne uno che gli rigirava con tanta efficacia la cosa.
Con molto imbarazzo, lentamente, ricominciarono a suonare e l'organizzatore disse che era meglio se andavamo
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Flash
Era una giornata come tutte le altre. Sole al mattino, pioggia nel tardo pomeriggio. Stava continuando a piovere nel tardo sera ma Malina non poteva aspettare oltre, doveva vestirsi e uscire. Il termometro fuori dalla finestra segnava 12 gradi, pochini. Guardò dentro l’armadio, ogni volta era la solita storia; una grande quantità di vestiti ma la scelta ricadeva molto spesso su di una maglietta…
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Ho sognato innanzitutto una situazione un po' intricata e fuori legge, inquietante e fuori di testa, con la presenza di una mia collega del ristorante. Io e altri due uomini ci cercavamo a vicenda con l'intenzione di recuperare o di far sparire delle prove, sembrava un tutti contro tutti. Non so esattamente cosa fosse successo ma non è normale che io abbia quasi torturato un uomo. La mia collega del ristorante è comparsa fresca e tranquilla con una videocassetta in mano. Le ho preso l'oggetto sapendo che non doveva finire nelle mani degli altri due. Ho visto dei ragazzi nelle stanze vicine, sembrava una scuola con un cortile interno a forma di corridoio. Questi giovani hanno assistito alla scena un po' teatrale di me che distruggevo la videocassetta a mani nude, allungando le braccia fuori la finestra che dava sul cortile, mentre iniziava a piovere. Dopo questo avvenimento io e gli altri due uomini ci siamo visti ancora in giro, facendo finta di niente, con un certo disagio. Comprensibile direi.
L'ultima parte del sogno è stata la più bella. C'era anche uno dei miei amici. All'inizio ero non so dove insieme alla donna che vedevo come mia compagna. Aveva i capelli mossi, castani, lunghezza spalle. Indossava un vestito di corte medievale, arancione. 🧡 La tenevo vicina a me mentre mi parlava sorridendo con lo sguardo basso. Ho proprio pensato: "quanto bella?". Dopodiché mi sono ritrovato in uno studio medico al sesto piano di un palazzo, lei doveva fare un qualche tipo di controllo. Il mio amico era nella stessa nostra sala d'attesa, dalla parte opposta. Sembrava abituato a quell'ambiente rispetto alle altre persone presenti, tanto da indicare di alzarsi per mettersi in coda. La mia compagna era già entrata in un'altra stanza, e io la aspettavo.
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La sfiga è, quando vai sul terrazzo (nel tuo giorno libero) per prendere un po’ di sole, ed invece inizia a piovere.
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