#dolci portoghesi natale
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lillyslifestyle · 10 months ago
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24 dolci natalizi portoghesi
In molti avete apprezzato il calendario dell'avvento 2023 e, in molti, mi avete scritto di conoscere o meno quei dolci. Ho pensato quindi di compilare questa lista, delle 24 proposte che ho pubblicato per il calendario sulle mie reti sociali.
In molti avete apprezzato il calendario dell’avvento 2023 e, in molti, mi avete scritto di conoscere o meno quei dolci. Ho pensato quindi di compilare questa lista, delle 24 proposte che ho pubblicato per il calendario sulle mie reti sociali Facebook e Instagram, per coloro che non hanno avuto la possibilità di scoprire queste dolcezze locali. QUANTI DOLCI DI NATALE CI SONO IN PORTOGALLO? La…
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e-i-k-a · 5 years ago
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Dessert Portoghesi, dolci semplici e appetitosi
Per i più ghiotti il menù dei dessert si preannuncia davvero... goloso! Uno dei dolci tipici della cena natalizia sono i Rabanas, pane bianco imbevuto con uova e vino, immerso poi nello zucchero e fritto. Zuccherino e colorato è il Bolo do Rei (letteralmente tradotto Torta del Re) preparato con vino di Porto, limone, arancia, frutta secca e candita.
Caratteristico è anche l'Arroz Doce de Natal, riso cotto nel latte con burro e zucchero. Viene adagiato in piccole coppe con una bella spolverata di cannella! Immancabile e di facile preparazione è il Pudim de leite (budino al latte) con caramello liquido e... Licor Beirão.
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marikabi · 7 years ago
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Le pezze sbagliate. Ovvero, stronzate
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Lentamente, di sottofondo, si ode un coro sommesso che prova ad intonare il de profundis in memoria di Renzi. Può essere che sia già politicamente spacciato, può darsi che sia solo un avvertimento, ma la fronda, ovverosia il coro mormorante ha iniziato e alza il volume giorno per giorno. Ovviamente, il Segretario del Piddì prova a mettere pezze, tattica che ha una sfumatura diversa dal ‘correre ai ripari’, non vi sfuggirà. Perché faccio questa precisazione? Perché correre ai ripari implica una possibilità di risolvere il problema, magari anche rifondando linguaggi, programmi, proposte. Mettere pezze significa che le pezze possono risultare peggiori del buco ed ultimamente Renzi rappezza malamente molte falle della sua gestione.
Una delle pezze è la messa al bando del multiculturalismo in Italia. La parola multiculturalismo è spuntata sulle labbra dell’ex premier durante un convegno ed è una novità assoluta per un leader di sinistra. Renzi, dunque, prova a mettere una pezza per recuperare consensi tra gli Italiani spaventati dal picco di sbarchi dalla Libia. È la pezza giusta? Vediamo. Come i lettori sanno meglio di me, l’Italia non ha mai riflettuto bene sulle molteplici culture che potrebbero permeare ciò che viene definita ‘identità italiana’. Tutt’al più abbiamo fatto spallucce (nel senso che alla fine ci sta bene e amen) all’appraccio multietnico. In fin dei conti, la Penisola è stata attraversata da innumerevoli popoli, che oltre allo stanziamento hanno inciso nei nostri DNA tanti, troppi codici da poter definire un’unica, vera etnia italiana.
Chi vi scrive, ad esempio, è da un lato bis-bis-bis-nipote di qualche soldato arrivato qui al seguito di Giorgio Castriota Skanderbeg (la famiglia di mia madre è originaria di Greci-Katundi) alla fine del 1400, durante la guerra tra Angioini ed Aragonesi e dall’altro (visti i fenotipi ‘rossi’ che girano in famiglia) discendente di qualche svevo-normanno (a seguito di Federico II) che si stanziò nel sub-appennino dauno (mio padre era pugliese), già terra di aborigeni fieri e misteriosi (i Dauni, appunto), di invasioni ottomane, di stratificazioni epirote, di avamposti greci. L’Italia è un melting pot più variopinto di quello statunitense, perché stratificato nei millenni, laddove gli USA sono praticamente appena nati.
(Il compianto Stefano Rodotà--il quale ha rischiato di diventare Presidente della Repubblica--era un arbëreshë, come me.)
Assodato che ‘multietnico’ è un attributo che non dà poi così fastidio a noi Italiani (saremmo presto sbugiardati, se osassimo parlare di ‘razza pura’), proviamo a ragionare sull’aggettivo ‘multiculturale’. Da quando in qua dobbiamo difendere l’identità e la cultura italiana se abbiamo importato Halloween e basterà poco che non adottiamo anche il Thanksgiving? E Babbo Natale? E l’Albero? Sono prodotti italici? Lo stesso Natale, se volessimo risalire agli Antichi Romani, sarebbe la festa del sol invictus, non il compleanno di un palestinese. E la Pasqua? Prima di essere la celebrazione della resurrezione del palestinese appena citato è una festa ebraica.
La cultura cristiana--quella su cui si è riunita l'Europa--è di fatto nata in Medio Oriente. Punto.
Noi Italiani, poi, abbiamo integrato Enea (un profugo turco, in sintesi), nella genealogia capitolina/latina/romano-antica e ci sta bene, anzi benissimo: ci sentivamo così fieri da dedicarci uno dei capolavori della letteratura latina.
Gli Antichi Romani praticavano lo jus soli, integravano, cioè. Le leggi generali erano latine, ma la cultura era una forma di spugna: andavano bene obelischi e pantheon, mausolei e templi, divinità e mitologie, usi e costumi locali. Saulo di Tarso, Ambrogio di Treviri (giusto per citarne alcuni) sono non-italiani, tuttavia pilastri della nostra cultura e della nostra Storia.
È un prodotto della nostra cultura (che come tutti sanno, comprende anche la gastronomia) il {muffin} o il {fried chicken} (tanto che il correttore di word me li segnala come errori), oppure la polpettina di carne di cervo con la salsa di mirtilli che ci scandinaviamente ci propinano all’IKEA? A noi Italiani, per esempio, piace molto il {kebab}. A me piacciono assai i dolci {kasher}, mi volere estradare? (Facciamoci del male: i pomodori, il mais, i tacchini, il caffè, il cacao...)
Posso continuare, se volete. È il rap un fenomeno nostro? O il jazz? Eppure ci piacciono tantissimo, li abbiamo importati, assimilati, integrati. A Natale si cantano ormai i gospel in quasi ogni chiesa d’Italia.��
Come possiamo ancora dirci contro la multiculturalità? Ancora. Da un annetto impazza anche da noi il fenomeno hygge, ovverosia la felicità declinata alla danese maniera.
La moda dell’hygge ha invaso il mondo occidentale, tanto che «The Guardian» ha parlato di cospirazione dell’hygge, ovvero di una seconda invasione vichinga. L’hygge è quel concetto che non ti fa dannare appresso ai soldi, che ti fa godere quello che hai, senza scannarti con il prossimo per fare carriera. Facile se hai un lavoro bastevole, perché –giustamente– in Danimarca non hanno mica gli alti tassi di disoccupazione di noi Italiani (o Spagnoli, Portoghesi, Greci) e di abuso di voucher e partite IVA mascherate.
Anyway. L’hygge è rendere tutti amabili, una sorta di livella suadente, se portata alle estreme significanze antropologiche, infatti l’eccentricità o l’originalità (anche negli abiti) è talvolta percepita come una minaccia per la comunità (secondo la legge di Jante, una comunità leggendaria della trtadizione nordica dove tutti dovevano essere uguali, pena l’esilio). Il che funziona benissimo in società socialdemocratiche come quelle scandinave. (La tendenza hyggelig non è appannaggio esclusivo dei Danesi, bensì di tutta la Scandinavia.)
La pratica dell’hygge tollera la multietnicità, ma non la multiculturalità (eccoci tornati al bomba, anzi al Bomba!). In altre parole, significa che i Danesi tenderanno a escludere le innovazioni, al pari degli apporti socio-culturali di altre popolazioni che pure premono ai loro confini, cercando, anzi, di conformare ciascuno (stranieri compresi) alle loro istanze culturali, sociali e tradizionali. Non-hygge, infine, (uhygge, in lingua) è il dibattito, l’intellettualità, il confronto-scontro di idee e punti di vista, le opinioni politiche, l’ignoto che sta fuori la baita calda e accogliente.
Insomma, l’hygge – al di là del folklore dei calzettoni jacquard e delle ciambelle ai semi di papavero – è una sorta di rifugio mentale, dove più ci si rinchiude più diventa pericoloso.
Noi Europei stiamo diventando tutti adepti dell’hygge, vuoi per moda, vuoi per comodità, considerato che tale filosofia comportamentale aborre dall’importazione di nuove istanze.
Bene, alla luce di quanto appena accennato, non vi pare che ancora una volta Renzi abbia messo una toppa sbaglliata? Perché non propone (o meglio, fa proporre)—invece che il bando al multiculturalismo, invece dei denari che l’UE ci darebbe per non avere gli immigrati in nord Europa—ai Paesi membri di investire in attività produttive in Italia? Portateci le fabbriche e la tecnologia e noi mettiamo a lavorare tutti, zimmeri e caprette, come si dice nella nostra antropologia irpina. Vivremmo tutti felici e contenti, continuando ad essere multietnici e multiculturali come prima, anche se noi Italiani non ce ne ricordiamo mai. Buon eid mubarak a tutti.
© Orticalab
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lillyslifestyle · 6 years ago
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Dolci di Natale portoghesi e i dubbi amletici di un'italiana in Portogallo
Dolci di Natale portoghesi e i dubbi amletici di un’italiana in Portogallo
Quando si espatria all’estero spesso si fa a lotta tra le tradizioni della terra natale e quella della terra che ci accoglie. Io amo la gastronomia portoghese e non sono una di quelle italiane che deve assolutamente mangiare prodotti italici per sopravvivere, anzi. A Natale però….
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Panettone o Bolo Rei? questo è il problema….
Che non me ne voglia William Shakespeare ma uno dei momenti, uno dei…
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