#dita di polvere
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emisovvienleterno · 5 months ago
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"Farid!" The boy did not hear him – and Basta threw. Dustfinger saw the knife go into that thin back. He caught the boy before he fell to the ground, but he was already dead. And there stood Basta with his foot on another dead body, smiling. Why not? He had hit his target, and it was the target he had been aiming for all along: Dustfinger’s heart, his stupid heart. It broke in two as he held Farid in his arms, it simply broke in two, although he had taken such good care of it all these years. 
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro. Attenzione, perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili
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thecountessus · 2 months ago
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December, 10 2024
E' solo un attimo
Polvere di tempo.
Certezza che tutto esiste.
Poi tutto si perde,
come sole tra le dita.
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donaruz · 2 years ago
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2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto pi�� tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
10,20
«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
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kon-igi · 1 year ago
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VERRÀ LA MORTE E AVRÀ LA FACCIA DEL CIOCCOLATO. FONDENTE.
L'altro giorno è saltato fuori un post urgente con cui una tamblera si preoccupava che il proprio cane - che aveva ingurgitato qualche confetto, forse al cioccolato - potesse morire avvelenato.
Il fatto è che il cioccolato non è tossico per i cani... è tossico per la maggior parte dei mammiferi, uomo compreso.
Il principio attivo incriminato è la TEOBROMINA, un alcaloide metilxantinico che appartiene alla stessa famiglia della caffeina, e che quindi ha effetti agonisti e antagonisti su parecchi recettori cerebrali del cuore e del respiro.
Come praticamente qualsiasi sostanza che introduciamo nell'organismo, la sua metabolizzazione avviene per opera del fegato e questo significa che un principio attivo agisce nell'intervallo di tempo tra l'assunzione e la completa metabolizzazione/catalizzazione da parte del fegato.
Il nostro fegato è un maestoso laboratorio di MIGLIAIA DI antidoti, filtri e pozioni - gli enzimi - che vengono utilizzati per trasformare, inattivare e rendere innocua ogni sostanza potenzialmente deleteria.
Alcol? La deidrogenasi lo trasforma prima in acetaldeide, poi in acido acetico e infine scomposto ed espulso dai reni.
Caffeina? L'enzima CYP1A2 lo trasforma in paraxantina, lo metabolizza in acido urico e poi lo espelle dai reni coll'urina.
Peperonata della nonna? Il fegato si scansa e cazzi vostri.
La teobromina di cui sopra - che il cacao PURO contiene in percentuale del 2% - viene gestita da un enzima epatico chiamato teobromina-sintasi che i mammiferi possiedono in quantità variabile in base alla specie.
Gli umani ne hanno a disposizione molta, i cani molto meno e i gatti quasi un cazzo (questi ultimi, a differenza dei cani, sono però privi dei recettori gustativi/olfattivi del dolce e quindi snobbano i vostri dolcetti al cioccolato).
La DL50 della teobromina (cioè la dose letale che uccide la metà dei soggetti a cui viene somministrata) è la seguente:
Umani - 1.000 mg ogni Kg di peso
Cani - 300 mg ogni Kg di peso
Gatti - 200 mg ogni Kg di peso
E ora, per cortesia, fate due calcoli:
Cacao puro -> 2% di teobromina, quindi 100 grammi ne contengono 2 grammi.
Un umano di 70 chili dovrebbe consumare più di tre etti di polvere di cacao puro per intossicarsi mentre un cane di 30 chili 'solo' 450 grammi.
(disclaimer: ricontrollate i calcoli ché ho solo venti dita)
Cacao puro al 100%, badate bene... il cioccolato al latte ne contiene un 25% circa e quello bianco solo tracce.
Quanta teobromina potrà mai esserci stata in quei due o tre confetti rubati?
Fermo restando che cani e gatti dovrebbero star ben lontani dal cioccolato (e per estensioni dai dolci tutti... e da qualsiasi cibo o condimento per umani), non è certo quella piccola quantità di cacao ad ucciderveli sul colpo.
In ogni caso, nel dubbio, sentite sempre il vostro veterinario.
@blackmammaaa @neveneradisera @firewalker e per ultimo ma tanto è in ritiro esistenziale dal mondo, @salfadog
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wutternach · 1 year ago
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amour de l'après-midi
Oggi mi occupo di te. Quante volte lo ho voluto fare senza potertelo dire, quante volte ho sentito il desiderio di farti ascoltare la mia voce nel silenzio delle pareti nascoste dalle librerie di legno chiaro. Ascoltare, questo devi fare, sentire entrare nella testa le parole. Chiudere gli occhi e lasciare che io solo possa vedere la luce del sole del tardo pomeriggio entrare dalle tapparelle a metà. La polvere che si muove lenta, le mani che si occupano della tua pelle calda.
Oggi mi occupo dei tuoi pensieri, li prendo tra le dita e li muovo lenti, confondendoli, accarezzandoli, trasformandoli da sacri a profani, da disillusi a speranzosi. Oggi le mie mani ti prendono la carne, te la rendono morbida, te la rendono cambiata. Con il tempo che ci vuole a vivere il piacere, a farlo entrare dalla schiena, a farlo passare nelle scapole, sentirlo sfiorare il collo. Il tuo collo da scoprire, il tuo collo da annusare, da sfiorare con le dita e accompagnare con le mani aperte.
Senti il calore sui palmi, senti il calore negli occhi. Oggi lascia fare, lasciati fare, lasciati amare, lasciati toccare, lasciati baciare, lasciati accarezzare, lasciati prendere, lasciati andare. Oggi lascia le mie mani sui tuoi fianchi sinuosi, sui tuoi spigoli scoperti, lascia la tua pelle davanti ai miei occhi, preda del mio desiderio, oggetto delle mie dita. Lascia che il mio piacere di dare diventi il mio piacere di dire, che il tuo godere del desiderio diventi piacere delle parole ascoltate. Con cura, con delicatezza, con sfrontatezza. Oggi ti parlo dei segreti che ho custodito nella mia mente, ti confesso pensieri irrealizzati e sempre più forti, mentre ti scopro la pelle ambrata. Oggi ti dico tutti i miei veri desideri su di te, sulla tua bocca, sul tuo seno che ogni giorno è più bello, sui tuoi capezzoli che diventano ogni ora più invitanti. Oggi ti parlo della mia voglia con le mani ferme sul tuo culo nudo, così senti nelle orecchie e senti nella pelle. Oggi ti lecco la schiena e ti parlo di noi, dei giorni passati e di quelli futuri, delle idee più segrete, delle volte che mi hai fatto godere, delle volte in cui ti ho fatta godere, delle mille volte in cui ti farò godere solo entrandoti nei pensieri, nei momenti più improbabili. Senti la mia bocca come si occupa della tua tranquillità? Senti la mia lingua che ti lecca i brividi, che ti succhia le scapole? Pensa tutti i momenti in cui avresti voluto essere nuda davanti a me, esibire il tuo corpo erotico al mio sguardo estatico. Ricorda tutte le volte in cui hai voluto osare, in cui hai voluto superare il limite per vivere l’orgasmo che ti prende la testa, prima che il corpo. Ripensa ai giochi proibiti, voluti, preparati, dimenticati e poi vissuti, alle mani che hai desiderato addosso, tra le gambe, sulla fica, nella bocca aperta, con gli occhi fissi nei tuoi. Mani di un altro, mani di un’altra. Vivi le mie carezze che diventano strette, le mie mani dolci che diventano forti. Senti il piacere del sentirsi toccata, esplorata, avvinghiata. Girati, esponiti, apri il tuo desiderio segreto alle mie labbra. Fatti leccare la pelle, il calore, l’odore, fatti annusare il sapore, fammi succhiare il bisogno di sentirti amata, presa, desiderata, voluta come se fossi l’unica cosa al mondo, come se fossi la più attraente, desiderabile, invitante, eccitante, arrapante persona che c’è. Fammi prendere quello che sei per me, oggi, fattelo sentire addosso, piena di un desiderio senza confini, senza paure, senza freni. Riempi le mie mani, la mia bocca, le mie labbra, regalami tutta la tua passione.  E io ti farò sentire l’amore sotto la pelle.
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umi-no-onnanoko · 14 days ago
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Mi ha colpito molto la prima risposta. Ti rende speciale, quanto all'ultima risposta, hai descritto il tutto come se fosse un bellissimo racconto.
Dovresti scrivere sai? Magari libri per bambini, dove però, la sirena protagonista che fa del bene al mare, sei tu.
A presto.
Ti ringrazio per ambedue i complimenti che mi rivolgi.
Quando ero nel periodo di prima adolescenza scrivevo di più, scrissi in particolar modo una raccolta di poesie (che conservo ancora in cartaceo) e una fanfiction ispirata al personaggio di dita di polvere del film inkart cuore d'inchiostro utilizzando l'applicazione wattpad. Poi però decisi di eliminare tutto in un momento di sconforto un cui non ero soddisfatta del mio lavoro.
Ora come ora scrivo solo se ispirata, ma mai dire mai, mi piacerebbe. Grazie per l'idea.
A presto
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alsosprachvelociraptor · 25 days ago
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Ragazzi di Vita. Descrizione fisica dei personaggi
Le descrizioni dei personaggi in sto dannato libro ci sono, solo che bisogna trovarle. E se non avete voglia di rileggervi quattro volte tutto il libro per trovarle, come invece faccio io e mi ci diverto pure, ecco qua.
(Il numero della pagina è dalla versione cartacea del libro Ragazzi di vita di Garzanti, sedicesima ristampa del maggio 2022)
RICCETTO
“il venticello [...] gli scapigliava i riccetti in ciuffo sulla fronte e appiccicati intorno agli orecchi, e gli faceva sbattere la camicetta tirata fuori dai calzoni.” (2. Il Riccetto, p.61)
“...vi si distese quanto era lungo, con le gambe larghe e la testa tutta ricciolini appoggiata sulla spalliera. “Così si mise ad inspirare beatamente quei due centimetri di nazionale che teneva tra le dita” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“…se ne veniva già dal ponte in fondo al sentiero, eretto, col petto gonfio dentro la canottiera bianca, facendo la camminata.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“…s’alzò in piedi e un passo dopo l’altro, muovendosi pigramente sulle spalle, passò davanti ai tre maschietti di Ponte Mammolo che lo stavano ad aspettare, e facendo un cenno da burlo con la testa disse: “Namo.” [...] Il Riccetto camminava in avanti, in canottiera, grassoccio, e tutto lucido per il bagno, facendo sempre la camminata malandrina. Era allegro, e cantava con gli occhi pieni d’ironia e le mutandine bagnate penzoloni in mano.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.171)
“…tutto tranquillo e ben disposto, si tolse il pettinino dalla tasca di dietro dei calzoni, lo bagnò sotto la fontanella e cominciò a pettinarsi, bello come Cleopatra. (6. Il bagno sull'Aniene, p.163)
“Da quando era stato a Porta Portese era ingrassato e non c’aveva più il pallino di fare sempre il dritto. (7. Dentro Roma, p.209)
“…il Riccetto che veniva avanti, evidentemente pieno di buon umore, tutto acchittato e camminando con attenzione per non sporcarsi di polvere gli scarpini bianchi a buchi: in mano teneva gli slippi nuovi ben ripiegati, la camicetta azzurra gli sventolava sopra le chiappe. (8. La Comare Secca, p242)
“..l’allegria che gli aveva rischiarato la faccia già allegra sotto i ricci tosati” (8. La Comare Secca, p.244)
AGNOLO
“Agnolo il roscetto…” (1. Il Ferrobedò, p.20)
“Era un roscetto, tutto lentigginoso, con due cespuglietti rossi al posto degli occhi, e coi capelli ben pettinati con la scrima da una parte.” (7. Dentro Roma, p.211)
CACIOTTA
“quer roscio llà…” (p.105)
“...che in quei tre annetti s’era ingrassato,” (6. Il bagno sull'Aniene, p.160)
“...col suo solito buon umore.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.177)
ALDUCCIO
“Uno era un giovinottello bruno e snello, bello anche conciato a quel modo, con gli occhi neri come il carbone e le guance belle rotonde di una tintarella tra l’ulivo e il rosa” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“Il bel viso d’Alduccio ebbe un’espressione allegra.” (4. Ragazzi di vita, p.111)
“Se ne stava lì, con una mano sprofondata in saccoccia, che pareva il figlio dello sceriffo, con le grosse labbra ombreggiate dalla peluria nera, e gli occhi lucidi e cupi come due cozze strillanti di limone.” (5. Le notti calde, p.124)
“...fece per scavalcarlo [il cancello] ma nella fretta scivolò con un piede sul ferro bagnato, e rimase infilato con una coscia s’una sbarra a punta come una lancia, che gli si conficcò tutta dentro.” (5. Le notti calde, p.153)
“S’ha da vede un fijo che tiè quasi vent’anni e mo va sordato..” (7. Dentro Roma, p.187)
“Alduccio era ormai pronto, coi calzoni a tubbo e la maglietta a righine col collo aperto e le falde fuori dai calzoni. Ancora si doveva pettinare.. Andò davanti allo specchio in cucina e, col pettine bagnato al rubinetto, cominciò ad aggiustarsi i capelli, stando con le gambe larghe, perchè lo specchio era troppo basso per lui.” (7. Dentro Roma, p.190)
“...con la sua bella faccia sformata da un ghigno di ironia rassegnata.” (7. Dentro Roma, p.193)
“...con quelle chiome alla ghigo che parevano Sansone e Assalonne…" (7. Dentro Roma, p.200)
“...che camminava sempre come se gli dolessero le fette.” (7. Dentro Roma, p.203)
“...gli occhi rappresi da uno sguardo assonnato e astuto” (7. Dentro Roma, p.204)
BEGALONE
“...un mezzo roscio con la faccia bolsa piena di cigolini” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“...col suo testone di saraceno scolorito…” (3.Nottata a Villa Borghese, p.72)
“Era impossibile dare un’idea della differenza che c’era tra il Piattoletta e il Begalone. Con quell’occhi storti che c’aveva, lenticchioso e roscio, il Begalone si poteva senza meno considerare lì il più dritto di tutta la cricca” (6. Il bagno sull'Aniene, p.168)
“Pure il Begalone s’era cambiato; s’era messo intorno al collo un fazzoletto annodato alla malandrina, e s’era pettinato i capelli color stoppa lisci lisci, come una crosta, con la scrima da una parte e lunghi sul collo.”  (7. Dentro Roma, p.191)
“Pure il Begalone stava a digiuno. E sotto i capelli gialli la sua faccia era gialla d’un bel giallo che dava sul verde su cui risaltavano bene i cigolini rossicci. Era così debole che nemmeno la febbre riusciva a dargli un po’ di colorito: e sì che ce ne aveva almeno sei sette linee, come tutte le sere, da quando era stato rilasciato dal Forlanini; era tubercoloso da due o tre anni, e ormai non c’era più niente da fare gli restava sì e no ancora un anno di vita… (7. Dentro Roma, p.191)
“...ghignando cogli occhi strabici e la bocca gonfia. (“Ai cerchi”)
“...con quelle chiome alla ghigo che parevano Sansone e Assalonne…" (7. Dentro Roma, p.200)
“ «Guarda che fusto che so’», fece il Begalone gonfiando il petto.
«Hu, sei lo sciassì de na macchina», fece l’altro.” (7. Dentro Roma, p.201)
“...asciugandosi come un disperato la faccia, coi capelli che gliela ricoprivano duri come spinaci e più lunghi di quelli della Maddalena.” (7. Dentro Roma, p.201)
“...con una luce minacciosa nella sua faccia da maomettano” (8. La Comare Secca, p.233)
“Tirò su la sua carcassa da terra, si legò bene il pezzo di spago che, girandogli intorno alla testa come una specie di nastro sfilacciato, gli teneva a posto lo strato di capelli gialli e sbiaditi che gli piovevano lunghi alla malandrina fino ai primi ossicini delle vertebre” (8. La Comare Secca, p.240)
“...l’acqua gli arrivò ai caporelli che spuntavano rossi come due pezzetti di ceralacca sul costolame.” (8. La Comare Secca, p.240)
AMERIGO
“Uno di Pietralata, nero di faccia e di chima come una serpe, un cristone che gli altri gli arrivavano tutti sotto le ascelle” (3.Nottata a Villa Borghese, p.91)
“Teneva il bavero della giacca rialzato, la faccia era verde sotto i ricci impiastricciati di polvere, e i grossi occhi marroni che fissavano invetriti.” (4. Ragazzi di vita, p. 92)
Camminava mettendo un piede davanti all’altro con una faccia così cattiva che in qualsiasi parte del corpo uno lo toccava, pareva che dovesse farsi male. Strascicava i passi, come un bocchissiere un po’ groncio e invece, in quella camminata cascante, si vedeva ch’era pronto e svelto peggio d’una bestia. (4. Ragazzi di vita, p.93)
“Amerigo li guardò venire in avanti, coi suoi occhi malati [...] “guardò gli altri due col suo sguardo di cadavere.” (4. Ragazzi di vita, p.97)
“La sua voce era sempre più spenta, in contrasto col suo corpo che lì, sullo stipite della porta, pareva quello enorme dei maiali appesi quanto son lunghi a un uncino davanti alle macellerie. Pure gli occhi gli s’erano fatti piccoli e appannati come quelli dei maiali appesi; e nella smorfia della sua bella faccia si vedeva che la pazienza stava per finire.” (4. Ragazzi di vita, p.100)
“La schiena era rimasta nuda, larga come un lastrone d’acciaio, coi riflessi azzurrini, sotto la luna. Segni non se ne vedevano per niente, su quel carname liscio e abbronzato.” (4. Ragazzi di vita, p.100-101)
“...il volto che era stato da morto anche quand’era vivo.” (4. Ragazzi di vita, p.113)
LENZETTA
“...un altro riccio, piccolo, con la faccetta gonfia da delinquente e due occhi di porcellana” (3. Nottata a Villa Borghese, p.82)
“Era uno con le labbra carnose e screpolate, e una faccetta da delinquente, sotto la nuca piccola piena di ricci come un cavolo.” (4. Ragazzi di vita, p.105)
“...tutto acchittato, coi calzoni di velluto e con l’americana rossa e nera che, secondo lui, spaccava il culo a tutta la Maranella.” (5. Le notti calde, p.118)
“...con tutto che pareva ancora un pischelletto era già entrato in diciott’anni - grattandosi la capoccia tutta riccia, fece: «Mo qua so’ cazzi mia!» [...] e per rispetto del fratello fu rispettato pure lui, carinello com’era.” (5. Le notti calde, p.120)
“...sempre più astuto e con la faccia rossiccia.” (5. Le notti calde, p.125)
“ «De Marzi Arfredo» disse il Lenzetta, [...] con la faccia rossastra e liquefatta che aveva nei momenti d’emozione” (5. Le notti calde, p.141)
GENESIO
“...il più grande allumava in silenzio…” (6. Il bagno sull'Aniene, p.162)
“Genesio aveva levato dalla saccoccia dei calzoncini una mezza sigaretta e se la stava a fumare guardando la caciara. (6. Il bagno sull'Aniene, p.165)
“Genesio, con la pelle di liquerizia e gli occhi di carbone, in disparte, sornione” (6. Il bagno sull'Aniene, p.171)
“«Qua, Fido» fece Genesio, ma senza un’ombra di sorriso” (8. La Comare Secca, p.230)
“Genesio, ch’era buono di cuore e sempre combattuto, povero ragazzino, dalle emozioni e dagli affetti, nascondeva tutto dentro di sé, e parlava meno che poteva per non scoprirsi.” (8. La Comare Secca, p. 230)
“Genesio gli lanciò una delle sue occhiate inespressive” (8. La Comare Secca, p.232)
“...restò, snello e un po’ secchetto, con le scapole che un po’ gli sporgevano, quasi del tutto ignudo; non del tutto, perchè mica era uno spudorato come quelli di Tiburtino dell’età sua. s’era tenuto le mutandine a sacco, che lo coprivano tutto, davanti e di dietro.” (8. La Comare Secca, p.234)
“Fumando si pettinò con molta attenzione, chiedendo a Mariuccio se la scrima era dritta o storta, e poi facendosi una specie di onda sulla fronte, nera, lucida, e senza un capello fuori posto. (8. La Comare Secca, p.234)
“Sputò la cicca in acqua, col suo sguardo serio e dritto che luccicava un po’ umido.” (8. La Comare Secca, p.235)
“...la sua solita voce sorda e inespressiva” (8. La Comare Secca, p.235)
“...gli occhi che gli ardevano sotto il ciuffetto nero. (8. La Comare Secca, p.246)
BORGO ANTICO
“Borgo Antico, non l’aveva filato per niente, e come se non l’avesse sentito, si era rannicchiato contro la terra sporca della riva, col viso accigliato voltato giù verso l’acqua.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“Borgo Antico però non si voltò nemmeno, fermo della sua posizione, con la faccia di cioccolata, lucida e nera.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“Borgo Antico alzò le spalle magre e nere e affilò ancora di più contro il petto la sua faccia d’uccello. [...] «E che devo da cantà?» disse Borgo Antico con voce rotta. [...] si mise a sedere stringendo contro il torace i ginocchi, e cominciò a cantare in napoletano, tirando fuori una voce dieci volte più grossa di lui, tutto pieno di passione che pareva uno di trent’anni. (6. Il bagno sull'Aniene, p.167)
MARIUCCIO
«An vedi!» gridò Mariuccio col suo vocino d’uccelletto” (6. Il bagno sull'Aniene, p.172)
“Mariuccio ch’era ancora così piccoletto che nemmeno aveva cominciato ad andare a scuola” (8. La Comare Secca, p.229)
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petalidiagapanto · 1 month ago
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«La felicità è una folgorazione!
Ti arriva mentre meno te la aspetti e forse mentre meno te la meriti ed è fatta di un nulla. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare, ritornano a volare e in mano ti resta un po' di polvere color d'oro, fai sfrego con le dita e la polvere va via. Era la felicità e non te ne sei accorto»
(Andrea Camilleri)
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be-appy-71 · 11 months ago
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È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro. Attenzione, perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili... ♠️🔥
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- Andrea Camilleri
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schmedterlingfreud · 3 months ago
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writing patterns
Thank you again @ma-chi1993 for the tag! ♡⸜(ˆᗜˆ˵ )⸝♡
rules: share the first line of your last ten published works or as many as you are able and see if there are any patterns!
Now, since I've published just nine works on my AO3 account (I wish I could write shorter and more stories, sigh), I'm using my EFP account as a reference.
Also… why are my first sentences so short? That is the pattern, believe me.
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La cosa più pericolosa, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "La cicatrice quella sera aveva ricominciato a pulsare, a scottare lungo la pelle del viso bruciato dall’abbronzatura e scorticato dalle rughe di vecchiaia, a scavare un solco di dolore dalla mandibola, lì dove nasceva, fino al lobo dell’orecchio destro." [🇬🇧] "That evening, the scar had begun to pulse again, to burn along the skin of his face, burned by the tan and flayed by the wrinkles of old age, to dig a furrow of pain from his jaw, where it began, up to his right earlobe."
Effetto Luna, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹]​ "Due settimane e tre giorni." [🇬🇧] "Two weeks and three days."
L'Ideale del Paguro, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Ce n’erano a centinaia." [🇬🇧] "There were hundreds of them."
Canto d'estate, di lacrime e d'odio, (Original, Poetry) || EFP [🇮🇹​] "Bevi, ti strozzi, gocce tiepide che sbrodolano fino al mento, che ti colano fra le dita, che non distingui più dalla tua saliva, e hai ancora più sete" [🇬🇧] "You drink, you choke, warm drops that drip down your chin, between your fingers, that you can no longer distinguish from your saliva, and you are even thirstier"
Quattro di Picche, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Feliciano balzò in ginocchio sul suo sedile imbottito, si sporse contro il finestrino del treno e appiccicò le mani al vetro intiepidito dai raggi del sole." [🇬🇧] "Feliciano jumped to his knees on his padded seat, leaned against the train window and pressed his hands to the glass warmed by the sun's rays."
Come tempera nell'acqua, (Original) || EFP [🇮🇹​] "La prima goccia è sempre la più bella, non trovi?" [🇬🇧] "The first drop is always the most beautiful, don't you think?"
Lithuanian Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Caro Eduard, dopo tutto questo tempo ho finalmente trovato il coraggio di rintracciarti di nuovo e di scriverti per avere tue notizie. [🇬🇧] "Dear Eduard, after all this time, I have finally gained the courage to search you out again and to write to have news from you."
Siberian Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Stringo il quadrato di carta stagnola fra le dita, formo un angolo sul bordo, in modo che la polvere si raccolga tutta al centro della strozzatura, e la inclino verso il cucchiaio che reggo con l’altra mano." [🇬🇧] "I squeeze the square of tin foil between my fingers, form an angle on the edge, so that all the powder collects in the center of the constriction, and tilt it toward the spoon that I hold with my other hand."
Chinese Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Il braccio di Ivan mi pesa sul petto." [🇬🇧] "Ivan's arm weighs on my chest."
Danish Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹​] "Ho freddo alle punte dei piedi." [🇬🇧] "My toes feel cold."
I'm tagging writers pals again and all of you who are reading these words and who want to share their writing! ✩
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canesenzafissadimora · 7 months ago
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È fatta di un nulla la felicità.
Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita
ti resta una polvere d'oro.
Attenzione perché la felicità, a volte,
vi è passata accanto e non ve ne siete accorti.
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Andrea Camilleri
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mucillo · 6 months ago
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Polvere di gesso - Gianmaria Testa
youtube
🎼🎼perché non è il tempo che mi manca e nemmeno l'età🎼🎼
........
"Senza titolo" di Gianmaria Testa
Levigare le parole
fino alla trasparenza
fino al limite sottile
di fragilità e di rischio
per sentirle finalmente suonare
al tocco delle dita
o tagliarvisi le labbra
o raccoglierne i cocci muti
e riprovare.
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klimt7 · 1 year ago
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La strada in cui ho vissuto.
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La strada in cui ho vissuto
Alla fine della strada c'erano cespugli
e fra i cespugli rotoli di filo spinato
antico. Antichissimo.
Il filo spinato
sotto il sottile ronzio del sole
Reliquie esauste
di una guerra precedente e crudele.
Le punte si sbriciolano sotto le dita
Il vento le disperde in polvere di ruggine
In polline di pace sulle colline bruciate
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alessiazeni · 11 months ago
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Capitolo Bonus La Corte Di Fiamme e Argento in italiano Azriel
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Detto ciò, buona lettura!
Finalmente la casa sul fiume era sprofondata nel silenzio dopo la movimentata festa per il solstizio d’inverno, le lucifatate attenuate che proiettavano piccole macchie d’oro in contrasto alle tenebre della notte più lunga dell’anno.
Amren, Mor e Varian erano finalmente andati a letto, ma Azriel si trovò a restare al piano di sotto.
Sapeva che avrebbe dovuto dormire un po’. Ne avrebbe avuto bisogno per l’alba, per la battaglia a palle di neve che si sarebbe tenuta alla cabina. Cassian quella sera aveva menzionato almeno sei volte che aveva un piano segreto riguardo la sua vittoria imminente. Az aveva lasciato che il fratello si vantasse. Soprattutto perché Azriel stava pianificando la propria vittoria da ormai un anno.
Cassian non poteva immaginare cosa lo aspettava. Ed Az aveva intenzione di trarre vantaggio dal fatto che Nesta non avrebbe fatto dormire molto Cassian quella notte.
Az ridacchiò tra sé e sé, le ombre attorno a lui in ascolto.
“Dormi”, sembravano sussurrargli all’orecchio. “Dormi.” 
“Vorrei poterlo fare” rispose silenziosamente. Ma il sonno lo trovava raramente in quei giorni.
Troppi pensieri affilati come rasoi lo ferivano ogni volta che si soffermava a pensarci troppo. Troppe voglie e bisogni gli lasciavano la pelle surriscaldata e gli facevano tendere le ossa. Quindi dormiva solo quando il suo corpo cedeva, e anche allora era solo per poche ore.
Azriel osservò la stanza vuota, regali e nastri che ricoprivano gli arredi. Cassian e Nesta non erano tornati, il che non aveva sorpreso nessuno. Era contento per suo fratello, ma comunque…
Azriel non riusciva a controllarla. L’invidia nel suo petto. Verso Cassian e Rhys.
Sapeva che ne sarebbe stato sopraffatto se fosse andato nella sua stanza, quindi rimase di sotto, alla luce morente del fuoco.
Ma anche il silenzio era un peso troppo oneroso ed anche se le ombre gli facevano compagnia, come avevano sempre fatto, come avrebbero sempre fatto, si trovò a lasciare la stanza. Entrando nell’atrio.
Passi leggeri si sentirono scendere dalle scale, ed eccola.
Le lucifatate facevano risplendere i capelli sciolti di Elain, facendola sembrare luminosa come il sole all’alba. Lei si fermò, il respiro le rimase in gola.
«Io…» La guardò deglutire. Strinse un pacchettino tra le mani. «Stavo venendo a lasciare questo sulla tua pila di regali. Mi sono scordata di dartelo, prima.»
Bugia. Beh, la seconda parte era una bugia. Non aveva bisogno delle sue ombre per comprendere il suo tono, la leggera contrazione del viso. Aveva atteso che tutti fossero andati a dormire prima di avventurarsi al piano di sotto, dove avrebbe lasciato il suo regalo tra tutti gli altri regali aperti, subdola e inosservata.
Elain si avvicinò ed il suo respiro divenne più veloce quando si fermò ad un piede scarso di distanza. Allungò verso di lui il regalo incartato, le mani tremanti. «Tieni.»
Az cercò di non guardare le proprie dita ricoperte di cicatrici mentre prese il regalo. Non aveva preso un regalo per il suo compagno. Ma ne aveva preso uno per Azriel l’anno precedente, una polvere per il mal di testa che teneva sul comodino alla Casa del Vento. Non da usare, ma solo da guardare. Cosa che faceva ogni notte che dormiva lì. O provava a dormire lì.
Azriel scartò il pacchetto, dando un’occhiata al biglietto che diceva solo “Potresti trovarli utili alla Casa in questi giorni” e poi aprì il coperchio.
Due pezzettini di tessuto a forma di fagiolo erano posati all’interno. Elain mormorò «Gli metti nelle orecchie e bloccano ogni suono. Con Nesta e Cassian che vivono lì con te…»
Lui emise una risatina, incapace di trattenersi. «Non c’è da stupirsi che non abbia voluto che lo aprissi di fronte a tutti.»
La bocca di Elain formò un sorriso. «Nesta non apprezzerebbe la battuta.»
Le offrì un sorriso in risposta. «Non ero sicuro se darti il tuo regalo.»
Lasciò il resto non detto. Perché il suo compagno era lì, che dormiva al piano di sopra. Perché il suo compagno era nel salotto ed Azriel dovette stare tutto il tempo sulla porta perché non riusciva a sopportare di vederlo, di sentire il loro legame di compagni ed aveva bisogno di una via di fuga se fosse stato troppo.
I grandi occhi di Elain vacillarono, ben consapevole di ciò. Proprio come lui sapeva che lei era a conoscenza del motivo per cui Azriel andava raramente alle cene di famiglia, nell’ultimo periodo.
Ma quella sera, nel buio e nel silenzio, senza qualcuno che potesse vedere… Tirò fuori una scatolina in velluto dalle ombre attorno a lui. La aprì per lei.
Elain emise un debole respiro che gli sfiorò la pelle. Le sue ombre si dileguarono al suono. Erano sempre state prone a svanire quando lei era in giro.
La collana d’oro sembrava ordinaria, la catenina insignificante, l’amuleto abbastanza piccolo che avrebbe potuto essere scambiato per un gioiellino mondano. Era una piccola rosa appiattita fatta in vetro colorato, disegnata per far sì che quando la luce la colpiva, la vera profondità dei colori diventasse visibile.
Un qualcosa di una splendida bellezza segreta.
«È bellissima» sussurrò lei, sollevandola dalla scatolina. Le lucifatate dorate splendevano attraverso i piccoli vetri, facendo risplendere il gioiello con sfumature rosse, rosa e bianche. Azriel fece portare via la scatola dalle sue ombre, mentre lei mormorò «Mi aiuti ad indossarla?»
La sua mente divenne silenziosa. Ma prese la collana, aprendo il gancetto mentre lei gli diede le spalle, tirando su i capelli con una mano per scoprire il suo lungo collo morbido.
Lui sapeva che era sbagliato, ma eccolo lì, a metterle la collana al collo. Lasciando che le sue dita cicatrizzate toccassero la pelle immacolata di lei. Lasciandole accarezzare il lato della sua gola, assaporandone la consistenza vellutata. Elain tremò e lui si prese molto tempo per agganciare le due estremità.
Le dita di Azriel rimasero sulla sua nuca, appena sopra la prima vertebra. Lentamente, Elain si appoggiò sempre di più al suo tocco. Finché il suo palmo non fu premuto contro il collo di lei.
Non si era mai arrivati a quel punto. Si erano scambiati delle occhiate, gli occasionali sfioramenti delle dita, ma mai quello. Mai un tocco palese, senza restrizioni.
Sbagliato, era così sbagliato.
Non gli importava.
Aveva bisogno di sapere quale fosse il sapore della pelle del suo collo. Di cosa sapevano quelle labbra perfette. I suoi seni. Il suo sesso. Aveva bisogno che gli venisse sulla lingua…
Il membro di Azriel era dolorante dentro i pantaloni, faceva così male che a malapena riusciva a pensare. Pregò che lei non guardasse in basso. Pregò che non percepisse il cambiamento nel suo odore.
Si era concesso quei pensieri solo nel mezzo della notte. Allora permetteva alla sua mano di impugnare il suo pene e pensare a lei, quando anche le sue ombre erano andate a dormire. Come sarebbe stato il suo volto mentre la penetrava, i suoni che avrebbe emesso.
Elain si morse il labbro inferiore e servì ogni oncia di moderazione di Azriel per non affondare i propri denti lì.
«Dovrei andare» disse Elain, ma non si mosse.
«Sì» disse lui, il pollice che le accarezzava il lato della gola.
L’eccitazione di lei lo raggiunse ed i suoi occhi quasi si girarono all’interno della testa a quel dolce profumo. Avrebbe implorato in ginocchio per avere la possibilità di assaporarla. Ma Azriel si limitò ad accarezzarle il collo.
Elain rabbrividì, avvicinandosi. Era così vicina che con un respiro profondo i suoi seni gli avrebbero sfiorato il petto. Lo guardò, il viso così fiducioso, speranzoso ed aperto che lui sapeva che lei non aveva idea delle indicibili cose che gli avevano insudiciato le mani molto oltre quelle cicatrici.
Cose così terribili che era un sacrilegio che le sue dita toccassero la sua pelle, contaminandola con la sua presenza.
Ma poteva avere quello. Quel momento e magari un assaggio e sarebbe finita lì.
«Sì» mormorò Elain, come se avesse letto la decisione. Solo quell’assaggio nel cuore della notte più lunga dell’anno, dove solo la Madre gli sarebbe stata testimone.
La mano di Azriel scivolò lungo il suo collo, infilandosi tra i suoi voluminosi capelli. Muovendole la testa nel modo in cui voleva. La bocca di Elain si aprì leggermente, gli occhi puntati sui suoi prima di chiuderli.
Offerta e permesso.
Quasi gemette dal sollievo e dal bisogno mentre abbassava la propria testa verso quella di lei.
“Azriel.”
La voce di Rhys tuonò in lui, fermandolo a pochi pollici dalla dolce bocca di Elain.
“Azriel.”
Un inesorabile comando riempiva il suo nome ed Azriel alzò lo sguardo.
Rhysand era in cima alle scale. Guardandoli torvo dall’alto.
“Nel mio ufficio. Ora.”
Rhys sparì ed Azriel rimase di fronte ad Elain, ancora in attesa del suo bacio. Lo stomaco gli si torse mentre ritirava la mano dai suoi capelli, facendo un passo indietro. Costringendosi a dire «È stato uno sbaglio.»
Lei aprì gli occhi, dolore e confusione li annebbiarono prima che mormorasse «Mi dispiace.»
«Non devi… Non scusarti.» Riuscì a dire. «Non farlo affatto. Sono io quello che dovrebbe…» Scosse la testa, incapace di sopportare la desolazione che aveva fatto calare sulla sua espressione. «Buonanotte.»
Azriel trasmutò nelle ombre prima di poter dire qualcosa, apparendo alle porte dello studio di Rhys un attimo dopo. Le sue ombre gli bisbigliarono all’orecchio che Elain era andata al piano di sopra.
Rhys era seduto alla scrivania, la furia di una notte senza luna era dipinta sul suo viso. Gli chiese piano «Sei fuori di testa?»
Azriel indossò la maschera di gelo che aveva perfezionato mentre stava nella cella di suo padre. «Non so di cosa tu stia parlando.»
Il potere di Rhys si espanse nella stanza come una nube oscura. «Sto parlando di te, che stavi per baciare Elain, nel mezzo dell’atrio dove chiunque avrebbe potuto vedervi.» Abbaiò. «Incluso il suo compagno.»
Azriel si irrigidì. Lasciò la sua gelida rabbia salire in superficie, la rabbia che lasciava vedere solo a Rhysand, perché sapeva che il fratello poteva uguagliarla.
«E se il Calderone si fosse sbagliato?»
Rhysand batté le palpebre. «Che mi dici di Mor, Az?»
Azriel ignorò la domanda. «Il Calderone ha scelto tre sorelle. Dimmi come è possibile che i miei due fratelli siano con due di quelle sorelle, ma la terza sia stata data a qualcun altro.» Non aveva mai osato dire quelle parole ad alta voce.
Il viso di Rhys perse colore. «Credi di meritartela come compagna?»
Azriel sbuffò. «Credo che Lucien non sarà mai abbastanza per lei, e comunque lei non ha interesse verso di lui.»
«Quindi cosa farai?» La voce di Rhys era ghiaccio puro. «La sedurrai via da lui?»
Azriel non disse nulla. Non aveva mai pianificato di arrivare a quel punto, sicuramente non oltre le fantasie da cui traeva piacere.
Rhys ringhiò «Lascia che metta in chiaro una cosa. Tu le devi stare lontano.»
«Non puoi ordinarmi questo.»
«Oh, posso e lo farò. Se Lucien scopre che le stai dietro, avrà tutto il diritto di difendere il loro legame come preferisce. Incluso l’invocare il Duello di Sangue.»
«È una tradizione della Corte d’Autunno.» La battaglia fino alla morte era così brutale che veniva messa in atto in rari casi. Nonostante ne fosse estraneo, Azriel aveva voluto invocarlo quando aveva trovato Mor tutti quegli anni prima. Era stato pronto a sfidare sia Beron che Eris al Duello di Sangue, uccidendoli entrambi. Solo il diritto che aveva la mano di Mor di reclamare le loro teste per vendetta lo aveva frenato dal farlo.
«Lucien, come figlio di Beron, ha il diritto di richiederlo.»
«Lo sconfiggerò senza tanto sforzo.» Pura arroganza rivestiva ogni parola, ma era vero.
«Lo so.» Gli occhi di Rhys si mossero. «E se lo facessi, distruggeresti ogni fragile pace ed alleanza che abbiamo, non solo con la Corte d’Autunno, ma anche con la Corte di Primavera e Jurian e Vassa.» Rhys scoprì i denti. «Quindi lascerai stare Elain. Se ti devi scopare qualcuno, va in una casa di piacere e paga per farlo, ma le starai lontano.»
Azriel ringhiò leggermente.
«Ringhia quanto ti pare.» Rhys si appoggiò alla sedia. «Ma se ti vedo di nuovo a sbavarle dietro, te ne farò pentire.»
Rhys minacciava o si imponeva raramente. Colpì Azriel abbastanza forte da farlo rinsavire dalla sua rabbia.
Rhys indicò con il mento la porta. «Esci.»
Azriel richiuse le ali e se ne andò senza ulteriore parola, attraversando la casa e uscendo in giardino, sedendosi alla fredda luce stellare. Facendo combaciare il gelo nelle sue vene con l’aria attorno a sé.
Finché non sentì più nulla. Di nuovo non era più nulla.
Poi volò verso la Casa del Vento, sapendo che se avesse dormito nella tenuta sul fiume, avrebbe fatto qualcosa di cui poi si sarebbe pentito. Aveva fatto così attenzione a tenere Elain il più lontano possibile, era rimasto in piedi per evitarla, e quella notte… quella notte aveva avuto la conferma di aver fatto bene.
Puntò verso il campo d’allenamento, cedendo al bisogno di buttare fuori la tentazione, la rabbia e la frustrazione ed il bisogno impellente.
Lo trovò già occupato. Le sue ombre non lo avevano avvertito.
Era troppo tardi per atterrare senza sembrare che stesse correndo. Azriel atterrò nel quadrato a pochi piedi da dove Gwyn si stava allenando nel freddo della notte, la sua spada che brillava come ghiaccio nella luce lunare.
Si fermò a metà di un fendente, girandosi verso di lui. «Mi dispiace. Sapevo che foste tutti alla casa sul fiume, quindi credevo che a nessuno sarebbe importato se fossi salita quassù e…»
«Non c’è problema. Sono venuto a recuperare una cosa che mi sono scordato.» La bugia era piatta e fredda, come sapeva essere il suo volto. Le sue ombre la guardarono da dietro le ali.
La giovane sacerdotessa sorrise, ed Azriel sapeva che poteva essere diretto alle sue ombre curiose. Ma si infilò una ciocca di capelli castano ramato dietro l’orecchio a punta. «Stavo provando a tagliare il nastro.» Con la spada indicò il nastro bianco, che sembrava brillare d’argento.
«Non hai freddo?» Il respiro formò una nuvoletta davanti a sé.
Gwyn scosse le spalle. «Una volta che ti muovi, non te ne accorgi più.»
Lui annuì, il silenzio cadde. Per un istante, i loro sguardi si incrociarono. Bloccò la terribile memoria che gli passò davanti agli occhi, così in contrasto con la Gwyn che vedeva davanti a sé in quel momento.
Lei abbassò il capo, come se stesse ricordando anche lei. Che era stato lui a trovarla quel giorno a Sangravah. «Buon solstizio» disse lei, tanto un congedo quanto un augurio per le feste.
Sbuffò. «Mi stai cacciando?»
Gli occhi verde acqua di Gwyn ebbero un baluginio d’allarme. «No! Voglio dire, non mi disturba condividere il quadrato. È solo che… so che ti piace stare da solo.» La sua bocca si spostò di lato, schiacciando le lentiggini sul suo naso. «È per questo che sei venuto quassù?»
Circa. «Mi sono scordato una cosa.» le ricordò.
«Alle due di mattina?»
Puro divertimento le brillava negli occhi. Meglio del dolore che aveva notato un momento prima. Quindi le offrì un sorriso sghembo. «Non riesco a dormire senza la mia daga preferita.»
«Un conforto per ogni bambino che cresce.»
Le labbra di Azriel si contrassero. Si trattenne dal dire che dormiva eccome con una daga. Molte daghe. Inclusa una sotto il cuscino.
«Come è andata la festa?» Il suo respiro formò una nuvoletta davanti alla bocca ed una delle ombre scattò per danzarci insieme prima di tornare da lui. Come se avesse sentito una musica silenziosa.
«Bene» disse, realizzando un attimo dopo che non era una risposta socialmente accettabile. «È andata bene.»
Non che fosse molto meglio. Quindi chiese «Tu e le sacerdotesse avete celebrato?»
«Sì, anche se la cerimonia è stata il momento saliente.»
«Capisco.»
Lei inclinò la testa, i capelli luccicarono come metallo fuso. «Tu canti?»
Batté le palpebre. Non succedeva tutti i giorni che qualcuno lo coglieva di sorpresa, ma… «Perché lo chiedi?»
«Ti chiamano cantaombre. È perché canti?»
«Io sono un cantaombre, non è un titolo che si è inventato qualcuno.»
Lei scosse nuovamente le spalle, irriverente. Az socchiuse leggermente gli occhi, studiandola. «Comunque, lo fai?» continuò. «Canti?»
Azriel non riuscì a trattenere una debole risata. «Sì.»
Lei aprì la bocca per chiedere altro, ma lui non se la sentiva di spiegare. O di fare dimostrazioni, dato che di sicuro era quello che gli avrebbe chiesto subito dopo. Quindi Az indicò con il mento la spada nella mano di lei. «Riprova a tagliare il nastro.»
«Cosa… con te che guardi?»
Annuì.
Lei ci pensò e lui si chiese se avrebbe detto di no, ma Gwyn esalò un respiro, si bilanciò con i piedi e tirò un fendente. Un preciso colpo eseguito molto bene, ma non abbastanza da tagliare il nastro.
«Ancora» ordinò lui, sfregandosi le mani per contrastare il freddo, ringraziando per il suo morso frizzante e la distrazione da quella lezione improvvisata.
Gwyn fendette di nuovo, ma il nastro non cedette.
«Giri la lama di una frazione rendendola parallela al terreno.» Spiegò Azriel, sfoderando la sua spada Illyrian da dietro la schiena. «Guarda.» Fece una lenta dimostrazione, ruotando il polso come lei. «Vedi come apri qui?» Corresse la sua posizione. «Tieni il polso così. La spada è un’estensione del tuo braccio.»
Gwyn provò il movimento lentamente, come lui, mentre la osservò correggersi da sola, lottando contro l’impulso di aprire il polso e di ruotare la lama. Lo fece tre volte prima di smettere di cadere in quella brutta abitudine. «Incolpo Cassian per questo. È troppo impegnato a fare gli occhi dolci a Nesta invece di notare certi errori in questi giorni.»
Azriel rise. «Te lo concedo.»
Gwyn fece un ampio sorriso. «Grazie.»
Azriel abbassò il capo accennando un inchino, qualcosa di inquieto si insediò in lui. Anche le sue ombre si erano calmate. Come se fossero contente di rimanere sulle sue spalle a guardare.
Ma… dormire. Aveva bisogno di provare a dormire un po’.
«Buon solstizio» disse Azriel prima di puntare verso l’arcata nella Casa. «Non restare troppo a lungo. Ti congelerai.»
Gwyn annuì i suoi saluti, voltandosi di nuovo verso il nastro. Una guerriera che giudicava il suo avversario, ogni traccia di quell’affascinante irriverenza completamente sparita.
Azriel entrò nel calore della scalinata e mentre scendeva, avrebbe potuto giurare che un bellissimo, debole canto lo seguisse. Avrebbe potuto giurare che le sue ombre cantassero in risposta.
Dormì proprio come si sarebbe aspettato, ma quando Azriel tornò alla casa sul fiume per raccattare i suoi regali prima dell’alba, trovò la collana di Elain posata sulla pila. La mise in tasca. Passò il resto della giornata, anche la dannata battaglia a palle di neve, con l’intenzione di riportarla al negozio nel Palazzo del Filo e dei Gioielli.
Ma quando ritornò dalla cabina nelle montagne, non andò alla piazza del mercato.
Invece, si trovò nella biblioteca sotto la Casa del Vento, in piedi di fronte a Clotho, mentre l’orologio suonava le sette di sera.
Fece scivolare la scatolina sulla scrivania. «Se vede Gwyn, potrebbe darglielo?»
Clotho inclinò la testa incappucciata e la sua penna incantata scrisse su un pezzo di carta. Un regalo per il solstizio da parte sua?
Azriel scosse le spalle. «Non ditele che è da parte mia.»
Perché?
«Ha bisogno di saperlo? Ditele solo che è un regalo da parte di Rhys.»
Sarebbe una bugia.
Evitò l’impulso di incrociare le braccia, non volendo sembrare intimidatorio. Bloccò fuori dalla mente la memoria che gli si presentò, sua madre farsi piccola di fronte a suo padre, il maschio in piedi con le braccia incrociate in un modo che faceva capire il suo disappunto prima ancora che aprisse la sua odiosa bocca.
«Ascolti, io…» Az cercò le parole giuste, la voce che si attenuò.
«Se c’è un’altra sacerdotessa qui che potrebbe apprezzarla, la dia a lei. Ma quando me ne andrò non avrò con me quella collana.»
Aspettò che la penna di Clotho finisse di scrivere. I vostri occhi sono tristi, Cantaombre.
Le offrì un sorriso triste. «Oggi ho perso la battaglia a palle di neve.»
Clotho era abbastanza intelligente da vedere attraverso la sua deflessione. Scrisse La darò a Gwyneth. Le dirò che un amico l’ha lasciata per lei.
Non avrebbe esattamente chiamato Gwyn un’amica, ma… «Va bene. Grazie.»
La penna di Clotho si mosse nuovamente. Si merita qualcosa di bello come questo. Vi ringrazio per la gioia che le porterà.
Qualcosa si accese nel petto di Azriel, ma si limitò ad annuire i suoi ringraziamenti e se andò. Poteva immaginarselo, comunque, mentre saliva le scale verso la vera Casa. Come gli occhi verde acqua di Gwyn si sarebbero illuminati a vedere la collana. Per qualche motivo… Riusciva a vederlo.
Ma Azriel mise da parte il pensiero, cancellando consciamente il sorriso che si era dipinto sul suo viso. Mise l’immagine nel profondo di sé, dove brillava piano.
Un qualcosa di una splendida bellezza segreta.
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lareginadelmondomarcio · 11 months ago
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Amore, caro amore mio.
Raccontami una storia, che strappi pezzi di me seduta davanti al pianoforte, ti suono una canzone, accompagnamento, melodia che accolga i colpi di machete sulla mia schiena. 
Distruggimi ch'è l'unica cosa che sai fare, rigirami fra le dita delle tue mani, sporche e stracolme di sangue che cola dalle mie ferite. 
Alzo piano la testa e ti guardo negli occhi. 
Un colpo sordo, il pavimento nero accoglie il mio corpo bianco e divento un quadro. Appendimi sopra il muro dietro al pianoforte che suona incontrollabile il dolore della perdita del pianista. 
Divento tua creatura, esistenza inumana, colore sulla tela e dolore sulle labbra. 
Mi mordo il labbro inferiore ed un sapore deciso nella bocca accoglie la tua anima dannata e la mia essenza più pura d'odio e amore. 
Una nuova guerra. 
Amore, caro amore mio.
Siamo sempre noi. Le bestie feroci. Animali assetati di sangue. Una dipendenza reciproca. 
Esci dalla buia casa e lascia il quadro in bilico tra l'essere distrutto o accolto dall'umana sostanza. 
Poi muori. Come sono morta anch'io che volo e sono libera, prima creatura incatenata. L'anima venduta al diavolo e poi restituita agli angeli. Volo. 
Ricordati i tramonti e il mare fuori dalla finestra, poi buio. 
Ti strappo gli occhi mentre mi strappi il cuore. 
Prendi fuoco e resti cenere in penombra della vita che non hai vissuto.
Tu carnefice, io vittima. Io carnefice e assassino della tua anima dannata incatenandoti al muro, braccia, gambe per poi strapparti in due. 
Viscere per terra, sangue sul mio volto, sorrido. 
Tu, creatura mia, io prima, creatura sola. Nessun padrone, niente salvezza, colpisci e guardo il massacro nella buia stanza della nera casa.
T'odio, massacro creatura mia e piango, dopo sparo. 
Il mio cervello sui muri tristi e sporchi, il pianoforte suona la canzone della morte del carnefice. 
Muori che sono morta e perdiamoci negli inferi, nel quadro appeso al muro. 
Fuori, la tempesta perfetta e colpisce come un'enorme palla da demolizione che compare dal nulla e sbatte dritta contro il cervello. 
Distrugge tutto, dietro di lei, solo polvere, fumo denso, asfissia. 
Amore, caro amore mio. 
Ci siamo distrutti così tante volte.
Ci siamo mischiati il sangue e chi sei? 
Chi sono? 
L'odore del mare mi solletica le narici e di questa volta siamo in spiaggia. 
Che arma utilizzerai? 
Come mi difenderò? 
Gli occhi, quei occhi scuri e freddi. 
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