#dita di polvere
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"Farid!" The boy did not hear him – and Basta threw. Dustfinger saw the knife go into that thin back. He caught the boy before he fell to the ground, but he was already dead. And there stood Basta with his foot on another dead body, smiling. Why not? He had hit his target, and it was the target he had been aiming for all along: Dustfinger’s heart, his stupid heart. It broke in two as he held Farid in his arms, it simply broke in two, although he had taken such good care of it all these years.
#tintenblut#inkspell#veleno d'inchiostro#staubfinger#dustfinger#dita di polvere#farid#cornelia funke#tintenwelt#inkworld#mondo d'inchiostro
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2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto più tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
10,20
«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
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È fatta di un nulla la felicità.
Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita
ti resta una polvere d'oro.
Attenzione perché la felicità, a volte,
vi è passata accanto e non ve ne siete accorti.
Andrea Camilleri
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VERRÀ LA MORTE E AVRÀ LA FACCIA DEL CIOCCOLATO. FONDENTE.
L'altro giorno è saltato fuori un post urgente con cui una tamblera si preoccupava che il proprio cane - che aveva ingurgitato qualche confetto, forse al cioccolato - potesse morire avvelenato.
Il fatto è che il cioccolato non è tossico per i cani... è tossico per la maggior parte dei mammiferi, uomo compreso.
Il principio attivo incriminato è la TEOBROMINA, un alcaloide metilxantinico che appartiene alla stessa famiglia della caffeina, e che quindi ha effetti agonisti e antagonisti su parecchi recettori cerebrali del cuore e del respiro.
Come praticamente qualsiasi sostanza che introduciamo nell'organismo, la sua metabolizzazione avviene per opera del fegato e questo significa che un principio attivo agisce nell'intervallo di tempo tra l'assunzione e la completa metabolizzazione/catalizzazione da parte del fegato.
Il nostro fegato è un maestoso laboratorio di MIGLIAIA DI antidoti, filtri e pozioni - gli enzimi - che vengono utilizzati per trasformare, inattivare e rendere innocua ogni sostanza potenzialmente deleteria.
Alcol? La deidrogenasi lo trasforma prima in acetaldeide, poi in acido acetico e infine scomposto ed espulso dai reni.
Caffeina? L'enzima CYP1A2 lo trasforma in paraxantina, lo metabolizza in acido urico e poi lo espelle dai reni coll'urina.
Peperonata della nonna? Il fegato si scansa e cazzi vostri.
La teobromina di cui sopra - che il cacao PURO contiene in percentuale del 2% - viene gestita da un enzima epatico chiamato teobromina-sintasi che i mammiferi possiedono in quantità variabile in base alla specie.
Gli umani ne hanno a disposizione molta, i cani molto meno e i gatti quasi un cazzo (questi ultimi, a differenza dei cani, sono però privi dei recettori gustativi/olfattivi del dolce e quindi snobbano i vostri dolcetti al cioccolato).
La DL50 della teobromina (cioè la dose letale che uccide la metà dei soggetti a cui viene somministrata) è la seguente:
Umani - 1.000 mg ogni Kg di peso
Cani - 300 mg ogni Kg di peso
Gatti - 200 mg ogni Kg di peso
E ora, per cortesia, fate due calcoli:
Cacao puro -> 2% di teobromina, quindi 100 grammi ne contengono 2 grammi.
Un umano di 70 chili dovrebbe consumare più di tre etti di polvere di cacao puro per intossicarsi mentre un cane di 30 chili 'solo' 450 grammi.
(disclaimer: ricontrollate i calcoli ché ho solo venti dita)
Cacao puro al 100%, badate bene... il cioccolato al latte ne contiene un 25% circa e quello bianco solo tracce.
Quanta teobromina potrà mai esserci stata in quei due o tre confetti rubati?
Fermo restando che cani e gatti dovrebbero star ben lontani dal cioccolato (e per estensioni dai dolci tutti... e da qualsiasi cibo o condimento per umani), non è certo quella piccola quantità di cacao ad ucciderveli sul colpo.
In ogni caso, nel dubbio, sentite sempre il vostro veterinario.
@blackmammaaa @neveneradisera @firewalker e per ultimo ma tanto è in ritiro esistenziale dal mondo, @salfadog
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amour de l'après-midi
Oggi mi occupo di te. Quante volte lo ho voluto fare senza potertelo dire, quante volte ho sentito il desiderio di farti ascoltare la mia voce nel silenzio delle pareti nascoste dalle librerie di legno chiaro. Ascoltare, questo devi fare, sentire entrare nella testa le parole. Chiudere gli occhi e lasciare che io solo possa vedere la luce del sole del tardo pomeriggio entrare dalle tapparelle a metà. La polvere che si muove lenta, le mani che si occupano della tua pelle calda.
Oggi mi occupo dei tuoi pensieri, li prendo tra le dita e li muovo lenti, confondendoli, accarezzandoli, trasformandoli da sacri a profani, da disillusi a speranzosi. Oggi le mie mani ti prendono la carne, te la rendono morbida, te la rendono cambiata. Con il tempo che ci vuole a vivere il piacere, a farlo entrare dalla schiena, a farlo passare nelle scapole, sentirlo sfiorare il collo. Il tuo collo da scoprire, il tuo collo da annusare, da sfiorare con le dita e accompagnare con le mani aperte.
Senti il calore sui palmi, senti il calore negli occhi. Oggi lascia fare, lasciati fare, lasciati amare, lasciati toccare, lasciati baciare, lasciati accarezzare, lasciati prendere, lasciati andare. Oggi lascia le mie mani sui tuoi fianchi sinuosi, sui tuoi spigoli scoperti, lascia la tua pelle davanti ai miei occhi, preda del mio desiderio, oggetto delle mie dita. Lascia che il mio piacere di dare diventi il mio piacere di dire, che il tuo godere del desiderio diventi piacere delle parole ascoltate. Con cura, con delicatezza, con sfrontatezza. Oggi ti parlo dei segreti che ho custodito nella mia mente, ti confesso pensieri irrealizzati e sempre più forti, mentre ti scopro la pelle ambrata. Oggi ti dico tutti i miei veri desideri su di te, sulla tua bocca, sul tuo seno che ogni giorno è più bello, sui tuoi capezzoli che diventano ogni ora più invitanti. Oggi ti parlo della mia voglia con le mani ferme sul tuo culo nudo, così senti nelle orecchie e senti nella pelle. Oggi ti lecco la schiena e ti parlo di noi, dei giorni passati e di quelli futuri, delle idee più segrete, delle volte che mi hai fatto godere, delle volte in cui ti ho fatta godere, delle mille volte in cui ti farò godere solo entrandoti nei pensieri, nei momenti più improbabili. Senti la mia bocca come si occupa della tua tranquillità? Senti la mia lingua che ti lecca i brividi, che ti succhia le scapole? Pensa tutti i momenti in cui avresti voluto essere nuda davanti a me, esibire il tuo corpo erotico al mio sguardo estatico. Ricorda tutte le volte in cui hai voluto osare, in cui hai voluto superare il limite per vivere l’orgasmo che ti prende la testa, prima che il corpo. Ripensa ai giochi proibiti, voluti, preparati, dimenticati e poi vissuti, alle mani che hai desiderato addosso, tra le gambe, sulla fica, nella bocca aperta, con gli occhi fissi nei tuoi. Mani di un altro, mani di un’altra. Vivi le mie carezze che diventano strette, le mie mani dolci che diventano forti. Senti il piacere del sentirsi toccata, esplorata, avvinghiata. Girati, esponiti, apri il tuo desiderio segreto alle mie labbra. Fatti leccare la pelle, il calore, l’odore, fatti annusare il sapore, fammi succhiare il bisogno di sentirti amata, presa, desiderata, voluta come se fossi l’unica cosa al mondo, come se fossi la più attraente, desiderabile, invitante, eccitante, arrapante persona che c’è. Fammi prendere quello che sei per me, oggi, fattelo sentire addosso, piena di un desiderio senza confini, senza paure, senza freni. Riempi le mie mani, la mia bocca, le mie labbra, regalami tutta la tua passione. E io ti farò sentire l’amore sotto la pelle.
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È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro. Attenzione, perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili... ♠️🔥
- Andrea Camilleri
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writing patterns
Thank you again @ma-chi1993 for the tag! ♡⸜(ˆᗜˆ˵ )⸝♡
rules: share the first line of your last ten published works or as many as you are able and see if there are any patterns!
Now, since I've published just nine works on my AO3 account (I wish I could write shorter and more stories, sigh), I'm using my EFP account as a reference.
Also… why are my first sentences so short? That is the pattern, believe me.
La cosa più pericolosa, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "La cicatrice quella sera aveva ricominciato a pulsare, a scottare lungo la pelle del viso bruciato dall’abbronzatura e scorticato dalle rughe di vecchiaia, a scavare un solco di dolore dalla mandibola, lì dove nasceva, fino al lobo dell’orecchio destro." [🇬🇧] "That evening, the scar had begun to pulse again, to burn along the skin of his face, burned by the tan and flayed by the wrinkles of old age, to dig a furrow of pain from his jaw, where it began, up to his right earlobe."
Effetto Luna, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Due settimane e tre giorni." [🇬🇧] "Two weeks and three days."
L'Ideale del Paguro, (Luca) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Ce n’erano a centinaia." [🇬🇧] "There were hundreds of them."
Canto d'estate, di lacrime e d'odio, (Original, Poetry) || EFP [🇮🇹] "Bevi, ti strozzi, gocce tiepide che sbrodolano fino al mento, che ti colano fra le dita, che non distingui più dalla tua saliva, e hai ancora più sete" [🇬🇧] "You drink, you choke, warm drops that drip down your chin, between your fingers, that you can no longer distinguish from your saliva, and you are even thirstier"
Quattro di Picche, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Feliciano balzò in ginocchio sul suo sedile imbottito, si sporse contro il finestrino del treno e appiccicò le mani al vetro intiepidito dai raggi del sole." [🇬🇧] "Feliciano jumped to his knees on his padded seat, leaned against the train window and pressed his hands to the glass warmed by the sun's rays."
Come tempera nell'acqua, (Original) || EFP [🇮🇹] "La prima goccia è sempre la più bella, non trovi?" [🇬🇧] "The first drop is always the most beautiful, don't you think?"
Lithuanian Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Caro Eduard, dopo tutto questo tempo ho finalmente trovato il coraggio di rintracciarti di nuovo e di scriverti per avere tue notizie. [🇬🇧] "Dear Eduard, after all this time, I have finally gained the courage to search you out again and to write to have news from you."
Siberian Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Stringo il quadrato di carta stagnola fra le dita, formo un angolo sul bordo, in modo che la polvere si raccolga tutta al centro della strozzatura, e la inclino verso il cucchiaio che reggo con l’altra mano." [🇬🇧] "I squeeze the square of tin foil between my fingers, form an angle on the edge, so that all the powder collects in the center of the constriction, and tilt it toward the spoon that I hold with my other hand."
Chinese Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Il braccio di Ivan mi pesa sul petto." [🇬🇧] "Ivan's arm weighs on my chest."
Danish Cub, (Hetalia: Axis Powers) || AO3 -- EFP [🇮🇹] "Ho freddo alle punte dei piedi." [🇬🇧] "My toes feel cold."
I'm tagging writers pals again and all of you who are reading these words and who want to share their writing! ✩
#my post#writing game#tag game#fanfiction writing#original fiction writing#hetalia fanfiction#hetalia#luca 2021#pixar luca#luca fanfiction
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Polvere di gesso - Gianmaria Testa
youtube
🎼🎼perché non è il tempo che mi manca e nemmeno l'età🎼🎼
........
"Senza titolo" di Gianmaria Testa
Levigare le parole
fino alla trasparenza
fino al limite sottile
di fragilità e di rischio
per sentirle finalmente suonare
al tocco delle dita
o tagliarvisi le labbra
o raccoglierne i cocci muti
e riprovare.
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La strada in cui ho vissuto.
La strada in cui ho vissuto
Alla fine della strada c'erano cespugli
e fra i cespugli rotoli di filo spinato
antico. Antichissimo.
Il filo spinato
sotto il sottile ronzio del sole
Reliquie esauste
di una guerra precedente e crudele.
Le punte si sbriciolano sotto le dita
Il vento le disperde in polvere di ruggine
In polline di pace sulle colline bruciate
.
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«Io penso che la felicità sia una folgorazione che arriva mentre meno te l’aspetti e forse mentre meno te la meriti, ed é fatta di un nulla. È come quelle farfalle che voi prendete per le ali poi le lasciate andare e volano, e sulle dita vi è rimasto un po’ di polvere color d’oro, toccate le dita l’una contro l’altra e la polvere va via. Era la felicità e non ce ne siamo accorti»
Andrea Camilleri, evento “Libri Come” presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma - 2018.
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L’ergastolo è in rivolta,
le sbarre percosse fuori dal petto
i secondini accorrono
i manganelli a schiacciare le dita,
ma non c’è verso.
Fuori piove dentro piove,
i piedi nel ritmo che si fa boato
le grida diventano un canto,
è un coro di grazia. Dal lucernario
un raggio improvviso trafigge
i corpi, il panottico tutto;
nella polvere è già domani.
Dalla vita non si torna indietro.
#ninoelesirene#pensieri#frasi#persone#riflessioni#sentimenti#letteraturabreve#emozioni#amore#aforismi#vita#rivolta#cuore
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Amore, caro amore mio.
Raccontami una storia, che strappi pezzi di me seduta davanti al pianoforte, ti suono una canzone, accompagnamento, melodia che accolga i colpi di machete sulla mia schiena.
Distruggimi ch'è l'unica cosa che sai fare, rigirami fra le dita delle tue mani, sporche e stracolme di sangue che cola dalle mie ferite.
Alzo piano la testa e ti guardo negli occhi.
Un colpo sordo, il pavimento nero accoglie il mio corpo bianco e divento un quadro. Appendimi sopra il muro dietro al pianoforte che suona incontrollabile il dolore della perdita del pianista.
Divento tua creatura, esistenza inumana, colore sulla tela e dolore sulle labbra.
Mi mordo il labbro inferiore ed un sapore deciso nella bocca accoglie la tua anima dannata e la mia essenza più pura d'odio e amore.
Una nuova guerra.
Amore, caro amore mio.
Siamo sempre noi. Le bestie feroci. Animali assetati di sangue. Una dipendenza reciproca.
Esci dalla buia casa e lascia il quadro in bilico tra l'essere distrutto o accolto dall'umana sostanza.
Poi muori. Come sono morta anch'io che volo e sono libera, prima creatura incatenata. L'anima venduta al diavolo e poi restituita agli angeli. Volo.
Ricordati i tramonti e il mare fuori dalla finestra, poi buio.
Ti strappo gli occhi mentre mi strappi il cuore.
Prendi fuoco e resti cenere in penombra della vita che non hai vissuto.
Tu carnefice, io vittima. Io carnefice e assassino della tua anima dannata incatenandoti al muro, braccia, gambe per poi strapparti in due.
Viscere per terra, sangue sul mio volto, sorrido.
Tu, creatura mia, io prima, creatura sola. Nessun padrone, niente salvezza, colpisci e guardo il massacro nella buia stanza della nera casa.
T'odio, massacro creatura mia e piango, dopo sparo.
Il mio cervello sui muri tristi e sporchi, il pianoforte suona la canzone della morte del carnefice.
Muori che sono morta e perdiamoci negli inferi, nel quadro appeso al muro.
Fuori, la tempesta perfetta e colpisce come un'enorme palla da demolizione che compare dal nulla e sbatte dritta contro il cervello.
Distrugge tutto, dietro di lei, solo polvere, fumo denso, asfissia.
Amore, caro amore mio.
Ci siamo distrutti così tante volte.
Ci siamo mischiati il sangue e chi sei?
Chi sono?
L'odore del mare mi solletica le narici e di questa volta siamo in spiaggia.
Che arma utilizzerai?
Come mi difenderò?
Gli occhi, quei occhi scuri e freddi.
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È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro.
Attenzione perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti.
Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili. Una volta quando in campagna mi entrò la citronella nelle narici, nei polmoni e mi venne voglia di cantare ad alta voce e sentii il mio essere in armonia con l'universo, con il grandissimo nulla dentro cui fui felice di perdermi.
Andrea Camilleri
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“La felicità è una folgorazione. Ti arriva mentre meno te l’aspetti e forse mentre meno la meriti. È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d’oro…Attenzione perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili. Una volta quando in campagna mi entrò la citronella nelle narici, nei polmoni e mi venne voglia di cantare ad alta voce e sentii il mio essere in armonia con l’universo, con il grandissimo nulla dentro cui fui felice di perdermi.”
Andrea Camilleri
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(Pubblico questo post solo per me stessa perché mi piace rileggerlo e riderci su.)
[...] ove tu porgi aita,
Amor, nasce il coraggio,
O si ridesta; e sapiente in opre,
Non in pensiero invan, siccome suole,
Divien l'umana prole.
Ho indossato di nuovo il mio abito viola, perché ho letto, nel tuo sguardo, che mi stava bene. Ho riempito tutti i vasi del salotto di fiori freschi, perché la settimana scorsa, appena ti sei seduto, hai socchiuso gli occhi e hai detto che nel mio appartamento non solo la vista, ma anche l'odorato, il più trascurato dei sensi, trova pieno appagamento. E mi hai detto che qui, nella mia stanza, ti senti come nelle tue passeggiate solitarie verso la campagna: totalmente libero, ma consolato dalla mia presenza, simile a quella della femminina dea che si affaccia tra le nubi, in lontananza o nascondendo il volto. Che le donne sono come dee, vedute da lontano: ed io, da come mi guardi, credo di esserlo per te anche da vicino. Però non vuoi avvicinarti troppo perché hai paura, lo so. Ma di che cosa? Dell'immagine che ti sei costruito di te stesso: un uomo solo, incompreso e che ha abbandonato l'agone della realtà per rifugiarsi nell'illusione. Mi hai confessato che tu non puoi chiedere amore, non devi neanche desiderarlo. E infatti, dici di non provarne. Hai l'animo agghiacciato - così ti sei espresso, provocandomi un brivido di sconforto che ho dissimulato. Nessuno può raggiungerti, nel tuo palazzo d'inverno. Ma qui da me è primavera. La senti, la guardi, l'annusi. Il mio sesto senso dice che sei davvero con me, e non assente, da un'altra parte, mentre siamo insieme. Questo è il complimento migliore che puoi farmi. Ecco che arrivi. Il valletto t'introduce nel mio salotto. Io ti accolgo seduta e ti porgo, da baciare, una mano. È costumato far così, non sfiorarla neppure. Ma io, ogni volta, spero che tu la prenda e vi posi le labbra, sostandovi e premendole sul mio mezzo guanto traforato, sulle dita nude.
I tuoi occhi sono la prima cosa che guardo. La settimana scorsa li avevi velati di muco; adesso sono quasi del tutto sigillati: fatichi a sollevare le palpebre, ma fai finta di nulla. "Dovete procurarmi tutto ciò che avete dato alle stampe, fino al minimo foglio," ti dico. Tu mi hai portato la bozza di un romanzo di quel Ranieri, di cui tu vai pazzo, ma di cui a me non importa un fico secco. "Vorrei vedere le vostre ultime pubblicazioni, signor conte: il libraio le aveva esaurite; vi prego, portatemele". Tu mi consegni due o tre lettere di Monti, Alfieri, persino di un militare che mi dici assai valoroso e distintosi nella campagna di Russia. Non sai che ti ho chiesto di portarmi quegli autografi solo per rivederti. Ti ringrazio come convenuto, mostro entusiasmo e conservo i tesori nella mia scatola foderata di velluto. "Che ne dite di passare al tu? Potete darmi del tu, volete?" Ti chiedo speranzosa. "Ho dato del tu solo ai miei fratelli, non saprei…" "Potete considerarmi una vostra sorella", mi precipito a dire, anche se vorrei essere ben altro che tua sorella. "Ma…sì, va bene, sono onoratissimo di questa vostra proposta alla quale mi conformero`." "Come stai?" Ti chiedo finalmente assaporando quella desiderata confidenza, almeno verbale. "I tuoi occhi erano infreddati, adesso vanno meglio?" "Non mi curo di loro più di quanto essi facciano di me, e loro hanno deciso di non servirmi". "Anch'io ho avuto un piccolo fastidio agli occhi", mento, "ma con una soluzione boracica procuratami nella farmacia di Santa Maria Novella va molto meglio", dico accennando ai miei occhi, spalancandoli. "Potrei fartela provare" "Ma no, non darti pena per un tale nonnulla…" "Insisto!" Dico sorridente e determinata. Mi alzo e chiedo "Con permesso…" mentre vado verso il corridoio e poi nel camerino dove ci sono le garze di cotone, i piccoli bacili di metallo, la polvere di boro. Preparo svelta la soluzione e torno in salotto. Tu tieni gli occhi chiusi, quasi strizzati. Devono darti molta noia. Li riapri e guardi meravigliato ciò che tengo in mano. "Prego, resta pure con gli occhi chiusi. Inclina la testa un po' all'indietro. Non preoccuparti" "Ma…" tenti di protestare. Io però non ho intenzione di retrocedere: mi avvicino a te e, con molta delicatezza, ti poggio la compressa imbevuta sugli occhi. Non dici nulla. Stai fermo, con gli occhi bendati. Sfioro con due dita la tua attaccatura dei capelli. Guardo la punta del naso, le labbra, e vorrei dare corpo a quella fantasia che ho avuto fin dalla prima volta che ti ho visto. "Potrei?" Chiedo, come a me stessa. "È un sogno…" dici, anche tu parlando a te stesso. "Sì, povero te, proprio un bel sogno…" prosegui, con un sorriso assente, accennato. Guardo il tuo labbro superiore, che quando chiudi la bocca resta sporgente rispetto a quello inferiore. Questo particolare, i tuoi occhi azzurri, e la tua piccola statura, in un momento mi avevano come inebriata, raccontandomi la favola di ciò che sarei stata: il tuo desiderio più grande, la donna più bella di tutte, che si china proprio su di te… Tolgo la compressa dai tuoi occhi: mi guardi come nessuno mi ha mai guardata. Sbatti le ciglia bagnate come cercando di svegliarti. Ti bacio.
#racconto#prima e seconda parte#fantasia#immaginazione#universo parallelo#aspasia#fanny targioni tozzetti#soap opera#fiction#short story
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Epigrammi
Prima che la OFMD apocalypse si abbatta su di me, cinque frammenti di cento parole precise :)
Espressamente per unə certə Ducko per motivi che sa ləi 8B
Somnophilia
Se avessi contezza del modo in cui mi manchi, sono certo che ti sveglieresti.
Ho letto troppe storie di sonni fatati interrotti da un bacio d'amore, per non pensarci, qui chino al tuo capezzale come una vedova in lutto. Io, che non ho il coraggio di sfiorarti le dita, fantastico di richiamarti a me baciando le tue labbra. Invece spio come un ladro il sollevarsi lieve del tuo respiro; sono geloso dei lacci della tua camicia, invidio il cuscino che porta il peso dei tuoi riccioli.
E spasimo, come se le mie mani osassero imitare ciò che fanno gli occhi.
Scriptorium
Uno schianto e tutto quello che c'era sullo scrittoio cade, ma non m'importa mentre ho la tua schiena di gatto a curvarsi sotto le mie dita, mentre sotto di noi rivoli d'inchiostro rosso e turchino scorrono sulla pergamena bianca, mentre i tuoi polsi sottili sembrano così fragili nella mia stretta. Polvere d'oro nel fulvo trionfo dei tuoi capelli, filigrana d'oro negli ansiti che sfuggono ai nostri baci, oro fluente nella tua gola che guizza sotto le mie labbra, oro la luce dello scriptorium sulle tue spalle nude, ma più brillante, sopra ogni altra cosa, il vivo oro dei tuoi occhi.
Altar
Ti abbandoni per me sull'altare come su un letto, angelo, apri per me le braccia come un libro apre le pagine; per me fai del tuo corpo un baluardo e un'alcova; mi salvi dal contatto col suolo consacrato, ma mi precipiti in un inferno più cocente ancora, soffocandomi nel desiderio della tua carne, delle tue ciglia pesanti, del tuo respiro lieve. Quasi non m'accorgo di posare una mano sul marmo, finché il bruciore mi fa portare le dita alla bocca. "...Com'è?" sussurri, fissandomi. Quasi non respiro mentre prendo un cero, lascio cadere sulla tua mano una goccia di cera incandescente.
"Open up."
La prima volta sono stato io. Ci penso ogni volta, mentre mangi con quell'abbandono che mi fa venir voglia di ridere, mi fa venir voglia di morderti. Già allora non potevo fare a meno di chiedermi come sarebbe stato, fossero state le mie mani a portare quel primo boccone alle tue labbra. Capisci allora che immergere le dita nel vaso di miele mi fa battere il cuore di anticipazione. "Apri la bocca." Premo le dita sulla tua lingua e quando per un attimo chiudi gli occhi, mi sento come se stessi per inghiottire anche me insieme alla goccia di miele.
Statue
C'è quella storia dello scultore che si innamorò della propria opera. Ti ricordi? Galatea, bianca come il latte. Non fatico a crederlo; perché questo marmo serico sembra vivo e soffice come la tua pelle, perché il tuo profilo sembra fatto per il rilievo di una moneta, perché ho cesellate nella memoria le pieghe della tua veste, le volute morbide dei tuoi riccioli. Ma la luce mutevole del tuo sguardo, la fuggevolezza dei tuoi capricci e dei tuoi sorrisi, il colore cangiante dei tuoi occhi rifiutano di farsi catturare; tanto varrebbe provare a catturare il riflesso del sole quando brilla sull'acqua.
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