#direttori famosi
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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L'ironia di Toscanini: il genio e la risposta memorabile del Maestro. Cinzia Perrone racconta un episodio emblematico che celebra il carisma e la personalità di Arturo Toscanini. Recensione di Alessandria today
Alessandria, 15 dicembre 2024 – Arturo Toscanini, figura emblematica della musica classica, è protagonista di un episodio tanto curioso quanto significativo, riportato dalla validissima autrice di Alessandria Today,
Alessandria, 15 dicembre 2024 – Arturo Toscanini, figura emblematica della musica classica, è protagonista di un episodio tanto curioso quanto significativo, riportato dalla validissima autrice di Alessandria Today, Cinzia Perrone. L’aneddoto, ambientato nel prestigioso Metropolitan di New York nel 1910, ci mostra un Toscanini ironico, brillante e sempre fedele alla sua maniacale precisione…
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promozionisitiweb · 2 years ago
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Ecco la potenza del clan dei CASALESI. Cena da 320 euro “a cranio” tra Nicola Schiavone monaciello, l’uomo più potente del Pd in materia di lavori pubblici e ferroviari e il dirigente dei dirigente, il direttore dei direttori di Rete Ferroviaria Italiana
Nella prima parte dell’articolo che colleghiamo allo stralcio dell’ordinanza che poi pubblichiamo integralmente in calce allo stesso, ci soffermiamo su un pranzo di compleanno a cui Pierfrancesco Bellotti, quello che pietiva al cospetto di Schiavone un incontro con il notabile politico Salvatore Margiotta, per diventare direttore del Compartimento ferroviario di Bari. Il clou riguarda però un altro pranzo, molto più ristretto, molto più importante che dimostra chiaramente quanto contasse Nicola Schiavone monaciello dentro ad Rfi e anche dentro alle strutture politiche più importanti del nostro paese. Ricordatevi che magari quel giorno, dopo aver pagato con American express il super conto, monaciello ha preso la sua auto e da Roma si è trasferito a Casal di Principe a consegnare soldi per il mantenimento della famiglia di Francesco Schiavone Sandokan, così come è risultato dalle dichiarazioni della moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa e del figlio Nicola Schiavone junior
CASAL DI PRINCIPE (G.G.) Quanto può costare, n pranzo luculliano per 10 o più persone in una delle sale importanti dell’Hotel Adrovandi di Roma? Non certo 100 euro a testa ma a nostro avviso, quale migliaia di euro. L’Aldrovandi, per chi si fosse perso le puntate precedenti di questo nostro lungo focus, è il sontuoso albergo che NicolaSchiavone Monaciello aveva trasformato nel suo quartier generale dove riceveva la maggior parte dei suo ed interlocutori “di danari” con cui stabiliva trame e stipulare accord.
Il pranzo in questione è quello che si tenne per la festa dei 40 anni dello scalpitante medio-dirigente, di voraci ambizioni, di Rete Ferroviaria Italiana Pierfrancesco Bellotti.
Subito dopo il blitz dei carabinieri, dopo le perquisizioni dei carabinieri del 3 aprile 2019, Bellotti, forse non sapendo quanto materiale gli inquirenti avessero raccolto su di lui – soprattutto intercettazioni ambientali- chiede ed ottiene di verbalizzare spontanee dichiarazioni in cui afferma che a pagare il pranzo di compleanno al quale avrebbe partecipato una decina di suoi congiunti, fu lui stesso tra il 29 e il 30 dicembre 2018.
Pagamento in contanti. E già questo risulta molto strano. Un dirigente di un’azienda di stato, quando fa una spesa significativa, dovrebbe tenere a che tutto sia chiaro, evidente e tracciato. Bellotti che al pari di molti suoi colleghi, era in tutta evidenza un dirigente sui generis, dice, al contrario, di aver pagato mille euro, cioè 100 euro a testa, che lo paghi da Mimì alla Ferrovia o alla Zì Teresa, e di aver acquisito ricevuta dall’hotel attraverso una mail. Dice ancora, il Bellotti, che l’Aldrovandi lo scelse perchè ne aveva apprezzato la qualità nelle volte in cui lì si era incontrato con Nicola Schiavone su invito di quest’ultimo.
Ovviamente, questa testimonianza, questa ricostruzione non ci convince affatto. Prima di tutto perchè il pranzo si è tenuto il 9 dicembre, dunque il pagamento in contanti ci sarebbe stato 20 giorni dopo. Risulta strano che un dirigente di un’azienda di stato, che comunque un 4mila/5mila euro al mese, per la sua mansione, li intasca, oltre alla tredicesima e alla quattordicesima, debba spettare 20 giorni per pagare, per di più in contanti, mille euro.
Avrebbero chiosato i famosi Trettrè di cui qualche settimana si è pianta la scomparsa di uno dei componenti, “A mmè m’ par ‘na strunzat“.
Chi aveva un conto aperto all’Aldrovandi era, in tutta evidenza, Nicola Schiavone. Ora, può anche darsi che la cifra in contanti sia stata versata da Bellotti. Ma siccome quel tipo di albergo non è che si emoziona più di tanto se ha come ospite un dirigente di Rfi e neppure di prima fascia, essendo abituato a ben altri vip, un ritardo di 20 giorni nel pagamento di un conto tutto sommato non salatissimo, a meno che non abbia ordinato solamente bruschette e acqua minerale, potrebbe essere giustificabile solo in quanto perorata, garantita dallo Schiavone, il quale, all’Aldrovandi, portava, come si suol dire, denari “con la pala” e dunque, accipicchia, se il monaciello non era un cliente di prima classe.
Ciò, ammesso e non concesso che quel conto l’abbia pagato realmente Bellotti. La scelta del contante (non a caso la cifra dichiarata ammonta a mille euro, dunque nel rispetto del limite di circolazione di moneta liquida per le transazioni), ha reso difficile, se non impossibile il lavoro di tracciamento degli inquirenti, il lavoro dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Caserta che stavolta non si sono imbattuti nel “solito” pagamento con la carta di credito intestata a quella gran testa di legno di Luca Caporaso ma utilizzata sempre e in ogni circostanza da Nicola Schiavone con prelievi effettuati dal conto corrente della TEC srl, con sede a Napoli nel borghese Viale Gramsci, una delle aziende della combriccola.
Questa, evidentemente, era considerata dall’istituto di credito a cui si rapportava, tanto solida, da poter tranquillamente accedere al circuito dei circuiti delle carte, la mitica American Express, con cui puoi fare realmente di tutto e che ti consente di pagare quando il tuo conto è in rosso di 5mila o 10mila euro anche di cifre ancora più ingenti.
LA CENA DELLE CENE: CASALESI, POLITICA E BOIARDI DI STATO – Questa carta ricompare, invece, per uan super cena, svoltasi al ristorante Il San Lorenzo, lussuosissimo locale, ubicato dietro a Campo de’ fiori e in quella zona del Pantheon nella quale Nicola Schiavone monaciello si muoveva da padrone, visto e considerato che lì convocava, seppur in ristoranti di rango leggermente inferiore, ad esempio La Rosetta, altri dirigenti Rfi tipo Paolo Grassi, sulla quale abbiamo dedicato lo scorso 18 agosto uno dei capitoli più esilaranti di questo focus un regalo di piccoli ma elegantissimi due gemelli da camicia (CLIKKA E LEGGI), acquistati da monaciello el celeberrimo negozio di Cartier in via Condotti e regalatigli dallo stesso Schiavone proprio durante una cena a La Rosetta. Locale che prende il suo nome proprio dalla strada in cui si trova.
Ma questa a cui faremo cenno è la cena delle cene. Sicuramente quella più importante, a più alto peso specifico, da noi raccontata tra le tante che costituiscono ossatura della narrazione di questa ordinanza. Attorno ad un tavolo del San Lorenzo, oltre a Nicola Schiavone, sono seduti, infatti, Salvatore Margiotta, il senatore del Pd salvatosi in extremis da una condanna per corruzione (CLIKKA E LEGGI), sancita dalla corte d’appello e riscattata con un’assoluzione dalla corte di Cassazione, e diventato il fulcro, il dominus del Pd, nel settore dei lavori pubblici, soprattutto nel settore dei grandi lavori ferroviari.
Un uomo tanto potente, da ricoprire, contemporaneamente, la carica di vicepresidente della commissione infrastrutture, lavori pubblici, trasporti, del Senato, unica carica che non ha lasciato in occasione della sentenza di condanna di cui sopra per la quale Margiotta si autosospese dal partito, si dimise da vicepresidente della commissione interparlamentare di vigilanza sulla Rai ed entrò nel gruppo misto, prima di litigare al suo interno chiedendo asilo a quelli di Area Popolare cioè al partito fondato dall’allora ministro Angelino Alfano, scissionista da Forza Italia. Una carica che Margiotta ha fatto coesistere a lungo con una altra di minore visibilità, ma probabile importanza ancora maggiore: quella di presidente, della potente associazione armamentisti che raccoglie tutti i produttori di attrezzature, strutture, a partire dai binari – roba costtosissima -, che riempivano le casse elle aziende di questi imprenditori in occasione degli appalti realizzati da Rfi.
Del potere di Salvatore Margiotta si ebbe poi una ulteriore prova quando, nel 2019, in occasione della nascita del governo giallorosso, guidato da Giuseppe Conte, lui assunse la carica di sottosegretario presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riteniamo con una delega specifica relativa alle ferrovie, in nome e per conto di un Pd guidato al tempo da Zingaretti e quindi a nome di un Pd antitetico rispetto alla precedente gestione di Matteo Renzi, a cui Margiotta doveva molto per gli incarichi parlamentari nelle commissioni per lui fondamentali, e per le candidature ottenute.
Insomma a quel tavolo del ristorante Il San Lorenzo, c’era un numero 1, in grado di muovere tantissimo sia in Parlamento, sia in un governo di cui non faceva ancora parte ma che non poteva non tener conto di quella fase, era il 26 settembre 2018, in cui la cena di svolse.
Il terzo commensale era Umberto Lebruto. Fino ad ora hanno sfilato dentro ai nostri articoli, decine di nomi di dirigenti di Rfi. Nessuno di questi, però, aveva il potere di Lebruto, direttore d produzione presso la sede centrale di Rfi a Roma. Dalla struttura asciutta di questa definizione si capisce che non c’è molto da spiegare dato che Lebruto era il direttore centrale di produzione sotto al quale si muovevano tutte le direzioni territoriali di Rfi. Insomma, il direttore di tutti i direttori.
Ora, il fatto che Nicola Schiavone monaciello, una persona creata imprenditorialmente da Francesco Schiavone Sandokan, da questi sostenuta prima e dopo il suo arresto, uno che, mentre incontrava il gotha della politica italiana e dei manager di stato, si preparava, magari subito dopo quella cena o magari il giorno dopo a recarsi a Casal di Principe per portare soldi in contanti a sostegno del tenore di vita della famiglia di Francesco Schiavone, soldi in contanti che erano serviti quando era a piede libero e continuavano a servire da arrestato ancora non pentito per il pagamento degli avvocati, all’altro Nicola Schiavone cioè il figlio di Sandokan, che lui, il monaciello, peraltro come abbiamo più volte sottolineato negli articoli a commento di questa ordinanza, aveva battezzato.
Al di là di quelli che sono le motivazioni tecnico giuridiche che hanno indotto il tribunale del Riesame a ritenere non sussistente la contestazione dell’articolo 416 bis, il buonsenso, l’esperienza, la conoscenza dei luoghi, dei contesti, i racconti convergenti, sovrapponibili dei collaboratori di giustizia, a partire dallo stesso Nicola Schiavone junior, fino ad arrivare a quelli, volontariamente concessi da sua madre Giuseppina Nappa, ci consentono di dire con serenità e assumendocene interamente le responsabilità, che a quel tavolo del ristorante Il San Lorenzo, fossero sedute 3 aziende o tre enormi potentati: il clan dei casalesi, Rete Ferroviaria Italiana rappresentata ai suoi massimi livelli e il politico più potente nel settore dei trasporti, dei lavori pubblici riguardanti le reti ferroviarie, tanto potente che pur non essendo un imprenditore, era stato scelto da imprenditori veri come presidente di un’associazione datoriale, quella degli armamentisti, un potere forte, una lobby che, fino a prova contraria si occupava solamente di strutture ferroviarie, dunque di binari, di carrozze, di cavi senza coltivare anomale relazioni esterne, magari riguardanti solo qualche sua componente interna con mondi che in Italia hanno contato e contano ancora e che all’Italia hanno arrecato solo guai.
Per la cronaca, un pranzo di tre persone, costò a monaciello la cifra di 960 euro, dunque, per dirla alla romanesca maniera, 320 euro “a cranio” che gli altri due commensali cioè il senatore Margiotta e il super manager Umberto Lebruto si guardarono bene da pagare “alla romana”, e corrisposti con la citata American Express della TEC srl. Sicuramente un super conto, tutto sommato congruo rispetto a chi c’era attorno a quel tavolo, cioè il clan dei casalesi, un uomo che di lì a pochi mesi sarebbe diventato, da sottosegretario di stato, un uomo del governo del paese e, infine, il terzo/quarto dirigente per ordine di importanza di una gigantesca azienda di stato, dell’ormai famigeratissima Rfi.
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francyfan-bukowsky · 1 year ago
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Ti ho vista bere a una fontana con minuscole
mani azzurre, no, le tue mani non sono minuscole
sono piccole, e la fontana si trova in Francia
da dove tu mi scrivesti la tua ultima lettera
io risposi e poi non ebbi più tue notizie.
un tempo scrivevi folli poesie su
ANGELI E DIO, tutto in maiuscolo, e
conoscevi artisti famosi e per la maggior parte
erano tuoi amanti, e io risposi: va bene,
procedi, entra nelle loro vite, non sono geloso
perché non ci siamo mai incontrati. Ci trovammo vicini una volta a
New Orleans, a mezzo isolato, ma non ci incontrammo mai, mai
ci toccammo. Dunque tu andasti con i famosi e dei famosi
scrivesti, e, ovviamente, scopristi
che ciò di cui i famosi si preoccupano è
la fama – non della bella ragazza accanto a loro
nel letto, che gli dà quella cosa lì, e che la mattina
si sveglia per scrivere poesie in maiuscolo sugli ANGELI DI DIO. Noi sappiamo che Dio è morto, ce l’hanno detto,
ma ascoltando te non ero più sicuro. Forse
a causa delle maiuscole. Eri una
delle poetesse migliori e io dissi agli editori,
ai direttori: "pubblicatela, pubblicatela, è matta ma è
magica, non c’è menzogna nel suo fuoco". Ti amai
come un uomo ama una donna che non tocca mai, a cui scrive,
le cui piccole fotografie conserva. Ti avrei
amata di più se fossi stato seduto in una stanzetta arrotolandomi una
sigaretta e ascoltandoti pisciare in bagno,
ma non è andata così. Le tue lettere diventarono più tristi.
I tuoi amanti ti tradivano. Piccola, ti scrissi io,
tutti gli amanti tradiscono. Non servì. Dicesti
d’avere una panca del pianto che si trovava presso un ponte,
il ponte era su un fiume e tu sedevi sulla panca
del pianto ogni notte e piangevi per gli amanti che ti avevano
ferita e dimenticata. Riscrissi, ma
non ebbi più risposta. Tre o quattro mesi più tardi un amico mi scrisse
del tuo suicidio. Se ti avessi incontrata
probabilmente sarei stato ingiusto con te o tu
con me. E' meglio che sia andata così.
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Charles Buk🖤wski
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personal-reporter · 2 years ago
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Il cartellone 2023 – 24 di Opera Lombardia
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Tutto è pronto per la Stagione 2023/2024 di Opera Lombardia, un cartellone che premia l’ottimizzazione dei costi e la condivisione di idee, risorse, progetti, palinsesti, un fiore all’occhiello da non perdere, grazie al prezioso sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo e  la collaborazione del Teatro Donizetti di Bergamo, il Teatro Grande di Brescia, il Teatro Sociale di Como / AsLiCo, il Teatro Ponchielli di Cremona e il Teatro Fraschini di Pavia. I nuovi allestimenti, pensati per la stagione 2023/2024, sono partiti a giugno con L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, coprodotta con Teatro Verdi di Pisa e Teatro Alighieri di Ravenna. Il 28 settembre ci sarà  al Teatro Sociale di Como un classico del repertorio mozartiano Die Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart, con vincitori e finalisti delle ultime edizioni del Concorso AsLiCo che saranno diretti dal Maestro James Meena, che guiderà la compagnia anche in alcune recite in programma al Teatro di Opera Carolina di Charlotte nell’aprile 2024, con cui è coprodotta l’opera, insieme alla Fondazione Teatro Verdi di Trieste. Titolo assente per anni dai palcoscenici lombardi, Luisa Miller di Giuseppe Verdi farà il suo debutto il 27 ottobre a Como in un nuovo allestimento, coprodotto dai Teatri di OperaLombardia insieme a Opéra Grand Avignon, Opéra de Tours, Teatr Wielki Poznan e Opera Slaska Bytom. Infine ancora Verdi sarà a Pavia con Don Carlo col nuovo allestimento dal Teatro Fraschini previsto per il 17 novembre. Si conferma anche in questa stagione la collaborazione con I Pomeriggi Musicali, diventata negli anni partner del Circuito e un eccellente accompagnamento musicale delle diverse produzioni. Ma Opera Lombardia si conferma un progetto attento anche alle tematiche dell’inclusione e dell’accessibilità, grazie al progetto OPEN dedicato a persone con disabilità sensoriali, ideato dalla Fondazione del Teatro Grande nel 2017,  dallo scorso anno coinvolge anche il Teatro Sociale di Como e il Teatro Ponchielli di Cremona. Per la Stagione 2023/2024 il progetto OPEN renderà accessibili Don Carlo e Madama Butterfly, attraverso sovratitoli, audiodescrizioni e percorsi multisensoriali che verranno organizzati nelle città aderenti, inoltre al Teatro Grande di Brescia saranno accessibili anche gli altri titoli della Stagione rappresentati. Oltre ai numerosi cantanti che sono diventati famosi, Opera Lombardia ha dato l’opportunità a direttori d’orchestra, registi, scenografi e costumisti di farsi apprezzare nelle produzioni del circuito. Sono state diverse le possibilità che negli anni l’evento ha dato a giovani team creativi di rivelare professionalità e creatività, ed ora ci sarà l bando per la selezione di un progetto di regia per la coproduzione de La bohème di Giacomo Puccini per OperaLombardia nell’ambito della Stagione d’Opera 2024-2025, in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Parma e in collaborazione con Opera Europa. Tra le novità di questa stagione, gli eventi organizzati per il World Opera Day,  dove i Teatri del circuito venerdì 20 ottobre, alle 20.30, al Belvedere del 39° piano di Palazzo Lombardia, proporranno una selezione di arie tratte dai titoli coprodotti dal circuito. Lo stesso giorno, alle 17.30, vi sarà un laboratorio, a ingresso gratuito, per bambini dai 6 ai 12 anni, che sarà un’anteprima dei progetti di Opera Education che per l’anno 2023/24 presenterà l’opera Turandot di Giacomo Puccini in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte del compositore. Il laboratorio proporrà racconto, ascolto, gioco musicale e canto, permettendo la scoperta di una delle favole in musica più conosciute e affascinanti. Tutte le iniziative avranno il sostegno di Regione Lombardia, Fondazione Cariplo e Ministero della Cultura. Read the full article
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corallorosso · 4 years ago
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Celebrity Hunted, ovvero: la televisione pensa che lo spettatore sia scemo Finalmente, ce n’è voluto ma alla fine il gran giorno è arrivato: un programma che dichiara, una volta per tutte, che la televisione considera lo spettatore un deficiente. Basta stare a giraci intorno. La verità ci fa male, lo sappiamo, ma quando ci vuole ci vuole. E dopo decenni di illusioni, meglio la realtà dura e cruda. Il gran merito di questo disvelamento spetta a “Celebrity Hunted”, seconda stagione (che solo il fatto di aver lasciato la prima impunita meriterebbe un plauso) di una specie di minestrone di generi confezionato con dovizia per Amazon Prime. In sintesi sette vip devono nascondersi in giro per l’Italia e non farsi trovare fino al raggiungimento dell’obiettivo finale. Girano il Paese, hanno a disposizione due spicci e un telefono di vecchia generazione ma sono molto vip e quindi con un sacco di amici pronti ad aiutarli. L’inseguimento è a cura di «un team con i più temuti e noti professionisti del settore, come esperti di cyber security e human tracker delle forze dell’ordine e dei servizi militari». Che si fanno infinocchiare per amor del gioco come un ispettore Ginko qualsiasi. Nel senso che mentre Stefano Accorsi scappa al passo su un cavallo, evidentemente circondato da una troupe con cameraman, fonici, direttori della fotografia, ispettori di produzione, organizzatori, trucco e parrucco, gli inseguitori si guardano intorno in una landa desolata e anziché seguire il codazzo produttivo scuotono il capo al grido di «dannazione, non riusciamo a trovarlo, chissà da che parte sarà andato». Così per sei puntate, fino a che persino il pubblico più ingenuo si rende conto che la tv e la verosimiglianza vanno senza meta ma da un’altra parte. Poi per carità, il prodotto è di ottima fattura, un po’ “Pechino Express“, un po’ “Hunger Games“, un po’ tutto il resto. E i famosi fanno spettacolo, ognuno mostrando il suo lato più significativo (Diletta Leotta si fa i selfie, Achille Lauro si traveste, Miss Keta stona, Accorsi cerca un’idea sua, Vanessa Incontrada è affettuosa e così via), gli inseguitori sono vestiti di nero con le macchine nere per non rischiare di confondersi tra la folla, il gatto delle nevi la fa da padrone e la tensione non si riesce a tagliare con il coltello perché è posticcia al punto da rimanerci attaccata. Alla fine, andando oltre alla sgradevole sensazione di essere stati bellamente turlupinati, il risultato è che guardando tutti quei denari spesi per la sontuosa realizzazione si svela un’altra verità: il denaro non solo non regala la felicità, ma, a volte, neppure buoni programmi. di Beatrice Dondi
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diceriadelluntore · 5 years ago
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Dispute
In un capitolo di un delizioso libro di qualche anno fa, del 2014, dal titolo Organi Vitali (pubblicato in Italia da Adelphi), l’autore Frank Gonzales-Crussi, di mestiere anatomopatologo scrive:”Dentro l’animo di molti medici, si nasconde il desiderio di accostare il proprio nome ad una rara e spettacolare malattia”. 
Con un pizzico di ironia, sto pensando a questa frase assistendo alle dispute, per lo più di tipo mediatico, che famosi medici stanno quotidianamente approntando sul tema, epocale, del covid-sars2. Ormai molti volti sono diventati familiari, dopo anni di conoscenze solo per addetti ai lavori, e uno dei meme più belli della quarantena è l’album Panini dei Virologi.
Non è una novità che in periodi di forte e massiccia attenzione dell’informazione su alcuni temi l’esperto venga alla ribalta: successe con gli studiosi di geopoltica e gli esperti del mondo arabo-islamico dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York o gli attentati di Parigi o Bruxelles, oppure gli esperti di urbanistica europea per gli scontri delle banlieu, e i direttori delle riviste di armi che vengono invitati ad ogni bombardamento.
Dal punto di vista scientifico, ogni uomo che di scienza vive, dovrebbe far attenzione agli aspetti informativi che trasmette in quanto scienziato. Mi spiego meglio: un affermazione scientifica non è solamente vera o falsa, quando è vera è esatta oppure è falsa ed è inesatta. Il principio scientifico include che un affermazione sia controllabile, verificabile e replicabile. Il progresso scientifico si basa molto sulle diatribe, sulle osservazioni esterne, sul confronto, è chiaro. E c’è un naturale aspetto competitivo nella ricerca, sia in termini scientifici, che socio-politici (fondi, visibilità, considerazione sociale, la stessa notorietà) che non può passare inosservato in un periodo così, dove per motivi indipendenti dalle nostre volontà sono divenuti familiari termini come “immunità di gregge”, “sierologico”, ”trasmissibilità” e grafici di curve di proliferazione epidemica e via dicendo. 
C’è sempre un sottinteso che la scienza sia “neutra”, pronta come un interruttore a darci una spiegazione, ad accendere la luce: in realtà, e ne abbiamo spesso esempi vicini, è molto importante ogni componente personale, che sia intuito, brillantezza, lo stesso momento personale dello scienziato. 
Una mia vicina ha portato gli stessi risultati di un test diagnostico (non per l’epidemia, ma per un altro problema) a 4 specialisti differenti, che le hanno dato 4 responsi diversi e conseguenti 4 cure differenti. Alla fine ricoverata in ospedale per un controllo, le hanno riscontrato un problema del tutto diverso dai precedenti 4, e adesso sembra stare bene.
Questo piccolo post di riflessione, che è sempre aperta a chi vuole (nei termini del rispetto e dell’accrescimento reciproco) lo concludo con uno degli aforismi più famosi sulla medicina: 
Anche la faccia del medico deve essere indecifrabile, non solo le sue ricette. Karl Kraus
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luna-lum · 5 years ago
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Ti ho vista bere a una fontana con minuscole mani azzurre, no, le tue mani non sono minuscole sono piccole, e la fontana si trova in Francia da dove tu mi scrivesti la tua ultima lettera io risposi e poi non ebbi più tue notizie. un tempo scrivevi folli poesie su ANGELI E DIO, tutto in maiuscolo, e conoscevi artisti famosi e per la maggior parte erano tuoi amanti, e io risposi: va bene, procedi, entra nelle loro vite, non sono geloso perché non ci siamo mai incontrati. Ci trovammo vicini una volta a New Orleans, a mezzo isolato, ma non ci incontrammo mai, mai ci toccammo. Dunque tu andasti con i famosi e dei famosi scrivesti, e, ovviamente, scopristi che ciò di cui i famosi si preoccupano è la fama – non della bella ragazza accanto a loro nel letto, che gli dà quella cosa lì, e che la mattina si sveglia per scrivere poesie in maiuscolo sugli ANGELI DI DIO. Noi sappiamo che Dio è morto, ce l’hanno detto, ma ascoltando te non ero più sicuro. Forse a causa delle maiuscole. Eri una delle poetesse migliori e io dissi agli editori, ai direttori: "pubblicatela, pubblicatela, è matta ma è magica, non c’è menzogna nel suo fuoco". Ti amai come un uomo ama una donna che non tocca mai, a cui scrive, le cui piccole fotografie conserva. Ti avrei amata di più se fossi stato seduto in una stanzetta arrotolandomi una sigaretta e ascoltandoti pisciare in bagno, ma non è andata così. Le tue lettere diventarono più tristi. I tuoi amanti ti tradivano. Piccola, ti scrissi io, tutti gli amanti tradiscono. Non servì. Dicesti d’avere una panca del pianto che si trovava presso un ponte, il ponte era su un fiume e tu sedevi sulla panca del pianto ogni notte e piangevi per gli amanti che ti avevano ferita e dimenticata. Riscrissi, ma non ebbi più risposta. Tre o quattro mesi più tardi un amico mi scrisse del tuo suicidio. Se ti avessi incontrata probabilmente sarei stato ingiusto con te o tu con me. E' meglio che sia andata così.
Charles Bukowski
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bitterbianco · 3 years ago
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Gino Cenedese (Murano,1907-1973), grande artista del vetro, impara il mestiere da diversi maestri vetrai, primo tra tutti il grande Giacomo Cappellin. Nel 1946 Cenedese, insieme a Gino Fort, Pietro Scaramal, Angelo Tosi ed Edgardo Valmarana (tra i più qualificati e dotati artisti del periodo), fonda la Gino Cenedese Sr.l., azienda che da un lato continua l’antica tradizione del vetro artistico muranese (bicchieri soffiati, vasi, piatti, alzate e lampadari), dall’altro accogliele suggestioni dell’arte contemporanea, in una continua ricerca di nuove tecniche ed effetti. L’assetto dell’azienda cambierà più volte negli anni, sempre includendo artisti di grande eccellenza: maestri vetrai come Alfredo Barbini ed Ermanno Nason, direttori artistici come Giulio Radi e Antonio Da Ros, designers come Riccardo Licata, Napoleone Martinuzzi, Fulvio Bianconi, Luigi Scarpa Croce. Nel 1952 l‘azienda avvia anche una collaborazione biennale con il Centro Studio Pittori nell’Arte del Vetro di Murano (Fucina degli Angeli), realizzando oggetti disegnati da Marc Chagall (1954), Georges Braque e altri artisti. Molte del resto le creazioni innovative e originali della vetreria: gli Acquari (ideati da Licata), grandi blocchi di vetro incolore contenenti elementi in paste policrome, astratti o figurativi, prodotti dal 1952, e rimasti per molti anni tra i pezzi più tipici della Cenedese; le figure femminili in vetro massiccio, i pannelli decorativi in bassorilievo e i grandi lampadari di Napoleone Martinuzzi (1953- 1958); i famosi vetri sommersi (vasi di grosso spessore o figure molto stilizzate), produzione rinnovata negli anni ’50 e ’60 dallo sperimentalismo diAntonio Da Ros, che idea nuovi effetti cromatici, e i cui Contrappunti (vasi in vetro sommerso in vari toni di colore) ottengono il premio per la sezione di arte vetraria alla Biennale del 1960; infine le sculture uniche, ispirate ai mutevoli colori della laguna veneziana, dovute alla collaborazione con l’artista statunitense Harold Stevenson (1968-1969). L’azienda lavora tutt’oggi con le tecniche e l’arte di una tradizione tramandata di generazione in generazione, realizzando pezzi unici e senza tempo. Eleganti bicchieri, raffinati soprammobili, fantastici lampadari impreziosiscono in tutto il mondo le residenze di famiglie reali, imprenditori, personalità del mondo della finanza e dello spettacolo, portando con sé lo splendore del vetro di Murano e la delicata bellezza della laguna di Venezia.
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jewelryaccessories4u · 4 years ago
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Moda spagnola: Mans è il vincitore del premio Vogue Who’s On Next 2020 È stata sicuramente segnata dalle restrizioni dovute al Covid-19 la finale della nona edizione del premio “Vogue Who's On Next 2020” dedicato alla moda spagnola e organizzato dall’edizione locale di Vogue in collaborazione con Inditex, ma comunque ricca di talento, emozioni e creatività.La cerimonia, moderata dal direttore di Vogue Spagna Eugenia de la Torriente, ha visto tra gli interventi anche quelli dei direttori delle edizioni Italia e Messico, rispettivamente Emanuele Farneti e Karla Martinez de Salas a supporto della creatività internazionale e dell’industria della moda, una fra le più colpite dalle difficoltà della pandemia.A trionfare è stato il creativo Jaime Álvarez del brand maschile Mans, che si aggiunge ai già famosi vincitori delle precedenti edizioni: Marcela Mansergas (2012), Juan Vidal (2013), Maria Ke Fisherman (2014), ManéMané (2015), Moisés Nieto (2016), Leandro Cano (2017), Palomo Spain (2018) e Carlota Barrera (2019).“Sono orgoglioso di far parte della famiglia di Vogue e di essere supportato da così grandi personaggi del mondo della moda” ci ha raccontato il designer e direttore creativo del brand vincitore, nominato dal presidente della giuria Giambattista Valli, che insieme ai brand Ynésuelves e Dominnico componeva la rosa dei tre finalisti.Le caratteristiche significative di Mans si possono facilmente riconoscere dalla combo composta da artigianato-avanguardia, che portano alla definizione di una nuova mascolinità.La sartorialità classica viene reinventata partendo dai tessuti e l’estetica dei dettagli, per arrivare a una contemporaneità fatta di nuovi disegni e forme, ponendosi al centro fra i modelli più classici e quelli stravaganti visti sulle passerelle internazionali.Al creativo verrà assegnato un premio in denaro di 100.000 euro per lo sviluppo e la crescita del suo brand, insieme alla registrazione dall’Association of Fashion Creators of Spain (ACME) e la possibilità di partecipare alla prossima edizione della fashion week di Madrid, dedicata alla moda spagnola. --- Source: vogue.it
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tarditardi · 5 years ago
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PRAJA ON TOUR: 8 date tra l'8 e il 31 dicembre 2019... LA FAMOSA "CRISI" DEL CLUBBING... CHE NON RIGUARDA I "FORMAT", I VERI TOP DJ E LE DISCO che lavorano bene Pronti con le date del Praja on Tour? 07 dicembre Bari • Demodè, 14 Mesagne • Gayà, 21 Gallipoli • Corso Roma. 23 Mottola • Piazza XX Settembre, 23 Chieti • Tunnel Dance, 24 Foggia • Piano B, 26 TBA, 31 Lugano • Vanilla Se non vi basta, date un occhio ai tour Samsara (che pur chiuso a Gallipoli spinge forte con Danilo Seclì e Riccione), Vida Loca, Mamacita, Besame, i format anni '90, Freak, etc etc... Sono in CRISI, invece, gli pseudo "top dj guest", italiani e internazionali tanta spesa / poca resa, venduti da agenzie altrettanto "top" che si devono riposizionare... ma nel frattempo vendono ancora ai titolari / direttori meno avveduti. Ovviamente NON parlo di gente come Cristian Marchi, Samuele Sartini, Rudeejay, Gabry Ponte, Gigi D'Agostino (e mille altri, certo), gente che ha un seguito di veri FAN e che in console SPACCA... Il circuito techno è diverso, ovviamente, le star contano... ma i locali come il Bolgia di Bergamo e pure i club techno di dimensioni ridotte NON fanno una stagione di successo solo ospitando star come Amelie Lens... Parlo di tante mezze figure del mixer che si vantano di aver fatto chissà quel BIP di mash up e si fanno promozione con quelle cose lì e magari NON vogliono suonare nei dj bar, luoghi splendidi per tutti coloro che ancora non sono star (...) Attenzione: non parlo di ottimi dj resident NON famosi come Peter K del Pelledoca - Milano o Dr. Space (che lavora tra Costez e Circus, Brescia e Bergamo), che ovviamente qualche mash up lo usano pure... parlo dei FFFFFFFFFFenomeni del mixer che tanto hanno fatto per creare problemi ai locali e soprattutto a chi si vorrebbe solo divertire. Detto questo ripetiamo in coro: la crisi, la crisi, la crisi, la crisi (...) Lorenzo Tiezzi x AllaDiscoteca ENGLISH SUMMARY /// Italian clubs and DJs are not in a deep crisis. One nights, good resident DJs, real top DJs are going UP and UP... (presso PRAJA GALLIPOLI) https://www.instagram.com/p/B5qMHofoY-j/?igshid=15f0u6jehsz6p
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sciscianonotizie · 5 years ago
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Domenica 27 Raffaele Paganini al Marte di Cava dei Tirreni per Marte in Danza 2019
#ILMONITO
PRIMO WEEK END MARTE IN DANZA GRAN GALA DI APERTURA DOMENICA 27 CON RAFFAELE PAGANINI All’etoile internazionale il Premio alla Carriera A seguire 4 serate omaggio all’arte coreutica
Raffaele Paganini
Cava dei Tirreni,  25 Ottobre 2019  Tutto pronto per Marte in Danza, quinta edizione dell’evento patrocinato dal Conseil International de La Danse dell’Unesco, promosso e ospitato dal Marte – Mediateca Arte Eventi di Cava dei Tirreni con la direzione artista di Pina Testa e Stefano Angelini. Gran Gala di apertura domenica 27 alle 18.30: all’etoile internazionale Raffaele Paganini, che in passato, nella sua prestigiosa carriera ha anche condiviso la scena con i direttori artistici del MID, sarà consegnato il premio alla carriera. Il riconoscimento, istituito lo scorso anno e assegnato per la prima volta a Josè Perez, questa volta andrà a Paganini, in segno di riconoscenza per il suo essere stato messaggero della danza in tutto il mondo. Con l’artista italiano, si alzerà per la quinta volta il sipario su un evento che, in programma fino all’1 dicembre negli space del polo culturale metelliano, mira a divulgare l’alto valore propedeutico ed artistico della danza: cinque le serate durante le quali allievi promettenti, talenti emergenti, professionisti e grandi ospiti condivideranno lo stesso palco tra emozione e magia. Alla stella che incornicia Marte in Danza 2019, il compito di raccontare la propria esperienza, i suoi sacrifici, i suoi mille viaggi lontano dalla famiglia e dagli affetti per inseguire un sogno che poi è diventato realtà. Lui, che ha ballato nei teatri più prestigiosi di tutto il mondo, che ha impreziosito i corpi di ballo delle più importanti trasmissioni di successo, che ha firmato la direzione artistica dei più famosi eventi a tema danza, che ha tutelato questa meravigliosa arte, non potrà che essere d’insegnamento e stimolo alle nuove generazioni che con qualche tentennamento hanno scelto di cibarsi di danza e di credere che un futuro “alla sbarra” sia possibile. Il 9 novembre (alle 20.30) la rassegna prosegue con la serata “Viaggio nella danza” ovvero un tour tra stili ed espressioni che incrocia luoghi, paesi e continenti. Il 23 novembre (alle 20.30) il Marte si fa crocevia delle scuole più prestigiose della Campania che approderanno nel polo metelliano per un confronto sulla scena altamente costruttivo e formativo. In cartellone anche il doppio appuntamento (alle 17 e alle 20.30) del 30 novembre con “La danza nel mondo” per tradurre in passi tradizioni, culture, abitudini, stili di vita e poi il gran finale, l’1 dicembre, con la doppia grand soirée (alle 17 e alle 20.30) “Natale in Danza” che accompagnerà lo spettatore nella fiabesca, magica e calda atmosfera del Natale. INFO UTILI Il costo d’ingresso per il Gala di domenica 27 è di 10 euro; 6 euro il biglietto per gli altri quattro live danza. Per informazioni: 089 94 81 133, www.marteonline.com.
L'articolo Domenica 27 Raffaele Paganini al Marte di Cava dei Tirreni per Marte in Danza 2019 di Redazione
source http://www.ilmonito.it/domenica-27-raffaele-paganini-al-marte-di-cava-dei-tirreni-per-marte-in-danza-2019/
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corallorosso · 6 years ago
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Casapound ha sottratto quasi 5 milioni allo Stato: Salvini, coi 49 milioni della Lega hai fatto scuola Di Giulio Cavalli Professano la legalità (degli altri), agitano i manganelli, minacciano come piccoli vigliacchetti via social intimando a non parlare di loro e ciclicamente prendono a legnate qualcuno: gli amichetti di Casapound, così vicini al ministro dell’Interno e inevitabilmente sdoganati dalla fiele di questo tempo, sono una delle migliori rappresentazioni dei famosi moralisti con il culo degli altri che vorrebbero insegnarci un’Italia più sicura e più in ordine e intanto continuano leggeri a scivolare nell’illegalità come se nulla fosse. E al di là del costo sociale che scontiamo per averli tra noi (sopportati più di quel che la Costituzione ci dice he dovremmo sopportare) ora la Corte dei conti di Roma ci presenta anche il conto economico. Sono 4 milioni e 600mila euro di soldi sottratti alle casse pubbliche (sì, a noi, avete letto bene). Una bella somma per un partito che si lamenta di fare politica “senza soldi” e di non avere la giusta attenzione. ...E poi: “Non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di ‘espropriazione al contrario’ che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri un immobile di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio dello Stato causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario. L’occupazione ‘sine titulo’ dell’immobile da parte di Casapound e degli altri occupanti ha determinato una perdita economica per le finanze pubbliche e comunque una lesione al patrimonio immobiliare pubblico, dato che il cespite non è stato proficuamente utilizzato per oltre 15 anni”. “Tale danno – scrivono i magistrati contabili – va imputato a titolo di responsabilità gravemente colposa, all’inerzia dei direttori ‘pro tempore’ della direzione Roma Capitale dell’Agenzia del Demani e ai dirigenti competenti ‘pro tempore’ del Miur”. Tutto bene, responsabili di Casapound?
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diceriadelluntore · 6 years ago
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Inni
dal greco ýmnos, Componimento poetico accompagnato da musica, in particolare celebrativo di divinità, nazioni, ideali; celebrazione, esaltazione.
Ogni giorno, come inizio e come fine delle trasmissioni di Rai Radio1, viene eseguito Il canto degli Italiani, opera di Mameli per il testo e Mogaro per la musica. Fino al 31 Dicembre 2018 l’esecuzione scelta era quella della Berliner Philharmoniker Orchestrer, diretta da Claudio Abbado. Dal 1° Gennaio 2019 per decisione del presidente RAI Marcello Foa, l’esecuzione dell’Inno è stata cambiata con quella dell’Orchestra Nazionale RAI diretta da Fabio Luisi con la motivazione che essa rispecchia “rispetto e vicinanza verso le massime istituzioni del Paese” mentre l’esecuzione di quella che è considerata una delle massime orchestre della musica sinfonica del mondo diretta da uno dei direttori più famosi del ‘900, e italiano, “aveva causato malumori che ora sembrano risolversi per il meglio”.
Rimane il dubbio su chi, e per cosa, abbia protestato. Nel comunicato non si evince. Siamo arrivati all’autarchia pure sulle esibizioni musicali...
 Una volta ho sentito una storiella che si adatta benissimo al populismo di destra. Ci sono un politico di destra, un immigrato e un elettore intorno a un tavolo con dodici biscotti. Il politico arraffa undici biscotti e dice all'elettore "Attento, l'immigrato vuole prendere il tuo!" 
Maurizio Crozza
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decima-flottiglia-mas · 8 years ago
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. Xª FLOTTIGLIA MAS 29 settembre del 1943 il Battaglione, chiamato "Valanga", come la gloriosa 9° Compagnia del cap. Morelli, che già aveva indossato il cappello con la piuma essendo un reparto alpino a tutti gli effetti, era inquadrato su comando di battaglione e tre compagnie. Successivamente venne aggregata una 4° compagnia, chiamata "Sereneissima", proveniente dal Battaglione N.P. e quindi reparto di Marina. Nell'aprile del 1944 entrò a far parte della Decima MAS assumendo il nome di "Luca Tarigo", una unità della classe "esploratori" affondata nel Mediterraneo nel 1941, come tradizione per i reparti della X MAS e cambiando il copricapo dal cappello alpino al basco con il giro di bitta della Marina. Queste varianti durarono però pochissimo e, probabilmente, non furono mai adottate dalla maggioranza dei Guastatori. Un'episodio accelerò infatti l'abolizione di queste varianti: una compagnia al comando del Cap. Satta venne inviata ad espugnare il rifugio alpino "Gastaldi", situato a 3200 metri d'altezza sul ghiacciao della Ciamarella in Piemonte, nel quale erano asseragliati 200 partigiani. Sebbene questi fossero molti di più dei Guastatori, meglio armati ed in una posizione più favorevole, i Guastatori alpini ebbero velocemente la meglio. Borghese si volle complimentare con Morelli e, giunto al reparto, lo trovò schierato senza alcun copricapo. Meravigliato chiese conto a Morelli di questo fatto e, il Comandante del Valanga, falsamente sorpreso (aveva organizzato tutto), disse ai Guastatori di andarsi a mettere il cappello. Tutti tornarono con il cappello alpino! Borghese capì ed in perfetto dialetto romano disse: "Va bè, Morelli ho capito, fai come ti pare!" E così il Valanga rimase Valanga e portò il cappello alpino! Solo la compagnia "Serenissima" continuò ad indossare il basco che già portava. Durante il periodo della R.S.I. il reparto operò dal fronte occidentale a quello orientale, soprattutto contro le infiltrazioni degli slavi del IX e X Corpus titino. E' anche grazie al "Valanga" che a Selva di Tarnova vennero salvati i 150 Bersaglieri del "Fulmine" sopravvissuti a tre giorni di combattimenti. Questi accerchiati da oltre 2500 slavi, furono liberati dai Guastatori che riuscirono ad avere la meglio sebbene in netta inferiorità numerica. Verso la fine del 1944 il "Valanga" raggiunse Jesolo dove si acquartierò nella colonia estiva "Dux", in riva al mare. Venne subito iniziato l'addestramento nella vicina Asiago al termine del quale fu conseguito il brevetto di specialità da tutti gli effettivi. A Jesolo i guastatori provvidero al minamento della spiaggai ed ebbero la responsabilità della difesa costiera. Alla fine di luglio il comando della divisione "Decima" decise di scardinare lo schieramento partigiano nelle Alte Valli piemontesi e il battaglione fu trasferito ad Ivrea da dove iniziò la marcia di avvicinamento che portò, tra le altre azioni, alla presa del rifugio Gastaldi. Nella prima decade di ottobre il battaglione lasciò il Piemonte e si trasferì a Vittorio Veneto, accantonandosi nelle scuole "Francesco Crispi". Quando in dicembre la divisione iniziò le operazioni contro il IX Corpus jugoslavo, al battaglione "Valanga" venne assegnato il compito di fermare il nemico nel settore settentrionale dello schieramento. Dopo un violento scontro a fuoco il battaglione, guidato dal Cap. Morelli, occupò stabilmente Tramonti di Sotto dove vennero rinvenute ingenti quantità di materiali, importanti documenti e catturati numerosi prigionieri, tra cui un maggiore britannico in uniforme. Sulla base dei documenti rinvenuti si decise di annientare il comando partigiano situato in una baita di Palcoda e il compito venne affidato a un plotone mitraglieri della 3° compagnia e a venti uomini della 2° compagnia "Uragano", della quale facevano parte i sergenti Grillo e Janiello. L'attacco si concluse con la cattura di circa cinquanta partigiani che vennero interrogati singolarmente il giorno dopo per giungere alle precise responsabilità dei singoli sulle efferate uccisioni avvenute nella zona. I colpevoli, in numero di dieci, vennero fucilati sul posto mentre gli altri furono avviati al comando della "Decima". Debellato il comando del X Corpus e liberata la val Meduna il battaglione "Valanga" rientrò a Vittorio Veneto per celebrare il Natale del 1944 ma il 26 dicembre vennero uccisi due guastatori in un agguato teso in città da alcuni guerriglieri della banda "Castelli". Dopo l'assassinio dei due guastatori, il battaglione riprese le azioni contro la banda "Castelli" nell'intento di catturarne il capo. Durante una di queste azioni cadde eroicamente il Sergente Maggiore Renato Grillo, il proprietario del distintivo. Il sottufficiale, indossato sull'uniforme un impermeabile inglese di quelli in uso presso le bande, si era introdotto da solo in una casa dove aveva luogo una riunione di partigiani, intimando loro la resa. Ma una raffica, sparatagli alle spalle lo uccise prima che tutta la pattuglia potesse intervenire. In questa occasione il suo amico e commilitone Janiello deve aver recuperato il distintivo che poi ha donato a Paolo Caccia Dominioni dopo la fine della guerra. Dopo la battaglia della Selva di Tarnova, le due compagnie rimaste a vittorio Veneto riuscirono a debellare la banda "Castelli", catturandone il capo. Il Castelli, che risultò responsabile anche del tragico agguato del 26 dicembre, venne fucilato. Nella prima decade di marzo il "Valanga si trasferì a Bassano del Grappa; in aprile riprese l'addestramento sulle falde del Monte Grappa. Il giorno 26 aprile rientrò dal campo ed al suo passaggio per le vie di Bassano la popolazione si radunò applaudendo i guastatori. Il giorno dopo giunse al battaglione l'ordine di abbandonare Bassano e raggiungere Thiene. Alle 19 il "Valanga" si mosse verso Thiene ma restò bloccato a Marostica perchè le colonne germaniche in ripiegamento occupavano la strada. Il 28 aprile il CLN di Marostica iniziò le trattative con il Capiano Morelli e venne convenuto che il battaglione avrebbe raggiunto nuovamente Bassano per sciogliersi: gli uomini sarebbero stati muniti di un lasciapassare e messi in libertà. Il 30 aprile il battaglione "Valanga" venne dichiarato disciolto. Agli ufficiali vennero lasciate le armi e a tutti i guastatori venne distribuito il brevetto in bronzo della specialità. La 2° compagnia che non si era ancora arresa raggiunse Trento, con un convoglio di Brigate Nere e, dopo accordi presi con il Vescovado si presentò ai carabinieri che, ricevute le armi, lasciarono liberi gli uomini. Era il 2 maggio 1945. A Morelli, che era stato decorato con due argenti al V.M. uno preso nel giugno 1940, in Francia (fu una delle prime decorazioni conferite) ed uno il 17 gennaio 1943 a Rossosch, furono revocate entrambe le medaglie insieme al grado, perché condannato, grazie ad una falsa testimonianza, per il periodo quando aveva comandato il Valanga. Non potendolo giudicare per un fucilazione di partigiani, eseguita secondo le regole del Diritto Penale Militare, si inventarono che aveva fatto la borsa nera! Benché ci fosse statal'amnistia, si rifiutò, sempre, di richiederla. Ma ebbe la sua rivincita. Senza aiuti, dimenticato dall'Esercito, degradato a geniere (soldato semplice), divenne uno dei più famosi direttori di produzione del cinema. Tra l'altro fu il direttore di produzione del film "La dolce vita". ( Notizie storiche tratte dal volume "Gli Ultimi in Grigioverde" di Giorgio Pisanò, dall'articolo di Sergio Coccia pubblicato sul numero 22 della Rivista "Uniformi & Armi" del febbraio 1991, dagli articoli pubblicati sui numeri 85 e 106 della stessa rivista e sul numero 16 del mensile "Militaria" del dicembre 1994 )
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latinabiz · 3 years ago
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Il 14 settembre del 1321 nasce a Parigi la Menestrandise
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Menestrello Il 14 settembre 1321 a Parigi viene fondata la Ménéstrandise, corporazione di musicisti, giullari e menestrelli, esistita fino al 1776. La Ménéstrandise, o corporazione dei menestrelli, venne creata scopo di contrastare i musicisti vagabondi, la cui attività era considerata degradante. L’organizzazione raggiunse il suo apogeo nel XVI secolo. Il musicologo François Lesure evidenziò alcuni tratti importanti della corporazione: - La Ménéstrandise era strutturata con una ferrea gerarchia: un’assemblea ristretta di maestri, tre governatori e il direttore generale, che aveva il titolo di roi des ménétriers (re dei menestrelli) o roi des violons (re dei violini) ed era nominato personalmente dal re di Francia. - La Ménéstrandise possedeva diversi immobili a Parigi in rue des Petits-Champs, rue Saint Martin, rue des Croissants e aveva anche la propria chiesa, chiamata Saint-Julien-des-Ménétriers, distrutta durante la rivoluzione francese. - Istruiva e formava i musicisti secondo un percorso di studi di quattro anni, riconoscendoli ufficialmente dopo un esame sostenuto alla presenza del re o di un suo luogotenente. Tutte queste caratteristiche dimostrano che la Ménéstrandise mirava a istituzionalizzare la professione del musicista dando loro uno status sociale borghese e fornendo loro rispettabilità, segnando così un confine fra i vecchi menestrelli medioevali e i suoi membri. È dunque normale che la ghironda, il classico strumento del musicista mendicante, non fosse inclusa nell’elenco degli strumenti musicali redatto dalla Ménéstrandise.Philippe Beaussant sostiene che nella Ménéstrandise ci fossero anche suonatori di ghironda. La contraddizione sembra essere spiegata dal fatto che, inizialmente, laMénéstrandise respingeva i suonatori di ghironda, ma, nel momento in cui la sua autorità iniziò a declinare, vennero ammessi anche mendicanti e saltimbanchi, purché paganti. La menestrelleria fiorì nel XVI secolo, sia con gli strumenti detti “alti” (come il violino, ad esempio) che con quelli detti “bassi” (la ghironda) ed era praticata da gruppi di musicisti professionisti o semi-professionisti. In pieno XVII secolo la corporazione, allontanatasi di molto dall’ideale originario di preservare l’arte giullaresca antica, cercava ancora di imporsi sui musicisti per far pagare loro tasse e quote associative. Quando venne formalmente riconosciuta dal re Luigi XIV, nel 1659, la corporazione cercò di estendere su tutti i musicisti la propria autorità, compresi organisti, clavicembalisti e strumentisti della corte reale. Solo chi pagava la quota d’iscrizione alla Ménéstrandise poteva suonare in pubblico. La Ménéstrandise venne abolita nel febbraio 1776 a seguito della pubblicazione di un editto che sanciva la libertà delle arti e la soppressione delle vecchie corporazioni. La Ménéstrandise era presieduta da un direttore, il quale prendeva il nome di roi des ménétriers o roi des violons. Il più antico documento dove è possibile trovare un riferimento a tale ufficio è uno Stato degli ufficiali di Filippo il Bello, in cui figura, nel 1288, un non meglio identificato roi de joueurs de flûte (re dei suonatori di flauto). Sempre sotto il regno di Filippo il Bello un giocoliere di nome Jehan Charmillon, nato verso la metà del XIII secolo, nel 1295 venne nominato Roi des ménestrels de la ville de Troyes. Durante il regno di Luigi X un certo Robert ricevette il titolo di Roi des Ménestrels con un’ordinanza del 1315, quando ancora la corporazione non esisteva ufficialmente. Dopo la fondazione della Ménéstrandise, nel 1321, venne nominato direttore Robert Caveron, nel 1338, con il titolo di Roy des ménestrels du Royaume de France. A Caveron seguì Coppin de Brequin, menzionato con diversi titoli nel 1357, 1362 e 1367. Due atti risalenti alla fine del XIV secolo indicano il titolo di Roy des Ménestriers du Royaume de France in capo a Jehan Pontevin. Jehan Boisard, detto Verdelet, succedette a Pontevin con il titolo di Roi des Ménétriers. Egli è citato in un documento del 19 febbraio 1420 per aver ricevuto un premio dal futuro Carlo VII. Boisard non restò a lungo a capo della corporazione, in quanto, pochi anni dopo, troviamo Jehan Fascien (o Facion) nominato Roy des Ménestrels. Dopo Facien, l’elenco dei direttori della corporazione si interrompe per un secolo fino a François Roussel, superiore della corporazione nel 1572, al quale succedette Claude de Bouchandon, oboista di Enrico III. A Bouchardon venne accordato, il 13 ottobre 1575, il titolo di Roy et maistre des ménestriers et de tous les joueurs d’instrumens du royaume. Durante il regno di Enrico IV, nel 1590, Claude Nyon, violinista della camera del re, ricevette la nomina a Roy des Ménestriers, che cederà dieci anni più tardi a suo figlio Guillame Claude Nyon, detto Lafont, anch’egli violinista della camera del re. In un documento dell’8 febbraio 1600 è menzionato come Roy des joueurs d’instrumens par tout le royaume. Non si sa nulla dei suoi figli, ma certamente non gli succedettero nella carica di direttore della Ménestrandise in quanto, il 7 marzo 1620, viene menzionato con il titolo di Roy des joueurs d’instrumens François Rishomme, violinista reale.Quattro anni dopo, il 12 dicembre 1624, Luigi XIII nominò Louis Costantin, violinista di corte, come Roy et maître des ménétriers et de tous les joueurs d’instrumens, tant haut que bas du royaume. Costantin, autore di numerosi brani a cinque e sei voci per violini, viole e basso continuo, fu uno dei musicisti più famosi ai suoi tempi. Suo figlio Jean Costantin, nel 1657, figurò come uno dei ventiquattro violinisti della camera del re. A Costantin succedette, nel 1641, Claude Dumanoir. Quest’ultimo, il 21 novembre 1657, cedette l’incarico al proprio nipote, Guillame Dumanoir, uno dei ventiquattro violinisti della camera del re, che ricevette da Luigi XIV il titolo di Roi des violons, maître à danser et joueurs d’instrumens tant haut qua bas. Quando Guillame Dumanoir si dimise, il 15 agosto 1668, il titolo passò a suo figlio omonimo, Guillame II Dumanoir. Dopo le dimissioni di quest’ultimo, nel 1695, Luigi XIV non nominò un suo successore, lasciando il titolo vacante. In seguito, nel 1741, Luigi XV nominò Jean Pierre Guignon a capo della corporazione. Dimettendosi, nel 1773, Guignon chiese la soppressione della Ménéstrandise, ormai considerata anacronistica. Luigi XV, con un editto del marzo 1773, accettò le dimissioni di Guignon e soppresse l’ufficio di re dei menestrelli. La corporazione venne poi abolita nel febbraio 1776. L’alta considerazione di cui godevano i musicisti della cappella reale, i quali non facevano parte della Ménéstrandise, l’istituzione della Reale Accademia della Danza (1661), dell’Accademia francese d’opera in versi e in musica (1669) e della Regia Accademia Musicale (1672) causarono il declino della Ménéstrandise e il conflitto fra i suoi membri e gli altri musicisti. Nel 1693 un gruppo di compositori, fra i quali François Couperin, presentarono a Luigi XIV una protesta contro la corporazione, accusandola di essere troppo restrittiva nei riguardi della libertà dei musicisti. Una protesta simile venne presentata anche nel 1707, e, in entrambi i casi, lo strapotere della corporazione venne ridimensionato.Couperin, per l’occasione, scrisse una suite per clavicembalo intitolata Les Fastes de la grande et ancienne Mxnxstrxndxsx (il titolo, in caratteri enigmatici, era per evitare di essere citato in giudizio dalla corporazione), appositamente composta come satira per mettere alla berlina i membri della corporazione stessa. Secondo i musicisti colti, infatti, i membri della Ménéstrandise non erano altro che giocolieri, ghirondai e buffoni con scimmie ammaestrate, ignoranti di musica, che pretendevano il pagamento di tributi assurdi. Nella Raccolta di editti, decreti del consiglio del Re, lettere patenti, memorie e decisioni del Parlamento per i musicisti del regno, pubblicato da Christophe Pierre Robert Ballard nel 1774 a cura del Corpo della Musica di Sua Maestà, si trova una cronaca del conflitto fra corporazione e musicisti di altri enti. La libertà musicale fu alla base di diversi problemi. La prima denuncia fu quella fatta da Guillaume Dumanoir, direttore generale della Ménéstrandise, che, nell’aprile 1662, si oppose alla creazione dell’Accademia della Danza. Le sue petizioni suscitarono una risposta dettagliata degli accademici parigini, con un discorso per dimostrare che la danza, nella sua parte più nobile, non aveva bisogno di strumenti musicali. Guillaume Dumanoir perse il processo il 30 agosto 1662, ma si vendicò scrivendo il libello Le mariage de la musique avec la dance, contenant la réponce au livre des treize prétendus Académistes, touchant ces deux arts, pubblicato nel 1664. Quando, dieci anni dopo, venne istituita la Regia Accademia Musicale e si esentarono i maestri di danza dell’accademia dal presentare le loro credenziali alla Ménéstrandise, Guillame II Dumanoir, figlio omonimo di Guillaume Dumanoir e nuovo direttore della Ménéstrandise, tentò di obbligare i docenti a presentare le loro credenziali e a pagare le tasse di iscrizione alla corporazione per quanto riguardava le loro attività al di fuori della Regia Accademia Musicale, come balli, matrimoni e concerti. Un decreto del consiglio reale, però, diede torto a Dumanoir. La Ménéstrandise, dunque, non aveva più il monopolio sulle attività dei musicisti. Forti di questo decreto, il 28 aprile 1682 i maestri di danza ottennero il monopolio sull’insegnamento della danza, potendola insegnare senza essere iscritti alla corporazione. Dumanoir, il quale non poteva sopportare che questi maestri lasciassero la Ménéstrandise, denunciò l’Accademia Reale della Danza e ottenne, il 2 novembre 1691, dopo dieci anni di contenzioso, che i membri della Ménéstrandisepotessero, in concorrenza con i membri dell’Accademia, riconoscere titoli di maestro e dare lezioni di danza. Nella Dichiarazione del Re sulle regole per le funzioni dei giurati ufficiali per la comunità dei maestri di danza, dei suonatori di strumenti, sia alti che bassi, e degli oboisti della città e dei sobborghi di Parigi, al fine di porre fine alle lamentele, si stabilì che nessuno potesse danzare o tenere spettacoli senza essere in possesso del titolo riconosciuto di maestro, a eccezione dei tredici membri della Reale Accademia della Danza, i quali avrebbero potuto continuare a esercitare la loro arte in completa libertà. Dopo questa decisione, Dumanoir, accusato di continui litigi, si dimise e venne sostituito da quattro giurati. Questi giurati fecero una nuova denuncia, questa volta contro gli insegnanti di clavicembalo, i compositori e gli organisti della cappella reale che rifiutavano di iscriversi allaMénéstrandise. Il 10 luglio 1693 gli insegnanti di clavicembalo, guidati da Nicolas Lebègue, Guillaume Gabriel Nivers, Jean Buterne e François Couperin, risposero duramente. La lite continuò per altri due anni. Nel maggio del 1695 una decisione definitiva della corte si espresse in favore dei compositori, degli organisti e degli insegnanti di clavicembalo contro i giurati della Ménéstrandise. Read the full article
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toscanoirriverente · 8 years ago
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Dopo Renzi, sul patibolo dei giustizialisti finirà anche Beppe Grillo
(...) Nel ’92-‘94, caso unico in Europa, ben cinque partiti e relativi leaders e una buona parte della classe  politica circostante scomparirono di scena non per il voto degli elettori, ma per la “sentenza anticipata” espressa dagli avvisi di garanzia urlati dai TG e dai titoli dei famosi quattro quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Unità) consorziati fra di loro in una sorta di pool parallelo a quello costituito dai pm di Mani Pulite. In primo luogo Craxi, poi Forlani, quindi larga parte dei gruppi dirigenti della Dc e del PSI, furono additati al pubblico ludibrio: “il cinghialone” non poteva non essere colpevole e i fascio-comunisti celebrarono la loro piazzale Loreto a largo Febo davanti all’Hotel Raphael con il lancio delle monetine. Che poi un bel po’ di quei comunisti e di quei fascisti successivamente sono anch’essi finiti in guai giudiziari è un’evidente testimonianza della veridicità del motto “chi la fa l’aspetti”.
Non parliamo poi di quello che è avvenuto nei 20 anni successivi, dal 1994 al 2013. Il ventennio berlusconiano è stato scandito dalle operazioni delle procure che sono andate dalle ipotesi stragiste (secondo esse Berlusconi e Dell’Utri erano i registi o addirittura, secondo qualche versione più hard, gli esecutori della strategia della tensione del ’92-’93 che ha disseminato di bombe alcune città italiane),  a “normali” reati di corruzione e di concussione, fino alle trasgressioni criminal-sessuali con le famose olgettine colte fior da fiore fra Casoria, la Puglia, Roma e Milano, anch’esse oggetto di travolgenti iniziative giudiziarie con tanto di perquisizioni, pedinamenti, intercettazioni, ovviamente tutti comunicati in diretta a gazzette e telegiornali in omaggio al segreto istruttorio.
Poi da quando una legge incredibile, che prevede l’esclusione dal parlamento per una sentenza di primo grado e che fu per equità accompagnata addirittura da una interpretazione retroattiva, ha parzialmente messo fuori gioco Berlusconi, allora dopo una una breve fase sospensiva per carenza di soggetti,  ecco che nel mirino è entrato il PD, anche per una sorta di nemesi storica: grazie all’occhio di riguardo usato a suo tempo da Mani Pulite, quello del PD è l’unico sistema di potere rimasto in campo.  Di conseguenza nell’occhio del ciclone sono finiti il PD e i suoi alleati di governo. Anche in questo caso, però, fra la demonizzazione realizzata per via giudiziaria e mediatica e i risultati processuali c’è stato uno squilibrio che avrebbe dovuto mettere in imbarazzo quei magistrati e quei giornalisti che per giorni e giorni hanno lavorato a stretto gomito per mettere il mostro in prima pagina: prosciolta Federica Guidi, cancellato dalla Cassazione il rinvio a giudizio di Clemente Mastella, prosciolto Ettore Incalza, assolto Vincenzo De Luca: poi la stessa sorte ha riguardato Salvatore Margiotta, Vasco Errani, Ilaria Capua così come Antonio Penati e poi Ignazio Marino.  L’apoteosi viene raggiunta con Stefano Graziano messo alla gogna da tutte le gazzette, che invece hanno taciuto, per ragioni di riserbo, quando le accuse per concorso esterno in associazione mafiosa sono state archiviate. Sul lato politico opposto dopo analoghi fuochi d’artificio di giornali e di televisioni le assoluzioni o i proscioglimenti hanno riguardato Luigi Cesaro, Antonio D’Alì, Maurizio Gasparri.
Adesso il grand guignol viene apprestato nei confronti di Matteo Renzi.
Nel passato sono state poste in essere due metodologie. Nel caso Craxi si è seguito quello dell’attacco frontale: uno che ha l’aspetto del “cinghialone” non solo non poteva non sapere ma era certamente “un grande criminale”. Come disse Francesco Rutelli “non vediamo l’ora che Craxi prenda il rancio a Regina Coeli”. L’altra metodologia è invece quella della manovra avvolgente: si comincia con i padri, i figli, le mogli, gli amici, per poi arrivare al bersaglio principale. A quanto sembra nei confronti di Matteo Renzi si sta seguendo questa seconda metodologia. Per ora il “cinghiale” è Tiziano Renzi. Allora nel suo caso tutto è buono. La lettera T scritta su un “pizzino” recuperato da una discarica è certamente riferita a Tiziano Renzi, le “bistecche” sono certamente le tangenti. Poi ovviamente viene preso per oro colato quello che dice un cavaliere senza macchia e senza paura come l’attuale amministratore delegato della Consip, Luigi Marroni, che adesso ricorda che tale Russo gli disse che Tiziano Renzi lo minacciava avendo in mano la sua carriera: ma perché Marroni non si è rivolto subito ai magistrati? Questo e molto altro ancora viene miscelato e poi rilanciato da un giornale ad un talk show con i direttori dei quotidiani e i conduttori televisivi che si rilanciano la palla. In questo modo il processo è fatto, le condanne sono già date, la Cassazione si è pronunciata nel terzo grado di giudizio. Matteo Renzi tramite suo padre, Luca Lotti e quanti altri è certamente colpevole: tutti quanti devono salire sulla carretta che li porti alla ghigliottina. Meccanismi di questo tipo sono inarrestabili. Così alla fine, dopo il taglio di tante teste finirà al patibolo anche Beppe Grillo, nel tripudio delle tricoteuses e di Di Maio, di Fico, di Di Battista e della Lombardi. No, grazie, non partecipiamo a questo suicidio in diretta televisiva dell’Italia.
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