#desiderio di partire
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«Sono passato dalla stazione. Forse volevo partire.
O sognare che arrivasse qualcuno»
(Stefano Benni, Baol. Una tranquilla notte di regime)
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Nausicaa
Una delle figure più affascinanti e tenere dell’Odissea è quella di Nausicaa, la giovane figlia del re dei Feaci Alcinoo e di sua moglie Areta. La ragazza, poco più che adolescente, avrà un’importanza determinante nella felice riuscita del ritorno di Ulisse a Itaca. L’eroe acheo infatti dopo l’ultimo naufragio causato dal vendicativo Poseidone, nel quale aveva perso tutto il suo equipaggio, solo e disperato aveva raggiunto stremato la spiaggia dell’isola di Ogigia. Qui tramortito sul bagnasciuga venne trovato dalla ninfa Calipso e confortato con cibo e bevande. Affascinata dall’aspetto e dalla personalità di Ulisse la bellissima divinità marina gli offrì il suo letto e promise, se fosse rimasto con lei, di donargli l’immortalità e l’eterna giovinezza. Ulisse rimase sull’isola sette anni ma il richiamo della sua patria e della moglie Penelope che lo attendeva a Itaca erano troppo forti.
Atena, da sempre sua protettrice, approfittando di una momentanea assenza di Poseidone, chiese al padre Zeus di esaudire il desiderio del suo assistito e questi mandò Ermes da Calipso per ordinarle di lasciare partire Ulisse. Dispiaciuta, ma consapevole del fatto che non si poteva disubbidire al re del cielo, la dea diede al suo ospite i mezzi e gli strumenti per costruirsi una zattera e cibo per nutrirsi durante il viaggio. Sospettoso come sempre Ulisse temeva un tranello, ma rinfrancato dai giuramenti di Calipso, le diede un ultimo bacio e prese il mare. Avvenne però che Poseidone, di ritorno dall’Etiopia, si trovò davanti quella zattera che arditamente solcava il mare. Riconosciuto il navigante la collera del dio esplose in tutta la sua rabbia. Era proprio Ulisse, il perfido acheo che aveva accecato suo figlio, il ciclope Polifemo, spegnendogli per sempre l’unico occhio di cui disponeva.
Subito in mare si scatenò una tempesta e la minuscola zattera venne sconquassata da onde gigantesche. Ulisse sbalzato in acqua, pur essendo un abile nuotatore, più volte rischiò di essere inghiottito dai flutti finché nudo e stremato riuscì a guadagnare la riva dell’isola di Scheria e lì, essendo calata la notte, si addormentò esausto fra le canne. Era l’isola dei Feaci dove il re Alcinoo governava con saggezza donando al suo popolo leggi giuste e vita prospera. La giovane figlia Nausicaa, dai lineamenti dolci e delicati, viveva un’adolescenza felice alla quale erano ancora sconosciute le ansie e le palpitazioni dell’amore. La dea Atena, per aiutare Ulisse, entrò nei sogni della fanciulla prendendo le sembianze di una sua compagna che la rimproverava per non avere ancora provveduto ad andare al fiume a lavare la biancheria di tutta la famiglia.
Il mattino dopo la giovane, ottenuto il permesso dei suoi genitori partì, con le sue ancelle e una mula, diretta verso il fiume. Giunta sul posto, una volta fatto il bucato, nell’attesa che si asciugasse la biancheria, la principessa dei Feaci si intrattenne con le sue compagne a giocare con la palla. Gli strilli gioiosi delle fanciulle risvegliarono Ulisse che, in cerca di aiuto, si coprì di canne il corpo nudo e sporco e si avvicinò alle giovani. Spaventate le ancelle scapparono lontano, solo Nausicaa con imprevedibile coraggio non si mosse. L’uomo si inginocchiò davanti alla giovane e pronunciò dolci parole fingendo di scambiare la ragazza per una dea dell’Olimpo, dichiarandosi un povero naufrago e chiedendo aiuto e protezione. Commossa Nausicaa, memore del dovere di ospitalità caro agli dei, indicò allo sconosciuto la strada per giungere a palazzo, chiedendogli però di mantenersi nel cammino a distanza da lei e dalle altre ragazze per evitare che il suo popolo potesse dubitare della loro onestà.
Giunto a palazzo Ulisse venne accolto con ospitalità dal re Alcinoo tanto che, dopo avere per prudenza inizialmente nascosto la sua identità, decise di rivelarsi e di raccontare alla corte dei Feaci tutte le sue avventure dalla caduta di Troia in poi. Nausicaa ascoltava affascinata le gesta degli eroi che avevano combattuto, il coraggio e la forza di tanti principi e l’astuta trovata del cavallo di legno. E in cuor suo nasceva un sentimento per quell’uomo che gli appariva come un gigante dall’alto della sua autorevole grandezza. Pian piano crebbe in lei il desiderio di divenire sua sposa e Alcinoo, che sapeva leggere nel cuore di sua figlia, arrivò a proporre a Ulisse di accettare la mano della giovane. Ma il re di Itaca sognava solo di fare ritorno nella sua patria e, benché riconoscente e grato, dichiarò al re dei Feaci di avere già una moglie e chiese solo di essere aiutato a riprendere il mare.
Per Nausicaa fu un grande amore: il primo; e una grande delusione, ma non negò la sua amicizia e il suo affetto all’eroe, che da parte sua ricambiò con un tenero sentimento di devozione e riconoscenza. Alcinoo donò a Ulisse una nave e una scorta per il suo viaggio e, nel momento dell’addio, Nausicaa lo lasciò dicendogli: “Non dimenticarmi, perché ti ho ridato la vita”. Accompagnato da un gruppo di Feaci, Ulisse partì e finalmente raggiunse Itaca, ma Poseidone, irato per l'amichevole trattamento riservatogli da Alcinoo, trasformò in pietra la nave che faceva ritorno a Scheria e sembrava addirittura deciso a distruggere anche il porto dei Feaci. Il padre di Nausicaa si vide costretto a sacrificare al dio del mare ben dodici buoi per rabbonirlo e poi sussurrò a sua moglie Areta con profonda amarezza: “Impareremo dunque a non essere più tanto ospitali in futuro”.
Fonti:
- “I miti greci” di Robert Graves;
- “Nausicaa” voce su Mitologia delle Garzantine Garzanti;
- “Nausicaa” voce su Wikipedia.
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Il viaggio non inizia con la partenza
ma con il desiderio di partire
Paulo Coelho.
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Ruperto Banterle, Anelito fuggente.
Anelito Fuggente di Ruperto Banterle è una scultura che cattura un momento di intensa drammaticità e struggente bellezza. In essa, un uomo, simbolo dell’umanità, si protende disperatamente verso una donna che si sta allontanando, incarnazione della vita che sfugge. È un gesto pieno di tensione emotiva, un dialogo silenzioso tra chi resta e chi è costretto a partire.
La nudità delle figure non è solo un dettaglio estetico, ma un potente simbolo universale: siamo nudi nel nascere e nel morire, spogli di tutto ciò che accumuliamo, portando con noi soltanto la nostra essenza. La scultura sembra sospesa in un equilibrio precario tra il desiderio e la rassegnazione, tra amore e perdita, mostrando come l’uno sia inevitabilmente legato all’altra.
Ogni linea dell’opera è intrisa di sensualità e fragilità, esprimendo la fugacità della vita e l’impossibilità di trattenere ciò che è destinato a sfuggire. Non è solo un monumento funebre, ma una riflessione profonda sull’esistenza e sulla forza dell’amore anche di fronte alla morte. L’opera parla direttamente all’animo umano, rivelando la disperazione e al tempo stesso la bellezza dell’atto di lasciar andare.
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Cos'è davvero l'uguaglianza? È come una chimera, un ideale che sfugge, un concetto che ognuno interpreta a modo suo. Da una parte, c'è chi grida al merito, alla gerarchia, a una sorta di legge della giungla dove vince il più forte. Ma il merito è davvero così oggettivo? Non è che spesso è il frutto di un gioco di carte truccato, dove alcuni nascono già con un asso nella manica? E poi, c'è chi, all'opposto, sostiene che siamo tutti uguali, punto e basta. Ma se siamo tutti uguali, che senso ha valorizzare le differenze? È come dire che un Picasso e un bambino di tre anni che scarabocchia un foglio sono sullo stesso piano.
Io credo che l'uguaglianza sia il fondamento di una società sana, ma non nell'accezione di un livellamento che annulla le individualità. È il diritto di ogni essere umano a partire da una linea di partenza equa, a poter sviluppare i propri talenti, a non essere giudicato per l'origine, il colore della pelle o le preferenze sessuali. Ma questo non significa che tutti debbano fare lo stesso lavoro o raggiungere gli stessi traguardi. Un medico e un poeta hanno ruoli diversi, ma entrambi sono essenziali per la nostra società.
Il problema nasce quando confondiamo l'uguaglianza con l'uniformità. È come se volessimo tutti indossare la stessa taglia di scarpe, senza renderci conto che ognuno ha un piede diverso. Certo, possiamo creare delle scarpe standard, ma poi ci saranno sempre quelli a cui stringono e quelli a cui sono larghe.
La meritocrazia, se intesa nel modo giusto, può essere un motore di crescita. Ma deve essere una meritocrazia inclusiva, che non lasci indietro nessuno. È illogico pensare che un bambino cresciuto in un ambiente privo delle risorse fondamentali possa, senza alcun supporto, raggiungere gli stessi risultati di un suo coetaneo cresciuto in un contesto privilegiato. Dobbiamo creare delle reti di sostegno, delle rampe di lancio per chi parte svantaggiato.
E poi c'è la questione della libertà di espressione. Certo, ognuno ha diritto a dire la sua, ma non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Un'idea ben argomentata, frutto di una profonda riflessione, è diversa da un'opinione buttata lì tanto per dire. E non dimentichiamo che la libertà di espressione ha dei limiti. Non possiamo gridare al fuoco in un cinema, né diffondere notizie false che possano danneggiare gli altri.
Per costruire una società più giusta ed equa, dobbiamo prima di tutto affrontare le contraddizioni e le sfide che ci troviamo ad affrontare. Come possiamo conciliare il principio di uguaglianza con quello di meritocrazia? Viviamo in un'epoca contraddittoria, dove si invocano i valori di pace e fratellanza, ma si perpetuano le disuguaglianze. Più parliamo di uguaglianza, più il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi.
Ci chiediamo allora: vogliamo davvero una società più equa? E se sì, perché le nostre azioni non corrispondono a questo desiderio? Siamo disposti a mettere in discussione i nostri privilegi per costruire un futuro più giusto? Le risposte a queste domande sono fondamentali per definire le azioni concrete che dobbiamo intraprendere.
Insomma, la strada verso l'uguaglianza è lunga e tortuosa. È un percorso che richiede impegno, dialogo e soprattutto onestà intellettuale. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni, a uscire dalla nostra comfort zone e ad ascoltare le ragioni degli altri. Solo così potremo costruire una società più giusta e più equa, dove ognuno possa realizzarsi e trovare il proprio posto.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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CAPITA.
Capita mentre cammini a quest'ora a lato delle strisce pedonali guardando in terra e pensando come funziona il tuo cuore. capita che un rivolo di lacrima scenda e ti racconti una parte di vita che sembrerebbe egoisticamente perfetta solo per l desiderio di avere al tuo fianco la persona che ami. Capita perché sognare non costa nulla, ma in qualche modo fa male e allora gridi da solo il nome al cielo e vorresti che lei, quell'amore che ti sta cambiando l'esistenza, fosse al tuo fianco già da ora. La felicità si assorbe a cubetti come si assorbe il ghiaccio dentro ad un cocktail; quella sensazione di fresco che se non impari a respirare in fretta, finisce per annacquare l'alcol e ti cambia il sapore. A quel punto il mondo diventa buio e si rapprende proprio come queste poche piante che incontro per strada e che raccontano di avere freddo. Capita che vorresti partire anche con qualsiasi mezzo si abbia a disposizione, andare a prendere il tuo amore e portarlo via. Incenerire i tempi di percorso e andarsene insieme non so dove. Capita di camminare lungo i binari come faccio tutti i giorni in orari stabiliti e per evitare la gente per strada. Perché la gente per strada ti resta indifferente quando la incontri, ma hai sempre il timore che possa leggerti negli occhi. Capita di pensare al tuo amore durante la notte e di parlare ad un gatto che resta indifferente ma che sembra capire la tua sofferenza il vuoto che hai dentro. Capita di sperare in un risveglio migliore che faccia sorridere entrambi e racconti quei “Ti amo” come accade sempre e come vorresti che fosse ogni giorno nonostante tutto. Capita mentre sei in una parte di luogo che non ti appartiene e che non vedi l'ora di cambiare per vivere a fianco di chi hai atteso per sempre. Capita, mentre vedi le persone indaffarate a cercare regali per altre persone e pensare che sotto al tuo albero c'è in attesa il regalo per chi ami e che quella notte rimarrà lì, anche lui come te, in attesa di arrivare tra le sue mani. Lo guarderai, ti guarderà. Penserai a lei e a lei verrai in mente te e la tua solitudine in attesa. Capita quando la luce comincia a crescere in una insolita mattina distratta come questa, dove fatichi a dettarti da solo su un telefono cose che hai registrato come sempre e che nel loro piccolo rumore ti aiutano a non camminare solo. Capita, quando guardi un barbone che incontri per strada e che dorme avvolto in coperte di fortuna; che quando sente i tuoi passi si spaventa e ti chiede di non mandarlo via da lì, ma poi si tranquillizza quando gli allunghi una banconota dove sopra hai scritto a penna il nome di lei seguito da un "ti amo per sempre" con la speranza che arrivi nelle sue mani e non importa in quanto tempo. Perché i per sempre sono così; non hanno date, ma respiri di ogni tipo e ogni tempo. Poi, seduto su una panchina nel centro, dove a quest'ora nemmeno i netturbini sono presenti, tutto questo diventa speranza e lo puoi toccare. Lo puoi fare arrivare anche al suo cuore e lei riuscirà a respirare ciò che provi per lei. Capita anche a te. Capita a tutti di desiderare che il tempo si accorci; che faccia arrivare in fretta quella "prossima volta" e immaginare già da ora la cosa talmente forte, da sentire il suo calore addosso e sentirti sussurrare "sono qui, non temere"
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C’è una frase di un mio amico monaco che mi ha colpito:
“Non chiedetevi se ci sia vita dopo la morte.
Chiedetevi se siete vivi prima di morire.”
Caro Gonippo, io sono convinto che nel momento esatto in cui te sei andato,
tu fossi ancora vivo.
Vivo, e innamorato della vita.
E scommetto che ci sei rimasto male anche tu,
perché avresti voluto restare ancora qui accanto a tutti noi,
a tua madre, ai tuoi fratelli, al tuo immenso amore Sabina e a Dante.
Sono troppi i ricordi che mi legano a te, e solo io e te sappiamo quanto bene ci si voleva.
Un bene così profondo che ha attraversato questi dieci anni, senza mai sfumare nemmeno un momento.
Noi c’eravamo sempre, l’uno per l’altro.
Sei stato uno dei pochi a non giudicarmi mai.
Ti sei messo al mio fianco, mi hai accompagnato in questi anni senza far rumore, anche da lontano…
perché “l’importante - mi dicevi - è vederti felice”.
La sera prima di partire per il tuo viaggio verso la luce, mi hai mandato un messaggio su Instagram, il tuo ultimo saluto:
“Sei bello come il sole”, mi hai scritto.
Forse perché vedevi in quella mia foto un sorriso di serenità, quella serenità che ho sempre cercato, e che tu speravi tanto che io trovassi.
Ti prometto amico mio che farò del mio meglio per farti stare tranquillo anche lassù.
Ti prometto che sarò felice.
Io non credo nella resurrezione dei corpi, ma nell’eternità dell’anima.
E allora, il mio desiderio più grande, è che la tua anima continui a esserci non solo nel ricordo, nei nostri cuore, ma in ogni azione quotidiana che possiamo fare.
Soltanto noi possiamo compiere questo miracolo!
Ogni volta che saremo gentili con uno sconosciuto
Ogni volta che avremo cura di qualcosa
Ogni volta che ci toglieremo dal centro,
per metterci accanto
Ogni volta che aiuteremo disinteressatamente una persona in difficoltà
Ogni volta che non sprecheremo il tempo
con l’inutile
Ogni volta che ameremo gli altri incondizionatamente
Ogni volta che non saremo banali
Ogni volta che daremo valore
a ogni giorno che ci è concesso
Ogni volta che racconteremo
chi eri a chi non ti ha mai conosciuto.
Solo così resterai con noi, dentro di noi,
perché vivrai nei nostri gesti, nella nostra quotidianità.
È vero, amico mio: non hai lasciato scritto nemmeno due parole.
Ma voglio dirti che il tuo più grande testamento è qui, questa sera, davanti ai nostri occhi.
Sono queste duemila persone, questo “noi” che la tua presenza è riuscita a generare.
Questo “noi” che porterà avanti la vita anche per te.
Non siamo venuti dal caso.
Ma dall’amore.
Non siamo qui per caso.
Ma per amare.
Non andiamo al nulla.
Ma ritorniamo…all’amore.
Ovunque tu sia, amico mio…abbi cura di me.
FOTO con Sabina Romagnoli
di Ars Fotografia di Ruffali Santori Antonio
Arcidosso 30.8.2024
Simone Cristicchi
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Capii che quando si ama, nei propri ragionamenti su questo amore bisogna partire da qualcosa che sta più in alto, che è più importante dei concetti di felicità o infelicità, di peccato o di buona condotta nelle loro accezioni correnti o non bisogna ragionarci affatto.
Philip Roth - Il professore di desiderio
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"Bruna cara,
sono precisamente le sette secondo l’ora italiana, ma a San Paolo devono essere le sei e trenta appena. Devi dormire ancora, e Ti ha disturbato il sonno il mio pensare a Te così mattutino? Se il mio pensare a Te dovesse disturbarTi, non avresti un minuto di pace.
Sento sempre la Tua voce, quella Tua di quella mattina al telefono, mentre stavo per partire. E cerco con gli occhi il Tuo viso, e a volte non riescono a rivederlo com’è, e allora mi stringo con le due mani il viso, e l’accarezzo, e nel mio viso mi rinasce il Tuo nelle mie mani, la più cara cosa, la sola che amo su tutte, l’anima della mia anima, sei l’anima della mia anima, l’ultima forza che mi resta, l’ultima mia poesia, la vera, l’unica vera.
Sono qui al mio scrittoio, in una cabina grande come una piazza. Era per due persone, ma pensano che sono un personaggio tale da meritare d’occupare da solo due letti. Tutto invece, credo, per ricordarmi piuttosto che alla mia età ho il dovere d’essere solo, e anche per rinfacciarmi, forse, con la necessaria ironia, questo mio assurdo atto di scriverTi.
Come hai fatto a entrare così a fondo nella mia vita? Sei d’una sicurezza in quello che fai incredibile, e sei venuta con quella poesia. A dirti la verità, quando sei andata via e l’ho letta, m’è parsa inutile. C’era un’enfasi, c’era un metro in disuso, non so cosa c’era che mi urtava. L’ho ripresa poi a leggere, e vi ho scoperto una grazia, un’onestà, il modo raro d’indovinare il peso, la qualità, la novità, qui e là dei vocaboli, e mi ha toccato, d’improvviso mi ha toccato il sentimento, il dono vero che offre solo la buona poesia, quel dono che illuminava l’ingenuità di quelle strofe un po’ antiquate, che illumina tutto quello che fai. […]
Non sono che un piccolo poeta di questo secolo, nel quale anche i maggiori non possono essere che piccoli poeti; ma anche oggi, nel trambusto, nell’inferno d’oggi, – anche oggi la poesia ha bisogno di essere una persona che si scopre tra la gente – che infonde tanta carità, tanta fede, tanta speranza […]
Io sono ormai troppo vecchio, oltre misura vecchio, quasi un antenato, e non occorre che io sia ancora felice, e non mi pare che sia successo un giorno ch’io fossi felice. Ma l’augurio che Tu abbia lunghi anni felici si avvererà. Nessuno ha mai desiderato con più violenza, con più disperazione che sia felice una persona, e non è mai accaduto, se il desiderio era fortissimo, che non fosse esaudito."
- Giuseppe Ungaretti a Bruna Bianco, 15 settembre 1966
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Paljaimmitanu
Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro, Una brezza lieve dal cielo azzurro spira, Il mirto è immobile, alto è l’alloro! Lo conosci tu? Laggiù! Laggiù! O amato mio, con te vorrei andare!
Questo breve canto contenuto nel romanzo di formazione Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister viene fatto pronunciare da Goethe a Mignon, la ragazzina che Wilhelm incontra in un gruppo di danzatori di strada e decide di prendere sotto la sua protezione. Mignon, di origini italiane, ricorda con nostalgia il suo Paese e diventa personificazione del desiderio del Sud.
Io voglio partire per raccontare la mia breve visita palermitana dalla foto sopra: il treno che da Cefalù mi ha riportato a Palermo era pienissimo di turisti, pulitissimo, dove un bengalese ha richiamato un maghrebino che guardava i video di Tik Tok troppo alti (te le vendo io le cuffiette) ma la cosa sorprendente è che è arrivato alla Stazione Centrale con 10 minuti di anticipo, alle 13.22.
In 100 metri o poco più c’è tutto questo, mi permetto di dire uno degli angoli più suggestivi del mondo. E chiedo ai palermitani che mi leggeranno perchè la chiesa dei Teatini, che ha l’entrata principale dal Corso e quella laterale da Via Maqueda è chiusa.
la Chiesta di Santa Caterina di Alessandria, con annesso convento, ospitava le figlie non primigenie delle famiglie nobili, anche per questo il suo barocco fiorito siciliano è qualcosa di abbagliante.
Una cooperativa di ragazzi ha ripristinato la leggendaria dolceria
Che riprende le ricette originali delle Monache, riproponendo anche dolci che quasi nessuno faceva più, come il leggendario Trionfo di Gola, descritto anche ne Il Gattopardo, che è così bello che quasi commuove
Ne avevo parlato in un Vero O Falso, ecco la Chiesa del Santissimo Salvatore, altro gioiello barocco
Questa foto l’ho fatta dalle Torri del Duomo di Cefalù, in un lunedi piovosissimo
Ma è sempre una meraviglia
«Tra dieci giorni, se non hai niente in contrario, potremmo andare a Palermo» le disse. «Preferisco Ginevra» rispose lei. Stava in piedi davanti al cavalletto ed esaminava una tela iniziata. «Come puoi vivere senza conoscere Palermo?»
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere.
Per € 2.50 non credo esistano tante cose più buone
Andateci, ne vale la pena
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L'età moderna ha comportato anche una glorificazione teoretica del lavoro, e di fatto è sfociata in una trasformazione dell'intera società in una società di lavoro. La realizzazione del desiderio, però, come avviene nelle fiabe, giunge al momento in cui può essere solo una delusione. È una società di lavoratori quella che sta per essere liberata dalle pastoie del lavoro, ed è una società che non conosce più quelle attività superiori e più significative in nome delle quali tale libertà meriterebbe di essere conquistata. In seno a qussta società, che è egualitaria perché tale è il modo in cui il lavoro fa vivere gli uomini, non c'è classe, aristocrazia politica o spirituale da cui possa partire una restaurazione delle altre capacità dell'uomo. Persino i presidenti, i re e i primi ministri considerano le loro funzioni come un lavoro necessario alla vita della società, e anche tra gli intellettuali sono rimasti solo pochi individui isolati a considerare il loro lavoro come un'attività creativa piuttosto che come un mezzo di sussistenza. Ci troviamo di fronte alla prospettiva di una società di lavoratori senza lavoro, privati cioè della sola attività rimasta loro. Certamente non potrebbe esserci niente di peggio.
Hannah Arendt - Vita Activa
#Hannah Arendt#Vita Activa#filosofia#filosofia contemporanea#oggi piove talmente tanto che ho skippato la palestra e mi sono messa a leggere un poco sotto le coperte#vita lavorativa
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E se invece, diversamente da quello che pensa Freud, il lavoro del lutto non potesse mai compiersi definitivamente?
Se, in altre parole, ogni lavoro del lutto portasse con sè qualcosa di incompiuto, un resto, uno scarto, qualcosa che non si lascia affatto dimenticare?
Se, insomma, non esistesse alcuna possibilitá di cancellare la cicatrice melanconica che il trauma della perdita ha inciso in noi?
Esiste in noi la possibilità di una disposizione esistenziale capace di elaborare e integrare il negativo.
È il lavoro di un’opera di trasformazione, di generazione di valore, di riconfigurazione della forma del mondo.
Se il lutto resta senza lavoro, non c’è possibilità che esso giunga al suo termine.
La nostalgia cosí può aprirci sull'avvenire, a partire da una visitazione che viene dal passato.
È una nostalgia che esprime gratitudine.
È la nostalgia provocata dalla luce delle stelle morte.
Il ritorno del passato non genera in questo caso un ritorno conservativo a ciò che è stato, non genera nemmeno il desiderio del ritorno - perchè non c'è alcun luogo a cui ritornare - perchè il corpo celeste della stella è definitivamente morto - ma infonde una luce nuova, riattiva la promessa di un incontro che insiste, che non si spegne, che ci sprona a vivere con ancora piú vita.
Massimo Recalcati
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Head aasta lõppu (buon fine anno).
E dopo la mezza notte head uut aasta (buon anno). Finita l'ultima giornata lavorativa di questo anno da cancellare, il peggiore della mia vita, a occhio, però pensandoci non è che ogni anno la donna della tua vita ti lascia, anche se qualcuno che legge sa che i malesseri c'erano già da tempo. Ma questo oramai è il passato, anche se recente, e basta.
Come l'anno scorso e altri anni non ho buoni propositi, ma un' idea concreta, che è quella di andare via, anzi vado via, nonostante le paure, il timore di vedere i miei figli ogni morte di papa e svariate cose che mi hanno portato in queste ultime due settimane a dirmi ogni tanto "Non parto, resto con i ragazzi", pensieri distolti subito perché che cazzo, almeno voglio provare a rifarmi una vita altrove, quindi sto già imparando la lingua e devo dire che è facile, certo dopo aver imparato in parte l'estone (14 declinazioni, niente articoli, niente genere femminile e maschile, ecc ecc) una delle lingue più difficili al mondo, qua forse potete capire quanto tenevo a quella stronza. Per ora non vi dico dove, ma con calma arriverà, anche per una questione di scaramanzia visto che la vita è così dionisiaca che difficilmente non ti regala qualche sorpresa e quindi per ora si, resto fermo nella partenza ma col punto interrogativo sulla destinazione. Ho alcune alternative, anche perché non mi è mai capitato che alla prima telefonata mi andava così bene, è un caro amico che conosco dall'inizio degli anni 90 e ci accomuna la passione per la musica, lui non suona ma ascolta tanto e gli piace andare ai concerti, che detto da lui la ne trovo parecchi, soprattutto di band locali, quindi a occhio potrei anche avere alcune speranze di tornare a suonare in una band, già solo questo mi farebbe impacchettare tutto ora e partire domani, ma devo andarci con i piedi di piombo, il mio desiderio è quello di spostarmi adesso e restare nel posto scelto, mi sono anche rotto i coglioni di fare il globtrotter, levando i 15 anni che sono stato qua. Chiudendo, sembra che l'anno nuovo ci porterà il vero inverno, almeno stando al meteo sul telefono, che prendo sempre con le pinze, anche se oggi c'ha azzeccato sia con la temperatura che col fatto che nevicava, capodanno inbiancato, come è capitato spesso, ma questo è l'ultimo.
youtube
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Uno dei miei viaggi dei sogni è l'Egitto, con tanta voglia di andare a Siwa. L'idea mi è scaturita quando giocavo ad Assassin's Creed Origins. Poi sono andata a vedere Siwa su internet e niente, ora voglio andarci.
Ieri sera stavamo proprio parlando di Africa in generale e tra discorsi politici etc ho espresso il mio desiderio di voler partire per stare con i bimbi in qualche paese come il Kenya o la Namibia oppure virare totalmente altrove e partire per la Cambogia a fare volontariato.
Ci sto pensando da mesi, ma vedremo più avanti. Sicuramente tra poco parto per la Norvegia e sto pensando di partire per la Grecia a fine luglio per fare volontariato un paio di settimane
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The End is where we Begin:
*Ogni storia ha una sua fine, ma non è la fine della vita, è solo l'inizio di esperienze nuove.
Mi piace il sapore degli inizi, instabili eppure coraggiosi, quando le aspettative non hanno ancora la presunzione di essere loro a comandare
L’unica gioia al mondo è cominciare. E bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.
E tu, Dimitri, hai sempre fatto tua questa specifica caratteristica.
Non hai mai messo un punto fermo ai tuoi loschi piani e al tuo desiderio di conquista, sei sempre stato retto nella tua direzione, nonostante le avversità ti abbiano messo i bastoni tra le ruote, hai sempre combattuto per ciò che tu credi, per quello a cui hai sacrificato la tua l'intera esistenza.
Il mondo di prima sembra essersi sgretolato in mille pezzi, come se ad attendere questo momento fosse stato il destino in persona a rimetterti nella retta via, la /tua/ retta via.
Si dice sempre che quando stai facendo la cosa sbagliata il diavolo non ti viene a cercare, ma è quando fai la cosa giusta egli bussa alla tua porta, per tentarti, per plagiarti e confonderti.
Ma sei tu il diavolo di te stesso, Dimitri.
Sei tu e soltanto tu l'artefice del tuo destino, delle tue malafatte passate e future.
Chi mai sognerebbe di venir a bussare alla porta dell'Impersonificazione del male?
E guardati. Guardati adesso.
Sei sparito dalla circolazione per molto, troppo tempo, solo tu sai cosa è successo in questo periodo prolungato. Nessun altro deve sapere cosa è capitato.
Lo scopriranno a tempo debito.
Guardati, ripeto, guardati adesso.
Sembri completamente diverso. Sei completamente diverso.
A partire dall'aspetto, fino al più profondo briciolo della tua anima.
Durante la tua assenza dai riflettori del mondo hai inglobato a te l'essenza di quella creatura Demoniaca che viveva dentro la tua anima, Rashomon.
Siete diventati una cosa sola, riuscendo ad addomesticarlo e farlo diventare parte integrante della tua persona, cambiandoti di fatto l'aspetto fisico e mentale.
Il tuo aspetto ben tenuto ed affabile dà la prima impressione di un uomo di natura buona e carismatico, con sempre un ampio sorriso stampato in volto. Questa facciata giocosa e raffinata, tuttavia, nasconde un lato molto più oscuro - uno dall'egocentrismo ineguagliabile - e che non esita a usare la violenza fisica quando gli altri non rispettano i tuoi valori o le tue aspettative. Come sempre hai mantenuto il tuo lato chiaramente narcisista, con l'amore per sé stesso definito equiparabile a null'altro, e che vede pochissime persone come tuo pari.
E se dapprima vederti sorridere era una rarità inestimabile, ora quel sornione e aguzzo sorriso dipinge il tuo volto come una tela indossolubile.
Un sorriso che è una forma di ego molto autoimposta ed uno sfoggio di potere e dominanza, che nasconde dietro di esso un lato cupo, tetro e altamente oscuro che nessuno deve scorciare.
Siamo morti e rinati nello stesso tempo, siamo ciò che nessuno poteva immaginare.
Siamo l'inizio e la fine.
Siamo il passato e saremo il futuro.
Perchè "siamo"? Perchè prima o poi, tutti diventeranno Dimitri, e Dimitri diventerà ogni cosa, il tutto, il solo.
Dimitri è ovunque e da nessuna parte. Il Gatto di Schrodinger impersonificato in un Demone.
Ma adesso, adesso non c'è tempo per illazioni o progetti troppo futuri.
Il futuro si costruisce passo dopo passo, con pazienza e dedizione.
Ora più che mai, ora che hai acquisito questo nuovo potere unendoti con Rashomon, la cautela e la prudenza saranno il tuo rituale di vita.
Giocherai ad un gioco che prenderà il nome di "pazienza". E si sa, la pazienza è la virtù dei forti.
Chissà quali nuove sfide ti attenderanno in questo Mondo che si è rimodellato come nuovo.
CI saranno ancora i tuoi storici rivali di un tempo?.
Cosa ne potrai trarre questa volta da loro?.
Solo il tempo darà risposta a tutti questi quesiti, ma per ora......come detto poc'anzi......noi.......aspettiamo, noi......attendiamo........noi....siamo....Dimitri!.*
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"Ma io sono quella che va via, sempre.
Talvolta mi chiedono se
sto cercando un posto
in cui l’anima smetterà di vagare.
Un posto in cui fermarmi
senza più desiderio di partire."
Eleanor Wilner
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