#decorazione unghie con lettere
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universodonna-official · 3 years ago
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LETTERING NAILS IDEAS
TANTE LETTERING MANICURE ESTIVE DA COPIARE! (376) Pinterest(376) Pinterest Abbiamo già parlato del gettonatissimo nail trend delle Lettering Nails che sta spopolando sui social; in questo articolo ti mostreremo diverse proposte di manicure estive con nail art con scritte!Lasciati ispirare da queste fantastiche idee per la tua prossima lettering manicure! LETTERING MANICURE IDEAS (376)…
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antegrafica · 5 years ago
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La progettazione di caratteri tipografici
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Come si progetta un carattere tipografico
Creare i caratteri tipografici è molto più semplice, esistono dei programmi che aiutano nella fase di progettazione. Può essere utilizzato da qualsiasi dispositivo e stampato dove si desidera. Il tutto viene realizzato in digitale e non più fisicamente come nei caratteri mobili.
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Ci sono molti siti che offrono le più disparate tipologie di caratteri, suddivisi in categorie chiamate "Famiglie". Nota: Ma non tutti sono buoni per l'utilizzo professionale, per la realizzazione di testi in modo coretto. Infatti molti caratteri sono belli da vedere ma non sono realizzati con le tecniche che tengono presente le molte variabili che devono esserci per una corretta leggibilità e usabilità.
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Per questo vengono in aiuto i font a pagamento, con licenza, che sono sempre sinonimo di garanzia e sono quei font che vengono più utilizzati dai graphic designer. In più i font con licenza hanno più varianti dello stesso font, da garantire il suo utilizzo in tutte le situazioni. Come si costruisce un font Le lettere alfabetiche sono costituiti fondamentalmente da due tipi di elementi: le aste e le grazie. Le ‘aste’ sono gli elementi essenziali nella struttura della lettera; possono essere rette, curve, spezzate, miste. Le ‘grazie’ sono i tratti terminali di abbellimento, molto utili ai fini della leggibilità, ma non essenziali ai fini dell’individuazione del segno, nei caratteri lineari non sono presenti.
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I rapporti tra gli spazi racchiusi entro le quattro linee non sono fissi, ma cambiano a seconda dello stile del carattere. Ci sono caratteri che hanno le ascendenti e le discendenti più accentuate, a scapito dell’altezza mediana, e viceversa. La leggibilità, è un valore di avvicinamento che deve essere attentamente studiato dal disegnatore di caratteri. Corpo: è la grandezza verticale complessiva del carattere, cioè la distanza tra le due linee estreme entro le quali sono inscritte le lettere, più un piccolo spazio; questo piccolo spazio, detto anche spalla, è l’equivalente dell’avvicinamento tra le lettere. L’unità di misura del corpo è il punto tipografico. Parità di corpo non significa parità di grandezza visiva. Infatti un carattere può apparire più grande o più piccolo di un altro di pari corpo, a seconda dello sviluppo dell’altezza mediana o altezza delle ‘x’ rispetto alle ascendenti e discendenti. La variazione di corpo è un mezzo impiegato dal grafico per evidenziare e subordinare le parti del testo. Caratteri per il computer Nota: I caratteri tipografici che sono destinati all'utilizzo in digitale si chiamano font. Con l’evoluzione dell’uso dei computer, nel campo grafico e tipografico, è sorta la necessità di utilizzare dei font disegnate appositamente per essere utilizzate nel digitale. Questo comporta che il testo in realtà è un modello di punti costruiti su una griglia rettangolare molto fine formata da linee verticali e orizzontali. La forma della lettera viene ricreata da una serie di coordinate fissate dal reticolo e in seguito immagazzinate nella memoria del computer. Si utilizza l’informazione memorizzata per fare funzionare il dispositivo che genera immagini. Di conseguenza non esiste più nessuna matrice e fra lo stadio in cui viene tracciato e lo stadio in cui viene riprodotto. L’immagine computerizzata può essere formata da rette o da curve che collegano le coordinate per formare i contorni oppure da puntini o pixel. Tipologia dei font Caratteri Bitmap: È stato il primo formato di digitalizzazione dei caratteri per computer. Esso consiste in rappresentazioni su matrice di punti (modificabili e ingrandibili). Per ogni corpo della font utilizzabile necessitava un file, rendendo estremamente pesante l’utilizzo di diversi caratteri sullo stesso computer. Attualmente questo tipo di carattere viene utilizzato per la visione a video del carattere da stampa. Type 1: Attualmente questo formato rappresenta lo standard del settore, fornendo la più ampia compatibilità con computer, sistemi operativi, stampanti ed applicazioni rispetto a qualunque altro formato di caratteri. Esso si basa sul sistema vettoriale delle curve di Bézier, connesse fra di loro da dei punti. Le lettere sono definite come descrizione matematica o equazione. L’uso di queste equazioni permettono la scala virtuale degli ingrandimenti e delle riduzioni mantenendo proporzionale il disegno del carattere. Con i font Type 1 è possibile usare diversi tipi di computer e ridimensionare i caratteri a piacere. Affiancato al carattere per la stampante Type 1, viene utilizzato un carattere rastred bit-mapped per la visualizzazione a video. Questo sistema consiste sull’automatismo delle variabili del disegno del carattere. In pratica con la stessa matrice di font si possono ottenere tutte le variabili di peso, larghezza, stile e corpo. Type 3: Questo tipo di font era un prodotto originariamente da fonderie digitali. Questi caratteri non hanno dei settaggi che comunicano al programma la riduzione in scala. Essi massimizzano la qualità dei caratteri bi-mapped rinforzando certe regole di una buona grafica delle lettere: uguale peso dei tratti; grazie, se presenti, uniformi; controllo delle curvature, ecc. True Type: Un tipo di carattere che crea uno standard a basso costo che soddisfa i sistemi di Mac e di Windows™. Questo formato si è posto in alternativa al Type 1 per l’utilizzo con le stampanti laser ma è sconsigliato per l’utilizzo con fotounità, per ottenere le pellicole di stampa, dove può essere stampato come un bit-mapped (effetto seghettato) benché sia un font scalabile. OpenType: Si basa sulle qualità dei formati Type1 e TrueType, è il formato del futuro che presenta con notevoli migliorie qualitative e d'uso.Sono presenti un elevato numero di glifi permette la possibilità del supporto dei vari linguaggi (Est / Arabo ecc.), l'accorpamento degli elementi come: maiuscoletto, numeri alti-bassi, tutti i tipi di accentazione. Programmi per creare i font Esistono moltissimi programmi per la creazione di font, alcuni sono gratuiti e altri a pagamento. Qui sotto verranno elencati alcuni, i più conosciuti. BirdFont : è un editor di font gratuito che ti consente di creare grafica vettoriale ed esportare font TTF, OTF, EOT e SVG. L'editor ha un buon supporto sia per i formati di caratteri monocromatici che a colori. Adobe Illustrator (Windows/macOS): i tratta del celebre software professionale sviluppato da Adobe, che permette di realizzare vari lavori di tipo grafico, inclusa la creazione di nuovi font. Questo prodotto è a pagamento, si deve pagare una quota al mese per poter utilizzare tutto il pacchetto Adobe. FontStruct (Online): è un servizio online gratuito che permette di creare nuovi font direttamente nel browser. La sua interfaccia, molto “pulita” e ben organizzata, ne facilita l’utilizzo. YourFonts (Online) — è un servizio online che permette di realizzare font con la propria calligrafia. Non è gratuito: per utilizzare i font realizzati “a mano”, infatti, bisogna effettuare un acquisto. FontForge: un software che ti consente di modificare, convertire e creare caratteri con un linguaggio di scripting proprietario. Al suo interno troverai una vasta gamma di opzioni avanzate per fare tutte queste operazioni. Fra le altre cose, il programma supporta una valanga di formati di font: dal BMP all’Outline, passando per il famoso TrueType, per PostScript, per OpernType e via discorrendo. Naturalmente il programma ti offre diversi strumenti di disegno, e funziona su livelli e layer. TTFEdit: si conquista con le unghie e con i denti il secondo posto nel nostro elenco dei preferiti. Si parla di un font maker molto pratico e usabile: è in grado di aprire, modificare, salvare e creare font da zero, tramite il sistema TrueType. Open source, questo software è facilissimo da usare ed è dotato di una interfaccia molto user-friendly. Per poterlo usare, però, è necessario avere Java installato sul computer. A qualcuno la sua grafica potrebbe apparire stantia e datata, ma nel nostro caso è un vantaggio, perché la sua semplicità rende qualsiasi operazione all’acqua di rose. Una caratteristica interessante che appartiene a TTFEdit è la seguente: ti mostra sempre un’anteprima in tempo reale. Type Light: è un altro programma davvero intuitivo e comodo: possiede diverse funzionalità di disegno di base, e consente di creare o modificare svariate tipologie di font. Puoi anche convertirli, o creare un nuovo carattere partendo da un sistema di metriche molto precise, inserendo anche il copyright. Pur non essendo particolarmente ricco di opzioni avanzate, quelle basiche bastano e avanzano per fare di tutto e di più: in pratica, puoi partire da alcuni caratteri base per poi modificarli e creare così nuovi glifi. Puoi anche modificare le dimensioni della griglia, invertire i contorni e tanto altro ancora. Raster Font Editor: un software leggerissimo e spensierato, portatile e che non richiede installazione. Non è particolarmente professionale, però è utile per la presenza simultanea di più finestre, per lavorare a più glifi allo stesso tempo. Purtroppo non puoi creare i font da zero, perché è presente solo l’opzione di modifica dei glifi caricati in preset sul programma. Lettering e non font Tornato di moda la scrittura a mano, ma questa volta con l'aiuto della tecnologia. In questi ultimi tempi si è sviluppato questa nuova "moda" che nuova non è perchè tale lavoro lo creavano già gli ammanuensi.
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Creare dei caratteri personali a mano libera offrendo dei testi con una forte carica artistica e personalizzata. Viene realizzato grazie a tavolette grafiche e tablet. Molte figure professionali si sono specializzate in questo ambito, spesso destinato per la decorazione di oggetti di design, creazioni logo. I programmi e app più utilizzate possono essere o vettoriali o raster, tra i più famosi sono Procreate, Ilustrator (presente sia in app che per pc), Photoshop. Spero che questo articolo ti sia piaciuto! Articoli che ti possono interessare: La videoscrittura |Campioni colore |La composizione tipografica Read the full article
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margiehasson · 5 years ago
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Unghie autunno 2019: le migliori nail art da copiare
Diamo uno sguardo alle tendenze per le unghie autunno 2019, tante idee e ispirazioni per decorare le unghie nella stagione ormai alle porte.
Questo autunno vedremo ancora l’impiego di polveri metalliche e smalti olografici ma a piccole dosi. Una accent nail art metallica da abbinare a nuance più soft e discrete è un esempio di decorazione veloce e d’impatto, perfetta per chi non vuole rinunciare allo stile, pur mantenendo un tono temperato.
Photo Credits: @nail_look_eliza
  L’ispirazione “galaxy” ancora presente in toni più pacati e autunnali. Sfumature del blu e del grigio si fondono insieme ai glitter per creare incredibili effetti stellari.
Photo Credits @art_emma
  Intramontabili sono le nail art autunnali con rappresentazioni di foglie e colorazioni appartenenti a questa mezza stagione. Riecco il marrone, il verde, l’arancio e tutte le sfumature intermedie tipiche della natura autunnale.
Photo Credits @nailsbynatasja
  Il color cipria la fa da padrone, è una delle tonalità più di tendenza per le unghie autunno 2019. A rendere la manicure più particolare, un topcoat ad effetto matte.
  Photo Credits Pinterest
  Per le più creative ecco una nail art più impegnativa con decorazioni e lettering. La base bianca è ottima per piccoli disegni e applicazioni, come fosse una tela da dipingere.
Photo Credits @lieve91
  Il verde bosco è un grande classico dell’autunno. Perfetto da sfoggiare in qualunque occasione e a qualunque età.
Photo Credits Pinterest
  Il maculato non ci lascerà nemmeno questo autunno. A differenza delle unghie animalier di tendenza la scorsa estate, adesso vedremo delle nuance più naturali e meno stravaganti.
Photo Credits @nailsellenblog
  Il grigio è il non colore, la non scelta. Per anni bistrattato e non valorizzato, adesso diviene protagonista di nail art autunnali di grande tendenza. Da solo o abbinato a glitter e brillantini, sarà una tonalità molto in voga per la prossima stagione.
Photo Credits Barbara Rosales
  Per altre idee e suggerimenti seguimi su consiglidimakeup.com.
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aniadarkred86 · 7 years ago
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La prima volta che l’aveva vista, appena qualche giorno prima, guardava fuori dal finestrino, come assente. E anche in quei minuti che passavano, era immobile in quella stessa posa, quasi una statua. Non parlava quasi mai, qualche volta leggeva o scriveva un paio di righe, ma la maggior parte del tempo lo trascorreva osservando fuori, immersa chissà dove con la musica nelle orecchie, e forse più a fondo. Doveva avere vent’anni, o all'incirca venticinque, ma aveva una malinconia addosso che si ha quando la vita sta per finire, e i suoi occhi erano immersi in un liquido scuro di dolore che per alcuni secondi le toccò il cuore, facendola sentire a disagio perché mai aveva provato nulla di simile nella vita, nemmeno adesso che aveva anni più di lei. Quanti ne aveva, esattamente? Troppi, si disse, fissando per un attimo le mani, come se ci fosse stata scritta l’età sopra la pelle, e poi la osservò ancora una volta, distraendosi di nuovo subito dopo da quell’aura così cupa che quasi le faceva male come una scottatura nella carne. Come poteva una ragazza così giovane avere un tale peso dentro da vedersi persino nello sguardo? Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma rimase in silenzio rispettando il suo. Il treno dava qualche scossone, ma lei sembrava non curarsene e stringeva le unghie della mano sinistra al tessuto del sedile, nervosa e tesa, anche se continuava ad appoggiare il viso oltre il vetro sporco di colori. Studiò quelle unghie tagliate corte e, anche se le sembrava di ficcanasare nel suo privato, non riuscì a non puntare gli occhi su di lei, su quella piccola porzione di corpo che immaginò conficcata nel suo stesso palmo, a volte con rabbia e altre con rassegnazione. E per un battito di tempo vide un rivolo di sangue scivolarle sul polso, e si distrasse di nuovo altrove, cercando un punto dove non sarebbe arrivata quell’angoscia. Ancora una volta voleva parlarle, soltanto un saluto, ma non lo fece, non ci riusciva, anche se era sempre stata brava con le persone, quella ragazza sembrava bloccarle qualcosa dentro, rendendola timorosa persino di aprire bocca. Evitò ancora di fissarla e rimase muta. E il treno andava avanti, corse veloce e poi lento finché non arrivò a destinazione. Si alzò di fretta e con altrettanto impeto afferrò la borsa e scese dal treno, sentendo un bisogno quasi soffocante di aria, e non appena fu fuori, tra la gente che le sfilava accanto, respirò tutto quello che poteva e ancora di più, buttò dentro l’alito dei primi giorni di marzo, quando il sole scaldava la pelle ancora timidamente, e le sembrò di essersi svegliata di nuovo, con quella sensazione di serenità che si aveva poche volte nella vita. Fece dei passi avanti e poi si fermò, cercandola tra la folla. Cercando un po’ di quella malinconia, ma non trovò nulla, la ragazza era già sparita. Mentre camminava per quella banchina ormai vuota e poi oltre la strada verso il proprio ufficio, non poteva fare a meno di pensare a lei, a quel viso quasi al di là della vita stessa, come se non fosse pienamente presente sulla stessa terra; ma forse era l’unica a scorgerle quelle cose. A notare per forza quello che in realtà non esisteva, e per lunghi minuti, continuando ad avanzare, l’assalì il dubbio che anche lei fosse solamente nella sua testa, un’immagine che aveva inventato come decorazione di ricordi ormai troppo lontani e relegati in un cassetto che non riusciva più ad aprire. O, semplicemente, non voleva. Sfiorò il ciondolo nascosto sotto la stoffa e cercò con prepotenza di cancellare quella pellicola dalla sua mente, di bruciarla completamente fotogramma dopo fotogramma, ma il giorno dopo, quella ragazza era ancora lì. E anche quello dopo e quelli seguenti, e stringere la collana non le servì a nulla, il suo viso era lì. La sua malinconia era lì. E ad ogni ora che passava, si scoprì impaziente di penetrare quella barriera che sembrava avere attorno, distruggerla con le proprie dita mentre altre continuavano a soffocare un piccolo ammasso d’oro. Desiderò prendere quel quaderno e leggerne ogni riga, divorarlo quasi per poter divorare ciò che si portava dietro come una pesante valigia senza serrature né maniglia, ma rimase immobile guardando ogni tanto l’uomo accanto a sé, quel marito sposato tanti anni prima e che era diventato quasi uno sconosciuto. Quel volto che le aveva fatto soffocare se stessa. E la ragazza di cui non sapeva neppure il nome, contemplava ancora ciò che c’era fuori, ogni tanto le scivolavano i capelli sul viso, celandone una parte, e si scopriva desiderosa di afferrarli e spostarli con leggerezza per continuare a vedere quella malinconia che le faceva male. Quegli strati di esistenza che voleva afferrare uno ad uno. Sospirò, cercando di cancellare tutto intorno a sé, persino l’uomo con cui aveva condiviso il letto notte dopo notte dopo notte e che era stato capace di conquistarla con un sorriso. Volle sforzarsi di tornare indietro, a quella sera di agosto in cui era rimasta seduta ai piedi del letto a fissare lo specchio e l’immagine di codarda che le restituiva, mentre qualcuno a pochi chilometri di distanza la stava aspettando a quel tavolo poco illuminato del ristorante dove i loro volti si erano incrociati per la prima volta. Aveva continuato a non muoversi, a studiare il suo riflesso, quegli occhi che non provavano né dolore né altro erano rimasti fissi su quel viso che per lunghi minuti non le era sembrato nemmeno il proprio, eppure le labbra erano quelle che avevano baciato a lungo e altrettanto a lungo erano state baciate; e il naso era quello che aveva sfiorato più volte la sua pelle. E quando il cuore aveva urlato più forte della ragione, di tempo ne era passato troppo e il tavolo lo aveva trovato ormai vuoto. Spoglio. Soltanto una macchia di vino rosso spiccava sopra la tovaglia altrimenti bianca. In quell’attimo aveva desiderato piangere, ma le lacrime sembravano non esserci, non scendere. E fu in quel preciso momento che si era voltata per andarsene e lo aveva visto, le sue iridi così grandi e quel sorriso che era stato capace di scioglierle il cuore; aveva visto il viso di quell’uomo che aveva amato profondamente. Quell’uomo che non c’era più insieme a quel sorriso ormai perso tra tastiere di computer e telefonate interminabili, in cene che consumavano a distanza e in parole che quasi non pronunciavano. Erano due estranei nella stessa casa, eppure continuava ad amarlo in un modo così profondo e diverso che faceva fatica a spiegarlo persino a se stessa. Si toccavano a malapena, più per sbaglio che per reale intenzione, ma una parte di sé insisteva ad amarlo, anche se un’altra voleva che l’orologio tornasse indietro a quella notte, a quegli istanti in cui aveva deciso di stare ferma, che tornasse lì e cambiasse tutto. Come sarebbe stata adesso la sua vita? Piegò la testa da un lato e accanto, però, c’era suo marito, e davanti alle proprie dita che desideravano sfiorarla, la ragazza era di nuovo immobile, di nuovo fuori quel mondo che sembrava muoversi parallelo ai binari. Quel mondo che non aveva mai avuto il coraggio di vivere pienamente, e non faceva che rimpiangere ogni singolo giorno quando avrebbe potuto ma non aveva fatto. Era questo ciò che provava quella ragazza? Aveva dentro di sé un tale rimpianto da essere diventato malinconia e dolore? Dio come avrebbe voluto chiederle ogni cosa! Non aveva idea del perché provasse quelle sensazioni, quei desideri, ma qualcosa dentro di sé voleva conoscerla, desiderava scoprire ciò che nascondeva, forse per alleggerire i suoi malumori o per condividerli, non lo sapeva. Ormai non sapeva più nulla di se stessa. E ogni giorno che passava, i suoi dubbi aumentavano, e il riflesso di sé che osservava era sempre più sconosciuto. E più i giorni passavano su quei binari e più pensava a quella ragazza, anche quando era a casa o in ufficio o semplicemente fuori con le amiche, i pensieri tornavano sempre a quel viso. Quando la vista sfiorava per un attimo quella di suo marito. Aveva persino imparato a memoria i suoi orari, non avrebbe saputo dire quale fosse stato il motivo, non le era mai capitata una cosa simile, ma lo aveva fatto e ogni giorno cercava di prendere il suo stesso treno, uscendo qualche volta prima dal lavoro, ma quel pomeriggio in cui aprile era già caldo, desiderava soltanto correre a casa. Buttarsi nel letto e piangere. Era stanca, terribilmente stanca di quella vita fatta di confusioni e poche certezze. Di poche lettere lasciate in un messaggio. Credo che stare per un po’ lontani, una pausa, faccia bene ad entrambi. Come poteva ridurre tutto ad un semplice sms? Anni passati insieme e condivisioni gettati nel secondo in cui si premeva invio, un secondo soltanto oltre i pochi spesi per scrivere. Una vita ridotta a caratteri sopra uno schermo. Rilesse ancora una volta e, mentre il tempo passava, si ritrovò spaccata a metà tra il dolore che l’opprimeva e una sorta di gioia che le si faceva strada dentro: come poteva provare quei sentimenti così contrastanti? Avrebbe voluto che qualcuno le rispondesse e istintivamente si voltò verso la ragazza davanti a sé, come se lei avesse potuto darle qualche spiegazione, delle risposte che probabilmente temeva. Avrebbe voluto chiederle come faceva ad estraniarsi dal mondo in quel modo, fissare ciò che c’era oltre il vetro – o niente – e fare come se null’altro ci fosse intorno a lei, ma, ancora una volta, rimase in silenzio e abbassò il mento. «Tutto ok?» Alzò di nuovo il viso verso di lei: aveva parlato? Lo aveva davvero fatto? La sua voce era così bassa che faceva fatica a crederci, era graffiante eppure così dolce. «Sì, tutto ok» mentì. «Non è vero» spostò il corpo per osservarla meglio, lasciando per un po’ le immagini oltre il vetro, fuori. «È diversa dagli altri giorni». Non seppe il motivo, ma in quell’istante le venne spontaneo sorridere. Quel momento, quel momento soltanto, cambiò tutto. In ogni parola che quella ragazza pronunciava c’erano due binari che improvvisamente si deformavano per incontrarsi, e più aumentavano e i giorni scorrevano su quel treno, più i loro mondi sembravano avvicinarsi, spostarsi in modo quasi impercettibile da quelle rette parallele e invisibili che le attraversavano. Rientravano di un millimetro ogni volta che si scrutavano o sorridevano, e sbandavano rapide quando in pochi frammenti di ore le loro voci si sovrapponevano. Passarono corse, e persone e vuoti sui marciapiedi, e continuarono a non sfiorarsi neppure, soltanto labbra che si muovevano appena o sguardi, ma avrebbe voluto prenderle le mani e stringerle nelle proprie, riconoscere il calore o il freddo, distinguere ogni sfumatura di ciò che toccava ed esserne invidiosa, così tanto da sentirsi bruciare. Spesso, quando la osservava, si chiedeva quasi con rabbia chi avesse visto prima di salire sul treno; o dopo. Chi avesse toccato. E questa sensazione si faceva sempre più soffocante senza che se ne rendesse pienamente conto. «Che ne dici» parlò all’improvviso per spezzare quell’asfissia. «Se un giorno di questi ti offro un caffè? O una cena.» L’ultima frase la sussurrò, come timorosa di aver osato tanto, in fondo il loro era un rapporto fatto solamente di incontri sul treno e poche frasi, di occhiate e qualche risata, e vedersi al di là di quei binari era un po’ come tornare a casa dopo anni d’isolamento. O almeno lo viveva così. Razionalmente o irrazionalmente che fosse, aveva ormai in testa quel mondo chiuso in quella scatola metallica che correva, lì dove c’erano nient’altro che loro due anche se il treno era pieno di gente. Ormai esisteva solo quella ragazza che le sedeva di fronte; non solo su quei binari quel viso le era costantemente dentro, ma anche in ogni luogo in cui andava era come averla sempre accanto. E di questo ebbe paura. Tornò indietro nel tempo ed ebbe paura. Fu un solo istante sufficiente a stringerle la gola. «D’accordo.» Quella risposta, però, le esplose dentro come mille spine di felicità che le tolsero quell’oppressione, e nei minuti seguenti e nelle ore che scorrevano, non faceva altro che pensare a quell’incontro, a quello che avrebbe detto o fatto, ad ogni singolo secondo che voleva spendere a leggerle dentro, a studiare ogni singolo segno che portava sulla pelle. Poi le ore passarono come una macchina da corsa, e il giorno si era fatto notte e la notte di nuovo giorno e proseguiva, fissava il vetro senza andare oltre e si sentiva sola, stringeva nella mano destra il ciondolo d’oro e si sentiva sola. Vuota. Lei non c’è. Davanti non c’era nessuno, il sedile era vuoto, ma le sembrava di vedere il suo corpo piegato verso il finestrino e sentire il suo profumo di una moltitudine di fiori; lei, però, non c’era, il treno correva e la sua assenza era intollerabile. E l’aveva baciata. Aveva avvicinato le labbra alle proprie e l’aveva baciata. Era rimasta spiazzata dalla vita che le aveva raccontato e dai sogni e di quelle piccole parti del suo essere di cui aveva fatto tesoro e che avrebbe custodito per sempre gelosamente, e poi l’aveva baciata. In quegli istanti in cui lei le aveva afferrato il viso, si era sentita nascere e poi morire, e il suo respiro perso nel proprio le aveva cancellato ogni paura e ogni immagine di un uomo e una donna che si erano sposati anni e anni prima e che erano stati felici a lungo; in quel momento, però, quegli scatti tornarono prepotenti nella sua testa come echi di tamburi che si facevano sempre più vicini. E lei l’aveva baciata. Ma in quel luogo, dove i binari si allungavano sotto di sé, neppure il ricordo del sapore della sua bocca sulla propria, servì ad estirparle quello stato di confusione che le si era annidato come erba velenosa; nulla servì. Lei non c’era, e voleva soltanto piangere. Un altro abbandono che desiderava soffocare in un pianto che non poteva permettersi, non lì né da nessun’altra parte, né con qualcuno perché nessuno avrebbe capito che cosa si stava agitando dentro il proprio cuore. L’aveva baciata e voleva scendere da lì, da quel piccolo mondo che era ancora troppo sommerso dai suoi colori, dal colore dei suoi occhi e delle parole che scriveva e di quelle che non pronunciava mai. Di quelle che non avrebbe sentito mai più. E pianse all’interno del proprio petto mentre voleva strapparsi l’anima di dosso, continuò a tenere il libro fra le dita senza leggerne una riga, e pianse lacrime incorporee sopra quel treno che rallentava e si fermava, una due, dieci volte; voleva scendere e non salire mai più. Si era soltanto illusa? Si chiese. Illusa di cosa, poi, non lo sapeva, era stato soltanto un bacio, solamente un toccarsi di labbra che avrebbe potuto voler dire qualsiasi cosa nella mente della ragazza, ma nella sua… nella sua era stato un boato così intenso da sentirsi per chilometri, eppure continuava a domandarsi cosa c’era di reale in ciò che era successo, se quello che provava fosse vero, tangibile o solamente sensazioni e illusioni di ciò che non c’era. E mentre maggio sfilava per lasciare il posto ad un giugno troppo afoso, quelle domande continuavano a stringerla come una collana troppo stretta e pesante, mentre il pendente che aveva al collo si faceva sempre più leggero. Che significasse qualcosa? E d’improvviso la rassegnazione prese il posto di tutto il resto. Quel treno divenne solo ferro che correva sopra altro ferro, e quando la mente sembrava svuotarsi di tutto, era di nuovo lì. I suoi occhi, il suo sorriso e le sue mani tese. Stavolta, però, il suo volto era fisso al posto vuoto davanti a lei, quello dove sedeva ogni giorno da prima che la incontrasse mentre guardava fuori, e per un attimo, uno soltanto, fu tentata di passare oltre o di scendere per attendere un altro treno, ma si fermò. Si bloccò al pensiero della sua bocca sulla propria e si sedette in silenzio guardando fuori. E i loro invisibili binari tornarono per alcuni secondi a stringersi, ma quando lei la salutò, deviarono prepotenti per allontanarsi ad ogni silenzio che veniva pronunciato, ad ogni sguardo non ricambiato. «Mi è capitato un viaggio improvviso» spiegò, ma non voleva sentire nulla, voleva che la ragazza tacesse e basta. «Avrei voluto avvertirti ma non ho il tuo numero» e continuò il silenzio. Opprimente. «Avrei voluto che venissi con me.» Poi qualcosa la trapassò da una parte all’altra come un fulmine incandescente, ma non si sentì come cenere, le parve di accorgersi pienamente di se stessa come non le capitava da tempo. E poi il dolore l’attraversò. Avrei voluto che venissi con me. Perché quelle parole le stavano facendo così male? Era stata davvero tutta colpa di cifre? O era così che doveva andare? Aprì la bocca per dire qualcosa, ma il telefono squillò, distraendola, e quando vide il nome sullo schermo, non sapeva se accettare o rifiutare quella chiamata, ma poi ritenne che almeno quello glielo dovesse. Spostò il pollice e ascoltò tante sillabe una dietro l’altra, sentimenti che correvano attraverso l’aria fino a toccare il proprio orecchio e poi oltre, e involontariamente il proprio cuore si riempì di qualcosa che le era mancato; poi, però, si voltò verso la ragazza e sentì il cuore spezzarsi in due e farle così male che avrebbe voluto urlare. Gridare ancora una volta senza lacrime. E quando posò il cellulare nella borsa, il suo sguardo era lì, e la fece sentire nuda, così esposta da stringersi istintivamente il foulard alla gola. «Tutto bene?» «Sì.» «Era lui?» «Sì.» Nessuna delle due disse nient’altro, ad ogni fermata il silenzio cresceva e persino i loro occhi parvero non volersi sfiorare: era certa che quella ragazza avesse capito ogni cosa prima ancora che fosse chiaro a se stessa. Aveva capito che non avrebbe potuto cancellare quegli anni così facilmente e che non avrebbe mai avuto il coraggio di vivere qualcosa di così folle e sconosciuto. «Non posso farlo» e si sentì abbattere a terra quando quelle lettere le uscirono dalla bocca anche se erano del tutto inutili perché quella ragazza aveva capito tutto ben prima. Non voleva rinunciare a lei e non avrebbe mai avuto il coraggio di allontanarla dalla propria vita, lo sapeva, lo sapeva benissimo, ma cosa avrebbe potuto fare? «Non credo di averti mai chiesto niente» parlò, spezzando quelle paure al suo posto. «Quel che è successo è successo ed è stato bello, ma non ti ho chiesto mai nulla e non intendo farlo ora.» Lei avvicinò una mano alla propria, ma si fermò poco prima di prenderla e non fece nulla per incoraggiarla, rimase muta e immobile anche se voleva che le afferrasse le mani e tutta se stessa e che l’avvolgesse nei suoi profumi e nei suoi umori. «Non voglio che tu sia infelice.» Come poteva dirle che la rendeva tutt’altro che infelice? Come poteva farlo se non sapeva con esattezza cosa stesse provando né cosa volesse davvero: l’amava, se ne era resa conto da tanto tempo ormai, anche se soltanto in quel momento era riuscita ad ammetterlo con se stessa e glielo avrebbe gridato sulle labbra se non fosse stato così doloroso per entrambe. E amava anche suo marito, di un amore diverso, normale, era vero, ma non poteva nascondere quei sentimenti. Avvicinò i suoi occhi scuri al proprio viso, ma involontariamente si ritrasse mentre continuava a stringere quel pezzo d’oro che portava al collo, a stringere qualcosa di sicuro e forse soltanto un’abitudine. Quel gesto fu il suo modo di allontanarla da sé e la ragazza comprese e se ne andò, mentre non le rimase che immergersi in quei pochi ricordi che aveva di voci e tocchi fugaci, e di quel bacio che le aveva dato in quel vicolo buio e deserto dove l’aveva trascinata all’improvviso facendola quasi inciampare. Non aveva nient’altro, anche se avrebbe voluto molto di più, avrebbe voluto sfiorarle ogni centimetro di pelle e toccarle persino l’anima, e avrebbe voluto che facesse altrettanto, con più forza e così a fondo da farla morire. Fissò il vetro sporco senza avere altro. E poi il posto vuoto davanti a sé. I binari continuarono a correre verso l’infinito senza mai toccarsi e quando aprì le dita, una croce scintillava sul proprio palmo. E il treno riprese la corsa. (Ania_DarkRed86 - Binari, marzo 2017)
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universodonna-official · 3 years ago
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LETTERING NAILS
MANICURE CON ISCRIZIONI: IL TREND CHE PORTA LE SCRITTE SULLE TUE UNGHIE! La manicure può dire molto su una persona e il lettering design può aiutarti a scoprire le carte o, al contrario, può confondere chi ti sta osservando. Modeste o provocatorie, brevi o lunghe, decorate in colori vivaci oppure neutri, in lingua inglese, francese o russa, qualsiasi iscrizione può rendere la tua manicure…
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