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Trudging Across The Tundra Frank Zappa
#trudging across the tundra#frank zappa#tony duran#earle dumler#malcolm mcnab#gary barone#tom malone#bruce fowler#glenn ferris#dave parlato#jim gordon#art rock#progressive rock#jazz rock#live 1972#one shot deal#2008#Youtube
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Veronica Ferraro, la migliore amica di Chiara Ferragni: «Non riesco ad avere figli, farò la fecondazione in vitro» Veronica Ferraro parla a cuore aperto, e per la prima volta, delle difficoltà che ha incontrato nel momento in cui ha deciso per la prima volta di diventare mamma. La migliore amica di Chiara Ferragni, che in questo periodo le sta dando grande supporto nella crisi con Fedez nonostante si trovi a sua volta a far fronte a grossi impegni, è prossima al matrimonio con Davide Simonetta, «l’amore della mia vita e l’unico che immaginavo come padre dei miei figli». Ma quando l'influencer e il fidanzato hanno provato davvero ad avere un bambino, sii sono scontrati con la difficoltà di concepire naturalmente, così hanno deciso di intraprendere un percorso di fecondazione in vitro. Veronica ne ha parlato in un post su Instagram condiviso con il suo quasi milione e mezzo di follower. La fecondazione in vitro Il lungo post di Veronica Ferraro comincia con la premessa di non aver mai vissuto come un peso in non avere ancora figli: «Ho desiderato per la prima volta essere madre a 34 anni, quando ho conosciuto l’amore della mia vita e l’unico che immaginavo come padre dei miei figli. Ormai la maggior parte delle mie amiche attorno a me aveva già una famiglia, ma non l’ho mai sentito come un peso, perché so che la vita di ognuno di noi segue percorsi diversi e io non sono mai stata vittima delle convenzioni che su queste cose la nostra società ci impone anche in maniera velata. Nessuno dovrebbe mai sentirsi in colpa o sbagliato se non desidera figli o se il timing della sua vita non coincide con quello delle persone attorno a sè. Allo stesso tempo però, purtroppo, non possiamo sottrarci alle regole dell’orologio biologico». La sensibilizzazione L'influencer, che oggi ha 37 anni, continua: «Quando io e Davide abbiamo iniziato a provare ad avere un bambino, ci siamo sottoposti a dei test e abbiamo scoperto di avere entrambi problemi a concepire naturalmente. Anche in quel caso non mi sono scoraggiata, so che al giorno d’oggi ci sono tanti metodi per provarci comunque». Quello della fecondazione in vitro (o Fivet) �� un percorso che si fa in due, e a giudicare da video e foto pubblicate su Instagram, Davide Simonetta si sta impegnando quotidianamente trasformandosi in infermiere per fare le punture per la stimolazione ovarica alla sua futura moglie. Il rimpianto «L’unico mio rimpianto - scrive ancora Veronica - però è non aver avuto una conoscenza e consapevolezza maggiore, anni fa, della possibilità di vitrificare i miei ovuli, perché di certo lo avrei fatto in più giovane età, quando la mia capacità riproduttiva era più alta. Credo davvero che sia una tematica importante e sono contenta che ora se ne parli sempre di più anche in Italia». L'influencer ha scelto di affidarsi nel suo percorso alla dottoressa Daniela Galliano, che anche su Instaram affronta quotidianamente il tema della fertilità. Il percorso Il percorso di Veronica e Davide è già cominciato da qualche giorno con la stimolazione ovarica, racconta ancora la Ferraro, e «dopo il matrimonio, porteremo a termine (speriamo con buoni risultati!) la fivet». Infine, l'influencer conclude: «Non sono solita condividere cose così private ma spero davvero che il mio percorso io possa far sentire meno sole le persone che hanno una storia simile alla mia. Io e Dave abbiamo davanti a noi tanti step che devono andare bene e se non andranno come spero, ci riproveremo se ne avremo la possibilità».
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Frank Zappa - Zoot Allures
#frank zappa#zoot allures#zoot allures album#zappa#terry bozzio#ruth underwood#dave parlato#lu ann neil#progressive rock#jazz fusion#hard rock#heavy metal#instrumental#rock instrumental#metal instrumental#music#music is love#music is life#music is religion#raining music#70s#70s music
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Hanno detto che diversi membri della troupe si erano lamentati con la produzione – di cui fa parte lo stesso Alec Baldwin – per via dei ritardi nei pagamenti, per lo scarso rispetto dei protocolli di sicurezza e per il fatto che la produzione avesse in molti casi rifiutato di prenotare per loro sistemazioni vicine al set (costringendoli a guidare per più di un’ora per arrivare sul set e più di un’ora per tornare a casa o ai loro alloggi temporanei, alla fine di lunghissime giornate lavorative). La produzione, sostengono, voleva risparmiare e aveva moltissima fretta di portare a termine le riprese, anche a costo della sicurezza e del benessere dei lavoratori.
Mercoledì 20 ottobre sei persone della troupe avevano presentato le proprie dimissioni; giovedì 21 erano tornate sul set per raccogliere le proprie cose e avevano scoperto che la produzione le aveva sostituite con sei lavoratori non iscritti all’Alliance of Theatrical Stage Employees (il sindacato dei lavoratori dello spettacolo, che da tempo minaccia scioperi per protestare contro le cattive condizioni lavorative dei suoi iscritti).
Si devono infine verificare le responsabilità di Dave Halls, l’assistente alla regia. Secondo il racconto di una pirotecnica e addetta agli oggetti di scena che aveva lavorato con lui in un’altra produzione e che ha parlato con CNN, nel 2019 Halls sarebbe stato per due volte oggetto di reclami per via di alcune sue gravi negligenze nel rispetto dei protocolli di sicurezza riguardo alle armi e agli esplosivi utilizzati sul set.
Aiutatemi a dire "porcoddio"
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Capitolo 51 - Elvis, la barba e i baci di Schroedinger (Seconda parte)
Nel capitolo precedente: Eddie lascia San Diego e la sua casa a malincuore, ma deve partire con la band per proseguire il tour. Chiama Meg per avere notizie di Angie e quando scopre che la ragazza si è fatta sentire con la sua amica, ma non con lui, ci rimane un po' male, ma non pensa ci sia altro sotto. Matt e Meg hanno una conversazione chiarificatrice in cui lui le chiede scusa per il suo comportamento e le rivela di avere una nuova ragazza, notizia che Meg non prende benissimo. Angie torna finalmente a Seattle, viene a sapere che Eddie l'ha cercata, ma non lo richiama e cerca di non pensare a ciò che è successo e al bacio, di cui non dice nulla a Meg. Tornata al lavoro da Roxy, Angie riceve la visita inaspettata di Kurt e Dave, che le chiede di nuovo di uscire.
***
“Comunque i capelli ti stanno da Dio. E' una cosa permanente o...?” Dave è al bancone per salutarmi prima di andare via, il suo amabile socio pochi passi più indietro.
“E' solo uno shampoo colorante con dei colpi di sole, poi vanno via”
“Beh ti donano un casino!”
“Seeh e in questo contesto fanno molto psychobilly.” Kurt dice la sua, alza un indice e lo fa girare a indicare lo stile della tavola calda “La parte psycho è quella che ti si addice di più ovviamente”
“Ah-ah”
“Va beh, tornando alle cose serie: hai deciso?” mi incalza Dave ed è come se stesse saltellando sul posto, ma coi piedi ben fissi a terra.
“Come posso dirti di no?”
“Beh, tipo come quando l'hai scaricato, per esempio?” Cobain risponde alla domanda retorica e si finge smarrito quando sia io che il suo amico lo guardiamo male “Cosa? Ho detto che era un esempio!”
“Allora ci vieni, grande!” Dave si scrolla il fastidio di dosso in un nanosecondo e torna ad abbagliarmi col suo sorrisone, che mi fa pensare che forse sarebbe tutto più facile se non lo avessi scaricato. Oppure no?
“Sì, ma non voglio fare troppo tardi, ok?”
“Non temere, l'importante è che resti per il concerto... e un pochino dopo il concerto, va bene?”
“Tutti questi buoni sentimenti... le mie orecchie stanno sanguinando, se vi interessa”
“No, Kurt, non ci interessa. Ci vediamo alle otto all'Off Ramp allora” mi rivolgo prima al cantante che si sta arrotolando la sciarpa attorno alle orecchie e agli occhi e poi a Dave.
“Ti passo a prendere se vuoi”
“No, tranquillo, ci vediamo lì”
**
La serata alla tavola calda passa insolitamente in fretta. Forse perché era una di quelle poche volte in cui avrei voluto non passasse. Meno sto a casa meno probabilità ho di ricevere direttamente certe telefonate... Torno a casa e quando entro nell'appartamento e vedo tutto buio penso di averla fatta franca, almeno finché la porta della stanza della mia coinquilina non si spalanca proprio nel momento in cui ci passo davanti.
“Ehi Meg, ancora sveglia?”
“Mmm” mugugna prima di dirigersi abbastanza spedita verso la cucina.
Coincidenza? Non credo. Rimango incredula nel bel mezzo del corridoio, finché non la sento aprire il rubinetto. Semplice sete. Scrollo le spalle e vado in camera mia.
“Buona notte” mormoro quando sento i suoi passi scalzi avvicinarsi di nuovo e la sua risposta consiste nell'entrare nella mia stanza e prendermi per un braccio mentre sto tirando fuori il mio pigiama da sotto il cuscino. Ovviamente rischio un infarto.
“CRISTO SANTO!”
“Angie non puoi fare così”
“Certo che posso? Mi hai spaventata a morte!”
“Intendo dire con Eddie. Tieni” Meg molla la presa solo dopo avermi messo in mano il cordless.
“Che diavolo significa?”
“Ho capito che ci sei rimasta male per San Diego, ma non puoi evitarlo per sempre”
“Meg, ma che... guarda che stai facendo un casino per niente” cerco di mantenere la calma, mentre guardo il telefono come se mi avesse appena dato un ordigno nucleare innescato. Avrà chiamato di nuovo?
“Sta' zitta e chiama Eddie” mi intima risultando tuttavia poco minacciosa, dati gli occhi semi-chiusi e il tono di chi sta praticamente ancora dormendo.
“Ma... guarda che l'ho già chiamato” mento spudoratamente e in genere mi viene abbastanza bene. Confido anche nei suoi sensi offuscati dal sonno.
“Quando?”
“Stasera” faccio per ridarle il telefono, ma non si scompone.
“Quando?”
“Stasera! Durante la pausa sigaretta”
“Dal lavoro?”
“Sì”
“Allora tutto ok?”
“Sì, gli ho lasciato un messaggio, così sta tranquillo” le restituisco il telefono e a questo punto lo prende, seppur scettica.
“Uhm... bene”
“Ok, notte Meg” acchiappo il pigiama e fuggo in bagno alla velocità della luce.
Non mi piace mentire a Meg. No, non è vero, mi piace. Cioè, non è che mi piaccia, ma lo faccio volentieri. Oddio, volentieri... Diciamo che lo faccio tranquillamente e non mi sento affatto in colpa per non averle detto del bacio. Il bacio. Ma poi sono sicura che sia successo veramente? Magari me lo sono sognato, come il sedano, Eddie che affogava, i Depeche Mode e tutto il resto. Potrebbe essere stato tutto un parto della mia mente, dalla sveglia Sonic Youth alla compagna di viaggio sul pullman. E se stessi ancora sognando? Forse andare a letto e dormirci su è il miglior modo di svegliarsi, sempre che voglia farlo.
Tanto non chiamerà più.
Esco dal bagno e verifico che la via sia libera. Mi infilo nel mio letto e appoggio la testa sul cuscino, crollando all'istante. Quando riapro gli occhi non so dire se siano passati cinque minuti o cinque giorni, ma so per certo che non è più notte per via della luce del sole che filtra dalle tendine. E dopo qualche secondo so anche che non deve essere tanto tardi perché sento la voce di Meg e questo significa che non è ancora uscita. Vado in fissa su una ragnatela nell'angolo vicino alla porta e sto quasi per fare l'equazione ragnatela = ragno, quando un pericolo maggiore e più imminente si fa largo tra i miei pensieri e la voce della mia amica si fa più chiara.
“Ma non ha chiamato ieri?”
Merda.
“Ah. Allora ho capito male. Eh? No, non è che mi abbia proprio detto così... sono io che... cioè, io l'ho vista andare in camera sua col telefono in mano, quindi ho pensato che ti avrebbe chiamato. Sicuramente voleva farlo, si sarà addormentata prima eheh. Come? No, io ti sto parlando dal telefono fisso” blatera Meg e riesco quasi a vederla mentre fa dietrofront e torna verso l'ingresso, dove sta il telefono col filo. Guarda che non ti vede, ma fidati che non gli serve per capire che stai raccontando un mare di cazzate. Meg non sa mentire, ma apprezzo il fatto che voglia pararmi il culo pur avendo scoperto che le ho raccontato una bugia.
“Aspetta che vado a chiamarla. Ma no, figurati! Tanto si deve alzare comunque. Dai, aspetta che te la passo, un secondo!” sposto il piumone con poca delicatezza, praticamente lanciandolo a terra, e dopo due secondi sono in piedi, dritta di fronte alla porta, con Patti Smith che mi guarda perplessa dal poster. Lo so, lo so, sono ridicola e infantile, ma ne possiamo discutere dopo, zietta?
“Ehi Angie? Sei sve-” Meg entra lentamente e io le metto al volo una mano davanti alla bocca, mi accerto che abbia lasciato il telefono di là e la tiro dentro richiudendole la porta alle spalle al volo.
“Io non sono qui, ok?” le dico
“Mm?” può solo mugugnare lei, con gli occhi strabuzzati.
“Ti prego, reggimi il gioco” la imploro, mentre lei cerca di liberarsi dalla stretta e rispondere.
“P..ché?”
“Dopo ti spiego tutto, per favore...” Meg alza gli occhi al cielo e annuisce. A quel segnale non posso che lasciarla andare.
“Che cazzo” riesco a leggere il suo labiale un attimo prima che sparisca di nuovo attraverso il corridoio.
Seguo con circospezione i suoi passi... metti che ci ripensa e me lo passa. Nel frattempo cerco di riorganizzare le idee per lo spiegone che mi aspetta a breve. Perché ovviamente adesso le dovrò dire tutto e lei mi prenderà per deficiente perché tutto questo non ha molto senso. O meglio, per me è perfettamente logico, ma diventa automaticamente assurdo nel momento in cui cerco di tradurlo mentalmente in parole da comunicare a un altro essere umano.
“Sì, deve essere uscita presto, non l'ho proprio sentita...” spero tanto di non commettere mai un crimine, ma in caso contrario spero di non avere Meg come unico alibi perché è talmente poco credibile che farebbe condannare persino un innocente.
“Ok, dimmi tutto. No, aspetta, la penna non scrive, ne prendo un'altra. Arrivo eh!” Meg esce dalla cucina e mi passa davanti scuotendo la testa per poi infilarsi in camera sua, uscendone con una biro blu tra le dita subito dopo.
“Eccomi. Huh-uh... Fino a domattina? Ok, glielo dico. Ma no, figurati! Lo sai come ragiona, è che lei fa orari del cazzo e magari pensa di romperti le palle. Ok, le dico anche questo. Guarda, lo scrivo! Angie non rompe mai. Va bene? Eheh ciao Eddie, buona giornata. Sì, tranquillo! Ciao!”
Faccio un bel respiro e vado incontro al mio destino. Entro in cucina già con le mani alzate.
“Che cazzo è successo, me lo vuoi dire?” Meg mi sta già aspettando, seduta sul tavolo a braccia conserte.
“E'... è complicato”
“Ti ha fatto del male?” chiede serissima e io praticamente le scoppio a ridere in faccia, per poi lasciarmi cadere sulla sedia.
“Ma chi Eddie? Ma figurati, no!”
“Ha fatto lo stronzo? Si è rivisto con la sua ex?”
“No, almeno, non credo, non finché ero lì...”
“Ma qualcosa deve essere successo, no?”
“Beh sì...”
“Avete litigato?”
“No”
“Gli hai confessato i tuoi sentimenti e-”
“Ahah quali sentimenti?”
“Taci. Gliel'hai detto e lui ti ha rifiutata?”
“Io non gli ho detto un bel niente!”
“Ne ha parlato lui di sua iniziativa?”
“Non abbiamo discusso di... quello”
“E di che avete parlato allora?”
“Non abbiamo parlato”
“Te l'ha fatto capire? Guarda, Eddie ti vuole bene, è palese. Forse ha dei dubbi per la differenza di età e lo potrei anche comprendere, anzi, è una cosa positiva. E' segno che è un ragazzo maturo e responsabile”
“Non c'è stato nessun discorso e nessun rifiuto, Meg”
“Ti ha detto Ti amo e poi ha ritrattato come Jerry?”
“No!”
“Angie, mi vuoi dire che cazzo è successo o devo tirare a indovinare per altre due ore?”
“Lui... beh...”
“Ti ha detto che è gay?”
“No!”
“E allora si può sapere che cazzo ha fatto?!”
“Mi ha baciata”
“COSA?!” Meg salta giù dal tavolo in maniera così repentina che quasi lo ribalta, assieme alla mia sedia.
“Mi ha dato un bacio. Beh, più di uno in realtà, ma tutti insieme, nella stessa occasione, quindi credo si possa parlare di un bacio solo, credo valgano come un atto singolo, ecco”
“EDDIE TI HA BACIATA?! E me lo dici così?”
“Come te lo devo dire?”
“E, soprattutto, me lo dici solo adesso?!”
“Non sono nemmeno sicura sia successo veramente...”
“ANGIE, IO TI AMMAZZO, GIURO SU DIO”
“E' stato un momento un po' strano”
“Ti ha baciata sì o no?”
“Penso di sì”
“PENSI?!”
“Sì, cioè, a questo punto, dopo aver rielaborato tutto, penso di poter dire che al 90% mi ha baciata sul serio”
“Che cazzo significa, cioè, eri fatta? Eri bendata e non sai chi ti ha messo la lingua in bocca?”
“Io non ho parlato di lingua”
“Ti ha baciata senza lingua?”
“Beh, no, cioè, sia con che senza”
“OMMIODDIO”
“Perché? Non credevo fosse un dettaglio così importante”
“Non è imporante il dettaglio, razza di imbecille! Insomma ti ha baciata? Tu ed Eddie vi siete baciati?”
“Sì”
“E quando? Cos'è successo? Com'è andata? Racconta!”
“Non hai mica detto che il dettaglio non è importante?”
“Non rompere i coglioni e racconta”
Le spiattello tutto, anche perché non mi resta altra scelta. Parto dall'inizio, cioè dal mio arrivo a San Diego.
“Ti ha baciata sulla spiaggia davanti a Jerry Cantrell? Dimmi di sì”
“No”
Le racconto del giro turistico.
“Ti ha baciata da Subway? Sulla panchina al parco?”
“No”
Aggiungo i dettagli della serata in discoteca che non le avevo riferito in precedenza.
“Ti ha baciata mentre ballavate l'Hustle?”
“Noo!”
Cerco di non perdermi in chiacchiere riassumendo la giornata con Dina, il concerto e la festa.
“Ti ha baciata nel backstage? In spiaggia al chiaro di luna mentre gli altri si bagnavano le chiappe nell'oceano?”
“No”
“Bacio della buona notte quando siete tornati a casa?”
“No, Meg”
“Angie, sto perdendo la pazienza, quando cazzo ti ha baciata?”
“Ci sto arrivando!”
“Dimmelo e basta, per favore”
“Uff alla stazione dei pullman, prima che partissi”
“Cioè, ha avuto due giorni a disposizione e ti ha baciata un minuto prima di salutarti?”
“Sì...”
“Che testa di cazzo”
“Va beh, si vede che gli è venuto così in quel momento!”
“Sì ma è un coglione, ti ha fatta penare fino all'ultimo”
“Non è vero”
“Sì che è vero”
“Non ho penato, sono stati due giorni fantastici. Ehm, sì insomma, belli, due belle giornate, serene”
“E il bacio? Com'è stato?”
“Beh...”
“Fantastico? O sereno? O anche questo solo carino?” mi prende per il culo citando una nostra conversazione di mesi prima.
“Non è stato carino, è stato... è stato... non lo so, non saprei come descriverlo, è come se avessi perso i sensi per alcuni minuti”
“Oh Angie”
“Cioè, non proprio tutti i sensi, non come in un'anestesia, perché comunque ho sentito tutto benissimo”
“Ahahah immagino”
“Era... era elettricità, calore, confusione, vento”
“Vento?”
“Sì, come quando il vento ti fa perdere il controllo dei tuoi passi e ti soffia così forte in faccia da toglierti il respiro per un secondo e quasi lo senti nello stomaco... Come quando scendi in picchiata sulle montagne russe”
“Ti sei fatta un bel giretto su Eddie La Giostra insomma”
“Però lì te lo aspetti. Invece è stato più come quando stai scendendo le scale tranquilla e metti un piede in fallo e senza accorgertene ti trovi per terra. Solo che io non arrivavo mai a terra, Eddie mi baciava e io continuavo a cadere e basta”
“E Tom l'hai sentito?”
“Tom?”
“Jones”
“No”
“Ahahah ecco, se no sì che mi sarei preoccupata”
“Ho sentito Dave”
“Dave? Il tuo ex?”
“Gahan, dei Depeche Mode. L'ho anche visto ballare in realtà...”
“Non è che tu e Vedder vi siete scambiati anche degli allucinogeni assieme alla saliva?”
“Ero presente e assente allo stesso tempo, c'ero, ma in una forma diversa. Come l'acqua che evapora o il ghiaccio che si scioglie. Però più la prima, perché mi sentivo leggera. Evaporavo. O forse sarebbe più corretto dire che sublimavo...”
“E hai ancora il coraggio di dire che non provi sentimenti per Eddie?” Meg interrompe la mia dissertazione senza senso con qualcosa che di senso ne ha ancora meno.
“Io... io li provo, solo che, beh, ancora non ho ben chiaro quali sono”
“Non hai ben chiaro?”
“Sto... cercando di capire!”
“Penso si veda bene anche dallo spazio cosa cazzo provi, Angie”
“Allora sono io ad essere limitata perché non ci arrivo”
“Sai benissimo di che sentimenti si tratta, è solo che non vuoi ammetterlo”
“E' tutto un gran casino”
“Cos'è? Hai paura? Per quello lo stai evitando?”
“Non lo sto evitando...”
“Mi hai esplicitamente chiesto di dirgli che non c'eri, come me lo chiami?”
“Sto solo rimandando una conversazione che nessuno dei due vuole affrontare”
“Certo, ha chiamato dieci volte perché non vuole assolutamente parlare con te, mi sembra ovvio”
“Non vuole, ma sente di doverlo fare, perché è un bravo ragazzo”
“Bravo ragazzo? Scusa, cosa pensi voglia dirti?”
“Secondo te? Che è stato un errore e di dimenticare tutto”
“AHAHAHAHAHAH”
“Che c'è da ridere?”
“Ahahah sarò scema io, ma secondo me vuole dirti che non vede l'ora di fare un altro giro sulle montagne russe” Meg mima con la mano un ottovolante che va a finire dritto sul mio fianco destro.
“Piantala!”
“O sui mulini a vento” continua e si avvicina fingendo per scherzo di volermi baciare, per poi soffiarmi in faccia.
“Non sei divertente”
“Tu invece fai un sacco ridere, lo sai?”
“Io con Eddie... non esiste! E' una cosa impossibile” mi alzo e mi allontano verso il corridoio, seguita a ruota dalla mia coinquilina che non vuole proprio capire.
“Perché?”
“Perché è così”
“Non è una risposta”
“Perché... perché non c'entriamo niente”
“Oh signore...” sospira Meg, sorpassandomi proprio all'ingresso della mia stanza, per poi buttarsi sul mio letto a faccia in giù.
“Non sto dicendo che lui sia migliore di me. Tralasciamo per un momento il fatto che lo sia. Non sto parlando del fatto che io sono... boh, un pigliamosche caposcuro e lui un albatro beccogiallo dell'Atlantico. E' che siamo proprio due cose diverse, come... come... un paracarro e una poesia di Robert Frost”
“Eh?” Meg risolleva la testa dal mio piumone e mi guarda interrogativa.
“Un biglietto dell'autobus timbrato e... gli anelli di Saturno”
“Il fatto che, in entrambe le affermazioni, non fatico a capire per te chi dei due sia cosa è un brutto segno, vero?”
“Stai entrando nella mia logica”
“Ti prego, fammi uscire! Ho già mal di testa” Meg tende le braccia verso di me, ancora in piedi al centro della stanza, intenta a convincere il mio pubblico formato da un'unica persona.
“Che dovrebbe farci Eddie con me?”
“Non so, scrivere una poesia di Robert Frost sul paracarro a pennarello?”
“Usare le mie pessime metafore contro di me non mi farà cambiare idea”
“Eddie sa benissimo cosa vuole farci con te e te ne ha anche già dato un assaggio mi pare”
“Eddie ha confuso un'amicizia con qualcos'altro, tutto qui”
“No, sei tu che hai preso una persona innamorata per una persona confusa”
“Innamorata?! Buahahah addirittura?”
“Tu il vapore ce l'hai nel cervello, Angie, lasciatelo dire”
“Scommettiamo che Eddie è convinto di aver fatto una cazzata?” le propongo porgendole la mano, che lei schiaffeggia via.
“Ovvio che lo sia! Lo stai evitando. Se baciassi un tipo e questo non mi cagasse più per giorni, lo penserei pure io”
“Io dico che lo ha pensato indipendentemente dalle mie azioni successive”
“Io dico che continui a ripeterti questa storia per cercare di autoconvincerti, quando in realtà sai benissimo che esiste anche l'altra possibilità”
“Certo che lo so” Meg è riuscita a zittirmi e ci metto un po' a risponderle.
“Ha! Vedi?”
“Le due possibilità coesistono”
“Esattamente”
“E continueranno a coesistere ed essere entrambe valide, almeno finché non osservo il sistema”
“Che sistema?”
“Questa parte di universo”
“Di che cazzo stai parlando, Angie?”
“Fisica quantistica. Hai presente il paradosso del gatto di Schroedinger?” le domando sedendomi accanto a lei sul letto.
“Il gatto vivo o morto nella scatola?”
“Più precisamente, sia vivo che morto, finché non si apre la scatola”
“E il gatto sei tu o Eddie?”
“Eddie mi ha baciata, dopodiché sono partita e non l'ho più visto né sentito. E' come se lo avessi chiuso nella scatola, no? E ora siamo in una situazione di sovrapposizione quantistica, cioè due possibilità che si sovrappongono”
“Eddie pentito ed Eddie innamorato?”
“Sì... beh, più o meno”
“Il gatto è sia vivo che morto finché non apri la scatola, perciò allo stesso modo...”
“Eddie è sia pentito che, ehm, infatuato finché non ci parlo”
“Mi sembra ovvio”
“E allora dovresti aver capito perché voglio affrontarlo il più tardi possibile”
“In realtà no”
“Oh cazzo, Meg, seguimi. E' il bacio di Schroedinger, ok? In questo scenario il bacio è contemporaneamente una cosa che ha un valore e un errore che invece non significa niente”
“Ok...”
“E se io non parlo con Eddie continuerà ad essere così, giusto?”
“Giusto”
“E magari una mezza alternativa è tutto quello che mi resta, no? Se fosse il massimo a cui posso aspirare? Meglio tenersela stretta, non credi?”
“Cioè non lo chiami perché vuoi rimandare la delusione?”
“Bingo!”
“E non potevi dirla così invece di fare tutto questo discorso del cazzo?” scherza spintonandomi.
“Dimentichi che qualcuno qui fa fatica ad ammettere le cose in maniera lineare...”
“Se hai paura di rimanere delusa... vuol dire che una speranza ce l'hai!”
“Ovvio che ce l'ho! Se non ce l'avessi, sarebbe tutto così semplice. Invece no, c'è sempre una piccola stronzissima parte di me che spera in queste assurdità, è quella che mi frega”
“Quando ti metterai con Eddie riderai di tutte queste seghe mentali, Angie” Meg scuote la testa e si alza dal mio letto, avvicinandosi al quadretto del collage fatto proprio da Eddie e indicandolo in una delle foto, su cui il mio sguardo si fissa per un paio di minuti buoni.
“Cercare di alimentare le mie false speranze non mi è di nessun aiuto”
“E allora? Meglio crogiolarsi nel 50% di probabilità?”
“Sempre meglio del 100% di certezza”
“Dipende da qual è la certezza”
“Quella più logica”
“E a Eddie non pensi?”
“A cosa credi stia pensando da due giorni a questa parte? E di chi stiamo parlando da mezz'ora?”
“Intendo dire che, cazzate quantistiche a parte, e tralasciando le possibili implicazioni sentimentali, voi due siete amici e agli amici si deve sincerità e rispetto”
“Sì, lo so...”
“Un amico ti sta cercando e tu non ti fai trovare e ti neghi con delle bugie, ti sembra un comportamento corretto?”
“No, infatti non mi volevo giustificare, ma solo spiegare come ragiono”
“Ragioni col culo. Qualsiasi sia la ragione per cui ti vuole parlare, gli stai mancando di rispetto”
“E' difficile...”
“Fare la cosa giusta non è mai facile.” Meg esce di nuovo dalla mia camera, per farci ritorno subito dopo “Ora prendi il telefono, fai il numero dell'albergo di Santa Rosa che mi ha dato Eddie e scoperchi questa cazzo di scatola” Meg mi mette fisicamente in mano il cordless e il blocchetto su cui ha preso appunti mentre era al telefono con Ed.
“Adesso?”
“Subito”
“Adesso devo prepararmi, non posso, devo andare a lezione”
“Chiamalo mentre ti prepari, è un telefono senza filo, lo dice la parola stessa, puoi portartelo dietro ovunque, pure al cesso”
“Senti, ti prometto che più tardi lo chiamo”
“Cazzate, non ti credo”
“Davvero, entro oggi lo chiamo, deciso, mi hai convinta”
“Lo chiami stasera davanti a me e Grace. E col vivavoce. Cazzo, Grace andrà fuori di testa quando saprà che tu ed Eddie vi siete baciati ahah! Questa serata tra ragazze capita proprio a fagiolo”
“Ecco, a tal proposito, volevo dirti che stasera purtroppo non ci sono”
“Che vuol dire che non ci sei? Non diciamo stronzate!”
“Ho un impegno”
“Guarda che scherzavo sul vivavoce! Senti, ho pensato che potremmo fare così: Grace chiama Stone per farci due chiacchiere, poi ci aggiungiamo io e te e gli chiediamo dove sono gli altri e la trasformiamo in una chiamata di gruppo come l'altra volta. Così tecnicamente avrai parlato con Eddie, ma non da soli”
“Esco con Dave”
“Così almeno rompete il ghiaccio e uscite da quest'impasse e poi del bacio ne potrete parlare in un secondo momento, magari dal vivo... Scusa, non ho capito bene, con chi esci?”
“Dave, andiamo a un concerto”
“Cioè per paura che il gatto sia morto, ne vai a ripescare un altro?”
“Ahahah ma no!”
“Resuscitiamo un micio che avevamo già sotterrato in precedenza?”
“Non è come credi”
“Ah quindi non esci col tuo ex lasciando il ragazzo che ti ha baciata a struggersi per te?”
“No, perché non è un appuntamento! E nessuno si sta struggendo...”
“Perché non chiami Jerry a questo punto? Potreste uscire a cena domani sera”
“Va beh, io vado a farmi la doccia, se hai voglia di sapere la verità aspettami e ti racconto, se no continua pure a pigliarmi per il culo”
“Mmm entrambe le cose mi tentano, penso che non ti rivolgerò mai più la parola per farle coesistere e godermele entrambe nel mio sistema quantistico di stocazzo” ironizza mentre esco dalla camera porgendole un sentito dito medio.
“Vaffanculo Meg”
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Certo che deve essere proprio figo. Avere il posto di lavoro sottocasa. Sarebbe il mio sogno, o forse no. Da un lato avrei la comodità, non arriverei mai più in ritardo, o quasi; ma dall'altro mi sembrerebbe di non staccare mai, la mia testa sarebbe sul lavoro anche quando non sarei di turno. Ti affacci alla finestra al mattino o esci di casa nel pomeriggio ed ecco che ti becchi l'insegna del minimarket e pensi alle prossime consegne in arrivo, agli espositori nuovi da montare e il tecnico da chiamare per il banco frigo. Che palle! In questo caso però la vicinanza risulta comoda, perché mi basta attraversare la strada e sono già col dito sul citofono di casa McDonald-Pacifico. Il dito praticamente si atrofizza su questo cazzo di citofono perché dopo un quarto d'ora non mi risponde ancora nessuno. Era oggi no? Magari Meg è uscita un secondo. Eppure le luci sono accese...
“Tutto inutile Grace, è rotto” sono così impegnata a scrutare le finestre illuminate del secondo piano che non mi accorgo di Angie, spuntata sulla soglia del portone.
“Ehi, bentornata... PACCARA!” mi avvicino spettinandola per poi abbracciarla velocemente.
“Grazie. Meg te l'ha detto?”
“Sì, mi ha anticipato che stasera ci avresti tradite”
“Ti ha anche detto che è per una buona causa?”
“Certo, altrimenti non ti avrei neanche rivolto la parola”
“Ti ha detto solo questo?” chiede abbassando improvvisamente la voce, chissà per quale motivo.
Proprio in quel momento un clacson risuona squillante per ben due volte alle nostre spalle e ci voltiamo in contemporanea.
“Mi sa che è arrivato il tuo cavaliere”
“Cioè il mio compagno di sventura. Vado, buona serata e non esagerare con le maschere purificanti di Meg, mi raccomando!” Angie alza gli occhi al cielo e mi sorride prima di allontanarsi verso la macchina che l'aspetta sul ciglio opposto della strada.
Entro dal portone lasciato aperto da Angie e prendo l'ascensore. Mi dispiace che stasera non sia dei nostri, però allo stesso tempo sento che l'uscita di stasera sarà fonte di aneddoti curiosi da discutere alla prossima occasione. Nel menù di oggi, Meg mi ha promesso aggiornamenti succulenti su di lei e su Angie, ma non ha voluto anticipare nulla. Staremo a vedere! In compenso, mi ha chiesto novità su Stone e me, ma non è che ci sia molto da dire. Me lo richiede ogni volta, ma, insomma, non capisce che non ci troviamo nemmeno nello stesso stato? La fiamma non si sta né accendendo né spegnendo, è solo in stand-by. Esco dall'ascensore e attraverso il lungo corridoio, reso un po' inquietante da una delle lampadine del soffitto che sfarfalla. Giro l'angolo e mi ritrovo praticamente faccia a faccia con Meg, che sta uscendo dall'appartamento con il portafoglio in mano.
“Non dirmi che pacchi anche tu e la serata è annullata, perché in tal caso non vi parlo più, né a te né alla tua coinquilina rubacuori”
“Ahahah no, stavo scendendo ad aspettare te e il tipo delle pizze perché adesso non funziona nemmeno il citofono in questo condominio del cazzo”
“Sì, ho incontrato Angie che mi ha aperto, se no sarei ancora fuori al gelo”
“Dai, entra pure, tanto dovrebbe arrivare tra poco, io torno subito. E preparati psicologicamente perché ho un sacco di cose assurde da raccontarti!”
“Ho già capito che il film non lo guarderemo neanche” sorrido entrando in casa, mentre Meg si allontana stringendosi nella giacca.
“Non ci servirà il film, fidati... Arrivo!”
Salt lick dei Tad è il primo disco della serata che scelgo di mettere su, anche se la serata non è ancora iniziata, considerando che Meg è ancora di sotto ad aspettare il ragazzo delle consegne. Mi affaccio dalla finestra per vedere se arriva qualcuno, ma per ora niente. Mi siedo sul divano e comincio a giocare con le birre già sistemate sul tavolino di fronte, allineandole prima per due poi per tre, finché non ne avanza una, che apro subito per me. Mi rialzo e gironzolo per la casa per ingannare l'attesa. A dire il vero non guardo qua e là, ma vado diretta verso un punto, il frigorifero in cucina, e inizio a scrutarlo in cerca delle novità, che non tardo a scoprire. Una calamita che raffigura un panda, un'orca e un sole sorridente col cappello circondati da palme e dalla scritta SAN DIEGO. Attaccata con la stessa calamita c'è anche una cartolina dal gusto retrò, con una spiaggia al tramonto, una serie di auto d'epoca su cui sono legate delle tavole da surf e quattro sagome di surfisti, due ragazze e due ragazzi. Sapevo che avrebbe arricchito la sua collezione. Sto osservando con attenzione le lunghe ombre dei surfisti della cartolina quando vengo scossa dallo squillo improvviso del telefono. Ci penso un po' prima di rispondere, dibattendo interiormente sul da farsi, dopotutto non sono a casa mia... ma se è una cosa importante? Magari è la pizzeria che avvisa del ritardo.
“Pronto?”
“Oh sia ringraziato il cielo! E io che mi ero già messo l'anima in pace pensando di dovermi sorbire le paturnie di Meg ed Angie prima di poter parlare finalmente con te” la voce dall'altra parte mi fa solo rimpiangere di non aver risposto al primo squillo.
“Ehi Stone”
“Ciao, amore. Come stai? Sei ancora sobria? Hai già lo smalto sui piedi?” ecco, non poteva fermarsi al semplice sarcasmo? Due frasi, due cose che stonano. Ci sto già ripensando, forse se non rispondevo era meglio.
“Eheh no. Cioè, sì sono sobria e no, le mie unghie sono... sono come prima, tutto uguale”
“Tutto bene? Ti sento strana... Meg ti sta minacciando con una pinzetta per le sopracciglia? Se non puoi parlare non rischiare, dimmi una frase in codice, qualcosa che passi del tutto inosservato in una conversazione tra fidanzati, tipo Gli avevano sparato in faccia, così la madre non poteva fargli il funerale con la bara aperta...”
“Eheh no, tutto tranquillo, solo un po' spaesata. Comunque Meg non c'è, è di sotto che aspetta il ragazzo delle pizze. Citofono rotto”
“Sì beh, in effetti questa frase passerebbe molto più inosservata. Chiamo il 911”
“Tu come stai? Non devi suonare stasera?”
“Sì, infatti siamo nei camerini, che poi sarebbero una specie di succursale dei bagni”
“O viceversa” la sento appena, ma la voce che interviene è inconfondibile.
“O viceversa, come dice giustamente Eddie, non l'abbiamo ancora capito”
“Guarda! Qui c'è il numero di telefono di Mike Patton” anche Jeffrey dice la sua in questa telefonata incasinata.
“Ora metto giù con te, tesoro, e lo chiamo subito. Sicuramente sarà il suo, dopotutto una scritta nei bagni di un locale di Sacramento mi sembra una fonte più che attendibile”
“Ma non erano i camerini?” chiedo sghignazzando e per un attimo contemplo l'idea di chiederglielo anch'io quel numero. La prenderebbe male?
“Eh te l'ho detto che non l'abbiamo ancora capito!”
“Ci hanno suonato i Faith No More, non deve essere un brutto posto comunque”
“Credo più i Mr Bungle. Però non è male, a parte gli scherzi credo sia uno dei locali più fighi in cui siamo stati finora, anche se è grande quanto il tuo appartamento”
“Ed è pieno di gente!” urla Jeff, probabilmente ingoiando la cornetta.
“Confermo quanto detto dal cavernicolo. Gente che è qui per gli Alice ovviamente”
“Che ne sai? Non buttarti giù così” provo a consolarlo, anche se so benissimo che non ne ha bisogno.
“Mica mi butto giù, è la verità. Al 99% non ci conoscono, siamo noi che ce li dobbiamo conquistare”
“E allora vai e conquistali!” lo incito e solo dopo mi accorgo che potrebbe suonare come se volessi chiudere la chiamata subito. Ma non voglio. Davvero! Quando non mi ricorda ogni cinque minuti che è il mio ragazzo, mi trovo perfettamente a mio agio in questa conversazione.
“Sarà fatto, cara. E' arrivata la pizza? E l'alcol? Sei ancora sobria?”
“Ahah i tuoi compagni penseranno che sono un alcolizzata! Comunque niente pizza. E ora che ci penso, ho una fame assurda”
“Dai resisti. A me si è chiuso lo stomaco, sai che è sempre così per me prima di salire sul palco”
“Eheh sì, me l'avevi detto. Non essere nervoso”
“Non sono nervoso, sono realista. Io faccio il mio, ma ci sono altre quattro variabili per la riuscita di un concerto, hai presente?”
“Eheh quattro variabili in carne ed ossa, che ti disturbano mentre mi chiami?”
“Esatto. Però adesso mi hanno lasciato solo, saranno andati a cercare l'altro nostro chitarrista visto che tra poco tocca a noi”
“Si parlava di sobrietà...”
“Appunto. Comunque sarebbe troppo melenso e fuori luogo da parte mia dirti che mi manchi e vorrei fossi qui con me?”
“Sì, decisamente, Stone” ho l'impressione di aver trattenuto il respiro prima di parlare, sarà stato troppo lungo il mio silenzio? Riuscirò a farla passare come una pausa comica?
“Ok, allora non te lo dico. Ops, sta tornando una variabile. C'è Eddie, dobbiamo fermarci col sesso estremo al telefono per ora, scusa piccola”
“Cazzo, Stone” sento Vedder borbottare qualcosa che sa di imbarazzo, mentre Stone ridacchia nella cornetta.
“Stavo evidentemente scherzando, credi che se facessi sesso telefonico estremo con la mia ragazza verrei a dirlo a te?”
La mia ragazza, ribadiamolo ancora, perché forse non si era capito.
“Lascia stare Eddie, non metterlo in imbarazzo”
“Come? Adesso?” Stone parla, ma chiaramente non con me “Che le devi dire? Ah aspetta, ho capito! Grace, scusami, Eddie ti vuole parlare un secondo, te lo passo”
“Vuole parlare... con me?” non credo proprio di essere io l'oggetto del suo interesse, ma probabilmente è la grande assente della serata quella con cui vorrebbe parlare. Da quanto mi ha anticipato Meg, né la visita a sopresa di Angie né il cambio di look sono bastati a scuotere il bel surfista dal suo torpore. E adesso lei lo sta un po' evitando. E io la capisco, cioè, so come ragiona e ovviamente lei farà finta di nulla perché 'tanto, figurati, a me Eddie mica piace' e 'sono andata a San Diego per vedere i ragazzi' e altre stronzate simili. Ma è chiaro che lei un po' ci sperava e invece lui niente. Ci sarà rimasta malissimo. E se si fosse messa in mezzo la ex di lui? Quello sì che sarebbe stato un colpo duro da digerire, persino per la sempre (all'apparenza) impassibile Angie.
“Se ti propone sesso estremo al telefono dimmelo eh?”
“Ahahah piantala e passamelo”
“Buona serata, amore”
“Anche a te... e in bocca al lupo” perché cazzo deve sempre aggiungerci qualcosa alla fine?!
“Ehm ciao Grace” la voce profonda di Eddie suona un po' più acuta, sarà l'imbarazzo. O l'impazienza? Sicuramente vorrà chiedermi di Angie. E per la diciottesima volta si sentirà dire che non c'è. E gli sta bene! Insomma, ok la timidezza e i dubbi, ma qui si tratta di tenere sulle spine una ragazza che comunque ha un debole per lui. Perché voglio pensare siano solo dubbi e non che la stia bellamente prendendo per il culo, perché in quel caso sarebbe una vera merda umana.
“Ciao Eddie, come va? Che mi racconti?” adesso lo tengo al telefono un'ora facendogli domande a caso, voglio vedere quanto tempo ci mette prima di chiedermi di Angie.
“Oh tutto bene, a parte la fifa da palcoscenico, ma quella è una costante per me” no dai, non è giusto torturarlo così.
“Non ti preoccupare, andrete alla grande. Immagino tu voglia parlare con Angie, giusto?” infatti mi è appena venuto in mente un altro sistema perfetto per punirlo.
“Uhm ecco, sì, in effetti. Pare sia diventata introvabile ultimamente”
“E infatti non la trovi neanche stasera, non c'è”
“Oh davvero? Fantastico, eheh, chissà perché me lo sentivo...” risponde nervosamente e quasi quasi mi dispiace fare quello che sto per fare. Ho detto quasi.
“Sei un po' sfortunato, Eddie”
“Già, me ne sono accorto. Va beh, magari provo a chiamarla alla tavola calda, non volevo romperle le scatole al lavoro, ma almeno lì la trovo per forza”
“Oh ma non è da Roxy”
“Ha il turno al Westlake di sabato? Ma poi a quest'ora?” Eddie suona sinceramente confuso e a me sembra di giocare come il gatto col topo.
“Eheh no, Eddie, non sta lavorando. Non ha giustificazioni, ci ha proprio bidonate e basta, la stronzetta”
“Ah! Capisco, e... ehm, dove-”
“E per un ragazzo poi!”
“Cosa?” credo di aver individuato il momento esatto in cui è scattato l'interruttore della gelosia.
“Le amiche non si piantano mai in asso, per nessun ragazzo al mondo, non credi?”
“Che ragazzo?”
“Ma sì, lo conosci! Il suo ex o giù di lì, quello che suona la batteria...”
“Dave?” il tono con cui pronuncia quel nome spaventa anche me: allarme rosso!
“Sì! Andavano a un concerto, se non sbaglio”
“Capito. Grazie, ti ripasso Stone, ok? Ciao”
“Ok, cia... ciao Ed?” mentre rispondo, un tonfo mi sfonda un timpano. Spero non abbia lanciato la cornetta in testa a Stone. Comunque voglio proprio vedere, se nemmeno adesso si smuovono le acque!
“Tesoro, scusami, esattamente, cos'hai detto al mio cantante? E' schizzato via come una furia...” la sua non è la voce di chi ha appena preso una botta da oggetto contundente, quindi mi tranquillizzo.
“Ma niente, voleva parlare con Angie, ma...”
“Fammi indovinare: non c'è”
“Esatto”
“Ti prego, personalmente non me ne può fregare di meno, ma fatelo parlare con Angie. Non mi dispiace quando è aggressivo sul palco, ma sta diventando intrattabile anche il resto del tempo...”
“Non è colpa nostra se non si trovano mai...” rispondo innocentemente. Non me la sento di condividere le mie macchinazioni diaboliche con Stone, anche se credo le apprezzerebbe.
“Va beh, sticazzi, si arrangiano. Torniamo a noi. Volevi sapere cosa indosso, giusto?”
“Ahah no. E tra l'altro è appena arrivata Meg con le pizze, ti devo lasciare” la mia amica entra finalmente in casa con i due cartoni fumanti e li appoggia sul tavolino, proprio davanti a me.
“CIAO STONE!” urla nella mia direzione “Ho interrotto qualcosa?” aggiunge sottovoce.
Dopo i convenevoli con Stone, riattacco il telefono e osservo in silenzio Meg che si leva la giacca e si butta sul divano accanto a me, apre i cartoni e stappa una birra.
“Che c'è? Perché hai quel sorriso stampato sulla faccia? Stone ti fa questo effetto eh?” mi domanda facendomi l'occhiolino.
“Ahah no, cara. In questo caso Stone non c'entra. Sono io ad aver esercitato un certo effetto. E prima che pensi a cose strane, no, non su di lui. Su qualcun altro”
“E su chi?”
“Credo di aver messo in moto un bel meccanismo, stavolta mi faccio i complimenti da sola” aggiungo dandomi delle auto-pacche sulla spalla.
“Quante ne hai bevute di quelle?” domanda sospettosa indicando la bottiglia che tengo nella mano destra.
“E' la prima e unica! Comunque lascia che ti spieghi perché sono un genio...”
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“Eccola! E' arrivata!” Grace finalmente si scolla dal davanzale e richiude la finestra.
“Era ora, almeno la finisci di far entrare il freddo. Qua già si gela di suo...” borbotto riavvolgendomi meglio la coperta attorno alle spalle.
“Tecnicamente non è il freddo che entra, ma il calore che esce, comunque...”
“Non serve che fai la Angie della situazione, sta arrivando l'originale” scherzo alzandomi dal divano.
“Menomale, quest'ansia mi sta uccidendo. Non vedo l'ora di risolvere questo casino” Grace cammina avanti e indietro per il soggiorno, come fa da qualche ora a questa parte, praticamente ininterrottamente.
“Va beh, dai, mica è colpa tua. Cioè, non solo. Anch'io potevo essere più chiara e dirti cos'era successo tra Eddie e Angie”
“Che c'entra? Mica eri tenuta a raccontarmi tutto, dopotutto sono cazzi di Angie. Sono io che non mi dovevo intromettere. Cosa cazzo mi è venuto in mente?”
“Avevi buone intenzioni, l'hai fatto a fin di bene”
“Certo, fare ingelosire Eddie per farlo uscire allo scoperto una volta per tutte... Peccato che si era già dichiarato alla grande e io gli sono andata a dire che la sua bella invece è uscita con un altro!”
“E mica un altro qualsiasi!” lo so, sto rigirando il coltello nella piaga, ma non posso fare a meno di prendere per il culo Gracie. E' così tenera nel suo sentirsi una merda.
“Il suo cazzo di ex! Ma quanto ci mette a salire?” la ragazza guarda l'orologio, come se stesse cronometrando la salita della nostra amica.
“Lo sai che non prende l'ascensore, dipende quanto fiato le è rimasto dopo il concerto”
“E se Eddie si è fatto un'altra per ripicca? O se torna con la sua ex?” Grace continua il suo soliloquio disperato, mentre il rumore della chiave nella toppa è il segnale del ritorno di Angie.
“Eccola, grazie a dio. Così risolviamo questa cosa e ti calmi, non ti si regge più” non faccio in tempo a finire la frase che Grace si è già lanciata verso l'ingresso senza aspettarmi.
“ANGIE HO FATTO UN CASINO!”
“Ciao anche a te Grace... che hai fatto? Meg si è spinta troppo in là con la ceretta?” Angie rivolge uno sguardo più che perplesso alla ragazza che le ha piazzato le mani sulle spalle, praticamente spingendola contro la porta appena chiusa.
“Ahahah no, niente di tutto questo”
“MAGARI, ANGIE, MAGARI!” ribadisce Grace urlandole in faccia.
“Stone di certo ne sarebbe felice” aggiungo io avvicinandomi.
“MEG, TI PREGO, NON E' IL MOMENTO”
“Si può sapere che vi prende? Cos'avete fumato? E soprattutto, perché non mi avete aspettata?”
“Vieni, Angie, ti spiego io, Grace non è capace di intendere e di volere in questo momento” metto un braccio attorno al collo di Angie e automaticamente trascino lei e l'altra in soggiorno e sul divano.
“Se va tutto a puttane è solo colpa mia. Ma non può andare a finire così, ti prometto che se c'è qualcosa ci parlo io con lui” Grace prende la mano di Angie, che la guarda sempre più stranita.
“Ma lui chi?”
“Eddie, e chi se no?” rivela ed è a quel punto che Angie ritira la mano dalla sua.
“Perché? Che è successo con Eddie?”
“E' successo che-” provo a iniziare a spiegare, ma vengo interrotta dall'ansia fatta persona.
“Adesso te lo diciamo, però devi stare calma. Qualsiasi cosa accada l'affronteremo assieme, ok?”
“Ok... Mi posso togliere il cappotto prima o...?”
“Oh ma certo! Certo, toglilo, mettiti a tuo agio! Mettiti comoda”
“Certo, Angie! Mettiti pure comoda, fai come se fossi a casa tua eheh” non riesco a trattenermi, anzi, cerco intenzionalmente di stemperare la tensione.
“Meg, non prendermi in giro, sto già abbastanza male così” Grace mette il broncio e Angie si leva cappotto e stivali sempre con diffidenza.
“Perché stai male? Si può sapere cos'hai fatto? E che c'entra Eddie?”
“Se state buone e zitte tutte e due un minuto, te lo spiego subito”
“Tutto qua?” Angie fa spallucce dopo aver ascoltato il dettagliato racconto della cazzata combinata da Grace.
“COME TUTTO QUA? NON CAPISCI? LUI PENSA CHE TU SIA USCITA CON DAVE!” l'autrice della cazzata scatta in piedi, stupita dall'imperturbabilità di Angie, che ovviamente fa la parte di quella a cui non frega niente.
“Beh è la verità, no?”
“Ma tu non ci sei uscita uscita...” ribatte Grace.
“Non fare finta di non capire, Angie. Lui avrà pensato fosse un appuntamento” la rimprovero io.
“Un vero appuntamento” aggiunge Grace.
“In piena regola”
“Non è che l'ha pensato lui, sono io che gliel'ho detto. Cioè, gliel'ho fatto capire, ma praticamente gliel'ho detto”
“E allora?” le alzate di spalle di Angie sono quasi più irritanti del senso di colpa di Grace.
“Come allora? Allora sarà incazzato nero!” sbotto cercando di scuoterla.
“Dovevi sentirlo, sembrava diventato di ghiaccio tutto di colpo. Mi ha fatto paura” annuisce Grace, in contrapposizione a Angie che invece fa di no con la testa.
“Figurati, sai cosa gliene frega”
“Angie, non serve che reciti, guarda che gliel'ho detto del bacio” spiego indicando Grace, che continua ad annuire a caso.
“Non avevo dubbi. E comunque ribadisco che non credo la cosa lo turbi più di tanto” Angie si alza col cappotto sottobraccio, afferra gli stivali con l'altra mano ed esce dalla sala come se niente fosse.
“No, infatti, sembrava solo uno pronto a uccidere il primo essere umano che gli capitasse a tiro!” Grace indossa i panni del sarcasmo, forse presi momentaneamente in prestito da Stone, per reagire alla finta indifferenza di Angie “Ma che fa, se ne va?” chiede poi rivolta a me.
“Lasciale mettere il pigiama, dopo le rompiamo ancora le palle”
Quando Angie riappare attraversando il soggiorno per andare in cucina, ci trova qui, esattamente dove e come ci ha lasciate: io su un divano e Grace sull'altro, a fissarla incredule.
“Che c'è?” domanda infastidita, col bicchierone d'acqua in mano, pronto per essere appoggiato sul suo comodino per la notte.
“Devi chiamare Eddie” Grace mi precede di un nanosecondo.
“Perché?”
“Perché devi spiegargli come stanno le cose” stavolta sono io la prima.
“Ci hai già pensato tu, no? Anzi, così mi hai risolto un bel problema, grazie Grace” Angie mima un brindisi verso la nostra amica.
“Col cazzo! Non mi puoi far vivere con questo senso di colpa, tu adesso lo chiami e gli dici la verità” la passività aggressiva (o aggressività passiva?) di Grace non mi dispiace affatto.
“E gli dici anche il resto” aggiungo io, tanto per essere chiari.
“Il resto? Che resto?”
“Beh, per esempio potresti dirgli cosa provi e cos'hai provato quando ti ha baciata descrivendolo con le stesse parole che hai usato con me”
“Tu sei scema”
“Uh! Le voglio sentire anch'io le parole!” Grace smette i panni dell'angosciata cronica per entrare in modalità gossippara.
“E allora spiegagli solo la storia di Dave e digli che il bacio è stato bello, ma sei in un momento difficile e non sai cosa vuoi e ci devi pensare”
“Io non devo pensare a un cazzo”
“Digli che ti manca e basta, no?” suggerisce ancora Gracie.
“Non mi manca”
“Angie, Cristo di un Dio!” mi alzo urlando così forte che quasi mi spavento da sola “Non me ne frega un cazzo di che gli dirai, digli quello che cazzo vuoi, ma tu ora lo chiami, punto. Chiamalo. E la finiamo qui”
“Ok... va bene... Ora lo chiamo! Non c'è bisogno di scaldarsi tanto” Angie finalmente cede, appoggia il bicchiere sul tavolino e prende il cordless che stava proprio lì accanto.
“Oh finalmente!” Grace batte le mani e mi strizza l'occhio.
“E metti in vivavoce”
“A che serve il vivavoce se gli lascio un messaggio in segreteria?” ribatte Angie componendo velocemente il numero a memoria.
“Ahahah seeeee come no!” rido e sfilo il telefono dalle mani della mia coinquilina che pensa di essere tanto furba.
“Che c'è?”
“C'è che sul mobiletto dell'ingresso trovi il numero dell'albergo dove sta Eddie, lo prendi e lo chiami lì, così ci parli” le spiego meglio, visto che fa la finta tonta.
“E metti in vivavoce!” Grace non sta nella pelle ed è ormai seduta sull'orlo del divano.
“Avevano il concerto stasera, secondo voi lo trovo in albergo?” domanda guardandoci entrambe con sufficienza.
“Certo” rispondo tranquilla.
“Solo in camera a soffrire per te” aggiunge Grace.
“E a prendere a pugni il muro”
“Su cui ha appeso una foto di Dave”
“E a ubriacarsi per dimenticare”
“Solo e ubriaco con le nocche doloranti”
“Sì ok, ho capito, avete reso l'idea” Angie allarga le braccia e si allontana verso l'ingresso, tornando con il fantomatico blocchetto.
“Dai chiama, su!” la incita Grace.
“Un attimo... però il vivavoce no”
“Il vivavoce sì” mi spiace, ma su questo non transigo.
“Uff...” Angie sbuffa e fa il numero, osservando più del dovuto il telefono prima di premere invio e far partire la chiamata “Tanto non sarà in camera... Ehm ehm... pronto? Eddie? Sì, ciao, sono io” gli occhi di Angie sono di puro terrore, quelli di Grace sono a forma di cuoricino. I miei, invece, sono fissi sul telefono appoggiato all'orecchio di Angie e individuano il tasto del vivavoce, che viene da me prontamente premuto mentre lei parla.
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Non aveva detto niente musicisti? Beh, anch'io sono un musicista, ma che c'entra? La legge deve essere uguale per tutti, no? Né io né lui, che cazzo. E comunque aveva detto che erano solo amici. Io pensavo fosse in imbarazzo per quanto accaduto, che non sapesse come comportarsi con me, cosa dirmi. Invece era solo che non gliene fregava un cazzo. E va beh, ci può stare. Non sempre si è ricambiati. Anzi, qualcuno, uno scrittore, non ricordo chi, diceva che l'unico vero amore è quello non corrisposto. Bella merda. Comunque, posso accettare di essere ignorato e scaricato, ma non puoi baciarmi e poi non cagarmi di striscio e uscire con un altro senza dirmi un cazzo. Cioè, lo puoi fare, insomma, puoi fare quello che vuoi, non mi devi nulla, non mi hai mai promesso nulla e, anche se lo avessi fatto, avresti ugualmente il diritto di ritrattare e sfancularmi come preferisci. Lo puoi fare, ma non posso fare a meno di essere deluso. Balle. Sono incazzato come una iena e se avessi per le mani quel Dave gli spaccherei la faccia. Anzi, se avessi per le mani chiunque gli spaccherei la faccia. Ecco perché ho pensato bene di prendere un taxi per tornare subito in albergo dopo lo show. Il concerto non è stato male, l'incazzatura è sempre un buon carburante da palco. Abbiamo tirato giù il posto e quella trentina di persone che ci hanno cagato hanno visto uno spettacolo che non dimenticheranno tanto facilmente. Angie invece ci ha messo poco più di un giorno per dimenticarmi. Io quanto ci metterò a scordarmi di lei? E delle sue labbra? E della maniera deliziosa in cui bacia? E dei piccoli scatti delle sue palpebre chiuse che ho sbirciato mentre ci baciavamo? E di come mi stringeva? Dio, ma ti senti?! Svegliati! Non ti ha più richiamato ed è uscita con un altro, non ti basta per capire che te la devi levare dalla testa?
Il trillo gracchiante del telefono mi fa sussultare sul letto. Sarà Jeff che vuole sapere se sono arrivato sano e salvo. Mi metto a sedere e sollevo la cornetta.
“Sì pronto”
“Pronto?” mi fa lei dopo essersi schiarita la voce.
Lei.
Cazzo.
“Angie. Sei tu.”
“Eddie? Sì, sono io” lo so che sei tu, non era una cazzo di domanda.
“Non ci posso credere, allora esisti, cominciavo a pensare fossi solo un'entità astratta”
“Eheh sì, scusami, è che sono stata un po' incasinata, tra il viaggio e il resto”
“Sì, mi hanno detto dei tuoi impegni” rispondo freddamente, o meglio, cerco di essere freddo, ma probabilmente risulto soltanto inacidito.
“Insomma, quando potevo chiamarti pensavo non fosse il momento adatto e quando arrivava il momento giusto, non avevo mai tempo o ero troppo stanca. Sono imperdonabile”
“Fa niente” se devi chiamarmi per dirmi che ti sei messa con un altro, puoi anche evitare del tutto. Sicuramente mi sta chiamando per quello. Grace deve averle detto della nostra conversazione e lei ora si è sentita in dovere di chiarire le cose. Ma non c'è niente da chiarire, mi sembra tutto piuttosto limpido.
“Scusami”
“Ho detto che non fa niente!” ribadisco forse con troppa veemenza, visto che Angie non parla più per lunghissimi secondi.
“Grace mi ha detto che hai chiamato anche stasera e mi sono decisa. Adesso o mai più. Non pensavo di trovarti in albergo a quest'ora”
“Infatti sei impegnata anche adesso, mi pare”
“P-perché?”
“Il vivavoce”
“Ah! No, è che sto sistemando un po' la mia camera, mi sto preparando per andare a letto. Come... come va? Com'è andato il concerto?” in un'altra situazione l'idea di lei in un letto mi avrebbe fatto un effetto totalmente diverso.
“Bene”
“Bene nel senso che tu stai bene o che il concerto è andato bene?”
“Tutt'e due” sto una meraviglia.
“Bene!”
“Bene, già”
Altro silenzio.
“E'... è per caso un brutto momento?”
“No. Perché?” è un momento bellissimo, il più bello della mia vita.
“Boh, così... sei di poche parole”
“L'hai scoperto adesso? Eri un po' distratta a quanto pare” d'altronde perché avresti dovuto prestarmi attenzione se non ti interesso neanche un po'?
“No, ero molto attenta invece. E comunque non è tanto il numero di parole, quanto come le dici” insomma, vuole proprio sentirmi dire che sono geloso e che mi ha spezzato il cuore. Non possiamo limitarci a fare finta di niente, come ha fatto lei per quasi tre giorni?
“Perché, come le dico?”
“Non lo so... sei strano... forse sei stanco”
“Sì, può essere, i concerti sfiancano, una volta che ti scende l'adrenalina crolli” ma io l'adrenalina ce l'ho ancora a mille, potrei prendere e tornare a Sacramento a piedi e poi tornare qui e sarei ancora carico. Potrei arrivare fino a Seattle e prendere a calci in culo Grohl, sempre con gli stessi piedi.
“Eheh è vero. Che poi non è tanto diverso da quando il concerto lo guardi. Stasera ne ho visto uno e sono praticamente ko” ed eccola che cerca di portarmi sull'argomento prendendola larghissima.
“Ah sì, sei andata a un concerto?” decido di andarle dietro, dopotutto via il dente via il dolore, no? Prima dice quello che mi vuole dire e prima chiudiamo questa assurda telefonata. Però mi mancava sentire la sua voce...
“Sì! Mi sono divertita un sacco, ma me ne ricorderò la prossima volta che qualcuno mi proporrà di pogare” dopotutto non è mica colpa sua se non le piaccio. Però non posso evitare di farmi salire il sangue al cervello pensandola nel moshpit insieme a quello stronzo.
“Che gruppo sei andata a vedere?” cambiamo discorso, che è meglio.
“Una band tutta al femminile, sono fortissime! Tra l'altro sono di San Diego, sicuro che le conosci. Si chiamano L7”
“Certo che le conosco, sono vecchie amiche! Ci ho suonato anche assieme con la mia vecchia band” io sono in California e loro sono a Seattle, ironia della sorte.
“Lo so, me l'ha detto la bassista”
“Hai conosciuto Jennifer? Aspetta, tu che vai a socializzare con una band? Dovevi essere proprio in buona stasera” la parentesi sulle mie vecchie conoscenze non mi fa dimenticare che si è messa con un altro.
“Diciamo che sono stata obbligata, praticamente era il motivo stesso per cui sono uscita”
“Obbligata?”
“Sì, Dave è venuto a pregarmi in ginocchio alla tavola calda” e me lo dici pure? Come se non mi fosse bastata la scena della pseudo-serenata dell'altra volta...
“E non gli hai saputo dire di no...”
“Mi ha incastrata! Praticamente lui e Jennifer si stanno frequentando, anche se non ufficialmente, insomma, sono usciti qualche volta. Lei è impegnata con la band e non si sta facendo sentire e lui non vuole starle addosso, però allo stesso tempo vuole vederla di più. Quando ha saputo che avrebbero suonato all'Off Ramp, ha pensato che doveva assolutamente andare al concerto, ma se si fosse presentato da solo avrebbe fatto la figura del tipo assillante, almeno, così la pensava lui. E voleva evitarsi l'umiliazione di non essere cagato, nel caso lei si fosse mostrata poco interessata, perché lui non aveva idea di cosa pensasse lei in quel momento, dato che non si sentivano più come prima. Insomma, morale della favola: ha chiesto a un po' di gente di accompagnarlo per non dare nell'occhio” Angie parla a raffica e io non ci sto capendo niente, o meglio, ho capito quello che dovevo capire, ma ho quasi paura a chiederle ulteriori spiegazioni che potrebbero farmi incazzare di nuovo.
“Dave e Jennifer?”
“Sì, si frequentano. E secondo me sono una bella coppia”
“Ed è andato al concerto con un po' di gente, tra cui tu...”
“Beh, in realtà Kurt l'ha paccato perché doveva uscire con una ragazza. Chi se lo piglia uno così insopportabile non ne ho idea, ma tant'è. Krist è fuori città. Calcola che non conosce ancora molte persone qui, perciò restavamo io e il suo coinquilino. Mi sono portata dietro anche Brian della tavola calda per fare numero. Se avessi saputo che quel coglione poga coi gomiti alti non lo avrei invitato!”
“Quindi non eravate da soli?”
“No, fortunatamente Brian ha avuto la sfiga di andare a pestare i piedi al tipo sbagliato, che gli ha fatto passare la voglia...”
“No, intendo tu e Dave. Io... io pensavo... cazzo, mi sento un perfetto idiota, scusami” perché lo sono, sono un idiota, un coglione.
“Io e Dave?”
“Pensavo fossi uscita con lui. Pensavo stessi con lui. Di nuovo” non so come ma mi ritrovo in piedi accanto al letto.
“Ahahahah ma figurati!”
“Ma che ne so, Grace ha detto-”
“Grace ha tratto delle sue conclusioni sbagliate. Oppure hai capito male”
“Ma no, sono io che ho capito male, non ho capito proprio un cazzo. Non capisco mai un cazzo, specialmente quando si tratta di te, Angie” sono ancora incazzato? Sono felice? Sono confuso? Boh, non lo so nemmeno io.
“Che... che vuoi dire?”
“Voglio dire... Insomma, non ti sei fatta più sentire dopo che... E poi Grace mi dice che sei uscita con quello... Ho pensato che non ne volessi più sapere, ecco”
“Che non ne volessi più sapere di cosa?”
“Di me” di chi se no?
“Ahahah e perché?” ma perché è così difficile parlare con questa ragazza?
“Boh non lo so... Magari per quello che è successo l'altra mattina, prima che partissi...”
“Eddie... non ti preoccupare. Non è successo niente, stai tranquillo, ok?”
Niente? Come niente? Che cazzo dici? Meglio risedersi sul letto.
“Beh, proprio niente non direi...”
“Va beh, facciamo finta che non sia successo niente, no?”
Ma col cazzo!
“Non mi sembra fattibile, Angie”
“E allora facciamo che è successo, ma che ce lo dimentichiamo, ok?” continua nervosa, ostentando determinazione.
“Perché, tu riesci a dimenticarlo? Io non penso ad altro da quando sei andata via” le confesso e mi pare di sentire uno strano rumore subito dopo, come un gemito, un miagolio strozzato.
“Non... non lo so, Eddie”
“Io so di aver sbagliato, non me lo perdonerò mai”
“Non è grave, sei tu che la stai ingigantendo. Ti ripeto che per me non è successo niente”
“L'altra mattina, alla stazione dei pullman, non avrei mai dovuto baciarti”
“Appunto”
“Avrei dovuto farlo molto prima”
“Eddie non... eh?”
“In tre giorni avrei potuto baciarti mille volte e non l'ho fatto perché sono un cagasotto. Ma anche prima, ne ho avute di occasioni. Dovevo baciarti quando eravamo sullo Space Needle, con quel panorama coi controcazzi. O sul tetto di Pike Place. O mentre ti specchiavi provando quel cappello rosso e non mi guardavi ed eri così bella. Oppure sul portico di Crowe a Capodanno, quando mi raccontavi di Schopenhauer, dei ricci e di Woodstock e sapevi di arancia e sarei rimasto ad ascoltarti per ore”
“Anche perché eri fatto” commenta lei e se s'illude di spezzare il discorso si sbaglia di grosso.
“No, in quel momento non ancora. Comunque avrei potuto anche darti un bacio assieme alla cioccolata, quella volta che sei scesa al mini market in pigiama per comprare gli assorbenti e ti vergognavi. O quando mi hai sorpreso da solo alla galleria e mi hai portato da mangiare, mentre io mi sarei accontentato di divorarti di baci. Per non parlare di quando ho dormito da te e mi sono svegliato tra le tue braccia e invece di svegliarti con un bacio, come si addice alle principesse, ti ho preso per una spalla e ti ho scrollato un po'. Che coglione!”
“Eddie non... Forse non dovremmo parlarne al telefono, cioè...”
“Lo so, lo so, è per questo che dico che ho sbagliato. Perché se lo avessi fatto prima avremmo avuto tempo per parlarne, invece ora dobbiamo aspettare finché non torno a Seattle e io non ce la faccio perché vorrei farlo ora. Ti vorrei qui, ora. Anche senza parlare”
“Io... Io non so cosa dire, Eddie”
“Non dire niente, ti ho detto che va bene anche senza parlare, no?”
“Eheh stiamo zitti al telefono?”
“Sì. Lo sai che sono un tipo di poche parole”
“Lo so bene”
E che voglio stare zitto al telefono solo con te e con nessun altra? Sai anche questo?
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Mark Guiliana Jazz Quartet
Jersey
Motema, 2017
Mark Guiliana: drums;
Fabian Almazan: piano;
Jason Rigby: saxophone;
Chris Morrissey: bass.
When it comes to the boundary-stretching spirit that has become so widespread among many of today's leading jazz musicians, drummer Mark Guiliana deserves credit for being one of the most enthusiastic embodiments of this attitude. He has a longstanding passion for electronic music, as heard especially on the releases on his own Beat Music label (2014's My Life Starts Now and Beat Music: The Los Angeles Improvisations). But his genuine love of rock must also be added to the equation: he was a crucial component of the musical synergy that galvanized David Bowie's Blackstar project, and he's not been shy about putting Nirvana/Foo Fighters drummer Dave Grohl on an equal plane with Tony Williams when identifying his most formative influences. And then of course there's Guiliana's prowess as a jazz drummer, revealed through his work with Donny McCaslin, Avishai Cohen, and Gretchen Parlato, not to mention his own recordings with the Mark Guiliana Jazz Quartet: 2015's Family First, as well as his current release, Jersey. Utilizing a standard, acoustic instrumental lineup, this group is as close as Guiliana gets to "conventional" jazz music. But it still bears the traces of his many other influences, allowing for an enticing amalgam to emerge organically and compellingly.
Guiliana's quartet includes colleagues he's worked with heavily over the years, especially tenor saxophonist Jason Rigby and bassist Chris Morrissey, both of whom were part of the quartet on Family First. The new addition is pianist Fabian Almazan, who has in his own way sought to transcend musical boundaries, most recently through his classically-inflected jazz suite Alcanza, released earlier this year. Together, the four possess the malleability necessary for Guiliana's skilled, creative compositions. Take for example the charged opener, "Inter-are," where Guiliana's shape-shifting drum patterns and Morrissey's pulsing bass lines, not to mention Almazan's palm-muted piano, propel a track that is both complex and infectious, with the addition of some flamenco hand-clapping at the end a terrific finish to a piece permeated with a spry, dancing energy. The players' jazz chops are displayed to fine effect throughout the record, with Rigby's searing solo on "Big Rig Jones" and Almazan's tenacious workout on "The Mayor of Rotterdam" being particularly memorable. Superb musicianship aside, however, Guiliana clearly sees this recording as about much more than just an outlet for his band's technical abilities. Indeed, some of the most affecting tracks are the simplest: the ones in which he's able to draw from folk and pop musical forms. "Jersey," built around a repeated four-note bass figure and a lovely melody articulated with unadorned beauty by Rigby, is one of those songs that just grabs you and refuses to let go. The same goes for "BP," a song first recorded by pedal steel guitarist Rich Hinman, with a luminous lyrical core and yet enough room for the band to generate a strong groove behind it. And it's impossible not to be moved by the poignancy of "Where Are We Now?," a Bowie tune performed with heartfelt grace and warmth to close the record. An album that's sure to have some staying power, Jersey is an excellent addition to Guiliana's rapidly-growing discography, and it's a testament to the expansive reach of his artistic vision.
TROY DOSTERT in allaboutjazz
#Mark Guiliana Jazz Quartet#Jersey#Motema#Mark Guiliana#Fabian Almazan#Jason Rigby#Chris Morrissey#TROY DOSTERT#allaboutjazz#discos#spotify
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UFC: Conferme su un possibile match tra Brock Lesnar e Daniel Cormier? #BrockLesnar, #DanielCormier, #UFC Dave Meltzer del Wrestling Observer Newsletter, ha parlato del possibile ritorno di Brock Lesnar in UFC quest’estate, per affrontare Daniel Cormier
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Beck
(1970, Los Angeles, California, USA)
Si chiama Beck Hansen: suo padre è musicista, la madre frequentava la Factory di Andy Warhol. Anche lui era un po’ stranetto e insieme a un’insana passione per i collages, coltivò il suo talento musicale vivendo per le strade di New York e suonando nei club. Poi incise Loser e venne nominato genio. Dopo, non riuscì più a togliersi la definizione di dosso neanche quando fa musica inascoltabile.
1. Loser (Mellow Gold, 1994) Voleva fare il rap, e non gli veniva, racconta lui. «Sono il peggior rapper del mondo, uno sfigato» si disse durante un tentativo in questo senso: “a loser”. E così nacque la canzone, che non gli sembrò neanche granché, quando l’ebbero messa giù assieme al produttore Carl Stephenson. Invece divenne un monumento, un inno, e l’annuncio di cose nuove, col suo misto di blues e rap e il refrain assassino. Un bum bum bum.
2. Devil’s Haircut (Odelay, 1996) «Di che parla questa canzone?». Se lo chiese persino lui, una volta in tv. Un gran casino di immagini sbilenche e assurde. Un’altra volta la definì «una metafora piuttosto facile del male che nasce dalla vanità». Il riff di chitarra è preso da I Can Only Give You Everything dei Them di Van Morrison.
3. Where It’s At (Odelay, 1996) Campionamenti di mille cose (tra cui il parlato di un vecchio corso di educazione sessuale per adolescenti) intorno a un organo che pare i Doors e al racconto di un party metropolitano.
4. Tropicalia (Mutations, 1998) Una cosa caraibica e vintage, racconto di luoghi caldi e con le palme.
5. Cold Brains (Mutations, 1998) Ballatona, abbastanza tradizionale nella costruzione e con tanto di armonica, non fosse per fronzoli e cotillons sonori assai più moderni appiccicati qua e là.
6. The Golden Age (Sea Change, 2002) Un giorno Beck si svegliò convinto di essere Nick Drake sbarcato su una spiaggia della California. La parte gli venne piuttosto bene: un disco acustico di ballate folk-rock ortodosse e testi sentimentali e semplici. I fans furono piuttosto perplessi: non si ballava e non c’erano disordini creativi. Il resto del mondo la prese meglio, e il disco fu il suo maggior successo di vendite. Si apriva con The Golden Age e l’arrangiamento degli archi era del padre di Beck, David Campbell.
7. Lost Cause (Sea Change, 2002) Secondo quel che si dice, Winona Ryder ha avuto storie con Johnny Depp, Matt Damon, Daniel Day Lewis, David Duchovny, Val Kilmer, Chris Noth, Jimmy Fallon, Christian Slater, Conor Oberst (Bright Eyes), Ryan AdamsR, Evan Dando (Lemonheads), Adam Duritz (Counting Crows), Dave Pirner (Soul Asylum), Franz Hemingbeck, Dave Grohl (Nirvana), Page Hamilton (Helmet), Jason Kay, Rhett Miller e Pete Yorn. E Beck, pure. Il testo di Lost Cause induce quindi a dei sospetti sulla destinataria, causa persa:
There’s too many people you used to know They see you coming they see you go They know your secrets and you know theirs This town is crazy; nobody cares
8. Gir (Guero, 2005) È uno di quei casi («lo sanno fare benissimo i Pixies» dice Beck) in cui credi di ascoltare una canzone allegra e solare e poi fai attenzione alle parole e scopri che dice delle cose terribili tipo "le strapperò gli occhi, la farò morire". Ma ormai il ritornello ti è entrato in testa, e la canticchi senza farci caso, anche quando è venuta a pranzo tua zia di Manchester.
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SPECIALE RAPPORTO SUGLI ATTENTATI DELLA MARATONA DI BOSTON (PARTE VI)
SPECIALE RAPPORTO SUGLI ATTENTATI DELLA MARATONA DI BOSTON (PARTE VI)
Fonte: Center For An Informed America Di Dave McGowan27 maggio 2013 Se la storia ufficiale di ciò che è accaduto a Boston il 15 aprile è vera, allora non dovrebbero esserci ragioni convincenti per le varie vittime e i soccorritori che hanno parlato con i media di non dire la verità. La memoria umana, ovviamente, non è infallibile, quindi dovremmo aspettarci di trovare alcune discrepanze qua e…
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(via https://www.pizap.com/)
Janis JoplinRobert Plant..curiosità...4 settembre 1970: i Led Zeppelin suonano al LA Forum (tecnicamente è a Inglewood, ma tutti si sono abituati a dire LA Forum), e Fairport Convention sta facendo uno stand di 4 notti al Troubadour, un piccolo club di Santa Monica Blvd. e Doheny a West Hollywood.Dopo che gli Zeppelin hanno terminato il loro concerto, che presto sarà immortalato nel bootleg "Live on Blueberry Hill", si dirigono al Troubadour (immagino l'autista della limousine che si dirige verso La Brea Ave., che porta da Inglewood a Hollywood, magari fermandosi per un po 'di chili cani al Pink's lungo la strada, poi svoltare a sinistra su Santa Monica Blvd.) per guardare il resto del concerto di Fairport. Dopo un po 'di discussioni sul set, gli Zeppelin si uniscono a Fairport per una jam di rock oldies e trad folk ... presumibilmente fino a 3 ore!Dato che Fairport stava registrando i concerti dei Troubadour per un album dal vivo ("House Full"), i nastri stavano girando per la jam, ma NIENTE di questo ha visto la luce, almeno per quanto ne so.La notte di Blueberry Hill. Anche Dave Pegg ha preso parte alla gara di bevute. Lui e Bonzo erano amici, poiché entrambi facevano parte della scena nelle Midlands negli anni '60.Dave Swarbrick, d'altra parte, nega costantemente che sia mai successo, Ad ogni modo, dopo lo spettacolo, tutti si dirigono verso Barney's Beanery e Bonham partecipa a una gara di bevute con Janis Joplin. Nessun indizio su chi ha vinto, haha.In realtà, Bonzo potrebbe aver perso quella gara. È stato trovato la mattina dopo sdraiato nudo, addormentato vicino alla piscina dell'hotel. In questo video Robert ha parlato di lui e Dave Pegg nella stessa band (Band of Joy) e Dave suonava la chitarra solista. E Dave: "Mi ha licenziato!" https://youtu.be/BAj2GK8EJgIRobert Plant + Fairport Convention, Cropredy 1986Robert Plant fa la prima delle sue apparizioni come ospite al festival Cropredy della Fairport Convention. Questa volta è della settima riunione annuale, nel 1986. Fairport sostiene Percy in una canzone di Muddy Waters, "Nineteen Years Old"
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GLI ALBUM PIÚ ATTESI DEL 2021
Per iniziare al meglio l’anno facciamo un piccolo recap di tutte le uscite discografiche che siamo certi o speriamo ci attendano nel 2021. Dopo un anno in cui le uscite di molti dischi sono state rimandate, insieme a concerti ed esibizioni televisive, nei prossimi mesi ci aspettano tante cose interessanti ad iniziare da Shame, Julien Baker, slowthai e Lana Del Rey.
shame - Drunk Tank Pink (Dead Oceans, 2021)
Il secondo disco degli inglesi Shame s’intitola Drunk Tank Pink ed è in uscita il 15 gennaio per Dead Oceans. Arriva a due anni di distanza dall’esplosivo debutto Songs Of Praise e ad anticiparlo ci sono tre singoli - Alphabet, Snow Day e Water In The Well. Contiene undici tracce e nessuna collaborazione e si prospetta un disco asciutto e diretto, come piace a noi.
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slowthai - TYRON (Method / AWGE / Interscope, 2021)
Il secondo disco del rapper slowthai s’intotola TYRON ed è in uscita il 5 febbraio per Method / AWGE / Interscope. All’interno numerose collaborazioni di spicco tra cui già l’edita feel away con James Blake e Mount Kimbie più altre con A$AP Rocky, Skepta e Denzel Curry. Il secondo singolo si chiama nhs e si era già posizionato tra le nostre 50 migliori canzoni del 2020, quindi non ci resta che aspettare incuriositi il successore di Nothing Great About Britain - che ci aveva colpito molto.
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Julien Baker - Little Oblivions (Matador, 2021)
Il terzo disco di Julien Baker, Little Oblivions, uscirà il 26 febbraio per Matador. Arriverà a quattro anni di distanza dal disco solista Turn Out the Lights e a tre dalla parentesi del 2018 con le boygenius. Ad anticiparlo il singolo Faith Healer.
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Lana Del Rey - Chemtrails Over The Country Club
Il titolo, più o meno sicuro, del prossimo album di Lana Del Rey sarà Chemtrails Over The Country Club. Un disco su cui la cantante chiacchiera già da dopo l’uscita di Norman F*cking Rockwell - che ci è piaciuto abbastanza - nel 2019. Chemtrails... che ormai è pronto doveva uscire nel 2020, ma a quanto pare, dato i ritardi nella produzione del vinile è stato spostato alla primavera del 2021.
Rosalía
Dopo El Mal Querer la cantante catalana Rosalía si è goduta il successo in tutto il mondo pubblicando numerosi singoli, remix e collaborazioni di spicco tra cui James Blake, Travis Scott, The Weeknd e Arca. Insomma, è dal 2019 che ha avuto tempo per pensare alla sua prossima mossa sul lungo formato senza preoccuparsi di assentarsi dalla scena musicale e mancare l’occasione di cavalcare l’onda. La cantante ha dichiarato a dicembre di essere vicina alla fine delle registrazioni di nuova musica. Speriamo che il 2021 sia l’anno buono.
Darkside - Spiral
Il side-project di Nicolas Jaar con Dave Harrington era stato dichiarato dai due momentaneamente sciolto dopo un debutto ipnotico e mozzafiato nel 2013. A sorpresa a dicembre del 2020 Darkside, questo il nome del duo electro-rock, annuncia il ritorno con il singolo Liberty Bell, contestualmente pubblicato insieme all’annuncio del nuovo disco, Spiral, in arrivo nella primavera 2021.
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Iosonouncane - IRA (Trovarobato / Numero 1, 2021)
Dopo cinque anni di faticosissima attesa finalmente era tutto pronto. Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, era sul punto di pubblicare IRA, successore dell’acclamatissimo DIE, ormai diventato un classico della musica italiana. A fermare tutto la pandemia che ha costretto l’annullamento del tour e la posticipazione del disco. Per non lasciarci con l’amaro in bocca negli ultimi mesi Iosonouncane ci ha regalato un bellissimo inedito intitolato Novembre ed un’interpretazione toccante e personale del capolavoro Vedrai, vedrai di Luigi Tenco. I due brani hanno sancito la rinascita della storica etichetta Numero 1 fondata da Mogol e Lucio Battisti nel 1969 ed è inutile dire che non hanno fatto altro che fomentare l’attesa per il nuovo album che tanto avevamo desiderato. Sperando che nei prossimi mesi le cose vadano meglio e permettano ad Incani di introdurci il nuovo disco come meglio desidera, noi lo aspettiamo a braccia aperte in questo 2021.
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Verdena
Anche il ritorno dei Verdena era atteso nel 2020 e stavolta con degli indizi più concreti e promettenti del solito. Cinque anni ci separano dai bellissimi ed avventurosi Endkadenz (Vol. I & Vol. II) e speravamo fossero davvero gli ultimi prima di poter ascoltare qualcosa di nuovo dalla band di Alberto Ferrari, Luca Ferrari e Roberta Sammarelli. Anche per loro andare avanti dopo la pandemia è stato impossibile e la prospettiva di pubblicare un disco senza poterlo suonare in tour non aveva senso. Adesso che speriamo a breve di poter tornare a sudare sotto ad un palco attendiamo anche il disco - che a quest’ora dovrebbe essere finito - di cui in questi anni si è parlato moltissimo.
Jamie XX
Nessun annuncio ufficiale, nessun indizio esplicito, ma in pieno lockdown il dj, produttore e membro della band The XX ha pubblicato il primo inedito solista dal 2015 intitolato Idontknow. Una bellissima traccia che speriamo possa aver rotto il ghiaccio per il possibile ritorno di uno dei volti più noti e creativi dell’elettronica inglese.
Kendrick Lamar
Dopo la cancellazione di moltissimi concerti il rapper Kendrick Lamar ha iniziato ad annunciare la sua presenza in alcuni festival che avranno luogo nel 2021, tra cui il danese Roskilde. E’ proprio il team di questo festival che ci ha spoilerato il possibile ritorno di Lamar dicendo che c’è del materiale che arriverà presto. Questa notizia si aggiunge ai rumor più o meno confermati che affermano di aver visto Lamar girare un video musicale a Los Angeles a settembre, oltre al fatto che i suoi collaboratori hanno parlato di come ci sia musica a sufficienza per realizzare altri sei album.
BROCKHAMPTON
Lo scorso anno, con nostra sorpresa, la boy-band americana Brockhampton è sparita dai riflettori. Dal 2017 non si sono fermati neppure un attimo e Kevin Abstract, membro fondatore, ha persino trovato lo spazio per continuare il suo progetto solista - che abbiamo apprezzato molto. E’ dunque insolito, nonostante la pandemia e l’impossibilità di fare i concerti abbia rallentato se non fermato molti artisti, che i Brockhampton abbiano preferito fare silenzio dandoci pochissime notizie durante l’anno. Conosciamo tuttavia quanto travolgente possa essere il fiume creativo della boy-band che in un anno ha pubblicato tre dischi ed i teaser pubblicati in queste ultime settimane ci dicono che anche se non ne hanno parlato durante questi mesi debbano aver combinato molte cose. Ci aspettiamo dunque che nei prossimi mesi tornino a farsi sentire e che entro l’anno pubblichino il successore di GINGER.
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the Mandalorian season 2 → episodi 13, 14, 15, 16
Titolo originale: Chapter 13: The Jedi Diretto da: Dave Filoni Scritto da: Dave Filoni
Sul pianeta Corvus, la Jedi Ahsoka Tano sta cercando di liberare la città di Calodan, tenuta sotto il controllo del magistrato Morgan Elsbeth e dai suoi soldati. Ahsoka le dà un giorno per arrendersi e divulgare la posizione del suo padrone.
Mando e il Bambino, la mattina seguente, arrivano sul pianeta reso inospitale, arrivano al villaggio ed incontrano il magistrato offre al Mandaloriano una lancia in puro beskar se riuscirà ad uccidere la Jedi.
Mando e il Bambino si inoltrano nel bosco vicino e incontrano Ahsoka che lo attacca, credendo che sia venuto per ucciderla, ma Mando rivela di essere stato mandato da Bo-Katan e per farle vedere una cosa, il bambino. Dopo aver parlato telepaticamente con il Bambino grazie alla Forza, Ahsoka rivela che il suo nome è Grogu ed era nel Tempio dei Jedi su Coruscant, ma dopo le Guerre dei Cloni fu nascosto e per sopravvivere ha dovuto nascondere i suoi poteri.
Mando spiega che la sua missione è di portarlo ai suoi simili, i Jedi, ed Ahsoka decide di esaminarlo la mattina dopo. La Jedi non riesce a far usare la Forza a Grogu, invece Mando sì grazie al forte legame con il Bambino. Tuttavia Ahsoka dice di non poterlo addestrare, perché il forte legame con Mando ha reso Grogu vulnerabile alle sue paure e alla sua rabbia, sentimenti che hanno corrotto l’animo del precedente Maestro di Ahsoka (probabilmente Anakin Skywalker). Mando propone ad Ahsoka di aiutarla a sconfiggere il magistrato Elsbeth, a patto che lei addestri Grogu: la Jedi accetta.
Quella sera i due entrano nella cittadina, dove riescono ad eliminare i soldati, Mando uccide il capo dei soldari, Lang e la Jedi riesce a sconfiggere anche la magistrata: dopo averla battuta in duello, Ahsoka chiede dove si trovi il suo padrone, ovvero il Grande Ammiraglio Thrawn.
Infine, dopo aver liberato il popolo, Ahsoka ripete di non poter addestrare Grogu, tuttavia consiglia a Mando di andare alle rovine di un Tempio Jedi su Tython con un forte legame con la Forza, dove Grogu potrà scegliere di espandersi nella Forza così che uno dei pochissimi Jedi rimasti possa sentirlo e andare ad aiutarlo. in cambio dell’aiuto nel salvare il villaggio gli dona la lancia Beskar che appartiene alla sua gente. Così il Mandaloriano e il Bambino ripartono sulla Razor Crest, verso la nuova destinazione.
Titolo originale: Chapter 14: The Tragedy Diretto da: Robert Rodriguez Scritto da: Jon Favreau
Mando raggiunge il pianeta dove è situato il Tempio Jedi indicato da Ahsoka, pone il bambino su una "pietra veggente" con il quale entra in forte connessione con la Forza, tanto che appare uno scudo di forza a proteggerlo e invia un segnale nello spazio.
ma il pianeta non rimane disabitato per molto tempo perchè atterra la Slave I, con a bordo Boba Fett e Fennec Shand, creduta morta in precedenza su Tatooine, come Boba stesso anni addietro (morto al tempo perchè mangiato da un verme della sabbia ). Dicendo di averlo seguito, e di essere un uomo libero da ogni credo diversamente da lui, Boba intima Mando di restituirgli la sua armatura trovata su Tatoine, mentre Fennec punta un fucile di precisione contro il bambino. I tre arrivano a un accordo senza sparare un colpo, ma successivamente atterrano due navette imperiali che seguono Mando attraverso un segnalatore inserito dal tecnici alla ultima riparazione della Crest, e nel frattempo Boba Fett recupera l'armatura (Mando lascia la nave aperta).
Mando, Boba e Fennec mettono in fuga gli assaltatori, ma Fett con un razzo distrugge le navi in fuga, ma improvvisamente un violento colpo di laser arrivato dall'incrociatore leggero imperiale di Moff Gideon disintegra completamente la Razor Crest di Mando (è questa la tragedia!). Tutto ciò che gli è rimasto adesso è solo la sua lancia in beskar.
Successivamente, Boba dimostra che l'armatura è codificata con il proprio nome e quello del padre Jango. Subito dopo, quattro Soldati Oscuri (Dark Trooper), usciti dall'incrociatore di Gideon volano giù e catturano il bambino, che si era addormentano dopo lo sforzo fatto per inviare il segnale, e lo riportano sull'incrociatore, che immediatamente fa il salto nell'iperspazio. Boba accetta di aiutare Mando, sentendosi in debito per il rapimento del bambino, e deducendo che l'Impero non è mai caduto del tutto. Senza una nave propria e senza il bambino, Mando ritorna su Navarro insieme a Boba e Fennec e chiede aiuto a Cara Dune per far evadere il criminale Mayfeld al fine di rintracciare Gideon e salvare Grogu.
Sull'incrociatore imperiale, Moff Gideon è stupito dalle abilità del bambino, che tiene testa a due soldati contemporaneamente e gli mostra brevemente la Spada oscura (Darksaber) e lo fa addormentare in attesa di arrivare al luogo dove il suo sangue sarà prelevato dal Dottor Pershing.
Titolo originale: Chapter 15: The Believer Diretto da: Rick Famuyiwa Scritto da: Rick Famuyiwa
Cara Dune prende in custodia il vecchio nemico del Mandaloriano, Migs Mayfeld, per acquisire le coordinate della nave di Moff Gideon. Mayfeld ha bisogno di un terminale per le coordinate, e li indirizza ad una raffineria imperiale nascosta, dove trasportano ridonio, su Morak, materiale volatile ed infiammabile. Quando arrivano, il Mandaloriano sceglie di accompagnare Mayfeld, perchè sia Dune che Fennech sono inserite nel registro imperiale.
Mayfeld e il Mandaloriano dirottano uno dei trasporti e si travestono da soldati. i trasporti contengono il ridonio, ma vengono attaccati dai pirati, che il Mandaloriano riesce a sconfiggere anche grazie all'aiuto di due caccia TIE. Raggiungono la struttura, l'unica spedizione sopravvissuta.
Il terminale di cui Mayfeld ha bisogno è nella sala mensa degli ufficiali, ma Mayfeld vede il suo ex comandante Valin Hess e teme di essere riconosciuto. Il Mandaloriano va invece, ma il terminale richiede una scansione facciale e si toglie l'elmo per acquisire i codici. Viene affrontato da Hess, perchè non lo conosce, ma Mayfeld interviene. Dopo aver preso un drink con Hess, Mayfeld si arrabbia per dei soldati morti inutilmente in un'operazione chiamata Cinder, dove sono stati uccisi migliaia di soldati solo per il creare il caos che l’impero sfrutta per essere poi il risolutore. Mayfeld adirato spara a Hess uccidendolo. Mayfeld e il Mandaloriano si fanno strada verso il tetto, mentre Fennec Shand e Dune forniscono fuoco di copertura e Boba Fett arriva a bordo della Slave I. Mayfeld distrugge la raffineria con un colpo di cecchino ben piazzato. La nave è inseguita da due caccia TIE, ma Fett li abbatte usando una carica sonica. Dune lascia Mayfeld libero come ringraziamento per il suo aiuto, e il Mandaloriano invia a Moff Gideon un messaggio minacciandolo e giura che salverà Grogu.
Titolo originale: Chapter 16: The Rescue Diretto da: Peyton Reed Scritto da: Jon Favreau
Mando, Cara Dune, Boba Fett, Fennec Shand, riescono a sequestrare una navicella imperiale Lambda con a bordo il dottor Pershing, il tecnico incaricato di sfruttare il sangue di Grogu, prendendolo così in ostaggio.
Il gruppo raggiunge su un pianeta Bo-Katan Kryze e Koska convincendole ad unirsi a loro per organizzare una missione di salvataggio del piccolo Grogu sull'incrociatore Imperiale di Moff Gideon, avendone acquisito l'ubicazione usando come incentivo la possibilità di farle recuperare la spada oscura.
Fingendo di essere attaccati da Boba (che subito dopo si da alla fuga) con la nave Lambda effettuano un atterraggio di emergenza sull’incrociatore di Gideon ma vengono attaccati dai soldati imperiali. Moff Gideon avvia l’attivazione del plotone di Soldati Oscuri, ma uno di loro riesce e Mando riesce a tenerli testa con difficoltà.
Mentre il resto della squadra attende nella plancia dell'incrociatore, Mando riesce ad espellere il plotone di Soldati Oscuri nello spazio, usando una chiave gerarchica, dopodiché raggiunge la cella di Grogu, che è tenuto in ostaggio da Gideon, che sfida il Mandaloriano a duello usando la spada oscura. Mando riesce a disarmare Gideon e consegnarlo ammanettato a Bo-Katan, che tuttavia non può rivendicare il diritto di possesso della Spada Oscura perché non è stata lei a disarmare Gideon, il suo ultimo proprietario e quindi è Mando il legittimo re di Madalorian. Nel frattempo i quasi indistruttibili Soldati Oscuri precedentemente espulsi nello spazio ritornano sull'incrociatore (sono dei terminator) e tentano di fare breccia nella plancia, ma successivamente un caccia X-wing della Ribellione abborda e un Jedi disintegra tutti i Soldati Oscuri; nel mentre Gideon, vedendo i suoi soldati sterminati, raccoglie un blaster da terra e tenta di far fuoco prima su Mando poi sul bambino, ma viene accerchiato e successivamente stordito, dopo aver tentato di uccidersi puntandosi il blaster sotto il mento.
Il Jedi si rivela essere Luke Skywalker, accompagnato dal droide R2-D2, che è accorso in aiuto di Grogu dopo che questo era entrato in connessione con la Forza. Il Jedi promette di occuparsi del bambino e di garantirgli un addestramento per le vie della Forza, Mando accetta a malincuore di affidare il bambino a Luke, e salutandolo per l'ultima volta si toglie l'elmo davanti a tutti.
--- e con le lacrime agli occhi si conclude la seconda stagione di Mando ---
JD
P.S. Dopo i titoli di coda, su Tatooine, vediamo il vecchio Palazzo di Jabba the Hutt, preso in possesso dai suoi vecchi seguaci sopravvissuti, incluso Bib Fortuna che è ora a capo dell'organizzazione criminale. Sopraggiungono Fennec Shand e Boba Fett che uccidono tutti i presenti e Fett siede sul vecchio trono di Jabba. --- THE BOOK OF BOBA
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breathe out so i can breathe you in hold you in
(foo fighters - everlong)
vent’anni esatti fa usciva il secondo album dei foo fighters.
traccia undici. everlong. c’è che traccia undici, sul serio? un posizionamento così anonimo è quasi più bello che strano per una canzone del genere. c’è che è una canzone d’amore senza la parola amore. non ce n’è bisogno.
c’è che ci sono quei versi là sopra, che sono tutto quello che serve dire alla persona stesa di fronte a te quando ogni altra sillaba sarebbe superflua.
c’è che ci sono versi che chiedono all’altra persona di non fermarsi, neanche quando le sarà chiesto di farlo.
c’è che ci sono versi che parlano di buttare via il tempo insieme. ed è tutto lì.
c’è che quando cantiamo insieme mi chiedo se ci sia qualcosa che possa sentire così vero per sempre (ma in inglese suona meglio, come tutto).
c’è che esiste una versione acustica di questa canzone, immortalata prima in un video di dave grohl che la canta con una maglietta bianca e un sorriso imbarazzato (video che è imploso da youtube dopo averci troneggiato per anni, la disdetta), e poi nel greatest hits della band, che boh, vai tu a scegliere quale delle due preferisci.
c’è che ha un video buffo e un intermezzo parlato incomprensibile, in cui grohl legge un manuale di qualche tipo.
c’è che ci sono io ragazzino che accordo l’acustica in drop d per imparare a suonarla, anche se faccio schifo.
c’è che è una delle canzoni più belle che abbia mai sentito in vita mia.
c’è che ci sono tutta una serie di momenti, cassette e cd masterizzati coi titoli scritti con l’indelebile, cuffiette, camminate, viaggi in treno, autobus, auto.
c’è che beccarla alla radio e commuoversi senza la minima vergogna.
c’è che il riff iniziale è stata la mia marcia nuziale (avete voluto la parità dei sessi?).
c’è che a grohl io posso solo dire grazie. per i primi vent’anni di questa canzone, per i prossimi duecento almeno.
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Nate Smith - Kinfolk: Postcards from Everywhere - another winner from Ropeadope
“In conceiving this project, I wanted to focus on creating the material with very few ingredients; just improvising at the drums or piano or singing ideas into a voice recorder, focusing primarily on rhythm and melody. I want to see what other ingredients the players or singers would bring to the material. I’m interested in a true band sound: I want to know how the musicians will color, shape, and season the raw ingredients, and how to pull all of those pieces together to a whole.” - Nate Smith
Nate Smith: drums, percussion, fender rhodes, synths, sounds Kris Bowers: piano, fender rhodes Fima Ephron: electric bass Jeremy Most: guitars Jaleel Shaw: alto and soprano saxophones
Featuring: Dave Holland: acoustic bass, “Skip Step” “Spinning Down” Lionel Loueke: guitar, “Skip Step” “Spinning Down” Chris Potter: tenor saxophone, “Bounce parts I + II” Gretchen Parlato: vocals, “Pages” Michael Mayo: vocals, vocal percussion/effects, “Skip Step” “Retold” Amma Whatt: vocals, “Disenchantment: The Weight” “Morning and Allison” Adam Rogers: acoustic and electric guitars, “Spiracles”
Strings on “Disenchantment: The Weight” arranged by Kris Bowers Strings on “Home Free (for Peter Joe)” arranged by Nate Smith
Stephanie Matthews: violin I Juliette Jones: violin II/contractor Christiana Liberis: viola Reenat Pinchas: cello
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Capitolo 44 - L’appuntamento, il non appuntamento e il mancato appuntamento (Seconda Parte)
Nel capitolo precedente: Angie convince Meg a parlare con Mike per chiarire una volta per tutte la loro situazione. Stone incontra Grace fuori dalla galleria, si viene a sapere che Stone ha indagato per scoprire chi fosse il ragazzo con cui lei era uscita ed è andato poi a tormentarlo nel negozio dove lavora per dispetto, Grace capisce che è stato lui anche se nega, chiarisce che quello è solo un amico e propone a Stone di uscire insieme la stessa sera. Stone accetta. Eddie vede la macchina di Angie nel parcheggio di Roxy a un orario insolito, entra alla tavola calda e scopre che la ragazza sta facendo un turno diverso e che finirà di lavorare tra poche ore, decide di cogliere l’occasione per chiederle di fare qualcosa insieme e lei accetta di uscire. Quando torna indietro, Eddie rimane chiuso fuori dalla galleria mentre la band suona e non lo sente, mentre aspetta che gli aprano inizia a buttare giù il testo di una canzone basandosi su quello che sente attraverso il portone e ispirato dall’incontro con Angie.
***
“Ehi Mike, stavo cominciando a perdere le speranze” apro la grossa porta di metallo e lo stato in cui Eddie mi appare dall'altra parte mi fa capire che ha rincominciato a piovere.
“Cioè?”
“Eh è un'ora che busso per farmi aprire” spiega entrando di corsa.
“Davvero? Non abbiamo sentito, scusa”
“Tranquillo è tutto a posto” il pezzo su cui stavamo lavorando sarà stato lento, ma i volumi dovevano essere alti per non sentirlo.
Eddie mi dà una pacca sulla spalla e poi si leva la giacca zuppa di pioggia, mentre mi segue nella saletta al seminterrato.
“Finalmente! Era ora! Quanto cazzo ci vuole a mettere due monete in un parchimetro?” Jeff accoglie il suo coinquilino lanciandogli una delle figurine di basket che abbiamo sparso un po' ovunque qua dentro in questi mesi.
“Pensavamo ti fossi perso. O che avessi trovato una maniera molto originale di mollarci e tornare a San Diego” commenta Stone, mentre Eddie si china a raccogliere la figurina svolazzata a terra.
“Per mettere le monete nel parchimetro ci sono voluti trenta secondi, il resto del tempo l'ho passato qua fuori a bussare come un dannato aspettando che mi cagaste”
“Io non ho sentito niente” Stone si rivolge a Dave, che risponde e alza le spalle.
“Io nemmeno”
“Va beh, comunque... mentre tu eri fuori a giocare coi soldini, noi non abbiamo perso tempo e abbiamo già buttato giù un pezzo nuovo, per dire” Stone continua a punzecchiare il cantante, che mi porge la figurina e gli si avvicina: Derrick Coleman dei Nets.
“Neanch'io ho perso tempo a dire il vero” Eddie tira fuori un foglietto dalla tasca, lo apre e lo tiene a un palmo dal naso di Gossard, che lo guarda perplesso.
“Che sarebbe?”
“Il pezzo nuovo che io ho buttato giù, basandomi su quello che sentivo attraverso la porta. Tieni presente che fondamentalmente sentivo solo il basso, quindi il testo l'ho scritto seguendo quello” Eddie ribatte un po' timidamente, ma senza nascondere la sua soddisfazione.
“Cioè, ti è bastato sentire due o tre vibrazioni da fuori e hai già scritto il testo?” gli chiedo meravigliato quanto gli altri, almeno a giudicare dalle facce.
“Beh, visto che tanto dovevo aspettare, tanto valeva ottimizzare i tempi. Comunque è una prima bozza, anche perché vorrei sentire meglio il pezzo”
“Oceani?” domanda Stone, che ora ha tra le mani il prezioso foglietto.
“L'andamento della canzone mi ha fatto pensare al moto delle onde... e poi mi manca usare la mia tavola da surf, prima o poi dovevo dedicarle una canzone, era solo questione di tempo” spiega Vedder mentre apre una bottiglietta d'acqua che gli è stata appena passata da Jeff.
“Infatti è un brano atipico, è tutto basso e batteria in pratica, non so se finirà su quest'album, non c'entra molto col resto. Però è da ieri che mi gira in testa, dovevo tirarlo fuori” Ament parla di nuovo della sua illuminazione.
“Va beh, non ti affliggere, tra poco la rivedi... o sbaglio?” chiedo facendo sbiancare Eddie, mentre, alle spalle di Gossard, sbircio le parole scritte sulla pagina.
“Come scusa?”
“La tua tavola, quando andremo a suonare a San Diego” preciso.
“Comunque, a questo punto proviamolo tutti insieme, ok?” Stone riallunga il foglio al legittimo proprietario.
“Sì, però ehm prima... volevo dire... ecco, mentre ero fuori mi sono ricordato di una cosa...” Eddie strappa praticamente il testo dalle mani di Stone, prima di cominciare a farfugliare.
“Cosa? Che ti manca troppo la tua tavola e molli la band per tornare a casa?” il chitarrista lo stuzzica di nuovo, ma secondo me dietro a tutte queste battutine ironiche su Eddie che lascia la band c'è una sorta di tentativo di esorcizzare la sfiga. Le cose vanno a gonfie vele, il nostro primo tour sta per partire e le premesse per l'album sono ottime. Questo vuol dire che Stone ha tutto sotto controllo, ma allo stesso tempo è terrorizzato all'idea che qualcosa vada storto, ecco perché ci sta sul fiato sul collo, specialmente con Eddie. Insomma, la situazione dopo la morte di Andy era un gran casino, per tutti: quando Stone mi ha contattato perché voleva ricominciare da capo io ero quasi diventato un repubblicano, Jeff invece stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di appendere il basso al chiodo, suonava con altri tizi sì, ma da quel che ho capito era davvero lì lì per mollare tutto e tornarsene in Montana. Poi convinco Stone a chiamarlo e in tre, finalmente, cominciamo ad assomigliare a una band. Matt ci ha aiutato per registrare il primo demo da far girare per cercare un batterista e un cantante e mentre aspettavamo Eddie abbiamo trovato pure Dave Krusen. Tutto si è incastrato magicamente e trovare uno come Eddie è stata proprio la più classica delle botte di culo, voglio dire, un tizio che riceve una cassetta con degli strumentali, registra i pezzi il giorno dopo e li rispedisce al volo, che dopo due settimane è già su un aereo per Seattle per incominciare... dove cazzo lo trovi? Stone può fare il figo quanto vuole, ma è chiaro come il sole che ha una paura fottuta che questo magico allineamento di pianeti si sputtani per qualche cavolata. Comincio anche a sospettare che la storia di far mettere Eddie con Angie non sia tanto per Angie, Cantrell e cazzi vari, quanto per, in un certo senso, sistemare Eddie, come per dargli un motivo in più per restare.
“Eheh no. E' che mi sono ricordato che ho un impegno, quindi devo andare via un po' prima”
“Quanto prima?”
“Beh per le sei, tipo”
“LE SEI?! SCHERZI?” esclama Jeff visibilmente alterato e non capisco perché, visto che non è mai stato così fiscale sugli orari.
“Cosa devi fare? Dove devi andare?” gli chiedo facendomi spudoratamente i cazzi suoi.
“Oh niente devo... ho promesso a una persona che l'avrei aiutata con... una cosa... e devo andare per forza” risponde lui vago.
“Va beh, non puoi andare un'oretta dopo?” insiste il bassista.
“Eh no poi è ehm troppo tardi” si giustifica mentre va a piazzarsi di fronte all'asta del microfono.
“Ma sì, dai, alla fine, che vuoi che sia! Finiamo alle sei e stop. Un'ora in più o in meno cosa cambia a questo punto?” Stone non aveva ancora parlato, e la cosa mi insospettiva. Ora che ha aperto bocca siamo tutti allibiti.
“Come cosa cambia?” gli chiede Dave alzandosi per poi risedersi meglio. Probabilmente l'affermazione di Gossard l'ha fatto cadere dallo sgabello.
“Cambia che oggi hanno praticamente aperto la sala solo per noi, dandoci le chiavi, e abbiamo pagato, in anticipo, per stare fino alle sette. Senza contare che io ho anche appena pagato il parcheggio fino a quell'ora” finalmente capisco perché Ament si scalda tanto, mi resta da capire com'è che invece Stone è così sereno.
“Da quando in qua sei diventato tirchio, Jeffrey?”
“Se essere tirchio vuol dire non buttare i soldi nel cesso, direi da sempre!”
“Comunque, non perdiamo tempo con queste stronzate, cominciamo a provare il pezzo col testo di Eddie, così abbiamo tutto il tempo per fare le eventuali modifiche entro le sei e lui se ne può andare a fare... quello che deve fare. Dopodiché chi ha già la sua parte pronta fa lo stesso, gli altri si fermano fino alle sette” Stone ci illustra il suo programma per mettere fine al battibecco con Jeff.
“E casualmente la tua parte è già pronta” ribatte il bassista guardandolo storto.
“Dai, muoviamoci, su” Gossard fa finta di niente e proprio mentre imbraccia la sua chitarra sentiamo un trillo lontano, proveniente dal piano di sopra.
“Che cos'è?” mi domando ad alta voce.
“E' il telefono” Jeff dà l'ovvia risposta, seguita dall'ovvio commentino sarcastico di Stone.
“Nah, è solo la prima tromba dell'apocalisse, quando arriviamo a sette direi di cominciare a preoccuparci”
“Sentite lo squillo flebile di un telefono e non sentite me che butto giù la porta a pugni?” Eddie scuote la testa mentre il telefono all'entrata della galleria continua a suonare.
“Va beh ci penserà la segreteria” commenta Dave dopo lunghissimi secondi passati guardandoci tutti a vicenda senza sapere che fare.
“E se è urgente? Magari è per noi” ipotizzo restando immobile esattamente come gli altri.
“Allora vai a rispondere” mi invita Stone.
“Perché io?”
“Perché sei l'unico a cui a quanto pare frega qualcosa”
“Frega anche a voi, solo che non volete alzare il culo”
“Vero, confermo le parole di Mikey, ecco perché prima ho mandato Eddie a mettere le monete nel parchimetro”
“Io l'ho già alzato prima il mio culo, quando sono andato a prendere le sigarette per tutti, perciò...”
“Io sono appena sceso” Eddie fa spallucce e passa così la palla a me e Krusen, che ci scambiamo sguardi incerti.
“Tu sei più vicino” sentenzia alla fine il batterista, indicando prima nella mia direzione poi verso la scalinata con una delle sue bacchette.
Sbuffo e salgo le scale, all'inizio prendendomela piuttosto comoda, sperando che nel frattempo il telefono smetta di squillare; ma una volta raggiunta metà scalinata, con gli squilli che non accennano a fermarsi, accelero il passo pensando che prima rispondo e prima posso tornare giù dagli altri.
“Pronto”
“Pronto, finalmente... ehm, Mike, sei tu?”
La voce squillante e un po' nasale di Meg l'ho riconosciuta alla prima sillaba di pronto.
“Sì, sono io. Cos'è, tu e Melanie siete passate agli scherzi telefonici adesso?” domando combattuto tra la sensazione di calore ed euforia istintiva nel risentire la sua voce e la consapevolezza che sta sicuramente per farmi il culo.
“No, non è uno scherzo”
“Senti, fammi una cortesia, potresti gentilmente chiamarmi a casa e lasciarmi tutti gli insulti e le minacce in segreteria? Adesso sono un po' impegnato qui con le prove, poi giuro che quando torno a casa stasera me li ascolto, con calma”
“Non voglio parlare con una segreteria Mike, voglio parlare con te e... beh, possibilmente a quattr'occhi”
“Mi sembra di aver già fatto da bersaglio mobile, Meg, non credo ci sia altro da dire, a meno che tu non abbia inventato parolacce nuove da rivolgermi”
“Non ho inventato niente e non voglio insultarti. Non voglio litigare, vorrei discutere civilmente, credi sia possibile?”
“E' una trappola, vero?” le chiedo e nel frattempo mi immagino proprio la scena di me che mi presento a un ipotetico appuntamento e dopo pochi minuti di attesa vengo aggredito dalle mie due ex sbucate dal buio del vicolo (perché nella mia fantasia l'appuntamento è a notte fonda in un vicolo fumoso e poco raccomandabile), armate di mazze da baseball.
“No, te lo posso assicurare, niente scherzi” risponde proprio come farebbe qualcuno che sta progettando una trappola mortale.
“Scusami, ma non ho capito cosa vuoi da me”
“Vederti, per parlare, chiarirci. Potresti venire da me, magari stasera, che ne dici?” propone e casa sua mi sembra un posto di sicuro più allettante del vicolo, anche se non meno pericoloso.
“E dove sta la fregatura?” insisto con la mia diffidenza.
“Non c'è nessuna fregatura, Mike. Voglio solo... uff, l'altra sera non ti ho dato modo di spiegare, giusto? Ero incazzata perciò... Beh, adesso, a mente fredda, voglio che mi spieghi”
“Cosa ti devo spiegare?”
“Che cazzo mi devi spiegare secondo te? Come stanno le cose, no? Perché ti sei comportato così, cosa provi, se provi ancora dei sentimenti per me o no, insomma, vorrei capire” se mi odia, perché le interessa? Forse non mi odia più così tanto, forse le è passata.
“Quindi non sei più incazzata?”
“No, insomma, non tanto. E comunque dipende da quello che hai da dirmi”
No, di sicuro non è incazzata. E mi sta invitando ad andare da lei stasera, per parlare e chissà, magari per riappacificarci. Praticamente il piano sgangherato di Violet, anche se per sbaglio e in maniera del tutto inaspettata, potrebbe aver funzionato. Anzi, sono sicuro che abbia funzionato, perché se stasera mi vedo con Meg so già come andrà a finire: ci sarà della freddezza iniziale, lei mi farà parlare, poi dirà che mi vuole bene e che vuole solo un po' di chiarezza, io le dirò che anch'io ci tengo a lei, ma ho paura di fare casini e che se vuole possiamo ricominciare da capo, piano piano, frequentarci e vedere come va. Lei ovviamente accetterà e tutto tornerà come prima. In fondo, è quello che volevo, giusto? E allora perché non sono felice? Perché non sto facendo salti di gioia? Perché guardo il mio riflesso nello specchio in cima alle scale e vedo solo una faccia confusa e leggermente infastidita? Forse perché lo stare da solo di questi giorni non mi è dispiaciuto, la libertà di essere ciò che sono, il non dover rendere conto a nessuno di quello che faccio, non dover stare attento alle cose che dico, a come le dico e perché, attento a non far arrabbiare nessuno, a nascondere questa o quella cosa per evitare che venga fuori un dramma ogni volta. Forse perché so che quel vedere come va non sarebbe una fase iniziale, ma durerebbe in eterno, rimarremmo di nuovo bloccati in quel solito limbo, a metà tra lo stare insieme e l'essere amici, comodo per me e scomodissimo per lei, che però se lo farebbe andare bene comunque, chissà poi perché. E io me ne approfitterei, come sempre. O forse perché, in fondo, un po' mi manca Melanie e non ho mai pensato così tanto a lei come in questi giorni, a lei e a come ho sabotato volontariamente l'ennesima cosa bella che mi stava capitando.
“Non so, Meg. Credi davvero sia una buona idea?” tanto lo sai anche tu che finiremmo per parlare poco e risolvere i nostri problemi infilandoci in camera da letto e nel solito circolo vizioso che è la nostra storia.
“Sì, ne sono convinta. Dobbiamo chiarirci una volta per tutte e prendere una decisione, qualsiasi essa sia” ribadisce lei e lo sa perfettamente che io non sono bravo a prendere decisioni, o meglio, ad essere coerente con quello che decido.
“Ok, però mi serve-”
“Ti aspetto stasera allora, facciamo per le sette. Ordiniamo cinese per cena, ti va? Se no prendi qualcosa tu lungo la strada”
“Meg, io veramente... sono molto preso, con le prove eccetera”
“Vada per il cinese allora, tranquillo! Ordino io per te, tanto conosco i tuoi gusti”
“Non so se ce la faccio”
“Ahah ok, ti do un margine di mezz'ora di ritardo, poi comincio a mangiare, ti avviso!”
“Mikey, sei vivo?” l’urlo di Stone mi dà una scusa per riattaccare.
“Scusa, Meg, devo andare, magari ne parliamo un'altra-”
“Sì, ho sentito anch'io il rompicoglioni. Ci vediamo dopo! Ciao” Meg mi saluta e non mi dà nemmeno il tempo di rispondere.
“Chi era?” mi chiede Gossard quando raggiungo di nuovo il gruppo nel seminterrato.
“Mica te ne andrai via prima anche tu?” chiede Jeff con un tono che sa più di minaccia.
“No,” rispondo io che ho già preso, forse per la prima volta in vita mia, una decisione chiara e definitiva “non vado da nessuna parte”
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“Dammi tregua, ho passato tutto il pomeriggio a provare?”
“Provare? Secondo te addormentarsi con la chitarra in mano conta come provare?”
“Finché non la fai cadere...”
Scrivo di getto un dialogo su cui ho finalmente avuto l'ispirazione dopo giorni di blocco. La forma si può aggiustare, ma per lo meno ho trovato qualcosa da far dire al mio personaggio oltre la prima frase, mancava giusto una battuta per dare il via alla conversazione. Non so cosa ne verrà fuori, onestamente non so neanche dove voglio andare a parare con questo raccontino iniziato un paio di giorni fa ed è strano perché, di solito, quando comincio a scrivere qualcosa, ho già in mente tutta la storia dal principio alla fine, almeno a grandi linee. Invece questa sembra più che altro una sequenza di piccole scene, slegate tra loro visto che manca una trama vera e propria, ma unite dalla presenza degli stessi personaggi e delle stesse ambientazioni: praticamente una specie di sit-com. Stranissima anche la totale assenza di mostri, fantasmi, zombie o killer assetati di sangue, almeno finora. Staremo a vedere, per ora è solo una cosina senza senso e senza pretese, ho cataste di blocchi per appunti pieni di storie iniziate e mai concluse, ma servono pur sempre a fare esercizio, no?
Chiudo il quaderno e chinandomi per rimetterlo in borsa assieme alla penna, guardo la vetrina alla mia destra e vedo Eddie dall'altra parte, in piedi con le mani in tasca. Risponde con un cenno del capo al mio sorriso e si affretta verso la porta.
“Eccoti”
“Ehi, ciao... giuro che sono appena arrivato, non ti stavo spiando o cose del genere” precisa appena arriva al tavolo in cui mi sono sistemata per aspettare, indicando la vetrina di fronte a lui.
“Ahah lo so, figurati! Allora, possiamo andare?” mi alzo in piedi, tiro su la borsa da terra appoggiandola dove fino a un secondo fa stavano le mie chiappe e prendo il cappotto dall'altra sedia.
“Certo, io sono pronto se tu sei pronta. Sei pronta? Sono troppo in anticipo?” domanda guardando prima il suo orologio e poi quello sulla parete del locale.
“No no, tranquillo, è già da un po' che sono qui”
“Cazzo, aspetti da molto? Allora sono in ritardo”
“Mmm no, direi che sei puntuale... E' tutto a posto, Eddie?” lo vedo un po' strano, come se fosse di fretta o sulle spine.
“Sì, certo, perché?”
“No, niente...” sarà l'effetto delle prove “A proposito, dove sono gli altri?” indosso cappotto e sciarpa e scruto attraverso la vetrina in cerca delle sagome dei nostri amici “Ci aspettano alla macchina?”
“Gli... gli altri?”
“E sai con che macchina andiamo? Cioè, andate. Perché io preferirei prendere la mia, così se sono stanca me ne posso andare via prima senza guastare la festa a tutti, però dipende” continuo avviandomi verso l'uscita. Perché non voglio fare troppo tardi, anche perché mi sa che sto covando qualcosa, è dalla notte del falò in spiaggia che mi si è riscatenato il raffreddore con tanto di occhio lacrimante, ma mi sembrerebbe un po' ridicolo in fondo guidare la mia macchinina e fare l'asociale se loro prendessero il van dove c'è spazio per tutti; se invece fossero in giro con la macchina di Stone sarebbe già un altro discorso, magari Eddie potrebbe venire con me all'andata. L'unica certezza è che per lo meno McCready e la sua guida spericolata sono fuori dai giochi: ho la vaga sensazione che Mike ci darà buca stasera, anche perché quando Meg si mette in testa una cosa non la ferma più nessuno. Poi va beh, che in questo caso abbia contribuito anch'io a farle mettere in pratica l'idea è un piccolissimo dettaglio.
“Tutti?” Eddie resta un po' indietro, la fretta di prima dov'è finita?
“Dipende anche da dove si va, perché se è lontano devo fare benzina prima” esco nel parcheggio e mi guardo attorno, aspettandomi la solita entrata teatrale a gamba tesa di Stone, ma continuo a non vedere nessuno.
“Uhm no,è vicino...”
“Ma i fenomeni? Sono ancora alla galleria? Devo andare a dirglielo io di muovere il culo?” scherzo con Eddie indicando l'edificio poco lontano, almeno, credo di parlare con Eddie vicino a me, mentre invece voltandomi mi accorgo che è ancora praticamente sulla porta e ha un'espressione indecifrabile.
“NO! Ehm, no, non sono alla galleria”
“Allora arrivano?”
“No, ecco, in realtà... non arrivano”
“Cioè?”
“Cioè, non ci sono, non vengono stasera”
“Come no?”
“Beh, io... a dire il vero, pensavo che...”
“Ci hanno dato buca?”
“Sì, esatto.” ammette dopo un po' di esitazione “Ci hanno dato buca, ci hanno tirato un bidone grande come una casa, Angie, mi spiace”
“Non ci posso credere” mi sento cadere le braccia: allora sono proprio stupidi! Io sono lì a fare opera di convincimento con Eddie, come l'altra sera, cercando di rassicurarlo sul fatto che gli altri lo hanno davvero in simpatia e che ci tengono, che sta nascendo un'amicizia e non escono con lui solo perché è il loro cantante e si sentono in obbligo o solo perché c'è Jeff... e loro che fanno? Per una volta che propone lui una cosa, lo paccano. Mi sembra giusto.
“Beh, avevano degli impegni”
“Immagino... che scuse hanno tirato fuori? E poi tutti impegnati proprio stasera?”
“Jeff ha un appuntamento con la sua ragazza, idem Dave. Poi lo sai che aspettano un bambino, non può cazzeggiare sempre in giro con noi, soprattutto in vista della partenza, se no lei lo cazzia. Giustamente” risponde e infatti Dave non esce molto spesso, anche se da quello che ho capito la fidanzata incinta è solo uno dei suoi tanti problemi. Anzi, la fidanzata incinta forse è una delle poche cose a non essere un problema nella vita di quel ragazzo.
“E Stone? E Mike?” chiedo prima di Gossard, perché Mike è l'unico che sapevo già ci avrebbe bidonati, ma poi aggiungo anche il chitarrista per non destare sospetti.
“Mike... ehm, Mike lavora, invece Stone è rimasto sul vago, comunque ha detto che doveva aiutare una persona con, boh, qualcosa” l'esitazione su Mike è talmente palese che, anche se non sapessi nulla dei piani di Meg, sentirei puzza di bruciato lontano un miglio. Certo che Eddie saprà anche essere molto misterioso, ma allo stesso tempo è un libro aperto, scritto in grassetto maiuscolo.
“Solite scuse del cazzo, insomma”
“Scuse plausibili, dai” ribatte avvicinandosi e raggiungendomi e ora ho finalmente capito cos'era tutto quello stare sulle spine: non era fretta, ma solo imbarazzo. Era imbarazzato perché non sapeva come dirmi che gli altri ci avevano bidonati. O peggio... Merda. E se invece fosse in imbarazzo perché a questo punto si sente ingabbiato in una cazzo di uscita a due non prevista con la sottoscritta? Magari non gli va di andarci solo con me, ma non vuole rimangiarsi l'invito per non offendermi. Che poi io non mi offenderei. Certo, mi dispiacerebbe... anche perché questa uscita era la scusa perfetta per tenermi alla larga da casa e lasciare campo libero a Meg con Mike. E poi ok, c'è anche il fatto che sarebbe con Eddie e che mi piaccia stare con Eddie ormai è assodato. Però posso anche capire che si senta a disagio all'idea, non lo biasimo.
“Quindi che facciamo?” gli offro la possibilità di potersi tirare indietro e rimandare, anche se spero non lo faccia.
“Beh, per me possiamo andare lo stesso, insomma, se vuoi, se per te non è un problema” alza le spalle e mi sorride, mentre si tortura quel mezzo centimetro quadrato di peli che chiama pizzetto.
“No”
“No?” domanda lasciando cadere le braccia.
“No, nel senso che non è un problema, anche per me possiamo andare ugualmente”
“Ah ok! Allora andiamo, però prendiamo la tua macchina, anche perché la mia è a casa mia, cioè, ehm sono a piedi” risponde partendo in quarta verso la mia Mini Cooper.
“Ok, però...”
“Però?” si blocca e si gira di scatto verso di me quando ha già una mano sul tettuccio della macchina.
“Però... non devi farlo solo per farmi contenta. Insomma, non sentirti obbligato solo perché non vuoi rifilarmi un bidone, mica mi offendo, so distinguere tra un bidone da stronzo, tipo quello dei tuoi compari, e un bidone involontario e il tuo rientrerebbe di sicuro nella seconda categoria. Se uno ha in mente un tipo di serata e poi ne viene fuori un'altra non è che debba per forza... Ma che c'è? Perché ridi?” mentre parlo Eddie si appoggia allo stretto cofano della mia macchina a braccia conserte, per poi cominciare a ridacchiare, coprendosi la faccia con la mano.
“Eheheh no, niente. E' che... sei incredibile. E disarmante. Ecco, disarmante è il termine più appropriato”
“Hai bevuto? Ok che non devi guidare, ma non mi sembra il modo migliore di iniziare la serata. Anche se, in effetti, considerando che dovrai trascorrerla con me, berci sopra potrebbe aiutare”
“Non ho bevuto, sono estremamente sobrio e pronto a iniziare questa serata. Con te, se ti va. Ti va o no?” ribatte improvvisamente serissimo e questo cambio repentino di espressione e tono mi fa quasi paura.
“Io-”
“Senza menate, per favore”
“Sì, mi va”
“Ok, perché in tal caso stavo pensando a una panetteria francese a Pike Place Market, ci passo sempre davanti quando vado lì ma non sono mai entrato, e non vedo l'ora di andarci e ora come ora non c'è nessun altro con cui vorrei andarci a parte te”
“Anche perché non c'è nessun altro” scherzo guardandomi attorno e rimediando un'occhiata esasperata da parte di Eddie.
“Dobbiamo fare serata in questo parcheggio o ci muoviamo?”
“No no, muoviamoci, anche perché qua si gela e c'è un caldo e accogliente fornaio che ci aspetta, giusto?” rispondo avvicinandomi alla macchina già con le chiavi in mano.
“Così mi piaci, maestà”
Il viaggio in macchina è divertente e a fatica riesco anche a strappare a Eddie qualche indiscrezione sulle prove. A quanto pare ha scritto un pezzo nuovo, ma evidentemente o non ne è molto soddisfatto o ci tiene da morire perché devo tirargli fuori le parole con le tenaglie, mentre invece la musica è una delle cose di cui generalmente parla a ruota libera. Quando ha conosciuto mio padre, dopo la figuraccia iniziale, non spiccicava una parola, ma poi si sono messi a discutere di chitarre e pensavo di doverlo abbattere per farlo smettere.
“Va beh, la sentirò quando uscirà il disco allora”
“Non lo so, non è detto che ne farà parte, è un po' diversa dagli altri pezzi che dovrebbero andare sull'album... diciamo pure che non c'entra un cazzo”
“Beh, la registrerete da qualche parte, no?”
“Domani la proponiamo a Kelly e sentiamo che dice.” mi risponde e pochi secondi dopo la cassetta che girava nell'autoradio finisce “Oh grazie a dio! Ehm, scusa”
“Ahahah tranquillo, figurati, anche a me non piace tanto quest'ultimo dei Cure. L'ho preso l'altro ieri e mi ha già stufato. E io non sono una purista che deve per forza snobbare un album solo perché è di remix, ho la mente aperta eh, però...”
“Però fa cagare, ammettiamolo”
“Ammettiamolo” tiro fuori il nastro e mi allungo verso il cassettino portaoggetti che sta proprio di fronte a Eddie.
“Aspetta” lo apre per me e io posso lanciarci la famigerata cassetta.
“Grazie” faccio per cercare qualcos'altro, ma non posso distrarmi troppo dalla guida.
“Posso scegliere io?” domanda per poi ravanare fra tutte le cassettine senza aspettare la risposta.
“Ok, fai pure” rispondo mentre penso alla figura che sto per fare se per caso gli capitano per le mani i miei mix più imbarazzanti.
“E questa? E' nuova? Non c'era l'altra volta?” mi volto e vedo che ha pescato proprio quella che non doveva, ma la mia reputazione in questo caso non c'entra.
“L'altra volta? In quale altra occasione hai frugato nelle mie cose?” gli chiedo fingendomi imbronciata, pensando che probabilmente il poverino avrà cercato qualcosa da ascoltare nel viaggio di ritorno dal falò in spiaggia, visto che da svenuta non ero esattamente di compagnia.
“Sono un musicista, sono istintivamente attratto da tutto ciò che ha a che fare con la musica, è più forte di me” risponde, tira fuori la cassetta dalla custodia e fa per infilarla nel mangianastri, ma io lo blocco al volo.
“Ma non puoi essere attratto da questa” gliela soffio letteralmente dalle mani e me la infilo con un rapido gesto nella tasca del cappotto.
“Perché? E' così brutta? Cosa ci può essere di peggio di... Mix disco anni '70?” Eddie legge il titolo su un'altra delle mie compilation da viaggio e non sa che potrebbe dare inizio a un acceso dibattito.
“E allora? Io adoro la disco anni '70, è un problema?”
“No, se la ascolti lontano da me”
“Ahah dai, perché? E' orecchiabile, quasi sempre ben suonata e fa ballare e sognare, non fare l'alternativo”
“Non faccio l'alternativo, è solo che non mi piace, non è il mio genere. Se proprio devi ballare e sognare, allora meglio il rock'n'roll anni '50”
“Ahahah se proprio devi, mi fai morire. Comunque ora ho capito perché vieni sempre da Roxy, è per la musica”
“Sì sì, infatti, è solo per quello, ci hai preso in pieno” risponde ridacchiando.
“Comunque non è una brutta compilation, almeno non credo, modestamente l'ho fatta io”
“Modestamente!”
“E' che non avresti dovuto vederla adesso, diciamo che non avresti dovuto sapere della sua esistenza, voleva essere una sorpresa”
“Una sorpresa?”
“Sì, per te”
“Per me?”
“L'ho registrata per te, un regalo insomma... così la puoi sentire quando vai in California, mentre sei in viaggio ecco, ma anche dopo, cioè, non è necessario che tu sia su un mezzo di trasporto mentre l'ascolti” mi sembrava un'idea carina, ma ora mentre lo dico mi sembra una grandissima cagata.
“Mi hai fatto una cassetta?”
“Già” una cagata mastodontica.
“E'... un pensiero dolcissimo, grazie”
“Prego” per un attimo pensavo stesse per dire è... una cagata assurda, giuro.
“Possiamo sentirla adesso?”
“No”
“Dai”
“Non se ne parla”
“Perché? E' mia in fondo, no? Se volessi sentirla adesso?”
“Non è ancora tua, lo sarà il giorno prima della partenza”
“Stai scherzando?! Vuoi lasciarmi in sospeso fino ad allora?”
“Beh, non manca molto” e mentre rispondo al battibecco penso che effettivamente manca molto poco, ancora qualche giorno e poi Eddie se ne andrà via e per un mese non lo avrò più attorno e mi sento deficiente perché devi essere proprio cogliona per sentire già la mancanza di una persona che in questo momento è ancora qui accanto a te.
“Uff dimmi almeno cosa ci hai messo”
“Scordatelo”
“C'è della disco?”
“Ahahah no, posso anticiparti che quella non c'è”
“Menomale. Anche se in un certo senso ci poteva stare, perché per lo meno ascoltarla mi farebbe pensare a te”
“Oh beh, ti faranno pensare a me anche le canzoni che ci ho messo, fidati”
“La fai sembrare una minaccia”
“Lo è”
Stranamente troviamo quasi subito parcheggio ed entriamo a Pike Place. Mentre camminiamo siamo abbastanza silenziosi, a parte una piccola parentesi in cui Eddie cerca di distrarmi indicandomi un negozio a caso per poi infilarmi una mano nella tasca del cappotto e rubarmi la cassetta. Inutile dire che il suo piano non funziona. Che ci stiamo avvicinando alla nostra destinazione lo capisco dal profumo di pane, di brioches e, in generale, di buono nell'aria, che comincio a sentire molto in anticipo, nonostante il naso tappato, rispetto al momento in cui arriviamo di fronte alla piuttosto anonima insegna. Anche la vetrina non ha nulla che la distingua da quella di una normale tavola calda. Ma è entrando che il locale sfodera tutto il suo potenziale, esplosivo per quanto riguarda me e la mia dieta forzata degli ultimi tempi. L'ambiente è alla mano e accogliente, lungo i lati della sala saltano subito all'occhio vari espositori, colorati dalle glasse dei dolci o dalle verdure fresche delle quiches che vi sono all'interno. Distinguo subito la divisione degli alimenti: a sinistra c'è tutto il salato, a destra il dolce e in fondo il pane; l'area dei dolci è suddivisa in brioches, torte e paste da tutti i giorni da una parte, pasticcini, macarones e biscotti più raffinati dall'altra; alla stessa maniera la zona-salato comprende un espositore a parte dedicato ai formaggi e ai salumi, mentre nell'altro fanno bella mostra torte salate, pizze, baguette di mezzo metro farcite di ogni ben di dio, quadretti di pasta sfoglia altrettanto appetitosi e chi più ne ha più ne metta.
“Questo è il paradiso” commento rifacendomi gli occhi e ci manca solo che schiacci il naso contro il vetro che protegge il cibo.
“Vero? Infatti, mi sembrava carino da fuori, è da un po' che ci volevo venire”
“No, tu non hai capito, non è carino. Questo è il paradiso, sul serio, cioè, io non sono credente, ma se lo fossi e se esistesse un aldilà e se una parte di questo aldilà fosse destinata alle persone buone come premio per la loro condotta terrena, secondo me assomiglierebbe moltissimo a questo. Questo o il video di Safety dance”
“Cosa?”
“Dei Men without hats, hai presente?”
“You can dance if you want to... sì, ho presente la canzone, ma-”
“E poi sarei io quella che ascolta musica di merda” osservo sarcastica.
“Ahah piantala, vai al punto, che c'entra con questo posto?”
“Non c'entra, ma c'entra. Non so se hai mai visto il video di quel pezzo, è tutta un'ambientazione pseudo-medievale, fondamentalmente c'è il cantante che saltella canticchiando e ballando felice lungo un sentiero di campagna, poi qualcuno comincia a seguirlo e andando avanti i seguaci diventano sempre di più, finché non arrivano in paese dove c'è un mega-festone con tanto di albero della cuccagna, gente in maschera, teatro dei burattini, sbandieratori. E tutti ballano gioiosi e senza criterio, cioè assolutamente a cazzo, e tutto sa di molto naturale e liberatorio. E niente, il mio paradiso lo voglio così”
“Beh se ci tieni... possiamo ballare qui se vuoi, possiamo lasciare indietro i tuoi amici” Eddie mi sfotte citando la canzone “però non so se poi ci daranno da mangiare o ci butteranno fuori”
“In realtà sono i nostri amici che hanno lasciato indietro snobbandoci”
“Peggio per loro che si perdono questo paradiso”
“Giusto!”
Alla fine non posso che cedere alle lusinghe ammaliatrici del cibo, anche perché non è che abbia molta scelta. Prendere una semplice insalata equivarrebbe a voler fare la figa e probabilmente sarà anche vietato dalle regole del locale stesso, ma allo stesso tempo non posso certo ingozzarmi, sia perché se no poi Rollins mi fa il culo sia perché non mi sembra il caso di fare ulteriori figure di merda con Eddie, oltre a quelle passate. La verità è che da un lato mi piace mangiare in compagnia, anche perché generalmente te la scegli, quindi si tratta di una bella compagnia, o comunque accettabile, e sono sempre più o meno di buon umore in quei casi e se sono di buon umore ho meno appetito, come se la serenità mi chiudesse naturalmente lo stomaco, che invece si spalanca non appena c'è qualche preoccupazione; dall'altra parte però, sono ugualmente un po' in tensione ogni volta che mangio con qualcuno, specialmente se si tratta di un ragazzo, perché penso sempre a come verrò giudicata in base a che cosa mangio, perché alla fine tutti giudicano, anche se non lo ammettono per gentilezza o ipocrisia: insomma, se mangio tanto il ragazzo ovviamente penserà ecco perché sei grassa, se mangio poco invece dirà ecco, ora vuoi darmi a bere che se sei grassa non è perché mangi! E ovviamente tutto questo dibattito interiore non deve essere minimamente esternato, altrimenti diventi automaticamente la menosa che si fa le paranoie sul cibo e sul peso e i ragazzi non sopportano le tipe complessate, che siano amiche o altro. Alla fine del duello interiore opto per una focaccia con pomodorini, formaggio e verdure miste, mentre Eddie si butta sul panino-baguette gigante, di cui sono obbligata a prendere un pezzo dopo numerose insistenze. E' tutto buonissimo e mentre guardo i quadri che decorano le pareti penso che qua devo tornarci sicuramente a comprare il pane.
“Allora? Che dici, ho scelto bene il posto?” mi domanda Eddie una volta terminato il suo panino, dopo essersi pulito le labbra con un tovagliolo di carta.
“Molto bene, devo ammetterlo”
“Adesso ci vuole un bel dessert” Eddie solleva leggermente il suo piatto e prende in mano la tovaglietta di carta, su cui campeggiano le foto di tre torte e altri dolci vari, per osservarla meglio.
“Mmm non per me, grazie, sono piena”
“Ma dai, figurati, sei piena con una focaccina invisibile?”
“Ma che invisibile, era gigante!”
“E comunque, qualsiasi cosa si mangi, c'è sempre un po' di spazio per il dolce, no?” Eddie si allunga verso di me e mi dà una leggera gomitata sopra il tavolino.
“Eheh beh, in linea di massima sì, ma stasera non mi va”
“Dai, scegli qualcosa” Eddie finge di non sentirmi e mi allunga la tovaglietta come se fosse un menù.
“Scegli per te, io non lo voglio, davvero”
“Va beh, se non lo prendi tu non lo prendo neanch'io” Eddie fa il faccino triste e si riprende la tovaglietta.
“Che c'entra, mica dobbiamo fare le stesse cose, prendilo se ti va”
“Se prendo una fettina di torta e facciamo a metà?”
“Se prendi una fettina di torta e te la mangi da solo, e stop?”
“Uff ma perché?”
“Perché non la voglio”
“Non è vero, la vuoi eccome, ma dici di no” Eddie scuote la testa e mi rivolge uno sguardo molto eloquente: è quello che citavo prima, quello che dice Vuoi farmi credere che sei grassa senza mangiare? Lo so che ti ammazzi di dolci dalla mattina alla sera.
“Beh, wow, grazie per aver saputo interpretare i miei bisogni meglio di me stessa, non sapevo di volere un dolce, menomale che sei arrivato tu ad aprirmi gli occhi!” sputo tutto d'un fiato senza neanche pensarci e quella che in teoria voleva essere una risposta simpaticamente pungente, in realtà viene fuori come un commento ad elevato tasso di acidità.
“Ok... che succede?” Eddie si leva subito l'espressione divertita dalla faccia, sostituendola con una perplessa.
“Niente” mi concentro sulle mie unghie cercando di non sembrare turbata, fallendo miseramente.
“Come niente, sei arrabbiata”
“Non sono arrabbiata”
“Sì invece. Che c'è?” non posso fare a meno di guardarlo perché una delle mani che sto esaminando viene presa delicatamente tra quelle di Eddie e il gesto mi spinge ad alzare gli occhi.
“Se dico di no è no, non vedo perché devi insistere. Mi piacciono i dolci, ma non è che li mangi tutti i giorni o cose del genere. So che... insomma, lo so che a vedere la mia stazza non sembra, ma-” io giuro che non era mia intenzione fare una scena del genere, non volevo farla così lunga, ma il tutto è degenerato da sé e ora non so come uscirne.
“Aspetta, aspetta un momento, senti... non ho idea di cosa tu stia parlando e non so cos'hai capito, io volevo solo offrirti un dolce e ho insistito un po' per dirti di non fare complimenti, perché magari non vuoi farmi spendere soldi o cose del genere”
“Non credo che l'unica implicazione fosse il denaro...”
“E invece sì, perché io non implico e non insinuo niente, non so insinuare, Angie, non ne sono capace. Io mi limito a dire o non dire, se voglio dire una cosa la dico, altrimenti sto zitto. So che ti piacciono i dolci perché li fai e sei anche brava e lo so per esperienza diretta”
“Allora lo vedi che c'era una seconda implicazione? La bravura in cucina” provo a scherzare, ma lui mi sembra ancora molto serio.
“Vorrei fosse comunque chiaro che non ho minimamente pensato a quelle cazzate che tu hai insinuato” Eddie mi stringe la mano impercettibilmente.
“Non erano proprio cazzate”
“E che sei bellissima, sei una delle ragazze più belle che io abbia mai incontrato” Eddie mi libera la mano, fa spallucce e comincia a giocare con il portatovaglioli e io resto interdetta per alcuni istanti. Poi torno in me e cerco di non scoppiargli a ridere in faccia né di venirmene fuori con altre battute delle mie. Come dicevo prima, i ragazzi non sopportano le tipe complessate, non puoi parlare con loro di queste cose perché poi è ovvio che o si scocciano o si sentono in dovere di dirti qualcosa di carino per tirarti su, esageratamente carino nel caso di Eddie, come se la tua autostima fosse nelle loro mani. La cosa migliore è cambiare argomento.
“Che ne dici se prendiamo un éclair invece della torta? C'è anche al caffè”
Alla fine di éclair ce ne spariamo due a testa, al caffé con caramello e al pistacchio, dopotutto se uno deve proprio suicidarsi tanto vale farlo con stile.
“Comunque non ho ancora capito perché hai pagato tu” brontolo mentre camminiamo tra le mille insegne al neon del mercato.
“Forse perché ti ho offerto la cena?”
“Sì, ma per quale motivo? Potevo pagarmela da sola”
“Non posso volerti offrire la cena? E poi ti ho invitata io”
“E che c'entra?”
“Ti ho invitata io, pago io”
“Ah sì? Dove sta scritta questa regola?” borbotto pensando che questa regola è da sempre anche la mia.
“Si fa così, Angie, dai, non rompere e dimmi dove vuoi andare adesso” Eddie mi circonda le spalle con un braccio e per un momento ho pensato stesse per tapparmi la bocca, sfinito dalle mie lamentele. E secondo me in fondo ci ha pure pensato.
“Ti voglio portare in un posto, se è ancora aperto” accelero il passo e assieme a Eddie mi addentro nel labirinto del mercato coperto fino ad arrivare al Rummage Hall. All'apparenza non è niente di che, praticamente non ha neanche una vera e propria insegna, o meglio, ce l'ha ma è minuscola e regolarmente coperta da stand appendiabiti, gigantografie, tendaggi, pendole o qualsiasi altra cosa non abbia trovato spazio nel piccolo negozio dell'usato e sia stata quindi parcheggiata all'esterno, lungo il corridoio.
“Wow, sembra figo” commenta Eddie guardandosi attorno una volta entrati e avvicinandosi a una serie di giacche militari esposte vicino all'ingresso.
“E' uno dei posti più strani che io abbia mai visto, l'ho scoperto un giorno per caso, perdendomi. E ovviamente da allora ci vengo sempre ogni volta che passo dal mercato” rispondo prima di soffiarmi il naso, osservando alcuni quadretti appoggiati su un divano retrò, ma quando mi giro capisco che Eddie si deve essere allontanato a un certo punto mentre parlavo e non ci metto molto a scorgerlo nella sezione dischi dall'altro lato del negozio. Chi l'avrebbe mai detto!
Mi fiondo nel reparto fumetti e trovo anche qualcosa di interessante, ma rimando l'eventuale acquisto a una prossima volta, quando sarò da sola. Non che ci sia niente di male a comprare un fumetto, e dopotutto Eddie l'ha ormai capito di avere a che fare con una nerd, ma per questa sera preferisco evitare. Mi sposto sui libri, dando di tanto in tanto un'occhiata in direzione di Eddie, per vedere che fa, se è ancora lì con la testa china a spulciare vinili e la risposta è sempre sì. Ed è così assorto nella sua ricerca che non mi sembra il caso di andare lì a distrarlo, come se fosse un momento sacro. Preferisco ritagliarmi allo stesso tempo il mio momento sacro tra i libri e lasciarlo in pace. Dopo più di mezz'ora mi stacco dalle parole scritte e vado a dedicare un po' di attenzione a una serie di scaffali pieni di cappelli, borse, cinture e foulard più o meno vintage. Ho per le mani un basco rosso, preso per caso, attratta dal colore sgargiante e non perché mi piaccia particolarmente, quando qualcuno di mia conoscenza mi si avvicina alle spalle e me lo ruba al volo, canticchiando, per poi piazzarmelo sulla testa.
“She wore a raaaspberry beret, the kind you find in a second hand store”
“Beh, in effetti è proprio questo il genere, canzone azzeccata” commento levandomi il copricapo dalla testa e facendo per rimetterlo a posto.
“Prendilo, è carino” Eddie lo recupera dallo scaffale e fa per rimettermelo.
“Ma non ci penso neanche” mi faccio scudo con le mani e filo verso un altro reparto per sfuggirgli.
“Perché? Ti sta bene”
“Figuriamoci”
“Come fai a dire di no se non ti sei neanche vista?” insiste inseguendomi con questo cazzo di cappello, mentre il commesso del negozio ci lancia delle occhiate divertite.
“Lo so e basta, ok? I cappelli non mi stanno bene, in generale” spiego mentre mi fermo di fronte alle vetrinette dei gioielli.
“Ma perché devi sempre buttarti giù così?” il suo sguardo accusatore mi fulmina da un piccolo specchio posizionato a lato dell'espositore.
“No, qui ti giuro che l'autostima non c'entra, è proprio la forma della mia testa che non è adatta”
“Ma stai parlando seriamente?” insiste rimettendomi il cappello in testa “Ecco, guarda come ti sta bene”
“Sì, sembro Grande Puffo sbarbato”
“Pffff” per poco Eddie non sputa sullo specchio.
“O Ronald McDonald, visto il naso arrossato”
“Tanto per cambiare sei raffreddata?”
“Cappuccetto Rosso una volta digerita dal lupo”
“Il lupo non la digerisce, Cappuccetto si salva”
“E' una versione alternativa della favola che ho elaborato apposta su ispirazione di questo meraviglioso cappello”
“Ok, va bene, ho capito, che palle che sei!” Eddie si dichiara sconfitto, mi toglie il cappello e va a rimetterlo a posto, tornando indietro subito dopo “Comunque dici cazzate, perché i cappelli li metti, ti ho vista”
“Perché sono obbligata dal freddo del nord ovest, ma sono consapevole del fatto che non mi donino”
“Ehi quella... non assomiglia alla tua collana? Quella col cigno?” Eddie cambia argomento indicando un pendente nella vetrinetta.
“Più o meno, è un pochino più piccola e cambia leggermente la forma” rispondo toccandomi istintivamente il petto nel punto in cui, sotto il cappotto e il maglione, c'è la collana in questione.
“Quella che ti ha regalato tua madre, giusto?”
“Sì, esatto. Un'altra differenza è che la mia è liscia, non ha tutti quei brillanti, però in generale ci assomiglia...” mi giro verso Eddie che è leggermente più vicino di quanto mi aspettassi e mi guarda in modo strano, come se mi vedesse, ma con la testa fosse da tutt'altra parte “Tu cos'hai trovato invece?” gli chiedo per cambiare argomento, abbassando lo sguardo sul disco dei Ramones che ha avuto tra le mani per tutto il tempo.
“Oh sì, Blitzkrieg '76, è un bootleg, ma è una registrazione fatta da una radio quindi la qualità audio è buona, e il prezzo è praticamente stracciato”
“Allora ho fatto bene a portarti qui” commento sorniona.
“Benissimo!”
Diamo ancora un'occhiata in giro, poi Eddie si dirige verso la cassa e io lo seguo, ma a un certo punto fa una piccola deviazione sulla sinistra e si mette a spulciare fra una lunga fila di magliette e giacche.
“Quello si intonerebbe alla grande con il cappello” gli faccio riferendomi al chiodo rosso fuoco che sta osservando.
“Non mi provocare o te li compro tutti e due” risponde per poi tirare fuori dalla massa una giacca di velluto a coste marrone.
“Ecco quella mi sembra già meglio, anche se per adesso è un po' leggerina. Aspetta, dà a me” Eddie si infila il disco tra le gambe e cerca di togliersi il suo giubbino blu con una mano sola, ma io lo invito a porgermi entrambe le cose in modo che possa provarsi la giacca liberamente.
“Grazie... Ok, per starmi mi sta, che dici?” mi domanda non appena l'ha indossata ed è ovvio che gli stia bene, gli sta da dio, sembra gli sia stata cucita addosso, è perfetta, lui è perfetto, è bellissimo, con quel corpo gli starebbe bene anche un tappetino del bagno con un buco in mezzo per la testa, che ad ogni modo sarebbe già più sobrio di gran parte di ciò che indossa di solito.
“Mmm sì, non è male, direi che approvo”
“E per dodici dollari direi che approvo anch'io” Eddie si sfila la giacca e rimette la sua, puntando stavolta verso la cassa.
“E adesso che vuoi fare?”
“Ti voglio portare in un posto e sono quasi sicuro sia ancora aperto” sghignazza lui, mentre scimmiotta le mie parole di prima.
“Che posto?”
“Tu non mi hai svelato il posto in anticipo, perché dovrei farlo io?”
“Perché tu non me l'hai chiesto, io sì”
“Ahah ottima osservazione, ma non lo farò”
Noto che Eddie mi sta guidando verso l'uscita, quindi deduco che il posto non sia qui a Pike Place e che stiamo tornando alla macchina. Tuttavia quando siamo alla pescheria, dove i venditori hanno ormai finito di lanciarsi coreograficamente il pesce e stanno smontando baracca e burattini vista l'ora, anziché dirigersi verso l'uscita, Eddie gira a destra verso la macelleria di Don e Joe e il negozio di spezie; ci infiliamo proprio in mezzo ai due negozi, saliamo due rampe di scale e ci ritroviamo in un piccolo passaggio anonimo che ha tutta l'aria di essere riservato agli addetti ai lavori, ma che più avanti si allarga diventando un vero e proprio corridoio, illuminato dall'insegna di un ristorante in fondo. Non avrà mica ancora fame dopo quella cazzo di baguette e le due bombe alla crema?! Eddie sembra diretto proprio al ristorante, ma subito prima dell'ingresso del locale gira a sinistra e ci troviamo di fronte a quella che mi sembra un'altra uscita. A questo punto sono convinta mi stia solo prendendo per il culo facendomi girare in tondo senza meta per confondermi le idee, ma non appena usciamo capisco che non è così: non siamo in strada, ma più in alto, siamo sul cazzo di tetto del Pike Place Market! Un pergolato in legno e canne su cui si attorcigliano tralci di vite canadese ci accompagna mentre usciamo in questa sorta di giardino urbano in terrazzo, con numerosissimi vasi di fiori e piante da una parte, alternati a lampioncini, sedie e panchine dalle forme particolari, e quello che sembra un vero e proprio orto dall'altra.
“Che cos'è questo posto?” chiedo ancora stupita, perché in un posto caotico e così profondamente urbanizzato di certo un giardino è l'ultima cosa che ti aspetti di trovare.
“L'ho scoperto un giorno per caso, perdendomi...” risponde sorridendo, per poi riprendere appena lo fulmino con lo sguardo “eheh e ti giuro che non ti sto prendendo per il culo, è la verità”
“Ma si può stare quassù, non ci cacciano? Non è la terrazza del ristorante?” chiedo preoccupata mentre noto tavoli e sedie accatastati in fondo.
“Anche, ma solo quell'area è riservata al ristorante e solo quando fa caldo. Ci si può venire tranquillamente senza spendere un soldo, anche portandosi un panino da fuori, me l'ha spiegato Jeff quando gli ho raccontato dov'ero finito”
“Perché non le condivide anche con me queste informazioni il tuo amico Jeff?” ironizzo avvicinandomi al parapetto del terrazzo e godendomi la spettacolare vista sulla Elliott Bay, il Puget Sound, le luci della città, del porto e dei traghetti di passaggio, e scommetto che di giorno se il cielo è sereno si vedranno bene anche le Olympic Mountains e il Monte Rainier.
“Perché così posso farti queste sorprese e fare bella figura” risponde appoggiando il mento sulla mia spalla, da dietro.
“Facendo sfigurare le mie di sorprese”
“Dici che la cassetta non supera la bellezza di questo posto?”
“Io mi riferivo all'ora passata nel polveroso negozio dell'usato grande quanto un francobollo, tra la cassetta e questo posto direi che è un testa a testa”
“Ho adorato quel negozio, ci tornerò senz'altro. Sappi che sulla cassetta mi sto creando aspettative altissime”
“E fai bene”
“Dovevo portare la polaroid, così potevamo farci una foto, invece l'ho lasciata a casa, cazzo”
“Allora esisti!” esclamo in maniera teatrale alzando gli occhi e un dito al cielo.
“Cretina”
Uno sbadiglio della sottoscritta non appena lasciamo il mercato e ci incamminiamo verso la macchina fa capire a Eddie che ho sonno e che forse è il caso di tornare a casa, e lo fa capire anche a me visto che finora non ho avvertito la stanchezza, che mi è scesa addosso di colpo. Ho anche i brividi, spero sia per il freddo e che non mi stia venendo di nuovo la febbre.
“Potevi andare a casa, avrei preso l'autobus” commenta Eddie guardandomi in faccia nel momento in cui accosto davanti al suo condominio, probabilmente perché ho un aspetto orribile e le mie occhiaie devono aver raggiunto il livello di guardia.
“Tranquillo, ce la faccio, non è poi così lontano Westlake”
“Sì, ma devi praticamente tornare indietro”
“Capirai che problema!”
“Comunque grazie”
“Figurati, non ti avrei mai abbandonato per strada da solo di notte, in balìa dei ladri, specialmente ora che hai finalmente comprato una giacca di un colore normale”
“Eheheh beh io veramente, ehm, io intendevo grazie per la serata, per tutto ecco. E' stato carino, sono stato bene, con te”
“Oh sì, è piaciuto anche a me, è stato... divertente!”
“Già, è stato divertente”
“Ci siamo divertiti”
“Sì”
“Alla faccia di quegli stronzi dei tuoi compagni!”
“Certo, alla faccia loro”
“Anche se non posso fare a meno di pensare che Jeff e Stone ci avrebbero dato grandi soddisfazioni nel negozio dell'usato”
“Sì. E potremmo anche... rifarlo magari? A me farebbe piacere, insomma, uscire ancora, una sera”
“Ma sì, usciremo sicuramente prima che partiate, no? C'è il concerto all'Off Ramp e poi penso siamo tacitamente d'accordo di incontrarci tutti al pub qui all'angolo la sera prima della vostra partenza. Ci potrebbe scappare una capatina al giardino segreto”
“Beh sì, anche... Io però intendevo uscire ancora io e te, e basta”
“Ah ok, non avevo capito... Sì, cioè, perché no?”
“Sempre se ti va. Perché io mi sono trovato bene, insomma, sto bene con te, quindi mi farebbe piacere, poi non so...”
“Ovvio che mi va, certo” quale donna sana di mente non vorrebbe uscire e trascorrere del tempo con Eddie?
“E ti ricordo che mi devi una partita a basket”
“Se è per questo ti devo anche una cena”
“Eheh va bene, ci sto, la prossima volta mi inviti tu e paghi tu, ok?”
“Aggiudicato”
“Notte, Angie”
“Buona notte, Eddie” e mentre gliela auguro, lui si allunga verso di me e mi stampa un bacio sulla guancia un po' più lungo di un normale bacio sulla guancia, ma troppo corto per poter essere interpretato male. Va beh, come se ci fosse qualcosa da mal interpretare!
Resto un po' interdetta, perché Eddie è un amico ma le sue labbra hanno pur sempre toccato la mia pelle e sfido chiunque a restare indifferenti, tanto che quando mi volto verso il lato del passeggero Eddie è già fuori dalla macchina e ha richiuso la portiera. Gli faccio ciao ciao con la manina e riparto a cannone.
“Mm mmm mm mm” mormoro canticchiando mentre salgo i quattro piani di scale che portano al mio appartamento e non so neanche cosa sia quel motivetto che mi è entrato in testa già dalla macchina. Solo quando entro in casa, mentre striscio lungo i muri come un ninja cercando di non farmi intercettare da Meg e Mike e di non interromperli qualsiasi cosa stiano facendo, mi viene in mente di cosa si tratta: è la dodici corde scordata di Wouldn't it be nice dei Beach Boys. Come cavolo mi sarà venuta in mente? Mah, forse l'hanno messa alla panetteria o è passata alla radio mentre eravamo al negozio e non ci ho fatto caso. Appendo borsa e cappotto all'attaccapanni e più mi avvicino alla sala più diventa chiara la voce del Tucano Sam dello spot dei Kellog's Froot Loops, credo sia quello con il leone che fa surf, e penso che se Mike e Meg sono davanti alla tv sicuramente non la stanno guardando, quindi i casi sono due: o si sono addormentati o stanno facendo altro, e in entrambi i casi forse sarebbe meglio che io girassi al largo. Mi affaccio con circospezione, ma la scena che vedo non è nessuna delle due in cui temevo di imbattermi: Meg è stravaccata sul divano, coi piedi sul tavolino, colmo dei resti di una cena cinese, in fissa sulla tv mentre scarta quello che sembra un biscotto della fortuna.
“Ehi Meg”
“Ciao Angie” la mia amica non solo non fa il solito salto di quando appaio a tradimento senza avvertire, ma non fa proprio neanche una piega e nemmeno si volta per salutarmi. Prende il biscotto, lo spezza, prende il bigliettino, lo lancia sul tavolino e s'infila il biscotto in bocca senza neanche leggerlo.
“Lo sai che non sono cinesi in realtà?” butto lì avvicinandomi lentamente e resistendo all'impulso di afferrarle i piedi e lanciarli via dal mio cazzo di tavolino.
“Ah no?”
“No, è tutta un'invenzione americana. Non hai letto Il circolo della fortuna e della felicità? Te lo presto se vuoi” continuo buttando l'occhio sui contenitori di cartone e, una volta accertato che siano vuoti, iniziando a raccoglierli per buttarli.
“Ok” Meg alza le spalle senza levare lo sguardo dalla tv, affonda la mano in una scatola appoggiata sul divano alla sua destra e ne estrae un altro biscotto.
“Tutto bene? Dov'è Mike?” domando prima di buttare il primo giro di pattume nella spazzatura.
“Boh, a casa sua credo”
“Deduco che la cena non sia andata bene”
“No, la cena non è andata proprio, non c'è stata, o meglio, l'ho fatta da sola. Mike non è venuto”
“Come no?”
“L'ho chiamato e gli ho proposto la cosa e mi ha detto di sì, ma poi non si è presentato”
“Ma se ti ha detto di sì, non è che magari ha avuto un imprevisto?”
“Nessun imprevisto, l'ho aspettato e chiamato tutta la sera, mi ha risposto una mezz'ora fa, finalmente, e mi ha detto frettolosamente che in realtà non aveva detto né sì né no e che non gli sembrava il caso. E che comunque non voleva discuterne adesso e mi ha praticamente appeso il telefono in faccia. Io... io non capisco” spiega mentre mastica, mentre io raccolgo sia l'incarto sia il bigliettino che ha lasciato cadere a terra.
“Forse non si sentiva pronto per-”
“No, è proprio incazzato, è arrabbiato con me, lo so”
“Perché dovrebbe?”
“Perché? Forse perché l'ho umiliato di fronte ai nostri amici con l'ennesima scenata delle mie, tu che dici?” Meg mi lancia un'occhiataccia e finalmente tira giù i piedi dal tavolino, io ne approfitto subito per fare piazza pulita degli ultimi rifiuti per poi farli sparire nella pattumiera in cucina, da dove torno con uno straccio e il prodotto per pulire.
“Va beh, la scenata è partita da Melanie, tu ci sei stata tirata in mezzo...”
“Sì, ma io mi sono lasciata tirare in mezzo volentieri. Insomma, Mike avrà i suoi difetti, ma pure io... Devo sempre fargli fare delle figure di merda assurde, era prevedibile che prima o poi si offendesse”
“Senti, magari è così o magari no, può essere che gli serva solo tempo, dopotutto ha appena rotto con Melanie, non dimenticarlo. Insomma, non è che ci siate solo tu e lui”
“Già... va beh, lasciamo stare. Mi spiace solo che tu sia stata in giro a zonzo tutta la sera per niente, se avessi potuto ti avrei avvertita e mi avresti aiutata a finire questo ben di dio. Invece mi sono dovuta sacrificare” commenta accarezzandoci la pancia ed afferrando il telecomando per cambiare canale.
“Tranquilla, ero a zonzo, ma in buona compagnia” la rassicuro mentre strofino con cura il tavolino.
“Cioè?”
“Ho incontrato Eddie che andava alla galleria ed eravamo rimasti d'accordo di vederci con gli altri dopo le prove. Poi hanno paccato tutti, va beh, comunque abbiamo fatto un giro”
“Ah ok, mi sento meno in colpa allora”
“Però mi sento in colpa io, pensandoci avrei potuto fare una telefonata per sapere come procedeva”
“Nah, figurati, non ti preoccupare”
“Va beh, io vado a letto, sento che mi sta partendo il mal di testa” domani gli do un’altra passata al tavolino.
“Tieni, prendi un biscotto. Buona notte” Meg mi porge un biscottino cinese che non è cinese mentre continua a fare zapping.
“Notte”
Mangio il biscotto, tanto ormai la serata è stata caloricamente compromessa, non sarà un po' di farina, zucchero e olio a rovinarmi, mi lavo faccia e denti, metto il pigiama a memoria senza neanche accendere la luce e mi infilo a letto, e mi assopisco pensando all'assurdità della frase riportata sul foglietto dentro al biscotto: Le persone sono naturalmente attratte da te. Beh, se penso che li ha comprati Meg diciamo che tutto ha più senso. Forse stavo già cominciando a sognare qualcosa di confuso, anche se non ricordo cosa, quando una furia bionda carica di energia e di cibo cinese irrompe nella mia stanza accendendo la luce e saltando sul mio letto.
“CREDEVI DI CAVARTELA COSì EH?!”
“Mmm?” mugugno coprendomi gli occhi col piumone.
“Mi meraviglio di te, approfittarti in questo modo della mia momentanea incapacità di intendere”
“Che?”
“Esci con Eddie e me lo dici così? Come se niente fosse?!”
“Perché come dovevo dirtelo scusa?” mi arrendo mettendomi a sedere.
“Beh qualcosa del tipo: ODDIO MEG, NON SAI COS'E' SUCCESSO STASERA! SONO USCITA CON EDDIE! ASPETTA CHE TI RACCONTO TUTTI I DETTAGLI”
“Ma di che diavolo stai parlando? Che dettagli?”
“I dettagli del tuo appuntamento con quel figo di Eddie Vedder, di cosa se no?!”
“Appuntamento? E chi ha parlato di appuntamento? Non era un appuntamento!”
“Ah no? E cos'era allora? Come me lo chiami un ragazzo e una ragazza che escono?”
“Uscita tra amici?”
“Da soli? Per favore, non diciamo cazzate... E hai il pigiama al contrario”
“Non era previsto fossimo da soli, è stato... è stato un caso”
“Guarda un po' che caso”
“Comunque io e te usciamo da sole in continuazione e tra di noi non si è mai parlato di appuntamenti” recepisco in ritardo il significato delle parole di Meg di prima, abbasso lo sguardo e infatti noto che non c'è traccia di Topolino sul davanti della casacca e che dev'essere sulla mia schiena.
“Ma Eddie ha qualcosa che io non ho. E viceversa”
“Ma”
“Qualcosa che magari stasera hai anche visto... o no?”
“MEG!”
“No?”
���Ovviamente no!”
“Uff... un bacetto almeno ve lo siete dato?”
“Certo che no, Meg, anche perché non si è trattato di un appuntamento, come già ti ho spiegato”
“Va bene, va bene, ho capito, non sia mai che tu mi dia un motivo di gioia... E che avete fatto di bello in questo non-appuntamento?”
“Siamo andati al mercato di Pike Place, abbiamo mangiato in una panetteria francese molto buona, devo assolutamente tornarci. Ehm, senza esagerare però, o Henry mi farà correre la maratona a calci in culo per punizione”
“Mmm ok, e poi? E non te lo raddrizzi il pigiama?”
“No. Poi abbiamo fatto un giro per negozi. Oh e Eddie mi ha fatto scoprire un posto di cui non conoscevo l'esistenza: un giardino stupendo sul tetto del mercato, con una vista stupenda su tutta la baia, è vicino all'ingresso, tu non ne sapevi niente? Io ci vado spessissimo e non avevo idea che ci fosse un posto del genere, dev'essere molto carino anche di giorno, un'oasi di pace nel casino della città”
“Allora, fammi capire, un ragazzo molto carino e interessante ti invita fuori, per caso siete solo voi due, ti porta fuori a mangiare francese-”
“Ahah da come lo dici sembra mi abbia portata in un ristorante di lusso, era un cazzo di fornaio”
“... ti porta in una tipica panetteria francese, un posto semplice e accogliente, dal fascino romanticamente esotico, dove ti offre la cena... perché te l'ha offerta, giusto?”
“Beh sì, ma-”
“Ecco, da amico ti offre la cena in un posto romantico, dopodiché ti porta in un giardino segreto con vista mozzafiato a guardare le stelle, sempre da amico ovviamente”
“Certo, perché non si può?”
“Oh sì certo... però un bacetto da amica potevi anche darglielo”
“Meg, ti prego, stiamo parlando di Eddie. Lo sai che siamo amici, amici e basta”
“Sì... e siete anche molto intimi, mi pare, insomma, siete spesso insieme”
“E quindi?”
“Quindi, niente, andate d'accordo, no? E poi...”
“E poi?”
“E poi... non lo dico, se non poi ti lagni che non mi faccio mai i cazzi miei!”
“Direi che su quello ormai non ci sono dubbi, spara e basta”
“Ok. E poi... penso sareste carini insieme. Ecco, l'ho detto”
“L'avevi detto anche di qualcun'altro, ricordi? Io sì e ricordo anche che non è finita benissimo”
“Ma che c'entra? Vorresti paragonare Jerry a Vedder? Eddie è tutto un altro genere, è più-”
“Senti, non mi interessa a che genere appartiene Eddie secondo te, tantomeno a quest'ora. E' tardi, ho sonno e voglio dormire, me lo concedi?” sbotto esasperata, mentre mi asciugo l'occhio colante di sonno e raffreddore col dorso della mano.
“Uff va bene, ti lascio stare. Scusami se volevo parlare di qualcosa di carino per distrarmi dalla mia disastrosa situazione sentimentale”
“Se ti può far stare meglio, è ancora disastrosa anche la mia, non ti preoccupare. Buona notte”
“Notte, Angie”
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“Devo ammettere che sono rimasta piuttosto sorpresa stasera” confesso mentre saliamo i gradini esterni di casa mia.
“Sorpresa in positivo o in negativo?” domanda Stone e io gli rispondo immediatamente, come se davvero avesse dubbi sulla riuscita della serata e io mi sentissi di doverlo rassicurare in fretta.
“In positivo, ovviamente. Per prima cosa la scelta del film”
“Cosa ti aspettavi? Pensavi ti portassi a vedere Terminator o cose del genere?”
“No, però... boh, non so nemmeno io cosa mi aspettavo, forse un film indipendente o qualcosa di musicale”
“La prossima volta ti invito a casa mia a vedere Tutti insieme appassionatamente allora, così, tanto per non deludere le tue aspettative” continua mentre entriamo insieme e nonostante la frecciata non posso fare a meno di sorridere, visto che a quanto pare ci sarà una prossima volta.
“Per me va benissimo. Comunque mi è piaciuto Strade perdute, anche se è piuttosto crudo”
“E' crudo come la realtà”
“Giusto. E il secondo motivo di stupore è che non immaginavo ti potesse piacere il rap”
“Certo che mi piace e Ice Cube è uno dei migliori secondo me, sia con gli NWA che da solo”
“Non l'avrei mai detto conoscendoti”
“Solo perché suono la chitarra non vuol dire che la mia mente sia a senso unico sul rock. E poi lo sai che amo la musica degli anni settanta, i suoi pezzi sono pieni di sample di Funkadelic, Parliament, Sly and the Family Stone, li adoro”
“Soprattutto l'ultimo gruppo per motivi anagrafici” scherzo e a quel punto Stone si blocca, mi guarda e finge di andarsene.
“No va beh, scusa, dopo questa tolgo il disturbo”
“Dove vai? Devi fare il gentiluomo e accompagnarmi fino alla porta” lo acchiappo per il braccio e lo tiro verso di me.
“Va beh, se proprio devo”
“Comunque anche il giro a Gas Works Park è stato carino”
“Va beh, dovevamo praticamente già passarci per arrivare al cinema, ho giusto allungato un pochino la strada. Avrei allungato anche di più se tu non ti fossi scocciata dopo un quarto d'ora”
“Non mi sono scocciata! Non volevo rischiare di arrivare troppo tardi e trovare tutti i film già cominciati, tutto qui”
“Va beh, va beh, per una volta che ho uno slancio romantico tu me lo rovini così”
“Slancio romantico?”
“Sì, lo so, non chiedermelo, non so da dove mi sia venuto fuori, mi sono stupito da solo”
“Vuoi entrare un secondo?” gli domando mentre cerco le chiavi di casa in borsa.
“Quindici minuti al parco, un secondo da te... le tue tempistiche sono sempre così veloci?”
“Ok, io entro, tu fa' come vuoi” scuoto la testa, apro la porta ed entro in casa, accendendo subito la luce.
“Dov'è finita la faccina sorridente?” butto la borsa e la giacca sul divano e mi volto di scatto alla sua domanda, vedendolo ancora sulla porta, col suo sorrisetto del cazzo.
“Che?”
“Il post-it sulla sedia, mi sa che si è staccato ed è cascato per terra” Stone chiude la porta e si china per sbirciare sotto il tavolo.
“Ehm no, il post-it non c'è più... e nemmeno la sedia. Ti va un caffè?” gli faccio con noncuranza mentre prendo il caffè dalla dispensa alle sue spalle e lo metto nella macchina assieme all'acqua.
“Come non c'è più la sedia? E quella cos'è?” chiede incredulo, probabilmente indicando l'angolo incriminato.
“Oh quella? Quella è un'altra sedia, ehm, una sedia nuova, l'ho cambiata”
“Ah sì?”
“Eh già”
“E come mai ti sei improvvisamente decisa?” Stone mi si avvicina appoggiandosi al frigorifero e praticamente obbligandomi a guardarlo.
“Mmm boh, così”
“Così...”
“Sì, alla fine era stupido, l'hai detto anche tu, perché tenersi in casa una sedia inutile?”
“L'hai cambiata perché te l'ho detto io?”
“Ma no, cioè, sicuramente mi ci hai fatto pensare, però-”
“L'hai buttata per me? Questo sì che è romantico” insiste strizzandomi l'occhio e abbassando impercettibilmente il tono della voce, cosa che io ovviamente percepisco benissimo.
“Non montarti la testa, Gossard”
“Uhm sì, chiamami pure per cognome per rimarcare la distanza tra noi ogni volta che in realtà ci stiamo avvicinando”
“Un po' come fai tu con il sarcasmo?”
“Touché, cara, touché. Quindi ora vivi serenamente la tua vita con la nuova sedia?” Stone mi viene più vicino e allunga una mano sulla mia nuca, dandomi una serie di brividi che non passano inosservati.
“C-certo, perché?” rispondo mentre mi accorgo che sta armeggiando con l'etichetta della mia maglia, che probabilmente era in vista e ora è stata risistemata all'interno del colletto.
“Sicura?” domanda e la sua mano si è fermata sulla mia spalla.
“Sicurissima, in fondo è... è solo una sedia, giusto?”
“Giusto. Quindi?” Stone allunga anche l'altra mano verso di me fino ad averle entrambe sulle mie spalle e mi osserva con sguardo apparentemente divertito, mentre inclina un po' la testa di lato in attesa della mia risposta.
“Quindi... quindi la odio!” non posso mentire a quei cazzi di occhi verdi oliva.
“Cosa?”
“La sedia nuova! Perché lo so che è uguale alla sedia vecchia e a tutte le altre, ma... ma è diversa!”
“E' identica alle altre, Grace”
“Ci ho messo una vita a ricreare lo stesso colore per riverniciarla, quello è il massimo che sono riuscita a ottenere” spiego mangiucchiandomi l'unghia del pollice.
“Forse è solo leggermente più lucida perché è più nuova, ma sinceramente è indistinguibile, il colore è lo stesso”
“E non è solo per il colore, anche se fosse del medesimo colore io... ecco io saprei comunque che non è la stessa, che è un'altra sedia, un'estranea”
“Un'aliena!”
“Non prendermi per il culo”
“Eheh non ti sto prendendo per il culo!”
“Infatti ridere in faccia è il tipico atteggiamento di chi non ti prende per il culo”
“Perché non la cambi semplicemente di posto? Così potresti abituarti più facilmente” la fa facile lui.
“Cambiarle posto non risolverebbe nulla, perché tanto saprei dove l'ho messa”
“Lo faccio io! Resta così” Stone mi stringe le spalle, poi mi molla e va verso il tavolo, mentre io disobbedisco e lo seguo con lo sguardo.
“Che vuoi fare?”
“Girati, se no non vale!”
“Vuoi spostare la sedia?”
“Così non saprai mai qual è quella nuova e smetterai di farti paranoie. Dai, voltati”
“Ok...” mi giro non troppo convinta, mentre il caffè è quasi pronto. Lo sento armeggiare e trovo un po' di distrazione nella ricerca dello zucchero e del latte “Come lo prendi il caffè?”
“Con due cucchiaini di zucchero, grazie” risponde e non appena sento il rumore della gamba di una sedia che striscia sul pavimento mi giro di scatto.
“Non ce la faccio”
“Girati, curiosona!”
“Non sto scherzando, fermati”
“Eh?” Stone mi guarda incredulo, con le mani sulla spalliera di una sedia.
“Non ci riesco, non posso fartelo fare!”
“Che cosa?”
“Spostare le sedie! Impazzirei nel cercare di capire qual è quella nuova... non chiedermi perché, ma non ci dormirei la notte. Rimetti tutto com'era, per favore”
“Ma sei seria?”
“Sì, sono seria, serissima! Lo so che sono fuori di testa, ma rimettila dove stava... ti prego”
“Lo farei volentieri... se solo mi ricordassi dove l'ho messa...” Stone si gratta la testa imbarazzato e io sento l'irrefrenabile voglia di tagliargliela di netto con qualcosa di molto affilato.
“COSA?!”
“Ahahah no, stai calma, sto scherzando! Scherzavo!” Stone mi corre incontro cercando di tranquillizzarmi e io faccio per colpirlo in testa con il cucchiaino da caffè.
“Non sei divertente”
“Tu invece sì, mi fai morire”
“Va beh, ok, prendimi in giro. Ma rimetti a posto quella cazzo di sedia” ribadisco puntandogli il cucchiaino sul petto come se fosse un'arma.
“Dove sono finite le tue buone maniere?”
“Rimettila a posto o ti ci cavo gli occhi con questo cucchiaino”
“In realtà... è già a posto, non l'ho toccata. Il mio piano era fare un po' di rumore e lasciare tutto com'era per farti credere di averla spostata”
“Tu sai di essere malvagio, vero?”
“Certo che sì, ne sono consapevole. Tu invece sai di essere tutta matta?” continua avvicinandosi ancora di più, nonostante il cucchiaino sia ancora puntato su di lui e praticamente infilzandoselo tra le costole.
“Personalmente preferisco definirmi eccentrica, suona meglio” replico mollando la presa sul cucchiaino, che cade a terra, mentre le sue mani finiscono sui miei fianchi.
“Siamo due elementi piuttosto singolari, diciamo così”
“Mah, non saprei, tu dopotutto sei abbastanza banale e prevedibile nella tua cattiveria” lo prendo in giro mentre allaccio le mani dietro al suo collo.
“Ah sì? Sono così prevedibile?”
“Eccome”
“Quindi prevedi già cosa sto per fare?”
“Ovviamente”
“E sarebbe?”
“Farmi credere di volermi baciare, per poi buttarti sul caffè, che nel frattempo è pronto”
“Cazzo”
“Ormai ti ho inquadrato, bello”
“Pare proprio di sì... Ora c'è un problema però”
“Cioè?”
“Non posso più fare la scena del caffè perché ormai mi hai sgamato”
“E quindi?”
“E quindi adesso mi tocca improvvisare”
“E co-” non faccio in tempo a chiedergli come intende fare che Stone preme le sue labbra contro le mie a una velocità assurda, dato che quasi non me ne accorgo e mi trovo un po' spiazzata. Quando mi rendo conto di cosa sta succedendo cerco di rispondere partecipando al bacio, anziché rimanere impalata come una statua. Stone a questo punto si stacca da me, giusto il tempo di guardarmi, far salire una mano fino al mio viso e sorridermi, prima di baciarmi nuovamente con passione.
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