#da noi a ruota libera
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Parole a ruota libera con Cesare Pavese:
"Hai meditato a fondo su Dio, Gesù, la natura della realtà, le sue leggi sottese, a partire dai Greci fino ai più recenti filosofi cristiani. E inoltre hai una sensibilità speciale che ti fa entrare in contatto con una coscienza superiore: sei quasi un mistico, che però porta alla luce il proprio lavorio interiore anziché esplodere nella "visione", come accade a coloro in cui i meccanismi psichici restano inconsci, celati a sé stessi.
Sei una di quelle persone che rendono chiaro il significato della frase che "Dio è dentro di noi".
L'intelletto dell'uomo che si sforza di conoscere Dio, è già Dio. Tu accenni alle profonde leggi della realtà e del fato, alla permanenza eterna delle azioni e dei pensieri nell'etere, fai presente il tuo anelito alla dimensione al di fuori del tempo, che è un serbatoio e una sorgente dell'arte, come un grande mistico o un sensitivo che parli con gli spiriti disincarnati. Tu arrivi a noccioli di verità attraverso la ragione e la riflessione, e non per "illuminazioni". Onesto. I tuoi pensieri terreni erano già celesti.
Da ciò che ho letto finora, tu mi sembri più portato alla fede di Leopardi, forse perché la tua intelligenza è più calda, intendo scaldata dal sentimento. Leopardi soffriva di lunghissimi periodi di apatia sentimentale e freddezza, quindi per lui l'assenza di un Dio-amore, paradossalmente, era più sopportabile. Giacché secondo me non è la paura della morte la molla per la scoperta dell'eternità, ma il desiderio d'amore. Gli unici momenti in cui Leopardi, da adulto, parlò esplicitamente dall'aldilà e di un "raggio divino", furono quelli riscaldati dalla speranza dell'amore. E se gli rimase uno sfilaccio di pallida credenza nell'aldilà, fu grazie al pensiero di trovare in esso la sua donna ideale, che ogni tanto balenava nei suoi sogni o fantasticherie. Per il resto, non aveva la minima paura di morire."
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Ieri sera sono finalmente riuscita a tornare a correre dopo un sacco, ne avevo un gran bisogno e sono stata contenta. Come sempre ho pensato assai, questa volta sulla rappresentazione del sé, un mosaico di varie idee alimentate in questi giorni, forse più un caleidoscopio per come si spostavano un passo dopo l'altro, e provo a mettere qualche pezzetto qui nero su bianco, giusto per non lasciare tutto al vento.
Tra una cosa e l'altra erano due mesi che non correvo e ne sentivo davvero la mancanza. Incrociando le dita mi dovrebbe essere passata la tosse e c'è stato anche un calo della temperatura sotto i 30° C e sono uscita in orario dall'ufficio e la mia amica che un anno e passa fa mi aveva chiesto consiglio mi aveva raccontato che aveva cominciato a correre sotto casa in questi giorni e mi aveva fatto salire ancora di più la voglia e insomma la combinazione di elementi era perfetta.
Ovviamente come sempre dopo una pausa manco 10 minuti di seguito riesco a fare, quindi su 6 km ne avrò corsi 5, ma vabbè. Per me quello che conta non è tanto la distanza o la velocità, ma la soddisfazione finale, e quindi sono andata avanti senza troppe remore un po' correndo e un po' camminando, come avevo consigliato di fare anche alla mia amica in effetti. E intanto ho pensato a ruota libera alle varie cose che mi venivano in mente, sulla scia degli eventi di questi ultimi giorni.
Ho pensato al teatro e alla narrazione biografica, dato che ho fatto di recente un regalo legato a entrambe queste cose, e sono pure stata a vedere uno spettacolo pseudo-autobiografico che mi è piaciuto molto. La biografia effettivamente è uno dei generi che preferisco, anche se non è facile a volte capire quanto ci sia di romanzato nelle storie raccontate e non è la stessa cosa se è qualcun altro a raccogliere una storia invece che parlare di sè, ma alla fine tutte le narrazioni e le trasposizioni sono sempre mediate, anche da sé stessi e dal ricordo che abbiamo degli eventi passati, alla fine è comunque una "nostra" interpretazione. Mi sono chiesta quale sarebbe la storia che io racconterei di me stessa, con quale media potrei mai essere in grado di farlo: scrivere e illustrare forse sono gli unici in cui potrei provare, ma ci sono tanti altri modi anche all'interno di questi due campi e credo che non verrebbe mai fuori la stessa storia, non agli occhi di qualcun altro e forse neppure miei. Chissà se un giorno rileggendomi mi riconoscerei, cosa ricorderei, cosa rinnegherei, in quale abisso finirei persa, a volte mi capita con i vecchi diari, anche con i vecchi post, a volte mi capita anche con gli oggetti che mi passano tra le mani quando sistemo le mie cose, fare il trasloco infatti è stata un'impresa emotivamente pesantissima anche per questo.
Ho pensato a quanto sia difficile eppure importante conoscere le storie degli altri, a quanto i monologhi siano un genere che molti non apprezzano, perchè forse ne hanno visti di noiosi e hanno perso fiducia, ma a me piace molto, anche se effettivamente è difficile tenere viva l'attenzione di un pubblico quando sei da solo in scena o quando parli in prima persona per oltre 300 pagine. Ho pensato alle difficoltà che ha incontrato una mia amica, l'autrice del testo teatrale/biografia che ho regalato, nel gestire una carriera "in solitaria" e a quanto sia complicato come mondo quello del teatro e in generale quello dell'arte, dell'espressione artistica qualunque sia il media scelto per dare vita alle proprie creazioni. Siamo in un periodo storico strano e pieno di contraddizioni.
Ho pensato alla buona dose di narcisismo che ci vuole per mettersi in scena e in mostra, paradossalmente in questo momento di sovraesposizione del sé con i social, e quanto ci sia di artificiale e di autentico, in quello che raccontiamo di noi. Un esibizionismo paradossalmente timido, chissà quanto consapevolmente selettivo. Anche ora che scrivo la scelta delle parole è ovviamente soppesata, anche se sto andando abbastanza a ruota libera, tra il ricordo di quello che ho pensato ieri e quello che ne viene fuori ora, sul filo della logica delle frasi e della rilettura prima di pubblicare questi miei pensieri più o meno sparpagliati. Chissà come sarebbe una AI basata sulla mia produzione letteraria.
Ho pensato ai compromessi che facciamo quando ci esponiamo agli altri, in questa narrazione pubblica o semiprivata, ai confronti che siamo disposti ad accettare e a quelli che preferiamo evitarci, o che magari preferiremmo evitare ma siamo comunque costretti a subire.
Non è un caso che io pensi a queste cose nel mese in cui si sono sposati in pompa magna due miei colleghi, ciascuno per conto suo, mentre io sto cercando di capire come organizzare un matrimonio in cui non vorrei invitare nessuno, ma non so come sottrarmi alla pubblica opinione rispetto quello che si dovrebbe fare in questo genere di circostanze e alle reazioni di offesa di parenti vari. Ho pensato anche a questo ieri sera, dopo aver passato qualche minuto online a confrontare modelli e prezzi delle fedi nuziali, giusto per non presentarmi da completa ignorante in gioielleria, per poi sbirciare un paio di articoli random di consigli per una buona organizzazione del matrimonio dei sogni. Io non li ho mai avuti questi sogni, pensavo correndo, l'ennesima cosa generalmente considerata femminile che non mi appartiene, e chissà cosa dice questo di me, chissà se sono sbagliata in qualche senso. Ogni tanto lo penso, mi chiedo se ci sia qualcosa che non torna, poi mi dico che non importa, rispetto a tante altre cose che sono, che faccio, che voglio, questo è il genere di cose che non importano. Il femminile, il maschile, sono qualifiche che non importano granché. A me, perlomeno. E se non importano a me, per quanto riguarda me stessa va bene così. Però ogni tanto mi devo fare un appunto mentale, perchè è facile dimenticarlo e tornare nel dubbio. L'autostima va coltivata costantemente, mi dico, a costo di sforare a volte nel narcisismo.
A prescindere dal maschile e dal femminile e da qualsiasi attribuzione più o meno anacronistica, comunque, l'idea del matrimonio mi inquieta. Non il fatto di essere sposati, quello sarebbe la parte bella che viene dopo e in cui vorrei già ufficialmente essere e in cui di fatto mi trovo da diversi anni, ma proprio l'evento nozze, l'organizzazione e la programmazione e gli acquisti e gli appuntamenti, mi mettono molto nervosismo. Non fanno per me e vorrei vivere in un modo e in un mondo in cui poter sorvolare allegramente tutto questo e invece sento già lo sguardo altrui sulle mie scelte. Anche quello premuroso di chi vuole il mio bene, eh, anche quello è un poco pesante in questo frangente. Che poi spero di riuscire a fare quello che voglio e non di più, ma intanto mi sale lo stesso il nervoso. Che pazienza. Intanto correre aiuta, al di là delle endorfine, basta incrociare un cane buffo e l'umore si alza e il filo dei pensieri si snoda più leggero.
Alla fine avrei potuto stare in giro anche di più, ma non ho voluto rischiare, e i postumi di oggi sono abbastanza contenuti. Chissà se domani riesco a uscire di nuovo.
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A RUOTA LIBERA
Non credo di essere gay, anche se la cosa non la troverei assurda: mi piace il legame intenso che può legare due persone, anche dello stesso sesso.
Ho avuto una ragazza che, anni dopo la nostra storia, poi si è legata ad un'altra donna e visto che ci volevamo bene, ancora gliene voglio: l'unica cosa che mi dispiace è che la vita ci ha allontanato e non so più nulla di lei. Spero solo che sia felice...
Mi piace la bellezza nelle donne, ma non riesco ad allinearmi al gusto estetico della società dei consumi: qualche chilo in più, qualche smagliatura, i capelli non perfetti (per colore e taglio), cosa vuoi che mi interessino? Io m'innamoro del loro sorriso, dell'intensità del loro sguardo, dei gesti con cui compiono le loro azioni, della loro voce... delle donne, m'innamoro di tutto ciò che mi completerebbe perché assai diverse da me.
Amo fare sesso, ma mai fine a se stesso, perché per me è un completamento del rapporto.
Ieri ho fatto l'amore con lei per quasi due ore, ma se ripenso a quel magico lungo momento, non mi fermo all'orgasmo, o alle posizioni che abbiamo fatto, né tantomeno al compiacimento della mia virilità.
Penso a lei, a come ci siamo abbracciati, a come ci siamo svestiti, alla confidenza e alla fiducia che ci unisce. Il sesso tra noi è sempre magia, ma non è mai l'unica cosa che ci unisce.
Oggi ho ancora voglia di lei, ma non necessariamente per farlo ancora. Oggi M.C. mi ha cercato (e toccato) spesso, S.C. anche (in modo più smaccato) e altre colleghe pure, anche se in modo più soft...anche se oggettivamente non capisco perché: sono tutt'altro che bello e socialmente poco appariscente. Eppure il brutto anatroccolo che è in me (...), non le cerca, non le asseconda.
Sono stanco: tra sesso e lavoro, alla fine ieri ho perso quasi due chili. Avrei bisogno di un lavoro normale, di una vita normale...
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La programmazione di Rai 1, domenica 9 marzo 2025, prevede due eventi molto attesi. Si inizia alle 14:00 con "Domenica In", condotto da Mara Venier, che offre interviste e momenti di leggerezza. In questa puntata, ci sarà un omaggio a Mino Reitano, con la partecipazione della moglie Patrizia Vernola e delle figlie Grazia e Giuseppina. Vittorio Cecchi Gori racconterà la sua carriera come produttore cinematografico e ricorderà Eleonora Giorgi, recentemente scomparsa. La musica non mancherà, con Brunori Sas e Clara che si esibiranno con nuovi brani dopo Sanremo 2025. Anche Serena Dandini presenterà il suo nuovo romanzo "C’era la luna". Infine, Tiziana Panella e il marito, Vittorio Emanuele Parsi, condivideranno la loro esperienza personale dopo un malore improvviso che ha colpito lui. Subito dopo, alle 17:00, andrà in onda "Da Noi a… Ruota Libera", condotto da Francesca Fialdini. In studio, Paola Barale, Willie Peyote, reduce dal successo di Sanremo 2025, Fabio Canino e Carlotta Fruttero, autrice di una storia su manipolazione. Ameya Canovi, una psicologa esperta in relazioni disfunzionali, sarà presente per discutere temi importanti. Entrambi i programmi saranno visibili su Rai 1 e anche in streaming su RaiPlay, sia in diretta che on demand. Questo pomeriggio promette di essere coinvolgente e ricco di emozioni per il pubblico.
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[✎ ITA] People - RM : Right People, Wrong Place, Q&A Esclusivo | 05.12.2024
People Magazine | 05. 12. 2024
RM Ci Spiega Perché Volesse Essere Completamente Sincero ed Onesto nel Suo Nuovo Documentario — e Cosa Significa per i BTS
Intervista ESCLUSIVA __ di Mackenzie Schmidt
RM è noto tra le/i sue/oi fan per la sua franchezza. Per dirla nel gergo del 2024, potremmo definirlo (con affetto) uno yapper [*chiacchierone].
Qualità, questa, che spesso delizia le/gli ARMY (il fandom dei BTS) e probabilmente tiene sul chi vive il management del gruppo. RM, infatti, è solito sfogarsi con le/i fan riguardo le sue difficoltà personali e professionali attraverso estemporanee dirette streaming a tarda notte, per poi parlare delle problematiche affrontate dalla sua generazione, a livello globale, alle Nazioni Unite. Condivide idee e spunti ispiranti come se non potesse proprio farne a meno — finendo anche occasionalmente nei guai per aver svelato inavvertitamente dettagli ancora segreti riguardo le future attività di gruppo.
In RM : Right People, Wrong Place – il nuovo documentario del rapper nonché superstar del K-Pop (in uscita il 5 dicembre) che tratta la creazione del suo secondo album solista, Right Place, Wrong Person – ampiamente acclamato dalla critica – l'artista è più diretto e sincero che mai. E, per la prima volta, sembra sereno con se stesso a riguardo.
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"Ci sono state molte istanze nella mia vita in cui non ho saputo o potuto essere completamente sincero", confida il trentenne RM, ripercorrendo le origini di questo progetto in un'intervista esclusiva con PEOPLE. "E ora che ho parlato più apertamente di queste cose, non so come la prenderanno le/i mie/i fan o il pubblico in generale, ma volevo condividere con loro la mia storia. Ci tengo ad esprimere appieno ed onestamente la mia storia... e vorrei riuscire ad essere più sincero, più me stesso."
"Con il gruppo, abbiamo sempre trattato molto l'importanza di amare se stessə ('Love Yourself')", prosegue menzionando la serie omonima di album dei BTS – il cui titolo sembra implicare una sorta di missione e dichiarazione, da parte del gruppo, volte ad incoraggiare l'autostima e l'amor proprio. "Ma per poter veramente amare noi stessi, è fondamentale essere il più onesti possibile con se stessi."
L'album – rilasciato a maggio 2024, e il documentario – la cui prima si è tenuta, a ottobre, in occasione del Busan international Film Festival, sono stati creati nel corso di 8 mesi – nella finestra temporale tra l'annuncio, nel giugno 2022, della pausa dei BTS (affinché i membri potessero lavorare ai loro progetti solisti e adempiere al servizio militare obbligatorio) e l'arruolamento dello stesso RM, nel dicembre 2023.
Senza la costante vicinanza dei suoi altri 6 membri, e in assenza dei tanti impegni che l'hanno sempre visto correre a tutta birra verso i progetti futuri, RM (Kim Namjoon) appare rilassato, schietto, spesso e volentieri introspettivo e talvolta gioiosamente smarrito.
Diversamente dai documentari solisti rilasciati dai suoi compagni di gruppo, il film del leader dei BTS non include performance live delle sue tracce, perché l'album è uscito dopo l'inizio del servizio militare. Questo dà al progetto un'aura vagamente insulare, quasi opprimente, nel mostrare al pubblico gli alti e bassi nonché le ondate di entusiasmo e dubbi, di ottimismo e apatia sperimentate dall'artista.
È un progetto realizzato insieme ad un collettivo di musicisti e produttori, tra i quali spicca il collaboratore più prominente, ovvero il direttore artistico San Yawn, ed il pubblico avrà modo di vedere RM alle prese con nuovi generi e sonorità — nonché ritmi più lenti e rilassati che, come spiega, gli hanno permesso di operare veramente a ruota libera per la prima volta nei suoi 10 anni e passa di carriera.
"Sono un vero maestro quando si tratta di alti e bassi", scherza nel documentario. "Sono veramente un fenomeno quando si tratta di andare a tutto gas per poi fermarmi di botto, senza mezze misure. Ma credo l'esperienza come leader dei BTS mi abbia aiutato a tenere un po' questi miei aspetti sotto controllo. Ciò che mi ripeto sempre è di concentrarmi e trovare un equilibrio... ma anche quel mio lato più emotivamente volubile è decisamente rappresentativo della persona che sono. Che cosa posso farci, dunque?"
Ma anche quando lavora a progetti solisti, RM ha sempre in mente i BTS e ciò che li aspetta quando torneranno a riunirsi come gruppo nel 2025.
"Sono certo che quest'opportunità d'essere completamente libero e sincero avrà un'influenza positiva sui BTS, quando il gruppo inizierà a lavorare al nostro prossimo capitolo artistico", condivide nella nostra intervista esclusiva.
"Sono convinto che tutto accada per un motivo, e credo di essere avviato nella giusta direzione. Credo che tutto questo e le nostre esperienze recenti non potranno che riflettersi positivamente sulle nostre attività di gruppo, quando torneremo insieme", aggiunge. "È così che vivo, consapevole del fatto che realizziamo veramente quanto preziosa sia una cosa solo dopo averla persa, e che non possiamo lasciarci un'esperienza alle spalle senza prima averla provata. Quindi questo è ciò che sto facendo, provando a togliermi questo dente e soddisfazione."
Quando i BTS erano ancora agli inizi, il nome d'arte di RM significava "Rap Monster (Mostro del Rap)", ma successivamente l'artista ha preferito trasformarne il senso in "Real Me (il Vero Me stesso)", ovvero un nome che sovrintendesse le sue tante diverse identità: rapper, idol, cantautore, filantropo, collezionista d'arte, leader e, occasionalmente, girovago.
Verso la fine del documentario, RM guarda dritto in camera e dice, "Credo sia la prima volta dopo tanto tempo che sono finalmente e realmente me stesso.”
⠸ Ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ TWITTER / X
#Seoul_ItalyBTS#TradITA#ITA#Traduzione#Intervista#BTS#방탄소년단#RM#김남준#Q&A#People#RightPeopleWrongPlace#RightPlaceWrongPerson#DocuFilm#051224#Youtube
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Brigitte Vasallo

Non si tratta di quante persone ci sono nella coppia, ma del ruolo che occupa nella società e di come quel ruolo non sia frutto di una scelta libera. Il pensiero monogamo ci organizza gerarchicamente, mettendo al centro quel nucleo e creando una graduatoria che lascia indietro altre forme di legame. La coppia diventa la nostra identità. Ed è in competizione con il fuori. Deve essere meglio di tutto il resto. Anche la nazione si costruisce così, genera un ‘noi’ riproduttore come il noi della coppia, che nasconde le disuguaglianze interne e dice che quello che siamo è meglio di qualsiasi altra cosa. Tutto il resto è un potenziale nemico che ci dissolverà.
Brigitte Vasallo, scrittrice, ricercatrice e attivista femminista, è nota per la sua critica all’islamofobia di genere, al purplewashing, all’omonazionalismo e al concetto di monogamia come costrutto del capitalismo.
Il suo lavoro ruota attorno ai meccanismi di costruzione dell’alterità, con particolare interesse per la differenza sessuale e la scomparsa delle epistemologie contadine.
Nata a Barcellona nel 1973, è figlia di contadini galiziana, emigrati prima in Francia e poi in Catalogna.
Ha vissuto per molti anni in Marocco, esperienza che le ha consentito di acquisire la prospettiva del pensiero egocentrico e coloniale egemonico della società occidentale.
Tiene conferenze in tutto il mondo e collabora regolarmente con diversi media.
Già titolare della cattedra Mercè Rodoreda di Studi Catalani all’Università di New York, è docente del Master in Genere e Comunicazione dell’Università Autonoma di Barcellona.
È stata l’ideatrice del Primo Festival della Cultura Txarnega a Barcellona.
Tra i suoi libri tradotti in italiano ci sono Pornoburka (2020), Per una rivoluzione degli affetti. Pensiero monogamo e terrore poliamoroso (2022) e Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe (2023) che è stato finalista del Premio Inge Feltrinelli.
Il suo lavoro analizza l’intersezionalità tra razzismo e misoginia, con particolare riferimento a come colpisce le donne musulmane. In tal senso, denuncia il purplewashing e il pinkwashing, in sintesi, come il femminismo e i diritti LGBTI sono strumentalizzati per giustificare la xenofobia, cessando di essere fini a se stessi.
Nel testo Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe ci mostra i limiti di un approccio che cerca facili soluzioni al problema del linguaggio che universalizza ed esclude, mostrandoci le difficoltà di una vera contro egemonia all’interno del sistema in cui viviamo. Indaga su quali rinunce in termini di autenticità e dissidenza sono imposte a chi tenta di accedere alla produzione culturale a partire da condizioni di povertà e oppressione. Si chiede, ancora, se sia davvero possibile prendere parola senza che il pensiero universalista basato sul binarismo riduca a “subalterno” ciò che vorrebbe essere divergente.
Lo stesso sguardo disincantato e critico attraversa Per una rivoluzione degli affetti, nel quale ci mostra la pervasività di un sistema escludente anche in ambito relazionale, mostrando come la monogamia sia un costrutto figlio dell’occidente capitalista, mostrando le possibilità di un approccio diverso per un mondo diverso, per una radicale rivoluzione nelle relazioni, che siano sessuali, familiari o comunitarie.
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Carlo Costa chi è? La toccante storia del suo cane Thor/ “È la mia guida e la mia ispirazione”, raccontato nel programma Da noi ... a ruota libera, Rai1, 31 marzo 2024
Carlo Costa chi è? La toccante storia del suo cane Thor/ “È la mia guida e la mia ispirazione” Carlo Costa chi è? La toccante storia del suo cane Thor/ “È la mia guida e la mia ispirazione” https://www.ilsussidiario.net/news/carlo-costa-chi-e-la-toccante-storia-del-suo-cane-thor-e-la-mia-guida-e-la-mia-ispirazione/2684223
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Carolyn Smith, 'mai vergognarsi della malattia, ma combattere'
“Ho la disciplina della ballerina e all’intruso dico: ‘Hai sbagliato persona, io ti combatterò fino alla fine. La tua”. Icona di Ballando con le stelle, Carolyn Smith si racconta in una lunga e intensa intervista a Francesca Fialdini nel corso della puntata di Da noi… a ruota libera dove torna a parlare soprattutto della sua battaglia contro un tumore al seno, diagnosticato nel 2015. La…
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30 ott 2023 16:01
“IO SONO QUASI ALLA FINE. HO 86 ANNI, MOLTI PIÙ DI TE. TU DEVI VIVERE MOLTO ANCORA” – IL COMMOVENTE MESSAGGIO DI VANESSA REDGRAVE PER FRANCO NERO CHE SCOPPIA IN LACRIME ALLA TRASMISSIONE “DA NOI… A RUOTA LIBERA”: “MIO CARISSIMO. PENSO OGNI GIORNO A TE. NON CI VEDIAMO SPESSO, AVREI VOLUTO VEDERTI MOLTO PIÙ SOVENTE, MA HO I POLMONI CHE NON FUNZIONANO BENE, COME SAI. ABBIAMO SEMPRE PROVATO A FARE DEL NOSTRO MEGLIO E CI SONO STATI…” - VIDEO -
VIDEO: FRANCO NERO PIANGE A "DA NOI... A RUOTA LIBERA"
Estratto dell'articolo di www.repubblica.it
Come assistere ad una grande storia d’amore in diretta tv. Emozioni, commozione e vere lacrime nella trasmissione Da noi...a ruota libera su Rai1 regalate al pubblico da due grandi del cinema, Franco Nero e Vanessa Redgrave, che dopo tanti anni si amano ancora. Franco Nero è ospite di Francesca Fialdini per raccontare la sua storia cinematografica quando a sorpresa interviene��la grande attrice inglese Vanessa Redgrave, suo grande amore. "Franco, penso ogni giorno a te. Sono quasi alla fine, tu meriti di vivere ancora per molto...".
Lui scoppia a piangere. […]
Franco Nero e Vanessa Redgrave si conobbero nel 1967 sul set del film Camelot e fu amore a prima vista: la coppia ha avuto un figlio, Carlo Gabriel, ma la relazione è destinata a terminare poco dopo. Seguono matrimoni e nuovi amori. A 40 anni di distanza, il ritorno di fiamma nel 2006, tenuto inizialmente segreto e poi rivelato al grande pubblico tre anni più tardi.
[…] Un paio di anni fa l'attrice aveva spiegato il loro rapporto a distanza: lei tra una casa nella campagna inglese, “dove non c’è connessione e quindi per lavorare devo andare a Londra”. Mentre Franco “continua a lavorare in vari film e gestisce ancora un orfanotrofio sulle colline poco fuori Roma (si riferisce al Villaggio Don Bosco di Tivoli, ndr), cosa che fa da prima che lo conoscessi. Io invece ho una piccola compagnia cinematografia con mio figlio Carlo, e non è facile trovare sempre i finanziamenti necessari. Anzi, è sempre la cosa più complicata”.
Nonostante la distanza fisica e le difficoltà i due restano molto uniti ancora oggi. Tanto è vero che l'attrice con il suo videomessaggio profondo e appassionato ha lasciato di stucco l'attore: "Mio carissimo. Penso ogni giorno a te. Non ci vediamo spesso, avrei voluto vederti molto più sovente... ma ho i polmoni che non funzionano bene, come sai. Abbiamo sempre provato a fare del nostro meglio e ci sono stati momenti favolosi... davvero fantastici! – prosegue Vanessa Redgrave – io sono quasi alla fine, ho 86 anni, molti più di te! Tu devi vivere molto ancora... Ti raccomando caro mio... carissimo mio! Ti voglio tanto tanto bene".
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La mia è stata una Vacanza in Toto.
Una settimana di Piacere Puro:musica ,buon cibo ,bel mare e soprattutto Bella Gente.
Mia madre ha preparato per me e ho potuto godere ,ancora una volta, della buona cucina dai sapori familiari e genuini: Rigatoni alla carbonara, Spaghetti alla San Giuannin, lenticchie condite , granetti con composto di uova sode ,tonno ,maionese ,sale e pepe, friiselle con datterini olio origano e sale ,agnello arrostito, bistecca con friggitelli ....
Mio padre è mattiniero e alle ore 7 00 eravamo pronti per andare in spiaggia....Libera o abusivamente occupata ,era Splendida sempre ...al mattino il colore del mare si confondeva con quello del cielo e l aria fresca ben si sposava con una spiaggia ancora sfollata di turisti....
Gabriele era ben disponibile e puntualmente lo ammiravo sotto i miei occhiali da sole mentre ci trivellava l'ombrellone nella buca di sabbia e mi apriva, con un solo scatto, il lettino ....un bellissimo Moro dagli occhi grandi, forse adulato dalle donne anche non malintenzionate come me 🤣
Marina di Pescoluse è incantevole ma confonde😁.... risiedevamo a Salve marina, scendevamo al mare a Posto Vecchio dopo aver parcheggiato a Morciano e ,la sera ,passeggiavamo a Torre Vado😸
Io adoro Pino Daniele e una sera abbiamo fatto tardi per una Cover in piazzetta tra gli odori della Paranza e quello degli Hamburger, fast food e ,in lontananza,una Ruota Panoramica sempre in movimento e seggiolini danzanti nell' aria a ritmo di musica.
Di Tutto e sopra Ogni Cosa ,non dimenticherò nessun volto .....nessuna persona conosciuta da Salve a Pescoluse passando per Santa Maria di Leuca: Luigi e Giannina del Ferrarese ; i nostri vicini romani , Alessandra e Domenico; Zeno ,un indiano dagli occhi sinceri e puliti; i ragzzi dei gonfiabili ; il professore indiano ; Saverio il Giramondo e poi.......
Lui.....unico ....Alesassane Senghor.
Voglio soffermarmi a parlare di questo ragazzone dalla pelle color cioccolato. Alasassane,per noi Alessandro, passava di là con la sua pila di cappellini sulla testa e le muscolose braccia contornate da pinzoni, mollettoni e bandane colorate , tutte le mattine....tu ti aspetti che possa insistere ,che possa farci tenerezza e dispiacere ...per chissà quale nostra stupida motivazione; ebbene no! Alasassane ci ha preso il cuore per le sue Parole e il suo grande sorriso sincero di denti bianchi e perfetti . Il nostro gigante buono si fermava per conversare con la gente non solo per tentare di vendere le sue Cose....si fermava a parlare con noi....di tutto ...
Una mattina fa una Metafora: "Dio è un albero e noi i suoi Rami , tutti diversi e tutti uguali. Non importa il nome del Dio a cui crediamo . È Uno . Uno soltanto."
Poi ....l indomani ripassa e parla di sé: Alessandro ha due mogli , è di Gambia . È spiritoso. Ci parla degli effetti afrodisiaci dell' aglio e del potere che esso ha sulla coppia ....ma ..,..devono mangiarlo entrambi
😁.
Alasassane ci saluta emozionato e dice che non ci scorderà.❤️










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Stefano Fresi ha chiesto alla compagna Cristiana Polegri di sposarlo in diretta tv
DIRETTA TV 22 Maggio 2023 Proposta di matrimonio in diretta tv per Stefano Fresi che, ospite di Francesca Fiadini durante Da noi a ruota libera, ha chiesto alla compagna Cristiana Polegri di sposarlo: “Le nozze entro il 2024”. 26 CONDIVISIONI Romantica proposta di matrimonio in diretta tv durante Da noi a ruota libera, il format di Rai1 condotto da Francesca Fialdini. L’attore Stefano Fresi…

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Nell'apocalisse delle immagini di guerra, nell'uragano di dolori e torti che ci massacrano l'anima già devastata da due anni di epidemia, questa di cui parlo qui è cosa talmente piccola che quasi mi vergogno a scriverne. Lo faccio quindi con gli occhi del miope, dell'autocentrato: insomma, perché è stato un pezzo importante della mia vita. E, professionalmente parlando, il più importante, fino a meno di due anni fa.***Nel cortile di via Colombo, sede della Repubblica e dell'Espresso, ci sono delle macchinette del caffè. È lì che ci si incontrava tra colleghi e si chiacchierava delle cose ufficiose, quelle che poi - quasi sempre - diventavano vere. Ed è lì che un giorno ho saputo che la Fiat ci voleva comprare.È un esperienza strana, «essere comprati», chi l'ha provata lo sa. Ti senti un po' una pecora in un gregge che viene pesata e poi passa da un padrone all'altro. Capisci che succedono cose molto più in alto di te, tra miliardari felpati, che impatteranno sulla tua vita senza che tu possa fare assolutamente niente. In un giornale però c'è qualcosa di più, visto che produce informazione, inchieste, opinioni. Non ti chiedi solo quale sarà il tuo destino personale. Ti chiedi anche quanto sarà più larga o più stretta la mordacchia. Perché, come ovvio, nessun giornale che abbia un padrone è privo di mordacchia; la questione è solo quanto è stretta o larga, insomma qual è il margine di indipendenza e di libertà. ***Diciamo la verità: era assai lasca e di fatto impercettibile quella mordacchia quando a capo della baracca c'era il Principe, come veniva chiamato Carlo Caracciolo. Insomma, si era sostanzialmente liberi. Uomo di mondo, gran viveur, sempre divertente e divertito dalla vita. Il giorno in cui fui assunto all'Espresso – era la fine del 2002 – passai per il vaglio di prammatica del colloquio nel suo ufficio, anche se ormai era cosa fatta, grazie a Daniela Hamaui. C'erano dei quadri alle pareti con cui avrei sistemato un paio di generazioni di Gilioli e questa fu la prima, stolta, cosa che pensai. Lui guardò distrattamente il mio curriculum e fu incuriosito dai quattro anni alla direzione di un mensile: «Ah lei ha fatto Gulliver. E cosa ne pensa del nostro Viaggi, l'allegato a Repubblica?», mi chiese. Ora, l'allegato in questione era abbastanza pessimo. Con le foto degli uffici stampa, nessun inviato, pezzi scopiazzati dalle guide turistiche, per non dire delle marchette. Ero imbarazzatissimo. Me la cavai con un codardo «Beh, secondo me ci sono margini di miglioramento». E lui: «Ma no! Dica pure che l'abbiamo fatto alla cazzo di cane!». E giù a sghignazzare.Insomma, decisamente non era il tipo che intimidiva. Il resto del colloquio fu un cazzeggio a ruota libera, con qualche bel ricordo suo di quando era stato partigiano. O di quando un'estate su un taxi accaldato passò per caso da Melito, e lui mezzo addormentato vide il cartello e sobbalzò, «ma io sono il principe di Melito!», e il taxista preoccupato: «Dottò, le accendo l'aria condizionata eh?».Comunque, mi sono sentito accolto. E in una bella squadra.E sempre più in una bella squadra mi sono sentito pochi giorni dopo, alla festa di Natale in via Po. Che lo stesso Caracciolo faceva ogni anno, ma per me era la prima volta. Nel conoscere i colleghi, avevo la percezione di essere a bordo di quella che Scalfari chiamava “vascello pirata”. Dove noi marinai di vario grado venivamo da tutte le sinistre possibili - liberali o comuniste, moderate o extraparlamentari, laiche o cattoliche e così via - ma eravamo tutti parte di uno stesso progetto, libero e non impaurito da nessun potere politico o economico.Non voglio raccontare un quadro idilliaco. I cazzi amari poi c'erano, come dappertutto. Così come i brutti ceffi, le guerre di scrivania, le ambizioni personali, le vanità (quelle non mancano mai, nel nostro mestiere di narcisi frustrati, almeno fino a una certa età). Eppure idilliaco sembra, al confronto con quello che è successo poi, senza che questo sia uno scherzo della memoria.***La deriva non è avvenuta in un giorno. Come tutte le derive, in effetti. Il Principe morì nel 2008. L'Ingegnere - cioè Carlo De Benedetti - divenne direttamente presidente, da cauto azionista che era. Le feste di Natale finirono subito e come amministratore delegato arrivò una signora gentile che però sedeva già in tre o quattro importanti consigli di amministrazione. Iniziò insomma l'aziendalizzazione, l'intreccio con i poteri di fuori. Nel quotidiano, il pass magnetico per entrare e uscire, la polizia privata che in via Po non si era mai vista e che nel palazzo di via Colombo invece è la prima cosa che vedi.Attorno a noi, intanto, si cominciava a vedere anche un'altra cosa, assai peggiore, cioè il piano inclinato della carta stampata, che iniziava a essere divorata dalla crisi strutturale che ben conoscete - allora non era così chiara a tutti, in verità, specie nella sua velocità. Comunque, servivano nuove strategie - questo era evidente - ma nessuno sapeva dove andarle a pescare.Non so se è anche per questo che nel 2012 l'Ingegnere regalò il gruppo ai tre figli, tutto passava sempre sulle nostre teste. Ad ogni modo rimase alla presidenza, per un po', anche se noi non se ne aveva più notizia. Poi a un certo punto tutto andò in modo abbastanza rapido, tra ondate di prepensionamenti, voci di cassintegrazione, tagli di borderò ai collaboratori, insomma il senso di paura.Uscito dal Corriere, il gruppo Fiat entrò con una quota di minoranza, portando in dote La Stampa. Era il 2016. L'anno dopo uno dei figli dell'Ingegnere, Marco, divenne presidente al posto del padre. Un giorno venne a trovarci in redazione, fu cortese nell'ascoltare il lavoro che facevamo, ma era palesemente disinteressato. Alle redazioni, ai giornali, all'editoria. Nessuno conosceva le sue opinioni politiche, anche se tra noi si scherzava su quelle della moglie, del giro Santanché. Comunque, mai più visto né sentito. Si era in un limbo. Ma la direzione era abbastanza chiara e portava dritti a Torino, al gruppo privato più grosso d'Italia, insomma al cuore dell'establishment economico italiano, all'azienda che da sempre privatizzava i profitti e statalizzava le perdite, che quindi ci avrebbe comprato come merce di scambio con la politica e con il capitalismo di relazione italiano. E così nel 2019 il “vascello pirata” era già diventato il tender di casa Agnelli. Torino ho scritto, ma il nostro nuovo padrone tecnicamente era una finanziaria olandese, insomma la cassaforte all'estero per non pagare le tasse. Mica male per noi dell'Espresso, quelli delle battaglie civili.Scalfari scrisse un editoriale in cui disse che andava tutto bene. Il “Fundador” è sempre stato molto bravo nel convincersi che è giusto ciò che gli conviene - e non gli conveniva far casino, a 95 anni poi. E comunque non poteva disconoscere il figlio anche se questo era diventato il contrario di quello che lui in età meno senile aveva voluto. Ma noi gli si voleva bene lo stesso, in fondo senza di lui non ci sarebbe stato niente di tutto quello di cui sto parlando.***I Fiat boys atterrarono da Torino alla Garbatella con le loro cravatte blu, il profumo di Penhalingon's e l'aria di quelli che “qui non capite un cazzo, ma adesso ci pensiamo noi”. Come amministratore delegato Elkann mise uno dei suoi yesman, un Carneade dell'editoria ma fedelissimo al sistema di potere Exor. Poco dopo la nomina, questo tizio convocò le direzioni dei giornali del gruppo nella sala riunioni all'ultimo piano, Elkann non c'era ma intervenne in audio. Non ricordo nemmeno che cazzate disse, ma era il solito aziendalese di maniera, le sfide del futuro, lo sbarco nel digitale e bla bla bla. Ricordo solo tutti questi direttori e vicedirettori - quorum ego, sì - in piedi ad ascoltare il padrone in religioso silenzio. Fantozzi non è stata un'invenzione, diciamolo.Ah, a quell'imbarazzante cerimonia, a quel bacio della pantofola, non era presente Carlo Verdelli, il direttore di Repubblica, che pure era il più importante tra noi, per ruolo. Eccellente giornalista e uomo di sinistra, Verdelli era stato chiamato un anno prima dai De Benedetti che sulla direzione di Repubblica avevano già fatto un bel po' di pasticci. Esonerato Ezio Mauro poco prima che superasse Scalfari per anni di direzione - cosa che gli diede un bel po' di fastidio - gli azionisti avevano chiamato in via Colombo Mario Calabresi, proprio dalla Stampa. Pieno di idee innovative e digitali sul futuro ma assai poco presente in redazione e sull'oggi, Calabresi aveva quindi peggiorato l'emorragia di copie già rotolante per conto proprio. Sicché i De Benedetti a un certo punto pensarono di affiancargli un pazzo creativo che poi era il mio direttore all'Espresso, Tommaso Cerno, a cui non difettavano né le ambizioni né l'intelligenza. Ma Cerno era convinto di andare lì a comandare, insomma a fare le scarpe a Calabresi, il quale evidentemente non era d'accordo, quindi venne fuori un casino al termine del quale, tre mesi dopo, un bel mattino Cerno lasciò il suo cappotto firmato sulla poltrona di condirettore per scappare in garage da un ascensore laterale e diventare senatore renziano. Oh: non è un'iperbole, il dettaglio sul cappotto abbandonato dalla fretta di andarsene, qualche collega lo fotografò e fece girare l'immagine, tra le nostre risate alla solita macchinetta del caffè.Comunque, dicevo, fatto il pasticcio Calabresi e poi quello Cerno, a un certo punto i De Benedetti decisero di tagliare la testa al toro chiamando Carlo Verdelli, curriculum straordinario e grande artigiano dei giornali. Però, appunto, era anche uomo di sinistra, e quindi la prima cosa che fecero gli Agnelli appena arrivati fu cacciarlo. Lo fecero nel giorno in cui doveva morire, secondo le minacce che aveva ricevuto dall'estrema destra. Con l'eleganza del padrone senza peli sullo stomaco, lo stile Fiat.A Repubblica arrivò Maurizio Molinari. Non devo dirlo io, chi sia: lo vedete da soli, se ancora comprate Repubblica. Non mi va nemmeno di raccontare troppo nel dettaglio l'imbarazzo - la vergogna - che provavo nel vedere come stava trasformando un giornale che un tempo era stato aperto a una sinistra plurale e libertina: ogni giorno di più ridotto a megafono del potere economico, con sbandate continue verso le peggiori destre americane e israeliane. E poi: le censure a Bernardo Valli (a Bernardo Valli!), le firme dei neocon e degli ex ministri di Berlusconi, il misto continuo tra cialtroneria e fake news, giù giù fino alle liste di proscrizione di Riotta. Il tutto nel perdonabile silenzio della redazione, perché quando uno tsunami devasta il tuo settore di mercato i rapporti di forza sono tutti sbilanciati dalla parte del padrone, ognuno è terrorizzato dai suoi destini personali, non è il momento delle battaglie collettive, se siamo in troppi per favore licenziate il mio vicino di scrivania e non me. ***Ma a quel punto, per fortuna, me ne stavo già andando. Solo fortuna, nessuno è eroe e abbiamo tutti bisogno di uno stipendio per i figli.Ogni tanto l'ho sentito, il mio ex direttore all'Espresso, Marco Damilano, in questi mesi. Poche cose e nulla che meriti di essere reso pubblico. È un uomo con la schiena diritta, il suo editoriale di saluto - straordinario - è sul sito dell'Espresso. Cita Aldo Moro, a un certo punto: «Questi giorni hanno dimostrato come sia facile chiudere il mercato delle opinioni. Non solo non troverai opinioni, ma neppure notizie».Questo è il motivo per cui me ne sono andato, in effetti. Lui invece, quando ero ancora lì, mi diceva che dovevamo provarci: «Perfino Berlusconi, nel mangiarsi la Rai, lasciò il Tg3 alla sinistra», mi diceva. E voleva spiegare ai nuovi padroni che anche a loro conveniva avere una voce dissenziente, anche a loro conveniva coprire un'area di mercato diversa da quella dell'ammiraglia. “Resistiamo”, mi rispondeva su WhatsApp quando, ormai lontano da Roma, gli chiedevo come andassero le cose. E finché ha potuto lo ha fatto. Ma gli Agnelli si sono dimostrati meno tolleranti o meno furbi di Berlusconi. Oggi anche lui ha smesso di resistere.Dell'Espresso ora vorrei che restasse almeno il ricordo di un giornale che ha aiutato a emancipare l'Italia. Di un giornale che ha combattuto grandi battaglie civili e sociali per spingere il Paese un po' più in là - e che lo ha fatto finché gli hanno permesso di farlo.
Alessandro Gilioli
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