#cuscini per poltroncine
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PL36
Progetto di ristrutturazione di un appartamento su due livelli a Verona, vicino a Castelvecchio. I clienti, una coppia di giovani avvocati con tre figli, hanno chiesto agli architetti di rinnovare l’appartamento con pavimenti in legno e trovare spazio agli arredi contemporanei e ad alcuni oggetti di famiglia che avevano collezionato. La casa era stata ristrutturata in varie fasi negli anni 80 e all’inizio degli anni 90, il lavoro principale è stato selezionare e valorizzare i vari interventi che si sono susseguiti alleggerendo lo spazio e cercando di farne un racconto. È stato di ispirazione il testo di Gio Ponti il "Manifesto della Casa adatta" del 1970 delinea alcuni punti che sono stati spunto per il progetto: Non dobbiamo adattarci noi a una casa generica ma è la casa che deve adattarsi a noi. 1. La casa adatta è un modo di pensare all’abitazione in modo versatile per farne espressione della nostra individualità culturale. 2. Abbandonare gli schemi di locali segregati collegati da anticamere, corridoi e porte, 3. Non più muri davanti agli occhi, non più spazi maggiori o minori ma avere grande respiro e vedute interne più profonde L’ampia zona giorno è stata mantenuta il più libera possibile con lunghe viste prospettiche sugli altri ambienti, lo spazio è caratterizzato dal parquet a spina francese con lunghe plance in rovere naturale. La zona giorno è delineata in due aree living dalla scala in acciaio inox e legno che porta alla zona notte al piano notte mansardato. La prima zona living ha un ampio divano su misura realizzato in legno laccato nero e cuscini di velluto azzurro e crea uno spazio conviviale con gli oggetti di famiglia e le luci vintage, sul secondo living, più raccolto e familiare, domina il camino esistente rivestito su disegno in marmo calacatta corchia. Sempre su disegno i coffee table in marmo sono stati realizzati con lo stesso materiale delle lastre usate per il camino.. Un intervento che ha permesso di valorizzare la cucina è una citazione a Carlo Scarpa e all’ingresso Brion: è stato aperto nel volume chiuso della cucina che era relegata a mero spazio di servizio un’apertura circolare che desse un visuale incorniciata verso il tavolo da pranzo di Scarpa prima separato dalla stessa. La cucina bianca e monolitica a penisola anch’essa in marmo è illuminata da un lampadario in vetro soffitta e ottone di MENU TR BULB A SOSPENSIONE, accostamento nordico agli altri pezzi di design presenti nella casa. Il tavolo da pranzo Doge di Carlo Scarpa per Cassina in acciaio spazzolato e vetro è illuminato da una sospensione circolare ZIRKOL – C PLUS by Nemo lighting e vive insieme alla cucina diventando spazio conviviale. È stato usato anche nei bagni della zona notte il marmo, dato che a Verona è presente un distretto di lavorazione dei marmi e dei graniti di eccellenza. Alcuni spazi ed elementi di servizio come i bagni e il camino sono diventati il motivo per impiegare alcuni elementi di rivestimento marmoreo come l’Alba e lo statuarietto, scelti dagli architetti insieme ai clienti dalla lastra al disegno fino alla posa. La zona notte nello spazio mansardata ha un secondo salotto che porta alle camere e ai bagni in cui è stato impiegato un marmo statuarietto, in questo piano si è scelto di posare il parquet in rovere a correre. La camera da letto è Illuminata dalle IC lights di Michael Anastassiades e si affaccia su un terrazzino a pozzo con vista sui tetti di Verona. Arredi / Furnishing Divano Lowland di Moroso by Patricia Urqiuola, lunghezza 3,05 circa. Coppia poltroncine Silver Lake, Moroso by Patricia Urqiuola. Tappeto Gun, Gandia Blasco bianco e nero. Tappeto manga (calza) Gun, Gandia Blasco by Patricia Urqiuola, lunghezza 4 mt. Lampada Arco Flos by Castiglioni. Lampada vintage piantana acciaio cappello rosso. Lampada vintage struttura acciaio con palla di vetro. Specchio vintage bordo dorato Lampada vintage cubo acciaio con quadrati plastica. Tavolino in marmo su disegno Comodini vintage con specchietti camera matrimoniale, con lampade vetro bianco opaco Muuto. Sedia Dondolo Vitra giallo ocra vintage Sedie cinema recuperate vintage Piattaia antica (cucina) Sedie in legno BD15 su disegno di co.arch studio Luci / Lights FLOS Silver vintage E27 wall lamp ARCO LED di Achille and Pier Giacomo Castiglioni, 1962 per FLOS MENU TR BULB LAMPADA A SOSPENSIONE in Ottone design Tim Rundle LAMPADA A SOSPENSIONE ZIRKOL-C-PLUS by Nemo Lighting Piantana IC Flos grande ottone by Michael Anastassiades Lampada da tavolo IC Flos ottone by Michael Anastassiades Lampada da tavolo Bilia per Fontanarte design Gio Ponti. Architetti co.arch studio / Giulia Urciuoli e Andrea Pezzoli https://www.coarchstudio.it/ https://www.instagram.com/co.arch.studio/ Photos by Diambra Mariani https://www.diambramariani.it/ SU ARCHIPORTALE https://www.archiportale.com/news/2022/02/case-interni/verona-lo-studio-co.arch-cura-il-restyling-dell-appartamento-pl36_87340_53.html
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Turning Seventeen
[...] La penombra domina l’atmosfera: le fonti di luce sono esclusivamente candele e lumicini fluttuanti che creano giochi di chiaroscuri insieme alle foglie degli alberi, appena più abbondanti nella zona dei tavoli per permettere agli ospiti di cenare e fare conversazione. Dallo spiazzo centrale si dipartono poi quattro sentierini acciottolati, due per lato, che si tuffano per una quindicina di metri nella vegetazione: querce rosse, abeti e ginepri, alcuni dei quali disposti in grossi e stravaganti vasi, colorati, a mosaico, oppure semplicemente tazze e bicchieri engorgiati. Ogni viottolo conduce a una piccola radura erbosa, ciascuna con il suo balconcino dalla pietra ondulata che si affaccia sulla città, appena più appartata e connessa a quella attigua da passaggi tra vasi, tralicci e fusti. Qui le candele illuminano appena, a mo’ di lucciole, mentre cuscini e piccole poltroncine in vimini appese ai rami offrono punti di seduta e un po’ ovunque sono piegati e appoggiati soffici asciugamani. Infatti, in ogni piazzola silvestre vi è una pozza d’acqua trasparente, un corollario di calde piscinette naturali dove chiunque possa farsi il bagno a gruppi di due tre. La musica, più forte nello spazio centrale e più attenuata man mano che ci si allontana, pervade l’atmosfera, risuonando probabilmente da grammofoni nascosti.
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TRINA RINASCIMENTO secolo 800 Davantino ottocentesco in trina rinascimento (manuale)- può essere applicato su cuscino decorativo in seta moireè da appoggiare su divano o poltroncine (alto antiquariato) 10 Info: [email protected]
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Regalo di compleanno
“Possano i viaggiatori trovare la felicità ovunque vadano, e senza sforzo possano realizzare ciò che si sono prefissi, e arrivati a riva sani e salvi possano essi riunirsi con gioia ai loro famigliari”. dal film Sette anni in Tibet
– Ehi, bimbo: ci stai augurando buon viaggio o buona morte?
Era un giorno estivo, ma uno di quelli che per meritare tale attributo dovevano presentare ricorso in tribunale; infatti pioveva ininterrottamente e non accennava a concedere pause. Scese acqua per tutta la mattinata e Sheila dedicò le prime ore alla pulizia della sua nuova casa; appena prima di mezzogiorno era passata alla fase “restauro personale„, che occupò il tempo di una sauna e di un rituale molto pittoresco, che pomposamente chiamava “manicure„; dopo pranzo fu la volta dell’ora di malinconia: i più famosi motivi strappalacrime di tutti i tempi ascoltati in posizione semi sdraiata, davanti allo spettacolo della pioggia che cerca di avere la meglio sulle piante del giardino... «C’è di che farsi prendere dalla depressione.» Pensò, notando l’ennesima sbavatura di smalto su un’unghia della mano sinistra; pigramente si sollevò dai cuscini ai quali s’era appoggiata e con passo malfermo raggiunse un baule, il rimasuglio della sua vecchia soffitta, e lo aprì.
L’affascinante oggetto d’arredamento, fonte di sogni di un’infanzia passata tra cugini-pirati e amici-viaggiatori-nel-tempo, non riservava più alcun mistero: lo aveva riempito di cianfrusaglie, per lo più non gradite; regali di compleanno imbarazzanti o assolutamente inutili; gioielli rotti; pezzi di una collezione mai completata; una vestaglia in pseudo-seta avvolta nel cellophane, un Manuale primario di esercizi chaki... Scrutò l’oggetto interdetta. Da dove diavolo saltava fuori? Lo aprì e vi trovò una dedica: “Per quando dovrai ricaricare le tue energie positive. Tua zia Lori„. Oh, certo: la zia “New Age„! non si stupì di averlo rimosso, anche fisicamente, dalla memoria; quando l’aveva ricevuto, doveva averlo ritenuto un’offesa alla propria intelligenza... Così, quando si ritrovò a leggere il libro, vestita della vestaglia che aveva ritrovato nel baule, nella stanza più New Age della casa (cioè la sauna), pensò d’aver toccato il fondo.
Saltò a piè pari i ringraziamenti e le note biografiche sull’autrice, evitò la prefazione e senza rimorsi si lasciò alle spalle l’introduzione, per immergersi completamente nella materia:
ESERCIZIO 1
“Questo esercizio, care amiche, vi permetterà di entrare direttamente a contatto con una nuova dimensione...
Distendetevi in posizione supina, con le braccia lungo i fianchi e le palme delle mani aderenti al pavimento, per mantenere il contatto con la Terra, fonte prima delle energie Nohj, e rilassatevi. Rilasciate i muscoli dei piedi e delle gambe; ponete particolare attenzione nel distendere i muscoli facciali, compresi quelli dell’arco sopracciliare.
Quando avrete raggiunto la posizione perfetta, inspirate secondo la tecnica kfej e al momento di espirare, pronunciate un monosillabo dal suono ricco e concentratevi sulle onde sonore che si propagano dal cavo orale al ventre, alla punta dei piedi, e seguitene il moto inverso, fino al capo.
N.B. Una volta raggiunto l’encefalo, dovrete sdoppiare il movimento: la mente umana, infatti, è divisa in due emisferi che reagiscono in modo diverso. L’esercizio riuscirà meglio quanto più sarete in grado di percepire tale differenza...„
Piccata per il fatto che il manuale si riferisse esclusivamente a donne, si soffermò sull’ultima frase, notando che l’accostamento di un concetto astratto bislacco a una notazione anatomica fosse quanto mai fuori luogo. D’altra parte non era in grado di dire cosa fossero le energie Nohj, per non parlare della respirazione, ma decise che per quello sarebbero bastati respiri profondi di diaframma; per quanto riguardava le onde, la sua sterminata immaginazione avrebbe fatto il resto. Evitò di leggere lo scopo dell’esercizio, «Tutto quel che ne ricaverò sarà un bel sonnellino rilassante».
Scelse tra i monosillabi consigliati dal manuale l’OM, antica parola religiosa, “di grande carica spirituale„, assicurava l’autrice. Si distese e nella pace della stanza si rilassò con l’OM. Trovò gli armonici adatti, poi rifletté sulle onde che si propagavano nel suo corpo, che giungevano alla sua testa... e lì si bloccavano. Nel momento in cui avrebbe dovuto sdoppiare la percezione del suono, perdeva la concentrazione: un ostacolo nell’ipotalamo deviava la sua attenzione, collegando le eteree onde sonore a quelle spumose di una risacca su una spiaggia tropicale. Cercò di convincersi che il suo “io„ si stava fondendo con la natura, che era tutt’uno con essa, una sola luce, un’entità inscindibile... ma servì a poco: quando pensò a “luce„, s’immaginò una scintilla nei meandri del cervello, una spia pulsante... e lì, dannazione, il flusso si fermava. «Calmati! Riprova con più tranquillità... concentrati!». Il monologo interiore peggiorò la situazione. La calma la abbandonò del tutto; muggì un OM rabbioso e spinse a tutta forza l’ostacolo in mente... ed esso esplose in una luce abbagliante, pulsante al ritmo delle molli onde emesse dalle sue labbra, un suono ricco, ipnotico, liquido. Era abbacinata, stordita da ciò che la sua mente aveva provocato. Aveva smesso di concentrarsi, ma l’eco continuava ronzante nelle sue orecchie... con qualche stridore. Spalancò gli occhi. Era sdraiata su una spiaggia tropicale, con i piedi in ammollo in limpide acque oceaniche e attorno a lei svolazzavano gabbiani, in quello che pareva essere un cielo serale.
Si sollevò sui gomiti e sbatté le palpebre più volte per scacciare una fastidiosa macchiolina verde che le danzava dinanzi alla pupilla, residuo del bagliore precedente. – Benvenuta! – Una voce alle sue spalle la fece trasalire: si volse di scatto, ma il braccio su cui fece perno scivolò improvvisamente e Sheila si trovò a baciare la candida sabbia, come un naufrago la desiata sponda. L’uomo che aveva parlato poco prima scoppiò a ridere, una risata breve e a fior di labbra, con i denti serrati. «Idiota» pensò Sheila, cercando di levarsi i granelli di spiaggia dai capelli e dal viso e di recuperare la dignità che pensava di dover dimostrare in pubblico. Appena sollevò lo sguardo sull’uomo, dimenticò ogni risentimento: era un giovane di carnagione scura, d’aspetto atletico, luccicante nella luce del tramonto come una statua di bronzo, i capelli cortissimi gli incorniciavano la testa e una chiostra di denti puri gli illuminava il viso. E apparentemente lo copriva solo un gonnellino, che cadeva dall’altezza dell’ombelico alle cosce. «Devo essermi addormentata decisamente di schioppo», pensò, alzandosi sugli avambracci. Quando s’era voltata l’uomo aveva smesso di ridere, e ora avanzava verso di lei, porgendole una mano gentile per aiutarla a rialzarsi, poi, come per rispondere alle domande che le affollavano la testa, proseguì:– No, non è un sogno. Ora ti spiego.
La accompagnò fino a una capanna tra le palme che delimitavano la spiaggia e la fece accomodare su un’amaca proprio davanti all’entrata; Sheila prese subito ad ondeggiare, continuando a rimirare Aab (così aveva detto di chiamarsi?), senza prestare in verità molta attenzione a ciò che diceva – ... succede che i desideri a volte si avverino, se pensati con molta concentrazione. Basta trovare la chiave giusta per accedere a questa dimensione... Devi avere freddo, e io mi sono permesso... – fece un ampio gesto con la destra e Sheila si vide avvolgere da una morbidissima coperta, abilmente spiegata da un secondo ragazzone, d’aspetto simile ad Aab e con un sorriso splendente, nonostante il sole fosse ormai oltre la linea dell’orizzonte. Questa volta si rizzò a sedere, guardandosi attorno, scoprendo così che di uomini da sogno ce n’era almeno una dozzina, tutti sorridenti e discinti che accendevano lampioncini appesi a capanne, della cui esistenza non si era neppure accorta. Nuovamente guardò Aab:– Non vorrei deluderti, ma non credo proprio d’aver sognato una cosa simile.
– No? – la risposta le parve neanche tanto velatamente ironica – Non hai mai desiderato, nelle giornate di pioggia, di startene su una spiaggia tropicale, affollata di aitanti giovani – e a queste parole indicò i compagni – che magari smaniano per te sola?
– Sì, – ammise, cercando di indovinare dove stesse la fregatura. Improvvisamente s’illuminò – Il libro di mia zia! Era un gadget speciale di un centro vacanze e questa è una proiezione olografica...
Aab parve offendersi:– Assolutamente no. Questo posto è reale e non so di che libro o zia parli... – Sheila ebbe un brivido «Ma dove sono finita? ». L’altro invitò premurosamente due ragazzi a condurla all’interno della capanna, dove non avrebbe sofferto più il freddo. Ora Sheila era francamente terrorizzata: tutte le sensazioni che provava erano troppo vivide per essere fasulle e se non stava sognando, se era tutto vero, evidentemente qualcuno s’era introdotto in casa sua, l’aveva trovata addormentata e l’aveva rapita... e a giudicare dai discorsi che faceva, quel qualcuno non doveva avere tutti i venerdì. Si tranquillizzò un poco guardando l’interno della capanna, che era molto più confortevole di quanto si fosse immaginata: c’erano corrente elettrica e poltroncine imbottite di cuscini e da una porta aperta sul retro poteva scorgere una vasca scavata nel pavimento; un letto azzurro occupava un piano rialzato e lì la lasciarono i suoi accompagnatori. Nonostante la preoccupazione, s’addormentò di sasso.
Il risveglio fu alquanto confuso, ma appena Sheila recuperò lucidità sufficiente per ricordarsi che non era a casa, uscì dalla capanna per scoprire chi stesse schiamazzando a quell’ora del mattino, se non erano i figli dei vicini. I giovani incontrati di sfuggita la sera prima stavano giocando allegramente nell’acqua; appena la videro, la invitarono ad unirsi a loro. Sheila rispose con un cenno della mano, «Col fischio.» e ritornò verso il suo rifugio, imbattendosi in Aab sulla porta:– Ben svegliata, mia cara ospite. Il tuo sonno è stato privo d’affanni?
– Sì, – grugnì lei, chiedendosi dove quel tipo avesse imparato formule così leziose – e questo è strano: non ricordo né di aver sognato, né di essere stata disturbata da insetti.
– Non è strano, – puntualizzò l’uomo facendola accomodare su una poltroncina – è che qui le zanzare non c’importunano mai; quanto ai sogni – si strinse nelle spalle – forse eri troppo stanca per farne.
Sheila accavallò le gambe riflettendo su quelle parole, poi s’accorse d’avere un’urgenza maggiore:– Cosa c’è per colazione? – Il sorriso di Aab parve allargarsi:– Pranzo semmai: è quasi mezzodì. – Sheila non fu affatto contenta di udire questo; la possibilità d’essere stata drogata le si presentò alla mente, ma non si sentiva indolenzita in nessuna parte del corpo; qualunque cosa avessero usato, non lasciava tracce. L’uomo proseguì:– Forse prima preferisci fare qualche tuffo in acqua...
– Non ho il costume. – Balbettò la ragazza, sentendosi sempre più a disagio.
– Provvediamo subito. – Schioccò le dita e avanzarono due ragazzi che trasportavano sulle spalle, come una preda di caccia, un bastone dal quale pendevano costumi da bagno di varie fogge e taglie. Sheila si ritrasse di fronte a tanto allarmante disponibilità:– Ora che ci penso – disse in fretta – avrei bisogno d’un bagno, uno vero intendo, prima di fare qualsiasi altra cosa; è mia abitudine. Quindi... – Si mosse verso il retro della capanna, ma la premura di Aab la batté ancora una volta: egli la seguì dappresso e prima ancora che lei riuscisse a serrare la porta del bagno, le era già di fronte a suggerire un’alternativa così allettante che non avrebbe potuto rifiutare.
In verità accettò più per paura di restare chiusa da sola in una stanza con quello che ora le pareva palesemente un maniaco, che per reale voglia di provare “il tonificante massaggio d’una polla termale„, che per lei aveva solo un irritante puzzo di zolfo. Per fortuna la vasca naturale era circondata da lastroni di roccia che offrivano riparo da sguardi indiscreti e Sheila vi s’immerse con relativa tranquillità, ma non vi rimase a lungo. Quando ne uscì si rivestì d’un costume in due pezzi color porpora con screziature dorate e s’allacciò alla vita un lungo pareo in tinta. Per pranzo accettò solo un frutto simile al cocco fresco, che le veniva offerto da un paniere; masticando una fetta di polpa Sheila chiese ad Aab:– Tu sei il capo qui, vero? – Aab scosse la testa e l’altra aggiunse in tono scettico – Comunità d’eguali, allora? – l’altro protruse le labbra, come a ponderare la domanda, poi finalmente s’espresse:– Semplicemente io ti ho vista per primo e la legge dell’ospitalità m’impone di accoglierti e di occuparmi di te, ma se la mia presenza ti crea imbarazzo...
– No, no – mentì Sheila, e proseguì – Vivete di turismo?
– No, – rise – pesca. Se vuoi potrai assistere ad una gara per la cattura dei molluschi domani all’alba.
– «Imperdibile!» E come fate ad avere l’elettricità, se non vivete che di pesca?
Aab la guardò come se gli avesse chiesto come facevano a respirare senza maschera d’ossigeno:– La deriviamo dalle centraline idroelettriche ai piedi della montagna.
– E le avete costruite voi?
Fece spallucce: – Chi altri?
– Per curiosità, come si chiama questo posto?
– Marna.
– E quant’è grande quest’isola?
– Non è un’isola.
– Penisola? – L’altro scosse il capo – Continente? – Sheila si sentì piccola piccola e anche un po’ stupida a fare domande simili.
– No, mia cara, hai davanti a te un pianeta intero.
– Come?! – Rischiò seriamente di strozzarsi col frutto e quando ebbe ritrovato il respiro, pur mantenendo un colorito preoccupante in volto, continuò:– Vuoi dire che non... che questa non è la Terra?!
– Aab strinse gli occhi:– Sei terrestre? Be’ no, questa non è casa tua. È Marna, un mondo dominato dagli oceani e abitato solo sugli atolli della fascia tropicale.
Sheila sentì il bisogno di sedersi:– Com’è possibile? Io non mi sono mossa di casa...
L’uomo unì i pollici, assumendo una posa molto accademica:– Dimmi, non è forse vero che per coprire distanze interstellari occorrono velocità molto prossime a quelle della luce? – Sheila si accigliò pensando ai tunnel iperspaziali appena scoperti e temette di sapere dove sarebbe giunto il ragionamento dell’altro, che intanto proseguiva – ... vero che i pensieri sono in grado di raggiungere tali velocità? e non è forse vero che per pensare si consuma energia? Ebbene: tale energia, se convogliata nella giusta direzione, con la dovuta concentrazione, è in grado di spostare i corpi... il tuo, in questo caso. Non è la prima volta che succede, sai? Che io sappia, altri terrestri sono giunti in passato a farci visita.
– Sicché io con la forza del pensiero mi sarei teletrasportata su un pianeta di villaggi turistici, abitato solo da giovani pescatori che nel tempo libero si dedicano all’ingegneria e all’astrofisica? Non ti offendere, ma...
– Veramente, io non ho mai detto che questo pianeta è abitato da soli uomini: evidentemente con la tua mente hai scelto il luogo opportuno...
– È questo il punto: io non ho scelto un bel niente.
Al suo secondo risveglio su Marna, Sheila era un po’ meno confusa: stando a quel che le aveva raccontato Aab, si trovava su un’isola abitata da giovani allontanati dai loro villaggi per essere sottoposti a una rituale prova d’iniziazione, che a quanto pareva stavano prolungando a piacimento, su un pianeta ignoto che aveva raggiunto con la forza del pensiero, per allontanarsi dal quale bastava – forse – compiere l’operazione inversa; tanto valeva godersi la vacanza. La giornata precedente era stata tutto sommato piacevole: passeggiate ed escursioni in barca le avevano fatto passare lo shock della rivelazione di Aab. Questa nuova mattinata iniziava pigramente, con Sheila seduta a un tavolino davanti a un giovanotto intento a rifarle la manicure; d’un tratto Sheila fu colta da un’illuminazione e scattò:
– Com’è possibile che riusciamo a capirci? Come mai parlate la mia lingua e conoscete termini che si usano sulla Terra?
Inutile aggiungere che la spiegazione non convinse affatto Sheila:– Per quanto ne sappiamo, sei tu che parli la nostra stessa lingua, e poi: non sei certo la prima terrestre che viene da noi, mi pareva d’avertelo già detto... Comunque... detesto gettarti nello sconforto, ma non siamo nemmeno sicuri di essere nella tua stessa galassia: la tua mente ha elaborato un’accurata selezione tra miliardi di sistemi, per individuare il luogo con le caratteristiche necessarie, e dato l’altissimo numero di possibilità, trovarlo era molto improbabile, non impossibile, e forse la ricerca ha investito anche le galassie vicine. Per fugare ogni dubbio: come hai detto che si chiama la tua galassia?
– Lascia stare, e permettimi di dirti una cosa: tu mi getti davvero nello sconforto.
Dopo tre giorni di permanenza, Sheila, che nel frattempo aveva ottenuto l’abbronzatura dorata da anni agognata, pensava d’aver raggiunto il Paradiso, sempre che fosse vero che è il luogo “dove si puote ciò che si vuole„, ma la ragazza di più non domandava.
Fu così che durante l’ennesima visita guidata con Aab nell’interno dell’isola, si rese conto che la vacanza sarebbe finita di lì a poco. Era pomeriggio inoltrato e avevano risalito insieme il fiume, meditando di trascorrere la notte in un rifugio. Stavano attraversando il fiume all’altezza d’una cascatella, camminando in bilico sui sassi a fior d’acqua, facendo ondeggiare i cestelli con i gamberi appena pescati, che s’agitavano, vagamente consapevoli d’essere la cena dei due, quando a Sheila parve di scorgere un corpo nell’erba alta ai piedi d’una sorta di magnolia. In fretta raggiunse l’albero e capì di non essersi sbagliata: un giovane giaceva a terra, supino, in una posizione scomposta, i vestiti laceri; da sotto il suo corpo spuntavano ramoscelli e foglie odorosi di magnolia; Sheila osservò meglio gli abiti e il volto del giovane e l’apprensione aprì uno spiraglio allo stupore, nel momento in cui, sotto la barba di tre giorni e i capelli arruffati, riconobbe l’amico Hank. Aab le intimò di non toccare il corpo, affidandole il proprio cestello, quindi s’inginocchiò per verificare il polso del ragazzo – È vivo – mormorò, continuando a controllare il poveretto – ha fatto un bel volo – e accennò verso l’alto –. Nel rifugio c’è il telefono per chiamare soccorsi. – Si sollevò e notò l’espressione di Sheila – Tutto bene? – chiese, la ragazza riuscì a balbettare: – Io lo conosco. – Stupito, Aab rimase ad aspettare spiegazioni, ma dato che non ne arrivavano, si risolse a correre verso la casa.
«Bene: dopo l’isola-sogno, ora visito l’isola-ospedale; che altro mi manca di questo pianeta?». Dondolandosi meccanicamente sulla sedia, accanto al letto di Hank, Sheila volse lo sguardo dallo spettacolo delle canoe illuminate, che galleggiavano nel buio oltre la finestra della camera, al povero compagno di tante avventure, che riposava placido lì vicino. I medici avevano assicurato che non presentava lesioni interne a parte una lieve commozione cerebrale e che presto avrebbe ripreso conoscenza; gli avevano fasciato la testa e lo avevano perfino rasato; così ora Sheila poteva rimirarselo tranquillamente in tutto il suo splendore. La porta s’aprì e comparve Aab con un bicchiere di vetro glassato, lo porse alla ragazza: – Pensavo che tu potessi avere sete.- Sheila accolse con gratitudine la granita che le veniva offerta e nel silenzio che seguì si udirono solo i suoi molari triturare ghiaccio; poi Aab riprese, infilandosi le mani in tasca (i bermuda erano ancora più ridicoli del gonnellino, decise lei):
– Sicché lo conosci.
– Già: il mio bell’addormentato...
– … nella giungla... – completò Aab e Sheila non poté fare a meno di sorridere.
– ... ed io ci conosciamo da un po’. Ne abbiamo passate tante insieme... Però è davvero sorprendente come ci siamo trovati in questo posto entrambi: evidentemente anche lui ha desiderato ardentemente stare in una foresta tropicale...
– A bordo d’una magnolia? – Aab aveva evidentemente ritrovato il proprio sarcasmo e Sheila questa volta non gradì; pertanto si limitò a sorseggiare il ghiaccio disciolto, senza più fornirgli le informazioni di cui lui era palesemente ghiotto.
Hank si risvegliò il mattino seguente e non parve assolutamente sorpreso di trovare Sheila accanto a sé:
– Ero sicuro che solo tu potevi avere una risata tanto sgangherata.
Questo bastò per cancellare ogni traccia di sorriso dal volto di Sheila ed ogni discorso di tenero “bentornato tra i vivi„ dalla sua mente:– A quanto pare ti ricordi quanto avvenuto prima dell’incidente; mi fa piacere.
Fece spallucce:– In verità è ben poco... Aspetta un momento: mi hai riportato a casa? – così dicendo si sollevò, o per lo meno cercò di farlo, perché le vertigini lo costrinsero a risistemarsi sul guanciale; deglutì e chiuse gli occhi, ascoltando il rapido ragguaglio della ragazza – No, veramente no: Aab, un mio nuovo amico, ed io ti abbiamo trovato per terra e ti abbiamo subito portato qui; sai, dicono che sia il miglior ospedale dell’arcipelago; appena ti saranno passati i capogiri, potrai uscire da qui e... – Ehi ehi ehi: non correre. Com’è che tu sembri conoscere questo posto? – le chiese mantenendo le palpebre serrate, ma corrucciando notevolmente le sopracciglia – Io sono tre giorni che vago alla disperata ricerca di qualcuno; non sono nemmeno riuscito a far funzionare un dannatissimo telefono e tu invece ti sei fatta nuovi amici?
Sheila arrossì e si mise a giocherellare con le dita nel rispondergli:– Non hai trovato nessuno, perché i ragazzi non s’addentrano così tanto nell’isola, non in questo periodo almeno... E il telefono non funzionava, perché si attiva solo con delle particolari schede... – Ragazzi? Quali ragazzi? – Di colpo Hank si riscosse e la fissò; in quel momento entrò Aab:
– Buongiorno. Vedo con piacere che il nostro bell’addormentato nella giungla si è risvegliato.
Hank squadrò il gaio ragazzo, poi ruotò nuovamente verso Sheila, la quale da parte sua trovava molto interessanti le proprie unghie e per niente al mondo avrebbe sollevato lo sguardo da esse.
La sera stessa Hank volle abbandonare l’ospedale e sostenne stoicamente le prove cui lo sottoposero i medici per saggiare il recupero dell’equilibrio; «Poveri illusi: ignorano che costui l’equilibrio l’ha perso da un pezzo, ma in compenso è bravissimo a fingere», pensò Sheila, fissando Hank, che in bilico su una trave riassumeva quanto era in suo potere ricordare del pre-incidente: si trovava nel suo appartamento, solo, e aveva deciso di andare al cinema, ma quando aveva aperto la porta della propria camera per raccogliere il portafoglio, era stato investito da una luce abbagliante e subito ne era stato risucchiato – Giuro: non mi sto inventando storie d’alieni o altro. – Il medico sorrise comprensivo, mentre Sheila lanciò un’occhiata eloquente ad Aab; se convincere Hank che era prematuro dimetterlo si era rivelato un fallimento, spiegargli che si trovava su un pianeta alieno per colpa della sua amica era stato messo fuori discussione; per questo Sheila aveva omesso il piccolo particolare della concentrazione chaki, rendendo il proprio racconto simile a quello del compagno. – Mi sono ritrovato in questa assurda giungla – proseguì Hank – e ho pensato che si trattasse d’uno scherzo; poi mi sono messo a gridare aiuto perché si stava facendo notte e infine mi sono addormentato su un albero. Il mattino seguente ho iniziato a girare, finché non mi sono imbattuto in quel rifugio; all’inizio ero contentissimo, ma quando mi sono reso conto che non sarebbe arrivato nessuno, mi sono risolto a forzare la porta: tanto valeva attendere i soccorsi al coperto. Peccato per quello stupido telefono: ma a ripensarci è un bene che non abbia ceduto all’impulso di trasformare l’apparecchio in polvere stellare a suon di pugni. Di tanto in tanto accendevo un falò per fare segnalazioni, ma...
Aab scosse il capo:– Il rifugio si trova dall’altra parte del monte rispetto al villaggio: tu non potevi vedere noi e noi non vedevamo te.
– Già, me ne sono accorto. Poi un bel giorno mi par di sentire qualcuno sghignazzare dentro il fiume, allora corro ad arrampicarmi sulla magnolia e... – allargò le braccia – Posso tornare a casa? – Il medico gli consegnò il foglio d’uscita.
Come il primo giorno Sheila era distesa sulla battigia ad ammirare gli ultimi crini cremisi del tramonto in cielo e come il primo giorno la seguiva alle spalle Aab:
– Si è di nuovo addormentato – questa volta non la spaventò – Il viaggio l’ha stancato molto, così come l’apprendere dove si trova e che forse non rivedrà casa sua. – si sedette accanto alla ragazza dall’assorta aria di sfinge – Questo l’ha proprio distrutto.
Con un sospiro Sheila iniziò a parlare: – Facciamo un’ipotesi: se è vero che i desideri repressi affollano il nostro subconscio e si manifestano nei nostri sogni, si realizzano nella nostra mente per consentire l’equilibrio con l’esterno, per non lasciare che il nostro io frustrato esploda nel rapporto con gli altri…
… A quanto pare io ho trovato il modo per realizzare i desideri concretamente. Ho sognato di farmi una vacanza su un pianeta alieno, in un’isola tropicale, abitata da ragazzi che parlano la mia lingua, che sono estremamente belli, ma anche brillantemente intelligenti, nonché dotati di humour. – Aab si lucidò le unghie della mano destra – ma ho rimosso tale aspirazione e quando l’ho richiamata essa è esplosa e mi ha catapultata qua. Ma a quanto pare la mia testa ha fatto un po’di confusione: dal momento che è chiaro che Hank non voleva assolutamente venire in questo paradiso, devo avercelo portato io; forse volevo stare con lui su una spiaggia deserta e i due desideri si sono mescolati, oppure... – proseguì con un tono particolarmente amareggiato – mi occorreva qualcuno che mi ricordasse quanto fosse importante casa, un motivo per tornare coi piedi per terra. In un certo senso il mio cervello aveva preventivato tutto.
Si rivolse direttamente ad Aab:– Sai, improvvisamente vorrei non averlo trovato così presto.
Aab sorrise:– C’è un detto da noi, che è vecchio quanto Marna stesso: “Puoi trovare casuale il modo in cui crescono i ricci nel mare, ma non il modo in cui ti ferisci se li tocchi„. Niente di ciò che è legato alle azioni umane è dettato dalla sorte.
La ragazza fece una smorfia:– Sei sicuro che fosse questo il senso?
La risposta dell’altro fu laconica:– Per il tuo caso, sì.
– Bene. – Si alzò e si spolverò il fondo schiena – Fine del momento filosofico. Andiamo a nanna; domani ci rispedirò a casa.
Trovò Hank il mattino dopo, ritto sulla spiaggia, apparentemente intento a guardare dove finisse quel dannato mondo dorato, con i piedi lambiti dalle onde oceaniche, che sembravano seriamente intenzionate a trascinarlo sul fondale, erodendolo a poco a poco, e si chiese da quanto tempo stesse lì, con le mani affondate nelle tasche dei suoi provati jeans. Sheila si stiracchiò e lo avvicinò:– Allora naufrago, come ci troviamo?
L’altro restò muto, poi sbatté le palpebre e rispose:– Lasciamo stare.
«Andiamo bene», commentò fra sé e sé la ragazza, quindi lo prese per una spalla:– Andiamo, vieni a fare colazione: vedrai che la situazione ti parrà più rosea; fanno delle frittelline così leggere che si ingoiano come ciliegie e poi c’è il cocco, per non tacer dei frutti di mare; sai, li intingono in una salsina che sa di limone... – Hank si mosse, sottraendosi alla presa dell’amica, il mare comunque non volle rinunciare alla preda e continuò a bagnargli i piedi, schizzandogli le caviglie. «Accidenti. Deve proprio essere distrutto, se è vero che ha inventato lui il motto: Per Quanto Triste Vuoi Sembrare, Sempre Sazio Devi Stare.» Pensò Sheila, quindi si diresse verso le palme, sotto le quali giaceva una tavola imbandita e accanto ad essa la attendeva Aab con altri due ragazzi; sottrasse un tovagliolo di carta da una struttura di legno, detta penserì, che ne sosteneva diversi piegati ad arte, e agguantò una frittella dal vassoio di madreperla, prima che uno dei due ragazzi avesse il tempo di immergerlo nella terrina di sciroppo, e la addentò; quindi si rivolse ad Aab:– OK. Questo è il piano: tu lo convinci che c’è un posto su quest’isola, dove accadono strani fenomeni: bagliori improvvisi, sbalzi di temperatura, oscillazioni elettromagnetiche o chennesoio... Te lo porti all’interno e io intanto mi concentro per benino e rispedisco lui e me da dove siamo venuti. Tutto chiaro?
Aab sollevò un sopracciglio:– E come dovrei, perdonami, convincerlo?
– Fa’ come solo tu sai fare, campione!– e gli strinse le guance in una morsa scherzosa, poi ingoiò l’ultimo croccante boccone del dolce e spostò lo sguardo sullo zuccheroso vassoio appena emerso dalla terrina, quindi si soffermò sulle macedonie spolverate di werty, il prodotto della triturazione della scorza d’un frutto simile al mango, che risultava essere altamente alcolico. Aab proseguì:– E credi che berrà una simile scusa?
– È disperato. – rispose Sheila, come se fosse stata la cosa più ovvia di questo mondo – Ormai gli puoi raccontare anche dell’esistenza di un saggio sulla montagna che risolve tutti i problemi, che lui ti crederebbe. Fa’ come ho detto: inventa la possibilità dell'esistenza di una porta spazio-temporale sull'isola e portatelo lontano. Al resto penso io.
– Permettimi ancora una domanda: ci vuole grande volontà per compiere un viaggio simile. Sei sicura di desiderarlo abbastanza intensamente? Non sarebbe meglio spiegare al tuo amico come stanno le cose e lasciare che sia lui a concentrarsi? La sua volontà in tal senso è senz’altro più forte della tua.
– Neanche per sogno!- Sheila si voltò di scatto, poi con la coda dell’occhio spiò Hank. Il ragazzo pareva non averla udita. – Piuttosto che rivelare a Hank che è qui per mio volere, mi faccio suo zerbino per un mese.
– Come vuoi – fece spallucce e il suo sorriso si riprodusse moltiplicato sulla madreperla istoriata di glassa del vassoio di cui Sheila aveva polverizzato il contenuto. – Allora vado.
– Bravo.
Aab afferrò un cocco:– Spero solo che non ci siano intoppi...
– Non ti preoccupare. Andrà tutto bene. – gli gridò Sheila, mentre Aab si allontanava con il cocco in una mano e un coltello affilatissimo nell’altra.
Dopo aver richiuso una cesta di ricordini, che sperava di riuscire a portare con sé, e aver rivolto un ultimo sguardo sospiroso all’interno della capanna «Mai che mi ricordi di portare una macchina fotografica con me quando serve»; si distese supina nel bagno, assaporando il calore emanato dal pavimento e rimase in ascolto: udiva la risacca e i gabbiani e i ragazzi e altri uccelli... le sarebbero mancati. Poi prese a respirare profondamente, eludendo a poco a poco ogni altro particolare esterno, alla ricerca di un bagliore interno. «Questa è la volta che m’addormento sul serio» fu il suo ultimo pensiero cosciente.
Nel frattempo Hank e Aab, arrancando sul pendio del monte, erano giunti in una radura dalla quale non si vedeva più il villaggio. Appoggiatosi a una roccia, Hank si tenne un fianco e chiese alla propria guida:
– Di’ un po’: è un’ora che camminiamo. Manca tanto all’eremo di questo saggio?
– Mmm. No, non credo – rispose Aab in fretta, scrutando in basso, fingendo di cercare un sentiero, sperando che l’altro non notasse la sua incertezza. Ma forse Hank la notò, o forse stava semplicemente seguendo il corso dei propri pensieri, perché ad un tratto gli domandò:– Rispondimi sinceramente ora:.. – poi scomparve, risucchiato da un vortice di luce.
A Sheila parve d’aver battuto con violenza la schiena per terra, perché le doleva la nuca e una fastidiosa fitta le percorreva la zona lombare. Quando tornò ad essere perfettamente cosciente di ciò che la circondava, si rese conto di essere nuovamente a casa sua, se mai s’era mossa, dentro la propria sauna, vestita della vestaglia di pseudo-seta. «Che sia stato solo un sogno?» S’alzò sgomenta e guardò fuori: non pioveva affatto, anzi pareva essere appena trascorsa una meravigliosa giornata. Raccolse il libro dal pavimento e s’avviò ciondolante verso la camera da letto, e lì inciampò in una cesta, che rovesciò immediatamente sul pavimento conchiglie giganti, pareo di seta, una boccetta d’olio di cocco e altro. Soddisfatta, Sheila corse allo specchio: aveva mantenuto la splendida abbronzatura e anche lo smalto sulle unghie. Decise di non chiamare subito Hank, per scoprire dove l’aveva catapultato, perché in fondo sapeva d’aver fatto le cose per bene. Invece si sedette sul letto, stappò una penna e sulla ruvida copertina del libro della zia scrisse: “Dotazione extra per manicure e tintarella„, e lo ripose nel cassetto del comodino.
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Amore ed eredi (XXI)
Passammo la notte lì fra il tappeto sporco di cera e la poltrona. La luce del sole filtrava dalle finestre e le tende azzurrine, mi svegliai accovacciato in una leggera coperta sul tappetto. Era mattina inoltrata e quando detti uno sguardo all’orologio a pendolo mi venne un colpo corsi a mettermi la giacca e sulla soglia della porta proprio mentre stavo uscendo sbucò Rosa e solo allora mi accorsi di non averla calcolata, e d’essermi dimenticato di lei e della sera prima. Lei era felice e allegra e se ne uscì con un “E’ domenica stupidotto” penso d’essermi ripreso dal sonno solo in quel momento. Con la rivoluzione si diffondeva anche la voce che nel giorno in cui dio si riposò anche noi dovremmo fermarci, contrariamente a tutte le chiacchiere delle signore del salotto, del tipo “Lui può farlo perchè in 6 giorni guardate cos’ha creato, ma guardatevi (guardandomi con aria indegna) voi in 6 giorni cosa avete fatto per il vostro aspetto, o di tanto grandioso”. Sono solito a non rispondere a tali provocazioni anche se la tentazione di riempire i bignè con del sapone invece che della crema è molta. quindi il salotto optò per lavorare la sera per un saluto alla settimana passata. a quella notizia la guardai negli occhi e poi la baciai, un giorno prima avevo un sacco di esitazioni, ora era così fluido così bello. Parlammo di napoleone, e di come riuscì a scappare, mi disse che era di ritorno a Parigi per un’importante accordo, così dopo che Napoleone scese a Parigi ordinò al suo vassallo di portarla alla reggia di Versailles dove delle vecchie viziate di corte l’avrebbero accudita come fosse una scrofa predestinata. Ma lei seppe cogliere l’occasione di scendere rapidamente dalla carrozza quando era di fronte ad una stalla, rubò una cavallo e dopo 3 orette arrivò a Caen. a quel punto bussò alla porta, e poi ironizzando disse “il caos”. In effetti la casa sembrava un campo di battaglia, cuscini d’appertutto e poltrone spostate addirittura trovai un quadro non allineato. Le offrì qualcosa, avevo dei biscotti rimasti dal salotto del giorno prima, gli apprezzò e disse che fosse contenta del fatto che sapessi cucinare perchè lei era del tutto negata. dopo le feci vedere la casa, le feci vedere la cucina, il seminterrato la lavanderia, una sorta di stanza un po’ malmessa dove una specie di mangiatoio era pieno di acqua e affianco due saponi di Marsiglia da un chilo. Poi la portai al piano superiore dove c’erano due stanze annesse, una la nostra , enorme collegata ad un bagno in marmo che adorò. Dopo le feci vedere le altre stanze che sarebbero potute essere le camere dei nostri futuri bambini o semplici magazzini, ma poi si sbalordì quando aprendo un apparente mobile, in realtà aprii una porta che saliva con una scala a chiocciola la salimmo, rimase senza fiato, le presentai il mio studio, una libreria che lasciò lì il defunto proprietario di casa, due poltroncine per la lettura, e in tutta al sua bellezza il mio pianoforte. Lei disse che li avrebbe letti tutti assolutamente. Poi mi disse ora vieni tu con me, la seguii fino al piano terra, mi portò fuori e mi mostrò un purosangue anglo-arabo-francese una meravigli di cavallo mi disse che si chiamasse Sally l’adorai subito. Allora dissi a Rosa di portarla nella stalla, che non aveva ancora visto. 3 o 4 ore dopo arrivò una consegna impacchettata della sarta, Rosa era dentro così presi il pacco e ringraziai il committente. Entrai in casa con una rosa in bocca e il pacco fra le mani, la chiamai, arrivò sorridente come sempre e rimase stupita di quell’enorme pacco regalo, poi con le labbra mi prese la rosa dalla bocca facendo un piccolo rumore con le labbra. Quando aprì il pacco scoppio di felicità era l’abito, andò subito a provarlo, e mi disse che con quella bellezza d’abito l’avrei dovuta far divertire così decisi di portarla al salotto, avremmo ballato mentre offrivo qualche merlot o champagne. Uscimmo tenendoci per mano e mi venne in mente quanta agitazione provai quel giorno solo per averle baciato un guanto. L’amore è misterioso, ma per ogni pianto e lacrima versata ti dona un passo enorme di felicità.
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SULLE ACQUE DELL’ADRIATICO https://www.dentrocasa.it › Peter Rostovsky
“On the white lacquered storage furniture, a Peter Rostovsky’s oil canvas acts as a background to two ancient Venetian terracotta vases and to a classic shell that reminds us the sea.”
IMMERGERSI NELLA COLORATA E ALLEGRA ATMOSFERA DI QUESTA CASA RAPPRESENTA UN’ESPERIENZA INDIMENTICABILE.HOME STYLING FRANCESCO VENTURATO • TESTO E PH MARINA CHIESA
Osservando le linee morbide e tondeggianti dell’edificio oltre al bianco accecante dei muri, abbiamo quasi l’impressione di essere in Grecia e non in una delle più famose località turistiche dell’alto Adriatico. Ed ecco che quando entriamo ci ritroviamo subito “al mare”.
Una grande tavola in legno vintage, un divano pieno di cuscini fantasia che giocano sui toni del blu, due poltroncine rivestite in tessuto candido, delle leggere tende in organza bianca e dinnanzi l’azzurro intenso di una piscina con le palme sullo sfondo. Tutto in questo ambiente ha il sapore di vacanza, ma tutto nello stesso tempo è stato curato con eleganza e personalità.
Scendendo le scale a fianco della piscina, dove una schiera di paperelle di gomma – un’icona della cultura pop – sembrano sul punto di tuffarsi, si entra nel living, un ambiente luminoso con il soffitto in legno sbiancato dal tono leggermente rustico dove il gusto per l’etnico e il vintage si mescola a pezzi di design. È una dimora “ospitale” protesa alla condivisione del riposo e del divertimento; così sul grande tavolo in legno orientale vintage, piatti e bicchieri sono pronti all’uso. Sul mobile contenitore laccato bianco, una tela ad olio di Peter Rostovsky, fa da sfondo a due antichi vasi veneti in terracotta e ad una classica conchiglia che ci ricorda il mare.
Sopra il divano in pelle bianca un quadro astratto, opera di una giovane artista locale; sulla parete antistante, in prossimità della scala, la poltroncina in legno Crate di Gerrit Thomas Rietveld. Salendo la scala un ricordo d’infanzia con una piccola collezione di giocattoli vintage italiani e giapponesi ci accoglie al piano superiore dov’è ubicata la camera padronale contraddistinta da un scenografico soffitto a botte in legno sbiancato. Anche qui il letto è semplice ma impreziosito da lenzuola in lino tinta piombo; sul tavolino bianco Tulip di Eero Saarinen una coloratissima scacchiera di Karim Rashid, a fianco un’antica seggiola da lavoro altoatesina colore azzurro ed una specchiera appoggiata al muro che “regge” ricordi di viaggio: collane vintage in ambra e avorio e un paramento rituale tibetano da cavallo. Una casa al mare piena di sole e relax, dove riposarsi al ritorno da entusiasmanti viaggi tra ricordi e oggetti di raffinata passione.
ON THE ADRIATIC SEA SHORESDIVING IN THE COLORFUL AND JOYOUS ATMOSPHERE OF THIS HOUSE REPRESENTS AN UNFORGETTABLE EXPERIENCE.HOME STYLING BY FRANCESCO VENTURATO • PHOTOGRAPHY AND TEXT WRITTEN BY MARINA CHIESA
While looking at the soft and curved lines of the building – besides the dazzling white of walls –, we get the impression that we are in Greece and not in one of the most famous tourist destinations of the northern part of the Adriatic Sea. And that is when we enter the abode that we promptly realize that we are “at the beach”. A large vintage wooden table, a sofa full of patterned cushions that play on the blue tones, two small armchairs upholstered using a pure white fabric, soft curtains in white organza and the intense light blue of a swimming pool in front of us, with palm trees in the background.
In this environment, everything tastes like holiday but – at the same time – everything has been well-finished with elegance and attitude too. Coming down the stairs next to the swimming- pool, where a line of rubber duckies – one of the symbols of the pop culture – look like they’re about to plunge into the pool, we enter the living room: a bright environment with a bleached wooden ceiling, a slightly rustic spirit where the taste for ethnic and vintage is mixed with design pieces. A cosy abode that strives to share rest and amusement; thus, on the large vintage Asian wooden table, dishes and glasses are ready to use. On the white lacquered storage furniture, a Peter Rostovsky’s oil canvas acts as a background to two ancient Venetian terracotta vases and to a classic shell that reminds us the sea. Above the white leather sofa, an Abstract painting, the work of a young local artist; on the opposite wall, in close proximity to the staircase, Crate: Gerrit Thomas Rietveld’s wooden small armchair.
Climbing the staircase, a childhood memory with a small collection of Italian and Japanese vintage toys welcomes us upstairs where the master bedroom is placed, distinguished by a spectacular barrel ceiling in bleached wood. Here too, the bedroom is simple but embellished with lead-grey linen bed sheets; on the “Tulip” white small table by Eero Saarinen, there is the colorful chessboard by Karim Rashid, next to an ancient light blue chair used to work in Alto Adige and a dressing table leaning against the wall that “holds up” travel memories: vintage necklaces in ivory and amber and ritual Tibetan horse vestments. A beach house, full of sun and relaxation, a place to rest on the way back from exciting journeys between memories and items of polished passion.
SULLE ACQUE DELL'ADRIATICO - Rivista d'arredamento … https://www.dentrocasa.it › sulle-acque-delladriatico
“Sul mobile contenitore laccato bianco, una tela ad olio di Peter Rostovsky, fa da sfondo a due antichi vasi veneti in terracotta e ad una classica conchiglia che ci ricorda il mare.”
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Come rinnovare sedie in legno. Idee e colori.
Carte da parati esotiche o dai paesaggi acquerellati, cuscini, tappeti all'uncinetto e, immancabili, le sedie di legno colorate: ecco delle idee su come rinnovare completamente l'arredamento con pochi mobili e l'uso sapiente di nuance e toni a contrasto!
Da considerare come pezzi basilari di arredo, le sedie e gli sgabelli in legno dipinti, parzialmente o del tutto, conferiscono quel tocco di unicità ad ogni ambiente. Di seguito alcuni suggerimenti e idee originali per rinnovare le sedie fuori moda e un po' banali, da estendere ovviamente anche ad altri arredi in legno, come cassettiere, tavoli e armadi.
Le sedie in legno che più si prestano ad essere rinnovate
È ancora possibile scovare nei mercatini dell'usato a prezzi accettabili o nelle case dei propri nonni sedie di legno dalle linee eleganti e pulite, come le parigine e le tigulline. I dettagli artigianali e le forme raffinate sono garanzia di successo del restyling: semplicemente laccate o colorate, lasciando trasparire le venature del legno, si sposano perfettamente con ogni ambiente e stile, dal delicato shabby chical deciso industrial bianco/nero.
Diffusissime le Thonet e le Bristot (con le molteplici riproduzioni nel rispetto del design curvo e aggraziato dei modelli originali), queste sedie in legno si prestano benissimo a rivisitazioni e cambi di look contemporanei. Economiche e decisamente più comuni sono, infine, le sedie paesane tipiche dell'arredo povero con seduta in paglia, utilizzate in cucina e in ambienti rustici.
Come rinnovare le sedie in legno: idee e colori
Tralasciando la possibilità di tappezzarle con nuovi e vivaci tessuti, consideriamo soltanto la struttura delle sedie, suggerendo diverse idee per colorarle.
Se la sedia è tutta in legno, una soluzione semplice è applicare una pittura gessosa e opaca, magari color pastello, verde menta, giallo limone… stupende tutte le gradazioni di blu.
Poco importa se le sedie in legno da rinnovare sono diverse per forma e essenza, le nuove tinte uniformeranno il set, riempiendo la casa di colore e luce. In questo modo si recuperano dietro un'unica tavola o nella stessa stanza le più disparate sedute: le seggiole arrotondate di scuola e le più eleganti trovate dai rigattieri, fratini e poltroncine classiche, con un effetto interessante tipo caffè berlinesi e pub di nuova tendenza.
Nel caso le sedie a disposizione fossero di legno diverso, si potrebbe optare per una finitura a tinta bianca o decapata, per poi divertirsi con alcuni elementi colorati, come i piedi, lo schienale o semplicemente i braccioli. Più sofisticata è la sfumatura di due/tre tinte sempre da applicare a tutta o a porzioni della sedia. Ardito è invece l'effetto "a metà" come se l'arredo fosse stato tagliato o avesse una doppia personalità, ottenuto con due diverse tinte applicare a metà o un quarto della sedia, con cromatismi a contrasto bianco/nero, grigio/giallo... Questa particolare decorazione è ancor più efficace se le sedute sono posizionate contro pareti bi-monocrome (per esempio muro e parte superiore dello schienale dello stesso colore, mentre seduta, gambe e pavimento di legno simile).
Gli stencil per rinnovare le sedie in legno
Niente di più bello per i patiti di màndala e pattern geometrici, la decorazione di sedie da rinnovare tramite stencil, come piccoli tattoo o estesi a copertura totale. Alcune sedie sembrano un tributo a Frida Kahlo, altre un viaggio lisergico dei Pink Floyd: dipinte a mano e personalizzate, queste sedie in legno conservano l'unicità del manufatto artigianale, dove le piccole imperfezioni si trasformano in pregi e peculiarità.
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29 novembre 2019 – Il Bi-nario accende le luci per il secondo appuntamento di “Coincidenze”, il fortunato format organizzato dall’associazione Umani eventi che propone l’arte in una chiave di lettura che arriva davvero a tutti. Appena apri la porta ti immergi subito in quella che è l’aria del salotto di casa, dove non esiste più un palco ma, per contenere tutto il pubblico che sceglie questa serata, ci si siede un po’ dove capita, sulle poltroncine, sui cuscini, sulle scale, qualcuno resta in piedi eppure non fa perdere la sensazione di trovarsi a una chiacchierata tra amici.
Apre la serata Marco di Pasquale, uno degli organizzatori, con un’emozionata ed emozionante Jessica Vesprini che ci racconta di questo “Arsenale” (dal titolo del libro) che è un po’ la vita di tutti noi, che ci spinge a curiosare tra i meandri della nostra anima, da cui non avremo forse mai le risposte, se non ancora mille dubbi. Eppure traspare la solarità propria di un modo tutto suo di affrontare la vita.
A questo si aggiungono le foto del fotoreporter Claudio Colotti che ci racconta di una realtà in contrasto con le parole, come i suoi scatti in bianco e nero, che lo contraddistinguono in alcuni tratti marcati, donando un’intensità forte a quello che è a volte il senso della vita. Un lavoro in cui Jessica, Claudio e l’attore Luis Marreiros si sono immersi per dare forma e forza a un connubio di parole, immagini ed emozioni che si sono sprigionate non solo durante il reading.
Tre personaggi, tre artisti, che hanno messo a nudo una parte, forse quella un po’ folle dell’artista, che è insita un po’ in ognuno di loro, per realizzare un progetto che ha lasciato stupiti i partecipanti. Una serata in cui protagonista non è solo l’arte, non solo l’opera finale bensì il percorso attraverso il quale ognuno di loro si è incamminato con tutte le difficoltà di unire tre visioni diverse per dare vita a un unico apprezzatissimo insieme.
Cosa lascia “Coincidenze”? Lascia un grazie a chi ha partecipato, lascia delle domande aperte, lascia la voglia di chiacchierare davanti a un bicchiere di vino, lascia il cellulare spento in tasca e la voglia di fermarsi a sedersi su un cuscino, guardare un esile ma emozionante Luis riempire lo spazio con la sua intensa rappresentazione. Lascia le parole di Jessica a riempire l’aria lasciandole appese come gocce di rugiada di una notte qualunque…che qualunque invece non è…
Lascia sullo sfondo geometrie animate che ti portano in un’altra dimensione, quella che tocca le corde più intime della nostra anima, attraverso una nuova visione, inedita forse, di Claudio. E allora questo Arsenale che ognuno ha dentro di sé prende insieme forme, sfumature ed emozioni lasciando la sensazione di aver aperto una nuova porta.
L’associazione Umani Eventi nel ringraziare tutti gli intervenuti dà appuntamento al prossimo evento a dicembre. Per tenervi aggiornati seguite www.umanieventi.it.
Un grazie particolare va a tutti coloro che ogni volta riempiono le stanze del binario rendendolo sempre più vivo e a riprova che ancora una volta l’arte unisce, perché l’arte è davvero di tutti.
Meri Desideri
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Un’intensa ed emozionante serata tra amici il secondo appuntamento di “Coincidenze” 29 novembre 2019 - Il Bi-nario accende le luci per il secondo appuntamento di "Coincidenze", il fortunato format organizzato dall'associazione Umani eventi che propone l'arte in una chiave di lettura che arriva davvero a tutti.
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Merano, nuovo look per le Terme Apre anche la terrazza panoramica
Oltre cinque milioni di ingressi in 13 anni. Le Terme Merano riscuotono sempre più successo e per questo sono state oggetto di un profondo restyling, grazie al quale sono state aggiunte 200 nuovi postazioni da riposo. Concepite nel 2006 anni fa con una previsione di 350.000 presenze l’anno, le Terme Merano hanno presto superato quota 390.000 con un’affluenza media giornaliera pari a 1.069 persone e hanno da poco tagliato il traguardo dei 5,3 milioni di ingressi. «Un’evoluzione naturale - spiega la direttrice del complesso termale Adelheid Stifter - non una rivoluzione” per le Terme, che crescono e si rinnovano, pur mantenendo inalterata la loro filosofia. Guardare al futuro, con le radici ben piantate nella storia che ha segnato il successo del complesso termale fino ad oggi».
Una veduta esterna delle Terme
La principale finalità che ha spinto le Terme Merano a rinnovarsi è stato il desiderio di ampliare gli spazi dedicati al relax. «Il primo obiettivo è sempre la soddisfazione dei nostri ospiti - spiega Adelheid Stifter - Questo importante restyling migliora la qualità del soggiorno dei clienti, rendendo il tempo trascorso alle Terme un’esperienza unica».
Qualità che si traduce in nuove sale relax, distribuite su due livelli, ambienti intimi e accoglienti che assicurano molte postazioni di riposo in più, in un clima ancora più riservato e raccolto. Legno e materiali naturali contraddistinguono gli arredi, materassini di ultima generazione e grandi cuscini amplificano il benessere, mentre dettagli di pregio selezionati con cura impreziosiscono l’ambiente. Le linee sono quelle che si ritrovano in tutto il complesso termale, pulite ed essenziali, moderne e intramontabili. Ruolo fondamentale è rivestito dalla luce, ben calibrata per illuminare nei punti giusti senza disturbare il riposo, con corpi illuminanti circolari che sembrano richiamare le sfere e i cerchi della sala bagnanti.
La nuova area relax
Un’importante novità per gli ospiti è la migliore fruibilità e funzionalità degli spazi. Caratteristiche che si ottengono grazie anche alle Fire Places, aree relax esclusive e di design che regalano agli ospiti una piacevole sosta davanti al camino acceso, e allo stesso tempo fungono da collegamento tra un ambiente e l’altro. Dalla sala bagnanti alla MySpa, dall’area sauna al centro fitness: da qualsiasi luogo provenga l’ospite può comodamente spostarsi da un’area all’altra usufruendo di queste innovative lounge. Divanetti e poltroncine, cuscini e simpatici punti d’appoggio, particolari di charme e candele che si aggiungono alla fiamma del caminetto: tutto è curato nei minimi dettagli. Ideali per una pausa da dedicare al riposo, ma volendo anche alla lettura e alla meditazione. La caratteristica che più colpisce le Fire Places sono i colori: alle tinte tradizionali che contraddistinguono tutti gli ambienti delle Terme, panna, beige e marron, si aggiungono delle note di colore ocra e ottanio, toni che, accordandosi perfettamente tra loro, regalano leggerezza e spensieratezza.
Alle Terme di Merano ci si rilassa anche davanti al caminetto
All’occhio attento non passeranno inosservate le nuove strutture che si affacciano alla sala bagnanti, quasi fossero nidi sospesi a mezz'aria al di sopra delle piscine. Sono le 4 Pool Suites, ambienti esclusivi e di lusso pensati per la coppia. Al loro interno si trovano: lettino ad acqua, idromassaggio e bagno turco, doccia e toilette, borsa delle Terme con accappatoio, asciugamani, ciabatte, kit di cortesia con prodotti della nuova linea cosmetica, acqua e frutta fresca, una bottiglia di spumante dell’Alto Adige, un sale da bagno, un peeling e un impacco da utilizzare nel bagno turco. Sono questi gli ingredienti del benessere che promettono momenti di autentico relax.
L’importante restyling ha regalato nuovi spazi anche all’esterno. Uno di questi è la Park Lounge, una terrazza con lettini per il relax all’aria aperta e vista sul parco, su piscine e montagne. Ma la punta di diamante delle Terme Merano, è la terrazza panoramica Sun Deck, che sorge sopra l’area sauna e si affaccia sul parco termale regalando una splendida vista distensiva sulla natura. Ed è proprio il contatto diretto con il territorio il plus della terrazza, in perfetto stile Terme Merano.
Chi trascorre la giornata alle Terme, tra piscine, saune e sale relax, prima o poi sente anche l’esigenza di mettere qualcosa sotto i denti. Proprio nel cuore dell’area sauna sorge il Sauna Bar delle Terme Merano. Un ambiente chiuso da vetrate, che lasciano passare la luce ma non i profumi del cibo, con grandi tendaggi che garantiscono la privacy. L’esperienza gastronomica continua nel Bistro, luogo apprezzato in primis dagli ospiti delle Terme Merano, che qui possono godersi una pausa culinaria con piatti à la carte. Ma frequentato anche dai locali, come punto d’incontro della city life meranese.
Per informazioni: www.termemerano.it
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TRINA RINASCIMENTO secolo 800 Davantino ottocentesco in trina rinascimento (manuale)- può essere applicato su cuscino decorativo in seta moireè da appoggiare su divano o poltroncine (alto antiquariato) 10 Info: [email protected]
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Come rinnovare sedie in legno. Idee e colori
Carte da parati esotiche o dai paesaggi acquerellati, cuscini, tappeti all'uncinetto e, immancabili, le sedie di legno colorate: ecco delle idee su come rinnovare completamente l'arredamento con pochi mobili e l'uso sapiente di nuance e toni a contrasto!
Da considerare come pezzi basilari di arredo, le sedie e gli sgabelli in legno dipinti, parzialmente o del tutto, conferiscono quel tocco di unicità ad ogni ambiente. Di seguito alcuni suggerimenti e idee originali per rinnovare le sedie fuori moda e un po' banali, da estendere ovviamente anche ad altri arredi in legno, come cassettiere, tavoli e armadi.
Le sedie in legno che più si prestano ad essere rinnovate
È ancora possibile scovare nei mercatini dell'usato a prezzi accettabili o nelle case dei propri nonni sedie di legno dalle linee eleganti e pulite, come le parigine e le tigulline. I dettagli artigianali e le forme raffinate sono garanzia di successo del restyling: semplicemente laccate o colorate, lasciando trasparire le venature del legno, si sposano perfettamente con ogni ambiente e stile, dal delicato shabby chic al deciso industrial bianco/nero.
Diffusissime le Thonet e le Bristot (con le molteplici riproduzioni nel rispetto del design curvo e aggraziato dei modelli originali), queste sedie in legno si prestano benissimo a rivisitazioni e cambi di look contemporanei. Economiche e decisamente più comuni sono, infine, le sedie paesane tipiche dell'arredo povero con seduta in paglia, utilizzate in cucina e in ambienti rustici.
Come rinnovare le sedie in legno: idee e colori
Tralasciando la possibilità di tappezzarle con nuovi e vivaci tessuti, consideriamo soltanto la struttura delle sedie, suggerendo diverse idee per colorarle.
Se la sedia è tutta in legno, una soluzione semplice è applicare una pittura gessosa e opaca, magari color pastello, verde menta, giallo limone… stupende tutte le gradazioni di blu.
Poco importa se le sedie in legno da rinnovare sono diverse per forma e essenza, le nuove tinte uniformeranno il set, riempiendo la casa di colore e luce. In questo modo si recuperano dietro un'unica tavola o nella stessa stanza le più disparate sedute: le seggiole arrotondate di scuola e le più eleganti trovate dai rigattieri, fratini e poltroncine classiche, con un effetto interessante tipo caffè berlinesi e pub di nuova tendenza.
Nel caso le sedie a disposizione fossero di legno diverso, si potrebbe optare per una finitura a tinta bianca o decapata, per poi divertirsi con alcuni elementi colorati, come i piedi, lo schienale o semplicemente i braccioli. Più sofisticata è la sfumatura di due/tre tinte sempre da applicare a tutta o a porzioni della sedia. Ardito è invece l'effetto "a metà" come se l'arredo fosse stato tagliato o avesse una doppia personalità, ottenuto con due diverse tinte applicare a metà o un quarto della sedia, con cromatismi a contrasto bianco/nero, grigio/giallo... Questa particolare decorazione è ancor più efficace se le sedute sono posizionate contro pareti bi-monocrome (per esempio muro e parte superiore dello schienale dello stesso colore, mentre seduta, gambe e pavimento di legno simile).
Gli stencil per rinnovare le sedie in legno
Niente di più bello per i patiti di màndala e pattern geometrici, la decorazione di sedie da rinnovare tramite stencil, come piccoli tattoo o estesi a copertura totale. Alcune sedie sembrano un tributo a Frida Kahlo, altre un viaggio lisergico dei Pink Floyd: dipinte a mano e personalizzate, queste sedie in legno conservano l'unicità del manufatto artigianale, dove le piccole imperfezioni si trasformano in pregi e peculiarità.
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Seletti: irriverenti design artistici d’arredo
Le collezioni Seletti di imbottiti
Seletti si fa spazio tra i produttori d’arredo lavorando a grandi collaborazioni che portano la creazione di arredi pop, di design; insomma delle vere forme d’arte, irriverenti, che creano nelle nostre case un tocco simpatico e all’avanguardia.
Tutte le nuove collezioni sono state presentate lo scorso mese a Parigi durante la fiera Maison&Objet legata alla decorazione. Seletti, per l’occasione, ha mostrato tutti i nuovi prodotti dando maggior importanza alla linea di imbottiti. Sofà, divani e poltrone, dalle più varie forme, da quelle con un gusto più retrò fino a quelle più divertenti e pop.
Seletti wears TOILETPAPER
Nata da un progetto editoriale di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, la linea Toiletpaper, era già sbarcata a Milano lo scorso anno con un pop up store, in corso Garibaldi, allestito da tappeti realizzati con Toiletpaper. A Parigi, invece, Seletti, nel proprio stand, ha presentato la linea degli imbottiti: poltroncine che evocano quelle degli anni ’50 con piedini in ottone. Ciò che le rende originali è il loro rivestimento, totalmente stravolto con immagini surreali. Ecco i temi: Spaghetti, spaghetti al pomodoro, Lipstick, mani maschili che impugnano rossi rossetti, Cat, un gatto tra le pillole, Flowers with Holes, fiori borchiati, Snakes, serpenti striscianti. Una collezione davvero unica.
Comfy
In collaborazione con Marcantonio, Seletti ha realizzato sofà e poltrone ricoperte da un soffice nido di cuscini, un vero inno alla comodità. “È un desiderio che abbiamo tutti, quello di essere accolti in un soffice nido dove i cuscini si possono mettere come vogliamo”, spiega il designer raccontando da dove sia nata l’idea.
I divani, disponibili in turchese, bianco e antracite, presentano piedini in metallo ottonato e i cuscini, dai quali è composto, sono realizzati con differenti tessuti per creare un movimento cromatico. Per portare uno stile chic-retrò al nostro salotto.
UN_LIMITED EDITIONS
Seletti con la collaborazione di Studio Job ha sicuramente realizzato la linea più irriverente e artistica. Per la selezione imbottiti ha realizzato Hot Dog Sofa e Burger Chair. Attraverso l’utilizzo di due delle immagini più iconiche della cultura americana, l’hot dog e l’hamburger, sono stati creati degli incredibili arredi, che possono dare alla vostra casa uno stile pop e al di fuori delle solite righe.
Camilla Catalano
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L’irriverente Seletti Seletti: irriverenti design artistici d’arredo Le collezioni Seletti di imbottiti Seletti si fa spazio tra i produttori d’arredo lavorando a grandi collaborazioni che portano la creazione di arredi pop, di design; insomma delle vere forme d’arte, irriverenti, che creano nelle nostre case un tocco simpatico e all’avanguardia.
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