#cucina piccola
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non vi ho mai parlato di lorenzo in quanto ci siamo conosciuti proprio qua. 2 anni fa, durante il peggior periodo della mia vita, mi manda un messaggio. “sei una bella persona” mi dice. e gli credetti. si fece tre ore di viaggio solo per vedermi. facemmo l’amore e fu il più bel sesso della mia vita. sarebbe partito in erasmus per la polonia poco dopo e mi propose di andare a vivere con lui per scappare via dai miei genitori. con l’amaro in bocca dovetti dirgli di no. si fece un tatuaggio per me. un gesto davvero stupido. chiusi poco dopo con lui in concomitanza con la sua partenza. sarebbe stato via 6 mesi. già allora non riuscivo a sopportare di stargli lontano. passa un anno. gli riscrivo. ci rivediamo. facciamo di nuovo l’amore ed è più bello di prima. gli faccio da guida a ravenna e lo porto a visitare i miei posti preferiti. andiamo a vedere un film al modernissimo e non smette di accarezzarmi la gamba nemmeno per un secondo. cucina sempre per me dal momento che sono negata a farlo. quando dormiamo assieme lo faccio sempre finire dalla parte opposta del letto e mi rimprovera per questo. mentre facciamo la doccia mi accarezza i capelli, come faceva la mia mamma quando ero molto piccola, e mi tiene stretto a se. ogni volta che si abbassa per prendere il bagnoschiuma mi morde un fianco e mi bacia le cosce. quando facciamo l’ amore mi tiene il viso stretto in una mano e gli dico che sono sua. mi tiene i polsi stretti e mi bacia la fronte. quando sorride ha una fossetta sul lato sinistro del volto. è talmente tanto alto che per parlargli devo alzare la testa. mi sono innamorata di lui nel modo più semplice che esista. dolce e profondamente. ieri l’ ho visto per l’ ultima volta. a causa delle mie crisi (che sono peggiorate) e della distanza (che stava diventando impossibile da gestire) abbiamo dovuto chiuderla. l’ ho abbracciato un’ ultima volta. lui mi ha toccato il naso con un dito come fa sempre. “ti amo” gli dico. è l’ ultima cosa che gli ho detto prima di chiudere la porta dietro di me. ho passato tutto ieri pomeriggio a piangere, urlare, e vomitare. vedo la psichiatra giovedì. spero possa andare meglio. stamattina mi sono svegliata e ho sentito il suo profumo sul cuscino. deve averlo spruzzato prima di andarsene. ho dovuto prendere altre 10 gocce di xanax per quanto tremavo.
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Villa Regina, Boscoreale
Scoperto nel 1977 il complesso, situato nel Comune di Boscoreale, è una fattoria di piccole dimensioni costruita in età sillana (I secolo a.C.), incentrata su una cella vinaria ospitante 18 dolia interrati per la conservazione del mosto ricavato dall’uva prodotta nel vigneto che circondava la villa e della quale è stato possibile ricostruire l’impianto. La fattoria era infatti dotata di un apposito ambiente per la torchiatura dei grappoli, oltre che di locali adibiti alle attività domestiche, a stalla e deposito.
Della pars urbana l’unico ambiente signorile era il triclinio ornato da pitture di III stile, mentre altre stanze di alloggio erano poste al piano superiore accessibile mediante una scala.
All’epoca dell’eruzione la fattoria doveva essere utilizzata solo durante le lavorazioni agricole, e presenta molte stanze in attesa di essere ripristinate dopo il terremoto del 62 d.C.
Tra gli oggetti ivi rinvenuti si segnalano una piccola erma del dio Bacco, proveniente dal larario del portico, numeroso vasellame da mensa e da cucina, attrezzi agricoli ed alcune lucerne, tra cui una databile al III-IV secolo d.C. che dimostra la frequentazione del sito in epoca posteriore all’eruzione del 79 d.C..
Eta sillana: Ci troviamo nel I ventennio del I secolo a.C., periodo più significativo della storia romana. Già gli storici antichi erano unanimi nel vedere in questo ventennio convulso, problematico, conflittuale e violento per la guerra civile, per lo scontro tra Mariani e Sillani, per la dittatura di Silla, l'inizio della crisi delle istituzioni repubblicane e l'avvio di un processo che porterà all'affermazione di un nuovo assetto sociale ed istituzionale, con la perdita definitiva della repubblica, all'affermazione dapprima della monarchia di Cesare e poi del principato di Augusto. Gli studiosi considerano questo ventennio come una sorta di età di mezzo, non particolarmente creativa, tra la generazione di intellettuali che ha fissato le basi della letteratura latina (Nevio, Plauto, Ennio, Catone e Terenzio) e quella del I secolo, protagonista di una straordinaria stagione letteraria (Lucrezio, Catullo, Cesare e Cicerone).
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Mi sollevo un po': stamattina sono andata a fare una passeggiata nel bosco e poi mi sono fermata a pranzo in un posto che mi ha fatto emozionare per la sua bellezza, una piccola trattoria affianco a un monastero, mangiando in una sorta di piccolo refettorio a cucina familiare piccole calde cose buone. Il mio animo è rinfrancato.
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Cercare un appartamento in Giappone è un'esperienza a sè che in Italia non ho mai fatto (per ovvie ragioni) e che, personalmente trovo tanto stressante (lo è già di suo, poi i giapponesi ci mettono il loro).
(Scrivo quindi queste cose senza sapere niente di come funziona in Italia e in Europa, quindi in caso funziona uguale e bestemmio troppo questo popolo, fatemelo sapere senza problemi).
Partiamo dalle cose belle, quelle che gli stranieri metterebbero nei reels di Instagram mostrando quando il Giappone sia futuristico e attento al cliente.
1. Quando sono entrata in agenzia mi hanno dato un bottiglietta piccola di tè verde
2. Quando vai a vedere un appartamento abbastanza lontanuccio dalla sede, prendono l'auto e ti portano di qua e di là, raccontandoti i pro e i contro della zona
Passiamo alle cose brutte. Costa decisamente troppo.
Traslocare di per sé è caro perché devi pagare il trasporto e (credo) una cifra per la firma del contratto.
In Giappone quando entri in un posto nuovo le spese non si contano.
Esistono prima di tutto 2 voci:
1. 礼金 (reikin) una cifra di ringraziamento per il padrone di casa
2. 敷金 (shikikin) la cauzione, che paghi quando entri ma sono le spese che servono al padrone di casa quando esci (pulizia e altro)
Poi, esistono le spese per l'agenzia che ti fa da garante: una volta entrati si paga dal 40% fino al 100% dell'affitto e poi, in base al tipo di contratto, paghi o una volta l'anno o una piccola somma (tipo l'1% dell'affitto) ogni mese.
Poi il cambio delle chiavi (circa 200€), le pulizie complete, la disinfestazione, altre menate di assicurazione ecc.
Alla fine dei giochi, entri che devi pagare letteralmente un intero stipendio per tutte le spese. Minimo minimo metà stipendio, ma è veramente economico se riesci ad arrivare a quella cifra (e, se ci riesci, vuol dire che c'è qualche altra voce nell'affitto mensile, quindi i soldi se li prendono da un'altra parte).
Poi devi pensare agli elettrodomestici perché qui non ti danno niente: lavatrice, cucina, frigorifero, elettrodomestici, stoviglie, tavoli, sedie, mensole ecc. Zero assoluto, tutto vuoto.
In ultimo, ma non per importanza, ti devi preoccupare se accettano o meno gli stranieri.
Poi, gli spazi. Piccoli, se non piccolissimi. Mi aspettavo una cosa del genere, ma a volte è veramente troppo. Non è difficile infatti trovare monolocali (che monolocali non sono, sono proprio "stanze") di 13-15 metri quadri. Considerando che dentro ci deve essere lo spazio per la cucina e il bagno, quello che rimane è a malapena lo spazio per il letto.
La stanza più grande che ho visto oggi è di 20 metri quadri (non in foto) e, nonostante fosse bella ampia, mi ha fatto pensare che forse sarebbe meglio passare al futon giapponese (così lo metto via in armadio durante il giorno e arrivederci).
Poi l'armadio. Sono femmina ma dei vestiti mi interessa zero e non a caso quando sono venuta 2 valigie sono state abbastanza. La mia roba estiva entra tutta abbondantemente in una valigia sola. Nonostante ciò, in un'altra camera che ho visto l'armadio era talmente piccolo che penso non sarebbe entrato quasi niente di quello che ho. Era molto nuovo e pulito quindi bello tant'è che la ragazza ha detto che è molto in voga... ma, personalmente, dopo che ho visto l'armadio e quanto cupo e buio fosse l'ambiente per me è un grande no. (Foto 3)
L'appartamento che invece era la mia prima scelta perché potrei raggiungere l'ufficio persino a piedi è anche grande abbastanza con un armadio decente, ma non è stato ancora pulito (foto 2) e non sapendo quanto a fondo puliranno sono leggermente impaurita (nonostante io sia zero schizzinosa, ma quando è troppo è troppo).
Poi, quello che loro considerano "importante" sono per me europea solo delle frivolezze. Esempi sono essere vicini a un grande supermercato; se i ristoranti sono più per "gruppi" o se puoi andare da solo; la ragazza che mi ha mostrato i posti mi ha detto che mi consiglia di cambiare tutto della serratura (anche tutte e due se ce ne sono due) perché sono una ragazza (il mondo vede questo paese il più sicuro al mondo eppure le donne giapponesi sono quelle che si sentono meno al sicuro al mondo, perché non sanno che giungla sia fuori). Poi ovviamente mi chiedeva in quale zona preferissi vivere, ma, da straniera, non ne ho la più pallida idea né mi interessa. L'unica cosa che mi interessa è essere vicino all'ufficio, niente più.
Altra cosa che mi ha stranita è la velocità con cui decidono. C'era in programma di andare a vedere un'altra camera, ma era stata appena presa.
Il motivo è abbastanza comprensibile (dal loro punto di vista) perché spesso si cambia lavoro o si è costretti a fare trasferimenti lunghi per lavoro. In più, come mi ha detto la ragazza, le persone che vivono in un posto che non piace sono tante, quindi a un certo punto si decidono e cambiano. Nonostante costi così tanto cambiare stanza... e questa per me è la follia più folle di tutte.
Quando ho incontrato persone adulte di 40-50 anni e passa che vivono nella mia sharehouse mi sono chiesta in parte come facciano... ora considerando quanto pago di affitto con spese incluse e tutte le stoviglie ed elettrodomestici e quanto poco costi solo entrare (50.000 yen che io credevo fossero esagerati) ho capito perché lo facciano. E questo la dice lunga su quanto possiamo essere poveri pur essendo lavoratori in questo paese.
#my life in tokyo#trasloco#appartamento#camera#alla fine dei giochi mi sa che non trasloco più#boh vediamo#poi dite l'Italia....#ah quante mazzate vi darei
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La perdita è qualcosa capace di espandersi a macchia d’olio anche su chi è semplice spettatore. È morto un amico storico di un mio amico.
Ricordo ancora quando dopo il suicidio di mio padre una mia cara amica che mi stette vicino in quella sera maledetta mi disse che quando seppe che era morto, e lo comunicò al compagno, il giorno dopo lo ritrovò a piangere in cucina. Io non avevo mai conosciuto il suo compagno.
Adesso sono io che piango, e mi rendo conto di quanto insidioso e piccola sia di fronte alle grandi tragedie della vita. È tutto veramente effimero, ma non in senso nichilista e cinico. È effimero nel senso che le cose che contano sono davvero poche, due o quattro, e la morte altrui le mette quasi sempre in risalto.
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penso a come sarà svegliarmi nel mio letto, alzarmi e vedermi con i capelli arruffati nello specchio della cabina armadio. alzarmi, non per scelta ma perché chardonnay vuole mangiare, riempirle le ciotole e mettere la moka sul fornello così che la cucina profumi di caffè. se inverno accendere il fuoco, copertina sul divano e netflix in tv.
mi ci vedo, ma mi ci vedo sola. non riesco più a vedere nessuno accanto a me, non riesco più a vedere qualcuno al mio fianco se non quella piccola cozza della mia chardonnay.
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BATTAGLIA

In questi primi giorni di dicembre, cinque anni fa, se ne andava nonna Elena. Se ci penso, ancora mi manca. Al suo funerale la chiesa era piena, nonna era bellissima e aveva dei fiori sulla bara di legno. Io piangevo perché lei non c'era più e quando una nonna non c'è più puoi avere anche 30 o 40 anni, le gambe ti tremano lo stesso. La persona che più mi proteggeva al mondo era svanita nel nulla, forse mutata in qualcos'altro, forse niente, soltanto ossa sepolte nella terra fredda. La morte cancella ciò che siamo e ci trasforma in ricordi che i vivi sfogliano quando il cielo si fa il grigio, per far entrare la pioggia, riempirsi fino all'orlo e farla uscire come lacrime che sanno di mare. Sento ancora la sua voce e mi costringo a non dimenticarla. Sento il rumore della sua macchina da cucire, sento il profumo di ragù uscire dalla sua piccola cucina sgangherata. Elena ha vissuto 96 anni con la mente limpida come le notti di montagna. Per me era impensabile che morisse, e quando è successo ho capito che in realtà le nonne non muoiono. Le nonne, come diceva Fredrik Backman, sono persone da portare in battaglia.
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Da non credere cosa può capitare a voler essere gentile con i vicini di casa.
Si erano trasferiti nel condominio da qualche settimana. Padre, madre e un ragazzo adolescente. Non si erano presentati e così mi è sembrato un gesto di buon vicinato andare a bussare io alla porta, e portare un dolce di benvenuto, fatto con le mie mani.
Quando ho suonato il campanello nessuno ha risposto e avevo già girato le spalle per tornarmene nel mio appartamento.
Quando si apre la porta. È il figlio.
“Ciao, gli dico, sono la signora Margherita, quella del piano di sopra. Volevo presentarmi a tuo padre e tua madre e ho portato una piccola torta che ho preparato per darvi il benvenuto….”
Il ragazzo è stranamente tutto rosso in volto. È in tuta e con tutte e due le mani tira verso il basso il bordo della felpa, come se dovesse nascondere qualcosa.
Sono abbastanza vecchia, ed esperta di ragazzi: ho capito subito che, complice il fatto che la casa fosse vuota, stava facendo qualcosa …che avevo interrotto…..
“Mamma e papà non ci sono….” Infatti dice, con un filo di voce. Non un buongiorno, non un grazie, chiaramente imbarazzato. Tanto imbarazzato, e tanto occupato a tirare giù la felpa con le due mani, che non fa nemmeno il gesto di prendermi la torta dalle mani. Sono io che devo chiedergli:
“La torta, posso lasciarla almeno, o devo riportarmela via?” Sorridendo.
A quel punto capisce di esser stato maleducato…”Ah si, prego, scusi” farfuglia. Si scosta dalla soglia, mi fa entrare, ma di prendere questa dannata torta non se ne parla. È evidente che il ragazzino si stava masturbando in beata solitudine e che io lo ho interrotto…..e che il cosino ancora non ne vuol sapere di abbassarsi…
“La poggio in cucina?” chiedo e lui non risponde ma fa cenno di sì con il capo.
Potrei andare via, a questo punto, ma sono molto divertita dalla situazione….e anche un po’ intrigata dall’ immaginare che quella felpa cerca di nascondere un bel pene duro….
Così, senza nemmeno chiederglielo, mi vado a sedere sul divano. Gli sorrido. Mi metto comoda e accavallo le gambe. Faccio cenno con la mano di sedersi vicino a me. “Come ti chiami?”
“Antonio…” risponde a bassa voce. Si vede che soffre per l’imbarazzo, ma non riesce a dire di no alla richiesta di una adulta, e così si viene a sedere vicino a me.
Eh si, l’erezione si vede tutta. Si stava masturbando, chiaramente, tesoro, e forse la mia gonna corta, le calze, quei bottoni della camicetta che con nonchalance ho sbottonato, non aiutano il suo pisellone a ritrovare la quiete.
Lo guardo bene. È carino. Un bocconcino. Mi avvicino a lui. Metto la mia mano sulla sua, per essere pronta a trattenerlo se, impaurito, tentasse di scappar via. I suoi occhi vanno dalle mie cosce al seno. Il pomo d’Adamo nel collo fa su e giù.
“Che hai da guardare, tesoro?” Guido la sua mano sulla mia gamba. Non oppone resistenza, bene. “Forse ti piaccio?”
Resta con la bocca aperta, ma non risponde. Mi chino su di lui, con l’altra mano gli prendo il mento fra le dita, guido la sua bocca verso la mia e lo bacio sulle labbra, facendogliele aprire finché la mia lingua non scivola dentro la sua bocca.
La mia mano lascia la sua che mi sfiora le gambe e va a controllare quanto sia duro sotto la tuta. Con piacere sento non solo che lo è, e tanto, ma anche che sotto la tuta non ha nulla: deve essersi rivestito davvero di fretta quando ho bussato.
Gli abbasso la tuta, continuando a tenergli la lingua in bocca, glielo scopro e lo accarezzo. Lo sento gemere, ma non lo faccio venire, non lì in salone.
“Vieni, mostrami dove è la tua stanza ….” Gli dico prendendolo per mano.
In camera sua lo spingo sul letto, gli ho tolto la felpa, i pantaloni della tuta abbassati sotto le ginocchia. In piedi davanti a lui mi tolgo le mutandine.
“Quando tornano i tuoi?” “Alle 6”, balbetta. “Ottimo” e gli sono di sopra, liberando i seni e dandoglieli da succhiare mentre mi impossesso del suo cazzo per scoparmelo come si deve.
“Da oggi ti aspetto a casa mia ogni giorno a quest’ora, intesi?”, mentre comincia a gemere sotto di me, “e basta seghe!”
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Sono stanco.
Non è stanchezza fisica, ma quel affanno a stare dietro a cose che in realtà non mi interessano, due esempi.
Un paio di settimane fa ho pensato di iniziare a muovermi e spostarmi a Tallinn, ho iniziato a cercare casa e lavoro, mi scrive una che conosce uno chef con cui ho lavorato e lui mi fa delle referenze eccezionali, la tipa mi invita ad andare per parlare, ma essendo 5 ore di viaggio andata e ritorno, più il tempo che ci metto a trovare il posto e i soldi che spendo ho pensato di chiedere quanto pagano perché non vorrei perdere tempo, l'ho chiesto due volte, specificando che sotto una certa soglia non vado, anche perché nella capitale le case costano di più. Dopo la seconda volta non ha risposto più, quindi ho pensato ok era la solita schiavista. Invece oggi ha risposto, e ho pensato wow, 1750€ lordi, quindi levando le tasse sono 1300 e qualcosa, adesso ne prendo 1200, io non so, forse ste persone pensano di essere dei benefattori, boh. Francamente non risponderei neanche però lei ha frainteso il mio messaggio perché alla fine mi ha scritto "adesso possiamo dialogare?" Cioè credi che sono uno con la puzza sotto il naso o che ha la minchia laccata d'oro? Piccola parentesi, questi lavori non sono a stipendio ma ad ore e siccome capita spesso che si fanno meno ore e si prende meno. Io onestamente sposterei solo per uno stipendio di 1500 o più in tasca. Certo se penso che il salario minimo qua in Estonia è di 724€ lordi con una tassazione ridicola, ma in tasca comunque entrano meno di 700, posso ritenermi fortunato? No, ho più di 25 anni di esperienza nel settore e ho lavorato ad altissimi livelli, certo qua siamo ai confini del mondo conosciuto ed è già assai se lavoro, visto anche il razzismo galoppante degli autoctoni, però a loro persone come me servono perché di gente brava e capace qua non ne ho vista molta. Che dire, aspetto prima di rispondere.
Secondo esempio, mi scrive il tipo che era sfornito il fine settimana, quindi vado, mi inizia a parlare di ste simil sigarette elettroniche con la resina dell'erba, interessante gli dico, mi spiega svariate cose, poi gli dico "Ci penso, ma nel frattempo dammi l'erba che mi piace di più", "Non ne ho, ho preso questi apposta sono 150€ e ti dura 2 settimane, certo dipende anche quanto fumi". Gli ripeto che ci penso, ma gli annuncio che domani faccio l'ultimo giorno di lavoro, quindi caro mio 150 ciao, in due settimane e lui lo sa ne spendo 100. Esco sconsolato e faccio la strada mandando un vocale a Spock che sembrava lo sproloquio di Benigni in Berlinguer ti voglio bene.
L'unica gioia di oggi è che il mio collega è andato via lasciandomi unico uomo, anche se qua a differenza dei ristoranti italiani o londinesi le colleghe non ti coccolano, ma la mia collega della cucina che è una rara bellezza origini russe, è russa praticamente, capelli rossi occhi verdi a mandorla perché i nonni erano di una zona vicino la Kamichatka, peccato che ha 23 anni, ma è cazzutissima. Oggi ci siamo fatti la foto abbracciati, rituale? Bah, va bè. Adesso nella tristezza della sera penso che mi doccio e mi faccio un pò di solfeggio e poi vado a letto, si ho ripreso perché voglio tornare a comporre, poi magari vi dico meglio. Buona notte.
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Ieri Virginia mi ha chiesto: “Papà, ma se tu e la mamma vi lasciate chi è che tiene due figlie e chi una?”
Ero in cucina, stavo affettando le cipolle, la domanda mi ha colto di sorpresa.
“in che senso Virginia?”
“Siamo tre sorelle, ha detto, la terza sorella non potete mica dividerla a metà!”
Mi è venuto da ridere.Stavo per risponderle "Non ti preoccupare amore la mamma e io non ci lasceremo mai", ma non volevo mentirle perché so che ogni relazione si inventa ogni giorno e il torto più grande che puoi fare a te stesso e agli altri, è proprio quello di crederti invincibile.
“Virginia, ho detto , se per caso io e tua mamma ci separassimo vi vedremmo tutte e tre, un po’ io e un po’ la mamma, non ti preoccupare”
“Ma in Mrs. Doubtfire il papà vedeva i bambini solamente di sabato” ha detto.
“Virginia, certe volte quando due genitori si lasciano possono succedere delle cose. Magari non si lasciano bene, ma la mamma ed io siamo sempre andati d’accordo, se ci lasciassimo voi verreste al primo posto.
Hai capito? Sempre!”
Mi ha fissato in silenzio.
“Papà, ma l’amore può finire?”
Ci ho pensato un attimo prima di risponderle
“L’amore non finisce, sono le persone che cambiano!”
“Le persone?”
“Virginia, anche gli adulti crescono, sai? Tu adesso sei una bambina grande, sette anni fa eri una bambina piccola. Funziona un pochino così anche tra le mamme e i papà. Io quando ho conosciuto mamma ero una persona diversa ed anche lei.
L’importante, quando due persone si amano, è riuscire a cambiare insieme o a rispettare i cambiamenti. I genitori fanno proprio quella cosa lì, ma certe volte non ci riescono.
E’ per quello che l’amore per i figlio è l’unico che non finisce mai mai!”
“Ma tu, quando hai incontrato mamma, come hai fatto a sapere che era la mamma?”
“Non ho capito!”
“Come hai fatto a capire che volevi amarla?”
“Ah, quello, l’ho capito dopo circa dieci minuti”
“E da cosa?”
“Quando ci siamo incontrati si è sollevata i capelli dietro la nuca e si è fatta uno chignon senza l’elastico, solamente annodandoli”.
“E allora?”
“Allora lì ho capito che lei aveva disperatamente bisogno di un elastico ed io dei suoi capelli”
“E tu avevi l’elastico?”
“No, ma quando la mamma lo ha scoperto ormai già mi voleva bene!”
“Papà! Ma allora l’hai imbrogliata”
“Forse un po’, ma il punto è che la mamma è stata la prima che mi ha fatto venire voglia di cercare un elastico, capisci cosa voglio dire?”
Mi ha guardato per qualche secondo."Tieni papà, mi ha detto sfilandosi l’elastico che le teneva su i capelli, così tu e la mamma non vi lasciate.
Lei ha riso, io per fortuna stavo affettando le cipolle.
da Notti in bianco, baci a colazione
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Pagine Golose
In polipo: pipere, liquamine, lasere inferes - Apicio, De Re Coquinaria, 9.5.1
Traduzione: Per il polpo: pepe, liquamen, laser e servi
De Re Coquinaria di Apicio è il primo grande libro sul cibo della nostra cultura occidentale: è solo in parte riassumibile in un ricettario perchè assomiglia più ad un indiretto atlante del gusto dell'Impero Romano (il libro, su cui ci sono le consuete dispute filologiche, risale al I secolo D.C., al culmine della potenza Imperiale romana). Nella ricetta del polpo, Apicio consiglia quindi di condirlo con il pepe (spezia le cui quantità di commerci nel corso della Storia fanno venire le vertigini), il liquamen, che è una variante del famoso garum, e il laser: non era una diavoleria di una primitiva cucina molecolare, ma un ingrediente ottenuto dalla resina estratta dalla radice del silfio, una pianta che cresceva esclusivamente sulle coste prossime alla città di Cirene in Libia. In età romana, tanto era richiesto il laser che la continua e non regolata raccolta del silfio ne provocò l’estinzione. Plinio ci dice che l’ultima pianta venne regalata all’imperatore Nerone e si dovette ripiegare su una sostanza analoga, anche se non identica all’originale, ricavabile da una pianta simile al silfio: l’asafoetida o assa fetida. Il nome, diremmo, non promette nulla di buono e infatti la presenza di zolfo rende il prodotto particolarmente maleodorante, almeno prima della cottura. Il laser originario, come il succedaneo da assa fetida, avevano notevoli proprietà medicinali riconosciute da sempre.
Piccola curiosità leggendaria: i semi hanno una forma particolare, che assomiglia al geroglifico egizio utilizzato per indicare il concetto del cuore (ỉb):
da cui alcuni speculano si sia arrivato all'immagine del cuoricino.
Questa storia l'ho ritrovata in un foglietto in un altro libro stupendo che parla di cibo, Buono da Mangiare di Marvin Harris, dove il famoso antropologo si chiede e cerca di spiegare, per esempio, perchè in certe zone si mangia la carne di maiale e in altre no. E c'è una lista di libri legati al cibo (alcuni non li posseggo nemmeno, probabilmente era anche una lista di desideri) che lascio qui, divisi nelle sue sezioni con annessa piccola spiegazione:
Claude Levi-Strauss, Il Crudo e il Cotto; Marvin Harris Buono Da Mangiare e Cannibali e Re; Massimo Montanari, Il Cibo come Cultura
Il cibo dei giallisti: Manuel Vázquez Montalbán, Ricette Immorali. Camilleri scelse Montalbano come cognome del suo indimenticabile commissario proprio in onore del suo amico scrittore catalano, ed entrambi condividono la passione, critica e viscerale, per il cibo, tra le ricette della tradizione siciliana o quella catalana di Pepe Carvalho. Ma la passione del cibo è presenta in tutta la giallistica europea, dalle colazioni che la signora Hudson fa a Sherlock Holmes e al Dottor Watson, oppure ai pranzetti dei bistrot del Commissario Maigret annaffiati di Calvados. Al contrario, raramente i personaggi degli hard boiled americani hanno un buon rapporto con il cibo, se non con l'alcool con cui si accompagnano, spesso, sin dalle prime ore del mattino.
Antony Bourdain, Kitchen Confidential
José Manuel Fajardo, Il Sapore Perfetto
Redcliffe N. Salaman, Storia Sociale Della Patata
Nel 1903 Salaman fu nominato direttore dell'Istituto patologico del London Hospital, ma nel 1904 si ammalò di tubercolosi e dovette smettere di esercitare la professione medica e trascorrere sei mesi in un sanatorio svizzero. Gli ci vollero più di due anni per riprendersi completamente dalla malattia. Acquistò una casa a Barley, nell'Hertfordshire e, poiché non poteva tornare a praticare la medicina, iniziò a sperimentare una nuova scienza emergente, la genetica sotto la guida del suo amico William Bateson. Dopo diversi esperimenti falliti con una serie di animali e dopo aver chiesto consiglio al suo giardiniere, Salaman iniziò a sperimentare con le patate. Iniziando per caso, notò dapprima le caratteristiche recessive e dominanti delle varietà che incrociava (come aveva notato Mendel con i piselli), poi attraverso vari incroci fu il primo a creare ibridi di patate, che notò essere resistenti a numerose malattie, tra cui la peronospora della patata, che fu la causa principale della grande carestia che colpì l'Irlanda tra il 1845 e il 1849, decimandone la popolazione. Lo studio di Salaman, che spazia dall’antropologia all’archeologia alla storia agraria, incrocia molteplici campi dell’esperienza storica: ricostruisce i caratteri originari dei sistemi agrari dei vari paesi, riporta in luce la profonda commistione degli interessi agrari con quelli politici, restituisce scorci della vita materiale dei ceti più poveri; riconduce infine l’analisi dei comportamenti alimentari alle forme dell’immaginario collettivo."Un monumento insuperato di erudizione e di simpatia umana” (Eric Hobsbawm).
Se vi va, si potrebbe allungare la lista con tutti i contributi sul rapporto cibo\libri che vi vengono in mente, così da creare una piccola biblioteca al riguardo! Aspetto le segnalazioni!
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"A New York lo senti in modo particolarmente acuto" disse a Tartarskij [...] "che puoi anche passare tutta la vita in una piccola cucina puzzolente a guardare un lurido cortile pieno di merda e a masticare una polpetta schifosa. Te ne stai lì alla finestra a fissare la merda e i bidoni della spazzatura, e intanto la vita passa senza che neanche te ne accorgi." [...] "ma come mai si deve arrivare fino a New York per questo? Forse..." "Ma perché a New York lo capisci e a Mosca no" l'interruppe Pugin" è vero, qui ce ne sono molte di più, di cucine puzzolenti e di cortili pieni di merda, ma qui non lo capirai mai che finirai per passarci in mezzo tutta la vita. Finché non sarà passata per davvero. E questa è, fra l'altro, una delle caratteristiche più rilevanti della mentalità sovietica."
Viktor Pelevin, Babylon, Cap.3 Tiāmat-2
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ho fatto il ragù, era piuttosto buono anche se non dovrei dirmelo da solo, non è la prima volta, ho imparato ormai da tempo e anche se in cucina non sono bravo andando per tentativi riesco anche io lol.
questo non vuole essere il classico post da uomo de eh ma la carbonara mia è la mejo, tutt'altro, lo faccio perchè ogni volta che preparo il sugo viene leggermente diverso nonostante io cerchi di prendere sempre gli stessi ingredienti.
forse dovrei essere molto più preciso con la ricetta prendere note per ricreare come un esperimento di laboratorio ma la vita è troppo breve per ossessionarmi anche su questa cosa e così almeno ogni volta ho una piccola sorpresa
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Durante e in preciclo tra le cose che probabilmente provo di più c'è l'invidia.
L'invidia è una più o meno contenuta costante che in questo periodo raggiunge picchi molto alti. I giorni scorsi per lavoro ho avuto a che fare con un'associazione che promuove gli artisti di vario genere e tipo nella mia città, dedica tre post ad artista: chi è, cosa fa, il laboratorio. Tra questi una ragazza della mia età, viso conosciuto, che nemmeno sapevo fosse artista. Scopro che ha questo laboratorio stupendo da diverso tempo dove più o meno dipinge, crea, copia. Ogni volta che ci penso mi si forma un nodo alla gola grosso forse più di un pugno. Si definisce artista e quello che fa è molto banale, visto e rivisto e forse anche un po' bruttino. Di questo ci vive a quanto pare. Ma di questo ci vive, anche nel senso che lo vive. Crea, si trasforma, è libera, si diverte, è fiera, si nutre, gioca. Questa mattina la conferma di quello che già un po' sapevo: sempre per lavoro faccio vedere alla boss questo tipo di post e al suo laboratorio "oeh ma che posto bellissimo questo!" ... "aaaah ma è lei, la figlia di x, ci credo che si può permettere un posto così".
A volte penso che la mia vita sarebbe nettamente migliore, decisamente più felice per un non nulla di diverso. Certo, una barca di soldi farebbe comodo, ma non per forza quello. A volte, ad esempio, penso che se solo mio padre fosse stato una persona lievemente più stabile probabilmente sarebbe ancora qui in Italia con una sua piccola casetta, anche in affitto, con una qualche stanza utile trasformato in laboratorio, tipo la camera da letto o la cucina. E adesso anziché essere qui a fermare di forza un film tanto questi pensieri sono invadenti da non farmi concentrare, forse sarei a casa sua con le mani sporche di pittura, mentre utilizzo i suoi attrezzi e i suoi colori spensierata. O ancora, starei provando a spezzettare chissà che materiale perché va bene il modo tradizionale che mi hai insegnato per creare mosaici, ma adesso voglio sperimentare.
Invece sono qui, con tutti i miei materiali ancora chiusi in scatoloni
vi chiedo scusa
Che aspettano il momento in cui finalmente c'è dello spazio anche per loro.
Sono qui, a provare invidia.
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I momenti di piccola invidia e gelosia in questo appartamento sono pochi, ma non sono neanche del tutto assenti.
È abbastanza ovvio: le mie coinquiline non sono delle monache carmelitane, sono delle ragazze ventenni nel fiore del dopo-adolescenza, ci sta che abbiano tutti i sentimenti possibili, sarebbe strano il contrario.
Comunque, non capita neanche spesso. Qualche giorno fa però è successa una piccola cosa di quel tipo, cioè una scena di gelosia. Due delle mie compagne di caso si sono accorte che la terza (devo dire il nome?) ha un rapporto, diciamo, un po' privilegiato con me, che per esempio ogni volta che si compra qualche vestito, la prima cosa che fa dopo che rientra a casa è provarselo e venire in camera mia per farmelo vedere. Le altre due invece non lo fanno così sistematicamente, cioè, qualche volta può capitare, ma non proprio sempre.
È una cosa di cui mi sono accorto solo adesso, ripensandoci. Praticamente, è successo che Veronica, una delle "altre due", si è comprata dei leggings bianchi al centro commerciale. Quando è rientrata, in quel momento in casa c'ero solo io, e non mi ha detto niente, ci siamo visti in cucina ma abbiamo parlato d'altro, ho solo notato che aveva con sé la busta del negozio.
Circa due ore dopo, è rientrata Violetta dall'università, e mentre lei era in cucina, Veronica è venuta in camera mia con indosso i leggings per farmeli vedere. Sul momento non ci ho fatto caso, ma a ripensarci adesso lei avrebbe potuto farmeli vedere subito, invece ha aspettato il momento in cui è rientrata Violetta e quel punto è venuta immediatamente da me con i leggings addosso. Tanto è vero che nel frattempo si era messa già il pigiama e si è dovuta cambiare di nuovo i pantaloni per mettersi quelli nuovi.
Solo pensandoci adesso mi rendo conto che era forse Veronica voleva in qualche modo far vedere a Violetta che non era l'unica ad avere quei momenti di confidenza con me in cui mi mostra i vestiti nuovi: è stata troppo sincronizzata con il ritonro a casa di Violetta, e in più lo ha fatto quando lei era in cucina e poteva accorgersi che stava venendo in camera mia.
Non ne ho la certezza assoluta, ma mi faccio molte domande: è vera questa mia impressione? E se è vera, come penso, allora perché Veronica ha sentito il bisogno di "imitare" violetta quando mi mostra i vestiti, e soprattutto di farlo vedere a lei? Poteva essere davvero una piccola gelosia?
Naturalmente questo per me non cambia molto le cose, anzi, queste piccole scene di gelosia quotidiana sono anche dei momenti simpatici, se sono visti dal lato giusto, questo si che è sicuro.
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