#cronaca dal fermano
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Controlli in autostrada nel Fermano. La Polizia Stradale ritira 4 patenti. Una era falsa
FERMANO Quattro patenti ritirate, di cui una falsa. Questo il bilancio del servizio straordinario messo in atto dalla Polizia Stradale per il contrasto alla guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti che si è svolto nella notte del 21 luglio lungo il tratto autostradale nella provincia di Fermo. I controlli, effettuati dalla Sezione Polizia Stradale di Fermo…
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Ah già il titolo.
"Non ho voglia di trovarne uno" (cit.) *
Succede che a Carpi fermano due ragazzi cui chiedono i documenti per via di uno striscione che portano piegato per le strade e che vorrebbero esporre al passaggio del ministro dell'interno. Sullo striscione sono citati i versi di una canzone di Caparezza e di De André. Ma al ministro non piaceva De André?
Certo è che dopo lo striscione rimosso dai Vigili del Fuoco che così lo ha reso visibile non solo a Brembate ma a tutta Italia forse era meglio fare finta di nulla, ma certa gente il senso del ridicolo evidentemente non c'è l'ha.
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Sempre suddetto ministro si fa blastare (come si dice oggi) dal direttore del TG la7 Mentana reo, secondo il nostro, di non evidenziare quanto bene fa questo esecutivo. Certo che se lanci un concorso per regalare ai tuoi elettori fan la possibilità di vederti dal vivo meriti di essere perculato, dai.
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Si apprende che in gioventù, all'asilo, il leader nostro dell'interno ha subito un furto: gli rubarono un pupazzetto di Zorro. Lo sappiamo grazie al libro intervista quello pubblicato da Altaforte (che nome orrendo) casa editrice di Casa Pound. Qualche giorno fa sono state pubblicate le prime righe di questo libro e hanno scatenato un'ondata di prese in giro.
A questo punto forse era davvero meglio censurarlo. Per pietà nei confronti del protagonista, mica per altro. Poi se uno vuol coprirsi si ridicolo...
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Durante il presidio non autorizzato di Forza Nuova, quello che voleva impedire a Mimmo Lucano di parlare alla università La Sapienza di Roma, un passante si permette di dire che fanno schifo e questi democratici fascisti lo circondano e uno di loro schiaffeggia il ragazzo sotto gli occhi della polizia. Certo che sono permalosi questi.
Non risulta che chi ha schiaffeggiato il ragazzo sia stato identificato o portato in questura.
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Un giornalista, direttore di un ben noto quotidiano, tempo fa disse che bisognava chiedere scusa al PM Zuccaro che aveva cominciato ad indagare sulle ONG per traffico di esseri umani accusando le organizzazioni e le loro imbarcazioni di essere dei "taxi del mare" come le ha definite un esponente politico.
Vediamo se vi ricordate chi è il giornalista, direttore e di quale quotidiano egli dirige. Senza l'aiuto da casa, però.
Intanto, se avete seguito la cronaca saprete che l'indagine è stata archiviata. Non vi sono elementi per proseguire. La richiesta l'ha fatta lo stesso PM Zuccaro.
A questo punto più che delle scuse credo meriterebbe una pernacchia.
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Tigrotto ha imparato a salire da solo sulle sedie di noi adulti. Devo trattenermi dalla voglia di aiutarlo, di sicuro non ne ha bisogno. Fatica un po' ma si siede correttamente.
Una volta seduto butta tutto o quasi sul pavimento. Ha una certa predilezione per le mattonelle di gres porcellanato del soggiorno che preferisce usare al posto dei fogli di carta per i colori a cera serie "Bebè" della Giotto. Sono lavabili, dice la scatola. Per ora il bianco del pavimento pare sia coperto da stelle filanti.
Ha pure imparato ad accendere i fornelli a gas. Cioè la manopola la sa girare da un pezzo, quello che ha imparato ora è schiacciarla per far uscire il gas.
Conto, tra qualche settimana, di insegnargli a cucinarsi da solo la pastina così al compimento dei 3 anni lo iscriviamo direttamente alle medie. A sei anni magari si cerca un lavoro: mica può stare sempre a campare sulle spalle dei suoi genitori!
* Il titolo è preso in prestito dal Tumblr di @sullen-snowflakes, glielo restituisco dopo averlo lavato, steso ad asciugare e stirato con l'appretto.
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Nell'inchiesta bis della procura di Roma sui depistaggi che hanno avvolto il caso Cucchi c'è un altro indagato eccellente: il generale dei carabinieri Alessandro Casarsa, fino a gennaio capo dei corazzieri al Quirinale, attualmente in attesa di una nuova destinazione e nel 2009, con il grado di colonnello, comandante del Gruppo Roma. Casarsa, come spiega il Corriere della Sera, è indagato per falso in atto pubblico, insieme agli altri ufficiali già finiti sotto inchiesta per aver manipolato, secondo l'accusa, almeno due relazioni di servizio. Casarsa è stato interrogato dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal sostituto Giovanni Musarò, davanti ai quali ha negato ogni addebito e si è detto estraneo a qualunque tentativo di intralciare la verità sulla morte di Cucchi. Ma gli accertamenti della procura non si fermano. Al centro della vicenda che ha coinvolto Casarsa ci sono le annotazioni sulle condizioni di salute di Cucchi, redatte dai carabinieri Gianluca Colicchio e Francesco Di Sano, ai quali dopo la morte del detenuto era stato chiesto di riferire quello che avevano visto e sentito la notte dell’arresto. Il luogotenente Massimiliano Colombo Labriola, comandante della stazione dei carabinieri di Roma-Tor Sapienza già inquisito per questo episodio, ha raccontato che le relazioni furono in seguito modificate dopo l’intervento del maggiore Luciano Soligo. Secondo Colombo il maggiore, che si è avvalso della facoltà di non rispondere, parlava al telefono con un superiore chiamandolo «signor colonnello». E fece trasmettere per posta elettronica le annotazioni all’allora capo dell’ufficio comando del Gruppo Roma, il tenente colonnello Francesco Cavallo, il quale le rimandò indietro modificate, con l’indicazione «meglio così». Dalle relazioni erano spariti i riferimenti a «forti dolori al capo e giramenti di testa», nonché a difficoltà a camminare, tremori e dolori al costato lamentati da Cucchi. Di Sano accettò di firmare la relazione modificata, Colicchio no. Cavallo ha detto ai pm di non ricordare le modifiche, ma che in ogni caso tutto fu fatto in accordo con il comando del Gruppo Roma e che se ne era occupato pure il suo diretto superiore, il colonnello Casarsa.
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«Meglio che si sia ucciso uno così che un’altra persona». Non si fermano le polemiche dopo l’episodio di cronaca verificatosi ieri nel Vercellese. Un uomo di origini nigeriane, di 33 anni, si è lanciato dal convoglio sulla linea Chivasso-Novara perché – con ogni probabilità – sprovvisto di biglietto, mentre sul treno era in corso un controllo della Polfer. L’uomo, si scopre oggi, aveva un regolare permesso di soggiorno e svolgeva la mansione di imbianchino in zona. Lo strascico di polemiche che si è verificato in seguito all’episodio ha riguardato anche la politica locale, con un consigliere comunale del Pd di Biella, Paolo Furia, che ha voluto esternare pubblicamente un racconto confermato – lo si ribadisce – soltanto da testimonianze di persone che avrebbero assistito alla scena. Una persona che lavorerebbe all’ufficio dirigenti in movimento della stazione di Santhià avrebbe affermato: «Meglio che si sia ucciso uno così che un’altra persona». Secondo le testimonianze relative alla dinamica dell’incidente che si è verificato sulla linea ferroviaria piemontese, l’uomo ha iniziato ad agitarsi e a bussare con violenza alla porta del capotreno quando ha visto il controllo in corso. Gli agenti hanno provato a tranquillizzarlo, ma il ragazzo avrebbe iniziato a rispondere in maniera aggressiva, avrebbe aperto un finestrino e sarebbe riuscito a buttarsi, nonostante gli estremi tentativi di salvarlo da parte del capotreno e dei poliziotti. Giornalettismo
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Ciao! In un tuo recente post hai parlato di un discorso a ragazzi di 11/13 anni: che argomento hai esposto? E soprattutto, come è andata? 😃
Ciao a te anon dalla curiosità gentile, ti spiego un po’: per diversi anni, ai tempi del liceo intendo, ho fatto l'educatrice in parrocchia - non ero una catechista mi occupavo principalmente delle attività dell’oratorio estivo -; poi la vita per una serie d’eventi ha fatto vacillare la mia Fede, arrivando oggi ad essere un’agnostica convinta.
Premessa fatta, nonostante questo mio allontanamento dalla Chiesa, ho continuato a frequentare le persone conosciute negli anni proprio in quell’ambiente (le mie amiche di sempre, sono catechiste tutt’oggi) e di tanto in tanto vengo interpellata per dar loro una mano in attività extra catecumenali. Sabato scorso per l'appunto, ho tenuto un discorso a ragazzini di quinta elementare, prima e seconda media sulla mia esperienza di vita; in poche parole in un'ora ho cercato - e credo di esserci riuscita visto il feedback datomi attraverso le loro domande - di far capire loro che nonostante tutte le difficoltà, i limiti che ognuno di noi ha a suo modo, si può vivere una vita degna d’esser definita tale. Si possono realizzare i propri sogni e, per quanto la vita possa donarci delle difficili sfide da affrontare, dobbiamo imparare a rimboccarci le maniche e affrontarle a testa alta e col sorriso ben impresso sul proprio volto.
Una delle cose più tenere che mi sono state dette, è venuta dal più piccolo di tutti, un bimbetto di appena dieci anni super paffutello e imbarazzato, che alla mia risposta ad un'altra bambina riguardo a quale età avessi avuto la prima carrozzina elettronica; lui tutto indignato ha reagito così: “Eh, ma io non capisco proprio, perché hai avuto la carrozzina solo a sei anni?!? Sono le tue gambe e dovevi averla subito!!”
Ecco, dopo essermi sciolta alle sue parole e avergli regalato un sorrisone - giuro d’essere stata seriamente tentata nel chiedergli di alzarsi per dargli un mega abbraccio - ho dovuto spiegargli che a volte alcune persone, anche medici come nel mio caso, si fermano alle apparenze senza valutare la persona nella sua interezza e esaltandone le qualità, sta a noi però il compito di far valere i nostri non soltanto diritti, ma anche e soprattutto la nostra persona per quel che è.
Insomma, credo di averti risposto più che abbondantemente: in quell’oretta ho cercato di far emergere attraverso la mia testimonianza quanto la vita possa essere bella nonostante tutto, introducendo di tanto in tanto degli aneddoti “divertenti”, come la storia dell'amico che nel farmi mangiare un gelato me lo spalmò v o l u t a m e n t e in faccia (con annesse prove video) o ancora quando, durante una scampagnata con amici oramai cresciuti *, decidemmo di giocare ugualmente a nascondino e quegli stronzi (aggettivo ai bimbi censurato) che frequento, mi nascosero sotto nove giacche e altrettante sciarpe.
* per dovere di cronaca, devo specificare che tutto ciò è avvenuto soltanto un anno fa e avevamo tutti un'età compresa fra i 22 e i 30 anni.
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Le confessioni d'un ottuagenario (ma solo peccati di "Smartphone")
di Carlo Maccà
-- Seguire i social mi ruberebbe troppo del tempo che ornai mi resta da campare, quindi non leggo neppure i commenti postati dai lettori dei miei (e altrui) articoletti che Fotopadova.org mi onora di pubblicare. Non li scrivo per l'orgoglio di vedere il mio nome e cognome girare per il web (ho avuto ben altre soddisfazioni nella mia passata attività scientifica). Neppure le sollecitazioni del conduttore del sito spesso bastano a farmi lavorare su soggetti di attualità ma che non mi attirano. Preferisco temi che mi costringono a studiare e a meditare, così da trasmettere notizie e idee attendibili e sensate ai lettori volonterosi. Cioè a quelli che non si fermano al solo titolo, che mi si insegna debba essere almeno vagamente provocatorio.
Mi è stato riferito che il mio articolo "Smartphone: morte della fotografia ... o fotografia per la morte?" pubblicato il 7 agosto ha suscitato commenti negativi da parte di lettori che hanno creduto volesse negare che lo smartphone possa fare vera fotografia. Figurarsi. Vera fotografia? Per dire ciò che penso: considero Nino Migliori un grande fotografo anche per le sue immagini sperimentali; è più innovatore di tanti che si limitano ad applicare a idee spesso peregrine automatismi comprati al mercato; è più giovane di molti fotografi la cui nascita molto più prossima al nuovo millennio; è più significativo di tanti suoi epigoni capaci solo di scimmiottarne le "novità" di cinquant'anni fa. Inoltre, includo fra le fotografie le immagini (anche naturalistiche) realizzate con lo scanner (in fin dei conti, diretto discendente della fotocopiatrice). Ma apprezzo soltanto chi opera con rispetto per l'etica e il buon gusto. Ciò che, ovviamente, disgusta chi disprezza i luoghi comuni, i rituali di una oscura e dimenticata teocrazia, ed è anche ben lontano dallo stigmatizzare usi della fotografia che anime sciocche giudicherebbero quanto meno meschini, con qualsiasi dispositivo quella sia realizzata. Probabilmente apprezzerebbe anche l'audacia innovatrice anche delle foto che un creativo tecnico addetto alla Xerox del dipartimento a cui aderivo faceva sedendosi "nature" sullo schermo dell'apparecchio
Fra i commenti che mi sono stati riportati eccelle, sulla pagina Facebook “Cultura e Critica della Fotografia” quello dal quale sono ripresi i corsivi qui presenti: postato da tale Luca Monti, che immagino sia il famoso flâneur tous lesjours e guardatore di fotografie, di professione creativo, nato in Italia,residente a Parigi, lavorante un po' in tutto il mondo, che ama il cinema e scattare foto (come si presenta nel suo sito personale www.lucamontiphotographer.com), che ora dall'alto della Tour Eiffel guarda con sufficienza agli spiriti piccoli che, secondo lui, sarebbero quasi pronti (ci manca poco) ad armare di mazze e picconi orde di nazi-talebani della vera fotografia e a guidarle in una nuova efferata notte dei cristalli (Kristallnacht. Germania 9-10 novembre 1938) contro i preziosi schermi di tutti i cellulari circolanti (ma quelli ancora in vetrina darebbero doppio gusto).
Per chi trovasse contraddittoria la mia dichiarazione di scrivere gli articoli per Fotopadova.org dopo studi (comportanti costosi arricchimenti della mia bibliotechina), meditazioni e controlli, confesserò: 1) - non ho accertato se i guidatori o almeno gli altri occupanti delle auto, che le immagini di agenzia mostrano inframezzate ai Tir sul ponte San Giorgio, stessero scattando foto o addirittura selfie (mi sono fidato dell'ANSA); 2) - non mi sono curato di verificare l'identità o almeno la provenienza di chi fotografava la suicida in fiamme, so soltanto il nome del sindaco che la denunciato l'accaduto; 3) - più importante a mia discolpa, l'articoletto mi è stato suggerito dall'occasionale coincidenza fra i fatti di cronaca e la rilettura del libro di Fontcuberta (ovviamente, un vecchio nostalgico) al capitolo "La danza selfica" che stavo rileggendo allo scopo di valutare la questione ("dove va la fotografia?") con una manciata ulteriore di analisi critica.... Sono sicuro che le acute analisi del creativo L.M. sono ispirate a quello. Oltre che a Platone e a Heidegger.
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shoot down the moon
Alla fermata del tram, con gli occhi improvvisamente sfogliati da una o due lacrime, tutte implicite, ho fissato il cavo che s'illuminava con coerente cadenza e tagliava perpendicolare l'edificio, un paio di alberi e il cielo eloquente e vuoto di novembre.
Ho fatto una cosa nuova che mi ero ripromessa da anni e di cui avevo golosità, ma senza accento - una promessa che somiglia a quando salvo una gran mole di articoli online che sono bravissima a dimenticare - e cioè sono andata al cinema da sola. La sensazione più eccitante, nel correre gli ultimi metri per salire sul tram giusto, era la consapevolezza che è davvero una cosa nuova e penso di non averne fatte da un po'. Insolita, come il posto in cui sono andata: il Lux, che mi è stato familiare altrove e che ha un'unica lampante pecca: l'aggiunta a quella specie di insegna, dipinta leggera sulla facciata, recita "cinema d'essai". Non sarà pretenzioso nella sostanza, perché al Lux è proprio ciò che fanno (qualsiasi cosa significhi), piuttosto nella forma, che poi quando nessuno mi guarda diventa una godibile ossessione.
Al Lux davano Jules et Jim, un titolo che avevo letto più volte in uno di quegli articoli rimandati e obliati - ho controllato scrupolosamente che il verbo esistesse anche in italiano, per la forma, si sa, e perché non mi perdonerei mai se cominciassi a francesizzare anche la mia percezione - ma anche in un libro che mi è ancora crocifisso nella mente. Forse è perché capisco poco dei film, facendomelo bastare, ma ho guardato Jules et Jim e nel frattempo lo pensavo, con il risultato che la mia consueta riga tra le sopracciglia, quando hanno acceso le luci, era il solco di un trattore in campagna - ma una fortuna perché non ho mai pensato me stessa (eccetto, dovere di cronaca, in una frase su un personaggio minore, quale coincidenza).
Ho capito che mi sarei prima o poi affezionata a quell'adorabile crucco di Jules, snobbando lo smilzo Jim e i suoi francesissimi baffi, ma ovviamente mi sbagliavo: a Jules mi sono legata nei primi minuti, e allo scoccare puntuale delle sue idiozie successive lo giustificavo e perdonavo, dando la colpa, logicamente, alla traduzione della vita - del resto lo stesso personaggio spiega che nella propria lingua madre cambiano di sesso persino l'amore, il sole e altre cose molto più importanti. Quello che Jules capisce non è la morale (che pure nemica non sarebbe), e per me che mi incurvo sempre di più, seduta sull'altra pecca del Lux, è la vitalità dell'essere fedeli a qualcosa, e l'ho amato e perdonato per questo e per il suo sguardo austroungarico che si riduceva scena dopo scena.
Un piccolo sussulto l'ho avuto quando ho scoperto che la loro Catherine era la mia povera Madame Carala, conosciuta insieme al Lux, ad Ascensore per il patibolo e F. (bravi tutti, quasi ma non come Miles Davis che ha improvvisato la colonna sonora sulla pellicola, lì). Ma non aveva più grandi tracce, dopo la nostra prima esagerata empatia mentre lei setacciava Parigi. La mia Florence era come Catherine, spoglia e cava, ma vista vera. Guardata guardandola direttamente, come dice il narratore di Jules et Jim, per il quale solo il secondo dei due lo fa con questa nuova fosca, e pure troppo tardi.
Ecco, la mia bella solitudine attaccava Catherine come una balestra irsuta, e forse non capivo lei o forse non capivo Truffaut, non lo so. Ma ho sempre pensato che non fosse mai presente, in questa storia, dove invece rimbombavano come graffi le rappresentazioni che avevano di lei quelli che l'hanno amata o che hanno pensato di essersi solo illusi di averla avuta.
Proiettate c’erano le loro impressioni su Catherine, e quindi non quella che lei è, ma come la potranno mai ricordare dopo tutto quel passato. Una specie di Odette de Crécy, credo. Del resto è il mio Jules a ricordarmi che sto guardando lo scheletro della mia Carala, quando le scrive, durante quella guerra che lo ha trasformato in una libellula, una delle frasi più belle del film: «ormai non penso alla tua anima, alla quale non credo [nemmeno] più, ma al tuo corpo».
Forse la brutalizzo perché non credo che una donna così possa esistere: e non è una gran bella cosa da dire, oggi poi, ma non le credo, o non credo a Truffaut, non lo so. Anche adesso, questa notte, mentre per ironia della sorte ha appena cominciato a cantarmi nelle cuffie Yoko Ono, decisamente la più inaspettata e insolita presenza della serata, la penso e non penso di vedere Catherine, di cui pare obbligatorio dire che ci sia moltissimo (da dire). Assomiglia a Carala e quasi non mi do pace… ma sono due donne morte diverse. Gioca a fare la meschina, la contraddittoria che sa amare infedelmente, ma mi sembra solo un brutto ricordo. E allora quando dice che non vuole essere capita, è davvero lei, ed è possibile che non lo voglia? E quando canta, e i sottotitoli del film si fermano e cerco di sbirciare nel mio francese per capire di cosa parla, è lei che ha cantato, e lo ha fatto così a lungo e così bene, per due amici e un Albert, è davvero esistita in quella stanza con quella voce?
Ho cominciato ad amare Jim quando lui si rende conto, attraverso la voce asettica e perfetta, bassa, del narratore, che la contemplazione di Catherine merita solitudine e che in compagnia, in un'ingombrante folla amorosa, «Catherine diventava un'emozione quasi relativa». E infatti l'ho visto cercare di sedurre piuttosto Jules o almeno la sua crisalide, e ascoltarlo e abbracciarlo; ho pensato che a quella passione dormiente si appoggiava contrastandola la serie di ricordi di un’amicizia su cui, prima della guerra, valeva la pena scrivere un romanzo.
Così l’amore che aveva indotto al rispetto, tra Jim e Jules, lo ridisegna la guerra e il passaggio fantastico tra l'inno francese recitato ironicamente al telefono, per dimostrare che ormai l'accento francese calza ed è da manuale, e il momento in cui Jules spara contro quell'inno e quella bandiera. «Poiché la guerra tirava per le lunghe, la vita divenne semplicemente vita di guerra», o qualcosa del genere.
Ecco, è la guerra un'altra cosa importante che, come Jules spiegava, in tedesco si usa al maschile. Purtroppo la sua fine è proprio come me la immaginavo: la fine di Jules, intendo. Invece la fine della vita di trincea - e dei crudi scambi epistolari - lascia una scia di cimiteri sul Reno, dove Jim si perde per temporeggiare e non farsi incontrare, e il narratore mi fa malissimo quando dice che la terra è quasi tutta ferro ormai da quelle parti, e che a cannoni ancora caldi già portano i bambini in età scolare lungo quei campi di vittime a mo’ di museo.
La mia banalità si esaurisce alla scritta FIN, ormai ai personaggi ho puntato contro tutto - soprattutto a Jim, che capisce e non fa, o fa il contrario. Fuori dal cinema, sotto il nome Lux e le impressioni che già mi aveva lasciato, origlio una ragazza chiedere agli amici se anche per loro Jules ha amato Catherine più di Jim. La domanda non mi aveva mai raggiunta ma mi torna in mente adesso, quando ho spento anche la musica e nervosamente mi chiedo perché non ho l'audacia di scegliere una risposta, o la memoria per sapere cosa avrei risposto mentre ero ancora davanti allo schermo e mentre quello mi toglieva la mia Carala.
Quello che faccio invece: riaffioro, cava come quell'amore, con la stessa libertà. Non irrompo, non scatto. Sembro Jim, che può anche essere voluto ma non per questo sentirsi presente. Anzi.
J «Un giorno tornerò alla letteratura con un romanzo d'amore, e i personaggi saranno gli insetti».
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Brutalità poliziesca: quando i poliziotti diventano responsabili degli atti di violenza
"Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio."
Ispirato da una storia vera, “Le Haine” (L’Odio), pubblicato nel 1995 presenta come scena iniziale quella in cui un ragazzo viene ferito – in pericolo di vita - dalla polizia dopo un controllo di routine nel quartiere.
Questo film mostra 24 ore dal punto di vista di 3 ragazzi giovani nelle Banlieues francesi. La loro vita è condizionata da violenza, droghe e angherie da parte della polizia. Dopo aver visto questo film mi stavo chiedendo se il tema della brutalità poliziesca sia ancora attuale.
Quasi ogni persona – soprattutto a Roma – ha sentito il nome Stefano Cucchi. Un ragazzo di 31 anni, arrestato per presunta vendita di droga. Stefano muore a sei giorni di distanza dal suo arresto, nella notte del 22 Ottobre 2009.
Ma che cos'è successo?
I carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D'Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo fermano Stefano Cucchi la Sera del 15 Ottobre 2009, mentre lo hanno visto che stava vendendo una bustina di hashish. Dopo averlo perquisito hanno trovato altre bustine con sostanze e pasticche contro l'epilessia, una malattia di cui lui soffriva.
Lo portano in Caserma.
Dopo essere stato trasferito a Tor Sapienza, verso le 4 di mattina, viene chiamata l'Ambulanza; lamenta di non sentirsi molto bene, ma si nasconde sotto la coperta e non vuole essere esaminato.
Prima dell'arresto non aveva dei traumi fisici, invece il giorno dopo, all'udienza per la conferma della pena detentiva, aveva difficoltà a camminare ed a parlare e inoltre vistosi ematomi agli occhi. In seguito, il giudice conferma una sorveglianza cautelare al carcere Regina Coeli, fissando un nuovo appuntamento per il mese successivo.
Lì viene visitato dai medici che riportano indicazioni per il pronto soccorso all'ospedale Fatebenefratelli; poco dopo viene spostato al Sandro Pertini, a causa di mancanza di posti. In pochi giorni, perde tanti chili e sta sempre peggio perché rifiuta di bere e mangiare. Inoltre non sono permesse visite della famiglia.
Così accade, con grande tristezza, che le infermiere trovano Stefano Cucchi alle 6:15 di mattina del 22 Ottobre 2009, deceduto secondo loro “per presunta morte naturale”.
Lui ha sbagliato, ma non doveva pagare con la morte.
Nel 2018, il caso è stato riaperto e grazie alla collaborazione di Tedesco, i muri del silenzio senza fine crollavano. Dopo 10 anni di lotta da parte della famiglia, che ha combattuto una falsa testimonianza dopo l’altra, la verità è stata scoperta e ha messo le carte sulla tavola.
Schiaffo violente di Di Bernardo, forte calcio con la punta del piede da parte di D'Alessandro.
Il 3 ottobre 2019 viene dichiarato dal pm nel processo: "Stefano non era un tossicodipendente, ci sono prove documentali e testimonianze sul punto. Si allenava da pugile e faceva attenzione all'alimentazione per stare nel peso della sua categoria di combattimento. Le falsità sono state artefatte in una stazione dei carabinieri, ed è di una gravità inaudita".
Il 14 novembre viene deciso per i due carabinieri 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Per gli altri Carabinieri invece una punizione più leggera.
Una morte così inutile, e in più un occultamento che non è stato scoperto per quasi 10 anni, è semplicemente incredibile. Casi simili continuano a succedere anche oggi e l’espressione della “brutalità poliziesca” è reale e contemporanea.
Chi ti fa sentire in Sicurezza?
Anche in Francia il decesso di un Educatore di 24 anni diventa il simbolo delle forze dell'ordine. Alla fine di giugno 2019 Steve Maia Caniço si trovava ad una festa di musica elettronica sulla Loira, a Nantes. La Polizia ha interrotto la festa in un modo violento: 33 granate di gas lacrimogene e chiasso, così come 10 proiettili di gomma confermati sulla relazione di ricerca. I ragazzi giovani che stavano festeggiando sono entrati nel panico, 14 persone sono cadute dentro la Loira, 13 si sono salvati. Il corpo di Steve Maia Canico è stato scoperto cinque settimane dopo dentro il fiume.
I manifestanti buttavano i fiori nella Loira e alzavano i cartelli con slogans come “Chi ha ucciso Steve?” o “Dov'è la giustizia per Steve?”
Ma di chi è la colpa?
Dopo investigazioni interne della IGPN (la Polizia nazionale francese), l'amministrazione dichiara in un articolo di 276 pagine che fra la morte del ragazzo di 24 anni e l’intervento della polizia non ci sono delle connessioni.
Tanti giornali si chiedono come si è arrivati a una simile conclusione.
Anche il ministro francese Edouard Philippe non sembra soddisfatto con il risultato della relazione della IGPN e ha richiesto un'indagine delle autorità per esaminare le responsabilità della polizia locale.
Inoltre i parenti sperano di portare un po' di luce con una valutazione di “omicidio colposo”.
I “Gilets Jaunes“ si sono di nuovo alzati in tante città. Un movimento di protesta nato nei social media nel 2018 contro l’aumento dei prezzi del carburante e l'elevato costo della vita. Proprio in Francia la brutalità poliziesca è un tema attuale: a tante manifestazioni dei “Gilets Jaunes” (conosciuti per occupare posti, come parcheggi, e bloccare centri commerciali, caselli autostradali), la Polizia interviene con mezzi discutibili.
Ma anche in Austria succedono rivolte opinabili da parte della polizia.
Per esempio alla manifestazione internazionale sul clima del 31 Maggio 2019. Uno dei manifestanti colpiti descrive al tribunale la sua situazione: dopo aver bloccato la strada, mentre erano seduti a terra, la polizia interrompe la protesta ed alcuni poliziotti prendono il ragazzo e lo maltrattano con botte, e lui cade per terra.
L'avvocato verifica che “l'uso della forza sproporzionato è in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo”.
Grazie ad un video che raggiunge il web viene scoperto un altro caso dello stesso giorno. Un uomo di nazionalità tedesca, che sta facendo le foto della manifestazione, viene attaccato da un poliziotto che lo stende a terra a pancia in sotto bloccandolo con le ginocchia – in maniera illegale per quello che stava facendo. La sua testa si ritrova così molto vicina alla macchina della polizia, per lui uno shock. All’ultimo momento la testa viene allontanata dalla ruota che si avvicinava a lui.
In più l'hanno portato in caserma e tenuto per 14 ore senza motivo (secondo la polizia per motivi organizzatori).
Amnesty International ha criticato l'approccio dei funzionari.
Durante questa giornata sono state arrestate in tutto circa 90 persone.
Tra Gennaio 2017 e Maggio 2019 sono state sporte 1.244 denunce per violenza della Polizia, in 21 casi finiva con condanne del giudice.
Una soluzione giusta all'orizzonte?
Non dobbiamo dimenticare che le forze dello Stato difendono la legge.
Sono persone, come ognuno di noi, che vanno la mattina al lavoro e la sera tornano a casa. Rischiano la propria vita per combattere per le cose giuste dal loro punto di vista. Non sono le persone ricche che fanno questo lavoro, sono quelli che non hanno lo status più alto nelle classi sociali, quindi perché spesso si ritrovano a combattere contro e non a difendere quel 98% di popolazione delle classi medio-basse di cui loro stessi fanno parte? Come possiamo decidere se agiscono in modo giusto in momenti tesi?
Proprio nei Paesi in cui la brutalità poliziesca ha un significato preciso ed è qualcosa di conosciuto, lo Stato dovrebbe offrire formazione alla polizia, dovrebbe supportare il lavoro dei poliziotti con assistenza psicologica, dovrebbe essere sicuro di chi seleziona per difendere non solo sé stesso ma anche il popolo.
Quando le forze dell’ordine non ci fanno sentire in sicurezza… chi altro dovrebbe?
- Elisabeth Bianchi
https://wien.orf.at/stories/3025677/
https://taz.de/Polizeigewalt-in-Frankreich/!5610995/
https://alloplacebeauvau.mediapart.fr/
https://www.vanityfair.it/news/cronache/2019/10/22/22-ottobre-2009-il-giorno-della-morte-stefano-cucchi
https://timgate.it/news/italia/caso-stefano-cucchi-storia-morte-chi-era.vum
http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2019/11/15/news/stefano-cucchi-ucciso-agenti-verita-1.340893?fbclid=IwAR2qkByYvD4F-uoNTCG1CzVXxpjIYLrQsFAivRx5XcgnYRyeJcsCTceT9MA
https://roma.repubblica.it/cronaca/2019/11/18/news/caso_stefano_cucch_ilaria_querela_salvini-241345121/
#buildingbridgesjumpingwalls#costruirepontiscavalcaremuri#corpoeuropeodisolidarietà#europeansolidaritycorps#esc#stefanocucchi#police brutality#brutalitàpoliziesca
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Botticelli vendicato
A Voi parlo, in cui fanno/
Sì concorde armonia/
Onestà, senno, onor, bellezza e gloria;/
A Voi spiego il mio affanno,/
E de la pena mia/
Narro, e’n parte piangendo, acerba historia;/
Ed in Voi la memoria/
Di Voi, di me rinnovo./
Vostri effetti cortesi,/
Gli anni miei tra Voi spesi;/
Qual son, qual fui, che chiedo, ove mi trovo,/
Chi mi guidò, chi chiuse,/
Lasso! chi m’affidò, chi mi deluse./
Queste cose rammento/
A Voi, piangendo, o prole/
In tal guisa ea iva vagolando raminga, in fra le la Villa, liegendo l’aureo libretto che il beato Torquato dedicasse al Gran Duca Estense.
Orbene, sovvenne al cerebro mihi come le grida in Dominante nuntiassero la presta primera nocte de Scienzaestate, lo prossimero die de Marte, et lo spirtu meno venne allo cribare di una rivolutione solaris transeunta nella plus certa dimenticanza della mea Casa. Ancor ea rammenta, l’orda barbarica delle cerusiche accorse solum per prossimitate nosocomiale et le luci mie sunt probate, dal riveder esseloro ingozzarsi come verre sub il lezzo di cucine da campo, dismentiche delle maniere della civilis conversatione ac connivenza.
Sicché ea dirigo Vobis, benevolo lettore ac filio mio, codeste parolette nella spreme che aristotelicamente possono meravigliarVi et allo capo farVi numerare inter varietates et insanias falsas quelle siffatte arti, tutto che da’ loro Professori vengono con infinite lodi esaltate. So che alcuni di essi si sforzano di mostrare, che hanno vero fondamento e sussistenza, perciocchè giunti a certi termini, e limiti dicono, che non possono scoprire certi occulti misterj, e quivi si fermano, e parlano in modo, che da veruno non sono intesi. Cosa fra gli altri fanno gli historici artae, i libri de’quali sono pieni d’enigmi più oscuri, che non erano que’ della Sfinge. Queste spezie, di cui filio mio sarete allo corrente dopo aver sbinoccolato lo Catalogo delli Capolavori in domu mea, orbene per certo avrete trovato giocose e ricreative in quel modo che si adopera certa rota chiamata comunemente il grillo. Questo è il sentimento mio, e voglio aggiugnere, (giacché se state leggendo codesta cacata carta, siete arrovellato alla mi ricerca intorno a questo topico) che farete saggiamente, se non solo non darate fede a chicchessia, che volesse porgliele in credito (come quei culturi delli coproliti extra-mundani imprestati al crimine), ma se farete poco conto, anzi niuno, di tali cose e sì fatte persone.
Una estate addietro, ea provò grandissimo contento nel sentire della compitissima bella idea che a quel messere fusse balzata alla mente, di riportare ad augusta giustizia li tesori che hic dimorano et di scrivere la storia illustre delli uomini che li realizzarono, principiando dove aveva terminato la coltre del Tempo. Essolui non poteva darmi notizia né più interessante, né più gradita allorché si incapricciò con L’Incoronazione della Vergine di Sandro Nostro, onde
Sandro Botticelli, Incoronazione delle Vergine e Santi, Firenze Villa La Quiete
potete immaginarVi con quanto impegno ea volle cooperare ad una tanto plausibile intrapresa. Approvai financo le cianciafruscole che essolui volle lallare alle giornaliste, che la tavola di cui hodie volli scribere fusse accantonata in uno magazzeno, per non dir mandata al pesto, suscitando l’évanouissement delle pie madonne ac lo stupore incredulo delle donne di cui supra. Per cronaca ac in veritate, debbo precisare che codeste cazzabubbole fossero nello Catalogo sbugiardate quando si affarmasse che l’opera fusse jam vulgata dallo 1992 et ancor reproposta sub sole 2011, ciò detto di passata. Approvai anco che essolui volle buttar in dello kathabathmon millanta e millanta di rubli per uno technasma allo ione-stabilizzato entro cui poter mirare con manuum munus le finiture delle rendigote delli depicti.
Convenuti rapiti sicu miracolo del Piccolomini dinanzi allo technasma allo ione-stabilizzato
Chinai la dura cervice anche nello mentre che essolui non diede guidardone in pubblica piazza del libro cataloghiensis, rinunciando alla chiamata accademica, privilegio che volle estendere ad estranei soggetti ordinari quando ne abbiamo tanti de’nostri, che non ci è d’uopo mendicare nelle altrui patrie. Così li torchi sgravarono una Breve ma veridica storia di una tavola di Sandro Botticelli e bottega: L’incoronazione della Vergine di Villa La Quiete. Uno titulo che spaura il cor, l’almo e la Fabrica omnia che ea ancor non si capicita come puote allo contempo la pictura esse stata sgravata dalli lombi di Sandro ac della Bottega. Eppur per cierto lo misterium (in)gloriosum sarasse reso intelligibile nella miriade de rimande et codicilli al critico che critica la critica garrenti fra li caratteri mobili. Ea se ne annojasse alquanto poiché delusa vedeva l’attesa di una piacevole lettura che illustrasse in modo chiaro et distinto il cur, il quid et lo quare Sandro o vattelapesca avesse avuto agjo et bisogna di ritrarre. Sed nihil, anco in codesta scheda non ligitur. Pagare debito dobbiamo verum a folio 69 allorquando di sobbalzo li oculi nostra sunt investita da simili notitiae: «Se il Battista e Pietro sono al centro della composizione in perfetto asse con la Madonna e Dio padre, le figure di Sant’Antonio da Padova e Ludovico di Tolosa, a sinistra, e San Francesco e Bernardino a destra, hanno il compito di ricordare al fedele la loro appartenenza all’ordine dei frati minori conventuali etc.». Un simil dulcedo pensata est accomplanato da uno gigantico apparato locupletato:
Da catalogo, italico eaNostro: «Particolare con i volti di alcuni santi»
Una plus precisa describtione, solum per render l’onore dell’arme, di certo non avrebbe guastato. L’educazione è però morta da longa pezza, ehu! Ciò nonostante, la luce allenata Vostra, lettore di questo pneumatico cartiglio, averà recognosciuto qualcosa, un nume in vero et jam agitasse sulla seggiola puntando lo ditino, alla stregua del beato Antonio che sub agnizione claritatis svela Nobis l’autoretracto di Sandro Botticelli. Eccolo lì dunque, il Nostro beatamente colto (sine nomine dato che non ci è stato sapere li pannicola a qual santo facessero il verso), in positione marginalis, cum sguardo eterodiretto et notiziato da indigitatio, come si conviene secondo li criteria a mattonella notomizzati e che non è meo compito ardire gracchiare. Bene non est infatti ammantarsi della veste altrui et ea sum solum una gentildonna che habet avuto la buona sorte di attardarsi a contemplare il frutto dell’Umano Genio.
Et lo metodo comparativo, vel analogia che tanto cara fusse al Padre Galeno, puote esse eaNostra Nottola Minervae nello bigio livore della ignorantia di chi vendesse l’alma sua per uno pugno de copechi, disattendendo allo unico comandamento dell’Uomo Scientiae: servi la Historia, non la ghiberna! Eppur la prammatica della autodepictione est semplice et per tutti, fancelli ac vegliardi, nobili ac banausici, gentildonne e servette in libera uscita et cur? Perché la tavola est, come li frontispizj, una pagina alternativa al testo scritto, est de immediata (ovvero che non tiene medium) comprensione. Sicut la galenica comparatione, attardateVi una clessidra sulla contemplatione di codesto collage ante-litteram: troverete dunque le medesme guida letturae et lo medesmo vulto, cierto fiacchiato dagli inverni ac vagamente tabescente (per rimaner nello tema della medica analogia), ove le primere solcature lasciano intravedere, di converso alla verde balzanza, l’oculo abbassato et la littera V rovesciata della mestitia nella arcata sopraccigliare, tratto emotionale che il beato Carlo Darwin riconobbe sullo finire dello secolo decimo nono
Sandro Botticelli: Autoretracto noto jeri, autoretracto noto hodie a.D. MMXVII
quando constatò ca le emotioni primarie (rabida, letitia, mestitia, disgusto, sorpresa, timor panico ac disprezzo) sunt universalis in fra omini et bestie. Sed ea non volesse parer al punto proterva da voler incensarsi come Trotula novella et lasceria codeste considerationi alli plus illuminati historici medicinae provenienti dalla Battriana, la cui indiscitubile dottrina presentista tanto est di moda oggidì.
Ea compiegai plus volte un indicetto di codesto autoretracto cum le glosse che mi sovvenissero, sed mai ottenni responsione et le notizie che tanto accoratamente avrei voluto che fossero da tempo alla mercé della Vostra curiosità, rimasero secretate et obliate come la damnatio che patisce il mio patronimico; destino crudele che ea sofferisce assieme alla beata Mirella Levi D’Ancona, virtuosissima studiosa dell’opera del Sandro et assolutamente innominata nel corso non solum dello saggio monographico, sed dello catalogo tucto. Eppur questi scribacchini e gran visir si vantano di avere ozio, ingegno et abilità a condurre felicemente ogni impresa al punto che non devono rendere grazie di niuno giudizio.
La mira di questa mia, prezioso Lettore, iacet nello invito a mai smetter di provar curiosità e fervore. Non Vi accontentate, istudiate hoc Vi appassiona duramente, ma siate indisciplinato. Non fateVi menar il pennino per il naso da chi si sarasse recluso ad onisco, leggete le fonti primarie, interrogatele et interrogateVi sine posa. Hoc est la ratione dello cur ea non accluse datari et letteratura. Uscendo da questa stanza ne troverete a perder lo capo, sed una cosa mai plus ricontrerete: il volto di Sandro.
Nonostante lo dolore di questi anni (che non est materia conveniente a trattarsi in quest’occasione) la mea lealtà rimane salda alli mortycini che della missione di dar essiloro uno volto et una voce mi investirono. Solum per dovere nei di essiloro memori, ea trovasse lo spirito di muovere la mano a scrivere, ea che non à plus fiato da parlare, né faccia da comparire. Cosa posso dir di più? Visitate Villa La Quiete, est posto mirabile assai dove sarete accolto da Santi, ma di quei Santi che non seccano il prossimo. Et incontrerete anco il mio spirto a cui potrete dare nuove del Vostro ben stare et farmi sentire che ancor vivo tuttavia nella gratia Vostra, che quanto sa e può desiderare la Vostra amica
Anna Maria Luisa De’ Medici
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Nomadi fermano l’anziano sotto i portici e gli strappano 80 euro dal portafoglio. Poi sfuggono all’inseguimento dei passanti. Il caso dopo le minacce ai negozianti https://ift.tt/2sXsUGm
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SAN BENEDETTO – Ial (Innovazione Apprendimento Lavoro Marche srl) comunica che sono aperte le iscrizioni al corso gratuito per Operatore Import/Export Commercio Estero Settore Legno Mobile. Il corso di qualifica per Operatore Import/Export dura 400 ore, di cui 182 ore di teoria, 90 ore pratiche, 120 ore di Stage e 8 ore di Esame, ed è rivolto a disoccupati residenti nella Regione Marche e si svolgerà nella sede di Porto Sant’Elpidio a partire dal mese di Maggio 2018.
L’Operatore import – export commercio estero è una figura professionale in grado di operare nell’ufficio commerciale attraverso un’analisi completa di tutte le tematiche relative alle operazioni commerciali con l’estero, sia per quanto riguarda l’area marketing e vendita che l’area tecnica alla quale si riferiscono le operazioni correlate alla logistica dell’export.
La figura professionale, sviluppando le competenze per la gestione e commercializzazione del prodotto con l’estero, conduce la trattativa, l’intero iter di vendita utilizzando competenze specifiche in ambito giuridico – legislativo nazionale ed internazionale, amministrativo e commerciale, gestisce da un punto di vista commerciale, normativo ed amministrativo le transazioni internazionali, comunicando in lingua e utilizzando strumenti informatici e telematici.
Il corso è finanziato dal Fondo Sociale Europeo – Regione Marche ed è realizzato in collaborazione con Università degli Studi di Camerino, Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Carlo Urbani”, Istao, Sif Sviluppo Industriale del Fermano, Enfap Marche e Cosmob s.p.a
La domanda di partecipazione con allegati copia di un Documento di Identità in corso di validità e Curriculum Vitae aggiornato, dovrà essere inviata per posta con raccomandata A/R (farà fede il timbro postale), o consegnata a mano, o inviata via pec a [email protected] entro lunedì 16 aprile a: Ial Marche srl – Via dell’Industria, 17/a – 60127 Ancona.
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Lo scatto fotografico lo ha tradito ed è morto travolto dal treno in corsa.
Le foto sono di repertorio.
Nel pomeriggio di ieri alla stazione ferroviaria di Cambiano-Santena un 75 enne appassionato di fotografia e di treni si è sdraiato sui binari per riprendere i binari da uno angolazione tanto suggestiva quanto pericolosa,infatti mentre compiva il gesto che senza senso,senza tenere conto dei rischi che un azione del genere genera e senza la minima tutela della sicurezza e della propria incolumità è stato travolto dal treno in arrivo da Genova e diretto a Torino.
Un fotografo può morire per tantissime cause fortuite,o meno:in guerra ne sono morti moltissimi per le esplosioni,a causa dei cecchini o perché hanno indagato su fatti sporchi e gli interessi economici che muovono una guerra creando sofferenza,fame e morte,ma Franco Colonna che avrebbe compiuto tra un mese 75 anni, viveva a Villafranca, in via San Rocco 49 non è morto per questi motivi. Il pensionato da quando aveva smesso di lavorare si è dedicato a tempo pieno alla fotografia,la sua grande passione le stazioni ferroviarie,i treni,i particolari originati dagli scorci suggestivi,le luci delle ferrovie.
La passione che lo aveva fatto crescere lo ha ucciso. Faceva parte di un’associazione culturale con in comune la passione per i treni e per questo con gli amici girava er le stazioni a scattare fotografie,quello che è incomprensibile è il motivo per cui quel giorno nessuno si è accorto del treno in arrivo,forse per quello scatto(mortale) ha preferito la solitudine e in solitudine è morto.
La cronaca dell’incidente è al vaglio dei Carabinieri di Santena e della Polfer: la stazione di Cambiano-Santena si trova ai margini e al confine tra i due paesi del torinese,ma è anche molto trafficata perché è sulla direttrice che da Torino porta verso la Liguria e il sud Italia;la stessa linea che milioni di emigranti ha percorso con le valigie di cartone,legate con lo spago per raggiungere il sogno della città simbolo del lavoro,la fabbrica italiana:la FIAT.
Colonna con un collega(fotografo)anch’egli appassionato di treni e stazioni hanno raggiunto la piccola stazione di Cambiano-Santena dove i treni locali si fermano,ma molti transitano soltanto ad alta velocità,dopo un primo momento i due iniziano a scattare fotografie,la giornata è limpida e il cielo terso ha stimolato la fantasia dei fotografi,tanto che ad un certo punto Colonna è sceso,indifferente al pericolo che questa azione avrebbe potuto generare,sui binari,si è sdraiato e iniziato a scattare fotografie da quella posizione senza accorgersi del treno che stava per sopraggiungere,in un attimo senza dargli il tempo di risalire sulla banchina il treno in transito lo ha travolto e ucciso.
Il collega,ai volontari della croce rossa di Santena che sono intervenuti sul posto,ha raccontato:”Gli dicevo che era pericoloso, di non esagerare, di venire via, ma lui non sentiva ragioni. “Continuava a dirmi ancora un momento, faccio ancora uno scatto”, ma poi è arrivato il treno, come un fulmine. Povero Franco”.
Lo scatto (mortale) è costata la vita al povero Franco,ma saranno le indagini dei carabinieri e della polfer ha chiarire se e dove ci sono responsabilità penali,se qualcuno ha omesso di controllare che lo svolgimento delle attività lavorative nella stazione fossero in sicurezza,se sono stati rispettati gli obblighi di legge per la tutela dei passeggeri e degli operatori delle ferrovie: perché nel racconto della cronaca di una morte annunciata ci sono molti i lati oscuri e conti che non tornato.
ASTI. LO SCATTO(FOTOGRAFICO)MORTALE SUI BINARI DEL TRENO.LA CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA CON MOLTI LATI OSCURI E I CONTI CHE NON TORNANO. Lo scatto fotografico lo ha tradito ed è morto travolto dal treno in corsa. Le foto sono di repertorio.
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Una due giorni nello stabilimento Fincantieri di Monfalcone sotto nebbia fitta e pioggia incessante, che ha bagnato la cerimonia di coin ceremony di MSC Seaview, terza nave di nuova generazione della flotta MSC Crociere, parte del programma di investimenti che ha un orizzonte temporale lunghissimo – fino al 2026.
Coin ceremony di MSC Seaview, placca
Come ha sottolineato l’AD di Fincantieri Bono, ‘Nave bagnata, nave fortunata’ e devo ammettere che nonostante il tempo non sia stato dalla nostra, il programma studiato a puntino dalla Compagnia, si è svolto praticamente senza intoppi.
La prima giornata è iniziata per me con un lungo trasferimento in treno che mi ha portata sino a Monfalcone dove ad accoglierci abbiamo trovato Michele Curatolo, il nostro referente della Compagnia.
Veloce trasferimento a Trieste per prendere possesso della camera presso l’Hotel Continentale, e subito a pranzo, perchè siamo in leggero ritardo.
La conferenza stampa di presentazione la presiede Gianni Onorato, chief executive officer della Compagnia, proprio all’interno dello stabilimento Fincantieri a Monfalcone, che illustra ai presenti l’avveneristico progetto della classe di navi Seaside, la nave che segue il sole.
Come si può capire già dal nome, la classe Seaside è una nave con un altissimo respiro all’esterno, con un design rivoluzionario e unico nel suo genere, una poppa particolarissima che si distingue certamente per originalità:
“Ispirata a un concetto avveniristico di appartamento sulla spiaggia, MSC Seaview permetterà ai crocieristi di vivere il mare più da vicino, grazie a specifici elementi di design che consentono di sfruttare al massimo i climi caldi.
MSC Seaview è una delle navi con il più alto rapporto di spazi esterni per passeggero ed è dotata di un numero ancora maggiore di cabine con balcone, panorami e spazi comuni con la vista sul mare. Grazie all’attento studio di ogni dettaglio gli ospiti possono godersi al massimo il mare e il sole.
Tutti gli elementi della nave sono stati progettati per sfruttare gli spazi outdoor in ogni momento della vita di bordo, dalle cabine e suite con terrazza sul mare e dagli spazi per mangiare e bere all’aperto fino alle attrezzature per il fitness e alle cabine di lusso per i trattamenti spa fruibili all’aria aperta” ha dichiarato Onorato.
Gemella di MSC Seaside, la novità grandissima è che MSC Seaview trascorrerà la sua stagione inaugurale nel Mediterraneo: lunga 323 metri e con 154.000 tonnellate di stazza lorda, potrà ospitare fino a 5.179 passeggeri e sarà la seconda delle due unità gemelle di generazione Seaside costruite dallo stabilimento Fincantieri di Monfalcone.
La sua nave gemella MSC Seaside entrerà in servizio a dicembre 2017 e il battesimo si celebrerà a Miami, futuro homeport della nave.
Per quanto riguarda il battesimo, notizia ancora non ufficializzata, Leonardo Massa ad una mia domanda in merito, risponde che niente è ancora ufficiale ma sarebbe una continuazione piacevole di una tradizione consolidata, poter avere ancora una volta Sophia Loren a servire come madrina della nuova unità.
Ship visit a bordo di MSC Seaside
Ma è subito dopo la conferenza che si entra nel clou della prima giornata: il tour ship a bordo di MSC Seaside è un momento atteso da tutti, per vedere con i nostri occhi lo stato di avanzamento dei lavori.
Nonostante una pioggia che non da tregua, saliamo a bordo e ci troviamo all’interno della ‘bimba’ come l’ho soprannominata nel frattempo: è assolutamente emozionante poter assistere allo stato di avanzamento dei lavori di una nave da crociera, poter passeggiare in quelli che saranno poi gli ambienti luccicanti ed ammiccanti di una nave già terminata, poter curiosare dietro le quinte e vedere con i nostri occhi quante maestranze siano al lavoro anche durante la nostra visita.
Perché i lavori non si fermano mai, per poter rispettare i tempi ed evitare pericolosi ritardi nella consegna che significano penali altissime.
Ci viene spiegato che in alcuni momenti a bordo si possono trovare anche 3.000 addetti e il lavoro prosegue senza soste anche la notte.
Una guida ci spiega alcuni segreti della nave, man mano che proseguiamo ponte per ponte: a partire dal ponte più alto, dove possiamo osservare la poppa dall’alto, quelli che saranno gli ascensori panoramici con una vista da paura sulla scia della nave e con una puntatina nella passerella a picco sul mare che, ci spiega, avrà un pavimento illuminato: nonostante sia in quel momento sotto la pioggia battente, e nonostante la mia atavica paura dell’altezza, sono riuscita ad arrivare al centro ed osservare che spettacolo sia la vista da lassù (mi scuso per il fuori fuoco ma con la pioggia battente è stato il massimo che ho potuto fare)!
Particolare anche la presenza di due piscine, una nello stesso ponte e l’altra più piani sotto, una particolarità unica: noto dei grandi cerchi sia nel centro nave, più o meno all’altezza del fumaiolo (che in questa nave è centrale) e poi all’estrema poppa: ci viene spiegato che si tratta dello scheletro della zip-line, una delle attrazioni di bordo!
Continuando il giro ci ritroviamo a fare il giro della poppa dove saranno sistemate le sale dedicate ai bambini e ai ragazzi e ci ritroviamo nella zona con il tetto scorrevole già montato.
Passeggiando tra i corridoi ancora completamenti nudi, ci si rende conto di quanto lavoro ci sia dietro una nave da crociera, persino di quanti chilometri di cavi elettrici siano stati posati (110.000 per la cronaca).
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Mentre continuiamo a scendere di piano in piano, mi rendo conto che gli ambienti sono appena accennati in alcune zone, mentre in altre come la Spa, decisamente si riesce a comprendere benissimo come sarà la suddivisione, grazie allo scheletro delle delimitazioni dei vari locali già montato.
Mi colpisce quella che sarà la zona teatro, con le gradinate sottostanti coperte da un gigantesco ‘tetto’ che permette agli operai di lavorare sul soffitto, dove si stanno posando cavi e condotti per la ventilazione.
Per salire abbiamo utilizzato uno dei giganteschi ascensori, mentre per scendere piano per piano, abbiamo utilizzato le scale che ancora mostrano l’anima metallica: insomma ciò che ci circonda è solo freddo acciaio, niente è ancora stato rivestito di tek o di moquette ovviamente, elementi che saranno aggiunti molto più avanti nel tempo.
Gli spazi comuni paiono giganteschi ora che si mostrano senza arredi e divisioni e mi fanno rendere perfettamente conto della larghezza di questa nave, dimensione che dalle foto non si riesce affatto a capire!
Mock up zona disco
La serata di visita si conclude con la visita al padiglione che ospita i mock up delle cabine: dopo un veloce coffee break (perché non si può proprio dire che la MSC Crociere non ci abbia particolarmente viziati), mi fiondo all’interno delle cabine.
Cabina interna
Tutte curate nei dettagli, dalle interne a quelle dedicate allo Yacht Club, anche se quella che attrae l’attenzione più di tutte, è quella che mostra un oblò nella parete. Ciò che la rende affascinante è il fatto che darà la possibilità di osservare il mare comodamente seduti sul mega cuscino, sarà sicuramente una delle più amate; inoltre, ad occhio, appare davvero spaziosa.
Della cabina con balcone invece, mi attirano i colori vivaci che quasi ‘illuminano’ la cabina. La conformazione è quella tipica, anche se il mobilio è decisamente migliorato nel design, molto più moderno.
La cabina Yacht Club ha un bellissimo bagno in marmo e all’interno della cabina, un divisorio aperto divide la zona notte dal soggiorno: l’affaccio sul balcone ampio completa il tutto.
Molto curata la presentazione , con bellissime composizioni di fiori ovunque e quadri stupendi alle pareti.
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La serata in cantiere è conclusa e dopo un lauto cocktail a base di bollicine friulane e di finger food d’eccellenza, veniamo condotti con i vari pullman presso la Fondazione Russiz: qui ci attendono i responsabili che ci raccontano l’affascinante storia di questa cantina che nasce come dono di nozze del conte alla sua amata.
Negli anni della guerra, la signora si spende per alleviare le pene dei piccoli orfani, che vengono ospitati proprio nella fondazione: anche attualmente sono ospitati 27 minori in affido giornaliero, 25 dei quali sono del circondario, perché la filosofia è non farli allontanare troppo dalla terra in cui sono cresciuti e per permettere di tornare a dormire a casa proprio la notte.
La fondazione è senza scopo di lucro e produce nei suoi rinomati vigneti vini di qualità superiore, apprezzati sia a livello nazionale che internazionale, che ci vengono serviti insieme a piatti tipici locali durante la cena buffet servita al ristorante nel piano superiore e che chiude la nostra giornata.
Coin ceremony di MSC Seaview
Il momento più atteso della mattina successiva è quello della Coin Ceremony: la cerimonia delle monete è una tradizione molto sentita, di origini antichissime, quando le monete erano semplicemente inserite sotto l’albero maestro. Nel tempi moderni vengono in genere saldate sotto l’albero del radar mentre in MSC Crociere è tradizione siano saldate sotto la chiglia della nave.
Sono due le madrine che servono durante questa cerimonia, una che rappresenta i cantieri di costruzione e l’altra che rappresenta la Compagni di crociera.
Per MSC Seaview sono Michela Bullo, di Fincantieri e Loredana Giammusso di MSC Crociere: loro il compito di inserire le monete bene auguranti all’interno dell’apposito alloggio sotto la chiglia del blocco della nuova nave, un segno di benedizione e buona fortuna.
L’alloggio viene poi sigillato da una placca dove sono indicati il numero della costruzione in cantiere (H. 6257), il nome effettivo, la data della coin ceremony e il nome del cantiere.
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Sono seguite le dichiarazioni, in cui viene posto l’accento sull’ingente investimento del valore di 9 miliardi di euro per un totale di 11 navi: 4 sono in costruzione, due di classe Seaside a Monfalcone e due di classe Meraviglia a St. Nazaire, in Francia. A queste 11 navi si aggiungeranno alla flotta di 12 attuale, portando ad un totale di 23 navi nel 2024 la flotta totale di navi, rendendo di fatto MSC Crociere uno dei maggiori player nel mercato crocieristico internazionale.
Pierfrancesco Vago, Executive Chairman di MSC Cruises, ha commentato:
“MSC Seaview è una delle nostre quattro navi che abbiamo attualmente in costruzione. Anche questa nave fa parte del decennale piano di investimenti da di 9 miliardi di euro che non ha precedenti nel settore e che contribuirà alla crescita globale della Compagnia.
MSC Seaview sarà anche testimone del nostro costante impegno per portare ogni volta sul mercato navi da crociera sempre più innovative.
La generazione Seaside – di cui fa parte anche MSC Seaview – già rappresenta un prototipo rivoluzionario nel settore della crocieristica.”
E’ proprio l’innovazione nel design e la tecnologia davvero all’avanguardia a fare della classe Seaside una punta di diamante della compagnia: per di più le due navi gemelle entreranno in servizio a pochi mesi una dall’altra.
MSC Seaside infatti è attesa al debutto a dicembre 2017, con estinazione immediata Caraibi, mentre MSC Seaview entrerà in servizio a giugno 2018, con una stagione inaugurale da spendere nel Mediterraneo, prima di trasferirsi a novembre 2018 in SudAmerica (è una nave che sarà sempre posizionata in climi caldi e dunque sarà impossibile vederla navigare d’inverno nel Mediterraneo).
Una sfida lanciata dalla Compagnia che Giuseppe Bono, CEO di Fincantieri, ha accolto:
“Celebriamo sempre con soddisfazione ogni fase di avanzamento di questo progetto. Infatti l’ordine per MSC Seaview e per la sua gemella MSC Seaside, varata a novembre, è uno di quelli che ha permesso il decisivo rilancio del mercato crocieristico.
Il nostro gruppo si è dimostrato ampiamente all’altezza anche di questa importante opportunità, cha ha contribuito a fare di Fincantieri il leader riconosciuto di questa industria, sia per volumi che per diversificazione del prodotto”.
Bono ha poi concluso:
“Siamo fiduciosi che un viatico di tale portata sia d’auspicio per estendere la collaborazione con gli amici di MSC”.
E tra le parole di Vago si è inteso che ci sarebbe spazio per la collaborazione ad altri progetti che in ogni caso sono lontani nel futuro.
Un ultimo momento toccante e sentito della cerimonia è stata la benedizione della nave, dei suoi lavoratori e di tutti i presenti, da parte del cappellano dei cantieri, con la recita di una preghiera.
A questo punto è il momento in cui il blocco viene sollevato dalla sua postazione e viene spostato e posizionato nella parte dello scafo all’interno del bacino, un momento sottolineato dall’incessante suono delle sirene!
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Per festeggiare veniamo invitati ad un pranzo a buffet curatissimo nei particolari e noi blogger e giornalisti (sono presenti anche numerosi agenti di viaggio), veniamo invitati ad un colloquio privato con Leonardo Massa, Country Manager Italia della Compagnia, che ci conferma che il 2017 è davvero un anno di svolta per la compagnia, con l’ingresso nella flotta di Meraviglia prima e di Seaside a pochi mesi di distanza.
A proposito di MSC Seaside, arriva una notizia bomba: il 30 novembre, quindi alcuni giorni prima della sua partenza verso il suo homeport americano, la nave sarà nel porto di Trieste dove potrà ricevere la visita dei cittadini e delle maestranze; questo consentirà di poter ammirare la nave prima della sua partenza e renderà l’attesa per MSC Seaview davvero febbricitante!
La passeggiata all’interno di Seaside
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Subito dopo la nave farà rotta verso l’homeport di Miami, dove sarà battezzata: per Leonardo Massa è la giusta strategia che conferma investimento notevoli nei Caraibi, con ben tre navi posizionate su Cuba e l’apertura dell’isola privata della Compagnia, nuova destinazione esclusiva solo per i passeggeri MSC Crociere.
E’ evidente che l’aggiunta di queste navi porterà un incremento nel numero di passeggeri: se quest’anno a bordo sono saliti circa 1 milione e 700 mila passeggeri (media di 7 notti a persona e quasi 12 milioni di room nights), nel 2022, data che pare lontana nel tempo ma che in ambito di programmazione crocieristica così non è, si attendono circa 3 milioni 200 mila passeggeri.
Ma nel futuro della Compagnia ci sono anche altri itinerari da tenere d’occhio, come quelli verso gli Emirati Arabi Uniti ma anche quelli verso il Mediterraneo: le nuove situazioni geopolitiche della zona, hanno reso possibile l’ingresso negli itinerari di porti meno conosciuti e mentre di primo acchito il Mediterraneo possa apparire molto ristretto e poco appetibile, per MSC Crociere è invece una scommessa da vincere.
Massa cita ad esempio l’incremento degli approdi su Cagliari, dove è anche possibile imbarcarsi, e di Saranda, nuova destinazione albanese di una bellezza unica, che non ha niente da invidiare a destinazioni più blasonate.
Ed è per questo motivo che la vacanza in crociera sta vivendo un momento d’oro, in tutte le fasce di mercato e i target di riferimento che si sono naturalmente allargati.
Per quanto riguarda le nuove politiche di Trump sull’immigrazione (che hanno creato qualche problema il primo giorno di esecuzione), Massa è sicuro che non creeranno alcun problema col comparto, né per i passeggeri né per i lavoratori, anche per il fatto che, a parte MSC Crociere, tutti i maggiori player sono americani e hanno basi in America: sarebbe un clamoroso autogol del neo Presidente creare problemi in tal senso.
La fine dell’incontro con Leonardo Massa, si conclude ufficialmente la due giorni nei cantieri: un occasione unica per curiosare tra gli addetti ai lavori, incontrare le personalità della Compagnia, sempre disponibili a domande anche indiscrete, e rivedere tanti colleghi, con cui ci si incontra sempre in queste occasioni, ma anche conoscerne di nuovi.
I ringraziamenti vanno a MSC Crociere e a Michele Curatolo in particolare, per la squisita disponibilità nei nostri confronti. Alla prossima: a questo punto l’attesa per vedere la MSC Seaside pronta in ogni dettaglio diventa spasmodica!
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04/02/2017 ore 1.00 – “Post protetto da Licenza Creative Commons International CC BY-ND 4.0″
Coin ceremony di MSC Seaview e ship visit su MSC Seaside: vi racconto la mia due giorni a Monfalcone Una due giorni nello stabilimento Fincantieri di Monfalcone sotto nebbia fitta e pioggia incessante, che ha bagnato la cerimonia di…
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