#corruttibilità
Explore tagged Tumblr posts
Text
“La diffusione del male è il sintomo di un vuoto. Ovunque vinca il male, è solo per incapacità, per il fallimento morale di coloro che evadono il fatto che non possono esistere compromessi sui princìpi fondamentali.” – Ayn Rand
#frase del giorno#pensiero del giorno blog#perle di saggezza#degrado sociale#bene e male#compromessi#corruzione#corruttibilità#ayn rand#superficialità#vuoto interiore#integrità morale#etica#principi etici#mancanza di scopo#disonestà#immoralità#riflessioni profonde#causa del male
0 notes
Text
L'Eremita
"Dal Buio alla Luce, passando per l'Infinito"
C'è un passaggio stretto, ma bello, che stiamo affrontando.
Ci stiamo accorgendo di quanto sia frustrante "tornare dentro" per l'ennesima volta e affrontare temi che pensavamo oramai risolti o trasformati.
In realtà essi non sono affatto "quelli di prima", hanno mutato forma e significato. Si sono evoluti, insieme alla nostra capacità di accoglierli, sondarli e offrirgli un significato nuovo e propositivo.
E' vero, ormai ne siamo consapevoli: ad ogni passo verso una certezza, ad ogni traguardo, si apre un'ennesima sfida emotiva e si spalanca un nuovo dilemma.
Ma questo fa parte della ristrutturazione del nostro edificio interiore: ogni pezzo logorato e decadente va restaurato prima di divenire testata d'angolo per la nuova struttura.
Alla fine avremo una casa funzionale, calda, accogliente e moderna. Pronta ad ospitare nuovi affetti ed esperienze, a divenire sede di incontri gioiosi e arricchenti.
La sensazione di solitudine di questi giorni è reale.
Come Esseri umani oggi siamo profondamente "divisi".
E non solo a causa delle politiche di Sistema.
E' nella "Solitudine di relazione e di contatto" che inizia il vero percorso d'Anima, quello che guida, quello che ci porta a riflettere sulla Direzione, a conoscerci nella nostra vera Forza e nel nostro immenso Coraggio.
Coloro che gettano la spugna perché tanto "non vedo progressi", "i temi sono sempre quelli", "sono stanco di essere deluso dagli Altri e dalla Vita", "non cambierà mai nulla", "ho già lavorato su queste cose e sono ancora povero e solo", hanno abdicato alla Spada.
La Spada ci rende retti e integri.
Maschili interiori deboli amano rivestirsi del ruolo di Vittima. E utilizzano la loro estrema corruttibilità per giustificare atteggiamenti di inerzia o di commiserazione.
Ma questo non è un tempo per i Deboli. Questo è il tempo del Coraggio e della Forza. Questo è il tempo del Cuore.
Ed è per questo che le "iniziazioni" sono "varchi" e non aule aperte al pubblico.
Occorre purezza d'intento, onestà, entusiasmo e amore per "entrare".
Entrare dove?
Dentro "all'infinito di se stessi".
Siamo Spirito e Materia.
Siamo la straordinaria danza delle Frequenze della Creazione.
Abbracciamo questo passaggio stretto. Perché solo nel buio profondo possiamo intravedere le "Stelle".
E da lì proveniamo. Ed è li che torneremo.
In questa Vita. Non nella prossima. In questa.
Mirtilla Esmeralda
10 notes
·
View notes
Text
“Che significato ha per voi 'umanità'?” Diteci terrestri! Che significato ha per voi "umanità"? Chi vi credete di essere? Conoscete la reale funzione che dovreste espletare in questo Essere Macrocosmico che chiamate Terra? Riuscite a pensare che non siete i soli Esseri intelligenti in 150 bilioni di galassie? L'immoralità, la sodomia, la barbara e sanguinaria violenza, la corruttibilità dei valori materiali e spirituali che è la sete inestinguibile di disarmonizzare, di distruggere gli indispensabili equilibri dei valori naturali. Le guerre, le rivoluzioni di potere, di tirannia, sono i frutti della vostra "umana cultura"? Le religioni, i riti e quant'altro si pratica per rendere migliore e cosciente "l'uomo", sono manipolazioni luciferiane che ingannano affinché l'uomo crede di poter fare Dio a sua immagine e somiglianza? Che altro sono ancora, abitanti della Terra, questi valori che avete edificato? Gli Alieni, come voi ci chiamate. Eugenio Siragusa Nicolosi, 11/6/1989 - Ore 11,30
0 notes
Text
Black Mirror, 15 milioni di celebrità
Episodio che racconta la mercificazione e la corruttibilità dell’uomo e della sua identità. Bing è Hanno fatto di lui esattamente ciò che volevano. Si era ribellato alla società imposta, aveva iniziato a pensare con la sua testa. Voleva essere diverso, ragionava. Alla società non piace chi ragiona: gli hanno dato esattamente ciò a cui ogni uomo aspira, una condizione sociale migliore. E questo lo ha corrotto. Funziona così il mondo, tutto è corruttibile. Ogni cosa ha un prezzo, anche la ragione dell’uomo.
« Io non ho preparato proprio nessun discorso..Anzi no! Non l’unica, il dolore e la violenza: accettiamo anche quelli.Attacchiamo un ciccione ad un palo e iniziamo a deriderlo perchè crediamo sia giusto. Noi siamo quelli ancora in sella e lui è quello che non ce l’ha fatta “ahah che scemo!“. Siamo talmente immersi nella nostra disperazione che non ci accorgiamo più di nulla. Passiamo la nostra vita a comprare cazzate. Tutto quello che facciamo, i nostri discorsi, sono pieni di cazzate. “Insomma sapete qual è il mio sogno? Il mio sogno più grande è comprare un cappello per il mio avatar“: una cosa che neanche esiste! Desideriamo stronzate che neanche esistono! E siamo stufi di farlo. Dovreste darci voi qualcosa di reale ma non potete, giusto? Perché ci ucciderebbe. Siamo talmente apatici che potremmo impazzire, c’è un limite alla nostra capacità di meravigliarci. Ecco perchè fate a pezzi qualunque cosa bella che vedete, e solo a quel punto la gonfiate, la impacchettate e la fate passare attraverso una serie di stupidi filtri finchè di quella cosa non rimane che un mucchio di inutili luci mentre noi pedaliamo, giorno dopo l’altro, per andare dove?! Per alimentare cosa?! Delle celle minuscole con dei piccoli schermi. E sempre più celle e sempre più schermi e quindi fanculo!...»
0 notes
Text
Referendum (2/2)
Il post troppo lungo di cui mi sono già pentito. Segue da qui.
Seconda parte - pareri personali e spunti di riflessione
4 - Di rappresentanza e corruttibilità
Come accennato nella puntata precedente, un taglio secco dei parlamentari non accompagnato da una riforma organica è un po’ tipo guardare una nuvola, chi ci vede un’ochetta, chi mazinga, chi un cazzetto buffo, ed è il principale motivo di una spiccata incomunicabilità di pensiero fra i sì, i no e i boh (almeno: più del solito). Hai un bel da dire “guarda arriva una nuvola a forma di cazzetto buffo” a chi ci ha visto un’ochetta. Non lo convinci e ci fai la figura di quello che vede cazzetti buffi dappertutto.
Gli unici dati moderatamente oggettivi mi sembrano due: il primo è che se non viene modificata l’attuale legge elettorale il meccanismo di rappresentanza che ne uscirà farà particolarmente schifo; il secondo è che questo intervento pur privo di una direzione univoca è stato un elemento comune ad una certa categoria di riforme che puntavano di volta in volta alla repubblica presidenziale, al superamento del bicameralismo, ad un maggioritario aggressivo, in ogni caso lontano da un contesto proporzionale e con un più o meno implicito depotenziamento di una (eventuale?) espressione di preferenze.
Poi possiamo discutere fino a notte dell’ampiezza del passo, ma è la direzione che non mi piace particolarmente.
Altri due elementi, forse più soggettivi (anche se non mi sembrano così soggettivi, ma mai porre limiti ai cinquestelle): il primo: in Italia abbiamo una gloriosa tradizione di compravendita di parlamentari di cui è lecito supporre che i casi noti siano solo la punta dell’iceberg. In un parlamento a numeri ridotti spostare 5 voti cambia drasticamente il range di cose che puoi ottenere. Questa cosa un po’ mi inquieta anche se noto che siamo in pochi.
Il secondo: è plausibile che con una riduzione così spinta della rappresentanza vadano un po’ a soffrire le voci fuori dal coro, con un appiattimento dei candidati alla cieca obbedienza alle indicazioni di partito (quello che sancirebbe la costituzione con la non troppo amata assenza di vincoli di mandato). É un’arma a doppio taglio: per ogni Civati c’è una Binetti, eccetera, però tornando ad un discorso di espressione di preferenze, idealmente sarebbe carino un sistema nel quale vai a votare una persona che è, sì, inquadrata in un movimento politico ma ha una sua testa che plausibilmente si è fatta un minimo conoscere dal suo bacino elettorale permettendoti di votare qualcuno/a che per le questioni che magari esuleranno dal programma elettorale ragionerà su binari su cui ti riconosci, oppure che per motivi biografici sia particolarmente impegnato/a su fronti e temi a te cari, eccetera.
É un tema da un lato forse utopistico, dall’altro non condiviso: per i cinque stelle i candidati devono essere una rigida espressione del movimento e vorrebbero direttamente istituire un qualche vincolo di mandato. Il PD ultimamente non dico che si sta allineando ma poco ci manca. Poi sì, c’è chi non la considera una risorsa ma la fonte di tutti i mali, di tutti i Razzi e i De Gregorio e i Barbareschi ma non riesco a immaginare come ridurre la rappresentatività possa innescare un’inversione di rotta, o in altre parole che una modifica del contenitore migliori la qualità del contenuto. Il ché ci porta al punto successivo:
6 - Di strumenti e di chi li usa
Ho sentito un numero preoccupante di persone raccontarmi che non andranno a votare sulla modifica costituzionale di uno strumento di rappresentanza perché (parafraso togliendo le parolacce) sono disamorati dell’attuale classe politica.
Noto un po’ di confusione fra ruoli e persone che le ricoprono: qualsiasi cosa uscirà da questo referendum ce la terremo per un pezzetto anche se fra qualche anno arrivasse una classe politica particolarmente illuminata, o particolarmente più incompetente (e avrebbe senso perdere un po’ di tempo per immaginarsi a modino entrambi gli scenari prima di votare).
In altre parole ho già difficoltà normalmente con l’assenteismo, fatico particolarmente a capire in questa circostanza perché astenersi dal pronunciarsi su un meccanismo di rappresentanza, per quanto marginale.
Un’altra posizione curiosa che ho incrociato è la tesi quasi diametralmente opposta secondo cui questa riduzione darebbe in qualche modo una scossa al parlamento, un segnale che devono “avere paura” (cito sia un amico che un articolo che ora non ritrovo). In altre parole che una riforma votata ad ampissima maggioranza e con il supporto esplicito di tutti i principali partiti abbia in qualche modo degli elementi di cambiamento sovversivo.
Diciamo che se proprio volete usare l’attuale composizione parlamentare come elemento utile a prendere una decisione sul referendum, tenete conto che saranno quelle facce lì a dover discutere e approvare la nuova legge elettorale post-riforma. E ho visto film horror con premesse più deboli.
7 - Conclusioni, saluti e buffet finale
Come i più scaltri a questo punto avranno probabilmente intuito: andrò a votare, e andrò a votare per il no.
Chiariamoci, non è che mi stracci le vesti per la questione. E tanto so che finiremo sommersi dai sì. Ho scritto questo papiro giusto per farmelo uscire dalla testa (ditemi che non capita solo a me) e per avere un prestampato comodo da mandare a quei pochi e incauti amici indecisi che mi chiedono “ma cosa ne pensi?”
Ci sono questioni più importanti? Sicuro. Mica guerre e carestie, anche solo discutere di una legge elettorale decente sarebbe probabilmente più utile di affettare con l’accetta le due camere. Ma la domanda che troveremo sulle schedine il 20 e il 21 non è “hai una bella idea per aiutare il paese?” ma:
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente"Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?» (*)
E, mano sul cuore, faccio davvero tanta fatica sia a rispondere sì che a non dire niente.
47 notes
·
View notes
Text
E' maggio, appena da qualche giorno, ma il sole rivela oramai già da tempo sulla pelle quella tenerezza tipica della primavera; ti tocca con i polpastrelli e ti riempie di dubbiosi solletichi. Luca è nel suo salotto, guarda fuori dalla finestra, ha appena finito di bere il suo caffè, forse dovrà fare una chiamata di lavoro, probabilmente non ne ha voglia. Oggi Luca è lontano ben più che chilometri da lì: ripensa a quando aveva 17 anni, ne ha ricordato all'improvviso l'incoscienza folle, febbrile, assetata di sapere. Ricorda il pendere dalle labbra di suo padre che tornava da lunghi viaggi con pile di libri giallognoli, consumati dal tempo e dalle mani di chi li sfogliò avidamente; ricorda rubarli di nascosto e leggerli la notte, ricorda il tempo che non gli bastava per finirli tutti, spinto dalla voglia di uscire e declamare ciò che aveva confusamente raccolto alla donna che gli avrebbe rapito il cuore. Ricorda tutto questo, e d'istinto scorge, nascosto tra i suoi nuovi scaffali in legno bianco, già pieni e disordinati nonostante: «non avevo riordinato solo un mese fa?», un piccolo volume "Favola d'amore" di Herman Hesse. Lo prende e rimpiomba nel tremore di quegli anni, nella lucida consapevolezza di essere al pendio del mondo, di avere nient'altro che la propria energia alla mercè dell'esistenza. Pensa a Camilla. Camilla ha l'età che lui tanto vorrebbe avere ora, ha quei 17 anni incoscienti e, da qualche parte, vede la stessa luce che animava i suoi desideri folli di 20 anni prima. Pensa a quella giovane che anima a volte la sua casa e con cui, con la purezza ingenua del 17enne innamorato di una ragazza che sembra 10 volte più donna di quanto lui sia stato uomo nei suoi 17, intraprende conversazioni luminose sull'arte, sui libri, sul cinema, sulla musica, sulla vita. E' quel senso di passato che torna, quel flebile bagliore di giovinezza che lei, col suo fiero ma inconsapevole parlare, gli ha forse ricordato tutt'un tratto. Prende una penna e scrive indelebilmente su quelle pagine che ha ritenuto sacre per anni interi della sua vita; si abbandona alla corruttibilità delle cose, dei libri, degli amori, del passato, del presente.
PS: l'idea di ricostruire dalle dediche le storie che si celano dietro (nonostante questa qui sia personale e "in parte" veritiera) l'ho presa in prestito a @coseneilibri su instagram, probabilmente la mia pagina preferita in assoluto. Chi dovesse per caso leggermi qui vada subito da lei, ha una delicatezza incommensurabile.
6 notes
·
View notes
Text
Sé superiore // corpo astrale Spirito: quinta dimensione, oltre, luce, espressione divina, eternità, vibrazione più accelerata, incorruttibilità. * Sé inferiore // corpo eterico Anima: ego, personalità, corruttibilità. Nostra qualità di vita pratica ed emozionale, interno della nostra mente, vibrazione più bassa e frequenza più lenta soggetta a tutti i condiziamenti già a livello embrionale, dal momento in cui la cellula si crea, le malattie hanno origine nella fase fetale e le emozioni vengono condivise della madre. La mente risponde ai condizionamenti vissuti, bisogna attuare un percorso di decondizionamento. Dietro la malattia c'è un mondo di domande sfuggite e segnali che sono sono stati accolti, devo coglierli tramite gli specchi sottili e invisibili. L'inconscio va ascoltato o un domani verrà chiamato destino. L'essere umano resta aggrappato al proprio stato emotivo e al passato in maniera catastrofica, è sempre manifestazione dell'ego che si nutre delle paure.
2 notes
·
View notes
Quote
[...] «È come pensavo.Vi conosco ormai Johann, sento che sono le passioni a muovere ogni vostra azione, seppure la lucidità e l'intelligenza non vi facciano difetto. Eppure l'altro giorno, ricordate, parlavate con Schiller durante la cena... » «Certo, ricordo con piacere la nostra conversazione. Si parlava dello scorrere del tempo, della corruttibilità della bellezza...» «Si, ad un certo punto voi diceste questo, che un arcobaleno che dura un quarto d'ora non lo si guarda più.» «È vero, dissi qualcosa di simile. Non capisco però ora...» «Ditemi una cosa, Johann, voi che avete provato ciò che provò allora Werther, ma che ancora vivete. Forse avete accarezzato la morte e non ne siete stato vinto, ma non è questo che voglio sapere. Piuttosto, che ne è del vostro amore, che cosa è rimasto? Voglio dire, di un sentimento tanto grande da muovere in voi passioni dalla forza terribile, da far traballare la vostra esistenza, e forse quella delle persone a voi più vicine, che ne è stato poi, di tutto questo?» Johann sollevò un poco le spalle. «Ne serbo il ricordo, è vivo nella mia memoria», disse quindi. «Ma voi ora amate un'altra donna...» «Certo. E il mio amore è altrettanto grande» Karl parve corrucciarsi. Johannveva capito dove voleva portarlo con le sue domande, ma lasciò che continuasse. «Una cosa non mi è chiara. Se ogni cosa è corruttibile, lo sono anche i sentimenti. È questo di cui parlavate l'altra sera. Il tempo sembra avere la capacità di cancellare anche le passioni più forti, o se non altro impoverirle, comunque snaturarle. Ora voi parlate con il sorriso sulle labbra di un amore passato che probabilmente allora quasi vi uccise, e adesso vi muove solamente a ricordi affettuosi. Ma che sarebbe accaduto, dico allora io se aveste fatto come Werther, se vi foste dato la morte? O se aveste commesso qualche orrendo crimine, spinto dalla passione, come a volte accade? Se aveste ucciso qualcuno, o qualcuno fosse rimasto ucciso a causa vostra, e questo, col senno di poi, in nome di qualcosa di corruttibile nel tempo, di un arcobaleno?», «Vedete, Karl», disse allora Johann, «sono le nostre azioni a legittimare i sentimenti, non il contrario. Certo, io ora amo un'altra donna, e vi assicuro che mi getterei nel fuoco per lei, e che commetterei i crimini di cui parlavate prima senza alcuna esitazione. Ignoro ciò che mi riserva il futuro, non mi è dato sapere fra due, dieci, vent'anni che ne sarà di questo sentimento, ma questo non ruba nulla all'amore che ora provo per lei anzi lo rende prezioso, e l'arcobaleno è proprio questo, se ci pensate. Werther ha fermato il tempo, ha reso eterno il proprio sentimento attraverso un'azione, forse estrema e discutibile, ma proprio attraverso di essa ha legittimato l'amore sconfinato che si portava dentro, e questo senza che la ragione ci mettesse il becco. Io di quell'amore ne ho scritto, spinto allo stesso modo esclusivamente dalla passione, ne ho fatto un romanzo che ha attraversato l'Europa intera, e nel mio piccolo mi sento di aver legittimato le mie molto più umili sofferenze. La speranza che fra cento anni o più si parlerà ancora di questo amore maledetto mi riempie l'anima, e mi regala l'ebbrezza di qualcosa di molto vicino all'eternità. E comunque, per rispondere alle prossime due domande che state per farmi, vi dirò che si, tutto ha una fine. E si, ne vale la pena, sempre» [...]
Da: Finistère di Andrea dei Castaldi, pag.229-230 - Barta Edizioni.
16 notes
·
View notes
Photo
...complesso, quasi al limite della comprensione. O lo odi o lo ami...Io l'ho amato...per il modo di scrivere...per la distruzione del tempo...per il non uso della punteggiatura. Folle....estremamente folle...E' il libro che Faulkner preferiva, quello che considerò sempre il più caro. Leggere L’urlo e il furore richiede un grande sacrificio: abbandonare la nave sicura della narrazione classica per tuffarsi nelle acque torbide del flusso disconnesso e spesso incoerente di pensieri dei Compson, famiglia decadente del sud dell’America. Faulkner non fa sconti, mette totalmente nelle nostre mani il compito di astrarre la storia nei significati e nella cronologia degli eventi :ci si trova per tanto dinnanzi ad un caleidoscopico riverbero di memorie narrate a più voci, ricordi frammentari che mutano senza preavviso nel tempo, nello spazio e nella forma diventando ombre del passato sulla luce intermittente del presente. I suoni, i rumori e i momenti di vita narrati covano in sé il seme della dannazione passando per l’insania, essi concretizzano in modo sublime Il progetto per eccellenza, quello di rappresentare in ogni sfaccettatura possibile, la corruttibilità rabbiosa dell’animo umano di fronte all’alienante e inafferrabile senso di vivere...Un libro memorabile. indimenticabile...#ravenna #booklovers #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #narrativa #williamfaulkner (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/ChBrgyooieQ/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#ravenna#booklovers#instabook#igersravenna#instaravenna#ig_books#consiglidilettura#librerieaperte#narrativa#williamfaulkner
0 notes
Text
Biden ed Ucraina tra rapporti pubblici e privati
I rapporti tra Biden ed Ucraina non nascono in risposta alla recente guerra ed invasione russa. Ci sono tanti rapporti privati che non sono passati inosservati. Il caso Burisma Holdings Siamo ad aprile 2014 quando la Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell'Ucraina (attiva sia su gas che petrolio), assume per una consulenza proprio Hunter Biden. Avere nel proprio board un nome di "peso" avrebbe sicuramente portato giovamento al prestigio dell'azienda. Va detto che l'Ucraina, e le sue aziende, sono spesso ricordate per la scarsa trasparenza ma soprattutto l'alta corruttibilità. Hunter Biden viene assunto con uno stipendio di 50mila dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che durante quei mesi Joe Biden ha proseguito la politica americana volta a far riprendere il possesso da parte dell'Ucraina di quelle zone del Donbass ora divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia. La zona di Donespt è ritenuta ricca di giacimenti di gas non ancora esplorati finite nel mirino della Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che ha fatto storcere il naso anche ai media americani in quegli anni. Trump, l'elezione e le fake news E si arriva al 2017 anno in cui diventa presidente Donald Trump. E arriva alla Casa Bianca anche grazie all'uso, un po' arrembante dei social network. Solo dopo la sua elezione si scoprono aziende come Cambridge Analytica che usava informazioni degli utenti di Facebook per pilotare informazioni spesso e volentieri fasulle che però hanno pilotato il voto alle presidenziali. E poi gli hacker russi, i quali, su ordine di Putin stando a quanto dichiarato mesi dopo dalla Cia, danneggiarono la campagna dell'altra candidata Hillary Clinton. L'elezione di Trump fece fuori "l'amico" dell'Ucraina, Joe Biden. L'Ucrainagate su Joe Biden Durante la campagna elettorale del 2020 scoppiò l'Ucrainagate. Donald Trump nel tentativo di screditare il suo avversario fece pressioni sul presidente Volodymyr Zelensky affinché aprisse un'inchiesta nei confronti del figlio di Biden e dei rapporti con la Burisma Holdings. Una inchiesta che avrebbe potuto mettere in cattiva luce Biden. Trump in una telefonata con Zelensky fece capire che gli aiuti all'Ucraina erano legati all'apertura di questa inchiesta. Ed effettivamente gli aiuti economici e militari all'Ucraina furono bloccato pochi minuti dopo quella telefonata. Evidentemente Zelensky non aveva dato "garanzie" sufficienti su quell'inchiesta. Ma quella telefonata (oltre a una serie di testimonianze) aprì di fatto la porta all'impeachment contro il tycoon. Read the full article
0 notes
Link
Il rapporto tra Architettura, Politica, Democrazia e Potere diviene, allora, il nodo intorno al quale poter ragionare di tante cose, declinate in tutti i tempi verbali possibili: al passato, al presente e, soprattutto, al futuro. Attraverso questo filtro si riescono a leggere, in retrospettiva, i processi che hanno profilato la Città del presente e ad ipotizzare, in prospettiva, la sua evoluzione futura. Attraverso questo filtro si può ragionare di amministrazione della cosa pubblica, e della sua maggiore o minore corruttibilità, di rappresentanza e visione politica, di rapporto tra pubblico e privato, di bene comune e responsabilità: tutti elementi che confluiscono in un’unica dimensione che è quella, appunto, della progettazione. Si parte da un’idea, scaturita da bisogni ed esigenze più o meno condivisi, si procede all’elaborazione di un progetto per la sua concretizzazione.
1 note
·
View note
Photo
(via Distanziamento sociale nel film "The Village")
Pubblicata tre anni fa sul sito L'Ottavo.it con il titolo "The Village e le paure dell’America di oggi", questa breve recensione filmica potrebbe offrirsi a una rilettura in chiave "post-covid", passando dal simbolismo trumpiano di un nemico costruito per motivi geopolitici, economici e di conseguenza elettorali interni, a un'esigenza reale, attualissima, scientifica e culturale al contempo; alla realizzazione di quello che abbiamo imparato a definire in questi mesi "distanziamento sociale". Non più visti come disvalori, punizioni corporali, torture psichiche ma addirittura - moderatamente, senza esagerare! - come opportunità per una preziosa riscoperta di visuali alternative finora trascurate, il distanziamento sociale di tipo nazionale, l'autoisolamento turistico, la quarantena dalle abitudini consumistiche e dalla moda comportamentale, potrebbero rappresentare interessanti punti di partenza non per un arroccamento misantropico tendente al sociopatico o per scadere in un provincialismo esasperante e miope di stampo sovranista o in una quaccherizzazione della socialità, bensì per una salutare ricerca inedita nelle terre interne dell'inconsueto, per una valorizzazione di quei territori culturalmente sottovalutati, delle snobbate distanze brevi, per una risalita delle correnti fino alla fonte di ciò che pensiamo di conoscere e che invece abbiamo rimosso dai nostri itinerari interiori ed esteriori.
Saggio è in questi giorni l'invito, politico e culturale, a una riscoperta del nostro paese; non si tratta di "patriottismo" economico, di una sollecitazione fascistissima a un "consumismo interno"; c'è di più: è un invito a volersi bene non come mero atto buonista, a proteggersi l'un l'altro, a coltivare un senso d'appartenenza stavolta non deleterio, non uniformante, a riscoprire il "villaggio Italia" perché in questo periodo d'emergenza abbiamo capito che, nonostante la globalizzazione, nonostante le difficoltà interne e le bassezze di certi nostri connazionali, non ci si salva che da soli, da dentro in qualità di nazione, dall'interno del bosco, o meglio, passando al bosco (non per forza in termini addirittura jungheriani), lì dove vivono gli altri membri della nostra comunità, senza attendere aiuti esterni o interventi romantici e idealistici da parte di comunità immaginarie, all'atto pratico inesistenti o ritardatarie (vedi quella europea).
È bello stare al caldo, affidarsi a riti sicuri e regole salde, accolti dal morbido abbraccio di una coperta comunitaria in cui tutto sembra riproporsi come nuovo, spinti dall'onda emotiva di una inflazionata ripartenza; anche se conosciamo la corruttibilità dell'animo umano, anche se per un po' torneremo a riscoprirci senza coltivare illusioni a lunga percorrenza. Presto questi riabilitati gesti conservativi verranno nuovamente messi da parte: prima o poi, tra una fase e l'altra, ritorneranno di moda l'audacia e l'esotismo. E con essi forse, anzi sicuramente, anche una buona dose di stupida normalità.
0 notes
Link
1. MENTRE I MEDIA MARCIAVANO A FARI SPENTI PER NON DISTURBARE I NUOVI CONQUISTATORI DEL PALAZZO, DALLE INTERCETTAZIONI SUL SISTEMA PARNASI EMERGE UN QUADRO POLITICO IN CUI I VERI PROTAGONISTI AGIVANO NELL’OMBRA E LE COMPARSE RECITAVANO IL LORO COPIONE 2. ORA EMERGONO PESANTI INTERROGATIVI SUL REPENTINO VOLTAFACCIA (APPENA 24 ORE) DEI FRATELLI&COLTELLI DI MAIO-SALVINI NEL RIMETTERE IN PISTA IL PREMIER “A CONTRATTO” GIUSEPPE CONTE CHE NEL SUO DISCORSO D’INVESTITURA PRENDEVA DI PETTO SOLO IL PRESIDENTE DELL’ANTICORRUZIONE RAFFAELE CANTONE, IL PIU’ INVISO AI COSTRUTTORI 3. UNA FRETTA SOSPETTA DOPO AVER CHIESTO L’IMPEACHMENT DEL CAPO DELLO STATO
DAGONOTA
Il brogliaccio giudiziario sulla presunta rete affaristico - politica del palazzinaro Luca Parnasi non racconta soltanto di quel “mondo di mezzo”, stavolta in doppiopetto, che a Roma continua a farla da padrone nel sistema degli appalti pubblici a ogni cambio di sindaco e di casacca di partito.
Le pagine dell’inchiesta avviata dalla magistratura inquirente raccontano ben altro raschiando la crosta in filigrana dei denari delle tangenti (o favori), elargiti e promessi. Le intercettazioni, infatti, proiettano qualche bagliore di luce anche sullo svolgimento al buio (pesto) dell’ultima crisi di governo.
La peggiore della storia repubblicana. E non soltanto per la sua penosa durata (83 giorni) che ha messo a rischio la tenuta delle stesse istituzioni. Essa rivela, al momento solo in controluce, che dietro l’asse Di Maio-Salvini, sfasciato e ricomposto nel giro di sole ventiquattro ore (un record), ben altri sembrano essere stati i protagonisti, più o meno occulti, della nomina del premier “Usa&Getta”, Giuseppe Conte e di un esecutivo, abborracciato alla meglio, composto da ignoti “gregari” (Ezio Mauro su la Repubblica).
Anche il nostro Mr.X, cioè il neo presidente del consiglio, è stato pescato dai Cinquestelle nel mazzo degli studi legali che contano (Alpa) come accadde al momento di candidare a sindaco della capitale Virginia Raggi con lunga pratica nelle law firm di Previti e Sammarco.
Il primo cittadino della capitale dopo aver collezionato figuracce con il giro di valzer degli assessori (promossi e bocciati) a quanto appare (e confessa), si sarebbe piegata ai desiderata dei suoi sponsor politici. E parla di accanimento della stampa nei suoi confronti solo perché donna. “Parnasi e Bisignani sanno benissimo che i Di Maio e le Raggi sono inavvicinabili: hanno mille difetti ma non la corruttibilità”, mette la mano sul fuoco il direttore de il Fatto, Marco Travaglio.
Ma non è del sindaco la responsabilità politico-amministrativa di aver scelto per la presidenza dell’Acea, l’avvocato genovese Luca Lanzalone oggi agli arresti domiciliari? Ecco entrare in scena un altro legale di fiducia della ditta Grillo&Casaleggio - Lanzalone ha scritto lo Statuto del movimento -, che invece di affrontare le emergenze elettriche e idriche si è trasformato “nell’assessore dello stadio” della Roma. E di tanto altro almeno a leggere il brogliaccio giudiziario.
Ora sarebbe fin troppo facile rievocare a distanza di oltre sessant’anni il titolo dell’Espresso “Capitale corrotta=Nazione infetta”, eppure negli ottanta della crisi, come rivelano le intercettazioni pubblicate e in attesa degli omissis…, il fetore delle malefatte capitoline aveva già raggiunto anche i piani alti dei Palazzi romani.
Allora, senza evocare P2,P3, P4, complotti o ruoli di kingmaker all’immobiliarista Parnasi, e nemmeno il “Grande Fratello” partecipato in tv da Rocco Casalino appena promosso portavoce del governo, occorre interrogarsi sul perché chiamato d’urgenza al Quirinale l’economista Carlo Cottarelli (28 maggio) il giorno dopo i Fratelli&Coltelli Giggino e Matteo archiviavano l’impeachment minacciato al capo dello Stato (caso della mancata scelta di Paolo Savona agli Esteri) e rimettevano sul mercato di palazzo Chigi l’usato sicuro del professore “a contratto” Giuseppe Conte.
Un premier che al momento di ricevere la fiducia alle Camere prende di petto chi? se non il presidente dell’anticorruzione, Raffaele Cantone, il più inviso ai costruttori. Era tutta farina del suo sacco (vuoto)? Oppure, per dirla con Ennio Flaiano anche “un perfetto sconosciuto può rimanere tale nei secoli mentre un perfetto cretino può aspirare all’immortalità”.
0 notes
Link
L’uomo ha contraffatto di tutto, da sempre. Sempre scommettendo sull’asimmetria informativa secondo la quale il ricevente non sa o non si accorge del cambio di valore (quantità e/o qualità) dell’oggetto ricevuto. Si fa quindi presto a dire lotta alla contraffazione. In realtà è una battaglia secolare molto complessa e lo testimoniano la storia delle monete e delle banconote. Quando combiniamo dei guai, questi possono essere colposi o dolosi.
Se c’è l’intenzione di commettere un reato, allora è necessario creare dei disincentivi all’opera che si vuole mettere in atto. L’ultimo grido della tecnologia è usato sia dalle guardie sia dai ladri. Vediamo ora se qualcosa può cambiare con la blockchain.
In un’implementazione di tipo blockchain – dal momento che bisogna raggiungere il consenso prima di poterlo scrivere sul registro – si parte dall’assunto che il sistema fallirà se non c’è un allineamento degli obiettivi tra tutte le parti in gioco. Per esempio, se la maggioranza dei nodi diventa disonesta la rete crolla, per tutti, come è giusto che sia.
Allora come possiamo usare questa nuova infostruttura? Occorre introdurre alcune precisazioni. In inglese si impiegano due termini distinti per tracciare.
To Trace: seguire il percorso a ritroso, dal suo punto attuale a dove è iniziato
To Track: seguire il percorso in avanti, dal punto di partenza al luogo in cui si trova attualmente.
La blockchain, applicata alla supply chain, usa il modello “to trace”. Nel turismo si usa sia “to trace” per registrare le ricerche del turista prima del suo arrivo nel luogo che intende visitare, sia “to track” per tracciare i successivi spostamenti una volta giunto nel paese. L’obiettivo è migliorare l’efficienza del suo viaggio, per esempio con immediata compensazione in caso di ritardi.
Un’altra distinzione. Nel caso della supply chain, qual è la differenza tra un bene contraffatto (counterfeit) e un falso (fake)? Con i beni digitali internet ha messo nelle mani di tutti una fotocopiatrice a basso costo, che può essere usata a fini fraudolenti, come l’alterazione di una data su un documento di trasporto. In questo caso il documento è falso. Se al posto del documento prendiamo in esame un oggetto (es. una borsa di lusso) allora chi usa la stessa materia prima (la pelle e la stampa della fabbrica originale) ma la rivende a basso costo (perché non ha i costi di design, di sviluppo e di marketing) realizza una contraffazione. Chi invece appone un marchio famoso a materiale scadente o pericoloso crea un falso.
A questo punto si stabiliscono e si separano le seguenti fasi in ordine cronologico:
produzione (chi ha la responsabilità, cosa ha prodotto e soprattutto quando e dove?)
imballaggio (chi ha inserito il contenuto originario? Ha ceduto l’imballaggio ad altri?)
distribuzione (ha preso in consegna solo dal produttore? Ha consegnato in tempo?)
Prima conclusione. Può la blockchain rimuovere intermediari e dipendenze da entità̀ centrali sostituendoli con algoritmi di consenso, portando trasparenza, verificabilità̀ e robustezza a sistemi tradizionali? Sì, senza dubbio, ma solo se viene eseguita una corretta implementazione. In particolare, se abbiamo fatto prima bene i compiti, ossia se nel mondo fisico abbiamo diffuso su tutto quello che si deve tracciare i sensori che autonomamente raccolgono informazioni (oracoli indipendenti certificano la realtà) e se la verifica è immediata.
Tutte queste fasi devono essere registrate sulla blockchain. Dato che la caratteristica distintiva è l’immutabilità perenne di ciò che è stato scritto, dobbiamo decidere se dare il potere a un ufficiale di fare una verifica se approva o non approva la scrittura. È una decisione di governance molto complicata che va stabilita per ogni specifico caso d’uso. Perché se decidiamo di dare agli algoritmi l’ultima parola, allora poi dobbiamo accettare qualsiasi loro verità. Al contrario, se concordiamo sull’ultimo controllo umano, allora ricadiamo nella ipotetica corruttibilità e abbiamo la realtà fisica non in sincrono con quello che è presente nel registro digitale.
Siamo davanti a questa decisione perché non ci fidiamo più dell’etichetta che indica il metodo biologico o la denominazione protetta (Dop) e neanche della firma apposta su un foglio, visto che il contenuto spesso non ha nessuna corrispondenza. È una realtà quasi impossibile da accettare: solo se rimuoviamo le azioni umane dal processo (falsificare e contraffare) possiamo tracciare (a monte e a valle) con certezza dalla produzione al consumo.
Sì, dobbiamo rimuovere l’accesso in scrittura a dati sensibili e lasciarci solo la possibilità di verificare, con semplicità e velocità, cosa le macchine hanno certificato. Siamo tutti disposti a tale cessione di potere? Basta che una sola dogana o un’autorità portuale o un controllo sanitario si opponga e il sistema non serve a nulla.
Pertanto, o continuiamo a contraffare e a non fidarci dell’altro come facciamo da secoli, oppure decidiamo di creare una logica di ecosistema che prima di tutto condivida il modello di governance. Dato che la supply chain oggi è globale, anche la governance deve essere erga omnes. Se accadesse, sarebbe la prima volta che usiamo un unico protocollo trasparente per muovere valori dappertutto.
Se non percorriamo insieme questo lungo viaggio di cambiamento e integrazione dei processi aziendali, rischiamo un domani di dover dar ragione a chi vede oggi la blockchain come una meteora nel firmamento tecnologico.
Per queste ragioni la blockchain non rimpiazza i processi e i presidi di controllo lungo tutta la filiera, ma li rafforza a posteriori marcando temporalmente, con sicurezza crittografica, il consenso raggiunto – in modalità decentralizzata – sui cambiamenti di stato dell’asset monitorato.
La morale è che troppo spesso si usa la blockchain come una scorciatoia. Invece è solo l’ultimo strumento da usare.
0 notes
Photo
Prima della notte (IV parte) (20/01/2018)
Uno dei primi pomeriggi di sole, Tonja aveva mandato un messaggio a sua sorella tramite il suo dispositivo per incontrarsi al più presto. Aveva avuto l’impressione di essere stata seguita da qualcuno in quei giorni, ed era impaurita e preoccupata. Nel messaggio chiedeva a Sylvia di non lasciare più nulla di scritto nel loro nascondiglio della “Porta del passato”. Quel pomeriggio sarebbe stata l’ultima volta in cui andava da quelle parti a ritirare un messaggio di sua sorella. Quel piccolo recesso segreto era servito per scambiarsi informazioni e piccoli oggetti di valore sentimentale. I loro messaggi erano scritti usando dei codici e parole chiavi da loro stesse inventati. Non potevano fare affidamento sui loro dispositivi perché essi avevano un database comune, e gli organi di governo, all’occorrenza, potevano indagare nella marea di dati che circolavano dentro uno spazio virtuale immenso, ma comunque accessibile alle forze dell’ordine.
Quel pomeriggio Tonja aveva indossato un abito a fiori con delle mezze maniche, un vestito che si adattava bene alle prime giornate di tiepido sole. Quando infilò la sua piccola mano nel solito posto, trovò un messaggio piegato con un tipo di carta diverso da quello di solito impiegato da sua sorella. Quando l’aprì, impallidì dalla paura, ed ebbe la totale certezza di essere stata scoperta quando lesse: “So cosa stai facendo e chi sei. Se ci tieni alla tua vita e a quella di coloro che ami, devi contattarmi senza perdere tempo. Non devi informare nessuno dei tuoi piani al di fuori di me.” Il messaggio aveva in calce due lettere- OS- ed il numero del dispositivo da contattare.
***
Quei giorni non erano stati facili per George, sempre impegnato nel suo laboratorio. C’erano stati alcuni problemi ed il suo superiore gli aveva chiesto di revisionare alcuni dati riguardo gli ultimi esperimenti che erano stati fatti. Costui sembrava più preoccupato del solito e sbadatamente aveva lasciato aperta la sua personale via d’ingresso verso il gigantesco database dell’organizzazione.
Normalmente i documenti riservati e i numerosi file personali giacevano lì, chiusi da doppie chiavi virtuali, di cui solo il direttore del posto e alcuni addetti alla sicurezza avevano la combinazione. George finse di non accorgersi della distrazione del suo capo, e colse l’opportunità per visualizzare del materiale importante e segreto. Pensava, comunque, di parlare della dimenticanza il giorno dopo, ma non prima che fosse riuscito a trovare quello che lo interessava.
Proprio durante il suo turno di notte, ricevette un messaggio di Jolly sul suo dispositivo. Egli gli chiedeva se poteva venire a trovarlo immediatamente, si trattava di qualcosa di veramente importante. George si chiese che cosa poteva esserci di così importante da sentire la necessità di vederlo all’improvviso in un simile orario, anche se non era la prima volta che ciò accadeva. Il comportamento impulsivo di Jolly riservava inspiegabili sorprese a volte. Era una notte tiepida di luna piena e sarebbe stato bello poter fissare il cielo dalla finestra della sua camera immerso nei suoi pensieri prima di riposarsi mentalmente. George aveva l’intenzione di fare questo appena fosse finito il suo turno di lavoro. Adesso i suoi piani sembravano essere andati in fumo. Chissà per quanto tempo Jolly si sarebbe trattenuto a parlare con lui.
Jolly arrivò trafelato dopo circa un’ora. Portava ancora la divisa da lavoro e uno zaino. Dopo aver salutato George con la sua solita cortesia, estrasse un piccolo sacchetto di plastica da una delle tasche del suo zaino. Esso aveva una chiusura a zip facile d’aprire. Quando George allungò il braccio per riceverlo, pensò che fosse vuoto, ma quando lo guardò da vicino si accorse che esso conteneva alcuni capelli. Essi erano lunghi, fini e biondi. Jolly sorrise: “Ho portato avanti il mio lavoro a dovere. Adesso sono sicuro che quella ragazza ha dormito con qualcuno negli ultimi giorni. Mi dia un po’ di tempo in modo da tenerla d’occhio e poi le saprò dare delle risposte precise.” George fissò la busta di plastica sbalordito, quasi non riusciva a crederci. Finalmente! disse a se stesso. Da tanto tempo sperava di ricevere notizie simili.
Con il suo solito tono di voce tra l’ossequioso ed il perentorio, Jolly chiese a George un piccolo “aiuto” per poter continuare a lavorare con la sua solita diligenza e finire il suo compito il più presto possibile. George si aspettava questo. A ogni modo, una volta ricevuta una risposta definitiva da parte del suo informatore, doveva subito provvedere a procurargli tutto il denaro che gli aveva promesso insieme a nuovi documenti d’identità, in modo che egli potesse spostarsi in un'altra città senza problemi. “Vorrei tanto poter vivere come gli altri esseri umani,” aveva detto Jolly un giorno. Sembrava essersi scordato che lui non era umano. Si era talmente immedesimato nell’interpretare quel ruolo nella società che adesso credeva di esserlo veramente. George, in quell’allora, avrebbe dovuto metterlo in guardia contro le poche probabilità che aveva di portare avanti a lungo quella finzione. Tante volte sentendolo parlare, George aveva avuto l’impressione che quell’essere volesse tanto essere uguale agli occhi degli altri, che aveva finito per credere alla sua stessa fantasia. I nuovi documenti che gli avrebbe procurato a breve, dicevano proprio questo. Non era necessario che i documenti di qualcuno precisassero che si trattava di un essere umano perché era ovvio. Ma Jolly stranamente ci teneva. Sembrava tutto illogico, come se quell’essere non fosse più in grado di distinguere il reale dall’immaginario. Un robot non poteva essere capace di sviluppare insane fantasie, almeno questo sembrava evidente quando, pochi anni prima della guerra, si era dato il via alla produzione di robot in serie. Non i pallidi, anonimi robot delle fabbriche di oggi, ma i sofisticati robot fisicamente in grado di emulare gli esseri umani e di sostituirsi ad essi in numerose mansioni di servizio. C’era comunque un grande divario tra costoro e gli esseri a cui aspiravano di somigliare. George trasalì nel ricordarsi di questa non sottile differenza. Costui era diverso, nessun cervello umano era stato usato come matrice per riprodurre sentimenti o emozioni nel suo cervello meccanico. Jolly non poteva essere considerato in alcun modo “umano”. George credette di vedere in Jolly un’espressione molto lieve di rabbia trattenuta, come se avesse indovinato i suoi pensieri più profondi. Non può essere, ripeté nella sua mente come un monito. Nel fondo egli era consapevole di disprezzare Jolly e tutti i robot che scimmiottavano gli essere umani senza riuscire a coglierne l’essenza. E questa non era altro che quella scintilla di luce e conoscenza chiamata “anima”. Un qualcosa che George era sicuro di avere per via delle sue origini. Egli e gli altri del programma “Vita nuova” erano robot nobili, non atti a scimmiottare nessuno, ma a salvare l’essenza di ciascuno dei loro patrocinatori dalla corruttibilità della carne, dalla mortalità.
Era da tempo che George non ci pensava. Anche se ai suoi tempi i robot del programma “Vita nuova” avevano ottenuto lo status di cittadini, era palese che il modo in cui venivano considerati dalle persone “normali” era differente. Per molti di questi, essi non erano diversi dagli altri robot in circolazione. George ricordava che la differenza più eclatante tra i robot fatti in serie e gli esseri umani, stava nelle numerose sfaccettature dei sentimenti, e nella diversità e prolificità delle idee che quei robot non avevano, e non avrebbero mai potuto avere. Nonostante non lo facessero mai notare, i robot come Jolly ammiravano ed invidiavano gli esseri umani. Invece i robot del programma “Vita nuova” avevano la stessa ricchezza di sentimenti, gli stessi sogni e ambizioni degli esseri umani, solo i loro corpi erano diversi; ma questo piccolo dettaglio era bastato per infondere sfiducia nella gente comune. George avrebbe potuto ricordarsi di queste cose con amarezza, ma invece qualsiasi sentimento negativo si era estinto dopo gli avvenimenti dell’ultima guerra. Il robot-George amava profondamente il genere umano, tanto da aver voluto sabotare un intero sistema per riportare la razza umana alle sue origini.
Si ricordava che ai tempi in cui erano state poste le prime basi per lo sviluppo del mondo odierno, la possibilità di manipolare i geni era stata considerata necessaria in modo da preservare un determinato ordine nel mondo. Gli attuali esseri umani non avevano la più pallida idea di tutto ciò che era stato loro sottratto. Henry, con le sue indiscrezioni, aveva aperto una voragine dentro il suo animo e adesso George voleva sapere tutto. Non era più quello il tempo adatto per i segreti. Anche se George era riuscito ad avere qualche alleato nei piani alti, correva sempre il rischio di venire scoperto… e soppresso. Già, “soppresso”. Anche se nessuno ne parlava, era la fine che facevano tutti coloro che erano troppo assetati di verità; l’unica cosa vietata in quel mondo fittizio fin dal suo concepimento.
Jolly rimase a fissare George per pochi istanti quasi temesse qualche brutta notizia o qualche inaspettato rifiuto. Infine, con sollievo, sentì George rivolgersi a lui con gentilezza per ringraziarlo dei suoi sforzi e per dirgli che tutto ciò che egli stava facendo, sarebbe stato ricompensato secondo i loro accordi. Nel frattempo, disse, Jolly poteva contare con un piccolo anticipo di quanto accordato, come gli aveva già promesso. Era da tanto tempo che Jolly non sembrava così felice. Dopo essersi salutati, George decise di rimanere ancora per un po’ nel laboratorio in modo da analizzare il materiale che gli era stato portato. Tanto per sapere, George aveva chiesto prima a Jolly se ci fossero dei ragazzi in quell’istituto che avessero quel tipo di capelli. “Beh, qualcuno c’è,” aveva risposto costui con naturalezza.
Dopo avere indossato i guanti da laboratorio, egli prese i fini capelli dal sacchetto e li immerse in un liquido speciale contenuto in una provetta. Alcuni minuti dopo, trasferì quei campioni biologici in un sofisticato apparecchio che avrebbe svelato l’identità della persona a cui appartenevano. Alcuni istanti dopo, quando George ebbe il risultato in mano, trasalì dalla sorpresa. Nel database che conteneva le informazioni di ogni cittadino nato in quell’angolo del mondo, i dati da lui cercati sembravano alterati. Un asterisco indicava che le informazioni che gli servivano si trovavano nella sezione speciale del database. Forse si trattava di una specie di segreto scientifico. George, senza pensarci due volte, entrò nella sezione speciale a cui adesso, per puro caso, aveva accesso. Se prima era rimasto sbalordito nello scoprire lo spostamento dei dati, adesso ciò che trovò lo fece quasi svenire dalla sorpresa: il DNA di quella persona conservava il 95% di tratti in comune con il DNA matrice, la “madre” di tutto il genere umano attuale.
#storie#racconti#originale#sci fi#fantascienza#surreale#scrittori on tumblr#scrittori italiani#scrittori emergenti#dystopia#distopia#fantapolitica
0 notes
Text
INTERVIEW
Ottobre 2014
Intorno alla mostra “Arrets sur images”
Focus di Mariagrazia Grella
1\ Il tuo studio vive della presenza degli innumerevoli oggetti che hai accumulato nel corso del tempo. Traccia di un percorso esistenziale, ancor prima che artistico, essi costituiscono il dato grezzo, la materia di cui ti servi per le tue creazioni. Possiamo dire che il tuo fare arte è una poiesis, un “dare forma”, che sottrae gli oggetti alla loro amorfa unità, “fa presa” su di essi (frazionandoli, accorpandoli, disgiungendoli, selezionandoli e scartandoli), per attualizzarli infine nella dimensione artistica?
Mi sono avvicinata al mondo degli oggetti inizialmente tramite la passione per l’arredo e il design, ma il mio lavoro da qualche anno si è trasformato in una riflessione più approfondita sull’oggetto di uso quotidiano all’interno di spazi industriali. Tutti i miei lavori infatti hanno origine nel mio studio, un ex capannone industriale ove trascorro la maggior parte del mio tempo, quasi un luogo sacro in cui in modo rituale vengono appoggiati gli oggetti nel momento in vi cui arrivano. Posso dire che il mio operare nasce da una ricerca ossessiva di oggetti usati, trovati, ereditati e personali, che spesso appartengono anche alla mia famiglia o che ricerco in tutte le periferie della mia città, tra mercatini, negozi di usato e spesso vecchie abitazioni da svuotare. Gli ampi spazi del mio studio mi hanno consentito così di accumulare e collezionare oggetti, elementi che oggi sono diventati la grammatica del mio operare. I primi lavori erano sculture di oggetti, una sorta di accumulazione di cose a cui cercavo di cambiare identità attraverso l’uso sperimentale di svariati materiali e linguaggi. Piano piano sono nate delle istallazioni o semplicemente delle immagini, con oggetti che possiedono una memoria, una propria biografia data dalla stratificazione del tempo, fino ad arrivare poi ad inserire l’oggetto stesso all’interno di nuovi contesti, cercandone una nuova percezione visiva attraverso assonanze e associazioni.
2\ Questa “presa” con cui catturi gli oggetti e li introietti nella tua arte, è necessaria affinchè la forma artistica si muti in evento, in qualcosa che accade o, al contrario, essa è la traccia di un evento, di qualcosa che è accaduto? È l’arte a fare traccia, o è la traccia a fare arte?
Entrambe le cose, incatenate in maniera stretta. Come ti dicevo, mi trascino dietro da sempre un retaggio di ricordi legati agli oggetti, agli accumuli di cose di dubbia utilità, sono cresciuta cercando una sistemazione continua di oggetti all’interno di spazi che mi restituissero regolarmente una nuova visione. Tutto il mio procedere si muove su questa sottile linea che sta tra il riordinare e il gettare, l’accumulare e il selezionare per liberare lo spazio, e così spesso si producono degli incidenti, o si compiono degli errori di percorso, da cui in maniera inattesa nascono delle cose. Il mio studio è il luogo in cui tutto questo accade quotidianamente, in cui tutto subisce una registrazione ossessiva, lasciando e divenendo una traccia ininterrotta. Fa parte tutto di un unico processo, che cerco sempre di fermare in ogni sua manifestazione, e per questo motivo spesso sono costretta ad arrestarmi sulla soglia, nell’istante immediatamente precedente a quello in cui si produce lo scarto. La traccia è la continua impronta di quello che risulta incessantemente da un passaggio successivo, il lavoro porta costantemente con sè ciò che un attimo prima è accaduto, ciò che un secondo prima si è composto, una linea che si trasforma per divenire altro rispetto a ciò che era, ma che deriva da un’unica matrice, che genera e si rigenera dall’interno . Un unico processo in cui forse arriverò alla scomparsa dell’oggetto stesso, mettendo in crisi continuamente ciò che ho già prodotto e gli elementi contraddittori che sempre ne fanno parte, tentando una sorta di pulizia all’interno del gesto, il desiderio di arrivare in futuro probabilmente a una semplice intuizione.
3 \ Il modo in cui hai riempito di oggetti il tuo atelier ricorda la trouvaille surrealista, la ricerca di oggetti - reali, usuali o insoliti- intesi come agenti metonimici capaci di riattivare nel mondo quotidiano lo spazio onirico e di produrre nello spettatore la gratuità della sorpresa. Potresti chiarirci se anche per te l’appropriazione della materia implica la possibilità di accesso ad una dimensione simbolica che, metaforicamente, si lega ad istanze profonde della tua vita privata?
Certo, come già ti ho detto, ciò che cerco e che poi trovo inevitabilmente, è semplicemente ciò che mi capita, e che fa parte di un mio mondo che già mi appartiene, o che in qualche misura, è appartenuto alla mia infanzia e alla mia memoria, a un ricordo che sta lì in attesa di trasformarsi in immagine nitida e successivamente in opera. Il mio lavoro credo sia un’insistente recupero del tempo passato, per poi fondersi con ciò che sono adesso, raccontando semplicemente un rapporto empatico che di volta in volta stabilisco con gli oggetti e con il mio studio. Metto in evidenza l’interiorità dell’oggetto, la sua natura ambigua, evidenziando il divenire stesso della cosa . Cerco di ricucire un rapporto esistenziale che ho con essi e che si è intensificato con il tempo nel momento in cui ho capito che era in stretta connessione con me, il mio corpo e la mia memoria, quindi cerco di ricreare una mappatura di me stessa attraverso quelle che chiamo verifiche incerte sull’ambiguità dell’essere. In altre parole tutto nasce da una visione sensuale dell’oggetto, e dalla relazione identitaria che ne deriva.
4 \ Nelle Nature morte con il tema della Vanitas il loro significato profondo, la caducità della condizione umana, è affidato alla presenza del teschio, vero soggetto accentratore intorno al quale ruota un ampio corollario di oggetti, emblemi del piacere dei sensi e della corruttibilità dell’organico. L’apparato scenico della tua Still Life si ispira indubbiamente alla tradizione dell’iconografia macabra, eppure possiede un afflato che sembra risiedere nella sua dimensione precipuamente visiva. Possiamo dire che, al di là dell’allegoria, il soggetto della tua opera è l’opera stessa, o meglio, che si tratta di una immagine e non di un soggetto?
L’immagine all’interno del mio lavoro assume il ruolo principale, un ruolo generativo per quello che accade poi in un momento successivo. Spesso essa, soprattutto nella fase iniziale dell’opera, è legata ad un ricordo, che fino a quel momento vive in uno stato di dimenticanza, di sospensione e di latenza.Il ricordo/immagine/visione, diventa ossessivo e acquista sempre più nitidezza nel momento in cui il lavoro comincia a prendere forma, liberandosi dalle regioni del pensiero e del sentimento per emergere come immagine dalla mia memoria, per strutturarsi attraverso gli oggetti e la loro combinazione affinchè quel dato evento si componga. In Still Life, il fermo immagine è dato da un tentativo di arresto della visione, da un momento di pausa sugli oggetti che scelgo all’interno di una collezione o nell’insieme delle immagini che compongono i mie libri/ diario. Rappresenta un tentativo di pausa visiva, cercando di far posare l’attenzione e lo sguardo dello spettatore, proprio come avviene in teatro attraverso l’occhio di bue, che isola i soggetti mettendoli in evidenza. In questo caso la scelta di una natura morta e quindi di oggetti inanimati, bloccati ancora una volta nello scorrere del tempo, sottolinea gli attributi più importanti e simbolici dell’oggetto stesso, restituendo una visione costruita nei dettagli e volutamente composta.
0 notes