#composizione fotografica
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#fotografia in bianco e nero#arte visiva#espressione emotiva#illuminazione creativa#composizione fotografica#editing professionale#fotografia aziendale#moda e design#tecnica fotografica#creatività artistica
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Storia Di Musica #327 - U2, The Unforgettable Fire, 1984
L'ultimo edificio di questa piccola carrellata di dischi che ne hanno uno in copertina ci porta nella Contea di Westmeath, nel cuore d'Irlanda, con le rovine di un castello, quello di Moydrum, situato nei pressi della cittadina di Athlone. Lì quattro ragazzi irlandesi, insieme a quello che diventerà il loro amico e fotografo per i successivi quattro decenni, Anton Corbijn, posano per la copertina di un disco che nelle loro intenzioni doveva rappresentare una svolta concettuale e musicale. È facile d'altronde mettere a confronto le prime copertine degli U2 con questa, e rilevarne la differenza concettuale: lo sguardo dolce di Peter Rowen, il fratellino di Guggi, amico di Bono, che capeggia in Boy (1980), la band ripresa in October (1981) sullo sfondo il porto di Dublino, e lo sguardo, rabbioso e drammatico, dello stesso Peter Rowen in War (1983, una delle copertine più iconiche del decennio). Dopo il tour di War, Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. cercano una svolta. Bono, con una mossa che riprenderà anche in futuro, annunciò all'ultimo concerto di quel tour che la band necessitava di "essere sciolta".
Un rinnovamento che passa da un nuovo approccio alla composizione e da una guida in produzione musicale che sia diversa da Steve Lillywhite, che li aveva seguiti nei primi tre capitoli della loro storia. The Edge, affascinato dai suoi lavori discografici e dal suo ruolo di produttore per i Talking Heads, chiede di contattare Brian Eno. La scelta non sembrava affatto sensata: una band sanguigna, epica, con il guru della musica ambient, della sottrazione emotiva. Lo stesso Chris Blackwell, il proprietario della Island, la casa discografica che li aveva scoperti, era scettico. E lo stesso Eno all'inizio lo era. Ma l'ascolto del loro live Under The Red Blood Sky lo convinse a provare. Porta con sé un tecnico del suono geniale, anch'egli musicista, il canadese Daniel Lanois, incaricato degli aspetti materiali e tecnici delle registrazioni, e indica alla band un orizzonte che se ancorato alla passione, all'epica, alla forza della loro musica originaria, la amplia in scenari vasti, che diluiscono i colori e regalano emozioni nuove all'ascolto.
Registrato nella sala di ballo, trasformata in studio di registrazione, di un altro castello, lo Slane Castle, e presso gli studi di Windmill Lane a Dublino, The Unforgettable Fire prende il nome dal titolo di una mostra fotografica itinerante giapponese sui disastri di Hiroshima e Nagasaki, che i quattro videro al The Peace Museum di Chicago. È una sensazione diversa ascoltare il suono, ricco, cinematografico, di A Sort Of Homecoming che apre la scaletta. Un suono arioso, sostenuto, con l'abbandono della batteria "militaresca" dei lavori precedenti, la chitarra di The Edge che inizia a disegnare paesaggi luminosi, il supporto robusto del basso di Clayton e Bono che si lancia nella descrizione di paesaggi spirituali niente male: hai fame di tempo\tempo per guarire e desiderare, del tempo\e senti la terra muoversi sotto di te\il paesaggio di sogno che hai creato (...) le mura della città sono cadute\la polvere, un velo di fumo tutt'intorno\volti arati come i campi che un tempo\ non opponevano resistenza. Dello stesso tenore, con quest'aggiunta espressionista, sono Wire (addirittura pensata solo come abbozzo nel testo, e registrata con Bono che in parte improvvisa durante il canto) la spettacolare The Unforgettable Fire, e Indian Summer Sky, che è l'espressione anglofona per l'Estate di San Martino. Canzoni che tra l'altro sfuggono alla struttura classica con la ripetizione del ritornello, spesso non citano il titolo nel testo e entusiasmano, spesso ancora oggi, per il lavoro di addizione sonora e di sensazioni che lasciano. Ma è un album che contiene tanto altro: due strumentali, 4th Of July (che è il giorno della nascita della prima figlia di The Edge, e registrata quasi di nascosto da Eno mentre Clayton e il chitarrista improvvisavano) e MLK, dedicato a Martin Luther King, al quale è dedicato anche il brano simbolo del disco, e primo singolo dell'opera, Pride (In The Name Of Love), il cui video musicale fu girato nella sala da ballo allestita a studio di registrazione dello Slane Castle. C'è la poesia dolce e fluttuante di Promenade, un gioiellino che racconta il flusso di pensieri durante una passeggiata, c'è l'esperimento di Elvis Presley And America: basata sulla traccia base rallentata di A Sort of Homecoming, è una improvvisazione canora di Bono, che immagina il Re, ormai sul viale del tramonto, che ricorda il suo passato, specialmente il suo rapporto con Priscilla, e fu una single take lasciata così, grezza e con la voce che dà la sensazione di un'eco più lontana e oscura. Rimane un ultimo grande pezzo: Bad fu scritta da Bono in ricordo di un suo compagno di scuola morto di overdose da eroina il giorno del suo 21° compleanno, è drammatica nel suo crescendo emotivo e diviene una sorta di prototipo di stile U2\Eno\Lanois. Diventerà uno dei momenti clou dei concerti negli anni a seguire.
Un disco dalle tinte sfocate, dai paesaggi sonori sfumati, dalla musicalità complessa poteva sembrare un azzardo per una band considerata così sanguigna. Invece fu un successo: primo disco degli U2 al primo posto della classifica britannica, in top ten in quella americana, e soprattutto la sensazione che la piantina musicale che qui nasce crescerà subito e velocemente, per certi versi in maniera fragorosa, per cambiare il volto alla musica dei decenni a venire. Ma probabilmente questo non lo sapevano ancora.
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questa è l’opera che Cobain compose per “IN UTERO”
tanti giorni di lavoro per ottenere la disposizione esatta di tutti gli elementi.
le “bambole”
il carapace
la scatola a forma di cuore
i fiori !!
le difficoltà vere però furono Frances Bean, la figlia, che voleva giocare con la composizione e quindi “distruggerla” e i fiori che subito appassivano.
infatti Cobain chiamò insistentemente Charles Peterson (fotografo ufficiale dei Nirvana) per fare una sessione fotografica prima che i fiori marcissero.
#nirvana#in utero#geffen records#sub pop#kurt cobain#dave grohl#krist novoselic#steve albini#1993#2024#in#utero#art#virale#viralpage#viralpost#21#settembre#september#fy page#fy#fypツ#fypシ#fypシ゚viral#fypage#viral#color photography#opera#dramavinile#experimental
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#uxjobs | Junior UI https://www.behance.net/joblist/306027/Junior-UI?utm_source=dlvr.it&utm_medium=tumblr
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In "La fotografica mannaia" trattavo l'azione del χαος nella composizione fotografica.
Del suo contenimento, del tentativo d'eliminazione.
Più che eliminazione, del suo governo.
Ralph Graef realizza una operazione più sofisticata.
Rinviene il superstite ordine, lui.
Imperiosa, la sua doppia scala.
Senza mancorrente, ancor di più.
Perché in tal guisa la potente vettorialità della geometria non risulta disturbata da aggiunti elementi che ne minerebbero la pulizia formale.
Avrebbe gradito, l'architetto, vedere così il luogo.
Perché, così, lo slancio della sua matita è riportato al primigenio slancio.
Ma vi è coesistenza di purezza ed impurezza.
Con la purezza che vince la contesa, anche in virtù di contrasto.
Perché non bastano scrostature e muffe ad indebolire l'icastico svettare delle scale.
Un quadro, un mobile avrebbe determinato ciò.
Così, invece è il trionfo dell'Innatura contro la Natura.
Sì, il contrario di quanto generalmente accade.
Non è come una strada nella foresta amazzonica, infatti.
Là, appena si cessi manutenere, la vegetazione si riappropria della scena.
Qui, invece, l'attorniante degrado non fa che - per converso - ribadire il primato dell'Idea.
L'idea della scala, che persiste e sovrasta la materia.
Il bagno, ora.
Il grandangolare rigore inquadra una atmosfera sospesa ed in sé conchiusa.
Le screpolature sul soffitto proclamano l'oppportunità della realtà:
nessuno usa la stanza, più.
Non ne sussiste il bisogno, e si errerebbe nel diversamente operare.
Perchè quel bagno non è più un bagno.
E' divenuto una installazione museale, l'ex bagno.
La prima scultura - anche se è in fondo - è il calorifero, col tubo che ne costituisce grafica propaggine.
Retrocedendo, il water, impreziosito dalla plastica forma della morbida curvatura che ne costituisce base.
Dirimpetto, l'algore della vasca, che scoraggia immissione di liquidi non già per sporcizia, quanto piuttosto per sdegnoso ripudio della funzione originale.
Il lavandino contrappunta, ed occhieggia verso suo spazio a destra, giusto per sottolineare la vigorosa prospettica proiezione, ch'ivi svolgesi.
Su tutto, luce e monocolore.
Il monocolore che induce raccoglimento, la luce che suggerisce quieta astrazione.
Trova ordine, conferisce ordine, Ralph.
E' questo interpretare senza tradire, in Fotografia.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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Il 25 aprile apertura straordinaria e visita guidata gratuita per la mostra "Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli" a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani
Dopo l’interesse e il successo del pubblico per le precedenti visite guidate della mostra “Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli”, in occasione della Festa della Liberazione del 25 aprile si replica. Ci sarà la possibilità di vedere, a partire dalle ore 11:15, l’esposizione inaugurata lo scorso 26 marzo a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani (BT), con una guida d’eccezione e senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto d’ingresso.
L’allestimento, con 82 foto tra ritratti, paesaggi, nature morte, di cui 32 vintage, è in collaborazione con l’Archivio Eredi Giuseppe Cavalli e con il contributo di Alessia Venditti, dottoranda di ricerca UNIUD (Università degli Studi di Udine), curatrice del progetto di riordino dell’Archivio Cavalli.
L’esposizione fotografica dedicata alle opere di Cavalli, nato 120 anni fa nella città di Lucera,sarà accoltadalle sale del piano nobiliaredel Centro Culturale Polifunzionale della Città di Trani fino al 31 maggio 2024. Il progetto di Palazzo Beltrani, eccezion fatta per le esposizioni tenutesi nella natia Lucera, è la prima esposizione che omaggia Giuseppe Cavalli in Puglia dopo 41 anni.
Giuseppe Cavalli è un artista prestigioso e acuto critico di punta del dopoguerra italiano, caposcuola dell’high-key (espressione adoperata in fotografia come sinonimo di toni alti per indicare il carattere delle foto che presentano per lo più tonalità molto chiare, prossime al bianco, fonte Treccani) e promotore culturale con altri protagonisti del suo tempo. Attraverso le pagine della rivista Ferrania ha contribuito a elevare questa arte, anche con il volume “8 fotografi italiani di oggi” e la promozione del movimento La Bussola accanto ai valenti colleghi Finazzi e Leiss, Lerder e Veronesi. Con una raccolta di oltre ottanta opere, l’esposizione vuole ripercorrere le tappe fondamentali della sua esperienza artistica tra produzione fotografica e critica arguta.
«Quel che soltanto importa è che l’opera, qualunque sia il soggetto, abbia o meno raggiunto il cielo dell’arte: sia bella o no. Dire: basta coi nudi; niente più natura morta e così via è, come ognun comprende, un errore estetico di evidenza palmare. Non si vuol con questo disconoscere l’utilità nel campo pratico del documento fotografico e com’esso sia vitale per la cronaca e il ricordo dei tempi. Ma il documento non è arte, e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento […]. Valga la serietà dei nostri intenti a cattivarci simpatia e stima di quanti credono, come noi, alle splendide possibilità della fotografia nel largo campo dell’arte. Ove, se per la sua relativamente giovine età muove ancora i primi passi, è pur certo che troverà col tempo, per l’amore di chi la coltiva credendo in essa, quella universale dignità di considerazione a cui ha diritto». Fonte: G. Cavalli, M. Finazzi. F. Leiss, F. Vender. L. Veronesi, Manifesto de La Bussola in “Ferrania” 1947, p. 5. 1
I posti per la visita guidata (senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto) nella giornata di giovedì 25 aprile sono limitati, è consigliata la prenotazione (tel: 0883 500044, info).
Con il ticket di ingresso alla mostra sarà possibile visitare anche le collezioni custodite a Palazzo Beltrani e la Pinacoteca “Ivo Scaringi“.
Orari di visita: dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10,00 alle 18,00, ultimo ingresso alle ore 17:00. Giorno di chiusura: lunedì. Apertura straordinaria per il 25 aprile con orario continuato, dalle ore 10:00 alle 18:00 (ultimo accesso ore 17.00). Biglietto d’ingresso: 6,00 euro ticket intero, 4,00 euro ticket ridotto (per minori, studenti, docenti, soci FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e over 65).
L’intera programmazione 2024 gode dei patrocini della Città di Trani – assessorato alle Culture; Regione Puglia – Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e valorizzazione del Territorio; PACT Polo Arti Cultura Turismo Regione Puglia; TPP Teatro Pubblico Pugliese; Associazione delle Arti ETS; Festival internazionale di Andria Castel dei Mondi.
Info Palazzo delle Arti Beltrani, via Beltrani 51 Trani: tel: 0883 500044, info
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Il 25 aprile apertura straordinaria e visita guidata gratuita per la mostra "Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli" a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani
Dopo l’interesse e il successo del pubblico per le precedenti visite guidate della mostra “Elogio della composizione. La fotografia di Giuseppe Cavalli”, in occasione della Festa della Liberazione del 25 aprile si replica. Ci sarà la possibilità di vedere, a partire dalle ore 11:15, l’esposizione inaugurata lo scorso 26 marzo a Palazzo delle Arti Beltrani a Trani (BT), con una guida d’eccezione e senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto d’ingresso.
L’allestimento, con 82 foto tra ritratti, paesaggi, nature morte, di cui 32 vintage, è in collaborazione con l’Archivio Eredi Giuseppe Cavalli e con il contributo di Alessia Venditti, dottoranda di ricerca UNIUD (Università degli Studi di Udine), curatrice del progetto di riordino dell’Archivio Cavalli.
L’esposizione fotografica dedicata alle opere di Cavalli, nato 120 anni fa nella città di Lucera,sarà accoltadalle sale del piano nobiliaredel Centro Culturale Polifunzionale della Città di Trani fino al 31 maggio 2024. Il progetto di Palazzo Beltrani, eccezion fatta per le esposizioni tenutesi nella natia Lucera, è la prima esposizione che omaggia Giuseppe Cavalli in Puglia dopo 41 anni.
Giuseppe Cavalli è un artista prestigioso e acuto critico di punta del dopoguerra italiano, caposcuola dell’high-key (espressione adoperata in fotografia come sinonimo di toni alti per indicare il carattere delle foto che presentano per lo più tonalità molto chiare, prossime al bianco, fonte Treccani) e promotore culturale con altri protagonisti del suo tempo. Attraverso le pagine della rivista Ferrania ha contribuito a elevare questa arte, anche con il volume “8 fotografi italiani di oggi” e la promozione del movimento La Bussola accanto ai valenti colleghi Finazzi e Leiss, Lerder e Veronesi. Con una raccolta di oltre ottanta opere, l’esposizione vuole ripercorrere le tappe fondamentali della sua esperienza artistica tra produzione fotografica e critica arguta.
«Quel che soltanto importa è che l’opera, qualunque sia il soggetto, abbia o meno raggiunto il cielo dell’arte: sia bella o no. Dire: basta coi nudi; niente più natura morta e così via è, come ognun comprende, un errore estetico di evidenza palmare. Non si vuol con questo disconoscere l’utilità nel campo pratico del documento fotografico e com’esso sia vitale per la cronaca e il ricordo dei tempi. Ma il documento non è arte, e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento […]. Valga la serietà dei nostri intenti a cattivarci simpatia e stima di quanti credono, come noi, alle splendide possibilità della fotografia nel largo campo dell’arte. Ove, se per la sua relativamente giovine età muove ancora i primi passi, è pur certo che troverà col tempo, per l’amore di chi la coltiva credendo in essa, quella universale dignità di considerazione a cui ha diritto». Fonte: G. Cavalli, M. Finazzi. F. Leiss, F. Vender. L. Veronesi, Manifesto de La Bussola in “Ferrania” 1947, p. 5. 1
I posti per la visita guidata (senza costi aggiuntivi rispetto al biglietto) nella giornata di giovedì 25 aprile sono limitati, è consigliata la prenotazione (tel: 0883 500044, info).
Con il ticket di ingresso alla mostra sarà possibile visitare anche le collezioni custodite a Palazzo Beltrani e la Pinacoteca “Ivo Scaringi“.
Orari di visita: dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10,00 alle 18,00, ultimo ingresso alle ore 17:00. Giorno di chiusura: lunedì. Apertura straordinaria per il 25 aprile con orario continuato, dalle ore 10:00 alle 18:00 (ultimo accesso ore 17.00). Biglietto d’ingresso: 6,00 euro ticket intero, 4,00 euro ticket ridotto (per minori, studenti, docenti, soci FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e over 65).
L’intera programmazione 2024 gode dei patrocini della Città di Trani – assessorato alle Culture; Regione Puglia – Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e valorizzazione del Territorio; PACT Polo Arti Cultura Turismo Regione Puglia; TPP Teatro Pubblico Pugliese; Associazione delle Arti ETS; Festival internazionale di Andria Castel dei Mondi.
Info Palazzo delle Arti Beltrani, via Beltrani 51 Trani: tel: 0883 500044, info
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Sveliamo i Segreti della Fotografia in Bianco e Nero
Benvenuti nell’universo affascinante e intramontabile dell’arte della fotografia in bianco e nero. Se sei un appassionato Fotografo in cerca di ispirazione o un aspirante creativo desideroso di imparare, sei nel posto giusto. In questo articolo, esploreremo insieme consigli essenziali che faranno brillare le tue Foto aziendali, il tuo Book Fotografico, le immagini per l’e-commerce e persino gli…
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#arte visiva#composizione fotografica#creatività artistica#editing professionale#espressione emotiva#fotografia aziendale#fotografia in bianco e nero#illuminazione creativa#moda e design#tecnica fotografica
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"A Venezia l'Arte della Fotografia del Collettivo Veneziano"
di Francesca Tofanari
Otto mondi diversi, otto modi di interpretare la realtà, il quotidiano, l’immaginazione, per raccontare piccole storie attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica.
A fare da cornice, Venezia, che accoglie i protagonisti della mostra “Collettivo Veneziano” nel bello spazio espositivo Kunst Depot/Parrucche ai Biri/ Art Depot Venezia fino al 28 marzo 2024. “Water and Oar” è il progetto di Ann Hutchinson da Hull (Regno Unito) che esprime il suo amore per la città lagunare attraverso i gondolieri e gli artigiani, mentre Albert Sieber è arrivato da Monaco di Baviera con la spontaneità della fotografia di strada del suo “Impromptu-out of the moment”, con l’uso del contrasto tra luci forti e ombre molto scure.
Da Milano, Marco Parenti con “The Lightness of being” esprime la leggerezza e i contenuti ironici della realtà che lo circonda; Chris Kraniotis da Salonicco con “Other Words” usa doppie esposizioni analogiche, per ricercare ciò che unisce l’infanzia all’oggi; i “Particolari che diamo scontati” di Davide Brunello da Vicenza sono una sorta di diario personale, molto intimo, che si sofferma su particolari che distolgono lo sguardo dal banale, con l’uso di un Samsung J5.
Leonardo Mincolelli da Firenze, il più giovane dei fotografi in mostra, ha scelto di ritrarre tre diversi modi di vivere la solitudine: quella di un lavoratore nella sua vita anonima e insoddisfacente, quella di un pensionato che si gode un caldo e tranquillo pomeriggio, quella di un sognatore errante, perso nei suoi pensieri tra luci e ombre.
Sullo sfondo, una Venezia che non si mostra, ma si percepisce, nel suo progetto “Some lonesome”. Kevin Kinner da New York porta il suo “Rhytm of the Street”, per far vivere allo spettatore il ritmo della strada, usando diversi stili, il bianco e nero, i forti contrasti; Alberto Ottomaniello da Udine coglie “Sguardi” nelle persone, nei disegni, negli oggetti, in un equilibrio tra grafica e composizione.
Alla sua prima edizione “Collettivo Veneziano” nasce da un’idea di Fabio Cavessago, che con la sua Associazione Lab77 organizza ogni anno importanti festival fotografici, a Treviso, Belluno, Lago di Santa Croce, oltre al Venice Photo Lab nel mese di ottobre, che quest’anno si svolgerà in tre spazi espositivi, tra cui uno presso la Fondazione Bevilacqua per i giovani fotografi under 30.
«Il Collettivo Veneziano è un’esposizione fotografica di artisti da tutto il mondo che portano progetti differenti – dice Cavessago - è un modo per trovarsi, per creare una sorta di comunità nel mondo della fotografia, ma anche di creare connessioni con le persone che vengono a visitarci. All’inaugurazione sono venuti tutti gli artisti, cosa che raramente succede».
Infatti al Vernissage di sabato 3 marzo, tra un cicchetto, un brindisi e la musica della bravissima Elena “Ellie”, gli otto fotografi hanno raccontato ognuno la propria esperienza in un’atmosfera di gioia, di unione, di scambio, di stima reciproca e di gratitudine.
«Sono otto persone che lavorano in maniera diversa, che hanno livelli differenti anche di maturità, che qui hanno la possibilità di confrontarsi con gli altri e di crescere - continua Cavessago - Cerchiamo sempre di dare spazio anche agli artisti emergenti, e alcuni li abbiamo visti negli anni vincere importanti premi».
«La fotografia è un mezzo di libertà - conclude Cavessago - che dà la possibilità di vedere, fare, viaggiare, ma aiuta molto a crescere anche a livello personale, diventa quasi una medicina, aiuta a togliere le paure, a superarle.
È un po’ amare la vita. La fotografia non è appendere una foto, tu vai a vedere un mondo».
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.30, escluso il martedì e il mercoledì, l’ingresso è gratuito.
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Il restauro
Dal punto di vista conservativo il volume presenta danni per la maggior parte dovuti proprio alla sua particolare composizione. Le maggiori criticità sono dovute alle colle utilizzate per l’assemblaggio delle stampe che hanno provocato lacerazioni alle carte e alla cucitura e favorito l’azione dannosa di insetti.
Nel caso di tavole di grande formato, queste presentano frequentemente danni lungo le pieghe e ai bordi. Alcune stampe inoltre si presentano acide e parzialmente scucite dal dorso.
Il cuoio di copertura presenta abrasioni e lacune e il fermaglio superstite è quasi del tutto staccato.
L’intervento di restauro ha la finalità di ripristinare la funzionalità del volume e la messa in sicurezza sia delle tavole staccate sia delle carte infragilite da acidità, erosioni. I
l restauro, eseguito senza smontare il volume, è articolato nelle seguenti operazioni:
documentazione fotografica prima, durante e dopo il restauro
depolveratura complessiva della copertura e delle singole carte
eventuale deacidificazione delle carte particolarmente compromesse
risarcimento delle lacune con carte orientali
ripresa della cucitura, integrazione delle lacune del cuoio di copertura e rinforzo del fermaglio inferiore
Sarà infine realizzato un contenitore su misura in cartoncino conservativo per un ottimale mantenimento del volume, collocato nel deposito a temperatura e umidità controllate di cui la Biblioteca Classense è dotata.
L’intervento di restauro è indispensabile per rendere possibile una migliore fruizione del volume, come la consultazione da remoto grazie alla digitalizzazione, la valorizzazione attraverso momenti espositivi, e per tramandare questo eccezionale manufatto, memoria della storia della città, alle generazioni future.
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Trieste: presentata la IV edizione del festival "Un mare di archeologia".
Trieste: presentata la IV edizione del festival "Un mare di archeologia". Anche quest'anno, Trieste apre i battenti al festival di divulgazione storica che fa capo al progetto Un mare di archeologia, ideato dall'Associazione Società Friulana di Archeologia e dall'Associazione Musica Libera, in co-organizzazione con il Comune di Trieste, Assessorato alle Politiche dell'educazione e della famiglia, e assessorato alle politiche della Cultura e del turismo. La realizzazione della manifestazione è possibile anche al contributo de Le Fondazioni Casali, della ZKB Banca Credito Cooperativo del Carso e della COOP Alleanza 3.0. Il festival è stato presentato questa mattina al Museo d'Arte Orientale dall'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi, dall'assessore alle Politiche dell'Educazione e della Famiglia, Maurizio De Blasio, dai fondatori del Festival, Davide Casali e Massimo Sgambati e da una rappresentante del corpo docente dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, Michela Balestrini, "Oggi presentiamo la quarta edizione del festival di divulgazione storica Un mare di archeologia. Alla luce di alcune indagini effettuate i visitatori dei nostri musei sono perlopiù turisti, mentre la percentuale dei visitatori locali è più modesta – ha detto l'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi -. Questo significa che dobbiamo a far conoscere ai nostri cittadini il notevole patrimonio culturale di questa città e, questo Festival, può aiutarci a farlo. Si tratta di un programma completo, con conferenze, attività didattiche e rievocazioni storiche. Le rievocazioni storiche – ha precisato l'assessore Giorgio Rossi - fino a qualche anno fa non si facevano, nel corso degli ultimi anni sono diventate importanti. I figuranti sono persone che conoscono profondamente la storia che mettono in scena, sono degli esperti, e per i nostri giovani che studiano la storia sui banchi di scuola, vedere rappresentati gli eventi storici, è una cosa importante". "Negli ultimi tempi ho parlato di scienza e tecnologia, oggi parlo di storia, di archeologia, che non sono cose così distanti, perché il progresso di una collettività passa, certamente dall'evoluzione tecnologica, ma anche dalla conoscenza e dalla consapevolezza di ciò che siamo stati e di ciò che il nostro territorio ha vissuto – ha sottolineato l'assessore alle Politiche dell'Educazione e della Famiglia, Maurizio De Blasio -. In questa edizione, come nelle precedenti, avremmo ospiti importanti che ci racconteranno quello che è il nostro patrimonio storico-culturale che, spesso, sfugge proprio ai residenti. Queste iniziative consentono a tutta la cittadina, ma soprattutto a giovani e giovanissimi, di scoprire il nostro passato, perché lo studio del passato è parte integrante di un percorso di cittadinanza attiva. Ringrazio – ha concluso l'assessore Maurizio De Blasio - tutti coloro che contribuisco ogni anno a regalare alla città di Trieste questo momento di scoperta e di crescita". Massimo Sgambati, co-fondatore del Festival ha sottolineato come per la prima volta il Festival ha una durata di quattro giorni, dal giovedì alla domenica, per permettere a tutte le scuole che hanno fatto richiesta di partecipare. C'è stato uno sforzo enorme per offrire i laboratori anche al giovedì, con laboratori attivi e non passivi, in modo tale che i ragazzi imparino realizzando qualcosa. I laboratori saranno tenuti non da professionisti, bensì dai ragazzi dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, che si sono impegnati ad organizzare attività per i loro coetanei. Michela Balestrini, rappresentante del corpo docente dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, ha illustrato i laboratori organizzati in occasione del Festival dagli studenti dell'Istituto G. Deledda-M. Fabiani, con particolare riferimento al "Laboratorio di cianotipia e composizione fotografica", al "Laboratorio di scansione e stampa 3D" e quello di "Chimica sul colore". Si prospetta un programma denso di eventi, distribuiti tra giovedì 26 ottobre e domenica 29, tutti legati da uno specifico filo conduttore: la volontà di far conoscere la storia e l'archeologia attraverso un modello divulgativo coinvolgente, fatto di dibattiti, ma anche di attività laboratoriali e interattive, tutte gratuite. Un'occasione che si pone l'obiettivo, inoltre, di valorizzare il patrimonio storico della città e di consentire alla cittadinanza di approfondire le proprie conoscenze attraverso incontri con ospiti illustri quali Giorgio Gremese − Docente di Global History e Metodologia della ricerca all'IESEG School of Management Lille-Paris − Andreina Contessa − Storica dell'arte e curatrice museale − Tiziana D'Angelo − Archeologa e direttrice del Parco Archeologico di Paestum e Velica − Eike Schmidt, Storico dell'arte e direttore delle Gallerie degli Uffizi − e Bettany Hughes, storica, autrice e conduttrice televisiva di Sky e History Channel. Ad aprire il festival, saranno i laboratori riservati alle scuole − previa prenotazione a: [email protected] − giovedì 26 e venerdì 27 dalle 9.00 alle 14.00, in Piazza Verdi e nel pomeriggio di Venerdì 27 e sabato 28 per i ricreatori comunali. Da venerdì a domenica lo stand in Piazza Verdi sarà aperto per laboratori dedicati a tutti con orario giovedì e venerdì dalle 14.00 alle 18.00, sabato dalle 9.00 alle 18.00 e domenica dalle 10.00 alle 17.00. A seguire, gli eventi accessibili tramite prenotazione sul sito: www.marearcheologia.it Venerdì 27, alle ore 19, presso l'Auditorium Museo Revoltella, Giorgio Gremese terrà la conferenza: Trieste e Napoleone: dalla prima campagna d'Italia alla fine dell'epoca napoleonica in Italia. Sabato 28, alle ore 20.30, presso la Sala Luttazzi, Magazzino 26, si svolgerà la conferenza: I musei e le sfide della contemporaneità: innovazione e divulgazione. Relatori: Andreina Contessa, Tiziana D'Angelo, Eike Schmidt. Domenica 29, alle ore 19.00, presso l'Auditorium Museo Revoltella, Bettany Hughes terrà la conferenza: Nel mare di Ulisse. Sabato 28, dalle 10.00 alle 17.00 e domenica 29, dalle 10.00 alle 15.00, presso il Castello di San Giusto, avrà luogo L'assedio di Trieste, una rievocazione della storica battaglia del 1813. Al Castello di San Giusto, rivivrà l'epoca in cui i Napoleonici erano accampati all'interno delle sue mura, mentre gli austriaci e i britannici erano accampati nel vicino giardino del Museo Winklmann. Ci sarà la possibilità di interagire con i rievocatori e scoprire come vivevano e combattevano i soldati due secoli fa. Il sabato delle battaglie epiche (alle 11 e alle 14) per un'esperienza coinvolgente e memorabile. In caso di maltempo la battaglia si svolgerà la domenica 29 ottobre alle ore 11.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Nell’ambito della collettiva ECO presso lo Spazio EXPO del Palazzo delle Esposizioni di Roma il 16 03 2023 alle ore 19:00, l'evento aprirà con la première di "Memorie dal futuro - Art music video" di Patrick Paulin, artista italo-svedese nato a Roma, compositore, autore, cantante e pianista. Art music video, o videoclip d'arte, è un'opera in cui due o più lavori artistici, di cui uno musicale, si fondono nella forma del videoclip, dando vita ad un'opera a sé stante. La sinergia creatasi moltiplica in modo esponenziale emozioni e messaggi propri delle singole opere, nella ricerca estetica di un armonioso equilibrio tra di esse. "Memorie dal futuro - Art music video" è la prima sperimentazione artistica di Patrick Paulin, in collaborazione con il fotografo romano Stefano Carsetti Esposito. L'opera fotografica del 2001 "stationtostation" rappresentata da sei immagini analogiche di grande impatto della Stazione Termini, centro nevralgico della città, in cui non sono presenti ne’ treni ne’ binari, sotto una "virtuale" luce blu, linee prospettiche si incrociano in profondità. Attraverso neon e luci statiche, il senso di velocità e movimento, che la stazione da sempre trasmette, si fonde alla perfezione con la composizione musicale "Memorie dal futuro" dell'artista italo-svedese, evocando attraverso un'esperienza audiovisiva segmenti di vita, impronte di realtà o d'illusioni indotte che sono impressioni fugaci di un futuribile domani, caratterizzato da un senso d'inquietudine temporale e spaziale.
La storica dell'arte Elisa Francesconi introdurrà l'opera nei suoi aspetti artistico-concettuali ed il sassofonista Andrea Polinelli, con effetto-sorpresa, comparirà tra il pubblico per accompagnare la proiezione dell'opera audiovisiva con note improvvisate dal vivo.
Interventi
Elisa Francesconi, storica dell'arte
Stefano Carsetti Esposito, artista
Patrick Paulin, artista
Andrea Polinelli, artista
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Come amico non sono un granché, è la critica che mi faccio spesso e che trova riscontro in quello che le persone vivono di me. Sono permaloso, sono sincero in quella maniera quasi fastidiosa, sono lamentoso, infatti mi sto lamentando ora. Sul perché le persone mi restano amiche ho un capitolo aperto pieno di teorie e appunti e schemini, in espansione, dove annoto tutto e il contrario di tutto. Potrei dire che sono presente e disponibile ma non è così, non sempre, alle volte sparisco nel nulla. Mi prendo molta confidenza e divento leggermente invadente, e a fanculo mi ci mandano spesso. Parlo tanto, di cose a cui non ci fai manco caso, cioè chi è che ti vuole raccontare perché il Futura è una buona font per i titoli? O le teorie di composizione fotografica che vengono piegate dal fotografo mentre immortala il momento? Cose così insomma, di cui se non lo sai vivi lo stesso. Odio il gossip e non prendo parti per cose futili, su gossip e litigate più grosse invece non mi smuovo, ho chiuso ponti che non ho più riaperto. Sono solitario e non chiedo aiuto, ricordo che il pc fisso ho preferito assemblarlo da 0 che chiedere una mano ai tanti amici informatici, eppure li avevo lì, eppure ho imparato ad assemblare un pc. In sostanza mi riconosco molti difetti e nessun pregio, ma è un mio riconoscimento che non si allinea con la realtà e con le persone che mi reputano un amico. Cioè vallo a chiedere a loro perché sono un buon amico, boh.
Una cosa che faccio spesso è assorbire la negatività della persona che mi è accanto, come forma autonoma di empatia che spinge forte su una strada di cui non ho controllo. Io mi mangio quella negatività perché c'è spazio dentro di me, spazio vuoto che nessuno affitta. E stipo, stipo, stipo. E le persone qui accanto non si fanno scrupoli nel riversare negatività. Oh, finalmente una discarica in cui buttare cose senza pagare. La negatività degli altri la smaltisco, diventano disegni, poesie, storie da raccontare e da scrivere, diventano piccoli alberelli del mio mondo esterno.
E d'un tratto mi si chiude tutto. Senza equilibrio. O tutto o nulla. E i mesi a riversarmi nero su nero, si schiantano su questo muro nuovo, eretto di notte, all'insaputa di tutti, specialmente la mia. Un muro di delusioni, di discorsi che non sono stati ascoltati, di pensieri soffocati, di stanchezza delle solite paranoie. E di tutti i miei difetti, questo è quello che non riesco a recuperare. Faccio un buco a quel garage pieno di nero ma è un piccolo buco e il flusso è lento. Ci vuole tempo e ritorno vuoto, sano, pulito. Per il resto il muro è alzato e l'amico si sente respinto perché quel nero mi ha stancato. E l'amico perde la pazienza e va via, incolpandomi che ho qualcosa che non va e che sono cambiato.
Dio, che odio.
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In "Prosciugate finezze" m'occupavo di come vi è prosodia fotografica quando s'orchestra la musica che pesi e sfumature intonano.
Lì - la fotografia era di Ersin Turk - vi erano nettezze e rotondità rinate a poetica vita dal soffio dell'autore.
Anche Michael Lalande liricamente soffia.
Dosando potenze e suadenza, soffia.
Ma qui la tentazione è mutare prospettiva.
Mutare prospettiva per guardare i summentovati pesi in valenza grafica distributiva.
Sì, grafica distributiva.
La posizione dei fori; quella delle linee.
E sì, efficace composizione vi è.
Perché se si parte da ciò che c'è, è il taglio a conferire la sferza della personalità.
Ma qui v'è altro.
Il piacere di delibar rugosità.
Il piacere di veder collocate, tali rugosità.
Il piacere di vivere espressive, le siffatte.
Il piacere di constatare cosa luce scrive sopra esse.
Anzi, essa.
Perché le rugosità ora cedono il posto alla generale partitura.
A come da manufatto nato per funzione scaturisca arte inconsapevole.
A come la matematica dei toni non sia solo matematica.
Non lo è perché i toni accarezzano, qui.
Senza l'articolazione di una tridimensionalità, ma con la forza endogena di un arazzo.
Così le cesure divengono fili a servizio di un armonico intreccio.
Grazie Michael, è così che l'inanimato muove.
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Claudio Trezzani
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Capri frammenti di uno stile
a cura di Riccardo Esposito e Ausilia Veneruso
Edizioni La Conchiglia, Capri 2012, 168 pagine, 24,5x23,5 cm., ISBN 9788860910301
euro 43,00
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Tentiamo di ricostruire attraverso frammenti – immagini fotografiche di personaggi più o meno famosi uniti dalla comune frequentazione o esistenza insulare – un disegno andato perduto, disperso, obliato.Frammenti, appunto, come tessere di un puzzle scomposto: si prova ad unire parti diseguali cercando raccordi, legami, assonanze; si procede per tentativi e sbagli. Non è dato per ora conoscere il risultato, possiamo però esser sicuri che la composizione finale, se ricomposta, potrà trasmetterci un perduto equilibrio e, soprattutto, regalarci una chiave per interpretare un carattere peculiare dell’Isola: un carattere, una cifra nascosta, che vogliamo chiamare, per convenzione e azzardo, “Stile Capri”.
Una panoramica fotografica in bianco e nero di presenze illustri sull'isola.
19/03/22
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