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Situazione Critica negli Uffici dei Giudici di Pace: L’ANF esprime Solidarietà e Sostegno -manifestazioni a Torino, Roma e Napoli.
L'Associazione Nazionale Forense (ANF) denuncia le gravi condizioni operative degli uffici dei giudici di pace e annuncia manifestazioni a Torino, Roma e Napoli.
L’Associazione Nazionale Forense (ANF) denuncia le gravi condizioni operative degli uffici dei giudici di pace e annuncia manifestazioni a Torino, Roma e Napoli. Roma, 11 novembre 2024 – Gli uffici dei giudici di pace di Torino e Roma si trovano in una situazione critica, appesantiti da un sovraccarico di lavoro e carenze di personale che rendono difficile la gestione dei procedimenti.…
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di Cesare Battisti da Carmilla
Così come lo Stato italiano, affiancato da media servizievoli – niente da obiettare – si è autorizzato tutti i mezzi disponibili, senza curarsi di cadere nell’illegalità, per riportarmi in Italia, io mi sono valso del diritto che la legge mi consentiva per evitarlo. Ma non era mia intenzione rifugiarmi qui dietro una supposta condotta legale da un lato e supposti abusi di potere dall’altro. Sappiamo che quando entra in campo la “ragione di Stato” diritto ed etica vanno in panchina. O vogliamo essere tanto ipocriti da negarlo? I moralisti d’occasione però non demordono, il linciaggio è il loro pane quotidiano. Dotati di una creatività di gusto discutibile, essi trovano sempre mille ragioni per improvvisarsi giudici e preti, assolvere o condannare anche quando nessuno glielo chiede, oppure quando non rimane più niente da dire: lo Stato mi ha scaricato a Oristano, ho ammesso le mie responsabilità, ho espresso la mia compassione per tutte le vittime senza distinzione.
A questo punto io dovrei chiudere questa lettera. Si dà però il caso che finora a parlare siano sempre stati gli stessi, quelli chiamati ad assolvere gli uni e a condannare sempre gli altri. Succede allora che non sono poche le persone che oggi mi chiedono un parere su questo o quell’avvenimento consumatosi in Brasile. Sono soprattutto tre gli episodi che mi è stato chiesto di chiarire. Vorrei qui trattare solo due di questi. Il terzo e ultimo merita un capitolo a parte in seguito, se sarà ancora il caso. Tengo a precisare che tutte le informazioni qui riportate sono documentabili nei rispettivi luoghi di competenza. So che non posso dilungarmi, questione di spazio ma anche di opportunità. Devo comunque premettere alcune informazioni basilari sul mio stato civile in Brasile, altrimenti certi avvenimenti perderebbero senso.
Dopo il decreto di non estradizione firmato dall’ex presidente Lula e la successiva conferma del Tribunale Supremo Federale nel 2011, ottenni un documento di residenza permanente in Brasile. Escluso quello di votare, questo documento mi conferiva tutti i diritti di un cittadino qualsiasi. Durante tutto il periodo brasiliano, oltre alla normale attività di scrittore, ho svolto diverse altre attività lavorative, tutte debitamente registrate, avendo così accesso come contribuente ai servizi prestati dallo Stato. Ho pubblicato alcuni romanzi, fatto traduzioni, militato in differenti situazioni politiche e socio-culturali, senza mai sconfinare nell’illegalità. Nel corso delle mie attività mi è capitato di visitare alcuni paesi confinanti col Brasile, come Uruguay, Argentina, Bolivia. Il documento rilasciatomi dall’autorità brasiliana mi consentiva di passare queste frontiere. Per finire, nel 2013 è nato mio figlio e nel 2015 mi sono sposato con la donna con cui convivevo dal 2004.
Detto ciò, vorrei passare a spiegare per grandi linee, così mi è stato chiesto, come sono avvenuti i miei due arresti in Brasile: quello del 2015 a Embù das Artes, Sȃo Paulo, e l’ultimo nel 2018 alla frontiera con la Bolivia.
I tentativi dello Stato italiano di strapparmi dal Brasile a ogni costo sono stati ininterrotti, e più efferati a ogni scacco inflitto dalla legge brasiliana. Era da tempo che apparati italiani in Brasile studiavano la possibilità, tra altre innominabili, di farmi ritirare la residenza e quindi ottenere l’espulsione. A questo proposito fu attivato un procuratore, noto magistrato di estrema destra, legato all’ambasciata italiana, tramite la lobby militarista che porterà Bolsonaro al potere.
Costui, dopo alcuni tentativi abortiti sul nascere, tanto flagrante era la sua interpretazione delle leggi nazionali, finì con l’associarsi a una giudice federale del foro di Brasilia, anch’essa nella sfera d’influenza militare e quindi dell’ambasciata italiana. Si istruì in segreto un processo dove, in barba a tutte le norme giuridiche previste, non furono mai convocate le parti.
Nel 2015 la sentenza della giudice federale Adverci Lates Mendes de Abreu, in una udienza da sottosuolo, mi revoca la residenza ordinando l’espulsione dal paese. Con l’intenzione di battere sul tempo gli avvocati difensori e le istanze superiori la giudice non fa pubblicare la sentenza, però ordina l’arresto e l’espulsione immediata. Il piano dell’ambasciata italiana con la lobby Bolsonaro sembrava ormai andato in porto.
Un giorno del mese di marzo l’Interpol si presentò a casa mia. Con l’aria di scusarsi, gli agenti mi invitarono a seguirli, rimproverandomi la leggerezza di non avere contattato in tempo il mio avvocato. Sembravano sinceramente preoccupati per quello che stava succedendo. In quel momento io non sapevo ancora che c’era un aereo pronto a imbarcarmi all’aeroporto internazionale di Sȃo Paulo. Non so ancora chi abbia avvertito l’avvocato. So solo che qualche ora dopo uscii libero dalla questura. L’avvocato fece in tempo a far valere l’art. 63 dello Statuto: “Non si procederà a espulsione se questa metta in questione un’estradizione non ammessa dalla legge brasiliana”.
Il 14 settembre 2015 la sesta sezione del Tribunale Regionale della Prima Regione (Sȃo Paulo) dichiarò illegittimo il mio arresto temporaneo avvenuto nel marzo 2015 in seguito alla sentenza di questa giudice. L’Italia reagì con la solita isteria (“Non avremo pace”, si urlò), come se imporre la propria volontà a un altro paese usando vie traverse fosse legittimo.
Lo Stato italiano mantenne viva la sua promessa. Avvalendosi di ogni mezzo disponibile, con l’obiettivo di farmi terra bruciata intorno e annientarmi psicologicamente, nei tre anni successivi trasformò in un inferno la mia vita quotidiana e quella della mia famiglia. Nessuno dei vicini di casa, l’ambiente di lavoro e le istanze del movimento politico e culturale da me frequentato, è stato risparmiato dalle pressioni, dalle calunnie provocatorie e dall’assedio ininterrotto di media aggressivi.
Nonostante la manovra di soffocamento, la solidarietà nei miei confronti si saldò, permettendomi di non rinunciare ai miei impegni familiari, professionali o di attività politica in seno ad alcuni movimenti sindacali e sociali, come l’MST (movimento di senza terra) e l’MTST (movimento di lavoratori senza tetto). Sono queste le istanze militanti che, negli anni precedenti, mi avevano consentito di allargare i contatti politico-culturali oltre frontiera. Fu il caso con alcuni membri del governo di Evo Morales e movimenti di lotta boliviani.
Fu credo alla metà del 2018, quando approfittai del viaggio di due membri del sindacato della USP (Università di Sȃo Paulo), di cui uno era il legale, per recarmi in Bolivia. Era mia intenzione rinnovare alcuni contatti politici e culturali (lavoravo all’epoca a un progetto editoriale), ma anche per accertarmi della futura disponibilità di asilo in quel paese, in vista della scalata al potere di Bolsonaro.
Partimmo da Sȃo Paulo. Ognuno di noi aveva con sé una modesta somma di denaro per coprire le spese di trasferta, e con il resto comprare nella zona franca qualche articolo d’informatica a prezzo ridotto. Giunti a circa 200 km dalla frontiera, fummo fermati a un posto di blocco. Si capiva subito che ci stavano aspettando. Dopo il controllo dei documenti, ci sottoposero a una perquisizione così accanita che durò ben due ore. Non si rassegnavano all’idea, era troppo evidente, che non fossimo in possesso di falsi documenti d’identità: erano stati dislocati apposta per eseguire un arresto con questa accusa.
Quando furono costretti a rilasciarci e ci restituirono documenti e valori, ci accorgemmo che i nostri soldi erano stati mischiati in un’unica mazzetta. Non ci facemmo troppo caso, al riprendere il cammino li separammo, a ognuno il proprio. Contammo allora, tra dollari, euro e moneta nazionale un totale di 22.000 reais (l’equivalente di circa 5.500 euro, mentre il limite di esportazione di valuta per persona, ignorato da tutti, sarebbe di 10.000 reais).
Al passo di Corumbà, Mato Grosso do Sul, ci attendeva un’altra sorpresa: il posto di frontiera, normalmente in disuso dopo la creazione del Mercosur, pullulava di polizia. Immaginammo subito che si fossero scomodati solo per noi, ma non avendo niente da recriminarci, tirammo dritto. Questa volta neanche finsero di controllare i bagagli o i documenti, erano interessati solo ai soldi. Al vedere che questi erano stati di nuovo separati si innervosirono. Cominciarono le intimidazioni, le minacce, poi mescolarono tutti i soldi su un tavolino e chiamarono un fotografo che gironzolava lì attorno, al quale dissero che la valuta era stata rinvenuta negli effetti personali di Battisti.
A nulla valsero le nostre rimostranze, ci consegnarono tutti e tre a una squadra del DIP (Dipartimento di Intelligence di Polizia) fresca arrivata da Brasilia. Fummo trasferiti in questura, dove cominciarono a tartassare i miei amici, affinché mi accusassero di qualcosa. Precedentemente – abbiamo saputo dopo – l’ambasciata italiana aveva avviato la parte finale del piano. Ossia, attivato il giudice Odillon, reuccio dittatore del foro di quello Stato, terrore degli avvocati, nemico giurato dei “signori dei diritti umani”. Questo personaggio doveva essere l’asso nella manica dell’ambasciata italiana: famigerato giustiziere, figura scomoda anche per la giustizia federale, sarebbe andato in pensione proprio il giorno seguente al nostro arresto.
In cambio di un’uscita gloriosa dalla carriera di magistrato e l’appoggio alla candidatura a governatore, il giudice Odillon si incaricò di mettermi ai ferri, costruire una falsa accusa di traffico di valuta (sic!), aggravata da nientedimeno che “lavaggio di denaro” – 22.000 reais in tre.
Una volta di più, lo strafare dei soliti furbi non ha pagato. L’accusa fu tanto inverosimile che un giudice d’istanza superiore (di origine italiana e, a suo dire, dispiaciuto di farlo) ha dovuto ordinare l’immediato rilascio del sottoscritto, con una lavata di testa allo sfortunato giudice Odillon, che poi perderà anche le elezioni. Per l’ennesima volta, il solito aereo di Stato, sempre a disposizione di Cesare Battisti, dovette tornare in Italia senza il “mostro”.
Per il prossimo capitolo posso anticipare questo aneddoto. Disse all’epoca dei fatti un ministro brasiliano di Giustizia, e grande amico di Bolsonaro: “Sono stati ingenui ad agire a quel modo. Io lo avrei lasciato passare in Bolivia, lì sarebbe stato presa facile”. Lo stesso ministro che ha impedito a Lula di presentarsi alle presidenziali, mantenendolo in prigione, firmò il 18 dicembre di quell’anno (casualmente il giorno del mio compleanno) l’autorizzazione per la mia estradizione.
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/06/17/uno-scrittore-neritino-sconosciuto-cosimo-egidio-ramundo/
Uno scrittore neritino sconosciuto: Cosimo Egidio Ramundo
di Cosimo Rizzo
L’autore, recentemente scomparso, avvocato, intraprese la carriera amministrativa alle dipendenze dell’amministrazione finanziaria statale e regionale, conseguendo posizioni dirigenziali apicali. Ha svolto per un lungo periodo di tempo le funzioni di giudice tributario presso le sedi di L’Aquila e Lecce e quelle di giudice di pace fino al collocamento in quiescenza.
Degne di nota sono le pubblicazioni specifiche della sua competenza professionale come La licenza di caccia, Editrice Adriatica Salentina del 1983; Modifiche al Codice Penale, l’illecito amministrativo e l’illecito venatorio, Cacucci Editore Bari del 1984; Il contenzioso tributario, Camera di Commercio di Lecce.
Oltre a tali studi, è anche uno scrittore vivace che ci fa respirare aria di casa nostra; basti pensare alle sue pubblicazioni Come le ciliege, Lupo Editore 2009; Racconti di Ndata, Albatros Roma 2011; La trozza, Gruppo Panda 2013.
Un posto a sé occupa, per il contenuto e la singolarità dell’impostazione, il volume Dopo il ciclone Nardò, Besa Editore 2009. L’autore si riferisce al periodo di governo di Silvio Berlusconi. Quello che emerge non è solo il profilo sorprendente dell’uomo che, dal governo o dall’opposizione, ha guidato l’Italia per molti anni; è anche la fotografia di un’Italia ripiegata su se stessa, prigioniera di logiche medioevali e moderne al tempo stesso, un’Italia dove i grandi intrecci della finanza si giocano più in base alle apparenze che alle competenze. Un’Italia nella quale libertà civili faticosamente conquistate vengono eluse giorno per giorno.
Le opere del Ramundo sono fortemente legate alle radici del proprio essere, ai luoghi, alle persone, agli eventi dei quali è costellata la vita dei singoli e delle comunità nelle quali essi si trovano ad agire. Ma riferirsi alle proprie radici, al proprio paese, significa anche ricostruire, con la mente e col cuore, il tessuto del rapporto con gli altri, l’immagine di una comunità colta spesso nei suoi aspetti meno ‘eroici’, per così dire, ma ricca di spirito, dal linguaggio vivace e talvolta salace. Una comunita è viva anche per questo. Non a caso l’autore va scovando ritratti e profili di personaggi noti e rimasti nella memoria dei propri concittadini per qualche tratto distintivo, per qualche vezzo verbale, per qualche episodio fatto a lungo oggetto di commenti divertiti. Ramundo coglie al yolo, si direbbe, ciò che passa nell’ aria del nostro ambiente; fissa con prontezza una battuta, un gesto destinati a una memorabilità che si affida alla memoria comune, quasi fino a diventare materia proverbiale. La trasmissione orale fa il resto. Una battuta diventa la divisa di un personaggio; il linguaggio non ha la pretesa di apparire ‘corretto’; se lo fosse, perderebbe la sua qualità più sicura che è l’immediatezza. Qualche volta ciò che Ramundo narra sembra un pò scontato: le cose però stanno in modo diverso. Ciò che appare scontato è il fondo comune su cui le sue storie si depositano: quella specie di elemento che appartiene a tutti ed a nessuno in particolare ma senza il quale anche le singole storie perderebbero un poco di mordente.
Ramundo dice in riferimento a ciò che narra: “Un riguardo speciale è dovuto a quegli uomini semplici che ci hanno regalato direttamente o tramandato alla maniera antica i saggi, la sagacia, la comicità e la lungimiranza della loro esperienza e cultura. Quasi un compendio di idee, espressioni, ragionamenti che si sarebbe perso ne1 marasma dei suoni e degli eventi se il pregevole suo significato non fosse stato percepito come patrimonio della saggezza popolare”. Giusta avvertenza, poichè si potrebbe equivocare il significato di certe rappresentazioni di quegli “uomini semplici” vedendovi un gusto di derisione che non c’e. Invece c’e simpatia, umana comprensione, sano divertimento, ammirazione sincera per la battuta pronta, per l’ osservazione puntuta, per la saggezza espressa in modi rudi ma destinati ad imprimersi con forza nella mente di pochi o di molti. Così espressivi certi tratti verbali da entrare nel patrimonio comune con le facce, i gesti, i momenti di vita significativi di chi, proprio in forza di quella semplicità sulla quale l’autore richiama l’attenzione, ha contribuito a costituire un arricchimento del patrimonio civile espressivo, e di quello “civile” del Sud d’Italia.
Particolarmente significativa la raccolta de I racconti di Ndata che puntano l’attenzione alla tradizione orale che caratterizza soprattutto la cultura narrativa del Sud.
Emergono diverse storie che, tramandandosi di generazione in generazione, hanno creato un immaginario popolare condiviso che l’autore riporta alla luce nelle sue pagine.
Sono narrazioni leggendarie in cui il piano della realtà e quello della fantasia si confondono, lasciando lo spazio a un mondo “antico” fatto di eroi e personaggi che si muovono in periodi storici e politici che caratterizzano le diverse vicende.
Al di là delle singole storie, la peculiarità della raccolta è quella di riportare alla memoria una dimensione perduta, l’atmosfera, come dichiara l’autore, del “momento in cui vengono raccontati li cunti, vale a dire fatti strani, paurosi e pieni di sorprese.
Tra tutti emerge per una sua particolare originalità il romanzo dal titolo La leggenda dell’amabile saraceno in Sancta Maria ad Balneum, contenuto ne I racconti di Ndata. Qui l’alto burocrate si tuffa nei territori del fantastico.
Una storia si può raccontare in molti modi: quelli di una stretta aderenza ai dati reali o quelli che esplorano tutte le possibilità offerte dal fantastico, dal fiabesco, dall’incredibile persino. Un incredibile che si fa credibile perché all’interno della narrazione occorre accettare quello che l’autore ha predisposto per renderla credibile. Questo evoca la parola leggenda assunta nel titolo di questa delizioso racconto.
La leggenda nasce in un luogo che ci è familiare oppure è proiettata nella lontananza del tempo e dello spazio che si fanno, però, contemporanei nella narrazione. Vien fatto di chiedersi, di fronte a questa procedimento, fino a che punto la realtà d’ogni giorno sfuma in una visione inconsueta e l’incredibile si affaccia nella pagina senza ombra d’ironia, poichè esso è l’anima delle leggende. Che possono essere incredibili ma care al cuore.
Quando diciamo leggenda pensiamo ad una storia meravigliosa, che ripercorriamo con la mente attraverso le vicende narrate nel libro. Su una leggenda si accumulano gli strati di tempi diversi, che la modificano, aggiungono particolari e varianti, raccontano in modi diversi la stessa storia, si propongono sempre con una freschezza che gli anni, o i secoli, non fanno appassire.
Aggiungete alla leggenda l’aggettivo amabile con il quale viene connotato il personaggio protagonista (o co-protagonista) del racconto: il saggio e misterioso Galip che, come vogliono le convenzioni legate a personaggi fortemente idealizzati, è presente a se stesso in ogni circostanza e, soprattutto, ama, come un cavaliere da poesia medievale, con la mente più che con il corpo, la donna che egli rapisce ma alla quale non si accosterà se non quando la volontà stessa della donna glielo consentirà.
L’aspetto più intrigante della vicenda è proprio questo amore eroico, questo rispetto di Galip esaltato nella sua caratteristica di prova da superare per essere degno di una risposta positiva al suo desiderio e alla sua aspirazione: per lui e per Mariella, la fanciulla amata e raggiunta solo dopo una serie di impensabili sacrifici, la vicenda si comporrà nelle linee di un’aspirazione a qualcosa di sublime. II loro agire rispecchia non solo consuetudini e modi di vivere di una gente in un particolare luogo della terra, ma anche quella sorta di corso di perfezionamento spirituale le cui tappe sono scandite da incontri fuggevoli, da intensa trepidazione, da gesti colti – quasi rubati – da un’attenzione sempre vigile.
Per coloro che conoscono i luoghi che fanno da sfondo alla vicenda, sarà possibile evocare i personaggi nel teatro di uno scenario noto ed amato: Santa Maria al Bagno, la bella Abbazia di San Mauro, la campagna ed il mare che si fanno compagnia in uno scenario aspro di terra e pietra e consolato dalla dolcezza del verde di oliveti e di pinete: quasi simboli di una sintesi offerta dalla terra ai due innamorati perchè vi si rispecchino e in essa si comprendano. E, sempre, sullo sfondo, il mare. Un mare d’avventura, ma anche di pena o di salvezza. Lo scenario si allarga, si dilata nel mare aperto: Galip sembra percorrer ampi tratti di Mediterraneo – e sue dipendenze – con la facilità di qualcuno che possegga un’imbarcazione magica da far volare sul mare come un vascello del sogno. Navigazione notturna e diurna che ha i suoi incanti e i suoi pericoli: la nebbia traditrice, la tempesta, o il sole che rende smagliante la distesa azzurra delle acque amate.
Un carattere di questa narrazione è di far sentire come appartenente ad usi e costumi del nostro tempo una storia che per tanti versi appare lontana, anche nella singolarità dei suoi svolgimenti. Ma appunto questa costituisce un’attrattiva in più del romanzo: con, insinuatavi, qualche annotazione di storia: ma una storia del Si dice … , Si racconta che ... messi lì ad avvalorare ancor più il carattere leggendario della vicenda.
L’atmosfera spirituale che questa vicenda pervade da un certo punto in poi sembra appartenere ad un’età lontana e ad una volontà eroica oggi difficilmente riscontrabili. L’ascesi sembra essere stata risucchiata nel buio d’un passato cosi remoto da rendere difficile e quasi impossibile rilevarne traccia. Ma forse è proprio in quel cammino ascetico che è nascosto un suggerimento: se un grande amore richiede anche un grande sacrificio, quel grande amore è il banco di prova di una volontà che si forgia, di una speranza che non cede agli inganni del tempo.
BIBLIOGRAFIA
Opere dell’autore
La licenza di caccia, Editrice Adriatica Salentina, 1983
Modifiche al Codice Penale, l’illecito amministrativo e l’illecito venatorio, Cacucci Editore, Bari 1984
Il contenzioso tributario, Cacucci Editore, Bari 1985
Come le ciliegie, Lupo Editore 2009
Dopo il ciclone, BESA Editore, Nardò 2009
I racconti di Ndata, Albatros Editore, Roma 2011
La trozza, Gruppo Panda 2013
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SANT’ ELPIDIO A MARE – Il sindaco Alessio Terrenzi e il Comandante della Polizia Locale Magg. Stefano Tofoni stilano un bilancio dell’attività svolta dal Corpo di Polizia Locale nel corso dle 2016, dati alla mano.
Più di 1000 le ore di apertura al pubblico dell’ufficio front office (ordinaria e/o straordinaria), 592 le segnalazioni pervenute contro le 425 dell’anno precedente e a ciascuna è stato dato adeguato seguito e riscontro.
La sicurezza stradale è stato uno degli obiettivi primari di intervento con oltre 13.000 ore dedicate al servizio esterno, anche con l’introduzione del servizio serale nel periodo estivo, che hanno portato tra l’altro all’accertamento di 2.269 violazioni al CdS . A supporto dell’attività degli Operatori sono state utilizzate strumentazioni quali il Falco 193 per l’accertamento del corretto assolvimento degli obblighi assicurativi e di revisione dei mezzi e l’Autovelox mod. 104/ F per il rilievo di violazioni connesse ai limiti di velocità consentiti. La presenza garantita “su strada” ha portato all’accertamento di 545 violazioni dell’art. 142 CdS – velocità – (a fronte delle 369 dell’anno precedente), di 328 violazioni dell’art. 80 – revisione – (281 nel 2015), di 59 violazioni dell’art. 180 – documenti di guida – (53 nell’anno precedente) e di 1 intervento per guida in stato di alterazione per l’uso di alcool e sostanze stupefacenti.
In totale 1.416 i punti decurtati nel corso dell’anno a seguito di violazioni al Codice della Strada. Particolare attenzione è stata posta ai controlli finalizzati alla verifica del corretto uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta anche all’interno dei centri abitati con un riscontro di 32 violazioni specifiche (19 nell’anno precedente), così come sono stati previsti servizi di pattugliamento mirati al controllo dell’assicurazione e responsabilità civile con l’accertamento di 74 violazioni e relativi sequestri di mezzi ai fini di successiva confisca (50 accertamenti positivi nel 2015). Non si è trascurata la tradizionale attività di controllo delle irregolarità relative ad arresto, fermata e sosta dei veicoli con riscontri di n. 303 violazioni all’art. 157 CdS, n. 122 violazioni all’art. 158 e 336 violazioni all’art. 7 CdS (nel 2015 erano state rispettivamente 352, 83 e 208). 72 i verbali relativi a veicoli irregolarmente in sosta negli spazi riservati ai residenti.
“L’attività della Polizia Locale non è stata impostata sulla repressione, non è questo lo spirito – dice il sindaco Terrenzi – ma il controllo ed il presidio del territorio, per la sicurezza di tutti, passa anche per le sanzioni dei comportamenti che non rispettano la normativa vigente. Sono tanti i fronti su cui gli agenti di Polizia Locale sono impegnati ed a tutti loro va il mio personale ringraziamento, e quello di tutta l’Amministrazione Comunale, per l’attività che svolgono sia in situazioni di normalità che di emergenza. Non dimentichiamo che sono state diverse le situazioni di emergenza che ci siamo trovati a gestire e ringrazio il Maggiore Tofoni e tutto il suo staff. Assieme a loro un doveroso ringraziamento, pensando all’emergenza, va anche al personale del 118, ai volontari della Croce Azzurra e della Protezione Civile per il prezioso supporto”.
“Gli operatori del Corpo della Polizia Locale -aggiunge il primo cittadino- si sono adoperati per fronteggiare le situazioni di pericolo che si sono registrate e che hanno resa necessaria l’apertura del Centro Operativo Comunale proprio nella sede della Polizia Locale. Si è in più circostanze proceduto ad evacuare edifici pubblici e privati a seguito di ordinanze sindacali emanate per ragioni di sicurezza ed a tutela della pubblica incolumità e a perimetrale le aree a rischio per una prima e provvisoria messa in sicurezza delle stesse. Si sono studiati ed attuati percorsi veicolari e/o pedonali alternativi per limitare i disagi e consentire il ritorno alla normalità nel più breve tempo possibile, si è supportata l’attività del Sindaco in relazione a quanto di competenza per gli atti ed i provvedimenti assunti e si è mantenuto un costante coordinamento con la Protezione Civile ed il Corpo dei Vigili del Fuoco per gli interventi da effettuarsi od effettuati sul territorio di riferimento”.
“Nell’emergenza si è garantita l’apertura degli uffici della Polizia Locale per oltre 13 ore giornaliere con possibilità di segnalare situazioni od eventi anche solo potenzialmente pericolosi nell’arco delle 24 ore. Particolare attenzione si è prestata alla cittadinanza ed alla necessità di assicurare un supporto anche, ma non esclusivamente, concreto nelle contingenze, cercando di garantire, pur nelle circostanze emergenziali, un adeguato livello di sicurezza. Allo scopo, e per scongiurare episodi di sciacallaggio, si sono potenziati i servizi, anche appiedati, di pattugliamento nelle aree maggiormente colpite. Parte dell’attività amministrativa successiva al momento emergenziale è ancora in essere- conclude il sindaco Terrenzi- ma tutte le pratiche connesse agli eventi sismici e agli eventi atmosferici eccezionali che hanno colpito il territorio sono state esperite dagli Operatori del Corpo della Polizia Locale, per quanto di competenza, nei tempi designati garantendo ai cittadini e all’Amministrazione costanti sostegno ed impegno”.
Gli interventi per incidenti stradali si sono attestati sostanzialmente sugli stessi livelli dello scorso anno, con 46 interventi nel 2016 contro i 49 nel 2015. L’attività amministrativa degli Uffici della Polizia Locale ha consentito l’evasione di 191 pratiche relative al rilascio di autorizzazioni all’occupazione del suolo pubblico, 6 pratiche legate al rilascio di passi carrabili, e 64 pratiche per il rilascio dei tesserini per la circolazione dei disabili. 16 sono stati i ricorsi, di cui 10 al Giudice di Pace e 6 innanzi al Prefetto, cui si è data risposta in termini di controdeduzioni e costituzione in giudizio davanti all’Autorità. 69 le pratiche relative ad informazioni ed investigazioni per attività comunali e di altri Enti espletate.
Costante è stato il controllo ed il monitoraggio della segnaletica con sopralluoghi preventivi alla posa di nuovi segnali o per deviazioni del traffico conseguenti a lavori in corso. Impegno è stato pure garantito per la dovuta valutazione di proposte di intervento sulla viabilità e per gli studi di fattibilità legati a segnalazioni dei cittadini e degli amministratori.
In particolare, nel corso dell’anno, si è provveduto tra l’altro alla posa di un attraversamento pedonale rialzato in via A. Moro del Capoluogo, allo scopo di tutelare la sicurezza dei pedoni in un tratto di strada a forte transito veicolare e a servizio del locale Ufficio Postale. Nel corso dell’anno 2016 è stato posizionato all’ingresso di Corso Baccio un varco elettronico per verificare gli accessi al centro storico al fine di potenziare l’attività di controllo e, di riflesso, innalzare i livelli di sicurezza percepita e reale.
L’attività di Polizia Giudiziaria, condotta in costante collaborazione con l’Autorità Giudiziaria e in coordinamento con le altre Forze di Polizia, ha visto gli Operatori della Polizia Locale impegnati in un assiduo controllo dell’intero territorio e in mirate attività di indagine e raccolta prove. Nel mese di aprile si è proceduto ad un arresto in flagranza di reato di un cittadino tunisino. Il soggetto, trovato senza documenti durante un controllo di routine, è stato accompagnato presso il Commissariato di Fermo per le procedure finalizzate all’identificazione a mezzo AFIS.
I controlli eseguiti presso il Gabinetto regionale della Polizia Scientifica di Ancona permettevano l’identificazione di persona sulla quale gravavano diversi procedimenti penali e che era già stata soggetta ad ordine di espulsione dalla frontiera di Linate – Milano a seguito di relativo decreto del Prefetto di Ancona datato 16.11.2011. In attesa del processo il cittadino tunisino, sotto la costante sorveglianza del personale del Corpo della Polizia Locale, è stato trattenuto presso le Camere di Sicurezza del Commissariato e quindi accompagnato di fronte all’Autorità Giudiziaria per essere sottoposto a processo.
Accanto alle attività tradizionali, nel corso dell’anno 2016 si sono introdotte o potenziate azioni di controllo effettuate attraverso interrogazioni al sistema di videosorveglianza che si sono rilevate particolarmente interessanti ed hanno prodotto sviluppi in attività investigative. In particolare si è istituita un’attività di indagine integrata con le altre Forze di Polizia che, grazie ad un sistema di allert collegato alle immagini riprese dalle telecamere, oltre cinquanta, posizionate su tutto il territorio comunale, ha consentito l’individuazione di mezzi collegati a reati consumati e sui quali erano in corso indagini o di registrare in tempo reale il passaggio di mezzi oggetto di furto. Il tutto ha reso possibile interventi tempestivi e, nella maggioranza dei casi, risolutivi. In totale le informative di reato trasmesse all’Autorità Giudiziaria sono state 36.
L’attività di polizia giudiziaria è stata inoltre contraddistinta dalla raccolta di querele/denunce (n. 22 quelle ricevute nel corso dell’anno 2016), cui sono seguite le relative attività di indagine e le dovute informative all’Autorità Giudiziaria, ed una attenta ed intensa l’opera di prevenzione sul territorio concentrata soprattutto, ma non esclusivamente, nelle località e negli orari individuati come “a maggiore rischio” a seguito di un accurato vaglio delle segnalazioni pervenute. 2 i sequestri penali nel corso dell’anno 2016.
La materia ambientale si è caratterizzata nel corso dell’anno 2016 per una azione di accertamenti e verifiche che ha portato a riscontrare n. 8 violazioni legate all’abbandono di rifiuti su suolo pubblico o al loro non corretto smaltimento, n. 39 violazioni per mancata o non corretta pulizia dei fondi privati o per inosservanza delle norme fissate dal Regolamento e n. 24 violazioni amministrative legate alla non corretta detenzione o registrazione di animali. 5 sono stati gli accertamenti che hanno portato al segnalazioni di notizie di reato per materie ambientali all’Autorità Giudiziaria. Sono stati disposti controlli tesi a garantire il rispetto del decoro e dell’igiene urbana prevenendo e sanzionando comportamenti scorretti e si è potenziata l’attività a supporto dei mezzi di spazzolamento delle strade urbane.
Il controllo in materia commerciale si è esplicato attraverso operazioni specifiche condotte durante tutto il corso dell’anno ai distributori di carburanti e, nei periodi di vendite straordinarie, a tutti gli esercizi interessati. A questa attività si sono affiancati controlli amministrativi legati ad aperture/chiusure/spostamenti attività, sorvegliabilità dei locali, corretta comunicazione dei prezzi, rispetto degli orari di apertura. Il lavoro svolto ha evidenziato n. 18 violazioni che hanno determinato sanzioni per un importo di 14.964,00 euro.
Costanti nel corso dell’anno le attività di vigilanza legate al commercio su aree pubbliche od in forma itinerante. Oltre 80 le pratiche relative al settore commerciale nell’anno 2016 (72 quelle seguite nel corso del 2015).
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Così come lo Stato italiano, affiancato da media servizievoli – niente da obiettare – si è autorizzato tutti i mezzi disponibili, senza curarsi di cadere nell’illegalità, per riportarmi in Italia, io mi sono valso del diritto che la legge mi consentiva per evitarlo. Ma non era mia intenzione rifugiarmi qui dietro una supposta condotta legale da un lato e supposti abusi di potere dall’altro. Sappiamo che quando entra in campo la “ragione di Stato” diritto ed etica vanno in panchina. O vogliamo essere tanto ipocriti da negarlo? I moralisti d’occasione però non demordono, il linciaggio è il loro pane quotidiano. Dotati di una creatività di gusto discutibile, essi trovano sempre mille ragioni per improvvisarsi giudici e preti, assolvere o condannare anche quando nessuno glielo chiede, oppure quando non rimane più niente da dire: lo Stato mi ha scaricato a Oristano, ho ammesso le mie responsabilità, ho espresso la mia compassione per tutte le vittime senza distinzione.
A questo punto io dovrei chiudere questa lettera. Si dà però il caso che finora a parlare siano sempre stati gli stessi, quelli chiamati ad assolvere gli uni e a condannare sempre gli altri. Succede allora che non sono poche le persone che oggi mi chiedono un parere su questo o quell’avvenimento consumatosi in Brasile. Sono soprattutto tre gli episodi che mi è stato chiesto di chiarire. Vorrei qui trattare solo due di questi. Il terzo e ultimo merita un capitolo a parte in seguito, se sarà ancora il caso. Tengo a precisare che tutte le informazioni qui riportate sono documentabili nei rispettivi luoghi di competenza. So che non posso dilungarmi, questione di spazio ma anche di opportunità. Devo comunque premettere alcune informazioni basilari sul mio stato civile in Brasile, altrimenti certi avvenimenti perderebbero senso.
Dopo il decreto di non estradizione firmato dall’ex presidente Lula e la successiva conferma del Tribunale Supremo Federale nel 2011, ottenni un documento di residenza permanente in Brasile. Escluso quello di votare, questo documento mi conferiva tutti i diritti di un cittadino qualsiasi. Durante tutto il periodo brasiliano, oltre alla normale attività di scrittore, ho svolto diverse altre attività lavorative, tutte debitamente registrate, avendo così accesso come contribuente ai servizi prestati dallo Stato. Ho pubblicato alcuni romanzi, fatto traduzioni, militato in differenti situazioni politiche e socio-culturali, senza mai sconfinare nell’illegalità. Nel corso delle mie attività mi è capitato di visitare alcuni paesi confinanti col Brasile, come Uruguay, Argentina, Bolivia. Il documento rilasciatomi dall’autorità brasiliana mi consentiva di passare queste frontiere. Per finire, nel 2013 è nato mio figlio e nel 2015 mi sono sposato con la donna con cui convivevo dal 2004.
Detto ciò, vorrei passare a spiegare per grandi linee, così mi è stato chiesto, come sono avvenuti i miei due arresti in Brasile: quello del 2015 a Embù das Artes, Sȃo Paulo, e l’ultimo nel 2018 alla frontiera con la Bolivia.
I tentativi dello Stato italiano di strapparmi dal Brasile a ogni costo sono stati ininterrotti, e più efferati a ogni scacco inflitto dalla legge brasiliana. Era da tempo che apparati italiani in Brasile studiavano la possibilità, tra altre innominabili, di farmi ritirare la residenza e quindi ottenere l’espulsione. A questo proposito fu attivato un procuratore, noto magistrato di estrema destra, legato all’ambasciata italiana, tramite la lobby militarista che porterà Bolsonaro al potere.
Costui, dopo alcuni tentativi abortiti sul nascere, tanto flagrante era la sua interpretazione delle leggi nazionali, finì con l’associarsi a una giudice federale del foro di Brasilia, anch’essa nella sfera d’influenza militare e quindi dell’ambasciata italiana. Si istruì in segreto un processo dove, in barba a tutte le norme giuridiche previste, non furono mai convocate le parti.
Nel 2015 la sentenza della giudice federale Adverci Lates Mendes de Abreu, in una udienza da sottosuolo, mi revoca la residenza ordinando l’espulsione dal paese. Con l’intenzione di battere sul tempo gli avvocati difensori e le istanze superiori la giudice non fa pubblicare la sentenza, però ordina l’arresto e l’espulsione immediata. Il piano dell’ambasciata italiana con la lobby Bolsonaro sembrava ormai andato in porto.
Un giorno del mese di marzo l’Interpol si presentò a casa mia. Con l’aria di scusarsi, gli agenti mi invitarono a seguirli, rimproverandomi la leggerezza di non avere contattato in tempo il mio avvocato. Sembravano sinceramente preoccupati per quello che stava succedendo. In quel momento io non sapevo ancora che c’era un aereo pronto a imbarcarmi all’aeroporto internazionale di Sȃo Paulo. Non so ancora chi abbia avvertito l’avvocato. So solo che qualche ora dopo uscii libero dalla questura. L’avvocato fece in tempo a far valere l’art. 63 dello Statuto: “Non si procederà a espulsione se questa metta in questione un’estradizione non ammessa dalla legge brasiliana”.
Il 14 settembre 2015 la sesta sezione del Tribunale Regionale della Prima Regione (Sȃo Paulo) dichiarò illegittimo il mio arresto temporaneo avvenuto nel marzo 2015 in seguito alla sentenza di questa giudice. L’Italia reagì con la solita isteria (“Non avremo pace”, si urlò), come se imporre la propria volontà a un altro paese usando vie traverse fosse legittimo.
Lo Stato italiano mantenne viva la sua promessa. Avvalendosi di ogni mezzo disponibile, con l’obiettivo di farmi terra bruciata intorno e annientarmi psicologicamente, nei tre anni successivi trasformò in un inferno la mia vita quotidiana e quella della mia famiglia. Nessuno dei vicini di casa, l’ambiente di lavoro e le istanze del movimento politico e culturale da me frequentato, è stato risparmiato dalle pressioni, dalle calunnie provocatorie e dall’assedio ininterrotto di media aggressivi.
Nonostante la manovra di soffocamento, la solidarietà nei miei confronti si saldò, permettendomi di non rinunciare ai miei impegni familiari, professionali o di attività politica in seno ad alcuni movimenti sindacali e sociali, come l’MST (movimento di senza terra) e l’MTST (movimento di lavoratori senza tetto). Sono queste le istanze militanti che, negli anni precedenti, mi avevano consentito di allargare i contatti politico-culturali oltre frontiera. Fu il caso con alcuni membri del governo di Evo Morales e movimenti di lotta boliviani.
Fu credo alla metà del 2018, quando approfittai del viaggio di due membri del sindacato della USP (Università di Sȃo Paulo), di cui uno era il legale, per recarmi in Bolivia. Era mia intenzione rinnovare alcuni contatti politici e culturali (lavoravo all’epoca a un progetto editoriale), ma anche per accertarmi della futura disponibilità di asilo in quel paese, in vista della scalata al potere di Bolsonaro.
Partimmo da Sȃo Paulo. Ognuno di noi aveva con sé una modesta somma di denaro per coprire le spese di trasferta, e con il resto comprare nella zona franca qualche articolo d’informatica a prezzo ridotto. Giunti a circa 200 km dalla frontiera, fummo fermati a un posto di blocco. Si capiva subito che ci stavano aspettando. Dopo il controllo dei documenti, ci sottoposero a una perquisizione così accanita che durò ben due ore. Non si rassegnavano all’idea, era troppo evidente, che non fossimo in possesso di falsi documenti d’identità: erano stati dislocati apposta per eseguire un arresto con questa accusa.
Quando furono costretti a rilasciarci e ci restituirono documenti e valori, ci accorgemmo che i nostri soldi erano stati mischiati in un’unica mazzetta. Non ci facemmo troppo caso, al riprendere il cammino li separammo, a ognuno il proprio. Contammo allora, tra dollari, euro e moneta nazionale un totale di 22.000 reais (l’equivalente di circa 5.500 euro, mentre il limite di esportazione di valuta per persona, ignorato da tutti, sarebbe di 10.000 reais).
Al passo di Corumbà, Mato Grosso do Sul, ci attendeva un’altra sorpresa: il posto di frontiera, normalmente in disuso dopo la creazione del Mercosur, pullulava di polizia. Immaginammo subito che si fossero scomodati solo per noi, ma non avendo niente da recriminarci, tirammo dritto. Questa volta neanche finsero di controllare i bagagli o i documenti, erano interessati solo ai soldi. Al vedere che questi erano stati di nuovo separati si innervosirono. Cominciarono le intimidazioni, le minacce, poi mescolarono tutti i soldi su un tavolino e chiamarono un fotografo che gironzolava lì attorno, al quale dissero che la valuta era stata rinvenuta negli effetti personali di Battisti.
A nulla valsero le nostre rimostranze, ci consegnarono tutti e tre a una squadra del DIP (Dipartimento di Intelligence di Polizia) fresca arrivata da Brasilia. Fummo trasferiti in questura, dove cominciarono a tartassare i miei amici, affinché mi accusassero di qualcosa. Precedentemente – abbiamo saputo dopo – l’ambasciata italiana aveva avviato la parte finale del piano. Ossia, attivato il giudice Odillon, reuccio dittatore del foro di quello Stato, terrore degli avvocati, nemico giurato dei “signori dei diritti umani”. Questo personaggio doveva essere l’asso nella manica dell’ambasciata italiana: famigerato giustiziere, figura scomoda anche per la giustizia federale, sarebbe andato in pensione proprio il giorno seguente al nostro arresto.
In cambio di un’uscita gloriosa dalla carriera di magistrato e l’appoggio alla candidatura a governatore, il giudice Odillon si incaricò di mettermi ai ferri, costruire una falsa accusa di traffico di valuta (sic!), aggravata da nientedimeno che “lavaggio di denaro” – 22.000 reais in tre.
Una volta di più, lo strafare dei soliti furbi non ha pagato. L’accusa fu tanto inverosimile che un giudice d’istanza superiore (di origine italiana e, a suo dire, dispiaciuto di farlo) ha dovuto ordinare l’immediato rilascio del sottoscritto, con una lavata di testa allo sfortunato giudice Odillon, che poi perderà anche le elezioni. Per l’ennesima volta, il solito aereo di Stato, sempre a disposizione di Cesare Battisti, dovette tornare in Italia senza il “mostro”.
Per il prossimo capitolo posso anticipare questo aneddoto. Disse all’epoca dei fatti un ministro brasiliano di Giustizia, e grande amico di Bolsonaro: “Sono stati ingenui ad agire a quel modo. Io lo avrei lasciato passare in Bolivia, lì sarebbe stato presa facile”. Lo stesso ministro che ha impedito a Lula di presentarsi alle presidenziali, mantenendolo in prigione, firmò il 18 dicembre di quell’anno (casualmente il giorno del mio compleanno) l’autorizzazione per la mia estradizione.
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Dal 18 agosto la protezione internazionale sarà decisa da un giudice che potrà non sentire né il richiedente asilo né il suo avvocato, potrà decidere di non celebrare neanche un’udienza. In caso negativo, per il ricorrente non ci sarà più il secondo grado ma solo il ricorso alla Cassazione. Operatori sociali a fare i poliziotti e a notificare i dinieghi delle richieste, ma soprattutto più CIE per la detenzione amministrativa dei migranti. Questi sono tra i punti principali della legge Minniti/ Orlando n. 46/ 2017 “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”, entrata in vigore il 18 aprile. La legge infatti istituisce delle sezioni specializzate in materia di diritto degli stranieri presso i tribunali nel luogo dove hanno sede le Corti d’appello. «Il problema è che non tutte le competenze in materia di migrazione andranno alle sezioni specializzate – dice Guido Savio avvocato dell’ASGI ( Associazione studi giuridici sull’immigrazione) molto critica rispetto alla nuova legge – ad esempio tutto ciò che riguarda le espulsioni rimane competenza dei giudici di pace, così come le controversie su permessi di soggiorno e ricongiungimenti familiari rimarranno attribuite alla giurisdizione amministrativa. Si è persa una buona occasione per aggregare alla sezione specializzata del tribunale tutta la materia dell’immigrazione, ma se questa non si occupa di come le persone entrano in Italia di come fanno a restare e di quando devono essere espulse è una sezione monca». Nel 2016 sono state presentate 123.600 richieste di protezione internazionale con un aumento del 47% rispetto al 2015; ne sono state esaminate 91.102, ma il 60% delle domande riceve una risposta negativa. L’esame viene fatto dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero Ministero dell’Interno, enti locali e UNHCR. La parola d’ordine, oggi, è snellire il sistema, velocizzare le procedure sulla decisione per il questo disegna un sistema in ma- teria di protezione internazionale principalmente cartolare, ovvero . Con la Minniti/ Orlando tutte le audizioni in fase di Commissione territoriale verranno videoregistrate con un sistema di riconoscimento vocale che effettua la trascrizione in italiano. Visto che non ci sarà l’obbligo di convocare le parti quella diventerà la prova decisiva. «Le audizioni in Commisione durano un paio d’ore – spiega Savio – e pensare che il giudice se le riveda dal suo computer al giudice che dal suo computer fa sorridere. Il rischio potrebbe essere anche quello di rallentare il processo decisionale. Senza contare che il riconoscimento di una dei tre tipi di protezione si basa in gran parte sull’attendibilità e sulla credibilità, la coerenza della narrazione dei fatti da parte della persona interessata, è molto opinabile che una decisione di questo tipo possa essere presa senza un contatto diretto con l’interessato». E poi c’è l’abolizione del secondo grado di giudizio sempre con l’idea di accelerare i tempi. «Nessuna di queste nuove procedure è di per sè incostituzionale – conclude Savio – il secondo grado di giudizio non è coperto dalla Costituzione, così come non incostituzionale il rito camerale, ma la sinergia di queste misure crea un sistema che lede fortemente il diritto alla difesa di persone che più di altre avrebbero bisogno di protezione e garanzie». Un’altra questione che sta destando molte perplessità è l’attribuzione del dovere di notifica ai centri di accoglienza: non sarà più la polizia a notificare al richiedente asilo la risposta positiva o negativa sulla sua richiesta di protezione, ma lo farà il responsabile della struttura dove si trova. «Noi siamo stati da subito molto critici su questa disposizione – afferma Manuela Di Marco operatrice legale del settore immigrazione Caritas Italiana – non è più chi prende la decisione a dare la notizia, ma chi accoglie. Ci fanno diventare dei vigili urbani, va molto oltre rispetto al ruolo di sussidiarietà in ambito di accoglienza che ci prendiamo in quanto società civile». Il responsabile riceverà la notifica tramite PEC dovrà comunicarla al richiedente ottenendo una ricevuta dell’avvenuta comunicazione. «Questo significa delegare a persone non competenti una funzione delicatissima – dice Di Marco – che se fatta male può avere conseguenze pesanti. Senza contare che l’ 80% dei richiedenti asilo si trova in centri di emergenza, i CAS ( Centri Accoglienza Straordinaria), disposti direttamente dalle prefetture. A gestire i CAS non c’è solo il privato sociale ormai esperto nell’accoglienza come Caritas e altri, ma anche gli alberghi e i motel. Come farà l’albergatore a garantire la notifica?». Cecilia Ferrara da il dubbio
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