#come pure le cose che ha detto
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janniksnr · 3 months ago
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buscandoelparaiso · 2 years ago
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killiandestroy · 1 year ago
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litigato con la coinquilina rompicoglioni a quanto pare sono una ragazzina irrispettosa e maleducata che non sa come convivere con altre persone
#detto da una che a me e all'altra coinquila ha fatto venire il sangue amaro un numero preoccupante di volte è estremamente ridicolo#ma poi mi fa che se lei alla mia età avesse parlato come faccio io l'avrebbero sbattuta fuori da dove lavora immediatamente. e io lì avrei#dovuto lasciare la cucina. e invece no. ho ribattutto. perché oggi è stata una giornata del cazzo e io sono sveglia dalle 6.30 e non avevo#ancora cenato quindi avrei volentieri alzato le mani. quindi tutto sommato mi sono pure trattenuta#no raga vi giuro voi non conoscete una persona così stupida come lei. ma stupida e cattiva#sono arrivata alla conclusione che ormai si sia accanita su di me (nel senso che mi odia proprio. mentre l'altra coinquilina boh ovviamente#non ci va d'accordo ma quando parla con me la dipinge come la sua migliore amica. mentre conquilina è disperata tanto quanto me e la odia#pure più di me) perché è in qualche modo invidiosa. cioè già l'anno scorso quando stava ancora col suo ex mi chiedeva consigli sulla#relazione. A ME. che avevo appena iniziato una relazione a distanza e che ho 10 anni in meno di lei#poi però io sono ancora in una relazione stabile e lei noi. io a ventisei anni ho quasi finito il mio percorso di studi mentre lei doveva#ancora iniziare l'università. ho degli amici pur essendo a in questa città da molto meno tempo di lei. mentre lei non ha praticamente#nessuno qui (perché ha litigato con tutti. TUTTI)#cioè da una parte mi sembra assurdo che sia invidiosa di me ma dall'altra è l'unica spiegazione logica anche di alcune cose che tira in#ballo. cioè stasera era proprio il fatto che il mio ragazzo mi viene a trovare ogni due settimane da quando sono qui. e invece di dirla come#cosa positiva l'ha usata per attaccarmi. e dicendo pure che di solito nelle relazioni a distanza ci si vede una volta ogni tot mesi e non#così spesso.
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yomersapiens · 2 months ago
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Avevo tante storie da parte. Quelle brevi che scrivo quando magari sono in sala d'attesa in ospedale (io passo davvero tanto tempo ad aspettare in ospedale). Le tenevo da parte perché mi sono sempre detto che un giorno le avrei pubblicate. Poi però una vecchia amica che lavora nell'editoria e che non sento più mi disse "Ma no, nessuno ti pubblicherà mai dei racconti brevi" e io le diedi ascolto e accantonai il progetto. Poi arrivò il romanzo. Mi dispiaceva lasciarle lì a marcire. Ho pensato a tutte quelle storie e a come raccoglierle. Che aspetto dargli. Così le ho messe in ordine, suddivise per categorie e ho capito che mancava qualcosa. Delle illustrazioni. Ho chiesto a un'illustratrice professionista se avesse voglia di imbarcarsi in questo progetto insieme a me e disegnare le mie storie e ha detto "No". Ma se c'è una cosa che io ho imparato nella vita e andare sempre avanti anche quando tutti ti consigliano di non farlo. Avendo pure ragione, la maggior parte delle volte. Ho preso in mano matita e penna e mi sono messo a disegnare. Io che da una ventina d'anni mi nascondevo dietro i programmi di grafica e il computer, di nuovo a disegnare sulla carta. Ho provato con un iPad ma mi è sembrato freddo e sterile e troppo preciso, le cose venivano bene subito. Io non posso accettare le linee dritte e che le cose vadano bene. Mi da fastidio. Perché i miei racconti non sono dritti. Sono come i miei pensieri. Arzigogolati e stagnanti. Pagina dopo pagina la prima raccolta ha preso forma. Ho trovato un caro vecchio amico specializzato in fumetti che si è offerto di pubblicarla e ora sono felicissimo. È un libretto leggero ma prezioso, secondo me. Ci sono tanti errori di battitura e l'impaginazione lascia a desiderare ma è tutto frutto delle mie mani appiccicaticce. Si chiama "Mi annoiavo molto" ed è la prima parte di quella che sarà una collana (spero).
In caso vogliate una copia basta scrivermi, grazie grazie!
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abatelunare · 3 months ago
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Ci sono io, per certe cose...
La mamma è molto stanca. Non bastava la sofferenza per la perdita del marito. Ci si mette pure la burocrazia con le sue assurde pretese. (Parlano di sostenibilità e ti fan buttare via un sacco di carta). È di questa che non ne può davvero più. Ma io le ho detto che deve stare tranquilla. Ci sono io, per le formalità. So essere di un'efficienza spaventosa. D'altronde mi ha insegnato proprio lei. A fare le cose per bene. Ad andare fino in fondo. Le incazzature me le piglio io. Aumentano la circolazione di adrenalina. E rinforzano la mia determinazione. Non ne ho mai avuta tanta come in questo periodo. Qualcosa di buono, in fondo, c'è. Buonanotte a tutti.
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ross-nekochan · 4 months ago
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Ieri sono andata di nuovo dalla mia amica giapponese.
Sono arrivata da lei nel pomeriggio di sabato e siamo andate insieme al 銭湯 (sentō), ossia i bagni pubblici giapponesi. Questa volta mi ha fatto meno effetto ma è sempre in qualche modo liberatorio essere letteralmente nuda assieme a tanta altra gente nella tua condizione. Ci si guarda però non c'è troppo giudizio, perché ci sono così tanti corpi diversi che il giudizio sembra perdere di senso.
Dopo essere stata a rilassarmi nella vasca super calda con le turbe idromassaggio (che relax madonna), la mia amica mi ha proposto di immergermi nella vasca fredda:"Vedrai che bella sensazione!". Io inizialmente le dicevo che avrei voluto evitare perché non mi sembrava troppo sensato far fare uno sbalzo di temperatura così forte al corpo; in più conosco la mia polla (ossia me stessa). Alla fine però mi sono lasciata convincere e l'ho fatto: Mix perfetto per un cazzo di capogiro che così forte penso di non averlo mai avuto nella mia vita. Fortuna che è passato dopo qualche minuto e quindi vabbè tutto a posto.
Poi mi chiede del lavoro e del perché ho cambiato: le spiego che ho il doppio delle ferie di prima e mi fa:"Vabbe ma 20 giorni di ferie sono normali no?". È la seconda volta che me lo ha detto e io ogni volta le dico, no, la normalità in Giappone è 10 e mi stupisce sempre che lei, giapponese, anche se anziana, viva così fuori dal mondo e mi rendo conto che chi lavora nella scuola pubblica è privilegiato non solo in Italia, ma pure qui.
A cena abbiamo mangiato 冷やし中華 (hiyashi chūka - foto 1) ovvero noodles freddi cinesi con verdure e carne e una salsa fatta di salsa di soia, aceto, zenzero e sesamo. Poi aveva preso anche dei salamini francesi: buoni, ma peccato fossero letteralmente dolci - poco sale e pochissimo pepe rispetto ai nostri. Da bere una lattina di birra e del vino bianco (scarso).
La notte un inferno: mi sono svegliata forse alle 4/5 con una nausea e un mal di testa fortissimo. Ho temporeggiato girandomi da un lato all'altro per ore e ore, svegliandomi e riaddormentandomi di continuo, finché non ho sentito la mia amica sveglia. Mi sono alzata e le ho detto:"Yuki che guaio, mi viene da vomitare...", mentre lei mi suggeriva di tornare a dormire, ho preso un sorso di acqua... tempo 2 sec e sono corsa al bagno a vomitare. La causa penso sia stata il fatto che sono stata troppo indulgente col vino, che secondo me era pure di scarsa qualità.
Sono tornata a dormire finché non era ora di pranzo, intorno alle 12.
Questa volta però non siamo andate a pranzo dai suoi genitori, ma la mia amica ha organizzato un pranzo a casa sua in cui ha invitato: la sua insegnante di italiano (che è di Salerno e io, quando l'ho saputo, le ho chiesto di presentarmela), suo marito giapponese, un suo compagno di classe (che frequenta la stessa insegnante), la moglie e una sua collega molto giovane che insegna inglese nella stessa scuola media dove insegna anche lei.
L'insegnante di italiano è simpatica, però è la tipica signora italiana con un carattere forte che sta sempre in mezzo a fare le cose al posto degli altri, un po' ignorante e banale (che cazzo mi vieni a dire a fare: che palle D'Annunzio, che palle Manzoni, che palle tutti - dì che non ti piace la letteratura senza fare sceneggiate, no?), insomma, tipica signora italiana. Però ha preparato la parmigiana di melanzane quindi un po' la perdono ahahah.
Il marito invece super tranquillo e straeuridito: prima della pensione era un professore di storia romana e ha vissuto in Italia per svariati anni. Conosce un sacco di aneddoti italiani che manco io sapevo (tipo sul palio di Siena, su Matera etc) ed è il tipo che una volta che parte non lo fermi più. Non ricordo come se n'è uscito con questo argomento, ma dopo aver detto che c'era stato un momento in cui era senza lavoro e senza soldi e che non poteva nemmeno tornare in Giappone, ha detto anche che mentre stava facendo un lavoro prendeva uno stipendio sia in Italia che dal Giappone, nello stesso momento. Io sempre più convinta che chi ha vissuto in quegli anni ha avuto un culo della Madonna perché i soldi si buttavano come non è mai più successo (esempio plateale: mio nonno baby pensionato che ha vissuto metà della sua vita in pensione... METÀ).
Detto questo, fortunatamente sono riuscita a godermi il pranzo nonostante la vomitata.
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canesenzafissadimora · 6 days ago
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Vi è mai accaduto di ritrovare qualcuno dopo tanto tempo e tanta vita in mezzo? A me sì. A fine luglio, nei direct di Instagram, mi è apparsa una notifica. Era mezzanotte, poco oltre. Il messaggio cominciava così: "Ci siamo scritti, per la prima volta, molti anni fa...". Aveva ragione. In principio, ci eravamo scritti nel 2008 - o giù di lì - e ci eravamo piaciuti subito, ma abitare in due città diverse complicava le cose e, in fondo, nessuno tra noi si sentiva veramente pronto. A dispetto delle difficoltà oggettive, nacque comunque un legame sincero, lieve, pulito. La sensazione di avere incontrato un'anima uguale alla propria e, insieme, il rammarico di non poterla sentire completamente vicina. Poi la vita, che fa la vita, tracciò il suo corso e lentamente, senza strappi, senza battaglie, ci perdemmo di vista. Così credevo, almeno. In realtà, lui non ha mai smesso di guardarmi, sia pure da lontano. Lui mi guardava e io non lo sapevo. Non me ne accorgevo. Di quante cose non mi sono accorta? Quante cose non ho visto? "Eravamo ragazzini" continuava il messaggio. Sì, lo eravamo. "Sei diventata una donna da ammirare". Lui un uomo bellissimo, con lo stesso cuore buono e la stessa delicatezza che così bene ricordavo. "Mi piacerebbe sapere come stai, quali strade hai percorso, e riprendere da dove avevamo interrotto...". Quella notte ho dovuto leggere e rileggere le sue parole molte volte prima di rispondere. È stato come una saetta, un lampo che entra d'un tratto, sfonda il vetro, illumina tutto a giorno e ti costringe a spalancare gli occhi. Il pomeriggio seguente l'ho sentito al telefono e la vita si è fatta improvvisamente piccola, si è compressa tutta in quella telefonata, in quella voce. Gli ho raccontato dell'auto, sapeva quanto la temessi. Ho detto una cosa che mi sembrava divertente, l'ho fatto per stemperare l'imbarazzo, lui ha riso tantissimo e io ho sentito una specie di disgelo calarmi nella pancia dopo secoli.
Da allora abbiamo cominciato a scriverci, con calma, con lentezza, con dolcezza. Io ho alzato molti muri, le mie ferite antiche continuano a spurgare, e l'ho costretto a sbatterci contro, a pagare conti che non sono i suoi conti. Eppure resta lì. "Ne parliamo a voce, se ne hai voglia" mi ha scritto tutte le volte in cui si è scontrato con uno dei miei scudi. "Se ne hai voglia" aggiunge sempre. Se te la senti, intende dire. Se mi permetti di entrare, senza forzature, senza pressioni, decidi tu la misura.
Lui non lo sa, ma ogni volta che esordisce a questo modo io vorrei tirarlo fuori dal telefono e baciarlo. Non lo sa perché non glielo dico, non gliel'ho mai detto, però stasera glielo scrivo, e lo faccio qui, dove in questi anni ho scritto pure il resto, dove ho tenuto traccia, dove mi sono spogliata a carne viva, libera dall'infamia, libera dalla vergogna. Mi pare equo, mi suona giusto.
Non ho idea di cosa sia e non voglio immaginare cosa diventerà. Per adesso mi piace pensare che, lì fuori, esiste qualcuno a cui so sempre dire: "Sì, ho voglia di parlarne".
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Antonia Storace - "Frumento e papaveri"
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allecram-me · 1 month ago
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Oggi a Berlino è festa nazionale, sono tutti partiti per un weekend lungo. Io vedo questo giorno libero, grigio ma non troppo, come una piccola cattiveria del tempo, del mio tempo qui che non so benissimo come sfruttare, anche se ci provo. Ho comprato questa busta di tabacco il 19 Settembre e durerà ancora qualche giorno, il che significa che sto andando egregiamente bene sul versante nicotina, fumo di meno. Devo consegnare la tesi di dottorato il 15 Ottobre, il che significa che non sto messa proprio bene, dovrei usare questo giorno libero e non troppo luminoso per starmene a casa col nasino nel pc, non dico manco di voler fare un buon lavoro - che senso ha, adesso? - ma un lavoro qualunque, perché questa sigla di tre lettere vicino al mio nome io me la merito, anche se non so fare proprio proprio un cazzo, o così mi pare stando qui insieme a tutte queste fantastiche persone che evidentemente sanno quello che fanno, e mi sa pure che molti di loro siano sulla carta meno skillate di me. Che ipocrisia l’istituzione, ma stando qui ho ancora l’impressione che ci sia speranza - io, speranza. In questo momento.
Ho scritto a Linda un messaggio incoerente - io, comunicazione incoerente. Ma è pur sempre la fotografia di questo momento. Le ho comunicato che Valerio è morto e che io sono qui. Le ho detto “Ehi, non so se voglio parlarne, forse devo parlarne, ma forse parlarne mi farà crollare ed io mica adesso me lo posso permettere…”. Le ho detto che l’abbraccio perché so bene che dopo aver saputo di questa notizia avrà pianto per me. Il mio rapporto con la mia psicologa è piuttosto atipico, per quello che da psicologa so, ma il punto è anche che siamo colleghe. Questo mi fa venire in mente il fatto che ci sono nella mia vita tutte queste situazioni in cui le persone inquadrano la nostra relazione attribuendomi un ruolo di competenza, ma secondo me io questa roba qua non la so raccogliere molto bene. Tipo come qui a Berlino, dove parlo con tutti i gradini di questa gerarchia che mi è comunque oscura partendo dal presupposto che siano tutti intrinsecamente migliori di me, e si vede che lo faccio. Mi viene in mente che forse loro si aspettavano che questa esteemed foreign researcher sarebbe venuta a portare competenze, a mettere qualcosina sul piatto. Ed io che ho messo? Sorrisi gentili, mille “don’t worry about me”, il mio racconto da pazza detached di un lutto così recente ed enorme da essere francamente inappropriato. Qualcuno penserà che sono pazza. Io lo penso, forse mi ossessiona un po’. Sub-clinicamente, per ora. Una psicologa ha le competenze per dirle, certe cose.
Martedì ho presentato una vaga idea di quale sarà il mio lavoro di questo mese alla consueta riunione del team. Due slide mediamente colorate, un sacco di punti interrogativi. Sono una persona onesta, questo è innegabile. Mi hanno chiesto di fare cose che non so fare, ma se fossi in grado di impararle al volo sarebbe tutto ok. Nella mia esperienza è così che si fa questo lavoro. A breve però questo mese qui sarà finito, e che ne sarà di me? Dovrò dare un significato alla frase “Valerio è morto” che dico tanto spesso, dovrò tornare nell’unico posto dove so per certo di non voler essere, con una persona che esercita del potere su di me, e che io semplicemente odio. Da quando Valerio è morto ho scoperto una spinta a vivere che non credo mi appartenesse, deve essere stato una specie di contagio tipo quell’episodio di Buffy (o era Streghe? O forse tutt’e due?) in cui quando la persona impossessata moriva l’entità invisibile si rintanava nel corpo vivo più vicino. Quando Valerio è morto ero di sicuro il corpo più vicino. Mentre gli tenevo la mano deve avermi passato quel qualcosa che tanto non gli sarebbe servito più, quella testardaggine che lo ha tenuto aggrappato a questo mondo fin quando noi non abbiamo deciso che per lui era finita. Sarebbe così sensato. È così romantico. Valerio è morto. Io ancora no. Devo imparare delle nuove competenze per essere all’altezza dell’ossigeno che consumo.
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singinthegardns · 4 days ago
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Ti aspetto comunque anche se non lo dico mai, anche se nemmeno so come stai anche se i tuoi occhi sono gli stessi che mi guardavano luccicando senza smettere per un secondo e invece adesso guardano qualcos'altro ti aspetto comunque nelle strade che abbiamo percorso insieme in piena notte per ogni sorriso che hai diviso con me che cammino da sempre col sorriso a metà per ogni sussurro, ogni silenzio in cui ti ho detto tutto, per ogni abbraccio lunghissimo e per tutto il fiato corto che c'ho messo a correre lontano da te per poi scoprire che tanto tu mi abiti dentro. Ti aspetto comunque nonostante il tempo e tutto questo silenzio nonostante gli incubi che faccio nel frattempo nonostante le ferite che ho addosso per colpa della tua indifferenza che prima era amore ed è la cosa che fa più male ti aspetto comunque perché ho ancora addosso le tue mani che percorrono la mia ansia fino a che non torno calma ho ancora addosso gli occhi di sempre, quelli che sanno parlare e curare pure da lontano quelli che sanno capire tutte le cose che nessuno ha capito mai io ti aspetto comunque anche senza saperlo anche quando non voglio ammetterlo perché se solo immagino che un giorno avrò di nuovo i tuoi occhi addosso il brivido che sento vale più di tutta quest'attesa di tutto questo tempo.
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catsloverword · 9 months ago
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- Come sta?
- Insomma.
- Così male?
- Ho detto insomma.
- Lei quando dice che sta bene significa che sta male e quando dice che sta molto bene poi scopriamo che è il minimo accettabile per un essere umano. Con insomma mi fa un po’ preoccupare.
- Sempre insomma rimane.
- Vuole parlarne un po’?
- Non c’è niente da parlare, son sempre le solite cose.
- Se sono sempre le solite cose perché si sente così?
- Perché sono stanco. Sono esausto. E lo so che tutti sono stanchi e tutti sono esausti, e lo so che nel Sierra Leone ci sono i bambini soldato che immagino siano parecchio esausti pure loro, ma io questa settimana di più. Scusi.
- Non si scusi per essere stanco.
- Scusi.
- Sa cos’è lei?
- No, ma inizio a sospettarlo.
- Lei è un Atlante.
- Geografico?
- Mitologico. Conosce la leggenda di Atlante?
- Ho fatto il liceo artistico, conosco pochissime cose.
- Atlante era un titano che durante la guerra si era alleato con Crono, il padre di Zeus. Dopo la vittoria Zeus lo punì piazzandogli sulle spalle il peso del mondo.
- Ah sì, adesso mi ricordo, avevo una cosa DeAgostini con il disegno.
- Lei tiene sulle spalle il peso del mondo, del suo mondo, che poi è lo stesso. Non so quando o come, ma a un certo punto, qualcuno o qualcosa le ha fatto credere che quel peso fosse suo. Solo suo.
- Dice?
- Ci sono tante tribù in giro per il mondo, tribù affettive, tribù emotive, tribù nascoste, società segrete legate fra loro da vizi, paure, paranoie, traumi. E poi ci sono i figli di Atlante, come lei, piegati sotto il peso di tutto quello che si portano sulle spalle.
La vita un giorno vi ha detto “reggi qui un attimo” e voi, un po' perché siete stati colti alla sprovvista, un po' perché non volevate disturbare nessuno, avete risposto “va bene” e vi siete caricati qualcosa sulle spalle. E poi l'avete rifatto e poi l'avete rifatto ancora. Sa cos’è successo dopo ad Atlante?
- Si è reso conto che pagava uno psicologo per farsi raccontare puntate di Pollon?
- Un bel giorno arriva Ercole, che è impegnato nelle dodici fatiche e ha bisogno di una mano per recuperare le mele sacre nel giardino delle Esperidi. Così chiede aiuto ad Atlante, e in cambio si offre di reggere il peso del mondo per un po’. Atlante accetta di aiutarlo, si scarica il mondo dalle spalle e per la prima volta da chissà quanto tempo raddrizza la schiena e scopre com’è la vita senza quel peso costante a piegarlo.
- E poi?
- E poi niente, torna con le mele, Ercole lo frega con un trucco idiota alla “c’hai la scarpa slacciata” e gli piazza di nuovo il globo sulle spalle per il resto dell’eternità.
- Bella. Grazie. Adesso sto molto meglio. È sicuro che debba venire in studio e non possiamo semplicemente mandarci delle mail?
- Ogni tanto nella vita succede qualcosa, spesso son cose abbastanza banali, una buona giornata, un motivo d’orgoglio, un momento felice che riusciamo a non sprecare, cose che per un attimo il peso ce lo tolgono di dosso. E noi in quell’attimo percepiamo com’è vivere con la schiena dritta. Poi però arriva Ercole.
- E chi sarebbe Ercole?
- Questa è la parte deprimente. Il più delle volte siamo noi. Ci inganniamo in tutti i modi per convincerci a rimettere quel peso sulle spalle e finiamo col cascarci sempre.
- Perché non se ne andava?
- Atlante?
- Sì. Perché non mollava tutto, non mollava il mondo?
- Perché non è facile, perché era la sua punizione, e forse come succede spesso pensava di meritarsela. Ma io ho un’altra teoria.
- Sentiamo.
- Perché, a forza di reggerlo, si era convinto che quel peso fosse una sua responsabilità, che fosse lui quel peso. Lei pensa che quel peso che la schiaccia sia una sua responsabilità?
- Certo, è il mio mondo.
- Ecco, lei è un Atlante perché non ha ancora capito una cosa fondamentale.
- Cioè?
- Se è pesante non è il suo mondo.
Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto
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Illustrazione di Amandine Delclos
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angelap3 · 7 months ago
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Billie Holiday
Filadelfia, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959
[ Nella vita, per prima cosa devi avere da mangiare e un po' d'amore.]
Mi hanno detto che nessuno canta la parola "fame" e la parola "amore" come le canto io. Forse è perché so cosa han voluto dire queste parole per me, e quanto mi sono costate . Forse è perché son così orgogliosa da volere per forza ricordare Baltimora e Welfare Island, l'istituto cattolico e il tribunale di Jefferson Market, lo sceriffo davanti al ritrovo nostro di Harem, e le città sulla costa da un oceano all'altro dove ho preso le mie batoste e le mie fregature, Filadelfia e Alderson, San Francisco e Hollywood; ricordare metro per metro ogni dannato pezzo di tutto questo. Tutte le Cadillac e i visoni di questo mondo, e io ne ho avuti un bel po', non possono ripagarmi e nemmeno farmi dimenticare. Tutto quel che ho imparato in tutti questi posti da tutta questa gente si può riassumere in quelle due parole: nella vita, per prima cosa devi avere da mangiare e un po' d'amore.
ph Herman Leonard: Billie Holiday, NYC, New York, 1949
La storia di Billie Holiday è roba da racconti di Charles Dickens. Una infanzia disgraziata e di stenti con la madre che si arrabatta a far di tutto, pure la puttana per mangiare. Un quarantenne che la violenta a undici anni. Una zia sadica e fuori di testa di cui è vittima. Il misero collegio dove passa gli anni dell'adolescenza. Pochi motivi per essere allegra. Le cose cambiano, apparentemente in meglio, quando la sua meravigliosa voce diventa nota, prima nei piccoli ambienti jazz poi sempre a più persone. Nasce così Lady Day. Nasce così Lady sings the blues. Ma la fama non lenisce ciò che è stato, e allora per resistere e campare ci vogliono droghe e alcool e amori tutti sbagliati. Lei ne e' consapevole, ma, dice: "Sono stufa di passare le notti sola con i miei cani in albergo, dopo un concerto". O peggio "risvegliarmi ogni mattina accanto a un uomo diverso". Quando il 17 luglio 1949 si spegne ha solo 44 anni. Dirà Miles Davis: "Era una donna molto dolce, molto calda; sembrava un'indiana con la pelle vellutata, marrone chiaro. Era una donna splendida prima che l'alcool e la droga la distruggessero. Ogni volta che mi capitava di incontrarla le chiedevo di cantare "I Loves you, Porgy", perché ogni volta che lei cantava "non lasciare che mi tocchi con le sue mani calde" potevi praticamente sentire quello che sentiva lei. Il modo in cui la cantava era magnifico e triste. Tutti quanti amavano Billie".
Ma tutti quanti l'hanno sempre lasciata sola.
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ginogirolimoni · 2 months ago
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Fra il 2 e il 18 maggio del 2023 si verificò una disastrosa alluvione che colpì molti comuni della Romagna e delle Marche, subito la Puffa Verde (o se preferite, la Gatta con gli Stivali) si precipitò nei comuni più colpiti.
Vedere questa donna di bassa statura, tracagnotta, bionda e vestita di verde mi dava una sensazione surreale, come se stessi guardando un cartone animato o un film di genere fantasy, come Il signore degli Anelli o Harry Potter.
Poi il governo Fascetta Nera mise in campo Piantedosi, che è il ministro dell’Interno e come tale deve interessarsi di qualsiasi cosa accada all’interno, appunto, il quale mi pare che disse qualche cosa che per fortuna tutti quanti abbiamo dimenticato, perché le cose che ha detto che di lui si ricordano non sono edificanti.
Dal momento che erano franate strade, crollati ponti e distrutte case, ci si aspettava l’intervento del ministro alle Infrastrutture, ma disgraziatamente si trovava in quel momento alle Sagra del Prosciutto di Norcia e non poteva certo lasciare.
Mentre invece il viceministro alle Infrastrutture Bignami, dopo aver indossato la sua prediletta divisa da SS, ci tenne a dire agli emiliani che essendo tutti comunisti non avrebbero visto un fiorino (magna Romagna, che l’erba cresce!).
Mentre Musumeci, ministro per la Protezione civile e per le Politiche del Mare dell’Acqua e dell’Aria, che già parecchio bene aveva fatto mentre era Presidente della regione Sicilia e ora era stato deciso che avrebbe fatto altrettanto bene in Romagna (un po’ per uno, a chi tocca nun se ‘ngrugna), giurava e spergiurava che lui le svanziche agli emiliani gliele aveva date, erano essi loro che non si sapeva come le avevano spese.
Poi c’erano i sindaci, gli Enti Locali, il presidente della regione Bonaccini, coinvolti per forza visto che erano parte lesa; e per ultimo venne il generale Figliuolo, già Commissario Straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID - 19, divenne commissario straordinario per la ricostruzione in Emilia Romagna, Marche e Toscana a seguito dell’alluvione che aveva colpito quei territori, perché era una persona “straordinaria”.
Infine, Irene Priolo, vicepresidente della Regione Emilia Romagna, diventa commissario per la nuova emergenza alluvionale in regione del settembre 2024 (pure il vice nominano, tutto pur di non nominare Bonaccini).
Mancano solo l’esorcista, lo stregone e il danzatore al contrario, che invece di chiamare la pioggia la fa cessare, poi ci sono tutti; non male per un governo sovranista che auspica un uomo solo al comando.
In genere quando si nominano molte persone è per rendere impossibile rintracciare il colpevole dell’insuccesso e quando si fanno commissioni è per buttare addosso a qualcuno la croce del sospetto o per creare tanta di quella polvere che su quell’affare non ci si capirà mai più niente. 
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io-confesso · 27 days ago
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Qualche anno fa, avevo un'amica qui su Tumblr. Avevamo iniziato a scriverci la sera in cui ha scoperto un nodulo al seno e abbiamo continuato tutte le notti, per mesi, a parlare di quello che stava vivendo e cercavo di distrarle la mente per un po'.
Avevamo tanto in comune, dalla scrittura (erotica e non) alla musica e sembrava fosse davvero un'amicizia disinteressata, soprattutto da parte sua. Mi sono anche rasato a zero per farle capire quanto le fossi vicino, quando ha iniziato la chemio.
Dopo qualche tempo, conosco un'altra donna sempre qui e ne parlo subito con lei, entusiasta. Sembrava davvero felice per me, del resto ha sempre chiarito che, pure se avesse avuto interesse nei miei confronti, in quel periodo non c'era spazio per niente e nessuno che non fosse la sua malattia (come è giusto che sia).
Dopo due o tre mesi che la mia storia va avanti e diventa sempre più grande e importante, abbiamo iniziato anche a frequentarci, un giorno apro Tumblr e scopro che la mia presunta amica mi aveva bloccato senza dirmi nulla, senza che fosse successo qualcosa, di punto in bianco. Ci sono rimasto malissimo, ancora me ne dispiaccio, anche perché c'era una bella affinità ed era davvero bello parlare con lei.
Io confesso che ancora non conosco il motivo per cui lei sia sparita così, chissà che un messaggio nella bottiglia possa farla tornare o portarmi una spiegazione...
è vero, mi sono comportata di merda
il motivo è questo: avevo detto a te una cosa che qui dentro all'epoca sapevi solo tu e dopo un soffio mi sono arrivati messaggi anonimi feroci con quel dettaglio. un caso? difficile, ma non impossibile. potevo dirtelo? certamente, ma tanto avresti negato, quindi cosa cambiava?
mi sarebbe rimasto il dubbio e si sarebbe solamente aperta di più una crepa che stava diventando una voragine viste le tue posizioni politiche. scusa, mi hai conosciuto nell'abisso più basso della mia vita, pensavo che certe cose (quando ti dicono che stai per crepare) non avessero peso più di tanto, invece no. pur nel mio delirio da terapia, non potevo reggere certe idee. aver apprezzato un paio di libri e un po' di musica in comune non bastava per tollerare una visione del mondo diametralmente opposta alle mia. parlarne mi avrebbe fatto sprecare una valanga di tempo ed energie che non avevo.
ero profondamente a disagio. non avevo tempo da buttare sentendomi così.
ho fatto ciò che nella vita di prima non avrei mai fatto (ma ora sì), la scelta più veloce e stronza: ho tagliato i ponti senza dare spiegazioni.
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clo-rofilla · 28 days ago
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Breve storia triste a seguire:
Ho infine tagliato i capelli alla maschia (cortissimi: quasi a spazzola dietro, ciuffo laterale sul davanti) (Nda non li avevo così dal 2012, ho controllato). Lo volevo fare da 4 mesi ma non mi convincevo mai fino in fondo, rimanendo con il prurito alle mani (avete presente quelle pulsioni repentine e inspiegabili? ecco, così). Ebbene voi direte: "ottimo! Dunque ora sei contenta! sei soddisfatta!" NO E NO, anzi mi sento per la prima volta da parecchio tempo un vero e proprio cesso a pedali e tutto il mio sex appeal è improvvisamente morto, inghiottito da questo casco di banane che ho in testa.
Benissimo. (E sì, lo so che ricresceranno come dopo le mie mille frange o ciuffi scalati oscenamente, tagliando da sola allo specchio con le forbicine delle unghie, ma intanto la mia autostima è ai minimi storici)
Ultimamente Matteo è sempre in trasferta, sempre via, io in casa a fare bucati e piegargli le mutande e i calzini e pulire e rigovernare e gestire le mille cose della vita. Col mio casco di banane in testa. Col cane fobico che stamattina mentre uscivamo a fare la sgambata si è letteralmente CAGATO e PISCIATO sotto dalla paura per gli operai sulle scale e ho fatto tardissimo a lavoro per pulire tutto. Con la suocera che è passata proprio mentre io riportavo il cane in casa tra la tranche di pulizia delle scale 1 (la peggiore) e la 2 (la pulizia di fino) e mi ha pure detto con l'espressione della salvatrice della Patria (o di sto cazzo, se siete romani come me) che ha pulito lei della cacca (ossia quel poco rimasuglio che stavo tornando a pulire io!!!!) che aveva trovato per terra. Subito pronta con quelle mani che le prudono (anche a lei) a fare cose che non le competono, dopo aver spiato in giro probabilmente perché non c'è suo figlio e vuole farsi i fatti miei (oh, pardon, volevo dire: dopo essere passata "per coincidenza" proprio in quel momento).
Ragazzi miei non commettere un omicidio alle volte è difficilissimo
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ross-nekochan · 3 days ago
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Agenzia immobiliare giapponese n.4
Avevo finalmente trovato l'appartamento PERFETTO. Era mio, lo avrei preso a qualsiasi prezzo, volevo solo vederlo giusto per, ma lo avrei preso anche se avesse avuto qualche difetto in più del previsto.
Ieri sera, volevo rivedere le foto e mi accorgo che sul sito è sparito. Nel panico e con la paura che succedesse di nuovo che mi facessero arrivare fino a Tokyo per poi dirmi che era stato preso, scrivo una mail all'agenzia anche se erano le 19 passate dicendo:"Dal sito vedo che l'appartamento non c'è più. Per favore se nel frattempo è stato prenotato voglio che me lo diciate prima" (tradotto letteralmente così in jap).
Stamattina mi sveglio con la sveglia DI SABATO MATTINA per far quadrare l'appuntamento con l'agenzia. Mi arriva la risposta alla mail del giorno prima:"L'agenzia che gestisce il palazzo apre alle 10, quindi le farò sapere intorno alle 10:15".
Mi alzo nella speranza che l'appartamento sia ancora disponibile e faccio colazione. Nel frattempo arriva un'altra email che mi dice:"Ecco qui il link. L'appartamento è ancora disponibile". Faccio un soffio di sollievo e corro per prendere il treno in tempo.
Arrivo in agenzia e l'agente, dopo avermi fatto stilare tutte le mie preferenze e chiesto varie domande, mi dice:"Prima di vedere l'appartamento, poiché è venuta fino a qui, se ne ha altri che le interessano magari possiamo controllare insieme...", così gli faccio vedere un po' di posti. Lui, per ogni posto, chiama l'azienda che gestisce e ogni volta è un "gli stranieri no" (almeno 5 appartamenti così e poco prima al mio "non voglio aggiungere troppe preferenze perché da straniera per me è difficile...", lui aveva risposto:"Ma guardi che gli appartamenti aperti agli stranieri stanno aumentando!".... ora si sarà reso conto della sparata che ha cacciato?!?).
Ebbene, quando trova un appartamento che pare mi piaccia e che sia nel mio range di prezzo per le spese iniziali, cosa mi dice?? "In verità l'appartamento che voleva vedere oggi, è okay per gli stranieri, ma solo coreani...".
Raga, io non sono delusa, amareggiata e furiosa come una bestia.... DI PIÙ.
1. Io la PRIMA COSA CHE CHIEDO quando vedo un appartamento che mi piace è: è libera? GLI STRANIERI SONO OKAY? (SONO ITALIANA) Quante sono più o meno le spese?
Quindi, se permetti, io PRETENDO che tu mi dica che è okay SOLO QUANDO TI SEI ACCERTATO AL 100% che TUTTO sia okay e, SOLO DOPO, mi dici "non si preoccupi, è disponibile anche per stranieri".
2. CI SIAMO SCRITTI EMAIL FINO A STAMATTINA.
Posso capire (anche no, ma insomma) che hai chiamato stamattina per chiedere se l'appartamento non era stato prenotato e solo in quel momento ti viene detto che è okay solo per i coreani. Però, SE SEI UNA PERSONA ONESTA, nella mail mi dici:"È disponibile MA purtroppo solo per coreani."
È OVVIO che poi non vengo più in agenzia però magari mi scrivi nella mail "venga pure lo stesso che le propongo altre cose". Non è la stessa cosa? Certamente, MA NON PUOI PRENDERE PER IL CULO IN QUESTA MANIERA.
QUESTI SONO I VERI GIAPPONESI. Quelli dal servizio clienti ECCELLENTE, quelli SEMPRE GENTILI e PRONTI AD AIUTARE SEMPRE IL PROSSIMO.
Quelli che ci mettono UN CAZZO DI MICROSECONDO A RACCONTARTI PALLE E PIGLIARTI PER IL CULO (soprattutto se si parla di LAVORO e di FARE BUSINESS).
Quanto è vera la Madonna che (non) è in cielo, io
LI
VOGLIO
BRUCIARE
VIVI
TUTTI
QUANTI.
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allecram-me · 1 month ago
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Sono il tipo di persona che se combatte per se stessa si sente spietata, un mostro. Però sono pure assurdamente convinta di dovere qualcosa a quella me stessa, e lì va in tilt l’algoritmo. Non so come uscirne. Valerio ha provato a mostrarmi l’alternativa, quella in cui avrei dovuto sentirmi a posto con lo spazio che occupo, ma alla fine la sua malattia era più importante di me, forse è per questo che abbiamo fallito. O forse è per questo che lui poteva permettersi di provare ad insegnarmelo, non lo saprò mai. Ad agosto ad un certo punto è morto il signore senza volto che occupava il letto di fianco al suo in terapia intensiva, per me lui era solo il rumore del monitor dietro la tenda di plastica e un’altra cosa molto più umana: il volto scavato e rugoso della moglie che incontravo fuori, in quella terribile sala d’attesa. Lei non avrà mai un nome per me, lui sì: si chiamava Roberto. Quando lui è morto Valerio stava un po’ meglio, e mi ha raccontato di aver fermato la moglie per esprimerle la sua vicinanza. Lei le ha dato un bacio sulla fronte e le ha detto “adesso sono una cittadina libera, perché non si è mai liberi fin quando una persona che si ama soffre”. Io ho paura che sua madre sia stata sollevata dalla sua morte - ne ho paura perché purtroppo lei è sempre stata una figura problematica, ne ho paura perché lo sembra, perché lo è davvero. Ma è normale, siamo esseri complessi e viviamo esperienze che portano sempre dentro ambivalenze, sia io che Valerio non siamo mai sfuggiti a questo genere di consapevolezze. Ma forse ne ho paura soltanto perché ho paura del mio di sollievo, e mi chiedo dove cazzo sia, combatto con quello che di me è sopravvissuto alla sua morte, mi scavo dentro a mani nude per scovare la mia parte di colpa, e mi incazzo peggio perché ancora non la trovo, perché so che deve essere lì da qualche parte. Poi però trovo che ci sia anche dell’altro, una colpa più neutra, il dolore di sapere che a me non è cambiato niente, o poco, quantomeno nei fatti. Il lavoro operato su me stessa per costringermi a fare i conti col fatto che Valerio non poteva più essere il mio pilastro, tre anni fa. Questi tre anni a prendermi il meglio ed il peggio, la sensazione di vuoto derivante da quell’apprendimento forzato: non è il caso di chiamarlo, chiamerà lui. E lui poi chiamava, ma erano i suoi momenti per me, i momenti in cui ero chiamata ad essere per lui, momenti in cui mi dava tantissimo e prendeva quel poco che avevo da dargli, che - lo so - per lui era tantissimo. Lui era tantissimo per me, ma non potevo dipendere da lui, non potevo nemmeno farci affidamento. La prima parte dovrebbe essere normale: l’amore non è dipendenza, giusto? Io però ero stata così pronta a farlo, quando il suo corpo ancora ce lo consentiva. Lo farei anche adesso se potesse essere qui, se potesse contenermi, se potessi contenere lui. Quindi credo di non essere sollevata dalla sua morte, sono portata a credermi sincera, anche se mi pare inaccettabile - il conflitto. Al contrario, però, penso senza remore che la sua morte mi abbia davvero liberata, e per questo mi sento in debito con questo tempo, col momento presente, con quello che stabilirò come normale per i prossimi anni. È difficile. Vorrei darmi il tempo per piangere. Non ci riesco. Ho pianto tantissimo tre anni fa, ho pianto più quando è morta quella speranza di quanto non abbia fatto adesso, che lui è davvero un racconto chiuso, senza possibilità di scrivere nuove pagine. Forse sto strumentalizzando la sua morte, come ho provato invano a fare anche con quella di papà, forse sono un mostro, e adesso non ho più scusanti per chiedere al mondo di lasciarmi stare, nessun alibi in più. Forse ho ragione io e la vita è davvero solo questo, farsene qualcosa di quello che ci succede - qualcosa come qualsiasi cosa, basta che ci cambi. Perché le cose morte non possono più farlo, e quelle vive sono costrette a subire il cambiamento anche quando sono inermi. Io credo di avere questo problema: non mi accetto inerme. Mi ci sento sempre però.
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