#come facciamo noi
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Vabbè raga mi sono fattə un giro dall'altra parte perché seguo solo simuelinə su Twitter e se posso dire la mia c'è esagerazione da entrambe le parti. Che bello non essere attivə in quel posto mamma mia
#non lo so amicə secondo me dovreste darvi tuttə una calmata#sarebbe molto più divertente se sta 'guerra' avesse toni più leggeri#invece sono scoppiate amicizie io boh#con la fatica che faccio a fare amicizia io mi sembra surreale tutto ciò#cioè immaginate mandarci edit dell'una e dell'altra ship tipo colpi di cannone e apprezzare il talento senza insultare#come facciamo noi#couldn't be twitterinə
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QUANDO LA RAGIONE SI TRASFORMA IN FOLLIA E LA FOLLIA SUPERA IL LIMITE
La potenza impegnata per uso domestico è, di solito, 3 kWe. Un condominio di 100 famiglie impegna complessivamente una potenza di 300 kWe, che in un giorno (24 ore) diventano 7200 kWh, in un anno diventano 2628000 kWh (2628 MWh).
Se volessimo ricarica un'auto elettrica con batteria di capacità pari a 90 kWh, teorizzando un rendimento di ricarica dell'85%, avremmo di bisogno di 37.5 ore. Volendo ridurre i tempi di ricarica a poco più di 1 ora, avremmo di bisogno di una potenza impegnata di 105 kWe. Ma 105 kWe sono pari a più della metà del condominio e il tutto per una sola auto.
Facciamo finta che nel condominio di 100 famiglie tutti abbiano un'auto elettrica con batteria della capacità citata e il condominio ottiene il via libera per 100 stazioni di ricarica "media" da 105 kWe.
La potenza impegnata è pari a 105000 kWe, ovvero 105 MWe, ovvero 105 MWh di energia, ovvero quasi la potenza di un reattore nucleare modulare (SMR) come il Liong One cinese da 125 MWe!
Giusto per fare comprendere la proporzione, con 105 MWe si alimenta una città (senza industrie, naturalmente) di 35 mila abitanti! Adesso provate ad immaginare una città con, almeno, la metà del parco auto circolante di tipo elettrico e tante stazioni di ricarica dalla potenza di, almeno, 105 kWe.
Milano, inteso come Comune, conta su 1.4 milioni di abitanti, e con il 50% di 1807123 parco auto, le vetture elettriche sarebbero 903561. Volendo considerare che tutte le auto vengano ricaricate con colonnine rapide da ipotetici 105 kWe (in realtà si stanno diffondendo, insieme a quelle da 200 e oltre kWe, ma sono pochissime, la stragrande maggioranza sono da 36 kWe, ma noi agiamo ipoteticamente per consentire una ricarica in poco più di 1 ora), la potenza impegnata sarebbe di 948739605 kWe, pari a 94873,905 MWe, pari a 94,873905 GWe di potenza elettrica effettiva! Per giuste proporzioni, un reattore nucleare coreano APR-1400, dello stesso modello costruito in 4 unità negli Emirati Arabi Uniti, eroga una potenza massima netta di 1400 MWe, ovvero 1,4 GWe, e ne sarebbero necessari ben 68!
Qualcuno potrebbe obiettare: "Non è detto che tutte le auto si connettano contemporaneamente per la ricarica". Vero, ma la statistica dimostra, che la ricarica viene tendenzialmente effettuata nelle ore serali/notturne presso il proprio domicilio (in Italia per chi può permetterselo, in Germania e negli Stati Uniti è la prassi), più raramente presso le colonnine dislocate nei punti di ricarica urbani avviene di giorno. La statistica stessa ci viene incontro informandoci che ci sarà almeno una volta al giorno un momento in cui le auto possono essere collegate tutte insieme per la ricarica, e quella potenza va coperta, pena un inesorabile crollo delle linee e un prolungatissimo black-out che porterebbe dietro di sé, non la Lombardia, non l'Italia, ma l'Europa intera, date le interconnessioni transfrontaliere.
Ammesso che i cittadini si "accontentino" di ricaricare le proprie auto alla potenza massima di 3 kWe, sarebbero comunque necessari 2710683 kWe, 2710,683 MWe, 2,710683 GWe di potenza per ricaricare, in un tempo stimato di 38 ore circa, il 50% delle auto di Milano, quindi 2 reattori nucleari APR-1400.
Qualcuno afferma di volere ricaricare le auto elettriche, di giorno e con i pannelli FV. Torniamo all'esempio delle colonnine da 105 kWe, tanto il sole è gratis, giusto? I pannelli FV in condizioni standard hanno un rendimento del 13% (in termini largamente benevoli, perché raramente si arriva a superare il 10% reale...). Il 13% di rendimento è considerato come valore massimo in condizioni di perfetta perpendicolarità del pannello FV rispetto all'irraggiamento solare, alla temperatura di 25°C e al livello del mare. La variazione dell'angolo incidente, della temperatura e della pressione atmosferica riducono sensibilmente il rendimento effettivo...
Considerata la costante solare K = 1 kW * m-2, 1 metroquadrato di pannello FV erogherà una potenza massima di 130 Watt...
Per ottenere una potenza massima di uscita pari a 2,710683 GWe saranno necessari 20851407,692 m*-2 di pannelli fotovoltaici... credo le proporzioni, adesso, siano ben chiare! Continuare a fare conversazione su questi numeri, credo, sia inutile. Al netto degli impatti ambientali per la produzione delle batterie, dei pannelli FV, della loro installazione sul suolo, anche e solo parlare di elettrificare anche una parte del parco circolante di una città come Milano, figuriamoci del mondo intero, sia un qualcosa di improponibile, al netto, che senza reattori nucleari, la ricarica potrebbe essere assicurata per non più di 5,479 ore/giorno in media di irradiazione solare annue in Italia... Meditare, gente, meditare...
F. Arnò.
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ho il trucco sbavato dopo 12 ore fuori casa.
12 ore che Chardy è rimasta sola ma mi ha aspettata.
ha aspettato che cenassi, mi chiamava con la zampina da sotto il tavolo perché voleva venire in braccio.
torno a casa e inizia a miagolare come a dire: “ma dove sei finita?”
aspetta che vada a letto e viene su, si accoccola e ci facciamo la nostra dose di coccole.
noi ora ci addormentiamo così.
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PEDEMONTANA: L'AUTONOMIA AL CONTRARIO Tutto ebbe inizio nel 2009 con il duo Galan-Zaia che ebbero l'idea di una autostrada regionale. Ve lo facciamo vedere noi come si fa una autostrada a voi romani rimbambiti, inefficienti, corrotti! Poi l'autostrada costerà la cifra folle di 3 miliardi di euro. Poi nel 2017 Zaia fa la più grande cappella in un quindicennio di sagre, immobilità, assenteismo in consiglio e presentazione di libri: di fronte alla possibilità del ritiro del consorzio Sis decide di assumersi il rischio di impresa. Risultato? In una trentina d'anni la regione dovrà dare 12 miliardi al consorzio, circa 300 milioni all'anno. Se però le tariffe sono basse dovrà spendere soldi dal bilancio regionale. Esempio? Nel 2023 la Regione paga 180 milioni al consorzio e ne riceve 60 di tariffe. 120 milioni di soldi pubblici buttati! Se lo avessero fatto i romani, o peggio, come dice la Tega Nord, i teroni, sarebbero su tutte le prime pagine! Come risolvere questo buco delle regioni inefficienti? Ci pensa Salvini, il quale decide con la sua Riforma che le tratte flop delle autostrade le paga lo Stato. Il Veneto fa i buchi e lo Stato li ripaga. L'autonomia all'incontrario. Fantastico.
Carlo Cunegato, Facebook
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“Soltanto i fatti contano, soltanto i fatti debbono contare. Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario.”
(L. Sciascia)
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"HARAGEI" è una parola giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato.
Potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello.
Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo.
Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
"HARAGEI " è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
"HARAGEI " è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
- Enrico Galiano
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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo e anche tradurla è un affare molto complicato.
Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi..
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“L’uso che facciamo degli occhi dipende dallo stato cardiaco.
Un cuore vuoto usa gli occhi per controllare, usare, dominare.
Un cuore pieno, per stupirsi, conoscere, amare.
Noi siamo come guardiamo.”
Alessandro D'Avenia
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...ogni tanto è bene ripostarlo:
7 frasi da evitare per non sembrare un analfabeta funzionale, di Dario Bressanini
1) “A me una volta è successo che…”:
sulla terra siamo 7 miliardi di persone, quindi quello che è successo a te costituisce “un settemiliardesimo” delle ipotesi possibili. L’esperienza personale non è una legge universale.
2) “Ho letto su internet che…”:
su internet c’è tutto, il contrario di tutto e tutte le sfumature che ci stanno in mezzo; se non hai le competenze specifiche per distinguere ciò che è plausibile da ciò che è inverosimile, quello che hai letto tu non significa assolutamente nulla perché tanto su internet c’è sempre anche il suo esatto contrario.
3) “Non credo alla versione/teoria ufficiale, dimostrami tu che è valida”:
una versione/teoria ufficiale è tale proprio perché gode già del supporto probatorio necessario per essere considerata preferibile a tutte le altre. Pertanto, se non credi alla versione ufficiale spetta a te l’onere di provare perché questa sia errata, e anche perché la tua sia invece valida. Pretendere l’inversione dell’onere della prova è un atteggiamento profondamente illogico e antiscientifico.
Il fatto che tu non comprenda il contenuto di quelle prove non significa che quelle prove non esistano o non siano valide, significa solo che tu non hai gli strumenti e le conoscenze per comprenderle.
4) “Ci guadagnano sopra, quindi sicuramente c’è qualcosa sotto”: se escludete i volontari e gli stagisti, tutte le professioni del mondo sono a scopo di lucro, quindi tutti noi guadagniamo da quello che facciamo. Ciò non ci rende tutti automaticamente parte di un qualche complotto o sotterfugio.
5) “Quella volta è accaduto che…, quindi anche questa volta…”:
“quella volta” è diversa da “questa volta”. Se una cosa capita in una occasione non c’è nessuna legge che stabilisce automaticamente che accada sempre e a tutti. Se un medico vende organi sotto banco, non significa che tutti i medici lo facciano ogni giorno; se un ingegnere sbaglia i calcoli, non significa che tutti gli ingegneri siano cani e non sappiano fare il loro lavoro; se un avvocato prende una mazzetta, non significa che tutti gli avvocati siano corrotti o corruttibili. Serve una prova specifica per ogni singolo caso.
6) “Tu hai la tua opinione, io ho diritto ad avere la mia”:
questo è un principio sacrosanto quando si parla di preferire le bionde o le brune, il mare o la montagna, la Juve o il Milan. Ma quando si parla di argomenti scientifici, la tua opinione non conta assolutamente nulla se non hai competenze e ragioni tecniche che possano dimostrare la validità di quella opinione; o forse pretendi di avere un’opinione anche su come si calcola l’area del triangolo?
7) “Non mi fido della roba chimica, quindi…”:
La chimica spiega la composizione della materia in generale, di conseguenza tutto ciò che esiste nell’universo è chimico. L’acqua ad esempio è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, quindi è fatta di sostanze chimiche. E lo sei anche tu.
Se il vostro ragionamento si basa su uno o più di questi presupposti, sappiate che il vostro approccio è stupido, illogico e antiscientifico, quindi evitate di renderlo pubblico.
Ne va della vostra reputazione.
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LA NOSTRA SCUOLA
La nostra scuola è privata. È in due stanze della canonica più due che ci servono da officina. D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca! Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi. Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana. Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane. Gli altri quindici sono di altre parrocchie e tornano a casa ogni giorno: chi a piedi, chi in bicicletta, chi in motorino. Qualcuno viene molto da lontano, per es. Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare. Il più piccolo di noi ha 11 anni, il più grande 18. I più piccoli fanno la prima media. Poi c’è una seconda e una terza industriali. Quelli che hanno finito le industriali studiano altre lingue straniere e disegno meccanico. Le lingue sono: il francese, l’inglese, lo spagnolo e il tedesco. Francuccio che vuol fare il missionario comincia ora anche l’arabo. L’orario è dalle otto di mattina alle sette e mezzo di sera. C’è solo una breve interruzione per mangiare. La mattina prima delle otto quelli più vicini in genere lavorano in casa loro nella stalla o a spezzare legna. Non facciamo mai ricreazione e mai nessun gioco. Quando c’è la neve sciamo un’ora dopo mangiato e d’estate nuotiamo un’ora in una piccola piscina che abbiamo costruito noi. Queste non le chiamiamo ricreazioni ma materie scolastiche particolarmente appassionanti! Il priore ce le fa imparare solo perché potranno esserci utili nella vita. I giorni di scuola sono 365 l’anno. 366 negli anni bisestili. La domenica si distingue dagli altri giorni solo perché prendiamo la messa. Abbiamo due stanze che chiamiamo officina. Lì impariamo a lavorare il legno e il ferro e costruiamo tutti gli oggetti che servono per la scuola. Abbiamo 23 maestri! Perché, esclusi i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano a quelli che sono minori di loro. Il priore insegna solo ai più grandi. Per prendere i diplomi andiamo a fare gli esami come privatisti nelle scuole di stato.
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Brano tratto dalla lettera dei ragazzi di Barbiana ai ragazzi di Piadena dell’1 novembre 1963 raccolta in:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 167-168.
#eguaglianza#uguaglianza#lettere#epistolario#egalitarismo#don Lorenzo Milani#leggere#Barbiana#Piadena#studiare#metodi di insegnamento#libertà#apprendimento#pedagogia#intellettuali italiani del XX secolo#scuola#passione#ragazzi#Storia d'Italia del '900#istruzione#bambini#sapere#piacere#società italiana del XX secolo#Scuola di Barbiana#generosità#insegnamento#altruismo#liberazione#politica
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ha ragione, signora singh – il nostro non è un paese buono, non siamo stati mai brava gente. siamo codardi e servi nei confronti dello straniero che arriva qui potente, lo siamo sempre stati; ma siamo feroci e crudeli se lo straniero che arriva è povero e malridotto – ci piace infierire. come abbiamo sempre infierito dove siamo arrivati noi, da potenti e armati fino ai denti – allora sì, abbiamo mostrato il nostro “eroico valore” uccidendo e compiendo stragi. i nostri bisnonni andavano in giro per il mondo a cercare un tozzo di pane – proprio come lei e suo marito satnam; ci hanno linciato, nelle americhe e in francia, morivamo assiderati per passare i confini, e quando finalmente arrivavamo nelle terre promesse accettavamo qualunque lavoro, anche il più umile, anche il più faticoso. abbiamo dimenticato tutto questo, ora abbiamo la pancia piena e il portafoglio gonfio e nessuno vuole più sporcarsi le mani, spaccarsi la schiena: siamo troppo dediti a depilarci, a tatuarci, a spettegolarci – è per questo che mettiamo voi sventurati a tre euro l’ora sotto il sole cocente a quaranta gradi a lavorare: perché se c’è una cosa che sappiamo fare è il caporale. gli italiani sono caporali – per vocazione: duri con i sottoposti, servili con i superiori, sempre bravi a rubacchiare in fureria. facciamo la guerra ai barconi - sai che medaglie al valor militare! ora sono tutti scandalizzati – troppo orrore, troppo splatter: quel braccio poggiato lì sulla cassetta della frutta è scena da film dell’orrore. senza braccio - se questo è un uomo. governi, sindaci, sindacalisti, politici – quante dichiarazioni. come se questo orrore, questo splatter, questo film dell’orrore non si consumasse giorno dopo giorno, h24, in ogni campagna, in ogni luogo dove si raccolgono pomodori, lattughine, cipolle e arance. le posso garantire, signora singh, che durerà qualche giorno – poi, tutto tornerà come prima: sono vent’anni che tutto è sempre così. non ci perdoni, signora singh. ma se può, preghi il suo dio per le nostre anime dannate. il nostro, s'è stufato di noi. Lanfranco Caminiti, Facebook
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Accettazione e rassegnazione
Le persone spesso chiedono se accettare qualcosa che non ci piace, equivalga a rassegnarsi ad essa.
La risposta è no.
C'è una profonda differenza tra accettazione e rassegnazione.
Nell'accettazione noi accogliamo incondizionatamente la difficoltà che è sopraggiunta nella nostra vita: un abbandono, un rifiuto, un'offesa, una perdita, una delusione, un dolore.
Questo non significa che ci piaccia, ma significa che ne riconosciamo l'esistenza, la possibilità che è diventata realtà, nella nostra vita.
Non fuggiamo, non reagiamo meccanicamente, non ce ne difendiamo, non ingaggiamo una lotta con questo evento e con le emozioni che ne derivano, ma gli facciamo spazio dentro di noi per integrare tale evento all'interno della nostra visione del mondo e di noi stessi, al fine di elaborarlo e infine trascenderlo a partire da una nuova configurazione emotiva e simbolica.
Nella rassegnazione, noi percepiamo l'evento doloroso patendolo passivamente, e tale percezione rimane intessuta di rabbia sottostante alla maschera della passività, che ci rode dentro come un tarlo.
Anche se sembra che abbiamo accettato la cosa e l'abbiamo messa da parte, permangono in noi emozioni di frustrazione, rancore, odio e rabbia implosiva, le quali promuovono pensieri che ruotano in modo pressoché permanente attorno all'evento e non lo lasciano andare.
La rassegnazione impedisce, proprio per questo, una risoluzione di ciò che viviamo, perché porta avanti un conflitto tra la reazione di dolore di fronte all'evento, e la mancanza di accettazione dello stesso, la quale si traduce in una lotta con il sentire doloroso, che noi tentiamo di scacciare.
Potremmo dire che la rassegnazione è una accettazione per sfinimento.
Dunque, non è mai una reale e definitiva accettazione.
Sotto la cute, rimane sempre un briciolo di speranza delusa che tuttavia non si arrende, di rancoroso disprezzo per l'accaduto, e un senso di ingiustizia mai sopito.
©Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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- Cerchiamo l'amore perché questo ci hanno insegnato, cerchiamo l'amore perché ci hanno detto che da soli non possiamo bastarci, non possiamo viverci. Cerchiamo l'amore per non sentirci soli, per non sentirci inutili. Cerchiamo l'amore e non lo cerchiamo mai dentro noi stessi perché ci hanno detto che l'amore è un'altra persona, ma amare noi stessi è pur sempre una forma d'amore. E allora mi chiedo come facciamo ad amare un'altra persona se non impariamo ad amare noi stessi. Come possiamo dare amore a qualcuno se ci è difficile amare ciò che siamo. E questo ci porta ad accontentarci, questo ci porta a non pretendere l'amore di cui abbiamo bisogno. Cerchiamo l'amore in tutti gli angoli del mondo, lo troviamo però solo quando siamo pronti, quando impariamo a dare conto al nostro cuore, che spesso non ascoltiamo abbastanza. -
Quando impareremo a dar conto solo al nostro cuore?
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«L'uso che facciamo degli occhi dipende dallo stato cardiaco.
Un cuore vuoto usa gli occhi per controllare, usare, dominare.
Un cuore pieno, per stupirsi, conoscere, amare. Noi siamo come guardiamo.»
— Alessandro D'Avenia
#occhi#frasi occhi#cardiaco#cardio#cuore#cuore vuoto#controllare#usare#dominare#cuore pieno#stupirsi#conoscere#amare#guardare#frasi tumblr#frasi#frasi e citazioni#alessandro d'avenia
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Dopo qualche anno di bombardamento contro il RDC, gallina dalle uova d'oro per furbetti, truffarori e malandrini come andavano dicendo certi politici, talk tv e giornali, adesso ci sono i nuovi numeri dati dalla nuova legge che ha istituito il RDI (reddito di inclusione). La premier, con piglio deciso ha detto: "noi, a differenza di altri, i controlli li facciamo prima". Ma i numeri che dicono? Percettori del vecchio RDC, 2.100.000- percettori che riceveranno il nuovo RDI, 1.200.000- persone indirizzate verso corsi di formazione in quanto abili al lavoro, 900mila. Giusto o sbagliato fare questa separazione non saprei dirlo ma una cosa la dico: "1.200mila +900mila fa 2.100mila, lo stesso numero dei vecchi percettori del RDC , "ma allora, i furbetti, i truffatori, i benestanti proprietari di case, ville e conti bancari milionari a cui INPS regalava 700 euro al mese, quelli che giornali e tv hanno usato per screditare il RDC, dove sono? Chi era questa massa imponente di truffatori? Eh, vabbe', dai, ormai i polli ammaestrati hanno premiato chi lo diceva.. @ilpianistasultetto
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Ring Of Fire Johnny Cash lyrics
June Carter scrisse Ring of Fire, ispirata dalla loro storia d’amore, e la regalò al marito, il quale la portò al successo.
(Il cantautore Johnny Cash per i 65 anni della sua amata June Carter, 23 giugno 1994, le scrisse questa lettera.Secondo molti questa è considerata la lettera d’amore più bella di tutti i tempi)
Buon compleanno principessa,
Andiamo incontro alla vecchiaia e lo facciamo insieme.
Noi pensiamo allo stesso modo. Leggiamo le nostre menti. Sappiamo ciò che l’altro vuole senza chiedere. A volte ci irritiamo un po’ l’un l’altro. Altre volte, forse, ci diamo per scontati. Ma di tanto in tanto, come oggi, penso a tutto questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la mia vita con la più grande donna che abbia mai incontrato. Sai ancora affascinare e mi ispiri. Mi incoraggi al meglio. Sei l’oggetto dei miei desideri, la prima ragione della mia esistenza sulla Terra.
Ti amo molto.
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