#colonna di san teodoro
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beautifulvenezia · 6 months ago
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Day 178: Colonna di San Marco e San Teodoro | Daily Venice for you!
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morelin · 3 years ago
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Piazza San Marco e il giro in gondola
Qualche anno fa ho partecipato ad un viaggio organizzato a Venezia, un weekend alla scoperta di alcuni tra i luoghi più importanti della città e di certo non poteva mancare Piazza San Marco con la bellissima Basilica.
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L’associazione organizzatrice aveva avuto una fantastica idea: una visita alla Basilica di San Marco in orario tardo-serale, un’apertura speciale lontano dalla moltitudine di turisti, così da darci l’opportunità di ammirare appieno gli splendidi interni riccamente decorati con mosaici dorati (purtroppo le fotografie negli interni erano vietate).
In attesa di questa visita abbiamo dato uno sguardo d’insieme alla piazza ed ai suoi dintorni: il Campanile di San Marco, le colonne di San Marco e San Teodoro, il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri, il Ponte della Paglia. 
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Inoltre, altra chicca del viaggio era un giro in gondola lungo le calli per ammirare la città da un’altra angolazione.
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E per finire in bellezza, un bel tramonto sulla laguna.
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beppebort · 6 years ago
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Santa Gioacchina de Vedruna
Santa Gioacchina de Verduna nacque a Barcellona il 16 aprile 1783 e lo stesso giorno fu battezzata nella chiesa parrocchiale di Santa Maria del Pino. I suoi genitori furono Lorenzo De Vedruna e Teresa Vidal, di sentimenti profondamente cristiani e costumi integerrimi. Sin dalla fanciullezza Gioacchina si sentì spinta a offrire a Dio anche le più piccole azioni. Interrogata dalla mamma come facesse a mantenersi lungamente raccolta, rispose che tutto le parlava di Dio: gli spilli usati per il merletto a tombolo le richiamavano le spine della corona del Crocifisso, al quale voleva portare conforto con piccoli sacrifici; il filo da cucire le ricordava le funi con cui Gesù fu legato alla colonna; le erbe inutili delle aiuole le rappresentavano i propri difetti da sradicare sul nascere. A nove anni fece la prima Comunione e, a dodici, chiese di consacrarsi a Dio tra le Carmelitane di clausura di Barcellona, ma non fu accettata a causa della giovane età.
Contava appena sedici anni quando fu chiesta in sposa da Teodoro De Mas; anch’egli aveva sentito fortemente il richiamo alla vita religiosa, ma aveva trovato ostacolo nella volontà dei genitori per essere il primogenito e l’erede di un nome glorioso. Rassicurata dal suo confessore essere questa la volontà di Dio, Gioacchina contrasse matrimonio con Teodoro il 24 marzo 1799. La perfetta affinità di queste due anime fece della loro casa un regno di concordia e di pace. La giornata cominciava per entrambi in chiesa e si chiudeva con la recita del rosario, cui si unì, con l’andare degli anni, il coro di ben nove figli. Gioacchina amava con tutto il cuore le sue creature e per questo correggeva pazientemente i loro difetti, li incoraggiava nella pratica delle virtù e dava in ogni momento la lezione del suo esempio.
Fatto ardito dalla facile conquista del Portogallo, Napoleone risolse di volgersi anche alla Spagna. All’attentato contro la libertà della nazione il popolo sorse in armi; Teodoro de Mas, discendente di valorosi guerrieri, non giudicò opportuno rimanere in disparte e si arruolò volontario in difesa della patria. Allorché la fortuna fu avversa ai patrioti, egli resistette con un pugno di valorosi in un castello presso Vich, che gli invasori non riuscirono ad espugnare. Impossibile ridire le sofferenze di Gioacchina in questo periodo burrascoso e le sue ansie per la vita del marito, le preoccupazioni per i figli, la povertà estrema. Fu allora che rifulse la sua fortezza e sconfinata fiducia nella Provvidenza: nulla valse a turbare la serenità del suo animo, ad affievolire il suo spirito di orazione, a far uscire un lamento dalle sue labbra.
Santa Joaquima de Vedruna. Retrat a loli pintat el 1903 per Francesc Morell i Cornet
Sfinito dagli stenti della guerra, Teodoro morì il 6 marzo 1816, quando Gioacchina contava solo trentatré anni: nello stesso istante parve alla giovane vedova che il grande Crocifisso appeso alla parete di fronte al letto in cui ella giaceva ammalata le dicesse: «Ora che perdi il tuo sposo terreno ti scelgo io per mia sposa». La giovane vedova si trattenne per qualche mese ancora a Barcellona allo scopo di difendere gli interessi dei figli dalle pretese dei parenti; poi si ritirò a Vich, nel feudo lasciatole dal marito, chiamato Manso Escorial: lì avrebbe potuto meglio occuparsi dell’educazione dei figli, dedicare all’esercizio della carità le sue ancor fresche energie ed attendere con più largo respiro alla propria santificazione. Tre figli, intanto, morirono in tenera età, quattro abbracciarono lo stato religioso e due furono esemplari nella vita coniugale.
Santa Joaquina de Vedruna frances carulla2
Nel sentirsi più libera dagli impegni familiari Gioacchina pensò che fosse arrivata l’ora per realizzare ciò che credeva essere la volontà di Dio: entrare in un Ordine religioso di grande austerità, ma Dio dispose diversamente attraverso la direzione spirituale di Stefano di Olot, cappuccino di Vich, il quale le assicurò che Dio non la voleva in un chiostro, ma la designava fondatrice di una congregazione di religiose per la educazione delle fanciulle e la cura degli ammalati. Ella chinò il capo e pronunciò ancora una volta il suo “fiat”. Il 6 gennaio 1826 fece la professione religiosa di Carmelitana della Carità nella cappella episcopale di Vich, nelle mani del vescovo Paolo di Gesù Corcuera, che aveva incoraggiato l’opera e dato il nome alla Congregazione.
Il 26 febbraio successivo, di buon mattino, ella e nove giovani aspiranti si recarono alla chiesa dei Cappuccini, ascoltarono la Messa e fecero la Via Crucis; poi si diressero al Manso Escorial dove ebbe inizio la nuova vita in un’atmosfera di pace e di fervore. Non mancarono le privazioni e alle volte gli stenti: ma la virtù e l’amore della madre rendevano liete le pene e sopportabili le prove. L’amore materno usato da Gioacchina nella formazione delle sue figlie spirituali fu la caratteristica trasmessa alla Congregazione e divenne un fattore fondamentale del metodo educativo delle Carmelitane della Carità. Un po’ alla volta la pianticella crebbe ed estese i suoi rami, anche se tra persecuzioni, prove ed opposizioni che dimostrarono chiaramente — come diceva la santa — che la Congregazione «non era opera sua, ma di Dio». Ancora vivente la fondatrice, una fitta rete di case si era formata per tutta la Catalogna.
Colpita da un primo attacco apoplettico nel settembre del 1849, altri ne seguirono, che la resero — come ella, stessa aveva chiesto al Signore — inutile e spregevole agli occhi degli uomini. Il 28 agosto 1854 un nuovo attacco la prostrò e qualche ora dopo si manifestarono in lei i sintomi del colera. Circondata dall’affetto delle sue figlie si addormentò nel Signore serenamente. Fu beatificata il 19 maggio 1940 da papa Pio XII e canonizzata il 12 aprile 1959 da San Giovanni XXIII.
Ramona Escudero ccv, da Santi del Carmelo, a cura di Ludovico Saggi Ocarm, Institutum Carmelitanum, Roma, 1972.
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fondazioneterradotranto · 5 years ago
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Dal Fanfulla a Quinto Ennio, nel segno di Antonio Bortone
di Paolo Vincenti
Nel 2012, nella leccese Piazzetta Raimondello Orsini, venne inaugurata la restaurata statua del Fanfulla, opera di Antonio Bortone (1844-1938), famoso scultore ruffanese trapiantato a Firenze. L’intervento di restauro, voluto dall’Amministrazione Comunale di Lecce, è stato effettuato grazie ad un finanziamento del Lions Club Lecce. Questo monumento, modellato in gesso a Firenze dallo scultore salentino nel 1877, venne fuso in bronzo nel 1921 e inaugurato l’anno seguente. Inizialmente collocata a ridosso di Palazzo Carafa, la statua venne poi trasportata nella collocazione attuale.
Scrive Aldo de Bernart: “Antonio Bortone è scolpito sul plinto, che regge quella famosa statua, nel testo epigrafico del prof. Brizio De Santis: Sono/ Tito da Lodi /detto il Fanfulla/ un mago di queste contrade /Antonio Bortone/ mi tramutò in bronzo/ Lecce ospitale mi volle qui/ ma qui e dovunque/ Dio e l’Italia nel cuore/ affiliamo la spada/ contro ogni prepotenza/ contro ogni viltà/ MCMXXII. La statua raffigura il Fanfulla, uno dei tredici cavalieri della Disfida di Barletta, ritratto ormai avanti negli anni quando orbo di un occhio e col saio domenicano faceva penitenza nel fiorentino convento di S. Marco, mentre affila la misericordia, un acuminato spadino che all’inquieto lodigiano era servito in tante battaglie.
Modellata a Firenze nel 1877, l’opera è figlia della tensione tra i circoli artistici fiorentini e il Bortone, che si era prodotto, e bene, nel nudo, con il Gladiatore morente, ma non aveva ancora dato prova di sé nel drappeggio. Tale prova il Bortone la darà appunto con la statua del Fanfulla, inviata alla Mostra Internazionale di Parigi, dove però giungerà ammaccata in più parti. Invitato a ripararla, il Bortone non andò mai nella capitale francese, forse per il suo carattere che a volte lo rendeva spigoloso e quasi intrattabile. […] Comunque la statua fu esposta ugualmente a Parigi e vinse il terzo premio, previo il restauro praticato dal grande scultore napoletano Vincenzo Gemito, che si trovava nella capitale francese a motivo della stessa Esposizione.”[1]
Il personaggio di Fanfulla da Lodi è tratto dal romanzo di Massimo D’Azeglio Ettore Ferramosca, o la disfida di Barletta del 1833 (incentrato sulla contesa fra tredici cavalieri italiani e tredici francesi, combattuta nelle campagne pugliesi nel 1503), e poi dal successivo Niccolò de’ Lapi ovvero i Palleschi e i Piagnoni del 1841, ambientato durante l’assedio di Firenze del 1530.
Dovuta quindi all’ingegno creativo di Antonio Bortone, “il Mago salentino dello scalpello”, come ebbe a definirlo il prof. Brizio De Santis, la statua del Fanfulla campeggia nel bel mezzo di una caratteristica piazza, nel cuore del centro storico di Lecce. Ma l’iter della statua per essere collocata in questa piazza è molto più lungo e tortuoso. Scrive in merito Giovanna Falco: “Le traversie di quest’opera non finiscono qui: sono state raccontate da Teodoro Pellegrino in La vera storia del Fanfulla.  Durante la lunga permanenza a Firenze, il gesso rischiò di essere distrutto, lo salvò Brizio De Sanctis, preside dell’Istituto Tecnico leccese, che si prodigò affinché fosse trasferito a Lecce. Qui, grazie all’intervento di Giuseppe Pellegrino, grande estimatore di Bortone, nel 1916 la scultura fu donata al Museo Civico di Lecce (all’epoca alloggiato nel Sedile).
Rimandata a Firenze per essere fusa in bronzo, nel 1921 fu inaugurata e sul basamento fu apposta la targa commemorativa scritta da Brizio De Sanctis. La statua, destinata originariamente all’atrio dell’Istituto Tecnico, fu collocata nello slargo delle ‘Quattro Spezierie’, di fronte a Palazzo Carafa, poi fu trasferita nel «ridente giardinetto della P. Raimondello Orsini», da dove fu rimossa per essere sistemata lungo il viale principale della Villa Comunale di Lecce. In occasione dell’inaugurazione del Museo del Teatro Romano, avvenuta l’11 settembre 1999, l’Amministrazione Comunale dell’epoca ha deciso di sistemare nuovamente il monumento in piazzetta Raimondello Orsini, collocandolo al centro di un’aiuola.”[2] Grazie ad un sapiente intervento di restyling ora la statua splende di nuova luce.
Sempre Giovanna Falco, nel succitato articolo, scrive: “Nel 1913 fu inaugurato in piazza Sant’Oronzo il monumento a Quinto Ennio, che sorgeva di fianco all’inferriata che cingeva la porzione dell’Anfiteatro Romano riportata alla luce in quegli anni. Era formato da «un basamento sul quale si eleva una colonna prismatica ed un’aquila romana poggia sopra fasci littorii»; l’aquila in bronzo si ergeva su una pergamena recante uno scritto del grande poeta romano.” [3]
Proprio negli stessi giorni dell’inaugurazione del Fanfulla, infatti, ricorreva il primo centenario del monumento a Quinto Ennio, dovuto sempre ad Antonio Bortone; e infatti Aldo de Bernart, ricordando quell’evento, in una sua plaquette del 2012,[4] si soffermava sulla figura del grande poeta latino Quinto Ennio, pubblicando una foto d’epoca nella quale compare ancora la statua sormontata dall’aquila. Come ricorda Giovanna Falco, “in occasione dell’ultimo conflitto mondiale l’aquila fu fusa per costruire armi”.[5] Stessa sorte capitata a molti altri monumenti di Terra d’Otranto, in alcuni casi orrendamente mutilati. Il monumento, in pietra di Trani, ornato da un fascione in bronzo finemente scolpito, si trova vicino l’Anfiteatro Romano ed è stato molto ammirato e visitato da studiosi ed amanti dell’arte, soprattutto in occasione del doppio evento del restauro del monumento del Fanfulla e dell’anniversario del monumento a Quinto Ennio.
Lo scultore Antonio Ippazio Bortone, nato a Ruffano, dopo la formazione napoletana, si trasferisce a Firenze dove raggiunge la gloria, divenendo uno dei più ammirati artisti italiani dell’epoca. Basti pensare che a Firenze viene chiamato a lavorare alla facciata di Santa Maria del Fiore, per la quale realizza, tra gli altri, le due statue di Sant’Antonino e San Giacomo Minore (1887) e i due bassorilievi di Michelangelo e Giotto (1887), oppure al Michele di Lando (1895), nella Loggia del Mercato Nuovo. Per quanto riguarda le opere salentine, molte sono quelle degne di menzione, fra le quali: il busto di Giuseppe Garibaldi (1867), in marmo, che si trova presso il Castello Carlo V di Lecce;  i busti in marmo di Giulio Cesare Vanini (1868), di Francesco Milizia (1872), di Antonio Galateo (1873) e di Filippo Briganti (1875), presso la Biblioteca Provinciale N. Bernardini di Lecce; la statua in marmo di Sigismondo Castromediano (1890), che si trova nel Museo omonimo di Lecce, e il Monumento a Sigismondo Castromediano (1903), nella omonima piazzetta leccese; il Monumento a Francesca Capece (1900) a Maglie; il monumento a Salvatore Trinchese (1907) a Martano; il ritratto di Pietro Cavoti (1912), presso il Convitto Colonna a Galatina, e molte altre.
  L’estensore di questo articolo ha recentemente pubblicato sulla rivista “L’Idomeneo” un saggio in cui attribuisce ad Antonio Bortone una statua inedita, in marmo bianco di Carrara, intitolata The Girl Knitting For the Front, che si trova nella cittadina di Christchurch, in Nuova Zelanda, e che viene censita per la prima volta. Attraverso la stampa neozelandese dell’epoca e un’indagine ad ampio raggio della produzione bortoniana, dello stile e dei rapporti personali e professionali dello scultore, ricostruisce la genesi ed il lungo percorso fatto dalla statua.[6]
  [1] ALDO DE BERNART, Antonio Bortone e la sua casa natale in Ruffano, a cura dell’Amministrazione Comunale, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 2004, pp.5-10.
[2] GIOVANNA FALCO, Fanfulla da Lodi e altre opere leccesi di Antonio Bortone, in http://www.fondazioneterradotranto.it/2012/10/11/fanfulla-da-lodi-ed-altre-opere-leccesi-di-antonio-bortone/
[3] Ibidem.
[4] ALDO DE BERNART, Nel primo centenario del Monumento di Antonio Bortone a Quinto Ennio, Ruffano, Tipografia Inguscio -De Vitis, 2012. Sull’erudito ruffanese Aldo de Bernart, si veda: PAOLO VINCENTI, Aldo De Bernart: Profilo biografico ed intellettuale, in AA. VV., I luoghi della cultura e cultura dei luoghi, In memoria di Aldo de Bernart, a cura di FRANCESCO DE PAOLA e GIUSEPPE CARAMUSCIO, Società Storia Patria, sezione Lecce, “I Quaderni de L’idomeneo”, n.24, Lecce, Grifo, 2015, pp.11-38.
[5] GIOVANNA FALCO, Ivi.
[6] PAOLO VINCENTI, L’arte commemorativa postbellica. Antonio Bortone da Ruffano e una sua opera inedita, in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Patria Lecce- Università del Salento, n.26 -2018, Castiglione, Grafiche Giorgiani, 2019, pp.247-282.
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tmnotizie · 5 years ago
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di Antonio De Signoribus
SAN BENEDETTO – Da non perdere per nessun motivo la Rassegna targata “Concerti Oro 2019” che s’inaugurerà, venerdì 26 luglio, alle 21.15, presso la sede dell’Accademia Malibran, e terminerà al Palazzo dei Priori di Fermo, domenica 20 gennaio 2020, alle 17.
“Parteciperanno ai 14 eccezionali concerti della Rassegna-sottolinea Rossella Marcantoni, direttrice della Accademia- artisti di fama internazionale appartenenti al mondo della musica classica, strumentale e vocale, nonché alla musica jazz e alla canzone d’autore. Verranno inoltre coinvolti giovani talenti, vincitori di concorsi internazionali, già avviati alla carriera concertistica. Il concerto della serata inaugurale-vedrà protagonista Javer Girotto, uno dei maggiori sassofonisti jazz dei nostri tempi, con Seby Burgio al pianoforte, Luca Pirozzi al basso, Alessandro Marzi alla batteria e con la partecipazione del giovane chitarrista jazz Paride Pignotti, al quale la direzione artistica dell’Accademia assegna la borsa di studio, erogata dalla famiglia Nicolai, intitolata al proprio figlio Giacomo”.
Il biglietto di ingresso per ogni evento ha un costo di 10 euro. I biglietti saranno in vendita a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Per i minori fino a 12 anni di età l’ingresso è gratuito; il numero di posti riservati ai minori è limitato (informarsi preventivamente e/o prenotare). È possibile sottoscrivere un abbonamento per i 14 concerti al prezzo ridotto di 98 euro. 
L’abbonamento può essere prenotato contattando l’Accademia per email o via telefonica ai numeri 338 8219079 / 0734 931855. Può essere acquistato pagando l’importo di 98 euro, presso la segreteria dell’Accademia o effettuando un bonifico sul cc  IBAN IT18V0306909606100000017340 indicando come causale la dicitura “Abbonamento Concerti Oro 2019”; l’abbonamento potrà essere successivamente ritirato presso l’Accademia.
Al termine di ogni concerto seguirà un brindisi con i pregiati vini della Tenuta Cocci Grifoni di Ripatransone. Ecco di seguito i concerti della Rassegna al completo:
MALIBRAN JAZZ
venerdì 26 luglio 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Giardino degli Ulivi
SERATA INAUGURALE
JAVIER GIROTTO AND FRIENDS
Javier GIROTTO sax
Seby BURGIO piano
Luca PIROZZI basso
Alessandro MARZI batteria
Con la partecipazione del Giovane Solista  Paride PIGNOTTI chitarra
Vincitore borsa di studio “Giacomo Nicolai”
MALIBRAN CLASSICA
sabato 24 agosto 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
SALOTTO FIN DE SIECLE
Silvia MARTINELLI soprano
Andrea TROVATO pianoforte
In collaborazione con l’associazione Organi, Arti & Borghi di Camerino
MALIBRAN GIOVANI SOLISTI
venerdì 20 settembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
GRADUS AD PARNASSUM: CHOPIN e MUSSORGSKY
LORENZO FELICIONI pianoforte
MALIBRAN CLASSICA
sabato 28 settembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
A VOL COME FRECCE GLI AUGEL
Patrizia BICCIRE’ soprano 
Ayako KOTANI pianoforte 
MALIBRAN CLASSICA
venerdì 18 ottobre 2019 ore 21,15 
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
I COLORI DELLA CHITARRA
Andrea DE VITIS chitarra 
Presentazione CD “Tansman complete music for solo guitar” (Naxos)
MALIBRAN GIOVANI SOLISTI
sabato 26 ottobre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
MUSICA & FILOSOFIA
Anastasia FIORAVANTI pianoforte
Vincitrice borsa di studio “Giacomo Nicolai”
MALIBRAN JAZZ
Sabato 2 novembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
ENRICO PIERANUNZI TRIO
Enrico PIERANUNZI piano
Luca BULGARELLI contrabbasso
Alessandro MARZI batteria
MALIBRAN CLASSICA
domenica 10 novembre 2019 ore 21, 15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
DUO BRACONI 
Simonide BRACONI viola 
Monaldo BRACONI pianoforte
MALIBRAN CLASSICA
sabato 23 novembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
OMAGGIO A SEVERINO GAZZELLONI 
Centesimo anniversario della nascita
Michele MARASCO flauto 
Marta CENCINI pianoforte
MALIBRAN CLASSICA
Settimana con il pianista GEORGY TCHAIDZE
domenica 1 dicembre 2019 ore 17,15 
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
Georgy TCHAIDZE pianoforte
venerdì 6 dicembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
BERLIOZ & DINTORNI
Omaggio a Heitor Berlioz nel bicentenario della nascita
Rossella MARCANTONI soprano
Aldo CAMPAGNARI violino
Georgy TCHAIDZE pianoforte
domenica 8 dicembre 2019 ore 17,15 
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
DUO PIANISTICO 
Georgy TCHAIDZE – Nadezda PISAREVA
MALIBRAN CANZONE D’AUTORE
sabato 14 dicembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
LÉO FERRÉ
Gerardo BALESTRIERI voce – polistrumentista
Rossella MARCANTONI soprano 
Davide MARTELLI pianoforte
In collaborazione con il Centro Culturale Léo Ferré di San Benedetto del Tronto 
MALIBRAN JAZZ
sabato 21 dicembre 2019 ore 21,15
Altidona – Accademia Malibran – Sala Colonna
ROMANZE SENZA PAROLE
Daniele DI BONAVENTURA piano solo
Presentazione CD “Romanze Senza Parole”
MALIBRAN CLASSICA
domenica 26 gennaio 2020 ore 17.00
Fermo – Palazzo dei Priori – Sala dei Ritratti 
Ilia KIM pianoforte 
Introduzione a cura di Piero Rattalino
In collaborazione con il Comune di Fermo – Assessorato alla Cultura
Direzione artistica: Rossella Marcantoni
Malibran Jazz a cura di Alessandro Marzi
Staff tecnico
Cristina Giannini, Marina Verzulli, Simone Marzetti, Bruno Teodoro Alfonsi
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