#claudioprima
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-Lo sfiancamento della lotta- #7marzo21 #savethedate #Brindisi #radiorai3 Ho pochi ricordi di quello che accade a Brindisi nel marzo del 91. Avevo quindici anni. Ricordo una mattina sotto al liceo che frequentavo a guardare le finestre che traboccavano uomini, donne, ragazzini. Era surreale. La scuola era occupata da centinaia di estranei mai visti che ci guardavano dalle finestre. Nella notte tutte le scuole erano state requisite per accogliere i profughi arrivati. Fummo felici. Non si andava a scuola per un po' di giorni. Ricordo che con i motorini, i “sì” Piaggio, andavamo sulle balconate del porto a vedere cosa stava succedendo. Ricordo il luccichio sotto i lampioni dei teli di platica giganteschi che servivano da coperte. Quella mattina della scuola occupata, tornando verso casa, dai balconi di un palazzo popolare calavano sacchetti bianchi con lo spago e sotto in strada i profughi albanesi alzavano le braccia, prendevano e ringraziavano. Riprendemmo ad andare a scuola di pomeriggio, ma in un altro istituto. C’era anche un ragazzo albanese in classe. Parlava poco l’italiano. Non ci eravamo molto simpatici. Poi più nulla. È come se dopo, nel tempo, fosse rimasto solo un rumore di quei giorni. Almeno per me. Ho ritrovato i fatti del 91 dieci anni fa. Il sindaco di allora, Domenico Mennitti, si fece promotore di una grande operazione culturale di memoria e ricostruzione. Io mi occupai delle installazioni artistiche in città e delle ricerche per il racconto che avrebbe letto Anna Bonaiuto. Coinvolsi Francesco Niccolini. Lo conoscevo da poco. Per me Francesco era solo l’autore del Vajont di Paolini. Per un mese abbiamo ascoltato i testimoni, la gente comune, il sindaco di allora, Giuseppe Marchionna, giornalisti, i trenta albanesi rimasti in città da quei ventimila, i volontari. Soprattutto i volontari. Pochi anni prima ero stato mandato a fare il servizio civile nella Caritas della città. Protestai, ricordo. Molto. Cercai anche una raccomandazione per farmi spostare. Volevo stare a Torre Guaceto dove facevo già volontariato e dove sarebbe stato logico restare a fare anche il servizio civile. Ma la vita non segue sempre la logica. L’anno di servizio civile in Caritas è stato un dono. Ho ascoltato altre storie del 91, ho passato parecchie notti a fare compagnia ai barboni in strada, ho apparecchiato tavole, organizzato concerti e feste multietniche, ho fatto il doposcuola a ragazzini brindisini. È una parte di me con la quale non convivo in pace questa di comunità, della strada, delle vicende ambientali e sociali di Brindisi, la città dove sono nato e cresciuto. L’inizio del lavoro in teatro è coinciso con il massimo impegno nelle lotte ambientali in città. Progettavamo azioni illegali per fermare gli scarichi odiati, abbiamo vissuto proteste, le abbiamo fatte. Ho perso la voce. Sono stato parecchio tempo con persone che hanno dato la vita per questo. C’era un fuoco. A un certo punto sono andato via. E non riesco a parlare di questo, non ancora. Nulla di tutto quello è così distante e lontano da parlarne. Tanto meno qui. Ma ora, dopo trent’anni anni dai fatti del 91, ecco che tutto torna. Prepotentemente. Non sto nella pelle e ascolto quello che accade in me e intorno. Proprio ora che viviamo distanziati e con la mascherina, ora che i teatri sono chiusi, proprio in questo caso che raccontare in un teatro vuoto ha tutta la forza del vuoto che lascia nella pancia questa storia, mi ritrovo di fronte al Luigi di dieci, venti, trenta anni fa. A Luigi che è scappato perché la lotta e la protesta se lo stavano mangiando. Ho avuto paura, sì. Paura di farmi prendere da quello. Di farmi consumare come il tumore di Don Milani. Di sparire. Anzi ho paura forse di essere così presuntuoso da farmi consumare senza nemmeno riuscire a cambiare le cose e il mondo. È una spina nel fianco questa per me: che un giorno sono andato via, da che parte stare e come lottare, come cambiare, da quale parte è meglio urlare, da dove si sente più forte e quando è “cambiare”, quando no. A volte penso che ho fatto lo spettacolo sul rivoluzionario Don Milani solo per sfogarmi di questo e giustificarmi mostrando a tutti com’è morto lui, com’è morto della sua lotta. Ma la vita non segue la logica, vero? Non so nulla. So solo di un disagio e di una nausea. E di una rabbia. Che forse semplicemente ho riversato completamente nel teatro. Con arroganza, solo per me, in maniera dispotica verso il pubblico, senza sapere nulla davvero della scuola del teatro. Per un mio interesse sacrosanto. Per salvarmi la pelle. Poi forse incontra anche qualcuno nel pubblico e allora qualcosa accade. Ma questa spina dello sfiancamento della lotta mi consuma ancora. E ne riconosco tutta la seduzione. Ora so solo che raccontare quello che accadde a Brindisi a marzo del 91, quello che fecero i brindisini, i cittadini albanesi, quello che non fece lo stato, come è andata a finire dopo, e il fatto che tutto questo sarà trasmesso in contemporanea da non so quante pagine social compresa quella del sindaco della città, Riccardo Rossi (sì, perché questa è una storia di sindaci) e da Radio Rai 3 in tutta Italia, bene, so solo che vale già quanto la medaglia che non è mai stata data alla mia città. E in questo caso benedico lo streaming e la radio. Che lo sentano tutti cosa è accaduto a Brindisi nel marzo del 91. domenica 7 marzo 2021 h 15.00 focus su Zazà, Radio Rai 3 h 18.00 in streaming video dal Nuovo Teatro Verdi, Brindisi h 22.30 su Radio rai 3 NON ABBIATE PAURA Grand Hotel Albania _1991-2021 di Francesco Niccolini con Luigi D’Elia musiche dal vivo Claudio Prima, organetto e voce Nevila Cobo, violino Merita Alimhillaj, violoncello Le foto storiche e preziose sono di Damiano Tasco. Info: https://www.nuovoteatroverdi.com/ https://www.raiplayradio.it/radio3/
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