#cioè ma ci rendiamo conto
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e anche la gente convinta che se scrivono una roba del genere poi fanno anche quello che vogliamo noi non ha molto senso per me ma sarà sempre così dato che la maggior parte qua crede a cose completamente diverse da me, che potrei smentire facilmente ma non lo farò perché è contro l'etichetta sportiva del fandom secondo me... cioè sarebbe un po' da stronzi detto in parole povere
#non che gli altri mi riservino la stessa gentilezza!#dato che c'è ancora gente che dice che chi crede in bi Mike lo fa solo per omofobia#cioè ma ci rendiamo conto#letteralmente come se tutte le prime stagioni non contassero nulla#o gli script o le numerose interviste#o il modo in cui michelino parla della sua situazione#e vi fa anche comodo ignorare tantissime cose ogni volta#ma vabbè meglio che mi faccio i cazzi miei o mi viene il nervoso e basta#lo vedrete l'anno prossimo è una delle poche cose in cui credo fermamente#grazie all'universo mi hanno dato una certa pazienza
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manifestando crowe-amadeus che ripropongono il confronto javert-jean valjean per soddisfare anche questa fantasia selvaggia di ama
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Chi ha detto questa cosa delle tematiche? Sei certə?
No amo me l'ha detto mamma perché non si sta buona a leggere le cose e si fa un sacco di spoiler ma non ho idea di dove
#potrebbe benissimo essere tipo leggo o fanpage ma davvero non lo so#tra l'altro lei mi ha fatto praticamente tutti gli spoiler che ho cioè ci rendiamo conto#il vero nemico è in casa tua ricordatevelo sempre
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no I WAS LOOKING FOR A JOB AND FOUND AN OFFER THAT AT FIRST SAID NO EXPERIENCE ONLY TO ASK FOR SKILLS THAT ONLY EXPERIENCE GIVES AND THEN THEY WROTE THIS
If you look for a job where you EXPECT a salary every month in exchange of your time/labour YOU ARE NOT WHAT WE LOOK FOR
what the actual fuck????? What do u think I would apply for?!and the job is to DO EVERYTHING EVEN DURING WEEKENDS FOR 13 HOURS A DAY/NIGHT
#no ma ci rendiamo conto cioè lo.scrivono pure come se avessero ragione?#it started off so calmly and tje more i read the more i was??? just to end like this????#no one wants to work anymore E STI CAZZIIIIII
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Fin da quando ero giovane non ho tollerato che la democrazia fosse lo strumento attraverso il quale le questioni pubbliche le decidesse un altro: l’odiato vicino di casa, qualche altro nemico, certe mie conoscenze veramente incapaci di intendere e di volere. Più tardi ho capito che il demos era del tutto inabile a produrre una volontà generale assieme al bene comune. Il popolo riusciva egregiamente a fare gli interessi del padrone, appassionandosi alle zuffe tra bande rivali che in nulla contribuivano al proprio benessere. Fu allora che per combattere lo scoramento mi piegai all’idea di una patente di cittadinanza, a una svolta aristocratica dell’elettorato, in attesa che tutti avessero la maggiore età culturale e intellettuale per scegliere la classe dirigente. Beninteso, questo non doveva essere un mero scontro tra ceti colti e ceti ignoranti, ma un vaglio di maturità politica resasi ormai indispensabile al cospetto della decadenza sociale, economica e morale, a cui le classi dirigenti elette avevano condannato il paese, l’Europa, l’intero Occidente.
C’è stato anche un momento della storia recente in cui, nell’affanno generale, qualcuno ha detto che l’onestà sarebbe andata di moda. E per qualche anno si è allestita un’incredibile attesa per cose portentose. Ma è durata poco. Il mondo conservatore, cioè quello degli ottusi (coloro che hanno tirato i remi in barca o che credono di averlo fatto) ha sempre temuto i cambiamenti e la furia degli onesti che metteva in pericolo le sue sicurezze. Il mondo liberista (che io chiamo anche reazionario) cioè quello dei collusi e degli ignoranti, in perenne ricerca di vantaggi sui concorrenti di classe, ha odiato gli incorruttibili che sparigliavano loro il gioco. Ma passati che furono gli anni dell’avanzata onestista tra lo stupore attonito dei partiti nemici, si è cominciato a vedere più chiaro. Il popolo non vuole essere onesto. Considera la menzogna, contro cui combattono da secoli la filosofia e la buona politica, come il miglior prodotto dell’intelligenza. Le virtù giudicate negative da una morale egualitaria sono le più ambite dai ceti emergenti, e i programmi di giustizia livellatrice altrettanto ripudiati dalle misere periferie come dagli agiati centri cittadini. Ma ci rendiamo conto che una tassa sui ricchi patrimoni verrebbe accettata da meno del 70% degli italiani, pur interessando solo il 5% della popolazione? Perché? Ma perché tanta parte dei nostri concittadini aspirano a possedere un capitale pari a quello dei neotassati, perché tanti servi ambiscono a diventare padroni. Anche se, per tanti (per troppi), la loro ambizione è la stessa dei propri genitori, e sarà la stessa dei loro figli, senza compiersi mai. Però, sarà servita a mantenere in vita questa galera, a opprimere quei pochi che avrebbero voluto liberarsene per sempre.
Giuseppe di Maio
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Ma cioè io posso voler leggere lo yaoi sugli 883 CI RENDIAMO CONTO DOVE SIAMO FINITI
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"Lasciamo per un attimo da parte “politicamente corretto” e “cancel culture”, termini troppo elastici con cui si indicano situazioni molto differenti in contesti culturali diversissimi. Rem tene: limitiamoci a osservare ciò che intorno a noi è accaduto negli ultimi anni. Io ho visto parecchie persone, in ogni senso vicine o lontane, adattarsi in pochissimo tempo alle più improbabili forme di ‘rieducazione posturale’ del linguaggio, del dibattito letterario, dell’umorismo. Lo hanno fatto secondo il tipico contagio da febbre ideologica: con la paura di non risultare altrimenti abbastanza progressiste, e spesso col tono inquisitorio di chi è già pronto ad accusare gli avversari di essere delle specie di vittorifeltri. Vorrei ribadire che, al contrario, in tutto ciò non c’è nulla di progressista né di emancipatorio; si tratta soltanto di una vecchia attitudine fondamentalistica, oggi risorta in forme particolarmente misere, e di una grave confusione tra politica e cultura (le quali non sono indipendenti, ma non sono nemmeno collegate nei modi che suggeriscono i nuovi chierici). L’arte, la cultura, l’eros, l’umorismo, il vissuto - sono cose che cambiano senza dubbio nella storia; ma NON secondo lo stesso processo con cui cambiano i nostri dibattiti civili o le nostre idee. Oggi si sta diffondendo questa convinzione, con conseguenze potenzialmente - attualmente – violente e regressive. Come ha notato Giacomo Pontremoli, siamo tornati a un’epoca pre-freudiana: stiamo cioè sinistramente abolendo ogni differenza tra il giudizio sull’espressione e quello che si dà su un’azione. Si cerca ad esempio di far credere che l’immaginazione, riferita a certi oggetti o situazioni, implichi una determinata concezione del mondo, magari discriminatoria – mentre avere, che so, fantasie erotiche di riduzione estrema di una donna a oggetto non equivale affatto a essere misogini. Oppure si finge che di fronte a temi delicati (minoranze, ecc.) le brave persone ridano unicamente “di secondo grado, degli stereotipi” – e così si tradisce la natura profonda quanto antintellettualistica del fenomeno comico. Ogni tanto mi compaiono su Facebook i video di uno stand up (ma qui la parola suona beffarda) che gioca di continuo sulla sua disabilità. E’ piuttosto bravo, e il pubblico applaude di gusto. Ora, affermare che i suoi spettatori (e lui per primo, del resto) ridano unicamente per come porta alla luce le contraddizioni dei comportamenti diffusi davanti alla disabilità, e non anche, assai più ambiguamente, della disabilità in quanto tale, significa o mentire o essere divenuti dei pericolosi robot. Se non ci rendiamo conto di questo, nessun galateo ci ripagherà di ciò che perdiamo al livello della comprensione di noi stessi, e quindi anche della capacità di ridurre sul serio la violenza contro gli esseri umani emarginati."
Matteo Marchesini
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WATCHING IT COME TRUE, IT'S TAKING OVER YOU, OH, THIS IS THE GREATEST SHOW
Raggiunta una certa età è inevitabile che si acquisisca anche consapevolezza nella gestione del denaro. Per quel che mi riguarda, posso senz’altro dire di essere diventata finanziariamente avveduta ed economicamente oculata: per esempio, nel portafoglio tutte le mie banconote sono ordinate dal taglio più grande a quello più piccolo e scusate se è poco.
What's it like to brag about raking in dollars
Pertanto, consapevole che John Maynard Keyens non può che spicciarmi casa, quando ho visto il prezzo dissennato del biglietto per Taylor Swift: The Eras Tour, ben venti euro, che al cambio odierno sono sempre venti euro, ho detto: “Mi par giusto! Più che giusto, mi par doveroso. Posso aggiungerci financo una cistifellea, o qualsiasi altro organo semi vitale, chemmefrega. Taylor, che, ti serve un rene? Un pezzettino di fegato? Ho fatto le analisi adesso e i trigliceridi ce li ho a posto”. Perché ormai è chiaro che, per rispondere al quesito ontologico posto da Francesco Gabbani, “per un motivo in fondo esisterò”, il mio motivo è quello di dare soldi a Taylor Swift.
I forgot that you existed
Così, più leggera di venti sacchi ma priva di richieste di riporre i miei organi nei sacri canopi, mi sono recata al cinematografo armata soltanto del timore che, durando la proiezione tre ore, a un certo punto i jeans potessero premermi sulla vescica e dunque compromettere il godimento di questa storica esperienza. Perché non so se ci rendiamo conto: dopo dodici-anni-dodici in cui Taylor forgot that we existed, ci becchiamo addirittura il film-concerto al cinema. Di tutti gli eventi accaduti e che accadranno negli anni ’20 di questo secolo, questo è senza dubbio il più improbabile, e pertanto decisamente epocale: per forza di cose lo racconteremo ai nostri figli (non io), ai nostri nipoti (non io), ai nostri gatti (io).
It turned into something bigger
Ora, considerato il prezzo del biglietto pari al PIL del Principato di Andorra, credevo — e un po’ speravo — che in sala fossimo solo quelli che vedevo prenotati nell’app, cioè tre compresa me. Alla fine eravamo una ventina, cifra piuttosto standard per una proiezione pomeridiana, e per la prima volta in vita mia sono stata contenta di questo “affollamento”. Perché un po’ come con le fiere dei fumetti, dove per qualche giorno l’anno sento di essere davvero tra la mia gente, per una sera ho potuto sperimentare dal vivo quel senso di comunità nata intorno alla bionda gattara che per quattordici anni ho vissuto soltanto online. E sì, sì, ero al Mediolanum Forum e tutto, ma all’epoca il culto devozionale della divinità swiftiana era appena agli albori e la cosa si esauriva un po’ nell’ognuno per sé. Ricordo che nel bagno dell’autogrill sulla strada del ritorno c’era una ragazza con un 13 disegnato sulla mano, e io, con un 13 a mia volta, mi sono limitata a registrare l’informazione senza dirle nulla, poi pentendomene. In effetti non ho detto nulla manco ad Andrea Swift che a un certo punto mi sono trovata di fianco nel parterre, e quello è tutto un altro tipo di pentimento.
Adesso, invece, il taylorismo è un’altra cosa, enorme e superlativa: è Charizard livello 100, è l’eruzione del Krakatoa del 1883, sono i tre ettari cubici di denaro nel deposito di Zio Paperone, è il caffè della signora Pina a 3.000 gradi Fahrenheit.
So make the friendship bracelets, take the moment and taste it
Alcune ragazze nella mia stessa fila erano venute preparate, con una congerie di friendship bracelets da soddisfare il fabbisogno della Repubblica di San Marino, castelli compresi, e il loro invito a scambiarli, in una sala fino a quel momento tipicamente normale, ha acceso una miccia di interazioni tra perfette sconosciute che però, in quel momento, parevano amiche da sempre. È stato proprio come alle fiere del fumetto, in cui quando ci si incontra tra cosplayer, ma anche tra cosplayer e persone in borghese, si saltano i convenevoli e le frasi di circostanza e si arriva subito a parlare del sugo della storia di manzoniana memoria, che per me è ciò che nutre le persone in senso spirituale: i loro film, i loro libri, le loro serie, i loro personaggi preferiti, la loro musica. E perciò via, quando avete iniziato a seguirla io da Midnights ma mi sono proprio innamorata io sono affezionata a Speak Now perché è il primo suo album che ho atteso qual è il vostro album preferito qual è la vostra canzone preferita ma è vero che hanno tagliato Long Live e The Archer ma ci sarete a San Siro io l’anno prossimo ho la maturità spero non mi capiti proprio il giorno dopo voi avete avuto problemi a prendere i biglietti mio fratello ascolta il mentecatto™️ Kanye mio fratello invece è metallaro ma davanti a Fearless si toglie proprio il cappello…
Poi vabbè, che, non lo dici che stavi ad Assago nel 2011 e non le racconti le circostanze che hanno fatto sì che riuscissi a darle il cinque? Lì mi sono sentita come nonno Simpson sotto l’albero dei limoni che illustra alla gioventù i gloriosi tempi andati, e per uno strepitoso momento sono stata la persona più importante di tutta la fila M.
Ora, poiché il film mi ha presa alla sprovvista (ma per il concerto sarò prontissima) non avevo preparato alcun braccialetto, e anche se mi sono sentita in colpa a non aver nulla da scambiare me ne hanno comunque regalati due e il mio cuoricino è aumentato di tredici taglie. Cioè, non è meraviglioso? In altre circostanze ‘sta cosa mi avrebbe comportato soltanto una banale diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica.
Are you ready for it?
Ridendo e sclerando, a un certo punto si sono spente le luci. Una rapidissima richiesta di ammenda per tutti i tuoi peccati perché sai che il rischio di restarci è altissimo, e via che si parte.
Ora, io di questo tour avevo visto soltanto poche clip, per un motivo: perché me veniva da rosicà, dato che ancora non erano uscite le date italiane e temevo che non sarebbero uscite mai. Quindi si può dire che tutto quello che ho visto, l’ho visto lì per la prima volta. In ultra HD. Su un megaschermo. In Dolby surround.
I don't wanna look at anything else now that I saw you
E adesso posso proprio dire che questo tour è una cosa mostruosa, nel senso etimologico originale: un prodigio, un portento, qualcosa che trascende i confini dell’umano. Perché diciamolo, Taylor che per tre ore ininterrotte se la canta, se la suona e se la balla, in uno spettacolo che ripercorre diciassette anni di carriera e dieci album, attiene più all’empireo che al terreno dove siamo collocati io e voi. In effetti, la domanda su come sia possibile che apparteniamo alla stessa specie Homo sapiens un po’ te la poni.
The crowds in the stands went wild
Ma voi cantate? Perché noi volevamo cantare, hanno chiesto le ragazze della mia fila, come a volersi giustificare preventivamente di quello che stava per accadere. La risposta è stata un sì più che mai lapalissiano.
Senza che uno potesse aspettarsi nulla di meno, alle prime note di Cruel Summer la sala si è trasformata in uno stadio - una sorta di piccola prova generale per l’anno prossimo, solo che quella volta sarà finalmente dal vivo (sto scrivendo queste righe su una barella di pronto soccorso perché una sincope mi ha fatto cascare giù come una dama vittoriana, quindi più che altro mi auguro da viva).
Got a feelin' your electric touch could fill this ghost town up with life
Abbiamo cantato, abbiamo tenuto il tempo, abbiamo interagito e scherzato tra di noi, e quando l’intera sala ha battuto le mani in sincronia dopo ���When you know you're about to cry” di You Belong With Me, e ha fatto il cuore in Fearless, e quando ha mostrato allo schermo i friendship bracelets durante il bridge di You’re On Your Own, Kid, ecco, è stato davvero tanto bello.
E mi rendo conto della fortuna di aver trovato una sala viva e partecipe ma tutto sommato ammodo, perché ho visto testimonianze sui social di gente che ha dovuto passare tre ore in compagnia di scimmie urlatrici in gita sociale al mercato del pesce di San Benedetto del Tronto. In quel caso, forse avreste letto di me non sul blog ma sulle pagine della cronaca nera.
I had a marvelous time
E poi niente, a un certo punto si sono riaccese le luci, anche se io sarei volentieri rimasta lì a oltranza — mi fosse venuto in mente avrei invocato “Diritto di asilo!” come Quasimodo sulla balconata di Notre Dame. Già tornare al mondo reale dopo essere stata al cinema per me è traumatico in genere, figuriamoci tornare al mondo reale dopo tre ore di Taylor Swift formato maxi.
Ma vabbè, ora non mi resta che tenere duro durante i nove mesi che mancano alle due tappe italiane dell’Eras Tour, con Taylor che ritorna in Italia per la prima volta dopo, vedi tu il caso, tredici anni. E se per un film stavamo messi così, possa Iddio avere pietà dell'anima di chi dovrà, mmmh, tollerarci...
**** Le mie recensioni agli album:
Red dead revolution
‘Cause she’s still preoccupied with 19… 19… 1989
(Frankly, me dear, I do and I don’t give a damn about my bad) reputation
(If you wanna be my) lover
That’s all folk(lore)
Quoth the raven, “evermore”
Once upon a midnight dreary, while I pondered, weak and weary
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A honest Quiche analysis (in Italian)
Today is Quiche's birthday, sooo it's the right time for me to write down my thoughts about him. He's not exactly my favourite character (euphemism), but I've never written anything about him so far. I've written a lot about Masaya and Ichisaya, in every sauce, but never about Quiche. Going against my habits, I'll post this analysis in Italian (I know, I'm lazy), but you can use google translate. First and last time I write about him, because, as you will read later, there isn't really anything else I could say about his character.
Vorrei soffermarmi ora su Quiche, e vorrei trattarlo in maniera approfondita, perché ho sempre un grosso punto interrogativo sulla testa quando si arriva a questo personaggio. Per essere chiara, non riesco a capire perché sia un personaggio che gode di così ampio consenso in una certa parte del fandom. Chiaramente non può essere per la sua costruzione, perché Quiche soffre di tanti problemi quando si arriva a questo punto. Certamente il suo più grosso problema è l’essere stato praticamente copia-incollato dal manga. Tutti i personaggi del manga avevano dei difetti di caratterizzazione più o meno grandi, ma nella trasposizione gli autori si sono curati di correggerli e ampliare i personaggi. Gli unici che potevano essere lasciati così com’erano erano quelli che anche nell’originale si reggevano bene, come Tart e Keiichirou. Quiche invece com’era nel manga l’hanno preso e l’hanno trasferito nell’anime, aggiungendo solo qualcosina che però non corregge nulla degli enormi problemi che aveva nel materiale di base, e anzi in certi casi lo peggiora.
Iniziamo dal principio: Quiche è un personaggio che ha la caratteristica di ruotare quasi interamente attorno a un altro personaggio, cioè Ichigo, e non lo dico esagerando. Dal momento in cui la vede si ossessiona all’istante e non fa altro che pensare a lei, sia durante le battaglie, sia sull’astronave, sia quando fa qualunque cosa, lascia le battaglie anzitempo quando lei non c’è perché senza di lei non si diverte, addirittura passa dall’ossessione per Ichigo all’ossessione per il Cavaliere Blu per gelosia (non lo dice chiaramente ma il motivo è facilmente intuibile). Okay, è un personaggio satellite di un altro e ci può stare, il problema è che non viene mai spiegato né mostrato in alcun modo il perché. Soprattutto perché per tutta la durata della storia non ci interagisce praticamente mai e quindi non arriverà mai minimamente a conoscerla, come è quindi possibile una cosa del genere? Semplicemente Quiche trova Ichigo divertente, ma è questa una giustificazione e costruzione accettabile e profonda? Un ragazzino infantile che trova un giocattolo con cui divertirsi? E perché solo lei e non le altre Mew Mew? Nulla ci viene mostrato e nulla ci viene spiegato. Ma ci rendiamo conto di che gigantesco difetto di caratterizzazione sia? Un personaggio che ruota attorno a un altro senza un perché?
E questo non è tutto: Quiche ha dei problemi psicologici evidenti che gli altri due alieni non hanno, il che significa che questi tratti caratteriali sono peculiari suoi, e non sono la norma per la sua specie. Viene forse spiegato o mostrato qualcosa sul suo passato che possa averlo fatto diventare così folle? Una backstory che lo approfondisca un po’, qualcosa? Assolutamente no. Quindi abbiamo un personaggio che non ha un fondamento e non ha una motivazione per il suo modo di comportarsi, e già si parte molto male. Vabbè, ma magari anche se parte senza basi, potrà comunque avere uno sviluppo adeguato, no? No. Quiche è un personaggio statico (o meglio, che “cresce” a scatti solo nell’ultimo quarto di storia) che considera Ichigo semplicemente il suo giocattolo, senza uno straccio di evoluzione o cambiamento per i tre quarti della serie, e poi, dal nulla, in uno degli ultimi episodi, si mette a piangere perché Ichigo non lo ama, in perfetto stile incel. Così. Senza una costruzione, una crescita, qualcosa che giustifichi questo cambiamento. È un cambiamento appunto a scatto, totalmente casuale e non supportato da alcunché. Certo, ci può sempre essere la possibilità che in quella scena stesse fingendo e stesse solo cercando di manipolarla, visto che in questo sembra essere bravo (lo fa con Minto e anche con Masaya), ma a me non sembravano affatto lacrime finte, il che, paradossalmente, è molto peggio. Se fosse stata una finta sarebbe stato quantomeno coerente con la caratterizzazione avuta fino ad ora. Veramente, a meno che questo alieno abbia problemi di personalità multiple, la cosa non ha alcun senso. Aggiungiamo anche il fatto che questo povero cristo cerchi di indagare sul Cavaliere Blu per un quarto della serie, e poi non è che “arrivi” a capirne l’identità tramite ragionamento, raccogliendo indizi e prove, ma ha letteralmente, semplicemente una visione, anche questa non giustificata e che di fatto annulla tutti gli sforzi che aveva fatto prima per arrivare a capire chi fosse, in quanto non c’è nessun collegamento con ciò che ha osservato prima su di lui e quello che ha “capito” poi. Quindi niente, accantoniamo anche le sue capacità di indagini e deduttive.
Oltretutto la sua improvvisa ribellione a Profondo Blu alla fine della serie è ugualmente senza senso e tirata fuori dal nulla, perché: PB è un dio, dal punto di vista degli alieni, positivo e che li voleva davvero aiutare; inoltre Quiche, per tutta la serie, è fedele a PB tanto quanto Pie, senza mai uno sprazzo di dubbio, quindi, per la seconda volta, che cambi all’improvviso idea solo per difendere una terrestre che neanche conosce e con cui non ha quasi mai interagito, senza un’indagine psicologica, un’evoluzione, niente, che lo giustifichi, quando fino a poche ore prima la avrebbe ammazzata perché non voleva stare con lui, dimostra ancora una volta la sua scrittura povera. L’unica giustificazione che potrebbe avere è il classico pensiero malato “se la ammazzo io va bene, ma se lo fa qualcun altro no”, che non sarebbe neanche lontano dalla realtà, visto che aveva provato a strangolarla poche ore prima, e se non era riuscito ad ucciderla era solo perché Masaya era intervenuto, non certo per un suo ripensamento all’ultimo. Ha infine un ultimo scatto di crescita “a caso” nell’ultima puntata quando, tornato in vita, dopo una serie intera passata a imporsi su Ichigo, dichiara che tutto quello che desidera è la sua felicità. Anche questo cambiamento, che dovrebbe rappresentare la maturazione del personaggio, viene fatto senza nessun approfondimento, spiegazione o giustificazione. Perché così all’improvviso? Forse perché si è reso conto che è stato proprio l’amore di Ichigo e Masaya a guarire il suo pianeta? Potrebbe essere, ma non viene accennato nemmeno uno straccio di spiegazione. Ironicamente, potrei pensare che questo improvviso cambio di idea l’abbia avuto perché l’esperienza di morire e poi resuscitare gli ha fatto bene alla testa, in fondo non è una cosa che ti capita tutti i giorni. Lo so che probabilmente la spiegazione non è questa ma, per quello che la serie ci ha mostrato, avrei tutto il diritto di pensarlo (d’altra parte, quando hanno fatto lo sforzo minimo di dargli uno straccio di motivazione con una battuta aggiunta lo hanno affossato ancora di più, considerando che tale battuta è “è la prima volta che una ragazza mi abbraccia”. Se non avessero aggiunto niente del tutto al suo personaggio rispetto al manga ne sarebbe uscito meglio e con più dignità).
Ora, fatta questa analisi, mi si può spiegare come mai questo personaggio piace così tanto? Veramente basta che un cattivo abbia un buon design e faccia delle facce da psicopatico per avere un consenso così grande? Cavoli, ma allora non mi stupisco affatto che lo staff di New non si sia minimamente preoccupato di caratterizzarlo e ampliarlo rispetto al manga, e quando ci ha provato lo ha di fatto peggiorato. Se alle sue fan basta così poco per apprezzarlo, perché sforzarsi di dargli una base, una backstory e delle motivazioni? Io me li vedo durante la scrittura del terzo episodio, in cui si era accennato a uno sprazzo di profondità del personaggio che poteva essere ben sviluppato, ma che non è stato toccato mai più. “Ragazzi, ho appena inserito questa frase aggiunta a Quiche che si incuriosisce che Ichigo salva le sue compagne, quando credeva che i terrestri fossero egoisti. Ora nelle prossime puntate dobbiamo sviluppare questo tema.” “Ma no, non serve. Basta che compaia in scena e le sue fan fanno la ola, non stiamo a sprecarci tempo.” Mi pare accurato.
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L’esperienza del linguaggio è un’esperienza politica
In che modo sarebbe possibile cambiare veramente la società e la cultura in cui viviamo? Le riforme e persino le rivoluzioni, pur trasformando le istituzioni e le leggi, i rapporti di produzione e gli oggetti, non mettono in questione quegli strati più profondi che danno forma alla nostra visione del mondo e che occorrerebbe raggiungere perché il mutamento fosse davvero radicale. Eppure noi abbiamo quotidianamente esperienza di qualcosa che esiste in modo diverso da tutte le cose e le istituzioni che ci circondano e che tutte le condiziona e determina: il linguaggio. Abbiamo innanzitutto a che fare con cose nominate, eppure continuiamo a parlare a vanvera e come capita, senza mai interrogarci su che cosa stiamo facendo quando parliamo. In questo modo è proprio la nostra originaria esperienza del linguaggio che ci rimane ostinatamente nascosta e, senza che ce ne rendiamo conto, è questa zona opaca dentro e fuori di noi che determina il nostro modo di pensare e di agire.
La filosofia e i saperi dell’Occidente, confrontati con questo problema, hanno creduto di risolverlo supponendo che ciò che facciamo quando parliamo è mettere in atto una lingua, che il modo in cui il linguaggio esiste è, cioè, una grammatica, un lessico e un insieme di regole per comporre i nomi e le parole in un discorso. Va da sé che ciascuno sa che, se dovessimo ogni volta scegliere consapevolmente le parole da un vocabolario e metterle altrettanto coscienziosamente insieme in una frase, noi non potremmo in alcun modo parlare. Eppure, nel corso di un processo secolare di elaborazione e di insegnamento, la lingua-grammatica è penetrata dentro di noi ed è diventata il potente dispositivo attraverso il quale l’Occidente ha imposto il suo sapere e la sua scienza su tutto il pianeta. Un grande linguista ha scritto una volta che ogni secolo ha la grammatica della sua filosofia: sarebbe altrettanto e forse più vero il contrario, e cioè che ogni secolo ha la filosofia della sua grammatica, che il modo in cui abbiamo articolato la nostra esperienza del linguaggio in una lingua e in una grammatica determina fatalmente anche la compagine del nostro pensiero. Non è un caso che l’insegnamento della grammatica si faccia nella scuola elementare: la prima cosa che un bambino deve apprendere è che quello che fa quando parla ha una certa struttura e che a quell’ordine deve conformare la sua ragione.
È dunque solo nella misura in cui riusciremo a mettere in questione questo assunto fondamentale, che una vera trasformazione della nostra cultura diventerà possibile. Dobbiamo provare a ripensare da capo che cosa facciamo quando parliamo, calarci in quella zona opaca e interrogarci non sulla grammatica e il lessico, ma sull’uso che facciamo del nostro corpo e della nostra voce mentre le parole sembrano uscire quasi da sole dalle nostre labbra. Vedremmo allora che in quest’esperienza ne va dell’apertura di un mondo e delle nostre relazioni con i nostri simili e che, pertanto, l’esperienza del linguaggio è, in questo senso, la più radicale esperienza politica.
16 febbraio 2024
Giorgio Agamben
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Oggi ho trovato una scatola piena di lettere. Molte risalgono a ormai una decina di anni fa, ricevute da miei amici di penna conosciuti qui su. Da un lato mamma mia, ma da quanto è che sto su Tumblr? Cioè ero minorenne ancora, io non posso crederci. Dall'altro che tenerezza, cioè gli amici di penna, ci rendiamo conto
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cioè ma ci rendiamo conto che ho fatto l'account su rai play per questi due deficienti ma vi muovete a mettervi assieme
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Letture & Riletture
Owing to the flood of shallow books which really are exhausted in one reading, the modern mind tends to think every book is the same, finished in one reading. But it is not so. And gradually the modern mind will realise it again. The real joy of a book lies in reading it over and over again, and always finding it different, coming upon another meaning, another level of meaning. It is, as usual, a question of values: we are so overwhelmed with quantities of books, that we hardly realise any more that a book can be valuable, valuable like a jewel, or a lovely picture, into which you can look deeper and deeper and get a more profound experience every time. It is far, far better to read one book six times, at intervals, than to read six several books. Because if a certain book can call you to read it six times, it will be a deeper and deeper experience each time, and will enrich the whole soul, emotional and mental. Whereas six books read once only are merely an accumulation of superficial interest, the burdensome accumulation of modern days, quantity without real value. Cioè, all'incirca: A causa della valanga di libri dozzinali che si esauriscono veramente con una sola lettura, la mente moderna tende a pensare che per ogni libro sia la stessa cosa, finito dopo una sola lettura. Ma non è così. E gradualmente la mente moderna se ne renderà conto di nuovo. Il vero piacere un libro lo dà leggendolo più e più volte e trovandolo sempre diverso, incontrando un altro significato, un altro livello di significato. È, come al solito, una questione di valori: siamo così sopraffatti dalla quantità di libri che difficilmente ormai ci rendiamo conto che un libro può essere prezioso, prezioso come un gioiello o un bel quadro, in cui si può guardare più e più a fondo e provare un'esperienza ogni volta più intensa. È molto, molto meglio leggere un libro sei volte, a intervalli, piuttosto che leggere sei libri diversi perché se un certo libro ci può invitare a leggerlo sei volte, ogni volta sarà un'esperienza sempre più profonda e arricchirà tutto i nostri spiriti, emotivi e mentali, mentre sei libri letti una sola volta sono invece soltanto un accumularsi di un interesse superficiale, l'accumulo gravoso dei tempi moderni: quantità senza valore reale.
D. H. Lawrence, Apocalypse [1931], London-New York, Penguin, 1995
Via LaudatorTemporisActi.
L'immagine: C. Collodi, Pinocchio [1871], Firenze, Salani, 1959. Illustrazioni di Carlo Vitoli Russo.
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Comunque finalmente uno che ha detto una cosa seria cioè che tutto sto casino e tutti sti ascolti sono per una storia omosessuale (sì lo so lo so benissimo sono incazzata anche io per come a quanto pare considerano la bisessualità però raga ci rendiamo conto. Un Paese intero che si confronta e aspetta le puntate solo per vedere chi si piglia Simone. Un triangolo tra tre ragazzi. Ma è una cosa enorme)
#cioè va bene ok c'è da lavorarci#però partiamo da questo#stiamo su rai1#geratria1 non so se mi spiego#tutto un Paese che dice 'ma che me ne frega a me di g4ssmann voglio vedere i gay'#lo sapete che significa?#che la gente deve andare a votare perché con il 60% grazie a sta ceppa che vince la destra#basta la smetto#però per dire che la gente è abituata a vivere questa atmosfera per le serie americane o di netflix#quindi non si rende conto di cosa effettivamente significhi#io che mi guardo solo le fiction rai invece lo so#finalmente avere una coppia che va bene avrà le peripezie non sarà mai completamente felice ma insomma#quale coppia rai lo è suvvia#che è protagonista e non le solite comparsate tipo i morti nelle crime#è veramente meraviglioso#un professtag
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Cosa pensi della guerra tra Israele e Hamas?
Mi interessa la tua opinione, perché sai analizzare le cose con occhio critico
ma allora, di per sé la guerra non è mai una cosa bella, men che meno ora. Da quando è ripartito il tutto ho pensato che sono cose che si fanno credo per togliersi lo sfizio di qualcosa. Ci si aggrappa al fattore storico per portare avanti morte e distruzione senza però ragionare sul fatto che siamo nel 2023 (2024 tra non molto) e le cose potrebbero essere fatte in maniera un pochino più seria e umana non che appena ci girano facciamo scoppiare una guerra (stessa cosa per Russia e ucraina eh)
Il punto è che nonostante il valore politico di questa guerra (di cui so ciò che molti sanno, e cioè forse poco o forse niente) c'è il valore umano che le persone, esterne fisicamente e mentalmente a questo conflitto, hanno. Vedo un sacco di gente postare su instagram cose sui bambini palestinesi che muoiono, Israele mostro di qua e di là, gente che si fa promotrice di pace quando in realtà sostiene solo la pace che è giusta per il loro modo di vedere le cose. Non puoi volere la pace quando denunci le morti palestinesi ma se riguardano l'altro popolo le giustifichi, e viceversa eh. Se ti reputi un pacifista che vuole la pace, devi volerla per tutte quelle PERSONE, indipendentemente dalla provenienza, che muoio ogni cazzo di giorno inutilmente. È troppo facile sostenere chi è uguale a me o solo chi rispecchia il mio pensiero.
Purtroppo man mano che andiamo avanti torniamo sempre più indietro. E noi giovani tendiamo a dire che la colpa è dei vecchi, di persone mentalmente vecchie come i nostri genitori e nonni, quando in realtà non ci rendiamo conto quanto sia facile influenzarci. E qui mi fermo perché avrei tantissime altre cose da dire ma a scriverle verrebbero interpretate in malo modo
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Non ho ucciso l'uomo ragno: la biografia di Mauro Repetto
Sull'onda del telefilm Hanno ucciso l'uomo ragno, la vera storia degli 883, ho deciso di leggere il libro autobiografico di Mauro Repetto intitolato Non ho ucciso l'uomo ragno, perchè la sua figura, che quando ero piccola non mi era mai interessata e non avevo capito, dopo la visione della serie tv aveva iniziato ad interessarmi.
Link al libro: https://amzn.to/3ZG7XiX
Il libro si legge in poche ore sono solo 150 pagine che volano via tra l'altro senza molti particolari che avrei invece voluto sapere. Però se non altro ho avuto conferma di alcuni fatti raccontati nel telefilm: il ruolo di Cecchetto, la villa a Riccione, i caratteri di Mauro e Max, come nascevano le loro canzoni, i dubbi di Mauro sul suo ruolo nel gruppo, perchè non cantava e ballava invece...
E ho anche scoperto cose nuove. Prima di Cecchetto Mauro e Max avevano firmato con la Warner ma non li avevano capiti, avevano già scritto molte delle loro hit più famose, quasi tutte a dire il vero, ma gliele avevano respinte, e all'epoca a cantare era Mauro non Max, che era più ritroso. Ma non volevano le loro canzoni neppure da far cantare ad altri! Ci rendiamo conto che la Warner non capì il potenziale di Come mai? Cioè roba da matti.
Avrei voluto avere più dettagli sulla vita di Mauro in America dopo che fuggì dall'Italia e dagli 883, ad un certo punto quasi non credi a tutte le star che ha incontrato e con cui ha pure collaborato in un certo senso, mi limito a dire che condivideva il personal trainer di Brad Pitt, ma poi penso che la mia amica ha venduto un jeans a Justin Timberlake nel suo negozio qui a Mantova e mi rendo conto che queste cose capitano davvero più spesso di quanto si pensi, e che il mondo è veramente piccolo. Quindi è quasi normale scoprire che il film Jolly blu avrebbe potuto avere tra i suoi protagonisti diversi attori di Hollywood allora emergenti come Angelina Jolie...e non fu così pre colpa della fuga di Mauro Repetto.
Ma come dice lo stesso Mauro non serve pensare a cosa sarebbe stato se...non è nella sua natura. Quello che emerge in questo libro è che lui è prima di tutto uno spirito libero, un'anima inquiteta che se avesse trovato una forma di successo anche in America, forse l'avrebbe rifuggita anche lì. Una persona forse fin troppo sensibile o troppo piena di sogni che lotta per ottenere dalla vita ciò che vuole senza paura per poi finire con il lasciarsi trascinare dagli eventi gettando le armi e seguendo il caso o input esterni. Così ha conosciuto sua moglie, così ha finito con il lavorare a Disneyland Paris, ma alla fine ciò che conta è che è felice e soddisfatto e fiero di non aver avuto paura e di avere spinto e spinto in modo che gli 883 nascessero e Max avesse la fama che meritava.
I miei brani preferiti degli 883 in ordine di preferenza:
1.Una canzone d'amore
2.La dura Legge del gol
3.Come mai
4.Gli anni
5.Nessun rimpianto
6.Io ci sarò
7.Hanno ucciso l'uomo ragno
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