#ci sono margini di miglioramento
Explore tagged Tumblr posts
Text
VALORI ASSOLUTI
- saper stare bene da soli
- riconoscere i propri limiti
- ammettere gli errori
- non giudicare senza elementi
- non giustificare le scelte
- provare sempre a migliorarsi
- non sprecare tempo a spiegare
l’acqua al deserto
94 notes
·
View notes
Note
Termometro politico bolognese: la ciclabile rossa di via Saragozza e l'istituzione della zona 30 in città. A voi la linea Bologna
Ah, proprio due temi vissuti dai bolognesi in maniera serenissima e pacata. Proviamoci:
ciclabile via Saragozza
breve riassunto: qualche anno fa il comune dipinge un po' di linee bianche per terra su via Saragozza e dice di aver fatto una pista ciclabile. In realtà quello che ha realizzato è un emozionante percorso di cicloavventura in cui si fa lo slalom fra macchine in doppia fila, portiere aperte a cazzo, sorpassi azzardati. L'unica differenza tangibile pre-ciclabile è che chi è in bici è pervaso da un falso senso di sicurezza pensando di essere in una ciclabile ed è meno in ansia quando arriva l'inevitabile sportellata sulle gengive.
Uno dei problemi grossi è la visibilità delle strisce così qualche giorno fa sono partiti i lavori per pittarla tutta di rosso (cosa non stupida e che già era stata fatta in corrispondenza del semaforo del Meloncello), senonché per motivi non chiarissimi la ciclabile ha immediatamente iniziato a spelarsi con un gradevole effetto ustione-di-secondo-grado. Una notevole figura da piccioni ma non vorrei che quella che è una vicenda tutto sommato di mera cronaca su cui la giunta ha responsabilità dirette relative oscuri il fatto che negli ultimi anni c'è stato un florilegio di linee bianche tracciate in carreggiata e definite (e conteggiate) con molto coraggio come piste ciclabili bolognesi. Qui ci vedo qualche responsabilità politica in più.
2. Bologna città 30
Qui lo spiegòn ufficiàl: https://www.bolognacitta30.it/ (con mappina)
La premessa è che su queste cose io non sono oggettivo per motivi vari ma una volta tanto eviterò l'excursus sui cazzi miei. Diciamo che:
eccetera.
C'è un po' di rissa sulle statistiche negli anni passati dei morti per incidenti stradali nelle aree del comune di Bologna che passeranno a 30 km/h ma onestamente non l'ho capita molto. Se questo tipo di approccio può salvare una persona ogni cinque anni o cinque persone all'anno cambia davvero qualcosa?
Comunque ciò non toglie che da saltuario automobilista e soprattutto da ciclomotorista, essere certi di non sforare i 30 costringe a continui controlli del tachimetro che in una città dove lo sport preferito è attraversare sbucando dai portici a cazzo non è una bella cosa.
Poi: nell'ultimo ventennio girando per Bologna non mi è letteralmente mai capitato di assistere a controlli di nessun tipo della polizia locale. Ci sono strade dove quando il traffico lo permette la gente gira serenamente ai 70 e c'è un quantitativo fuori scala di persone che guidano usando il cellulare in varie forme (e se parli con loro sono sinceramente convinti che in quel momento siano in grado di guidare normalmente - spoiler alert: no). Ci sono sempre stati ampi margini di miglioramento sul fronte sicurezza stradale regolarmente ignorati. Se (quando) compariranno i controlli per i limite dei 30 km/h sarà molto difficile non viverli come presa per il cvlo.
In sostanza questo provvedimento potrà avere come effetto di salvare la buccia di qualcuno (che è l'unico motivo per cui non mi viene da osteggiarlo) ma non mi sembra sia lo scopo per cui è stato fatto e strombazzato.
Qui stadio a voi studio.
20 notes
·
View notes
Text
Ci son cose che impari crescendo
e una di queste è quella di allontanare le persone che non aggiungono nulla alla tua vita, anzi tolgono.
Una volta aspettavo, pazientavo, facevo leva sul lato buono, perché tutti in fondo son buoni.
Oggi mi fai star bene o sei fuori dalla mia vita o comunque rimani ai margini e vale per ogni tipo di relazione, dall'amicizia all'amore, alla passione, a tutto.
Alcuni direbbero che sono diventata più stronza, altri menefreghista,
altri ancora intollerante, poco paziente,
egoista o quel che volete.
Io dico solo che ho imparato ad amare di più me stessa.
La vita è troppo breve per aspettare che le cose cambino, anche perché il più delle volte le cose non cambiano, anzi nell'attesa di un possibile miglioramento, peggiorano e continuano a ferirti!
10 notes
·
View notes
Text
Climate delay
Nel secondo giorno di COP 29, in svolgimento in Azerbaigian, è intervenuto il Presidente del Consiglio italiano, presenza che altri esponenti politici internazionali hanno evitato.
Il Presidente ha ribadito le priorità strategiche italiane sul clima: abbandono formale delle fonti fossili tramite investimenti in altra fonte fossile (gas) e false promesse dettate da ottimismo tecnologico sul nucleare. Insomma un intervento lontano dall’urgenza reale e intriso di climate delay, ossia quel meccanismo di ritardo – di cui i proclami politici sono intrisi – che ostacola un contrasto efficace e rapido alla crisi climatica. Questo ritardo spesso si nutre di ottimismo tecnologico, di promesse future, dell’affidarsi a soluzioni lontane o più simili a chiacchiere al vento.
La fusione nucleare, per quanto promettente, è un esempio di tecnologie che restano ancora a lungo termine. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è investire in ricerca e sviluppo ma, soprattutto, implementare le tecnologie già disponibili, che possono darci subito margini di miglioramento in strategia energetica ed efficienza – queste tecnologie ci sono e costano sempre meno. La transizione ecologica deve basarsi su azioni concrete e attuabili ora.
#ambiente#climate change#crisi climatica#cop29#fossile#sostenibilità#gas#climate delay#transizione energetica#transizione
0 notes
Link
0 notes
Text
Borghi: "Alcaraz ha qualità uniche per la Juve, ci sono margini di miglioramento"
Il telecronista Stefano Borghi a Cronache di Spogliatoio ha parlato del neo acquisto di gennaio Carlos Alcaraz: “Mi sono divertito a guardarlo, sia quando è sceso in campo contro il Verona sia con il Frosinone. Ha portato intensità, personalità ed elettricità. Ha una visione e una capacità tecnica uniche, anche se a volte commetteva qualche errore e perdeva il possesso. È un giocatore che manca…
View On WordPress
0 notes
Text
Cagliari: Estia è la nuova testimonial della Campagna di adozioni del Canile Comunale
Cagliari: Estia è la nuova testimonial della Campagna di adozioni del Canile Comunale. Si chiama Estia, ha circa sei mesi ed è di taglia media. È entrata nel Canile comunale a fine gennaio 2023 e ora aspetta qualcuno che possa prendersi cura di lei aderendo alla Campagna di adozioni degli ospiti a quattro zampe del Canile comunale di via Po 59. Promossa dal Servizio Gestione Faunistica del Comune di Cagliari, l'iniziativa vuole sensibilizzare i cittadini alle adozioni. La nuova ospite che cerca casa è, appunto, Estia che era stata ritrovata in città, priva di microchip, insieme ai due fratelli. I tre cuccioli, schivi e diffidenti, sono attualmente ospiti della struttura municipale. Estia, pur propensa alla socializzazione, è un cane riservato. Ma in un contesto familiare ci sono ottimi margini di miglioramento di questo suo aspetto caratteriale. Ottimale, per lei, sarebbe un'adozione in una famiglia di persone adulte, residenti in una casa con giardino, eventualmente in compagnia di un altro cane che la possa aiutare a fare esperienza fornendole un modello affidabile ed equilibrato al quale fare riferimento. Non è adatta a famiglie con bambini o contesti di vita tropo frenetici perché non le consentirebbero di fare le nuove esperienze con la giusta gradualità. La cucciola viene ceduta in adozione con le vaccinazioni in regola e con il microchip. Il proprietario avrà l'obbligo di sterilizzazione del cane che verrà effettuata gratuitamente presso il Canile non appena avrà raggiunto l'età giusta per affrontare l'intervento. Gli orari di ricevimento per le adozioni sono dal Lunedì al Sabato dalle 10 alle 12, previo appuntamento, contattando il Canile municipale via mail all'indirizzo: [email protected] o telefonicamente ai numeri: 070 677 8115 - 070 677 6469.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Photo
New Post has been published on https://www.tempi-dispari.it/2023/02/06/hyndaco-tra-psichedelia-e-brith-pop/
Hyndaco, tra psichedelia e brith pop
A metà strada tra i primi Pink Floyd e il post rock. Qui si pongono gli Hyndaco con il loro album di esordio Starship Dubbies. Un sound che pesca a piene mani dai primi due dischi di Gilmour e soci portando il risultato in un contesto contemporaneo. Ossia attraversando il tempo, introitando ciò che di positivo ha rilasciato la psichedelia nel corso degli anni. Fino a sfociare nello space rock e nel post rock. Questo come coordinate stilistiche indicati.
E si, perché nelle tracce si possono trovare anche riferimenti più contemporanei come Oasis, il brith pop, echi funkyeggianti che richiamano la dance di fine anni ’70. La title track ne è un chiaro esempio. Il tutto a servizio della melodia. Davvero notevole la produzione. Ha saputo ottimamente porre i giusti accenti sui punti salienti del sound dei nostri lasciando il giusto margine di profondità. Operazione riuscita senza impastare i suoni. Un primo passo molto buono per i nostri. Ma essendo un primo passo porta con sé margini di miglioramento. Guai se non così non fosse. Vorrebbe dire per la band rischiare o di peggiorare o di riproporre per i prossimi 3 dischi la medesima formula. Ciò che c’è di migliorabile è la derivatività dei brani.
Un po’ come accadde con il primo disco dei Black Crowes. Un ottimo lavoro con il solo difetto di avere al proprio interno linee di riferimento troppo nette. Ciò nulla tolse alla band cher con il disco successivo, fece un grande passo avanti verso il proprio stile. Per gli Hyndaco credo sia la stessa cosa. Ci sono spunti, ottimi presagi, ma si dovrà aspettare il prossimo lavoro per poter dire qualcosa. Il songwriting risulta efficace e è di questo che si ta parlando. Si parla di personalità. Tra le 5 tracce quella più interessante risulta Lubber. Centrata sul basso, la canzone evolve molto bene su binari non scontati. L’utilizzo degli armonici per il tema portante è davvero azzeccato. Come azzeccata è l’apertura con la voce femminile che più che cantare, vocalizza. Il brano poi cresce ancora di intensità per sfociare in un finale elettrico coinvolgente.
Per tutto il cd una menzione va alla sezione ritmica, mai doma e sempre prolifera di soluzioni personali
In conclusione:
un disco decisamente interessante questo degli Hyndaco. Prima di poterlo apprezzare del tutto vanno fatti ripetuti ascolti. Non è un disco ‘statico’, non lo si può comprendere al primo ascolto. Non è un lavoro per chi cerca novità, attualmente. È però un full lenght per chi è alla ricerca di gruppi che le novità le potranno proporre nell’evolvere della carriera.
0 notes
Text
Nell'apocalisse delle immagini di guerra, nell'uragano di dolori e torti che ci massacrano l'anima già devastata da due anni di epidemia, questa di cui parlo qui è cosa talmente piccola che quasi mi vergogno a scriverne. Lo faccio quindi con gli occhi del miope, dell'autocentrato: insomma, perché è stato un pezzo importante della mia vita. E, professionalmente parlando, il più importante, fino a meno di due anni fa.***Nel cortile di via Colombo, sede della Repubblica e dell'Espresso, ci sono delle macchinette del caffè. È lì che ci si incontrava tra colleghi e si chiacchierava delle cose ufficiose, quelle che poi - quasi sempre - diventavano vere. Ed è lì che un giorno ho saputo che la Fiat ci voleva comprare.È un esperienza strana, «essere comprati», chi l'ha provata lo sa. Ti senti un po' una pecora in un gregge che viene pesata e poi passa da un padrone all'altro. Capisci che succedono cose molto più in alto di te, tra miliardari felpati, che impatteranno sulla tua vita senza che tu possa fare assolutamente niente. In un giornale però c'è qualcosa di più, visto che produce informazione, inchieste, opinioni. Non ti chiedi solo quale sarà il tuo destino personale. Ti chiedi anche quanto sarà più larga o più stretta la mordacchia. Perché, come ovvio, nessun giornale che abbia un padrone è privo di mordacchia; la questione è solo quanto è stretta o larga, insomma qual è il margine di indipendenza e di libertà. ***Diciamo la verità: era assai lasca e di fatto impercettibile quella mordacchia quando a capo della baracca c'era il Principe, come veniva chiamato Carlo Caracciolo. Insomma, si era sostanzialmente liberi. Uomo di mondo, gran viveur, sempre divertente e divertito dalla vita. Il giorno in cui fui assunto all'Espresso – era la fine del 2002 – passai per il vaglio di prammatica del colloquio nel suo ufficio, anche se ormai era cosa fatta, grazie a Daniela Hamaui. C'erano dei quadri alle pareti con cui avrei sistemato un paio di generazioni di Gilioli e questa fu la prima, stolta, cosa che pensai. Lui guardò distrattamente il mio curriculum e fu incuriosito dai quattro anni alla direzione di un mensile: «Ah lei ha fatto Gulliver. E cosa ne pensa del nostro Viaggi, l'allegato a Repubblica?», mi chiese. Ora, l'allegato in questione era abbastanza pessimo. Con le foto degli uffici stampa, nessun inviato, pezzi scopiazzati dalle guide turistiche, per non dire delle marchette. Ero imbarazzatissimo. Me la cavai con un codardo «Beh, secondo me ci sono margini di miglioramento». E lui: «Ma no! Dica pure che l'abbiamo fatto alla cazzo di cane!». E giù a sghignazzare.Insomma, decisamente non era il tipo che intimidiva. Il resto del colloquio fu un cazzeggio a ruota libera, con qualche bel ricordo suo di quando era stato partigiano. O di quando un'estate su un taxi accaldato passò per caso da Melito, e lui mezzo addormentato vide il cartello e sobbalzò, «ma io sono il principe di Melito!», e il taxista preoccupato: «Dottò, le accendo l'aria condizionata eh?».Comunque, mi sono sentito accolto. E in una bella squadra.E sempre più in una bella squadra mi sono sentito pochi giorni dopo, alla festa di Natale in via Po. Che lo stesso Caracciolo faceva ogni anno, ma per me era la prima volta. Nel conoscere i colleghi, avevo la percezione di essere a bordo di quella che Scalfari chiamava “vascello pirata”. Dove noi marinai di vario grado venivamo da tutte le sinistre possibili - liberali o comuniste, moderate o extraparlamentari, laiche o cattoliche e così via - ma eravamo tutti parte di uno stesso progetto, libero e non impaurito da nessun potere politico o economico.Non voglio raccontare un quadro idilliaco. I cazzi amari poi c'erano, come dappertutto. Così come i brutti ceffi, le guerre di scrivania, le ambizioni personali, le vanità (quelle non mancano mai, nel nostro mestiere di narcisi frustrati, almeno fino a una certa età). Eppure idilliaco sembra, al confronto con quello che è successo poi, senza che questo sia uno scherzo della memoria.***La deriva non è avvenuta in un giorno. Come tutte le derive, in effetti. Il Principe morì nel 2008. L'Ingegnere - cioè Carlo De Benedetti - divenne direttamente presidente, da cauto azionista che era. Le feste di Natale finirono subito e come amministratore delegato arrivò una signora gentile che però sedeva già in tre o quattro importanti consigli di amministrazione. Iniziò insomma l'aziendalizzazione, l'intreccio con i poteri di fuori. Nel quotidiano, il pass magnetico per entrare e uscire, la polizia privata che in via Po non si era mai vista e che nel palazzo di via Colombo invece è la prima cosa che vedi.Attorno a noi, intanto, si cominciava a vedere anche un'altra cosa, assai peggiore, cioè il piano inclinato della carta stampata, che iniziava a essere divorata dalla crisi strutturale che ben conoscete - allora non era così chiara a tutti, in verità, specie nella sua velocità. Comunque, servivano nuove strategie - questo era evidente - ma nessuno sapeva dove andarle a pescare.Non so se è anche per questo che nel 2012 l'Ingegnere regalò il gruppo ai tre figli, tutto passava sempre sulle nostre teste. Ad ogni modo rimase alla presidenza, per un po', anche se noi non se ne aveva più notizia. Poi a un certo punto tutto andò in modo abbastanza rapido, tra ondate di prepensionamenti, voci di cassintegrazione, tagli di borderò ai collaboratori, insomma il senso di paura.Uscito dal Corriere, il gruppo Fiat entrò con una quota di minoranza, portando in dote La Stampa. Era il 2016. L'anno dopo uno dei figli dell'Ingegnere, Marco, divenne presidente al posto del padre. Un giorno venne a trovarci in redazione, fu cortese nell'ascoltare il lavoro che facevamo, ma era palesemente disinteressato. Alle redazioni, ai giornali, all'editoria. Nessuno conosceva le sue opinioni politiche, anche se tra noi si scherzava su quelle della moglie, del giro Santanché. Comunque, mai più visto né sentito. Si era in un limbo. Ma la direzione era abbastanza chiara e portava dritti a Torino, al gruppo privato più grosso d'Italia, insomma al cuore dell'establishment economico italiano, all'azienda che da sempre privatizzava i profitti e statalizzava le perdite, che quindi ci avrebbe comprato come merce di scambio con la politica e con il capitalismo di relazione italiano. E così nel 2019 il “vascello pirata” era già diventato il tender di casa Agnelli. Torino ho scritto, ma il nostro nuovo padrone tecnicamente era una finanziaria olandese, insomma la cassaforte all'estero per non pagare le tasse. Mica male per noi dell'Espresso, quelli delle battaglie civili.Scalfari scrisse un editoriale in cui disse che andava tutto bene. Il “Fundador” è sempre stato molto bravo nel convincersi che è giusto ciò che gli conviene - e non gli conveniva far casino, a 95 anni poi. E comunque non poteva disconoscere il figlio anche se questo era diventato il contrario di quello che lui in età meno senile aveva voluto. Ma noi gli si voleva bene lo stesso, in fondo senza di lui non ci sarebbe stato niente di tutto quello di cui sto parlando.***I Fiat boys atterrarono da Torino alla Garbatella con le loro cravatte blu, il profumo di Penhalingon's e l'aria di quelli che “qui non capite un cazzo, ma adesso ci pensiamo noi”. Come amministratore delegato Elkann mise uno dei suoi yesman, un Carneade dell'editoria ma fedelissimo al sistema di potere Exor. Poco dopo la nomina, questo tizio convocò le direzioni dei giornali del gruppo nella sala riunioni all'ultimo piano, Elkann non c'era ma intervenne in audio. Non ricordo nemmeno che cazzate disse, ma era il solito aziendalese di maniera, le sfide del futuro, lo sbarco nel digitale e bla bla bla. Ricordo solo tutti questi direttori e vicedirettori - quorum ego, sì - in piedi ad ascoltare il padrone in religioso silenzio. Fantozzi non è stata un'invenzione, diciamolo.Ah, a quell'imbarazzante cerimonia, a quel bacio della pantofola, non era presente Carlo Verdelli, il direttore di Repubblica, che pure era il più importante tra noi, per ruolo. Eccellente giornalista e uomo di sinistra, Verdelli era stato chiamato un anno prima dai De Benedetti che sulla direzione di Repubblica avevano già fatto un bel po' di pasticci. Esonerato Ezio Mauro poco prima che superasse Scalfari per anni di direzione - cosa che gli diede un bel po' di fastidio - gli azionisti avevano chiamato in via Colombo Mario Calabresi, proprio dalla Stampa. Pieno di idee innovative e digitali sul futuro ma assai poco presente in redazione e sull'oggi, Calabresi aveva quindi peggiorato l'emorragia di copie già rotolante per conto proprio. Sicché i De Benedetti a un certo punto pensarono di affiancargli un pazzo creativo che poi era il mio direttore all'Espresso, Tommaso Cerno, a cui non difettavano né le ambizioni né l'intelligenza. Ma Cerno era convinto di andare lì a comandare, insomma a fare le scarpe a Calabresi, il quale evidentemente non era d'accordo, quindi venne fuori un casino al termine del quale, tre mesi dopo, un bel mattino Cerno lasciò il suo cappotto firmato sulla poltrona di condirettore per scappare in garage da un ascensore laterale e diventare senatore renziano. Oh: non è un'iperbole, il dettaglio sul cappotto abbandonato dalla fretta di andarsene, qualche collega lo fotografò e fece girare l'immagine, tra le nostre risate alla solita macchinetta del caffè.Comunque, dicevo, fatto il pasticcio Calabresi e poi quello Cerno, a un certo punto i De Benedetti decisero di tagliare la testa al toro chiamando Carlo Verdelli, curriculum straordinario e grande artigiano dei giornali. Però, appunto, era anche uomo di sinistra, e quindi la prima cosa che fecero gli Agnelli appena arrivati fu cacciarlo. Lo fecero nel giorno in cui doveva morire, secondo le minacce che aveva ricevuto dall'estrema destra. Con l'eleganza del padrone senza peli sullo stomaco, lo stile Fiat.A Repubblica arrivò Maurizio Molinari. Non devo dirlo io, chi sia: lo vedete da soli, se ancora comprate Repubblica. Non mi va nemmeno di raccontare troppo nel dettaglio l'imbarazzo - la vergogna - che provavo nel vedere come stava trasformando un giornale che un tempo era stato aperto a una sinistra plurale e libertina: ogni giorno di più ridotto a megafono del potere economico, con sbandate continue verso le peggiori destre americane e israeliane. E poi: le censure a Bernardo Valli (a Bernardo Valli!), le firme dei neocon e degli ex ministri di Berlusconi, il misto continuo tra cialtroneria e fake news, giù giù fino alle liste di proscrizione di Riotta. Il tutto nel perdonabile silenzio della redazione, perché quando uno tsunami devasta il tuo settore di mercato i rapporti di forza sono tutti sbilanciati dalla parte del padrone, ognuno è terrorizzato dai suoi destini personali, non è il momento delle battaglie collettive, se siamo in troppi per favore licenziate il mio vicino di scrivania e non me. ***Ma a quel punto, per fortuna, me ne stavo già andando. Solo fortuna, nessuno è eroe e abbiamo tutti bisogno di uno stipendio per i figli.Ogni tanto l'ho sentito, il mio ex direttore all'Espresso, Marco Damilano, in questi mesi. Poche cose e nulla che meriti di essere reso pubblico. È un uomo con la schiena diritta, il suo editoriale di saluto - straordinario - è sul sito dell'Espresso. Cita Aldo Moro, a un certo punto: «Questi giorni hanno dimostrato come sia facile chiudere il mercato delle opinioni. Non solo non troverai opinioni, ma neppure notizie».Questo è il motivo per cui me ne sono andato, in effetti. Lui invece, quando ero ancora lì, mi diceva che dovevamo provarci: «Perfino Berlusconi, nel mangiarsi la Rai, lasciò il Tg3 alla sinistra», mi diceva. E voleva spiegare ai nuovi padroni che anche a loro conveniva avere una voce dissenziente, anche a loro conveniva coprire un'area di mercato diversa da quella dell'ammiraglia. “Resistiamo”, mi rispondeva su WhatsApp quando, ormai lontano da Roma, gli chiedevo come andassero le cose. E finché ha potuto lo ha fatto. Ma gli Agnelli si sono dimostrati meno tolleranti o meno furbi di Berlusconi. Oggi anche lui ha smesso di resistere.Dell'Espresso ora vorrei che restasse almeno il ricordo di un giornale che ha aiutato a emancipare l'Italia. Di un giornale che ha combattuto grandi battaglie civili e sociali per spingere il Paese un po' più in là - e che lo ha fatto finché gli hanno permesso di farlo.
Alessandro Gilioli
22 notes
·
View notes
Note
A me dispiace solo che magari qualcuno vuole guardarla ma non lo fa perché gli consigliano di non farlo. A volte ho letto cose del tipo "mi piacerebbe guardare skamit" e subito rispondono "no non lo fare è razzista" e cose del genere. O magari ad alcuni è piaciuta (sia int che italiani) lo scrivono e questi spuntano come avvoltoi dicendogli "no ma l'originale è meglio" o "questo remake è molto meglio, guarda questo", "quelli italiani non sanno recitare hihi". Che poi manco all'estero sono premi Oscar ma ovviamente ormai fa figo disprezzare le cose italiane. Una fan italiana di wtfock tempo fa ha detto che skamit è trash e non lo vuole guardare perché il romano è trash. Come se negli altri remake parlassero in modo poetico. Non è che magari FORSE il fatto di non capire una lingua influisce? Cioè mo sembra che tutto ciò che fanno all'estero è top e noi facciamo cagare. Bah (scusa per il pippone)
Guarda, per quanto mi riguarda non solo sfondi una porta aperta ma trovo anche che l'esterofilia portata all'eccesso sia assolutamente provinciale, cioè esattamente quello che queste persone vorrebbero rifuggire.
Non sto parlando nello specifico di Skam Italia, che può non piacere, ma nel volersi rifugiare in ciò che è cool, woke, di nicchia o, al contrario, mainstream, facendo proprie delle frasi fatte e stereotipate senza prendere l'intrattenimento per quello che è, cioè qualcosa che in primis dovrebbe emozionare.
Una volta lessi su Twitter delle ragazze che prendevano "bonariamente" in giro una loro mutual per essere stata un tempo una fan di Martino e Niccolò, e la sua risposta "Grazie a voi ho visto la luce"
Le cose che ti toccano non smettono di farlo perché arriva qualcuno che ti insegna a vivere, invece.
Va benissimo imparare, educarsi, capire gli errori, sperare nei margini di miglioramento e essere obiettivi per le cose che sono state trattate male.
Va malissimo salire in cattedra e comportarsi come dei bulli qualsiasi autofregisndosi con il titolo di woke.
Ma forse sono io che sono vecchia.
Detto questo ci sono attori italiani cani e altri con i controcazzi.
Esattamente come in ogni paese.
E se volete vedere roba italiana valida guardate Boris, La linea verticale, Il miracolo, l'ispettore Coliandro, La compagnia del cigno, In treatment, Gomorra.
E Skam Italia, soprattutto ❤️
(il pippone è ben accetto e io non sono stata da meno 😊)
3 notes
·
View notes
Text
YOUNG BRE
GENERE: TRAP
CITTA’ DI PROVENIENZA: LEGNANO (MI)
NOME: ANDREA BRESCIANI
CLASSE: 2002
PARLO DI VERITA’
INTRO
Young Bre, pseudonimo per Andrea Bresciani, è un giovane trapper nato nel 2002 a Legnano, in provincia di Milano ma residente a Lonigo, in provincia di Vicenza.
Il suo primo approccio alla musica è stato per gioco e passione poi, vedendo il crescente apprezzamento della gente, nel 2019 inizio a fare sul serio pubblicando su Youtube la sua prima traccia dal titolo “Voglio lei” che ottene grande successo e lo spinse a continuare nel suo percorso spostando però le sue pubblicazioni su Spotify.
“Non sono un artista al 100% sto facendo la gavetta a mio parere, musicalmente sono ciò che mi frulla in testa” ha dichiarato l’artista; tante idee e tanta voglia di migliorare.
BREVE BIO
La carriera musicale di Young Bre inizia nel 2018. Dopo un periodo iniziale di testi nati per divertimento e fatti ascoltare alle persone che aveva attorno, nel 2019 pubblica su Youtube il suo primo pezzo ufficiale “Voglio lei” caratterizzato da un buon testo e da un ottima base musicale; “Siamo solo noi due in questa stanza, le mie mani tra le tue, sento già la tua mancanza”.
Il primo pezzo che esce su Spotify il 31 luglio 2019 si intitola “Fottesega”, in cui l’artista mostra tutta la sua indifferenza verso le cose superflue che lo circondano. Subito dopo, il 10 agosto 2019 lancia “Nigiri”, primo pezzo in collaborazione con il suo amico e producer di fiducia p0suz.
Il 2 Ottobre pubblica un remix del brano “Fottesega” che raggiunge quasi 2000 stream su spotify e rappresenza il pezzo più ascoltato dal pubblico grazie anche alla collaborazione di Astro e AZ.
Il suo 2019 si chiude con “Mezzanotte”, lanciato il 15 novembre 2019 in cui ritorna prepotentemente la tematica amorosa. “Tutte le rose hanno le spine, le cose belle hanno sempre una fine”, manifesto del sentimento di malinconia che attraversa tutto il brano. Il primo pezzo del 2020 è “Non perdo tempo” che precede il suo primo EP pubblicato il 28 agosto 2020 e contenente 6 brani: “Sono fatto cosi”, “Vesto di nero”, “M’ama o non m’ama”, “Troppo pare”, “Bad boy”, “Fottesega – p0suz remix”. Tutti questi brani mostrano un deciso miglioramento dell’artista anche se, come da lui stesso dichiarato, ci sono ancora molti margini di miglioramento. Il 13 novembre lancia “In cima” feat. Chico, dove palesa la sua grande volontà di arrivare in alto.
QUESTO E’ YOUNG BRE
Young Bre è un artista emergente e in continua evoluzione. Il suo genere musicale di riferimento è il Trap che in molti brani si unisce e confonde con il Rap. Le sue maggiori influenze musicali sono Sfera, capo plaza, ghali, salmo e fabri fibra anche se “ogni mio testo viene da me e non da esterni”. Egli non vuole confondere persona e personaggio, vita privata e vita musicale ed infatti uno dei suoi obiettivi è quello di essere apprezzato da una grande nicchia di persone per la sua musica e non per il personaggio. Fino a Dicembre 2020 non ha ancora avuto la possibilità di partecipare ad esibizioni live ma questo è un suo sogno nel cassetto che spera prima o poi di realizzare; “Uno dei miei sogni è quello di arrivare in alto in modo da poter salire su un palco e non dover più essere sotto ad esso a sentire qualcun altro.
link contatti:
Spotify
Youtube
Instagram
https://instagram.com/youngbre__?igshid=1k07y5bdswo4c
Facebook
La redazione di Artist_Advisor
1 note
·
View note
Text
Cari italiani
Tenete conto di una cosa: quello che state vivendo adesso sono solo le prove generali, l'epidemia vera, quella brutta brutta verrà l'anno prossimo.
Per la cronaca state reagendo benino, considerando che siete un popolo latino, parecchio esuberante, molto ignorante e per nulla incline alle regole.
Bisogna anche dire che ci sono ampi margini di miglioramento. Vedremo.
Con stima ed affetto.
Dio
Ps. State tranquilli scherzavo, l'anno prossimo non arriva niente, al massimo un tifone in Florida. E comunque io non esisto.
9 notes
·
View notes
Text
Ci son cose che impari crescendo
e una di queste è quella di allontanare le persone che non aggiungono nulla alla tua vita, anzi tolgono.
Una volta aspettavo, pazientavo, facevo leva sul lato buono, perché tutti in fondo son buoni.
Oggi mi fai star bene o sei fuori dalla mia vita o comunque rimani ai margini e vale per ogni tipo di relazione, dall'amicizia all'amore, alla passione, a tutto.
Alcuni direbbero che sono diventata più stronza, altri menefreghista,
altri ancora intollerante, poco paziente,
egoista o quel che volete.
Io dico solo che ho imparato ad amare di più me stessa.
La vita è troppo breve per aspettare che le cose cambino, anche perché il più delle volte le cose non cambiano, anzi nell'attesa di un possibile miglioramento, peggiorano e continuano a ferirti!
0 notes
Text
[ARTICOLO] I concerti dei BTS diventano festival per gli ARMY, con zone evento speciali per i fan
“Un pacchetto di attività all’aperto e servizi per i fan attenderà questi ultimi al Jamsil Sports Complex a sud di Seoul, dove questa settimana la superband globale BTS si esibirà nel gran finale del tour mondiale.
Il settetto è pronto a chiudere questo martedì l’acclamato tour “Love Yourself: Speak Yourself”, nella capitale del loro paese d’origine.
I primi due dei tre concerti si sono tenuti durante il weekend nel complesso del Seoul Olympic Stadium e hanno intrattenuto un totale di 88.000 fan. Martedì, l’esibizione finale incanterà altri 44.000 fan del K-pop.
Grazie a un villaggio ricco di attività all’aria aperta, stand di vendita e ristoranti intorno alla venue, i concerti di Seoul durante il weekend hanno assunto l’aspetto di un gigantesco festival.
I concerti sono un’opportunità per la Big Hit Entertainment - l’etichetta discografica dei BTS - di trasformare in realtà la loro ambiziosa visione di inaugurare una nuova fase per l’industria dei concerti contemporanea.
Un fan di 31 anni dei BTS, che ci ha detto solo di chiamarsi Kim, era tra la folla di fan che sabato si sono recati alla venue del concerto ore prima dell’inizio dello show per divertirsi con i servizi gratuiti e conoscere altri membri dell’ARMY, il famoso fandom della band.
“Il concerto inizierà alle 18.30, ma sono arrivata prima, come se stessi andando a un festival, perché la zona eventi apre alle 9”, ha detto prima del concerto di sabato, il primo dei tre.
Megan, una ragazza americana di 25 anni, ha viaggiato fino in Corea del Sud per assistere al concerto. “Mi sono innamorata dei BTS l’anno scorso dopo aver visto la loro performance”, dice, proclamando il suo supporto per il membro dei BTS Suga.
Alcune delle attività della zona eventi allestita ai margini del concerto di sabato erano costituite da pareti fotografiche e uno studio fotografico, che permettevano ai fan di scattarsi delle foto con i BTS.
Un assortimento di cibi e merchandising venivano venduti in separate zone per cibo e bevande e aree per il merch.
Nel tentativo di rendere meno pesante l’attesa in fila la Big Hit ha sfruttato le applicazioni Weverse e Weply permettendo ai possessori di biglietti di navigare nell’arena del concerto e nelle zone circostanti.
Ai fan sono stati mostrati i tempi di attesa previsti per ciascun servizio nelle zone degli eventi e per l’entrata nello stadio, riducendo drasticamente il tempo di attesa, spesso molto prolungato, trascorso in fila.
Inoltre ciò ha aiutato i fan a risparmiare tempo passando attraverso il processo di verifica del proprio documento d'identità richiesto per entrare e ha permesso loro di acquistare i prodotti dei BTS. Un miglioramento dell'esperienza di concerto immaginata dalla Big Hit lo scorso agosto nel suo briefing aziendale.
Su Weverse, un’applicazione di comunicazione tra i sette membri dei BTS e il loro pubblico, i fan erano in subbuglio da sabato, quando gli spettatori hanno condiviso il loro entusiasmo e le foto del concerto con gli altri fan.
Le zone degli eventi rimarranno fino a martedì quando l’area dello stadio Jamsil accoglierà l’ultimo concerto del tour mondiale dei BTS. Tour nel quale i sette hanno incantato più di un milione di fan in più di 20 città in Asia, Nord America, Europa e Arabia Saudita.”
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©Bea, ©CiHope) | ©YonhapNews
#bts#bangtan#bangtan boys#2019#articolo#news#info#traduzione#traduzione ita#yonhapnews#yonhap#Love Yourself: Speak Yourself#love yourself#concerto#bighit#tour#speak yourself
24 notes
·
View notes
Text
Abodi, per Euro 2032 gli stadi saranno pronti tra il 2028 e il 2029
AGI – “Ci sono ampi margini di miglioramento sul tema stadi in Italia ma bisognerà fare in modo che tutti gli stadi, dalla Serie A alla C, siano adeguati. Gli impianti per Euro2032 devono essere pronti almeno tre anni prima degli Europei, quindi diciamo 2028 e 2029”. Così il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi, a margine della tavola rotonda “Le nuove prospettive sulla riforma dello…
View On WordPress
0 notes