#capelli grigi bianchi
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veggiechannel · 3 months ago
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La comparsa dei capelli bianchi è una delle inevitabili manifestazioni dell'invecchiamento, ma la nostra alimentazione può influire notevolmente sulla velocità con cui questo processo avviene; una recente ricerca scientifica ha rivelato che la luteolina, un flavonoide antiossidante presente in alcune verdure, potrebbe essere un potenziale alleato contro i capelli grigi.
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jadarnr · 1 month ago
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TRINITY BLOOD
REBORN ON THE MARS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - La Stella di Lacrime
LA CITTÀ SANGUINARIA
CAPITOLO DUE
Traduzione italiana di jadarnr basata sui volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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Anche se il tramonto era già passato da un po’ di tempo, ci sarebbero dovuti essere ancora alcuni treni in arrivo. Normalmente la stazione sarebbe stata piena di viaggiatori in partenza o in arrivo da lontano.
Tuttavia, quando il treno senza finestrini arrivò al binario, con un suono di frenata che sembrava l’artiglio di un demone che graffiava l’aria notturna, all’interno della stazione erano scomparsi non solo i viaggiatori, ma anche il personale. Al loro posto, allineato sulla banchina, c’era un gruppo di soldati in uniforme blu scuro con i fucili sulle spalle. I volti sotto i berretti militari non si muovevano di un millimetro, sembravano più bambole che esseri umani.
- Presentate le armi!
In risposta al comando, i fucili si alzarono in alto. La luce delle lampade a gas si rifletteva nitidamente sulle baionette. Nel velo di vapore che saliva dalla locomotiva davanti a loro, le ombre dei soldati, che esalavano respiri bianchi nell’aria notturna, si stagliavano grandi sul binario.
- Bentornato Signore
L’immenso corpo del gigante si inchinò all’unico passeggero che scendeva la scaletta, senza lasciare traccia dell’arroganza mostrata prima. Il suo berretto militare quasi toccava il suolo mentre si inchinava profondamente.
- È stato un lungo viaggio, dovrete esser stanco Lord Gyula
- Grazie per l’accoglienza, Colonnello
Radcon fu ringraziato da un bel giovane dal viso dalla pelle chiara, incorniciato da capelli neri, con il corpo alto e ben proporzionato coperto da un lungo mantello. La malinconia che mostrava sul volto sembrava adattarsi perfettamente a quella città grigia. Tuttavia, quegli occhi che in qualche modo ricordavano quelli di un cane lupo, dalle iridi grigie leggermente pigmentate e le pupille scure, brillavano più cupamente della sera, provocando inquietudine in chiunque li osservasse. Forse perché, da quando era sceso dal treno, non aveva mai battuto le palpebre.
Sollevando il colletto del suo mantello, il nobile giovane chiese, con una voce ricca e corposa che ricordava un cognac di alta qualità:
- È successo qualcosa ad Istvan durante la mia assenza?
- Sì, i Partigiani hanno causato qualche problema, ma li abbiamo già repressi. I principali cospiratori sono detenuti nella Valle di Sangue, quindi non c’è da preoccuparsi
L’atteggiamento del gigante era più simile a quello di un cane addomesticato che a quello di un vassallo. Il giovane signore si limitò ad annuire leggermente a quella risposta quasi sottomessa, prima di iniziare a risalire il binario con passi agili. Intorno a lui, i soldati formavano un muro con i loro corpi.
- A proposito, come va nell’Impero, Lord Gyula?
- Sono testardi, come al solito. In ogni caso sembra non abbiano nessuna intenzione di sostenere la nostra insurrezione. Non sono nemmeno riuscito ad incontrare Sua Maestà, l’Imperatrice Augusta… Ma quando vedranno il potere di quella cosa, le loro reazioni cambieranno di sicuro
Il giovane nobile curvò leggermente le labbra, guardando dritto davanti a sé. Quell’espressione fece calate sulla sua bellezza un’atmosfera di estrema freddezza. O forse era a causa dei canini che apparivano dagli angoli delle sue labbra?
- L’hardware è stato quasi del tutto ripristinato. Ora non resta che completare il controllo del software e passare ai test di accensione… E quello chi è?
Con l’espressione di chi ha appena trovato un animaletto sconosciuto nella propria casa dopo un lungo periodo di assenza, Gyula indicò con il mento un angolo del binario. Circondato dai soldati e legato strettamente c’era un uomo dai capelli d’argento dall’aria stanca.
- Si tratta di un sospetto che abbiamo fermato poco fa all’interno della stazione. Poiché ha fatto commenti ed azioni ostili nei confronti della Polizia Militare, lo stiamo portando via per interrogarlo
Gyula stava per procedere oltre, ma all’improvviso tornò sui suoi passi. Si voltò rapidamente e si diresse verso l’uomo dai capelli d’argento.
- Mi scusi, qual’è il suo nome?
- Abel… Abel Nightroad
Rispose l’uomo, muovendo debolmente le labbra spaccate. Aveva lividi su tutto il viso, probabilmente era stato picchiato duramente.
- Vengo da Roma. Sono stato appena assegnato a questa città dal Vati…
- Smettila di blaterare!
I bottoni del cappotto di Abel saltarono via aprendosi con un unico suono, mentre il braccio gigantesco di Radcon gli afferrava il colletto.
- Rispondi solo alle domande che ti vengono fatte!
- Aspetti Colonnello
Radcon, che stava urlando con una furia tale che sembrava in procinto di mangiarsi il suo avversario, venne fermato con garbo da Gyula. Dal colletto strappato del cappotto del giovane, si potevano vedere i vestiti che portava sotto, così come il crocefisso che brillava sul suo petto.
- Un rosario e una veste… siete per caso un prete?
- S..sì. Sono il prete assegnato alla chiesa di San Mathias qui a Istvan
Abel contorse il viso per il dolore, mentre Radcon continuava a stringergli il colletto.
- Ecco…Io non ho fatto nulla di male…
- Ti ho detto che devi chiudere quella boccaccia!
- È lei che dovrebbe fare silenzio, Colonnello. Liberi le mani del prete
- Ma… ma... Vostra Eccellenza!
- Le ho detto di lasciarlo andare, non mi ha sentito?
Sussurrò Gyula dopo aver lanciato una breve occhiata al gigante con la bocca aperta. Non era un tono aggressivo, tuttavia lo sguardo fisso sul volto di Radcon, l’espressione bruscamente mutata, aveva la freddezza del ghiaccio secco.
- Non mi interessa come o in che modo trattate i vostri simili… o forse è meglio dire che non ci presto attenzione. Ma la mia natura non tollera i cani addestrati che non si comportano bene… Capisce cosa intendo?
- Le chiedo di perdonarmi
Gyula ignorò completamente Radcon che scrollava il suo enorme corpo e chinava il capo, e si rivolse ad Abel, facendo un cortese inchino al sacerdote che si stava massaggiando il collo con un’espressione sofferente.
- Le chiedo di scusarmi. Il mio nome è Gyula Kadar, sono la persona che gestisce gli affari di questa città. Sono profondamente dispiaciuto, credo proprio che abbiano commesso un grosso errore. A nome di tutti i cittadini di Istvan, le porgo le mie sentite scuse
- Ah, è molto cortese da parte sua, grazie
Il prete chinò il capo umilmente, come imbarazzato. Era esageratamente alto, ed il suo viso, con i capelli d’argento e gli occhi azzurri, era ragionevolmente armonioso, ma i suoi lineamenti erano quelli di un normale giovane che si poteva incontrare ovunque. Tuttavia, mentre osservava quel volto cercando di non mancargli di rispetto, Gyula sentiva qualcosa assillarlo in fondo alla mente. Aveva per caso già visto quell’uomo da qualche parte?
- Mi scusi Padre… ci siamo forse già incontrati prima d’ora?
- No credo proprio che sia la prima volta che ci incontriamo. Comunque è la prima volta che vengo in questa città
- Capisco… Beh rispetto a Roma questa è una zona noiosa, ma potrete approfittarne per rilassarvi
Sorridendo elegantemente, il giovane nobile gli tese la mano. A quanto pare era solo un semplice prete. Gli strinse la mano con garbo ma con indifferenza, e concluse l’incontro con una serie di convenevoli neutri ed innocui.
- Benvenuto ad Istvan Padre Nightroad. Siamo contenti di avervi qui
- Ah, la ringrazio molto
Il sacerdote, ora anch’esso tranquillo, rispose stringendogli la mano e chinando il capo, ma quando lo sollevò nuovamente verso volto di Gyula, la sua espressione impallidì improvvisamente.
Avrò stretto troppo?
Fu il pensiero di Gyula per un attimo, ma poi si rese conto che lo sguardo del prete era fisso oltre la sua spalla. In quel momento, con una forza straordinaria che non corrispondeva alle braccia sottili dell’uomo, il giovane nobile fu sbattuto a terra.
- Cosa stai facendo, insolente?
Riecheggiò l’urlo rabbioso di Radcon. Cercò di correre verso il suo padrone ed il prete che lo aveva fatto cadere, tuttavia qualcosa che emetteva un suono terribile squarciò l’aria notturna proprio davanti al suo naso.
Qualcosa che aveva attraversato lo spazio dove un attimo prima c’era la testa di Gyula, si conficcò nel corpo del treno con un forte suono metallico. Si trattava di un’asta d’acciaio, dello spessore di un dito, dotata di piccole ali.
- Ma questa è… una freccia da balestra!
Il soldato che aveva cercato di dare l’allarme cadde violentemente a terra, stringendosi la spalla da dove ora spuntava un oggetto simile. Accanto a lui un altro soldato, mentre cercava di imbracciare il fucile, era stato colpito all’addome ed era caduto.
E poi, nell’istante successivo, la notte esplose.
Sopra i binari e nella sala di attesa deserta iniziarono a scoppiare lampi inquietanti e a sentirsi rumori di spari. Non appena le scie di fuoco dorate si concentrarono senza sosta sul binario, alcuni soldati caddero senza nemmeno rendersi conto di ciò che gli era accaduto.
- Un… un attacco nemico! Sono i Partigiani!!
Ma dove si nascondevano? Uomini mascherati, con passamontagna e maschere che coprivano i loro volti, apparvero da tutte le parti. Non si trattava di un concorso in maschera, come era evidente dalle armi da fuoco che avevano in mano e che sputavano rapidamente fiamme.
- Sparpagliatevi! Sparpagliatevi e contrattaccate individualmente!
Il grido di Radcon riecheggiò inutilmente. I proiettili venivano chiaramente sparati a un ritmo calcolato. Le molotov, che volavano in archi dorati, si frantumavano, la benzina che si spargeva prendeva fuoco rapidamente, coprendo tutto con fiamme danzanti e frenetiche. In mezzo al fuoco, il binario brillava come il palcoscenico di un teatro.
- Tutti voi, non preoccupatevi dei pesci piccoli! Catturate Gyula!
Un urlo acuto riecheggiò dall'oscurità, seguito da un proiettile proveniente dalla stessa direzione della freccia precedente. L'arma mortale sfiorò il volto di Abel, che rimase immobile per la sorpresa, e si conficcò alla base in uno dei pilastri alle sue spalle. Poco dopo, un fetore nauseabondo si diffuse nell'aria; a quanto pare, qualche tipo di acido o sostanza chimica era stata impregnata nell'asta della freccia.
- Ah, ah, ah! Giusto, ho una pistola! Ho una pistola da qualche parte….
- Padre, stia giù per piacere
Nonostante la situazione, il sacerdote cominciò a frugarsi nelle tasche e all'interno dei vestiti. Gyula abbassò la testa. Poi si tolse il mantello e, scuotendolo come un torero, abbatté uno ad uno i dardi della balestra che volavano verso di lui. La sua tecnica era impressionante. Tuttavia, la precisione dei colpi indicava che anche l'abilità del tiratore nemico era insolita.
Guardando l’ultima carrozza del treno che si trovava sul binario opposto, Guyla fece un leggero sorriso: era da lì provenivano le pallottole.
- Una buona mira, ma… Colonnello!
- Sissignore!
Anche se erano stati presi alla sprovvista, erano pur sempre un esercito. Dopo il primo momento di confusione, i soldati della Polizia Militare avevano cominciato a trovare una copertura e a rispondere al fuoco. Anche coloro che li attaccavano continuarono a sparare senza sosta, ma non avevano più l’effetto sorpresa dell’imboscata. Anche le molotov che venivano lanciate in aria di tanto in tanto rivelavano le ombre delle persone nascoste dietro di loro.
- A quanto pare i nemici sono poco numerosi. Mandate una decina di uomini sul fianco sinistro e circondateli
- Sì! Maggiore Iqus! Fianco sinistro, accerchiateli!
- Affermativo
Il giovane ufficiale annuì inespressivo ed iniziò a muoversi lungo il binario assieme ai soldati. Sembrava che il nemico si fosse accorto della loro presenza perché la linea di fuoco si indebolì temporaneamente.
- Non riuscirete a fuggire, Partigiani!
Leccandosi le labbra, Radcon estrasse il suo grosso revolver. Forse con l’intenzione di coprire la ritirata dei suoi alleati, il tiratore della balestra continuava a sparare raffiche con la stessa intensità di sempre. Senza nemmeno prendere la mira, il gigante dalla faccia torva sparò una raffica di colpi in quella direzione.
Si udì un piccolo grido. Una figura bassa, che impugnava una balestra a fuoco automatico si accovacciò, premendosi la spalla. Vedendo ciò, uno dei Partigiani gridò.
- State bene Stella?
Con il fucile artigianale in una mano, il Partigiano corse verso il balestriere e si accorse che sarebbe stato impossibile continuare il combattimento.
- L’operazione è fallita! Ti coprirò, quindi ora corri, Stella! - Gridò.
La piccola figura, con il volto nascosto dal passamontagna, sembrò rispondere qualcosa, ma non si udì a causa degli spari che riecheggiavano tutt’intorno. Il combattente gridò di nuovo.
- Stupido! Cosa succederebbe se il nostro leader morisse? Li terrò impegnati. Tu prendi gli altri e scappa!
Nel frattempo la potenza di fuoco della Polizia Militare continuava ad aumentare. Una squadra separata, che era in attesa fuori dalla stazione, aveva notato che qualcosa non andava ed era accorsa a dare supporto.
Il balestriere chiamato ‘Stella’ rimase in silenzio per un momento, ma quando l’uomo gridò di nuovo, annuì come se si stesse liberando di qualcosa ed emise un fischio vigoroso con le dita. A quel segnale, gli attaccanti cominciarono a ritirarsi contemporaneamente nell’oscurità.
- Tu! Non pensare che ti lascerò andare via assieme a tutti gli altri terroristi!
Radcon puntò la canna del fucile alla schiena della piccola figura. Il gigante, come una iena che aveva individuato la sua preda, strinse gli occhi e prese la mira con cura.
- Và all’inferno!
- Ah, trovata!
In quel momento si levò come un grido di gioia. Proprio allora il prete, che si stava agitando inquieto, aveva estratto dalla tasca interna del suo abito un revolver a percussione esageratamente antiquato.
L’armò con uno scatto secco e, con un movimento pericolosamente maldestro, premette il grilletto.
- Ah ah ah! Con questo ora ho la forza di cento uomini! Non ti lascerò scappare terrorista! …Ma cosa?
Con un suono insulso ed ovattato, si alzò una spettacolare nuvola di fumo bianco.
L’antico revolver a percussione era un’arma dotata di un meccanismo che sparava proiettili accendendo la polvere da sparo sigillata all’interno di un cilindro rotante, senza utilizzare cartucce metalliche. A quanto pareva, la polvere da sparo nel tamburo era umida ed aveva impedito lo sparo. Il fumo denso che si diffuse intorno bloccò la visibilità all’istante.
- Cof cof! Ma cosa… cosa diavolo sarebbe quello?!
- Mi scusi, mi scusi, mi scusiiiii!
- È colpa tua, fottuto prete!
- Ehi, la ‘Stella’ sta scappando!
Approfittando dell’attimo di confusione, la ‘Stella’ si era voltata e la sua piccola schiena scomparve oltre la linea di fuoco della copertura. Alcuni soldati aprirono il fuoco, ma i loro colpi furono ostacolati dal fumo e dall’oscurità e andarono a trapassare l’aria notturna.
A quel punto la battaglia era ormai finita.
I corpi dei morti e dei feriti erano sparsi ovunque e prima che se ne accorgessero, gli unici spari che provenivano dall’interno e dall’esterno della stazione erano quelli della Polizia.
- Verificate i danni!
- Affrettate l’evacuazione dei feriti!
- Non uccidete i prigionieri. Catturateli ed interrogateli
- Lei Padre sta bene?
Il trambusto di quella sera sembrava volgere al termine. Tra le grida che si scambiavano i soldati, Gyula tese la mano al sacerdote che stava tossendo con gli occhi pieni di lacrime.
- Devo ringraziarla, mi ha salvato la vita
- Ah no, non c’è bisogno davvero… piuttosto chi erano quelle persone? Li avete chiamati ‘Partigiani’ giusto?
- Sono dei terroristi crudeli che vivono in questa città!
Disse Radcon con il il volto irritato per essersi lasciato sfuggire il pesce grosso.
- Guidati da colui che chiamano ‘Stella’ hanno assassinato persone importanti, danneggiato strutture pubbliche ed ogni altra sorta di crimine. Sono una dannata feccia!
- Forza, muoviti!
Con le mani giunte sulla testa, un ‘Partigiano’ ferito stava venendo portato via con la forza dai soldati, che lo stavano spingendo violentemente lungo il binario. Si trattava del mitragliere che aveva cercato di aiutare il loro capo a fuggire.
- Salve, buonasera, signor terrorista
Fu Gyula a parlare con tono calmo al volto imbrattato di sangue e fango, guardando con un sorriso gentile l’uomo che era stato trascinato e gettato ai suoi piedi.
- Sono veramente onorato del vostro benvenuto. È bello sapere che siete di buonumore come sempre
- Sei un mostro!
La voce del terrorista sembrò riecheggiare da qualche parte dell’inferno. Con le labbra grottescamente gonfie sputava odio e rabbia, mentre nei suoi occhi non si rifletteva altro che il bel viso di Gyula.
- Mostro maledetto che hai fatto della nostra città la tua tana! Per colpa tua, questa città… ugh
- Contieniti, insolente!
Il terrorista contorse il viso in agonia quando Radcon lo colpì con un calcio nel plesso solare. Un liquido rosso e giallo sgorgò dalla sua bocca ed andò a formare una pozza sul cemento.
- Che mancanza di rispetto nei confronti di Lord Gyula!
- La smetta Colonnello, è ferito
Ancora prima che il sacerdote con i capelli d’argento potesse dire qualcosa, fu la voce di Gyula a risuonare, interrompendo il gigante.
- Se lo colpisce ancora non potrà più dirci molto… Ed inoltre, qualcuno faccia da scorta al prete. Accompagnatelo in chiesa prima che diventi troppo tardi
- Eh? Ah, no, per piacere, non si preoccupi per me…
Mentre Abel scuoteva nervosamente la testa da una parte all’altra in segno di diniego, Gyula alzò la mano di fronte a lui ed ignorò risolutamente le sue parole.
- Non accetterò un rifiuto. Lei è l’uomo che mi ha salvato la vita. Maggiore Iqus, accompagnatelo voi. Fate preparare un’auto
- Affermativo. Da questa parte, Padre Nightroad
- Ah…uhm… mi spiace darvi questo disturbo…
Il sacerdote stava per lasciare il binario seguendo l’inespressivo ufficiale che lo precedeva, quando una voce risuonò alle sue spalle.
- Ah, a proposito Padre…
Il giovane con i capelli neri parlò come se si fosse appena ricordato di qualcosa.
- Volevo chiederle una cosa… prima di essere trasferito qui, che tipo di lavoro faceva a Roma?
- Beh… ero il sacerdote di una chiesa in una zona povera della città, ma l’altro ieri ho ricevuto improvvisamente un’ordine di trasferimento. Non mi hanno nemmeno spiegato il perché sono finito qui… Ah! Cos’avrò fatto di male? Forse c’entra col fatto che mi sono ubriacato e sono stato sorpreso da un mio superiore mentre facevo un sermone ad un tavolo…
- Capisco
Nessuno si doveva essere accorto che prima di rispondere aveva fatto una breve pausa. Gyula, con la stessa calma di sempre, annuì e si inchinò leggermente, come se si stesse scusando per la sua mancanza di cortesia.
- Sono stato scortese a chiedere ad una persona appena sconosciuta qualcosa di così indiscreto. Ora la riaccompagneranno alla chiesa, e mi raccomando, riposi bene stanotte
- Sì, con permesso
Anche dopo che il prete se ne fu andato con un cortese inchino, Gyula continuò a rimanere in piedi sulla banchina del binario, osservando con attenzione le spalle alte che si allontanavano. Solo dopo che la figura di Abel fu completamente scomparsa fuori dall’edificio della stazione, abbassò gli occhi sul terrorista ancora inginocchiato ai suoi piedi.
- Ah, ora che mi sovviene… Non ho ancora udito la tua storia, non é vero?
L’uomo non ebbe nemmeno il tempo di aprire la bocca quando una mano aggraziata si protese delicatamente verso di lui, afferrando saldamente il suo mento e sollevandolo in aria.
- Cosa stavi cercando di dirmi? Se ricordo bene, mi hai chiamato ‘mostro’ o qualcosa di simile
Aveva una forza straordinaria. Con un solo braccio aveva sollevato un uomo, dimostrando un potere chiaramente sovrumano. Tuttavia, negli occhi spalancati dell’uomo appeso in aria non c’era stupore, ma un’inconfondibile paura. Erano gli occhi di un condannato a morte che sapeva esattamente cosa stava per accadergli.
Le labbra del nobile si aprirono lentamente e tra loro emerse una lingua leggermente appuntita e zanne lucenti, troppo lunghe per essere solo canini. Gyula appoggiò delicatamente il suo viso al collo dell’uomo, come se stesse per assaporare un bicchiere di vino.
- F… fermati…
Ma il grido dell’uomo si interruppe improvvisamente, come se fosse stato reciso.
Un suono nauseabondo riecheggiò sul binario, e prima che potesse rendersene conto, il suo corpo si irrigidì e gli arti si tesero, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica. Anche se le mani ed i piedi rigidi continuavano a muoversi violentemente, Gyula mantenne il viso vicino al collo dell’uomo. Ma la sua gola pallida si muoveva in modo inquietante e le gocce che colavano dall’angolo delle sue labbra formavano una pozzanghera rossa sul pavimento.
Emettendo un grido soddisfatto e soffocato, il giovane nobile alzò finalmente il viso. I bulbi oculari del terrorista stavano come uscendo dalle loro orbite, e non c’era più un briciolo di vita sul suo volto, che ora somigliava alla calce viva. Non appena Gyula sciolse la presa, crollò a terra come una bambola di carta e non si alzò più.
- Sicuramente il sangue era abbondante, ma il sapore lasciava a desiderare… La ‘Stella’ invece? La prossima volta farò un confronto fra i vostri due sapori
Sussurrò Gyula dolcemente all’uomo a terra, che continuava a contorcersi leggermente nella pozza del suo sangue, ma ovviamente non ottenne alcuna risposta.
- Mph, maledetto Terran inferiore. La ‘nostra città’? Non farmi ridere. Questa è la ‘mia città’. Colonnello!
- Sissignore!
I soldati, i cui volti erano coperti di sudore, non riuscivano a nascondere le loro espressioni di paura. Tra loro, un uomo enorme si precipitò in avanti, confuso. Gyula, pulendosi le labbra, diede un ordine.
- Dica ai nostri informatori di indagare immediatamente su quel prete. Quell’uomo mi preoccupa per qualche motivo
- Signorsì!
Radcon sembrò voler dire qualcos’altro, ma si inchinò rispettosamente e nascose la sua espressione. Dietro di lui, i soldati stavano raccogliendo i cadaveri che giacevano a terra. Ignorando completamente la paura ed il disgusto sui loro volti, Gyula si voltò e si incamminò a passo spedito lungo il binario.
Dannato Vaticano! Avranno capito qualcosa?
Non gli risultava ci fossero posti vacanti nell’unica chiesa della città, la Chiesa di San Mathias. Ed inoltre, l’arrivo di un nuovo prete da Roma proprio quando tutto era pronto per l’ ‘evento’ era troppo sospetto.
- Il Vaticano non è in grado di fermarmi… Detto questo, è comunque meglio eliminare il prima possibile qualsiasi elemento di disturbo
Probabilmente sarebbe stato meglio avvertire anche l’informatore, per sicurezza. Se davvero quel prete era un cane del Vaticano…
Beh, se fosse vero, allora così sia. Non ha importanza.
Gli era sembrato davvero un uomo gustoso.
Le labbra del nobile si schiusero e per un attimo apparve una lingua appuntita.
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Ragazza dai Capelli Lunghi
ragazza con i capelli lunghissimi mossi e bianchi, raccolti in una acconciatura a trecce, occhi grigi, pelle pallida
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imgvai237 · 2 days ago
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imgvai7 · 5 days ago
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ilregnodellaquercia · 4 months ago
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2. Ewnel
La notte avvolgeva ogni cosa in un abbraccio gelido e silenzioso. Edelwen avanzava con passo misurato, una presenza discreta nella foschia che si alzava dal mare vicino. La sua figura, alta e slanciata, si stagliava appena nella nebbia che la circondava, confondendola con il paesaggio spettrale. I capelli, lunghi e di un blu intenso, ondeggiavano lievemente alle sue spalle, mossi dal ritmo costante del suo camminare. L'arco lungo riposava contro la faretra, saldo e pronto, mentre ogni muscolo del suo corpo era teso, attento.
Il mare, alla sua sinistra, mormorava una melodia antica che le infondeva una calma relativa, pur mantenendola all'erta. L'umidità dell'aria era pregna di salsedine, e il banco di nebbia sembrava una presenza viva, un confine mobile che celava segreti e insidie. Edelwen preferiva il silenzio, lasciando che il suono dei suoi stivali sul terreno roccioso fosse la sola compagnia in quella notte avvolta dall'oscurità.
La grotta comparve davanti a lei come un'ombra distinta, una fessura scura nel candore lattiginoso che la circondava. I suoi occhi, bianchi come stelle, si soffermarono sui contorni della sporgenza, mentre il suo respiro si faceva lento e controllato. Qualcosa in quell'antro attirava la sua attenzione, una promessa di riparo forse, ma anche una minaccia nascosta. Edelwen rallentò, i movimenti cauti e calcolati. La mano sinistra scivolò lungo la faretra, sfiorando le piume nere di una freccia, pronta ad afferrarla al minimo segno di pericolo.
Fu allora che un suono quasi impercettibile la raggiunse. Passi. Leggeri, ma non meno decisi. Edelwen si fermò, trattenendo il respiro. I suoi occhi scrutarono la nebbia, cercando l'origine di quella presenza. Quando finalmente la sagoma di un altro elfo prese forma, a pochi metri di distanza, il cuore di Edelwen accelerò per un istante, ma il suo viso rimase impassibile.
L'altro elfo era un'ombra spettrale, i capelli chiari quasi argentati che riflettevano quel poco di luce lunare filtrata dalla nebbia. Il suo sguardo sembrava quello di una creatura abituata a navigare tra misteri e conoscenze, ma la sua postura tradiva stanchezza e un'inconsapevole vulnerabilità. Quando si accorsero l'uno dell'altra, Edelwen osservò l'elfo sobbalzare e arretrare con un grido soffocato, quasi incredulo. Un'esclamazione rotta dalla sorpresa e dal timore.
«Grande Tull!», proruppe l'altro, la voce tremante e spezzata. Edelwen si limitò a inclinare la testa di lato, lo sguardo indagatore che lo attraversava con calma predatoria. La mano che aveva sfiorato la freccia si rilassò leggermente, ma rimase vicina alla faretra. L'arco, ora saldo nella sua presa, era pronto a essere alzato in un attimo.
«Chi siete?», chiese infine con un tono basso e melodico, un accento esotico che spezzava la monotonia della notte. Non era una vera e propria richiesta; più un avvertimento mascherato da cortesia.
L'elfo esitò, deglutendo, ma si riprese con una certa grazia. Il suo respiro si calmò mentre si chinava leggermente, un gesto rispettoso, forse inconsapevole. Estrasse un medaglione dal petto e pronunciò parole in una lingua antica, ricca di potere. Edelwen lo osservò con attenzione, riconoscendo l'invocazione. La nebbia attorno alla mano dell'altro iniziò a condensarsi, catturando i raggi della luna e trasformandoli in una sfera di luce lattiginosa.
La grotta, il mare e i loro volti si illuminarono appena sotto quel chiarore spettrale. Edelwen rimase immobile, gli occhi socchiusi per adattarsi alla nuova luminosità. Non c'era paura nel suo sguardo, solo una fredda curiosità.
«Un trucco interessante» mormorò, lasciando che la lingua elfica conferisse alle sue parole un suono musicale. Non abbassò la guardia, però. La luce le rivelava meglio l'aspetto dell'altro: occhi grigi screziati di blu, capelli che ricordavano l'alba su un paesaggio innevato. Un altro elfo, sicuramente, ma con origini diverse dalle sue.
«Edelwen.» disse infine, come se fosse costretta a dare il proprio nome. Il tono era basso e controllato, la sua figura ancora statica e attenta.
L'elfo annuì, un sorriso appena accennato comparve sul suo volto pallido. «Ewnel» si presentò a sua volta, con un inchino appena più marcato. «Forse è destino che ci incontriamo, Edelwen.»
Lei non rispose, mantenendo una distanza prudente. Gli occhi candidi sondarono la grotta che si apriva alle loro spalle. «Il destino non è mai affidabile. Cercate riparo o qualcosa di più?»
«Riparo» rispose lui, sincero. La sua voce sembrava guadagnare stabilità, la tensione lasciava spazio a una calma meditativa. «E voi, Edelwen? Siete qui per lo stesso motivo?»
Lei scrollò le spalle senza dare una reale risposta. E mosse un cenno del capo verso la grotta. «Vedremo cosa ci offrirà la notte.» Con quella criptica risposta, avanzò, lasciandosi la sfera di luce alle spalle, pronta a esplorare l'oscurità che li attendeva.
La pioggia iniziava a cadere, gocce fredde e insistenti che punteggiavano il terreno e scivolavano lungo le rocce della grotta. Edelwen avvertiva l'umidità crescere, ma la sua attenzione rimase ferma sulla strada davanti a sé. La grotta si apriva in un antro più ampio, dove le pareti di pietra erano cosparse di muschi lucidi. La luce della sfera che Ewnel reggeva si rifletteva in mille sfumature argentee sulle stalattiti che pendevano dal soffitto.
Senza dire una parola, Edelwen avanzò, tracciando un lento cerchio lungo il perimetro della stanza. Il suo arco rimaneva saldo nella mano sinistra, mentre la destra era pronta a tendere la corda in qualsiasi momento. I suoi occhi candidi si soffermavano su ogni dettaglio, alla ricerca di segni di vita o di pericolo. Dietro di lei, i passi di Ewnel erano appena percettibili, il suo respiro misurato.
Quando si avvicinò a una pozza d'acqua, Edelwen si fermò, chinandosi leggermente per osservare il riflesso tremolante. Le gocce delle stalattiti disturbavano la superficie in un ritmo ipnotico. La sua voce ruppe infine il silenzio: «L'acqua sembra profonda. Dovremmo essere prudenti.»
L'elfo annuì, avvicinandosi con la sfera di luce che illuminava la pozza. «Non ho i mezzi per sondare ciò che si nasconde al suo interno,» disse, il tono calmo ma con un accenno di rassegnazione. «Purtroppo, i miei incantesimi sono limitati a piccole manifestazioni di luce e calore.»
Edelwen alzò lo sguardo su di lui, mantenendo la sua espressione seria. «Non sempre serve una grande magia per affrontare l'ignoto. La pazienza e la prudenza sono altrettanto preziose.» Le sue parole erano un monito tanto quanto un invito a non sottovalutare ciò che li circondava.
Ewnel si concesse un sorriso appena percettibile, poi annuì. «Saggio consiglio. Dovremmo prepararci a passare qui la notte. Almeno finché la pioggia non cesserà.»
Lei non rispose subito. Invece, si sedette su una roccia vicina, posizionandosi in modo da avere una chiara visuale della stanza e dell'ingresso della grotta. La sua postura era rilassata solo in apparenza, mentre la mano sinistra continuava a stringere l'arco, e la destra era pronta a muoversi in caso di necessità. «Allora restiamo qui. Ma non abbassate la guardia. Le notti in luoghi come questo possono riservare sorprese.»
Ewnel si sistemò poco distante, lasciando che la luce della sua sfera rischiarasse ancora per qualche minuto prima di affievolirsi. «Dama Edelwen, mi affido al vostro giudizio. Terrò gli occhi aperti.»
Mentre la luce si spegneva gradualmente, Edelwen rimase immobile, con lo sguardo fisso sulla pozza d'acqua. «Non sono una dama.» Il suo fu più un mormorio che un modo per contraddirlo. La pioggia continuava a cadere, un ritmo monotono che accompagnava i loro respiri. La notte si distese su di loro, avvolgendoli nel suo manto, e i loro pensieri si persero nel silenzio che li circondava.
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mylifeisapennyroyaltea · 8 months ago
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Fulminacci - Occhi grigi (con Giovanni Truppi)
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Perché alla fine
Quanto ti ho voluto bene
Lo vedi proprio da quanto sto bene adesso
Lo so è l'inverso di quello che diresti
Cioè, io più sto bene ora più vuol dire che
Sono stato bene con te
Perché alla fine
Quanto ti ho voluto bene
Lo vedi proprio da quanto sto bene adesso
Se non ci credi lo dico lo stesso
Io più sto bene ora più vuol dire che
Sono stato bene con te
Domani sera facevamo dieci anni
Se questa storia era un bambino, c'aveva una vita davanti
Mica i capelli bianchi
E invece è un pastore maremmano che un anno di vita sono sette di un uomo
Quindi tanti
Vorrei sentire la tua voce ma ho perso
L'udito come uno dopo un concerto
Che se ne accorge a letto
Occhi grigi
Occhi di ciminiera
Secondo te sapevamo già come finiva dalla prima sera
Occhi grigi
Bocca di primavera
Ti prego dimmelo ancora una volta
Quand'è che una cosa è vera
E se è vero che è vera soltanto nell'attimo in cui ti succede
O è appena successa
E poi, non è più la stessa
A volte penso mi sarebbe piaciuto
Fare una figlia e poi vederla indossare il tuo stesso vestito
Essere tuo marito
Uno che c'è se c'è bisogno di aiuto
E invece guarda questa faccia da lupo incatenato
Occhi grigi
Occhi di ciminiera
Secondo te sapevamo già come finiva dalla prima sera
Occhi grigi
Bocca di primavera
Ti prego dimmelo ancora una volta
Quand'è che una cosa è vera
E se è vero che è vera soltanto nell'attimo in cui ti succede
O è appena successa
E poi, non è più la stessa
Perché alla fine
Quanto ti ho voluto bene
Lo vedi proprio da quanto sto bene adesso
È una bugia ma lo dico lo stesso
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riccardofranchinilucca · 9 months ago
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☕️ BAR CIVILI. LIVORNO Stasera Il ponce a Livorno quindi Civili. Bar Civili. Entri e respiri storia fumo degli anni passati, respiri il grigio delle carte da briscola, respiri l’alcool del ponce e il suo caffè. Il profumo dei tavoli di legno impregnato di vita di gomiti. Storia di calcio e imprese attaccate ai muri ai soffitti. Storie piene di polvere ma che fiere si mostrano. Cimeli di ricordi. E’ frequentato da tutti, anziani bianchi nei capelli e grigi nei vestiti. Da giovani per briscola e chiacchiere. Mani scure da mare e pesca. Si azzuffano in macchinette ai tempi sconosciute. E per tutti da sempre ponce ponce ponce. Per noi ponce e king Kong e poi probabile la scimmia e cinquanta minuti di ricordi in bianco e nero e carte. 🇬🇧 The ponce in Livorno is Civili. Bar Civili. You step inside and breathe in the history, the smoke of years gone by; you breathe in the gray of briscola cards, you breathe in the alcohol of the ponce and its coffee. The scent of wooden tables soaked with life, of elbows resting on them. History of football and feats plastered on the walls and ceilings. Stories full of dust, but proudly on display. Relics of memories. It's frequented by everyone—elders with white hair and gray clothes. Young people for briscola and chatter. Hands darkened by the sea and fishing. They wrestle with machines once unknown. And for everyone, it's always been ponce, ponce, ponce. For us, ponce and King Kong, and then probably the monkey, and fifty minutes of black and white memories and cards. 👉 Bar Civili 1890 🎯 Bar Storico 💶 Ponce 3 € 🚗 Via del Vigna 55 Livorno ☎️ 0586 401332 ❤️
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givemeanorigami · 9 months ago
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Dopo essere inciampata in un threads di donne con i capelli grigi in "giovane" età che hanno smesso di farsi la tinta, nonostante continuino tutti a dirglielo, ho capito di invidiarle.
No, non perché hanno smesso di farsi la tinta, alla fine non ho sviluppato l'ossessione di tingermi e di coprire il sempre crescente numero di capelli bianchi, nonostante mi venga fatto notare sempre più spesso. No, le invidio perché i loro capelli hanno un colore unico e ben definito, mica come me che al naturale sarei di un colore mai identificato con chiarezza, c'è chi dice castano chiaro e chi biondo cenere, io parlo sempre di color topo perché quello è, con riflessi - e pure qualche ciocca - bionda, e con annessi capelli bianchi.
Pure io voglio la mia natural silver hair era, ma qua pare più mani di bambino che ha colorato era.
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farmahope · 10 months ago
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