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Caffè Romanzato
Cos'è questo Caffè Romanzato? È un blog di Tumblr, che verrà aggiornato ogni qualvolta sarà ritenuto opportuno. Cosa conterrà questo blog di Tumblr? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diverse Autrici, tutte cose dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno scritti questi post? Con ogni stile che non annoi. E fino a quando avete intenzione di continuare questo Blog? Fin quando saremo motivate. Con quale scopo avete dato vita a questo progetto? Lo scopo di una gradevole occupazione per noi, lo scopo di far del bene alla nostra Città, lo scopo di diffondere notizie e curiosità ai nostri Colleghi Universitari, divertendoli come già altrove fanno su internet, Facebook, Tumblr ed altri social. Ma perchè chiamate questo blog Caffè Romanzato? Ve lo dirò, ma andiamo a capo. Un gruppo di matricole di Modena, provincia riposta fra Reggio Emilia e Bologna, soffrendo il tedio e l'ansia, che tutti gli studenti patiscono dacchè si sono iscritti all'Università, e conservando quei pochi spiccioli malgrado la disoccupazione, decisero d'abbandonare il Dipartimento: girarono per diversi vicoli del centro; videro Piazza Grande e molto si trattennero in Largo Sant'Eufemia, dove spesero parte dei loro soldi in Caffè Romanzato, del più squisito che si possa trovare a Modena; quindi il gruppo prese a stabilirsi al Bar. In questo bar si beve un Caffè Romanzato che merita davvero il nome di Caffè: Caffè macchiato vero verissimo, e con una spruzzata di cacao che, chiunque lo prova, quand'anche fosse l'uomo più grave, l'uomo più plumbeo della terra, bisogna che per necessità si risvegli, e almeno per una mezz'ora diventi uomo ragionevole. In questo bar vi sono comode sedie e tavolini, vi si respira un'aria sempre tiepida e profumata che consola; la notte è illuminato, cosicchè brilla in ogni parte l'iride nelle vetrine e nelle bottiglie di vino sospese alle pareti e in mezzo al bancone; in questo bar, chi vuol mangiare, trova sempre tigelle ed affettati, insalate, noccioline, patatine e vari altri; in questo bar, chi vuol bere, trova per allietarsi Mojito, Long Island, prosecco e simili buoni vini, i quali fanno che gli uomini che prima erano Romani, Fiorentini, Genovesi o Lombardi, ora siano tutti a stento Italiani; in questo bar vi è più di un buon caffè, che decide le questioni che nascono nelle nuove relazioni; in questo bar, infine, si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri irragionevoli, si discute, si parla, si scherza, si è seri; e noi, che per naturale inclinazione parliamo molto, ci siamo divertite a registrare tutte le scene interessanti che vi vediamo accadere, e tutti i discorsi che facciamo degni di registrazione; e siccome ne abbiamo già ordinato qualcuno, li pubblichiamo in rete col titolo Caffè Romanzato, poiché sono nati appunto attorno ad un Caffè Romanzato.
(La presentazione di questo blog è chiaramente un omaggio a Pietro Verri e alla sua rivista letteraria Il Caffè, 1764)
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PAGINA 1
Si era svegliato tardi. Guardò l'ora proiettata in maniera sbilenca sul muro. Aveva un delizioso deserto davanti a sé. Una giornata senza lavoro. Pigramente si era dedicato alle abluzioni del mattino ma non si fece la barba. Bevendo il primo dei suoi innumerevoli caffè guardò attraverso i vetri la pioggia che lavava l asfalto sul quale stazionava la sua auto,sporca. In quel momento osservò una donna che poggiava sotto il tergicristallo qualcosa, forse un foglio o una busta. Cosa misteriosa ed inquietante pensò. Cercò di ricordare se quella figura femminile stretta nell'impermeabile fosse da lui conosciuta. Ma niente. Non riconosceva in lei nessuna.
Si vestì malamente ed in fretta per precipitarsi giù in strada per capirci qualcosa. Strappò dal parabrezza una busta plastificata.
Sotto l acqua battente tirò fuori un foglio piegato. Lesse prima che l inchiostro impiastricciasse tutto.
C'era scritto:
"tempo fa le chiesi un un'appuntamento,lei mi disse che non poteva vedermi perchè troppo pieno. Ero disperata. Decisi di fermarmi con la mia auto sotto al suo studio per cinquanta minuti, due volte alla settimana a parlare con lei. Sono tre anni che faccio questo e volevo ringraziarla perché adesso mi sento cambiata e sto decisamente meglio. Ho lasciato mio marito e vivo sola. Il mio lavoro adesso mi piace e vivo bene la mia solitudine. Grazie dottore, senza di lei non ce l'avrei fatta."
Nessuna firma nè nome e cognome.
Sorrise pensando che quella forse era stata la terapia migliore che aveva condotto.
A volte bastano i fantasmi e le fantasie per guarire dalla vita.
(da un fatto raccontato dallo psicoanalista Cesare Musatti e da me romanzato)
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Il nostro è un amore noioso. L’amore spettacolare è travagliato. Quello raccontato dai film e le canzoni, quello scritto sui muri con le bombolette, e narrato nei libri più famosi è un amore turbolento. Perché la passione la si immagina come un fuoco, un sentimento che arde e scava, logora e corrode fino a consumarti l’anima. Può essere violento, muto e non rivelato, urlato, oppure soffocato in mille fazzoletti se non corrisposto. L’amore romanzato è il dipinto di una perpetua sofferenza intervallata da attimi di calma, che scambi per gioia perché si sa, uscendo da una macchina lasciata 10 ore sotto al sole, anche l’aria di ferragosto sembra fresca. E con te invece è sempre stato tutto facile, troppo. Io mi aspettavo che l’amore andasse conquistato, che ci si dovesse guadagnare quell’angolo di felicità che permette di arrivare a fine giornata senza che il mondo ci faccia troppo male. Eppure non ti ho mai dovuto inseguire mentre fuggivi all’aeroporto, non ho dovuto competere con una malvagia rivale che ti teneva soggiogato, non ho dovuto perderti e venire a cercarti fino all’inferno. Noi ci siamo trovati e presi per mano. Senza gesta eclatanti, senza ardimentose imprese o insostenibili drammi. Abbiamo iniziato a camminare insieme perché stando vicini la strada diventava sempre più bella. La gioia che mi dai non è l’euforia di una dipendenza tossica, non è la botta di up dopo il periodo di down o la calma che segue una tormenta. La nostra è una felicità centellinata, fatta di giornate monotone ma piene di sorrisi. Il primo quando ti vedo arrivare la mattina e l’ultimo quando ti saluto la sera. È la risata che mi fai fare nei 10 minuti della pausa caffè, le rughe che ti si formano sulla fronte che aggrotti perché ti provoco appositamente. Sono le carezze che mi fai sul viso quando guardiamo un film sul divano ed il tuo sguardo stanco quando a sera tarda ti rimetti a lavorare. Se l’amore per gli altri è un fuoco a me il caldo non è mai piaciuto.
E tu non bruci ma disseti.
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Death Note(flix)
Il 25 agosto, dopo essere tornata a casa dal lavoro ed essermi finalmente messa comoda sul letto armata di telecomando, ho effettuato l'accesso su Netflix e BOOM, in primo piano mi ritrovo il tanto discusso quanto atteso film targato Netflix "Death Note", tratto dall'omonimo manga (e successivamente anime) giapponese di Tsugumi Ōba e Takeshi Obata.
Cos'è "Death Note"?
Non c'è bisogno di essere fanatici dei fumetti o dei cartoni nipponici per conoscere Death Note. Tant'è vero che tutti abbiamo, almeno una volta, sentito parlare del celebre anime, che è forse uno dei più noti in assoluto.
(nota bene: d'ora in avanti quando parlerò di Death Note mi riferirò esclusivamente all'anime poichè, ahimè, non ho mai avuto l'occasione di leggere il manga)
Light (o Raito) Yagami è un intelligentissimo studente delle superiori che si ritrova fra le mani un Death Note, ovvero un quaderno nero con poteri soprannaturali, lasciato cadere sulla Terra da Ryuk, uno Shinigami (dio della morte n.d.r.). La caratteristica principale del Death Note consiste nel dare al suo possessore la possibilità di uccidere chiunque semplicemente scrivendone il nome sul quaderno, figurando il volto della vittima onde evitare eventuali problemi di omonimia. Una volta compreso il meccanismo del quaderno, Light intende utilizzarlo per fare piazza pulita da tutti i criminali, facendo del mondo un posto migliore. Ma Kira (nome da "giustiziere" utilizzato da Light) verrà contrastato non solo dalla polizia, ma anche da un abile investigatore privato conosciuto come L.
Polemiche sulla versione americana
Il 22 marzo è stato rilasciato il primo teaser trailer dell'omonimo film prodotto da Netflix. Bene o male gli schieramenti presenti fra i commenti del video erano due: da un lato i fan fedeli all'originale che si opponevano fortemente all'americanizzazione del prodotto giapponese, dall'altra alcuni fan curiosi ma comunque molto scettici al riguardo. Ma, una volta annunciato che l'attore che avrebbe interpretato L sarebbe stato nero, anche quei pochi fan cautamente curiosi si sono schierati con i loro kyōdai (fratelli e sorelle n.d.r.), formando un'unica fazione anti-Netflix.
Del resto Death Note, per la complessità della storia e per la caratterizzazione dei personaggi tanto amati, è un prodotto molto delicato con cui trattare ed implica esclusivamente due approcci alla realizzazione di un eventuale "remake":
Riproduzione fedelissima della storia, che resta comunque un enorme rischio da correre poiché, a prescindere, è impossibile riproporre una rappresentazione cinematografica migliore dell'originale, nemmeno avendo a disposizione una serie televisiva intera e una Produzione con la "P" maiuscola;
Prendere il concetto "Death Note" (e non l'opera originale) ed utilizzarlo per creare un'altra storia.
Ma cos'ha fatto Netflix?
Eppure la piattaforma americana di streaming ha optato per una terza (e sbagliatissima) via. All'inizio del film infatti sembrava che Netflix stesse cercando di occidentalizzare la storia originale, tenendo addirittura i nomi originali dei protagonisti.
(tra l'altro vorrei sapere quanti ragazzi americani si chiamino realmente "Light")
Dopo un po' però sembra che gli autori si siano resi conto che era impossibile riassumere la bellezza di trentasette episodi in cento minuti scarsi di film, decidendo dunque di proseguire con una trama che non ha nulla a che fare con il prodotto originale. Inutile dire che la storia ha perso completamente i ragionamenti strabilianti, l'analisi psicologica dei personaggi e l'ansia provata dallo spettatore, caratteristiche fondamentali dell'opera, per dare spazio ad un'insulsa e malata storia d'amore (con relativa "quagliata"), trasformandosi inevitabilmente in un teen movie che culmina con un'americanata alla Final Destination.
Personaggi
Light Turner (interpretato da Nat Wolff) Light dovrebbe essere il ragazzo più sveglio della scuola, così sveglio da diventare un serial killer senza mai farsi scoprire per ben trentasette episodi. Eppure nel film non mi è sembrato poi così brillante, anzi, tutt'altro: se non ci fosse stata Mia, il film si sarebbe concluso al minuto 10. Solo verso la fine Light ha mostrato un briciolo di furbizia, ma, nonostante questo, resta uno dei personaggi peggiori del film.
Mia Sutton (interpretata da Margaret Qualley) Mia dovrebbe essere la versione americana di Misa Amane, una famosa ed infantile modella in possesso anche lei di un Death Note e perdutamente innamorata di Kira, il quale la userà solo per epurare il mondo dal male. Nel film però Mia (che mi ha ricordato vagamente Effy Stonem, il personaggio di Kaya Scodelario in Skins) risulta forse la più furba e scaltra della storia, accecata infine dalla sete di potere che la condurrà alla morte. Sotto questo punto di vista si potrebbe dire che il vero Light del film in realtà è proprio Mia.
L (interpretato da Lakeith Stanfield) L è un eccentrico e pallido ragazzo (e da qui le critiche sulla scelta dell'attore americano) con un folto cespo di capelli neri e occhiaie perenni, il quale si dà il caso essere uno dei migliori investigatori privati al mondo. All'inizio sembrava che la versione americana di L fosse davvero fedele al personaggio originale, infatti sono stati riportati sullo schermo gli stessi tic presenti nell'anime quali la mancanza di sonno, la passione per i dolciumi, la tipica "seduta" di Lawliet e, anche se solo per una breve sequenza, un'inquadratura del detective scalzo. Purtroppo però alla fine ci si allontana da quella che sembrava la riproduzione ideale di un L americano, rendendolo troppo emotivo e addirittura impulsivo. Peccato.
Ryuk (doppiato da Willem Dafoe) Ryuk è lo Shinigami amante delle mele che fungeva da "linea comica" dell'anime. Infatti, sebbene fosse un dio della morte, ha sempre fatto sorridere, alleggerendo la tensione che man mano si accumulava nel corso degli episodi. Nel film è un personaggio (anche visivamente) più cupo rispetto all'anime e non è affatto comico. Mi è piaciuto molto il doppiaggio di Dafoe, anche se graficamente forse preferisco il Ryuk della serie Live Action (sebbene l'animazione presente nel film sia più fluida e realistica).
Watari (interpretato da Paul Nakauchi) Watari è l'intermediario fra L e il mondo, sebbene talvolta rivesta il ruolo di maggiordomo del ragazzo. Il Watari del film non mi è dispiaciuto affatto, anzi, l'ho trovato il personaggio più simile all'opera originale.
In generale…
Il prodotto Netflix sembra essere stato realizzato molto di fretta e senza un'idea ben chiara su cosa fare e come svilupparlo. In un'ora e quaranta sarebbe stato possibile sviluppare una storia originale e ben curata nei dettagli, glissando tranquillamente su una storia d'amore non necessaria in modo da non doversi ritrovare ad inventare nuove regole del Death Note per coprire buchi di sceneggiatura o semplicemente per far proseguire la trama. Insomma, con uno studio migliore del concetto e con degli sceneggiatori attenti, sarebbe stato possibile realizzare un prodotto di gran lunga più accettabile anche per i fan più accaniti.
Tutto sommato è un film scorrevole e leggero, perfetto durante un pranzo ad esempio. Probabilmente è più adatto a spettatori che non hanno mai visto l'anime: potrebbe infatti incitarli a guardare l'originale.
P.S.: Caro @Netflix, gradiremmo molto che venisse ripristinato l'anime sulla vostra piattaforma. Arigatou gozaimasu.
Laura
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