Tumgik
#borsa porta-dischi
Text
Decisi di andare in missione da Tune Spin in cerca di una borsa porta-dischi. Nessun Dj al mondo può farne a meno: a) per portare i vinili (ovvio!) b) per far capire qual è il tuo stile. E, cosa più importante di tutte, c) è il portafortuna che DEVI avere per la tua prima esibizione dal vivo!!
[...] indicandone una argentata con un logo circolare nero con su scritto "Disc Power".
Cit. "Voglio fare la Dj!"
Tumblr media
3 notes · View notes
la-scigghiu · 3 years
Photo
Tumblr media
Era nelle piccole cose fatte di olfatto nei fogli spezzettati agli angoli delle strade rintocchi brevi di campana e tratti pavè consumati di viuzze clonate a portici scuri, pilastri nudi. Era nelle piccole cose arrotolate in borsa fiumane scritte a crittogrammi stempiati whatsapp piccole cose al mercantino antiquario -amavi gocce di topazio e anelli screziati- Era nelle piccole foglie ad ago, l’aria rarefatta senza caffè oppure ore transennati altrove. Mordere attimi e labbra come scorza succhiata dopo l’aperitivo nascosto all’angolo remoto del bar- nocciole, prosecco e brevi solfeggi tra le dita. Era in quelle piccole cose l’azzurro rubato.  Frammenti a falde larghe immaginando quiete eppure nessuna pietra scivola sotto tomaia - ancora ancora non stride il canto del cigno sulla porta, corale senza organo riporta suoni appena sussurrati. Dischi a bocche chiuse e poi aperte al bacio, dettagli spalmati nelle soste come gioco dell’oca. Era nelle piccole cose il pianto, il fiato condiviso in quelle piccole isole il volo
               .🦋.
Enzo Bacca - ph. Peter Turnley
4 notes · View notes
carolinerecords · 4 years
Text
PATRICK ALEOTTI
Tumblr media
Patrick Aleotti, vive a Modena dove lavora come grafico. Parallelamente al suo lavoro porta avanti un progetto personale di illustrazione, disegno e pittura legato alla scena musicale indipendente (ma non solo). Potete vedere i suoi lavori su www.patrickaleotti.com.
Nel 2015 insieme all’amico Gianluigi Rivasi ha creato Nervi Cani, una piccolissima casa editrice ed etichetta musicale che pubblica Fanzines, Libri d’Arte e Cassette (www.nervicani.com). Sono appena usciti con una compilation contro lo sconforto da corona virus, Hidden sounds behind the window, che potete ascoltare su nervicani.bandcamp.com.
1 - Ti svegli su un isola deserta. No panic: hai potuto portare con te tre cose e una di queste è un album.
- Direi “Eastern Sounds” di Yusef Lateef. Riesco già ad immaginarmi mentre mi costruisco una capanna di palme sulla spiaggia con in sottofondo “The Plum Blossom”, la prima traccia del disco.
2 - On the road: c'è un’ autoradio con dentro una musicassetta. Dentro ci sono almeno tre canzoni da cantare a finestrino aperto.
- Ultimamente sono in fissa con la musica italiana d'annata, quindi direi “Sex Show” di Enzo Carella, “Ti piacerebbe” di Loredana Bertè e “Prendi fra le mani la testa” di Battisti.
3 - Hai rimandato, hai rimandato, ma oggi tocca a te. La playlist dal dentista per non sentire il trapano nelle orecchie.
- Senz'altro tutto “Music For Airports” di Brian Eno in loop :)
4 - Qual è il tuo memorabilia musicale a cui non potresti mai rinunciare?
-  La borsa di Sounds of the Universe, un negozio di Londra molto figo specializzato in jazz, funk, afro, cubana, reggae etc, legato ad una delle più importanti etichette di musica black, la Soul Jazz Records. 
5 - Guilty Pleasure : quella canzone che ti fa vergognare, ma che non puoi proprio fare a meno di ascoltare.
- Guarda non mi vergogno di nulla, ascolto veramente di tutto, dai Discharge a Pino D'Angiò :)
6 - Film o serie tv : questa volta sceglilo per la colonna sonora.
- 
“Un uomo da marciapiede” (Midnight Cowboy) è un film del 1969 diretto da John Schlesinger con Dustin Hoffman, ha una bellissima colonna sonora supervisionata da John Barry. Il disco usato si trova a pochi euro, oppure anche su Spotify, e si apre con Everybody's Talkin' di Harry Nilsson - che è un pezzone. 7 - La chiavetta nello spazio : la band o il musicista di cui la terra non ha proprio bisogno.
- Nutro un odio viscerale per i Muse. Quando sento partire un loro pezzo per radio o alla televisione mi si accappona la pelle, mi innervosisco e mi si rovina la giornata. Trovo i loro dischi barocchi, eccessivi, cafoni, oggettivamente brutti. Maledetti Muse.
8 - Il 1999 per noi Caroline Records è stato l'anno in cui abbiamo cominciato a diventare quello che musicalmente siamo oggi: tu a che punto eri?
- Nel 1999 avevo diciassette anni, ascoltavo principalmente punk, hardcore, ska. Abitando in provincia aspettavo con ansia la patente per girare finalmente per concerti. 
9 - E invece un album degli ultimi 12 mesi che tutti dovrebbero ascoltare?
- “Catarsi Aiwa Maxibon” di Pufuleti uscito per Legno Dischi e “Come La Notte” degli Wow stampato da Maple Death e My Own Private Records. 
10 - Dal vivo: il miglior concerto che hai visto, quello che rimpiangi di aver perso e quello che non vuoi assolutamente perdere.
- Per questioni temporali rimpiango di essermi perso il live di Franco Battiato al Festival Re Nudo a Milano nel 1973, c'è un video su Youtube, dev'essere stato un bel trip. I live migliori li ho visti al festival olandese Le Guess Who? - quattro giorni di concerti in giro per il centro con una proposta musicale molto curiosa e poliedrica. Mi piacerebbe tornarci tutti gli anni, ma visto il tragico andazzo del mondo dubito sarà possibile.
------
Clicca qui sotto per ascoltare l’ultima compilation di Nervi Cani
> >> Hidden sounds behind the window
Tumblr media
1 note · View note
arocchi · 4 years
Text
La solitudine
Succede dunque che il nostro Paese, su cui non molla la presa quel maledetto Covid che ha già ucciso oltre 60mila italiani, sia nelle ambasce più profonde perché in queste imminenti vacanze di Natale e giorni contigui saranno lesionati quando non bloccati i rapporti e le relazioni fra parenti e amici. Nessuna trasferta da un Comune all’altro. Nessun girovagare lungo quel meraviglioso Stivale che ha nome Italia. Ristoranti chiusi, ahimè. Non più di due amici potranno bussare alla nostra porta, e peggio che andar di notte per le famiglie numerose, zeppe di nipoti e zii e fratelli et similia che non potranno usufruire gli uni della vicinanza e dell’affetto degli altri. Ciascuno sarà astretto al suo nido di alcuni metri quadri o poco più. Sarà un bel soffrire, ha scritto Mattia Feltri sulla “Stampa”, non poter dividere il pandoro col proprio cognato.Ne sta parlando uno che da decenni non dispone di una famiglia in senso classico, e non se ne duole nemmeno un po’. I miei genitori si separarono quando avevo otto anni. Io e mia madre andammo a vivere in casa dei nonni materni, i quali si separarono quando io avevo quindici o sedici anni. In casa nostra non c’erano i soldi di che comprare né un panettone né una bottiglia di vino, altro che festeggiare così o cosà. Il Natale e date attigue erano giorni come tutti gli altri. Peggio che andar di notte quando da studente poco più che ventenne sono andato a Parigi con una borsa di studio. Per festeggiare uno di quei Natali parigini comprai due yogurt anziché il solo yogurt che costituiva abitualmente il mio pasto serale. Peggio che andar di notte i primi anni romani, dopo che ero fuggito poco meno che trentenne dalla Sicilia dove rischiavo di marcire. Di tutto questo me ne dolevo? Nemmeno un poco. Era la mia vita, e poi c’era che avevo il culto della religione della solitudine. Un culto cui sono stato fedele tutta la vita. Starmene con me stesso, in pace con la mia anima e con i miei pensieri. Fare le povere piccole cose che mi piacciono e mi accendono. Ho detto il culto, e invece avrei dovuto dire il lusso. Assolutamente questo è stato il lusso e la sensazione di onnipotenza della mia vita, starmene per i fatti miei, non sentire il bisogno di associarmi a chicchessia, pensare che da solo ce l’avrei fatta ad appagare i bisogni più profondi del mio essere. Starmene da solo, sì, sì. Quando mi dimisi dal “Manifesto” quotidiano perché mi sembrava allucinante che loro ne volessero fare un quotidiano che fungesse da incunabolo di un futuro Partito comunista più a sinistra di quello in cui militavano tipetti quali Enrico Berlinguer o Pietro Ingrao, non sapevo bene come pagare l’affitto nei mesi prossimi venturi. Me ne strainfischiavo, andava bene così. Per un paio d’anni a casa mia non squillava più il telefono, avevo purtroppo rotto i ponti con la mia generazione. Niente di male, andava bene così. Quando mi dimisi - qualche anno dopo - dal “Paese Sera” dove avevo chiesto invano al mio vicedirettore che non si mettesse in terza pagina un ignobile articolo anti-Craxi di un misirizzi il cui fanatismo ideologico era inumano, ancora una volta pensai che sarebbe stato un problema pagare l’affitto nei mesi venturi. Andava bene così, ci stavo a meraviglia in quella solitudine. Una solitudine che era anche sentimentale. Ricordo il mio imbarazzo nell’attendere una mia amica friulana che sarebbe venuta a Roma e che sarebbe rimasta a dormire a casa. Erano anni che non avevo qualcuno accanto alla notte.Il lusso della solitudine, di coltivare i pensieri che vuoi, di leggere i libri che vuoi, di ascoltare i dischi che vuoi quando vuoi e come vuoi. Il lusso di guardarti allo specchio e di non provarne vergogna. Il lusso di non doverti appoggiare a qualcun altro o di chiedere dei vantaggi a qualcun altro. Il lusso di non fare combriccola o gang o tribù e di contare solo su te stesso, quel poco che puoi contarci. Il lusso ogni volta che ti è chiesto un parere o un ragionamento di non dovere fare “il piacione” nei confronti di nessuno. Il lusso, quando in tv mi chiedono di questo o di quello, di avviare una frase di cui non sai come la concluderai, se a maledire o assolvere questo o quello. Perché ogni volta è come se tu ricominciassi daccapo il ragionamento, e per la prima volta ne traessi le conseguenze. Perché ogni volta e ogni circostanza è diversa da tutte le altre. Se ieri due più due faceva quattro, non è detto che oggi sia la stessa cosa, magari perché hai letto un libro che ti fornisce informazioni di cui sino a ieri non sapevi. Altro che ripetere 365 giorni l’anno lo stesso ritornello, pro-Salvini o chicchessia. Dio che lusso, la solitudine. Imparagonabile a qualsiasi altro.
0 notes
saggiosguardo · 4 years
Text
Credo di averlo già detto in passato ma voglio ripeterlo: una delle cose che preferisco nelle recensioni dei computer è che le puoi scrivere usandoli. In questo momento sono seduto sul divano con il MacBook Pro 16″ sulle gambe, il suo bellissimo schermo davanti agli occhi e la nuova tastiera sotto le dita. Anche il video che trovate in questa pagina è stato montato con lui. Lo sto usando ormai da quattro mesi ed ho voluto attendere questo lungo tempo per poter affrontare tutte le principali attività del mio lavoro, dai viaggi fuori sede all’impiego stazionario sulla scrivania, sia per la produttività quotidiana che per i progetti più impegnativi.
Storia: un rinnovo necessario
Dopo l’ultimo MacBook Pro 15,4″ “Retina” del 2015, l’anno successivo Apple ha introdotto un nuovo design più moderno con uso esclusivo di porte Thunderbolt 3. Con tutta quella banda a disposizione le potenzialità sono aumentate, ma alcune novità non sono state accolte positivamente. Penso all’assenza delle porte standard ed alla conseguente nascita di quella molti chiamano dongle-era; alla Touch Bar che ci ha privato del tasto Esc fisico; all’esclusione del comodo lettore SD; al nuovo delicato meccanismo a farfalla per la tastiera, che a sua volta a portato alla nascita di un programma di richiamo perpetuo. Nei tre anni successivi Apple ci ha consegnato altrettanti aggiornamenti di quel computer, ma senza mai cambiare traiettoria. E con il nuovo chassis più sottile sono venuti fuori anche dei limiti nella capacità di dissipazione. In particolare il thermal throttling ha reso sostanzialmente inutili i processori Core i9 di maggior frequenza, dato che non riuscivano a dare nulla di più di quelli inferiori.
Lavorando solo ed esclusivamente con quel ristretto manipolo di software professionali realizzati da Apple, grossi problemi non ce ne sono mai stati. Final Cut Pro X, ad esempio, è così “furbo” da scorrere fluido anche su hardware sottodimensionato. Merito di una buona integrazione e di un sapiente gioco di priorità, mostrando anteprime a qualità ridotta ed anticipando le richieste di rendering dell’utente con l’attività in background. Inoltre il chip T2 si occupa di molte operazioni di codifica e decodifica, scaricando così la CPU e sopperendo alla bassa potenza delle schede grafiche. Tuttavia il mondo professionale non si può limitare in questo recinto e non si può chiedere a chi sceglie un Mac di lavorare solo con Logic, MainStage, Final Cut, Compressor, Motion (e mi pare di non dimenticarne altre).
A fine 2019 era atteso un altro rinnovo in fascia alta, più corposo degli step intermedi occorsi nel frattempo, e c’era motivo di sperare che fosse finalmente quello giusto. Ma c’era pure la possibilità che finisse male, com’è avvenuto nel 2016: poteva essere posizionato in una fascia di prezzo ancora più alta, non risolvere i problemi alla tastiera ed alla dissipazione, continuare a lesinare su storage e GPU, limitando anche le possibilità di upgrade in fase d’ordine. Tutte cose già successe e che avrebbero deluso ma non stupito. Per fortuna non è andata così ed è solo per questo che mi ritrovo qui a scrivervi dal mio MacBook Pro 16″.
youtube
Configurazione in prova e consigli
Inizio col dire che sono rimasto piacevolmente stupito dal cambio di rotta sulle configurazioni base. Il modello d’ingresso mantiene lo stesso prezzo del precedente 15,4″ ma ha un SSD più che accettabile di 512GB e finalmente anche una GPU moderna, la Radeon Pro 5300M con 4GB. Che un modello nuovo sia migliore del precedente è scontato, ma erano 3 anni che non cambiavano le dimensioni dei dischi e che non si aveva una scheda grafica abbastanza performante anche sulla versione base.
È migliorata pure la situazione lato processori, dato che si parte da un i7 (6-core) che “rende” quasi come l’i9 più potente del vecchio modello. A vedere i benchmark non si direbbe, eppure i miglioramenti nella dissipazione hanno questo effetto ed era ciò che ci auguravamo. Quindi il cambiamento di cui parlo non è solo quello di avere di più a parità di prezzo, bensì è ciò che nell’insieme ci ha portato da un portatile che costava 2799€ ma era inadatto al professionista della creatività ad uno che costa uguale ma va molto bene. Inoltre ora l’utente può scegliere la più potente GPU 5500M anche sul modello base, mentre prima doveva acquistare il top di gamma solo per avere l’opzione della migliore GPU Vega (che richiedeva un ulteriore esborso). Insomma, non è che oggi il MacBook Pro sia diventato di colpo economico, ma sino a poco meno di 6 mesi fa – con l’ultimo modello 15,4″ uscito a maggio scorso – servivano almeno altri 1000€ per poterci lavorare bene nel mio settore.
Notate che se non dovete fare modifiche i prezzi su Amazon sono nettamente migliori:
il modello base si trova spesso sotto i 2500€ qui
il modello top si trova invece sotto i 300€ qui
Finalmente un modello base completo e “conveniente”
Oggi la versione da 16″ base è già adattata a molteplici impieghi professionali, capace di offrire buone prestazioni praticamente in ogni ambito, compreso il montaggio video. Nel mio lavoro ho bisogno di schermi grandi, tante periferiche e velocità, dunque preferisco i computer desktop, ma questo MacBook Pro da 16″ sembra finalmente una buona soluzione per il lavoro fuori casa. Non essendo un rimpiazzo della postazione primaria ho evitato di esagerare con la spesa, e probabilmente sarebbe stata sufficiente la versione base, ma ho reputato che il modello top con upgrade su CPU, GPU ed SSD per 500€ in più potesse portarmi diversi vantaggi concreti.
Questo ha processore i9 8-core da 2,3GHz (i9-9880H), 16GB di RAM, 1TB SSD, GPU Radeon Pro 5500M con 4GB. Volendo tentare di utilizzarlo come postazione principale avrei dovuto aggiungere in opzione almeno i 32GB di RAM (+480€) e scegliere la GPU superiore con medesimo chip ma con 8GB di GDDR6 (+120€). Ricordo che una delle cose che non è assolutamente cambiata nel nuovo modello è che tutti i componenti sono saldati sulla scheda logica, dunque non sono possibili upgrade in un secondo momento, né fai-da-te né tramite l’assistenza Apple.
È interessante notare che è disponibile in opzione anche una CPU superiore, sempre i9 (8-core) ma con una frequenza base di 2,4GHz. Lasciando stare il Turbo Boost, che in un ultra portatile come questo è pressoché un miraggio, ci sono solo 100MHz in più a fronte di una spesa aggiuntiva di 255€, cosa che non reputo conveniente perché si tradurrà in un incremento misero di velocità reale.
Una valida novità per alcuni professionisti è l’opzione RAM da 64GB (+960€), cosa che però risulta utile solo per impieghi particolarmente avanzati e che nel campo video (per mia esperienza) non è necessaria lavorando in 4K. Gli 8GB di memoria GDDR6 sulla 5500M sono invece un’ottima scelta per chi vuole fare di questo MacBook Pro 16″ la sua postazione principale di video editing, anche perché l’opzione non costa tanto (+120€ rispetto quella con 4GB) e la RAM video viene sfruttata anche a prescindere dal suo processore.
L’ultimo elemento su cui si può intervenire in fase d’ordine è il disco che, come ho detto, parte da 512GB nel modello base e sale ad 1TB in quello top. Io l’ho lasciato così dato che non ho intenzione di buttarci dentro tutti i progetti in lavorazione ma solo sistema operativo, applicazioni e librerie primarie. Ovviamente dovrò fare affidamento a dischi esterni per scaricare il materiale video girato, però lo faccio comunque perché così lo sposto più facilmente tra i vari computer. Tuttavia per chi ha bisogno di maggiore capacità Apple ha molte opzioni di storage superiore, ovvero: 2TB (+480€), 4TB (+1200€) e addirittura 8TB (+2640€). Costosissimo ed anche impressionante viste le ridotte dimensioni e le velocità in gioco, ma in pochi ne avranno davvero bisogno e ancora di meno potranno permetterselo, senza considerare le implicazioni nella gestione del backup.
Cosa cambia fisicamente
Come si può facilmente intuire dal nome, il nuovo MacBook Pro 16″ porta in dote un leggero ingrandimento dello schermo, che rispetto al 15,4″ ha 1,5 cm in più sulla diagonale. Si nota subito a colpo d’occhio ma dopo un po’ si dimentica: dopotutto è sin troppo facile abituarsi ai miglioramenti. Rimane però evidente la cornice più stretta sui bordi che conferisce al portatile un’aria più giovane oltre che una maggiore immersività per i contenuti.
La funzionalità torna a vincere sull’estetica
In pianta è cresciuto davvero poco come ingombro, solo mezzo cm in più in altezza e un cm scarso in larghezza. Ho trovato interessanti gli 0,7 mm aggiunti sullo spessore, dato che non si vedeva un incremento di questa misura da anni e, per quanto minima, rende evidente che questa volta la priorità nel design del prodotto è stata data all’efficienza e non all’estetica. Allo stesso modo è salito anche il peso, che passa da 1,83 kg a 2 kg, ma in borsa o nello zaino non si nota. Considerate però che alcune tasche fatte proprio su misura del vecchio modello non sono adatte al nuovo. Ad esempio nella Everyday Messenger di Peak Design il 16″ non entra.
Tastiera: una nuova speranza
Una delle cose più importanti per me è stata la progettazione di una nuova tastiera che ha abbandonato il fallimentare meccanismo a farfalla per ritornare su quello più tradizionale a forbice. Si tratta chiaramente di un nuovo progetto ma che ricorda da vicino le tastiere esterne dei Mac, infatti Apple ha utilizzato la classica nomenclatura Magic Keyboard.
Sono quattro i vantaggi che si ottengono: il primo è che non ci dovrebbero essere problemi di affidabilità e in effetti dopo 4 mesi non ho ancora sentito nessuno lamentarsi di tasti incastrati, falsi contatti e tutte le altre problematiche che affliggevano i vecchi modelli; il secondo è che l’altezza del tasto è leggermente superiore e quindi ti dà finalmente (anzi nuovamente) la sensazione di premere qualcosa di concreto; il terzo è il ritorno del tasto Esc fisico; il quarto i tasti freccia con layout a T capovolta. Quindi è un bel passo avanti e ne sono contento, ma non mi ha convinto al 100%. Il feedback è buono e non è troppo rumorosa, tuttavia scrivendo in velocità mi capita spesso che si perdano delle lettere, in particolare quelle ai lati della tastiera, come se fosse richiesta maggiore forza o precisione. Il meccanismo a forbice aveva tanti difetti ma finché funzionava bastava veramente premere su uno spigolo per far scendere il tasto dritto. Mi auguro che in futuro si riesca a prendere il meglio delle due tecnologie per raggiungere veramente la perfezione, ma ad ogni modo preferisco avere l’affidabilità che garantisce la nuova tastiera del 16″ e non tornerei indietro sulla tecnologia ed il layout del 15,4″.
Ben tornato tasto Esc
Vorrei sottolineare quanto sia prezioso per chi usa molto la tastiera il ritorno del tasto Esc fisico, che è stato ottenuto riducendo la larghezza della Touch Bar. Questo piccolo aspetto ha pesato molto nella decisione d’acquisto perché quello virtuale dei precedenti modelli mi dava un sacco di problemi. La Touch Bar continuo a considerarla un gadget carino ma del tutto inutile. Secondo me Apple dovrebbe metterla in aggiunta rispetto alla riga dei tasti funzione standard o quanto meno dotarla di feedback aptico per dare la sensazione e soprattutto un segnale del fatto che si sia premuto qualcosa, anche se si tratta di un tasto “finto”. Attualmente uso BetterTouchTool per attivare il feedback aptico del trackpad, ma essendo distante rispetto alla Touch Bar non dà una sensazione naturale. Comunque con lo schermino accorciato a sinistra per il tasto Esc e a destra per il Touch ID, ora è molto difficile attivare delle pressioni involontarie.
Trackpad: sempre il migliore
Prima di utilizzare portatili Apple portavo sempre con me un mouse per evitare di usare i pessimi touchpad dei portatili. Ad oggi esistono molti computer di altri produttori che non presentano problemi da questo punto di vista, specie con i driver Synaptic TouchPad, ed anche quello del Surface Laptop 3 mi è piaciuto (recensione). Tuttavia il trackpad dei computer Apple rimane ancora una spanna sopra e quello del MacBook Pro 16″ è davvero il migliore. Grandissimo, preciso, ricco di gesture comode e naturali, fluido in ogni movimento. Inoltre l’assenza del meccanismo fisico lo rende più affidabile e la possibilità di schiacciare in ogni punto è davvero comoda.
Display Excellence
Lo schermo nei computer Apple è uno degli aspetti che viene curato con maggiore attenzione. Un tempo avevamo anche i modelli opachi per i professionisti della carta stampata, che io apprezzavo lavorando in quel settore, mentre attualmente sono tutti lucidi per favorire il contrasto e la riproduzione multimediale. La scelta è un po’ controversa ma la resa è eccellente e considerando che la maggior parte dei lavori di creatività ora sono finalizzati agli schermi è, nel complesso, “ragionevole”. Bello il formato 16″ – anche se è molto più vicino al 15,4″ che al vecchio glorioso 17″ – validissima la risoluzione di 3072 × 1920 pixel con scrivania standard in modalità HiDPI equivalente a 1536 x 960 pixel, che offre un rendering perfetto che non scaletta le immagini o il testo.
Sul fronte della riproduzione colore non siamo di fronte ad uno schermo adatto alla filiera della prestampa, ma per tutti i lavori di fotografia, grafica e video lo trovo davvero convincente. Ha infatti una buona calibrazione di serie, il supporto all’estesa gamma cromatica P3, ottimi angoli di visuale e luminosità eccellente fino a 500 nit. Se non si lavora sulla grafica, e dunque non serve una corrispondenza esatta, sono anche utili le funzionalità True Tone e Night Shift, che adeguano la tinta all’ambiente circostante per ridurre l’affaticamento visivo. E funzionano molto bene.
Possiamo cambiare il refresh rate
Novità importante per lo schermo del 16″ è quella di poter modificare il refresh rate della preferenze, spostandolo dai 60 Hz di default a 59,94, 50, 48 o 47,95. Ovviamente è una caratteristica utile principalmente per i professionisti del video editing, ad esempio per chi lavora i contenuti a 25fps e può vederli con riproduzione perfetta impostando i 50Hz. È interessante anche in riproduzione per lo stesso motivo, dato che ci consente di apprezzare meglio tutti i contenuti non in standard NTSC. Se si sperimenta un po’ bisogna poi ricordarsi di riportare poi il refresh rate a 60Hz per avere il massimo della fluidità sulla scrivania.
Audio: il migliore della classe
Ancor più impressionante dello schermo è il comparto audio. Semplicemente non esistono altri portatili, più o meno costosi, che abbiano una resa migliore. Con i 6 altoparlanti ed un design che consente di ridurre le vibrazioni delle basse frequenze, Apple è riuscita ad ottenere tanto volume, riproduzione pulita ed un bilanciamento sempre molto gradevole. Vedere un video o ascoltare musica con le casse integrate di un portatile non è solitamente una bella esperienza, però con il MacBook Pro 16″ lo è eccome. Difficile aver bisogno del volume massimo ma è apprezzabile che sia così elevato e senza distorsioni. Davvero giù il cappello per Apple.
La medesima attenzione è stata posta anche alla parte di registrazione. Ci sono tre microfoni con una resa davvero incredibile, grazie ai quali si riesce a parlare in modo chiaro nelle chiamate in vivavoce, ma anche a registrare audio per il web e persino voiceover. Ovviamente non è la soluzione definitiva per i professionisti del settore perché è sempre meglio un microfono esterno per chi lavora con podcast, video, ecc.. ma per le attività quotidiane o registrazioni d’emergenza senza dispositivi dedicati, ci offre la migliore qualità del settore.
Video a 720p? Really??
Se per lo schermo, la riproduzione e la registrazione audio si possono solo fare complimenti, c’è invece da storcere il naso nel vedere la videocamera FaceTime HD sempre a 720p. È un vero peccato perché l’attenzione sugli altri aspetti multimediali rende il MacBook Pro 16″ il portatile più valido del mercato e una webcam 1080p sarebbe stata il giusto completamento. Non dico che faccia schifo quella presente e capisco pure che lo spessore dello schermo non consenta molto di più, ma resta il fatto che il video a 720p sia sotto tono rispetto al resto.
Migliorata la dissipazione
Apple è stata duramente criticata per la resa dei processori più potenti nei precedenti MacBook Pro 15,4″. Nei primi esemplari con i9 era davvero una tragedia la regolazione del voltaggio e la dissipazione, portandoli immediatamente a raggiungere il tetto di temperatura e riducendo drasticamente le potenzialità delle CPU più performanti. Con degli aggiornamenti firmware la situazione è leggermente migliorata, ma c’era un evidente problema di progettazione. Con il nuovo chassis del 16″ ed una maggiore attenzione sotto il profilo termico, oggi non ci sono più questi problemi. Bisogna sempre ricordare che si tratta di un ultraportatile leggero e compatto, dunque i laptop da gaming più spessi faranno sempre di meglio, ma qui si è finalmente raggiunto il giusto equilibrio per non sacrificare troppo le performance.
Il modello con CPU i9 8-core che ho scelto ha una frequenza base di 2,3GHz che non solo viene sempre mantenuta ma non scende quasi mai sotto i 3GHz, anche sotto stress prolungato della CPU. Il Turbo Boost massimo a 4,8GHz rimane sostanzialmente un dato di cartellino e si vede solo per pochi istanti, cosa del tutto normale per un portatile di questo tipo, però nelle operazioni brevi ci dà comunque un po’ di sprint.
Se si mette sotto torchio anche la GPU nello stesso momento, i 100W circa che eroga la batteria non sono in grado di tener testa a tutto il sistema, quindi in questi casi il MacBook Pro deve necessariamente ridurre l’erogazione di corrente e il processore può avere picchi minimi di frequenza da 2 GHz o magari inferiori. Non si tratta però di Thermal Throttling ma di limiti fisici che non si possono superare. Va detto comunque che portare al 100% contemporaneamente sia il processore che la scheda grafica è piuttosto raro, nel senso che vorremmo farlo ma pochi software sfruttano così a fondo l’hardware. Nel complesso si è raggiunto un ottimo livello che solo in rare circostanze va a penalizzare le potenzialità ottimali del portatile. E quindi siamo molto molto al di là della pessima efficienza registrata dai vecchi 15″.
Le temperature massime possono essere elevate sotto stress, come da tradizione per i computer Apple, ma siamo sempre nei limiti di sicurezza e il computer non scalda mai sotto le mani. Forse d’estate si potrebbe rivalutare la cosa tenendolo sulle gambe, per il momento mi sto trovando bene. Continuo a ritenere poco utile il processore più potente i9 8C/16T a 2,4 GHz che richiede 255€ in più sul modello top, mentre l’i7 6C/12T del base sembra già più che valido, anche per uso professionale.
Final Cut è così ottimizzato da non saturare l’hardware, Premiere Pro è così poco ottimizzato da non riuscirci
Con i software che sfruttano pesantemente l’hardware, come ad esempio DaVinci Resolve, c’è attualmente un’eccessiva tendenza a far partire le ventole, che non sono troppo fastidiose ma neanche silenziose. Apprezzo che si sia puntato a mantenere il più possibile elevate le performance, ma durante i montaggi video ho trovato necessario l’utilizzo di cuffie. Con Final Cut e Premiere Pro la cosa si avverte di meno, anche se per motivi differenti: il primo è molto ben ottimizzato e non manda l’hardware in saturazione, il secondo è così poco ottimizzato da non riuscirci.
Finalmente GPU moderne
Erano secoli che vedevano nei Mac schede grafiche Radeon della serie 4xx e 5xx: non se ne poteva più! La parentesi Vega è stata utile ad AMD per rimettersi in carreggiata sul fronte tecnologico ma le ha fatto perdere uno dei suoi pochi vantaggi storici: il buon rapporto prezzo/prestazioni. Lo si può vedere nelle Vega 56/64 degli iMac Pro, costose e poco performanti per un computer simile, ma anche per il fatto che nei precedenti 15,4″ le Vega 16/20 fossero disponibili solo come costose opzioni aggiuntive. Di sicuro Apple avrebbe potuto fare uno sforzo in più per evitare di mettere ancora vecchie GPU nelle configurazioni di default dei suoi portatili top tra il 2016 e il 2019, tuttavia una parte della colpa era di AMD.
Con la nuova architettura Navi l’azienda rivale di NVIDIA ha finalmente ripreso la sua competitività. Non ancora nella fascia più elevata ma sicuramente in quella media. Sul fronte desktop è infatti arrivata la valida RX 5700 XT, che sarà disponibile sul Mac Pro in una forma potenziata con il modulo MPX. Nel mobile, con il MacBook Pro 16″, adesso si parte di serie dalla RX 5300M da 4GB, scheda con un validissimo rapporto prezzo/prestazioni e che supera la vecchia Vega 16 su quasi tutto (e quest’ultima era una costosa opzione). Io ho voluto spingermi leggermente più in là con il modello top, in cui si trova la 5500M con medesimo quantitativo di GDDR6 mentre in opzione si può avere anche la versione con 8GB per soli 125€ in più, che consiglio per chi conta di usare questo computer come rimpiazzo totale per il desktop in ambito creativo/multimediale.
Al di fuori dei benchmark, che sono comunque validi, non si tratta comunque di soluzioni che possono competere con quelle desktop, soprattutto con le NVIDIA di fascia alta. Tuttavia queste ultime hanno delle richieste energetiche tali che nei portatili Windows non si riesce a sfruttarle lontano da una presa di corrente. Questo perché la batteria non può fisicamente dargli che una frazione dell’alimentazione che richiedono visto che c’è anche la CPU e tutto il resto dei componenti. Dunque ci si trova nella spiacevole condizione per cui un portatile che va bene a corrente diventa molto più lento in mobilità, anche se quello dovrebbe essere il suo principale ambito di utilizzo. Anche nel MacBook Pro 16″ i circa 100W della batteria sono insufficienti se si spinge l’hardware al massimo, ma dato che le richieste totali sono più contenute (e mi riferisco in particolare alle GPU AMD rispetto quelle NVIDIA), la riduzione di prestazioni senza alimentazione è davvero minima e si verifica solo nei rari casi in cui si porta al massimo sia la CPU che la GPU. In quelle situazioni, il sistema dovrà farsi decidere come distribuire la potenza massima tra i vari componenti. Il succo di tutta questa situazione è che quando si lavora in mobilità il MacBook Pro 16″ supera la maggior parte delle controparti, anche più carrozzate… e questo è un aspetto da non sottovalutare.
Batteria, caricatore, autonomia
Apple ha portato la capacità della batteria vicina al limite consentito di legge per i viaggi in aereo, ovvero 100 Wh. Una giusta decisione che consente di mantenere un’elevata autonomia quando si compiono attività leggere, raggiungendo un totale dichiarato di 11h. Nella mia personale esperienza con uso semplice ma realistico che prevede mail, navigazione, social, musica, foto, ecc.. la vera autonomia è compresa tra 5 e 6h. Adeguata al prodotto, direi, e non distante da quanto ci si può aspettare da una macchina simile. Per quanto detto in precedenza, però, se lo portiamo al massimo delle sue capacità per un tempo prolungato, ad esempio nella codifica video, dopo 1h e 40min circa servirà il caricatore.
Anche qui nulla di nuovo e anche qui un approccio che ritengo corretto: se ci serve autonomia non ci mettiamo a fare un lavoro così impegnativo per l’hardware e, anche avendone necessità, tagliare le prestazioni per risparmiare batteria ci porterebbe a terminare un’operazione di 20 minuti nel doppio o triplo del tempo, quindi alla fine l’autonomia si ridurrebbe comunque con l’unico risultato di farci perdere tempo.
Vorrei anche ricordare che il caricatore del MacBook Pro è merce rara. È piccolo, leggero, con un solo cavo. In effetti in alcuni casi può essere utile una prolunga (che un tempo veniva data in dotazione), ma quando si viaggia e nel trasporto in generale è davvero comodissimo. Specie se confrontato a quei mattoni grandi e pesanti che troviamo nella maggior parte dei computer della concorrenza.
Connettività al top, connessioni complesse
Togliamoci subito il dente per quanto riguarda il fronte wireless, dove mi è dispiaciuto non vedere il Wi-Fi 6, mentre il Bluetooth è fortunatamente il 5.0. Parlando invece della parte cablata vorrei premettere che non ho problemi a criticare Apple per le sue scelte, ma se mi soffermo a pensarci devo riconoscere che 4 porte Thunderbolt 3 con 40 Gbps di banda siano un lusso da non sottovalutare.
Nell’uso di tutti i giorni sarebbe molto meglio avere un lettore SD ed un’uscita video diretta, che sia HDMI o DisplayPort, così come una USB-A di formato tradizionale, ed è questo che soggettivamente possiamo non apprezzare in base al nostro uso. In effetti è un trend ci ha portato a dover girare con adattatori di diverso tipo ed a spendere anche soldi per acquistarli, cosa che evidentemente non fa piacere a nessuno. Tuttavia quando poi si deve ottenere il massimo con un MacBook Pro 16″ su una postazione, la flessibilità offerta da questa configurazione di porte è inarrivabile.
Thunderbolt 3: croce e delizia per gli utenti Apple
È vero che serviranno spesso Dock, ma si può riuscire a collegare una infinità di periferiche senza incorrere in limiti di banda. L’unico problema che oggettivamente rimane è quello di trovare i giusti cavi, perché con tutti gli standard presenti si è creato un vero pastrocchio. Ci sono USB-C 3,1 gen 1 e gen 2, altri con velocità dati da USB 2 ma supporto esteso alla ricarica, Thunderbolt 3 passivi compatibili anche con USB-C ma che non supportano la banda piena o il PD fino a 100W, altri ancora Thunderbolt 3 attivi e completi che però non funzionano su porte USB-C. Insomma, un delirio. Per questo non riesco ad essere del tutto contento della proposta Apple pur non negandone la versatilità e la potenzialità offerta in ambito professionale. Diciamo che rispetto ai primi anni ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. Sia sul fronte della conoscenza degli standard che avendo già preso molti accessori USB-C/Thunderbolt 3 utili che ci ritrovano tra una generazione e l’altra.
Prestazioni nel video
Per quanto mi piacerebbe offrirvi una panoramica concreta delle reali prestazioni in tutti i campi di lavoro, non mi è onestamente possibile. Ciò che posso fare è offrire un approfondimento utile a chi si occupa come me di immagini e video. Da circa 6 mesi il mio software di montaggio preferito è DaVinci Resolve, che utilizzo con soddisfazione su Mac, PC e spero anche Linux a breve. Nella parte più lunga ed importante della mia carriera professionale ho invece adoperato Premiere Pro, che comunque rimane sempre presente nel mio workflow sia per storico che per alcune cosette per le quali lo ritengo più pratico. Quando però ho iniziato a lavorare sui Mac sono passato temporaneamente a Final Cut Pro, acquistando anche la versione X che ho anche oggi installata su tutti i miei computer. Non lo preferisco rispetto agli altri sul fronte della UI, per la gestione della libreria e dei plugin, ma è innegabile che sia molto ben ottimizzato sui Mac. Ed è normale che sia così. Visto che il settore è molto vasto e le preferenze pure, ho provato ad analizzare tutti e tre questi applicativi, riscontrando anche dei comportamenti piuttosto diversi.
Prima di procedere dovete concedermi due ulteriori, ma importanti, precisazioni. La prima è che la resa di tutti questi software cambia da versione a versione e gli aggiornamenti possono modificare drasticamente i risultati supportando meglio le specifiche hardware (in alcuni casi è successo anche che si andasse a peggiorare). La seconda è che considerando tutte le codifiche possibili per i file in ingresso, i montaggi e gli effetti applicabili, nonché le differenti configurazioni in esportazione, le combinazioni sono praticamente infinite e non si possono considerare tutte. Dunque ho preso in esame le condizioni che mi si presentano con maggior frequenza più alcune altre che ho ritenuto rilevanti.
Premiere Pro
Piaccia o non piaccia, Premiere è praticamente uno standard nel mondo del video. È un po’ pesante (e sono gentile) ma è molto completo e si integra bene con gli altri software professionali Adobe come After Effects. La versione utilizzata per le prove è la 14.0.4 e per avere un metro di riferimento ho eseguito gli stessi test anche con il mio iMac Pro 2017, che ha 32GB di RAM, CPU Xeon W 8-core e Vega 56. Si tratta di due computer molto diversi che normalmente non si prendono in esame l’uno rispetto all’altro ma vedrete che i risultati sono piuttosto interessanti.
Timeline H264 8bit UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Abb. Fluida Abb. Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 11:44 5:37 5:23 5:38 Uso GPU 0% 0% ~25% ~25%
Questa prima prova mi ha completamente spiazzato. Premiere usa la GPU solo per il rendering, ma come mai è rimasta sempre allo 0%? Già solo per applicare LUT e color avrebbe dovuto adoperarla un minimo. Inoltre si sa che HEVC è più complesso di H264 da elaborare, eppure il tempo di esportazione con quest’ultimo è stato addirittura migliore che con l’iMac Pro, mentre con H264 molto più lento. Ho alcune teorie in risposta a tali quesiti ma nessuna mi sembra inattaccabile, dunque evito di ipotizzare e mi limito a mostrarvi i risultati.
Timeline HEVC HDR UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 10:49 5:17 5:04 5:18 Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%
Passando ad una timeline basata su file HEVC in HDR si ritrovano tempi generalmente simili ma un po’ più veloci, questo perché c’è sempre un po’ di color ma non la LUT dovuta alla registrazione in log del primo esempio. Anche in questo caso ho registrato una sostanziale uguaglianza esportando in HEVC con iMac Pro e MBP16 (bene), tuttavia quest’ultimo ha difficoltà con l’esportazione H264. Questo ci dice che il problema del primo test non era sicuramente nel file d’origine. Piuttosto è Premiere che non sfrutta adeguatamente le risorse del MacBook Pro 16″ in questi casi, anche se stranamente la cosa impatta sia la codifica QuickSync della iGPU Intel che la potenza di calcolo della GPU discreta.
Timeline 10bit semplice 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Abb. Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 9:32 6:08 5:53 5:44 Uso GPU <15% <15% <15% <15%
Passando ad una timeline con video a 10bit, Premiere si è reso conto che il MBP16 ha pure una GPU (alleluja!). Essendo file più complicati, l’iMac Pro ha spuntato un piccolo vantaggio già con HEVC, mentre per H264 rimane lo stesso problema già visto nelle prime due prove che rende il portatile ben più lento delle aspettative.
Timeline 10bit con montaggio 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Qualche DropFrame Abb. Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 8:04 7:09 22:38 22:46 Uso GPU ~5% ~5% ~5% ~5%
Qui tenetevi forte perché le bizzarrie di Premiere aumentano. Con una timeline identica a quella di prima ma con un montaggio video effettuato su diversi livelli, con aggiunta di effetti e titolazioni, non solo il problema dell’esportazione H264 si è ridotto moltissimo sul MBP16, ma questo ha superato l’iMac Pro in modo imbarazzante, con un tempo di esportazione nettamente inferiore. Se riuscite a spiegarmi questa cosa scrivetelo nei commenti perché sono davvero molto curioso.
Timeline ProRes 4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Qualche DropFrame Abb. Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 5:51 5:38 6:10 5:36 Uso GPU ~20% ~20% ~20% ~20%
Passando ai file ProRes la decodifica dei file sorgenti diventa più semplice, quindi anche con un bitrate più elevato i risultati sono migliori. Inoltre qui si nota un po’ di coerenza in più nei numeri ed inizia ad intravedersi un trend interessante, ovvero quello per cui il MBP16 riesce a superare l’iMac Pro nei tempi di esportazione (ricordo che quest’ultimo ha lo stesso chip T2 ma gli manca la iGPU e di conseguenza non può usare Intel QuickSync).
Final Cut Pro X
Il software di montaggio realizzato da Apple è ovviamente tra i più ottimizzati per le proprie macchine. Faccio presente che in passato è anche successo che alcune nuove release fossero più lente delle precedenti perché disattivavano il supporto alla codifica hardware a causa di qualche bug transitorio. Quindi specifico che i test che vedrete di seguito sono stati realizzati con la versione 10.4.8 senza pre-rendering in background onde evitare variazioni imprevedibili dei risultati.
Timeline H264 8bit UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:37 5:35 4:49 5:32 Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%
Final Cut utilizza la GPU per il playback ma in esportazione predilige Intel QuickSync o il chip T2. Non dobbiamo dunque stupirci più di tanto nel vedere la GPU allo 0% in fase di esportazione sul MBP16 che è dotato di entrambe. Buoni comunque i tempi, sostanzialmente in linea con quelli dell’iMac Pro.
In realtà un minimo mi sarei aspettato di vederla salire per renderizzare le timeline ma a quanto pare non è così. Almeno non su questo Mac e con questa release del Final Cut e di macOS Catalina. In generale ho l’impressione che i driver per le nuove GPU AMD su Mac non siano ancora del tutto ottimizzati, speriamo che in un futuro imminente le cose possano migliorare.
Timeline HEVC HDR UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:48 5:18 5:14 5:26 Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%
Piuttosto in linea con i precedenti risultati, con video HEVC vediamo persino un vantaggio per il MBP16, specialmente esportando in H264.
Timeline 10bit semplice 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 8:14 9:45 7:42 8:08 Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%
Quando le cose iniziano a diventare più complicate, utilizzando file 10bit 4:2:2, l’iMac Pro tira fuori i muscoli dovuti alla sua architettura. Tuttavia il MBP16 regge molto bene il confronto e riesce ad offrire risultati consistenti e molto validi per un portatile.
Timeline 10bit con montaggio 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Abb. Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 12:10 13:54 9:30 10:10 Uso GPU 0% 0% ~20% ~20%
Aggiungendo più livelli, transizioni, sfumature e titolazioni in un montaggio completo basato sugli stessi file, il MBP16 va in sofferenza ben prima rispetto all’iMac Pro. Questo sia scorrendo la timeline che in fase di esportazione, con tempi che si allungano di un 30% circa. Comunque tutto appare comprensibile e lineare al contrario di quanto registrato con Premiere.
Timeline ProRes 4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:35 5:34 5:23 5:00 Uso GPU 0% <0% 20/40% 20/40%
Infine, con i file ProRes il MBP16 è andato molto bene codificando in H264 e bene anche in HEVC. Arrivati a questo punto si potrebbe pensare che questi dati dipendano solo ed esclusivamente da qualche “magia” fatta da Apple con il suo software e che quindi si sia costretti ad usare Final Cut Pro X. In realtà, però, non è così. E ce lo dimostra Blackmagic.
DaVinci Resolve
Ho iniziato relativamente da poco ad utilizzare questo software ed ho ancora molto da imparare, ma già lo preferisco agli altri due. Resolve gira su Windows, su Mac e persino su Linux. Non è privo di bug, però in quanto a risorse hardware si comporta bene ed offre libertà di scelta all’utente sul fronte hardware. Ad esempio nei test della NVIDIA GTX 1080 vs RTX 2080 abbiamo visto che fa utilizzare la codifica NVENC a differenza di Premiere.
Timeline H264 8bit UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:29 5:16 4:45 5:15 Uso GPU 20/100% 25/100% ~20% ~25%
Con Resolve l’utilizzo della GPU è garantito e questo ci porta ad ottenere ottime performance. Il MBP16 è risultato più veloce dell’iMac Pro e i tempi di esportazione nettamente migliori rispetto a Premiere ma anche rispetto a Final Cut Pro X. Una cosa da notare, e ne riparleremo in seguito, è che il portatile arriva molto più rapidamente a riscaldarsi a ad attivare le ventole.
Timeline HEVC HDR UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:30 5:14 5:14 5:14 Uso GPU 20/100% 20/100% ~10% ~10%
La stranezza registrata con Premiere sulla codifica H264 qui non si presenta e i dati mostrano una solida coerenza tra le varie prove. Anche con la Timeline HEVC il MBP16 viaggia veloce su Resolve e supera sia l’iMac Pro che gli altri software in quanto a tempo richiesto.
Timeline 10bit semplice 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 5:43 5:36 4:58 5:37 Uso GPU 20/100% 20/100% ~20% ~20%
Passando ad una timeline con file video a 10bit 4:2:2, le prestazioni rimangono ottime e sempre superiori sia a quelle di Premiere e Final Cut che all’iMac Pro. La forbice con quest’ultimo va comunque a ridursi molto perché la codifica più complessa richiede maggiore forza bruta all’hardware.
Timeline 10bit con montaggio 4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Abb. Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 11:16 10:34 9:09 9:33 Uso GPU 25/100% 25/100% ~35% ~35%
Per il test del montaggio video il raffronto diretto con gli altri software non si deve fare, in quando gli effetti e le titolazioni sono diverse. Tuttavia rimane interessante il rapporto con l’iMac Pro, che rimane positivo pur registrando tempi di esportazione leggermente superiori. Ancora una volta: quando serve potenza bruta la tecnologia hardware superiore vince.
Timeline ProRes 4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56 Timeline Fluida Fluida Esportazione H264 HEVC H264 HEVC Tempo 4:45 5:34 4:50 5:14 Uso GPU 25/100% 25/100% ~35% ~30%
Infine il test con i file ProRes è andato bene, confermando un trend complessivamente positivo. Ognuna delle prove con Resolve ha dato risultati ragionevoli e complessivamente migliori rispetto agli altri software. Per quanto riguarda l’iMac Pro, pur non essendo un rivale diretto e qui utilizzato solo per confronto di massima, vediamo che nell’uso semplice del software non riesce a competere con le tecnologie più recenti del MBP16 ma vince quando le codifiche o gli effetti in gioco da renderizzare sono più complessi.
I limiti di un ultra portatile
Come si sarà notato, con Resolve l’utilizzo della GPU è molto alto, infatti si vedono spesso picchi del 100%. Questo comportamento ha ovviamente risvolti ottimi nei tempi di lavorazione ma ne ha pure due negativi da considerare. Il primo è che insieme all’uso dell’hardware aumentano anche i consumi, il secondo è che il portatile scalda e diventa rumoroso per via delle ventole.
Il comportamento generale della dissipazione è buono per un ultraportatile, come di fatto è il MacBook Pro 16″, e sicuramente molto migliore di quello registrato nei precedenti 15,4″. Tuttavia nell’utilizzo reale si sente che l’hardware viene sottoposto ad un notevole sforzo. In particolare nel confronto con l’iMac Pro i numeri sono ottimi e spesso anche migliori, ma quest’ultimo rimane sempre silenzioso e appena finito un task di lavoro è immediatamente pronto a dare il massimo per un’altra prova. Sul MacBook Pro 16″, invece, l’impegno si sente più a lungo e servono almeno un paio di minuti dopo il termine delle esportazioni per riavere un computer fresco e le ventole a bassi regimi. Ovviamente questo discorso vale principalmente con Resolve, che, come si è visto, ottiene prestazioni migliori spremendo sia la CPU che la GPU.
L’impatto di questo comportamento non si avverte soltanto in esportazione, quanto anche nel montaggio. Sebbene la timeline sia generalmente fluida, ci sono diversi momenti in cui si sente che il computer va sotto sforzo e tende a rendere il lavoro più complicato, sia perché può andare un po’ a singhiozzo sia per il rumore delle ventole. Dunque anche se alla prova del cronografo è andato benone, continuo personalmente a preferire il lavoro su desktop. Ovviamente l’iMac Pro non è la macchina più adatta con cui confrontarlo, ma anche un iMac “normale” leggermente carrozzato è comunque una scelta migliore per chi lavora in ambiti che impegnano l’hardware massicciamente come nel montaggio video.
Conclusione
Tumblr media
Il MacBook Pro è uno dei computer Apple più importanti per me, nonché il primo che ho acquistato dopo aver deciso di passare definitivamente a Mac nel 2006 (a seguito di una piccola parentesi con l’iMac G3 nel 1999). Da quel momento in poi ne ho cambiato più o meno uno ogni due anni e per un periodo è stato anche il mio unico computer casa/lavoro che usavo come “core” che alimentava le rispettive postazioni. Negli ultimi 10 anni l’intensificazione dell’attività in ambito video mi ha portato a sentire sempre più stringenti i portatili, così ho iniziato ad adoperare i computer desktop fino all’attuale iMac Pro (recensione).
Nel 2016 l’avvento dei modelli Thunderbolt 3 non è entrato nelle mie corde. Ho vissuto con una certa negatività il nuovo corso fatto di rinunce, sia sul fronte delle connessioni che per la tastiera a farfalla. Inoltre ho trovato poco utile la Touch Bar ed inaccettabili i problemi di dissipazione, specie confrontati ad un prezzo di listino esagerato per l’hardware offerto. Sul fronte delle porte ho avuto modo di abituarmi possedendo i nuovi iMac, iMac Pro e Mac mini, ma per i portatili ho preferito usare i 13″ fino al 2019 al solo scopo di avere un “vero” computer da viaggio (in aggiunta all’iPad Pro per le attività più semplici).
L’arrivo del MacBook Pro 16″ mi ha rimesso fin da subito nel giusto mood perché Apple ha evidentemente ascoltato i 3 anni di lamentele arrivati dalla comunità professionale. Il nuovo portatile rimane chiaramente nella scia evoluzionistica naturale rispetto al precedente ma rimette in discussione anche alcune scelte infelici consegnandoci nuovamente un MacBook Pro che piace. Piace perché è un po’ più grosso ma la dissipazione è nettamente migliore, piace perché non ci si deve più preoccupare della problematica tastiera a farfalla, piace perché è finalmente ritornato il tasto Esc fisico. Soprattutto, però, piace perché a fronte di un prezzo che rimane invariato ci viene finalmente data una giusta configurazione fin dal modello base. Quindi per la prima volta dal 2016 sono finalmente contento di aver acquistato un MacBook Pro di taglia “grande” e sono riuscito ad inserirlo nel mio workflow senza rimpianti. In alcuni frangenti va persino più forte del mio iMac Pro (che non è il più potente…) anche se ci tengo a ribadire che non lo sostituirei. È vero che mi farebbe risparmiare alcuni minuti nelle esportazioni “semplici” ma se inserito in un flusso di lavoro realistico queste sono piuttosto rare. Nei montaggi veri e completi l’iMac Pro vince quasi sempre e soprattutto lo fa senza battere ciglio. Ciò non toglie che si tratta di un confronto impari per il povero MacBook Pro 16″ che, a conti fatti, ha brillantemente soddisfatto le mie aspettative.
Se vi è piaciuta questa recensione potete supportarci condividendola oppure facendo i vostri acquisti tramite i nostri link. Il prezzo per voi sarà invariato ma verrà riconosciuta una piccolissima percentuale a SaggiaMente per potervi offrire altri articoli come questo. Potete fare l’acquisto sul sito Apple se vi interessano opzioni custom mentre su Amazon sia la versione base che la versione top costano parecchio di meno!
PRO
Tumblr media
Schermo più grande in dimensioni simili al precedente 15″
Tumblr media
Ottima qualità del display, buona la calibrazione di fabbrica
Tumblr media
Riproduzione audio al top della categoria
Tumblr media
Eccellente resa dei microfoni integrati
Tumblr media
Tastiera ritornata affidabile e con i tasti freccia a T capovolta
Tumblr media
C’è il tasto Esc fisicoooo!!!
Tumblr media
Configurazione di base già molto valida in uso professionale
Tumblr media
La batteria è la più capiente che si possa avere su un portatile “da viaggio”
Tumblr media
Comodissimo il piccolo alimentatore USB-C
Tumblr media
Dissipazione adeguata al dispositivo
Tumblr media
Prestazioni in mobilità elevate (spesso superiori a quelle di computer più carrozzati)
Tumblr media
Autonomia più che adeguata (se si spreme consuma di più, ma è normale!)
Tumblr media
Ampia flessibilità di connessione con ben 4 porte Thunderbolt 3
Tumblr media
Finalmente GPU moderne
Tumblr media
Rapporto qualità/prezzo nettamente aumentato rispetto al vecchio 15″
CONTRO
Tumblr media
 Wi-Fi 5 (il 6 richiede le CPU di decima generazione)
Tumblr media
 Fuori luogo la webcam 720p
Tumblr media
 Il prezzo rimane complessivamente alto
Tumblr media
 Non si può espandere niente dopo l’acquisto
Recensione MacBook Pro 16″: finalmente ritorna grande! Credo di averlo già detto in passato ma voglio ripeterlo: una delle cose che preferisco nelle recensioni dei computer è che le puoi scrivere usandoli.
0 notes
fallenangelfrommars · 7 years
Text
L'uomo che prende le stelle - Salvador Sobral.
Capitolo 1. Salvador.
Lisbona, Portogallo. É un pomeriggio piovoso di Gennaio. La pioggia cade a cantinelle sui tetti delle case di Lisbona. Sono anni ormai che Raissa ha abbandonato la sua città di Santiago do Càcem per seguire il suo sogno nella grande capitale del portogallo. Sogno che le costa cercare lavoro ovunque nel Portogallo tartassato dalla crisi economica per fortuna é riuscita a trovare un lavoro nelle vicinanze del luogo del suo sogno più grande: il Conservatorio Nazionale di Lisbona dove vuole entrare come pianista e compositrice. Nel tempo libero ama ascoltare la musica jazz e il soul. Secondo lei quel genere di musica la rilassa parecchio. Usa il vecchio giradischi che le ha dato il nonno prima di morire e che lasciasse la città per andare verso Lisbona con il giradischi e i dischi di vinile. Per Raissa é una giornata piuttosto noiosa, di solito dopo il lavoro di mette ad ascoltare musica nel soggiorno sotto la luce dell'abat jour. Ma in questa giornata però Raissa ha una strana sensazione dentro di se come se qualcosa sta per succedere. É solo un presentimento? Nel frattempo nel cielo inizia a farsi sera a Lisbona. <<Il mio turno é finito.>> <<Va bene Raissa, mi raccomando a te.>> Raissa lascia il grembiule e prende la sua borsa mettendosela sulla spalla mentre esce fuori dal bar.
Camminando si sente una voce maschile esclamare nel buio <<Scusi bella signorina.>> Raissa si blocca improvvisamente <<Sì, proprio lei bella signorina con i capelli colore cioccolata e gli occhi dal colore dei fili d'erba.>> Raissa si volta verso un uomo che porta un tuxedo completamente nero. Ha le spalle piuttosto larghe ed è abbastanza alto. Ha dei capelli non tanto lunghi e una barba non curata castani come i suoi occhi nascosti nel buio. Si vede solo un sorriso e si toglie elegantemente il cappello poggiandoselo sul petto e abbassa il capo mostrando un codino piccolo <<Piacere di fare la sua conoscenza.>> Raissa arrossisce e volge la testa verso il basso arrossendo <<Non so chi sia lei.>> Raissa alza la testa ma l'uomo non c'è più. Si volge in avanti e trova l'uomo che le prende la mano e si inchina a farle un'elegante baciamano facendo arrossire ancora di più Raissa che esclama <<Come é apparso?>> il giovane si mette il cappello e ride mostrando il suo sguardo a Raissa con un caldo sorriso sulle rosee labbra <<Salvador, piacere.>> la ragazza storce la bocca e poi sorride <<Raissa.>> <<Raissa... Un nome russo. Vieni dalla Russia?>> Raissa scuote il capo e inizia a camminare avanti mentre Salvador cammina vicino a lei <<Sono portoghese proprio come te.>>  Salvador sorride <<Bello sapere questo, Raissa. Almeno non rischio di diventare ancora più poliglotto aggiungendo il russo alle mie lingue.>> Salvador alza il gomito <<Una camminata con me?>> Raissa abbassa lo sguardo <<Se non vuoi ti la...>> Raissa si attacca al braccio di Salvador <<Si, vengo... Salvador.>> Salvador sorride dolcemente <<Allora andiamo in balia della notte signorina Raissa.>> i due iniziano a camminare allungando il passo a un tratto Salvador inizia a cantare toccandole la mano. Ha una voce piuttosto incantevole laggiarda e elegante. I due rimangono in quella grandissima piazza che circonda Lisbona mentre Salvador le prende le mani <<Hai delle mani così fini.>> Raissa esclama <<É un complimento?>> Salvador ride <<Ma certo.>> e la trascina tenendole la mano. Unisce le mani in un modo particolare avvicinandole alla bocca e si sente un suono venire dalla bocca molto simile al suono di una tromba e inizia a girare su se stesso per poi guardare Raissa che lo osserva sorpresa che sorride. Sarà cambiato qualcosa nella sua noiosa vita da oggi? Salvador finisce di "suonare" e si avvicina a Raissa sorridendo. I due si vanno a sedere sulle scalinate di un vecchio liceo <<Parlami di te.>> a Raissa non piace sapere del suo passato.  Sopratutto con un uomo conosciuto solamente adesso. Eppure qualcosa le dice che si può fidare di lui. Dopotutto oltre al lavoro lei non ha amici a Lisbona oltre al suo soriano nero,  Lùcifer. <<Ecco, io abito qui a Lisbona già da qualche tempo. Io ecco... Ho un gatto! Sì ho un gatto nero soriano.>> Salvador accenna un sorriso <<Io penso che ci siamo molte cose da sapere su di te, Raissa.>> Raissa lo guarda sorpresa leggermente rossa in viso e sorride dolcemente esclamando sospirando <<Ho vissuto in una campagna lontano da Lisbona, a Santiago do Càcem. Tra pecore, cavalli e campi di grano e pomodori. Ho abitato con i miei nonni e il mio papà.>>  Salvador l'osserva <<E tua mamma?>> Raissa accenna un sorriso mentre i suoi occhi diventano tristi. Dovrebbe dire la verità? Respira piano e esclama <<Mia mamma é andata via quando ero piccola abbandonandomi con mio padre. Siamo andati a vivere con il miei nonni poi ho perso mia nonna di tumore e ho vissuto con mio nonno e mio papà.>> Salvador esclama <<Cosa ti porta qui a Lisbona?>> Raissa guarda lontano sospirando e esclama <<Ho un sogno nel cassetto. Un sogno che coltivo fin da quando ero bambina: vorrei diventare una pianista e compositrice.>> Salvador accenna un sorriso <<Pianista eh? Beh anche io suono il pianoforte ma sono un cantante.>> Raissa si poggia sulla mano mentre lo guarda <<Ecco di chi è quella bella voce.>> Salvador ride <<Grazie. Io sono un cantante e mia sorella maggiore è una compositrice.>> Raissa rimane sorpresa <<Non mi dire.>> <<Ti piace il jazz?>> <<Lo amo.>> i due fissano l'orologio del campanile che segna la mezzanotte. <<Penso che sia ora di andare l'orologio segna la mezzanotte.>> <<Se vuoi ti accompagno io a casa Cinderela.>> si alza e le allunga la mano per farla rialzare <<Vieni con me.>> Raissa lo osserva e li allunga la mano afferrando la sua e si alza in piedi. I due si fissano per un momento in silenzio mentre il vento freddo inizia a soffiare tra i capelli dei due. Salvador la prende per il polso e la tira verso se <<Andiamo?>> Raissa esclama <<Si andiamo!>> i due camminano l'uno vicino all'altra abbassando entrambi lo sguardo imbarazzati.  Salvador accenna una risata e inizia a fischiettare. <<Siamo quasi arrivati.>> i due si fermano davanti a una grande cancellata che porta al piazzale dove si trovano i vari condomini, tra cui quello di Raissa. Salvador si toglie il cappello abbassando la testa <<Signorina. Se potremo incontrarci ancora...>> Raissa accenna un sorriso e esclama <<Perché no?>> lo sguardo di Salvador si fa sorpreso e sorride dolcemente guardandola <<Bene allora... Ci vediamo la prossima volta o magari domani.>> Salvador mette una mano sulla testa castana di Raissa e si allontana urlando <<Ci vediamo domani.>> Raisssa sorride e si dirige verso il suo condominio salendo la vecchia rampa delle scale che porta al suo appartamento. <<Lùcifer? Sono a casa piccolino.>> Improvvisamente un gatto nero Dagli occhi verde smerarldo sbuca dal ciglio della porta che porta al soggiorno. Raissa si abbassa e allarga le braccia <<Come sta il mio Bambino?>> Lùcifer salta tra le braccia di Raissa che lo accarezza mentre si avvicina al giradischi mettendo un Disco di Louis Armstrong della nonna sedendosi sul divano ricordando la serata con Salvador. Qualcuno che ha dato un calcio al Velo grigio della monotonia di Raissa in una cittá grande come Lisbona. Eppure pensa a come la fissava in quei pochi momenti tra un discorso e l'altro. Raissa sorride dolcemente mentre Lùcifer scende dalle Gambe. Raissa si alza togliendosi la maglietta facendola cadere insieme al pantalone e al reggiseno che fa cadere nel corridoio che porta alla camera da letto dove dorme solo con l'intimo. Appena si stende inizia ad abbracciarsi il cuscino dolcemente stando in pancia in giú mentre il leggero lenzuolo le copre il bacino addormentandosi dolcemente mentre il Disco corre dal soggiorno. I lunghi capelli rimangono sciolti, folti e mossi lungo la schiena. Qualcosa sembra davvero cambiata nella monotona e noiosa vita di Raissa Melania Mendes.
1 note · View note
bikevisor · 7 years
Text
l Completo Borse Portabici E Portaruote Chain Reaction è perfetto per tenere la tua amata bici al sicuro quando viene trasportata dallo staff dell’ areoporto. Questa borsa imbottita è caratterizzata da 8 scomparti interni separati per permettere di conservare separatamente e in tutta sicurezza abiti/pedali/sella, reggisella e altro, tenendoli lontani dalla bici ed evitando che i componenti stiano sparsi all’interno della borsa!
Prosegui per leggere la descrizione
[supsystic-price-table id=1286]
  l Completo Borse Portabici E Portaruote Chain Reaction è perfetto per tenere la tua amata bici al sicuro quando viene trasportata dallo staff dell’ areoporto. Questa borsa imbottita è caratterizzata da 8 scomparti interni separati per permettere di conservare separatamente e in tutta sicurezza abiti/pedali/sella, reggisella e altro, tenendoli lontani dalla bici ed evitando che i componenti stiano sparsi all’interno della borsa.
È incluso anche un piccolo borsello porta attrezzi per conservare in tutta sicurezza chiavi, brugole e cacciaviti.
Le rotelle sul fondo della borsa permettono un facile trasporto e una cinghia imbottita agganciabile agli occhielli metallici della borsa permette di trasportarla comodamente quando non si possoono usare le ruote. Le quattro tasche laterali con zip orizzontali (2 per ogni lato) sulla parte esterna superiore permettono alla borsa di essere  appesa e trasportata nel portapacchi della bici.
Le due borse portaruote hanno lo stesso materiale altamente resistente della borsa portabici. Possono essere usate da sole, con le cinghie da spalla annesse, o conservate dentro lo scompartimento principale. All’interno della borsa portaruote è presente uno scompartimento separato per le assi rigide a sgancio rapido e al centro della borsa sono stati posizionati 2 dischi robusti in PVC per evitare che l’asse e i dadi della ruota perforino il tessuto.
Caratteristiche Portabici :
Logo Chain Reaction Cycles
Borsa portabici a grande capacità interna
Esterno heavy duty imbottito e antistrappo
Due rotelle alla base della borsa
8 scomparti interni separati
Cinghia imbottita agganciabile agli occhielli metallici della borsa
Può essere appesa al portapacchi della bici attraverso le 4 tasche a zip orizzontali esterne
Zip heavy duty
Borsello ripiegabile porta attrezzi
Peso: 6,7kg
Caratteristiche Portaruote :
Portaruote in tessuto heavy duty e antistrappo con cinghie per trasporto su spalla
Dischi in PVC resistenti
Cinghie per spalla di alta qualità
Dimensions: L – 1250mm, P- 220mm, A- 800mm
  Prosegui per confrontare le offerte disponibili e scegliere la migliore!
[supsystic-price-table id=1286]
OFFERTA SUPER! Completo Borse Portabici e Portaruote - CRC Logo - Chain Reaction Cycles con 8 scomparti interni Scontato a soli € 57,99 l Completo Borse Portabici E Portaruote Chain Reaction è perfetto per tenere la tua amata bici al sicuro quando viene trasportata dallo staff dell' areoporto.
0 notes
ginevra-malcolm · 7 years
Text
Capitolo 83 - Domino Store Music, Frenchmen Street
Malcolm
Domino Store Music, un negozio obbligato per un amante dei vinili come lui che ne ha a decine in casa. Oltre che un punto importante della sua gioventù, chissà se ci sono ancora delle persone rimaste dai tempi in cui frequentava questo posto. Di certo, quando entra nel negozio, è un momento molto evocativo tant’è che resta per qualche momento sulla soglia, a guardarsi intorno, a verificare se c’è lo stesso odore che si respirava tanti anni fa o se qualcosa è cambiato. Motivo per cui sulle prime, con tutta probabilità, non si accorge di Skylar e di Ginevra. Poi forse non sono neanche a portata di sguardo. Come sempre molto elegante e maniacalmente ordinato, indossa un completo scuro, una camicia bianca ed una cravatta rosso cupo. Benché l’aspetto sia molto curato, il volto è piuttosto smunto e ci sono segni piuttosto chiari di stanchezza e malessere, ma d’altra parte la consueta austerità tendenzialmente fredda e rigida ha il pregio di dissimulare il tutto. Quella che sente – o che crede di sentire, non ne è più così sicuro – è la voce di Ginevra che proviene da qualche parte, lì nel negozio, accompagnata da un’altra voce femminile che gli pare familiare ma al momento passa in secondo piano. Cerca quindi di seguire la direzione della voce di Ginevra, con cautela, occhieggiando qua e là per rintracciare le due donne.
Ginevra
Accoglie il suo invito a procedere senza nemmeno rifletterci, si muove infatti con lei lungo il corridoio «beh, intanto ho un cane abituato ad uscire ogni mattina verso le quattro e mezza» sospira «se penso che fino a qualche settimana fa a quell'ora nemmeno ero tornata a casa» uno sbuffo leggero segue alle parole. Le mani si congiungono dietro la schiena «e poi...» sospira e scrolla le spalle «cose» sintetizza, probabilmente senza nemmeno rendersi conto che quella non è una sintesi, è un dire niente. «Oh...» sentendo del concerto «ci verrò sicuramente» annuisce, ma poi piega le labbra «mh... boh, veramente il Direttore mi aveva chiesto di scrivere un articolo con i pareri della gente sulla questione e...» corruga la fronte «risultati scoraggianti». I momentaneo silenzio di Skylar lo ha notato, ma in alcun modo lo lascia trapelare, l'argomento in fin dei conti è delicato per ogni donna in qualsiasi caso. «Speriamo comunque partecipino in tanto al concerto, soprattutto tra quelli senza posizione. Anche se...» fa una breve pausa «mi rendo conto che sarebbe da sperare che il processo prosegua e su quello non si sa nulla»
Skylar
Prende a camminare con la sua stoica sicurezza su quei tacchi alti che indossa ai piedi e, sinceramente al momento, neanche si accorge di Malcolm che è entrato alle loro spalle. Si addentrerà, invece, nel corridoio successivo, senza mai sbirciare nei nuovi vinili a disposizione, preferendo di gran lunga soffermarsi su quello che le racconta Ginevra e soffia via una mezza risata, alzando appena il viso verso il soffitto: «Io ho un fratello che mi sveglia alle quattro e mezza perché, dorme male.» si stringe nelle spalle «quindi, facciamo cambio? Un cane per un fratello?» ma, insomma lo dice per scherzo perché non lo farebbe mai. Eppure, è un modo come un altro per tentare di dissipare quelle nebbie nel cuore di Ginevra e ha capito benissimo che ci sia altro sulla questione con quel “cose” «tipo? Problemi d'amore?» arcua un sopracciglio, regalandole un mezzo sorriso affilato sulle labbra rosse: «E perché ora non torni a casa a quell'ora? Per me è impossibile tornarci prima, in realtà.» sarà che, tranne il lunedì e il martedì ha sempre da fare al ventuno e prima di quell'ora casa non riesce a vederla. Le braccia, poi tornano nuovamente sotto al seno, mentre il cellulare vibra nuovamente dentro la sua borsa ma, stavolta, non sembra proprio guardarlo o prenderlo in considerazione. «E cosa ti ferma?» alza le spalle, in un movimento rapido e elegante. «Voglio dire, anche i più scoraggianti sono sempre pareri e la gente, spesso, ha paura Ginevra.» e solo allora le darà una lunga occhiata, seguita da un sorriso amaro che, poco dopo, si trasforma nuovamente in un pensiero lontano come quello sguardo che viaggia verso la parete. «Perché non intervieni al concerto? Potrebbe essere anche una piazza politica. Infondo il Sindaco, sicuramente, vorrà pur dire qualcosa.» piccola pausa «spero per Trishelle che abbia giustizia.» ma anche lì, sembra chiudere la questione in maniera sbrigativa.
Malcolm
Si dirige verso quelle due voci e sembra quasi uno stalker nel farlo, anche perché gli capita appunto di seguirle alle spalle. Appena le vede comunque si ferma ad una certa distanza osservando la proprietaria della libreria con un misto di sorpresa, per averla trovata lì dove di certo non se la aspettava, e di qualcos’altro non ben identificabile, qualcosa di ombroso, un certo disagio. Per un primo momento ha occhi solo per Ginevra, poi realizza la presenza dell’altra donna con lei, e sì, la conosce. Comunque, se ancora non visto, diversi secondi dopo, vinta quella paralizzante indecisione su come comportarsi, decide di fare il giro opposto in modo da non “sorprenderle” alle spalle o ancora peggio trovarsi ad origliare. Così ci prova e se dovesse riuscirci, si sarebbe quindi portato proprio di fronte a loro, come un casuale avventore del negozio, cosa che in fondo è davvero, ma insomma c’è la pretesa di non averle in qualche modo seguite fra gli scaffali. Anzi, per incentivare l’impressione di incontro casuale, porta subito  lo sguardo ai dischi, concentrandosi nel trattenere l’irrefrenabile istinto di allineare i vinili. Tanto per i suoi standard qualcosa da riordinare c’è di sicuro.
Ginevra
Corruga la fronte riflettendo su qualcosa «Moreau...» mormora e continuando a camminare si vola a guardare Skylar «ma tuo fratello, per caso, è l'avvocato?» inclina appena la testa di lato e slaccia le mani per allargare appena le braccia «se non rientro presto, non rientro più... e poi il cane chi lo porta fuori? E lasciamo stare che il gatto ormai vive nascosta nell'armadio a muro e poi» il tono si fa via via più sconfortato «quell'appartamento è troppo piccolo per un cucciolo di lupo cecoslovacco» scuote il capo e sospira di nuovo. Resta in silenzio qualche momento, poi, riflettendo su quelle parole riferite all'articolo «ma paura di cosa?» sbotta infine, come se fino a quel momento avesse cercato inutilmente una risposta «Trishelle allora cosa dovrebbe fare?» la domanda è retorica e decisamente perplessa. Sgrana lo sguardo «interve-che?» si indica «no, ma che ... sicuro poi dico le cose a caso» annuisce convinta, è certa che le cose andrebbero così «oh...» un po' smorzata nel tono «il sindaco...» annota semplicemente, e si comprende che non è certo una di quelle pronta a dargli il suo voto. E poi ecco che sbuca Malcolm poco più avanti, intento ad osservare i dischi «si, problemi d'amore» e fin qui il discorso lo aveva tenuto abbastanza sul giusto filo, fin qui, perché la risposta alla domanda di Skylar è decisamente tardiva.
Skylar
C'è un sorriso orgoglioso, pieno d'amore per Vincent, tanto che quello sguardo sempre cupo e privo di vita, sembra illuminarsi per un momento, girando il viso in direzione di Ginevra regalandoglielo proprio. «Sì, è mio fratello.» aggiunge con un sorriso morbido e sornione. «Siamo gemelli.» e abbasserà anche il viso verso quel braccio dove compare quel piccolo bracciale con le due mani che si stringono. «E lo appoggio in quello che sta facendo, insomma la storia di Trishelle.» ma c'è qualcosa che, poco dopo, torna come un'ombra ad oscurare appena la sua faccia. Muove anche la mano in aria come a dire di lasciar perdere quella questione ma, lì per lì, l'unico motivo per cui gli viene in mente quell'assonanza di cognome è dato proprio dalla storia della ragazza stuprata. «Mhn..» sospira «amo moltissimo i cani e sì, hai ragione, hanno bisogno di spazi aperti.» infondo è il simbolo per eccellenza del suo Loa, di quello che ha scelto per accompagnarla per tutta la sua vita fino alla morte. Soffia via una mezza risata un po' aspra quando si parla del gatto, ma scuote il capo divertita. Tuttavia quando si tocca l'argomento spino di Trishelle, lei gonfia solo il torace a quell'esplosione della domanda della mora al suo fianco e, solo allora, arresta il passo per raggiungere uno dei vari contenitori a caso e frugarci all'interno. «Della verità, la maggior parte delle volte.» deglutisce per un breve attimo «altre, trovano assurdo che una donna carina si lamenti per essere stata violentata. Nel migliore dei casi, però, c'è la gente che teme che dire la propria opinione li possa accomunare a un carro vincitore o all'altro.» muove il capo da destra a sinistra. «Trishelle...» un grosso respiro, abbassando le palpebre, che tremano appena come le dita della mancina che vengono subito chiuse «deve rifarsi una vita.» lo dice proprio perentoria, tirandosi praticamente su in maniera immediata, mentre la mascella viene stretta. «Nessuno potrà mai togliere via quello che ha passato, ci si convive Ginevra.» quindi non la guarderà, nuovamente annuendo alla questione dell'intervista: «Ti prepari un discorso.» la fa semplice lei, come se lo facesse ogni singolo giorno della sua vita. «io ho già l'esibizione d'apertura in mente.» si tamburella un dito sulla tempia « e so che farò alzare il culo a tutta la platea se necessario.» ed è per la prima volta che dalla bocca della Moreau si sentirà uscir fuori un francesismo. Solleva il viso rintracciato, praticamente subito, la figura del giornalista che la lascia perplessa per un istante, le palpebre vengono sbattute e il sorriso appare sulle sue labbra, prima di dedicarsi un secondo alla mora al suo fianco. «E cosa riguardano di preciso?» ma, in quel momento tornerà su Malcolm. «Barnes.» un cenno del capo e nient'altro, se non quel sorriso mellifluo sulle sue labbra, ma non invade il campo dell'altro.
Malcolm
Guarda i dischi, sì, ci mette anche le mani a dire il vero, le poggia delicatamente per provare a sistemarne qualcuno e non perché ce ne sia bisogno, ma alla fine, come un magnete attratto da una calamita, lo sguardo finisce su Ginevra, inquieto e fugace, quasi che non volesse che qualcuno se ne accorgesse. Difficile eh. Sembra richiamato alla realtà effettivamente quando Skylar lo saluta, quasi recependolo come un permesso di intervenire. Alza lo sguardo su entrambe le donne: «Buonasera» dice ad entrambe, riprendendo contezza delle buone maniere seppure con quella gentilezza distaccata. «Miss Moreau, è da parecchio tempo che non la incontro.» annota con cortesia. Prende un respiro più profondo, staccando la mano che ancora tiene poggiata con molta leggerezza sui dischi e la riporta sul fianco, nella postura quasi stereotipata. Cerca di avvicinarsi ma comunque si ferma ad una discreta distanza da loro: «Miss Durand come sta? Lieto di rivederla.» dice rivolto ovviamente a Ginevra e non c’è niente da fare, nonostante la formalità il tono è ben diverso da quello che riserva a Skylar. E’ verso di lei che si volta di nuovo: «A proposito, i miei complimenti per il suo nuovo lavoro.» fa anche un cenno col capo, a confermare la veridicità delle sue parole.
Ginevra
Annuisce sentendo la conferma di Skylar su Vincent «è anche il mio avvocato» lo dice coe se la cosa fosse in qualche modo all'averlo per gemello. Certo sa dei legami tra gemelli, ma è un sentito dire per lei e niente altro, in quanto figlia unica ha tutte le mancanze legate all'assenza di fratelli e sorelle con cui dover dividere le cose, gli affetti e via dicendo. Si ferma quando Skylar si ferma a guardare dei dischi «mh...» commenta poi accigliata «non è con la paura che è diventata grande l'America» e il tono è abbastanza severo per i suoi standard, resta comunque accigliata probabilmente riflettendo sui modi e sulle parole fin troppo precise di Skylar. Insomma in fin dei conti più di qualche serata nei comitati al college ce l'ha passata. Prende un profondo respiro prima di rispondere alla donna quasi in mormorio, come se le sembrasse un sacrilegio continuare a parlare «se trovi qualcun altro per intervenire è meglio, magari un uomo» si stringe nelle spalle «insomma sarebbe molto più importante il discorso di un uomo schierato contro la violenza sulle donne». LO sguardo intanto si è posato su Malcolm che ha fatto la sua comparsa e quasi le sembra che Skylar si sia risposta da sola all'ultima domanda «esatto» le dice infatti in risposta e a sua volta fa per salutare Malcolm, ma l'uso del lei da parte del giornalista le fa incastrare qualsiasi parola nella gola, ci mette quindi un po' a rispondere semplicemente «Signor Barnes...» e il tono è di saluto, ma leggermente piccato, cosa che non riesce in alcun modo a nascondere.
Skylar
«Bene!» sgrana le palpebre quando si parla di Vincent, stendendo il sorriso ben più sereno. «E' bravo, vero?» perché lei, chiaramente, non ha il minimo dubbio sull'altra parte della sua mela e si vede, lontano un miglio, di quanto sia morbosamente attaccata all'avvocato. Come se, tutti e due, fossero una cosa sola. «Già, ma ti dimentichi sempre in che secolo siamo e quanto, adesso, la Paura blocchi la gente.» conferma, nuovamente. Prima di tornare ai suoi dischi, spostandosi una ciocca che sembra essere scivolata da quella treccia che lascia scoperto il viso della mora. «Sicuramente, tenterò di dirlo a….» grosso respiro, in cui c'è un colpo di tosse appena percettibile e lo sguardo che viaggia su Ginevra «Vincent.» che, infondo, è anche l'avvocato della donna «ma non so se si possa fare, sai no, i diritti ste cose qua.» tentando anche di minimizzare il tutto perché lei può sapere il mondo in fatto di musica e affini, ma sulla legge è una vera pippa. Che abbia o meno notato lo sguardo di Malcolm diretto a Ginevra non ne fa parola, ma semplicemente inclina il capo in avanti, stringendo tra di loro le labbra quasi stesse trattenendo una piccola risata o un sorriso che sta cominciando a comparire sulla sua bocca. Quel sopracciglio si alza appena come a controllare i due e, le ci vuole poco, per capire (forse anche in maniera sbagliata) ma sicuramente annuisce per un breve istante. «La ringrazio.» piccola pausa «lo ha apprezzato?» c'è un velo di titubanza nelle parole, mentre le palpebre si socchiudono «a proposito...» piccola pausa «le porto i saluti di mio fratello, Vincent.» quindi inclina il capo in avanti in una mezza riverenza che, a quanto pare, addosso a lei sono eleganti quanto basta da sembrare persino raffinate. Si fa un passo indietro, però, appoggiando una mano sulla spalla della Durand. «Penso che vi dovrei lasciare da soli.» inclina il capo scusandosi con la ragazza «tanto ci vedremo e devo, appunto, venir a vedere la tua libreria.» non se l'è dimenticato.
Malcolm
Assorbe il tono del saluto di Ginevra ma fa finta di niente, tanto lo sa qual è il problema, o crede di saperlo, per cui si concentra su Skylar, annuendo anche se in modo vago. «Onestamente non è quella che reputo la sua migliore performance.» glielo dice con un tono serio ed educato, schietto ma senza aria di critica, è solo un commento personale il suo. Infatti precisa con un’apparente tranquillità: «Probabilmente è solo il mio essere nostalgico di un’altra epoca della musica, benché io creda di aver intuito certi rimandi più o meno impliciti al passato.» allarga un momento le braccia. Sì, l’ha preferita in quell’esibizione di cui ha anche scritto sul giornale. «Ma lo spirito e la causa sono ciò che più conta, non certo le singole preferenze personali degli ascoltatori.» si riferisce naturalmente alla stretta connessione fra quel brano e il caso di Trishelle Trigard. Quindi resta lì a sentire quella specie di congedo successivo, a cui non si oppone e che non incentiva. Semplicemente osserva.
Ginevra
Solleva le sopracciglia «così mi è sembrato» riferendosi alle qualità professionali di Vincent, ma poi anche lei, oltre quanto di dominio pubblico grazie a Law&Order, non si può dire che sia una esperta. «Già...» sospira «che tristezza rendersi conto che se si dovesse combattere lo schiavismo e la segregazione razziale, oggi, col cavolo che verrebbe fatto» scuote il capo sulle inettitudini delle persone. «Speriamo che si possa fare» far parlare Vincent «meglio lui che io e poi lui sarà abituato a tenere discorsi davanti a un pubblico» corruga la fronte «una giuria è come un pubblico, no?». I saluti con Malcolm poi interrompono questi discorsi e dopo aver rivolto il suo saluto all'uomo, non interviene nello scambio tra i due, ma quando Skylar decide di lasciarli soli e lo comunica la guarda con le labbra dischiuse, sembra voler obiettare qualcosa, ma non ha così confidenza con la donna da esprime a voce la preghiera di restare e così richiude le labbra e annuisce rassegnata «certo... così potrai conoscere anche le allegre bestiole che la abitano. E Korinne» corruga la fronte «ma lei non è una bestiola, è una ragazza. Una ragazza vera» come se poi ne esistessero di non vere.
Skylar
Scuote il capo abbozzando una risata «No, non credo.» appoggiando anche una mano sulla spalla di Ginevra quando si parla di Vincent di fronte ad un pubblico. «La giuria è lì per un motivo, il pubblico è la peggior cosa del mondo, è molto diverso.» annuisce lentamente a sua volta. «Vincent non ama particolarmente parlare di fronte a molte persone e non so, quindi, quanto sarà possibile» ma la chiude lì la questione, consapevole di dove voglia e possa arrivare suo fratello se solo lo volesse. Infine si rivolgerà verso Malcolm «Lo so.» che non è la sua miglior performance «ma bisogna andare avanti, non restare solo con il passato al quale io, personalmente, devo tutto.» perché la sua musica, persino la sua voce, hanno quella sorta di spirito black che ha contraddistinto la sua infanzia e i suoi, pochi, momenti di felicità. «Avrà modo di vedermi, però, al concerto di beneficenza e spero davvero che verrà.» quindi gli riserva quella piccola speranza, prima di allontanarsi di farsi quel passo indietro per mettersi al fianco di Ginevra alla quale dona una lunga occhiata: «Alle volte i problemi vanno affrontati parlandone.» e sì, questo si potrebbe in qualche modo mettere vicino al fattore di Trishelle e non solo. Sarà che quello sguardo è chiaro e si riferisca a quello che sta succedendo e l'ha capita quella muta richiesta. «Verrò presto, te lo prometto e ti porterò anche un regalo.» perché non ci si presenta mai a mani vuote, almeno nella sua tradizione. «Barnes.» un cenno del capo «Ginevra» e una leggera carezza per lei seguita da un sorriso incoraggiante, quasi a volergli infondere quel pizzico in più di sicurezza che possa servirle al momento. Da lì, poi, pagherà il suo disco e uscirà fuori pronta per condurre il suo sabato sera al ventuno.
Malcolm
La regia si è dimenticata dei saluti di Vincent, nel ricevere i quali Malcolm assente come a ricambiare per una qualche regola di buone maniere il cenno di riverenza di Skylar: «La ringrazio. Gli porti i miei, quando lo incontra. Spero di vederlo presto invero.» risponde, per poi ascoltare il resto. Assente: «Spero di riuscire a venire Miss Moreau» afferma con pacata e distaccata cortesia, di quelle che non sai mai quanto possa essere o meno sincera. Quindi dopo averla salutata con un educato: «Buona serata» aspetterà che sia andata via.
Ginevra
Annuisce non si sa bene a quali delle parole di Skylar in congedo, le sorride per quella carezza «Ti aspetterò...» annuendo appena. La segue con lo sguardo finché resta in vista poi la sua attenzione torna su Malcolm, lo osserva qualche istante, si schiarisce la voce poi e riavvia i capelli dietro l'orecchio, dove comunque non restano «Beh... Signor Barnes..» a mò di congedo, piuttosto rigida, imbarazzata forse e si muove per superarlo e procedere.
Malcolm
Già quando Skylar va via, lui non si sofferma più di tanto a guardarla, preferendo piuttosto portare il suo sguardo su Ginevra, per quel tempo relativamente lungo in cui l’artista sarà ancora visibile. Sta per dire qualcosa proprio quando Ginevra lo precede. «No, ti prego, aspetta.» cerca di fermare blandamente il suo tentativo di superarlo e andare via. Poi però resta in silenzio e a disagio per qualche momento, prima di dire in modo abbastanza titubante: «Scusa, non pensavo di trovarti qui» una specie di “scusa per il disturbo”, ma si rende conto che è meglio bruciare il discorso sul nascere. «Come stai?» chiede quindi, con sincero interesse, osservandola senza poter nascondere l’amore che prova per lei, nei suoi modi incomprensibili ed inaccettabili.
Ginevra
Fa giusto in tempo a superarlo, quando Malcolm la trattiene. Si volta verso di lui e inclina la testa di lato «ah...» solleva le sopracciglia «siamo tornati al tu?» domanda stizzita, Scuote poi il capo al resto «non mi chiedi come sta Buck? Il tuo senso di responsabilità verso un essere vivente non autosufficiente è commovente» è in tutta evidenza piccata per quanto accaduto prima, il modo in cui le si è rivolto, come se fosse un'estranea e anche per il resto, che lui già conosce.
Malcolm
Si volta anche lui un poco, deglutisce a quella prima domanda ma non dà alcuna risposta. Incassa la stoccata sul cane, facendosi più cupo in volto e sospirando lievemente. «Chiedo prima di te. Sei più importante del cane.» una questione di priorità evidentemente. Fa una breve pausa per poi aggiungere: «In realtà volevo venire a riprendermelo. Nonostante tutto.» la guarda e chissà perché, si aspetta già qualche nuova risposta contrariata.
Ginevra
Piega le labbra all'ingiù a sentire quella risposta «non provarci! Lo hai abbandonato! Non si tratta di cosa è più importante» espira dal naso «faresti bene a venire a riprenderlo, è depresso, pensa di essere stato abbandonato e...» allarga le braccia «ha anche ragione a pensarlo!» con le sopracciglia sollevate, ma poi alza l'indice «ma se devi venire a prenderlo per poi lasciarlo in un posto qualsiasi per passare qualche ora a fargli visita... beh risparmiati!» scuote il capo e aggiunge «nemmeno i bambini, con la crudeltà che hanno, trattano così un cane» ma sembra un pensiero ad alta voce, più che una annotazione rivolta a lui
Malcolm
«Già» commenta soltanto, meditabondo, riguardo a come si sente il cane. Probabilmente condivide lo stesso identico stato d’animo. «No, lo terrò con me.» commenta, restando apparentemente intoccato da quelle risposte. «Ti sto ancora aspettando» dice ancora, sebbene il tono sia cupo e triste, forse rassegnato al non vederla tornare più da lui perché è come è. «Buona Pasqua Ginevra» aggiunge infine e senza attendere una risposta, è lui che si allontana ed anche piuttosto frettolosamente, come se fosse arrivato il momento di non poter più reggere questo incontro.
0 notes
ginevra-malcolm · 8 years
Text
Chapter 58 - Appartamento Malcolm, Metairie
Malcolm
Per tutto il tragitto, non ha detto una parola, ha solo tenuto la mano di Ginevra possibilmente, e non ha smesso un attimo di tamburellare le dita della sinistra sulla gamba, fissando ripetutamente il dito dove non c’è più la fede e quel solco lasciato dall’anello portato per trent’anni. Quel lieve tremore nervoso lo si può avvertire un po’ anche dalla stretta di mano. Quando sono arrivati a casa, Malcolm ha pagato la corsa, l’agente è rimasto all’esterno del palazzo, al parcheggio di fronte al portone, Ginevra e Malcolm invece sono saliti insieme verso l’appartamento. Il giornalista si muove un po’ tipo automa, assorbito su altri lidi, estremamente teso. Apre la porta di casa, si inoltra verso il salotto, posa la borsa per terra: tutti gesti meccanici. Ancora molti libri sono da sistemare: sul tavolo ve ne sono parecchi, disposti ordinatamente in pile allineate con estrema precisione. E nonostante quel po’ di caos dovuto al trasloco prossimo, c’è ordine anche fra gli scatoloni chiusi e deposti in giro per il salotto, c’è ordine fra i libri e i dischi rimasti ancora da imballare. E Malcolm si ferma lì, vicino al tavolo, dopo aver posato la borsa, e si blocca per alcuni momenti, rabbrividendo più volte.
Ginevra
Ha tenuto la mano di Malcolm lungo il tragitto, è stata in silenzio anche lei, con lo sguardo basso, ma rivolto verso l'altra mano di Malcolm. Lo ha poi seguito in casa, dopo un cordiale cenno di saluto con a mano all'agente e si è lasciata precedere nell'ingresso. Si è trattenuta un istante sulla porta, nel chiuderla alle loro spalle. Lo sguardo rivolto alla schiena di Malcolm. Espira dal naso lentamente e si muove verso di lui superandolo per potergli stare di fronte. Non è vicinissima, ma quanto basta per portare le mani alla sua giacca, per toglierla. Lo fa in silenzio e lentamente, sembra solo voler liberarlo del formalismo che si richiede fuori dalle mura di una casa. Se lui non si oppone al gesto, posa la giacca, con cura, su una sedia vicina per poi andare ad allentare la cravatta, senza toglierla. Altrimenti ritirerà le mani, me resterà comunque di fronte a lui.
Malcolm
Se ne sta lì in piedi, come se dovesse decidere come reagire, come sfogare quello che ha dentro, come allontanare quei ricordi intrusivi e ossessivi che lo portano lontano, dove non vorrebbe guardare. Lascia che Ginevra gli tolga la giacca, lui è tanto teso da tremare diffusamente. Vorrebbe dire tante cose, urlare tante cose, vorrebbe buttare via quello che ha dentro, ma è una furia distruttiva che non vuole mostrare, vuole essere l’uomo pacato e controllato e premuroso. Non sa cosa dire a Ginevra: se scusarsi, se chiederle il permesso per sfogarsi, per essere se stesso, per chiederle di non andare via e di non essere disgustata se volesse prendere le foto e piangerci di sopra ora, o sentire quella canzone che riserva a momenti come questi per far fluire via il dolore, o se chiederle l’anello che vorrebbe compulsivamente toccare. E nel frattempo Ginevra avrà avuto accesso alla cravatta, di cui Malcolm si accorgerà in ritardo: automaticamente va a rimetterla per bene, aggiustandone il nodo, una, due, tre volte consecutivamente. Trattiene a stento le lacrime mentre lo fa, incapace di controllarsi. Poi però abbassa le mani, le dita di tutte e due vanno a picchiettare sulle gambe. «Perdonami… perdonami…» la supplica, un po’ come chiederle di non odiarlo per quello smarrimento che non vorrebbe sentire, ma contro cui non ha potere. «Cosa devo fare ora?» le chiede a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore.
Ginevra
Lo osserva rimettere a posto la cravatta, vorrebbe allentarla di nuovo, ma si trattiene dal farlo «avresti dovuto parlarle» risponde a bassa voce, non c'è un tono di rimprovero per non averlo fatto, ma di supplica quasi. Abbassa lo sguardo, solo un momento, è ferma lì davanti e vorrebbe odiarlo per non averlo fatto, per non averle parlato, per non essere stato capace di prendere quella decisione di essere lui a voler andare avanti senza di lei, senza che debba continuare ad essere una decisione che subisce e che non vuole. Non può odiarlo e in quei brevissimi istanti in cui tiene lo sguardo basso cerca di capire cosa fare, come fare e improvvisamente le torna in mente qualcosa, qualcosa detto giorni addietro, quando ancora condividevano l'appartamento sulla libreria. Rialza lo sguardo su di lui e con esso le mani per appoggiarle sul suo viso «sono qui» gli dice abbreviando anche quel passo di distanza tra loro «stai qui con me, ti prego» e gli sta chiedendo di non fuggire nel passato, di non rinchiudersi nei ricordi.
Malcolm
«Lo so» risponde basso, come il suo sguardo, e torna a sistemare compulsivamente il nodo della cravatta. Si odia per il doverlo fare, necessario come il respirare, come il battito del cuore. «Lo so» ripete in un sussurro dal sapore sconfitto. Ma non riesce, è quello il punto. Le lascia poggiare le mani sul suo viso, la lascia avvicinarsi perché la ama, in ogni caso. Annuisce mentre delle lacrime se ne fregano delle imposizioni e iniziano a scendere per conto loro rigando il volto. Prende un respiro nervoso. «Vorrei che fosse tutto così semplice.» confida, cercando ogni istante di reprimere quelle compulsioni e rendendosi ogni istante conto di farlo invano. «Non ho il controllo.» geme poi, stringendo i denti con agitazione e tremando diffusamente. «Io non ho il controllo.» dice, con un tono di voce più alto, con rabbia e piangendo pur senza singhiozzare. «Vorrei che tu non odiassi il fatto che ti parlo di lei, o quelle foto, o il fatto che mi manca. Perché non ti amo di meno, io…» scuote il capo perché non riesce ad esprimerlo a parole. «Io ti amo … ti amo così tanto… e lei mi manca lo stesso.» dice piangendo, cercando di abbracciarla e di stringerla a sé, tremando e singhiozzando, ora sì, ma provando ad attingere da lei la cura per quel momento oscuro. «Vorrei che fosse così semplice, e invece io… non sono abbastanza. Non sono mai stato abbastanza.» geme con inquietudine. «Non ho mai toccato Rachel in quel senso.» dice, come se per qualche motivo ci fosse bisogno di precisarlo. Lo dice con rabbia, cercando sempre di trattenere a sé Ginevra.
Ginevra
«Per questo devi parlarle» prende un profondo respiro «per avere il controllo» sa che lui non si riferiva a quello, ma in fondo è la stessa cosa «e perché tutto sia più semplice»; abbassa lo sguardo quando le dice le cose che vorrebbe, socchiude gli occhi e quando esprime a parole ciò che, comunque, è evidente e cioè che lei gli manca, afferra un istante il labbro inferiore tra i denti «e perché ti manca» conclude l'elenco iniziato poco prima sul perché parlare di nuovo con sua moglie. Si lascia abbracciare nonostante tenga ancora il viso basso, non può guardarlo ora o se ne andrebbe probabilmente, per piangere lei, disperata, da qualche parte, perché, in fin dei conti, le cose perse che ci mancano, sono solo quelle che vorremmo ancora, le altre si perdono nella memoria. E questo è il motivo per cui non gli ha mai chiesto di guardare insieme quelle foto o di parlargli di sua moglie. Lo stringe comunque a sua volta in quell'abbraccio, anche se non riesce a non sentirsi lei "non abbastanza", inadeguata, fuori posto, abusiva persino in quella casa oltre che nella vita di Malcolm, ad occupare il posto che dovrebbe essere di qualcun altro. «Lo so» risponde alle sue ultime parole, perché è vero che lo sa, gli ha creduto senza remore a quel "no" in risposta alla sua domanda se ci fosse qualcosa di vero in quegli articoli di giornale. Non ha mai avuto alcun dubbio
Malcolm
L’abbraccio è il modo migliore per nascondere il volto, ci ha detto qualcuno. Annuisce alle sue prime parole, per poi abbracciarla a lungo, finché non sente passare quell’angoscia devastante, quei ricordi che tornano contro qualsiasi volontà. Infine mormora «Scusa.» scuote il capo, respirando per calmarsi progressivamente, dopo quello sfogo: sa che probabilmente le ha fatto male con quelle parole, sa che forse Ginevra non potrà mai accettarle e capirle. E continua senza esitazione alcuna «Voglio stare con te. Oggi. Tutti i giorni.» un po’ l’eco delle parole di Ginevra, su quanto sarebbe stata fuori dalla sua porta. «E vivere la nostra vita semplice, discreta, lontana dalle chiacchiere, nella nostra casa sul lago. Voglio questo. Fino alla fine.» è una promessa quanto quella fatta a suo tempo dalla donna stessa. E lo vuole oggi, ora, proprio perché Lucy gli manca e lui vuole comunque andare avanti. La stringe ancora a sé per qualche secondo, se è possibile, poi cercherà di baciarla a lungo, fino ad avere solo anidride carbonica nel polmoni e doverla espirare fuori, insieme a tutto il male. E cercherà di dormire con lei, forse spingendosi oggi un passo oltre.
Ginevra
Resta in quell'abbraccio finché non è lei a quella sua specie di promessa o richiesta a far leggermente indietro il busto per guardarlo in viso. Lei ha gli occhi lucidi, arrossati e inumiditi dalle lacrime che, silenziosamente, ancora scendono sulle guance. Annuisce a quelle parole, annuisce soltanto, guardandolo in viso, seppur pensa che non ci sarà nulla di semplice se lei, Lucy, continuerà a chiamarlo e lui a non rispondere, ma non lo dice. Non c'è motivo di dirlo, farlo non cambierebbe le cose e le renderebbe probabilmente solo più complicate. Accetta quel bacio con titubanza da principio, per poi, attimo dopo attimo, ricambiarlo in un crescendo di partecipazione, finché lui non andrà a riprendere fiato, approfittandone per distanziarsi da lui di appena mezzo passo, forse, quanto le basta a darsi appunto una distanza necessaria, non ha mai fatto segreto del desiderio che ha di lui, ma non può e non vuole forzare alcun evento. Andrà poi a prepararsi per la notte, dandosi il tempo così di assorbire le ferite delle sue parole e ritrovare una calma nei sensi che in questo momento sembra essere completamente svanita.
0 notes
ginevra-malcolm · 8 years
Text
Chapter 56 - Appartamento Malcolm, Metairie
Malcolm
E’ tornato a casa da poco, dopo una consueta giornata di lavoro all’FBI, ed ha invitato Ginevra ad andare da lui, così da continuare i preparativi per il trasloco. Già alcuni scatoloni sono stati riempiti con libri e vinili ieri, corredati dalla costante preoccupazione di Malcolm affinché tutto fosse disposto in ordine. Ad esempio nel caso dello stesso libro posseduto in due versioni diverse, quella in lingua inglese e quella nella lingua originale. Ginevra avrà potuto vedere parecchi volumi in francese, italiano, spagnolo e portoghese, tutti ben tenuti anche se sono libri vecchi ed ingialliti: c’è letteratura per ogni gusto, dai romanzi ai grandi classici, molta filosofia, molta poesia, anche parecchi libri di stampo scientifico, enciclopedie, volumi di divulgazione, così come opere latine e greche. Insomma tutti gli ingredienti per una persona di vasta cultura… o per aprire una piccola libreria, se si vuole. Quel che è certo è che tutti questi libri, specie se visti nell’ambito di un ambiente così ristretto, danno l’impressione di essere frutto di un’accumulazione quasi ossessiva e possono dire parecchio della personalità del loro proprietario. La stessa cosa vale per i vinili e i cd, la gamma di musica è ampia: c’è molta musica classica e molto blues, principalmente, ma anche jazz, buon rock, lirica, dischi misti. Tutto oggetto di una cura minuziosa da parte di Malcolm, nonostante per esigenze di spazio, si sia dovuto adattare a mettere tutti quei beni nelle sistemazioni più disparate. Detto ciò, quando Ginevra arriverà alla porta, Malcolm andrà ad aprire. Stavolta l’agente di turno è all’esterno del portone, dentro o fuori la macchina, ma di certo non sta lì. Il giornalista si presenta alla porta con aria serena, la sua solita compostezza non glaciale, quanto piuttosto timida e riservata. «Buonasera» la accoglie semplicemente con un saluto, facendole spazio per permetterle di entrare. Indossa una camicia bianca ben abbottonata e i pantaloni di un completo con una cintura a sussidio della magrezza. Cerca di ottenere un bacio, sempre con quella cautela di chi non vuole mai forzare la controparte qualora non avesse voglia: quella solita insicurezza di fondo che nulla toglie alla sicurezza con cui bacia eventualmente la labbra altrui. «Come stai? Come è andato il giorno?» chiede, con sincero interesse.
Ginevra
Sale le scale saltellando sui gradini, indossa un abito rosso con la manica a tre quarti e la scollatura a v, la cui gonna le arriva appena sopra il ginocchio, è ampia e ricade in morbide pieghe, presenta delle stampe in bianco e grigio raffiguranti due cigni e piante acquatiche. Ha a tracolla una borsa di pelle morbida, bianca e scarpe rosse con tacco non troppo alto modello parigine. I capelli sono sciolti e mentre sale canticchia una vecchia canzone francese. Ha salutato con un cenno della mano l'agente all'esterno, ed ora eccoli qui a suonare al campanello della porta di Malcolm. Attenderà il tempo necessario a che lui apra con lo sguardo rivolto verso il corridoio su cui si affacciano le porte delle altre abitazioni. All'aprirsi della porta riporta lo sguardo in avanti e sorride al giornalista, compare la fossetta sulla guancia sinistra e avanza oltre la soglia fermandosi però davanti a lui per quel bacio di saluto che gli dà sorridendo ancora e appoggiando le mani al suo petto; resta così appoggiata nel rispondere alla sua domanda «ho appena acquistato qualche buon libro, me li consegnano domani». Ed ecco spiegato l'abbigliamento inusuale, l'appuntamento da qualche privato in vena di vendere vecchi libri. Si scosta quindi da lui, a meno d'esser trattenuta «e tu?» lo sguardo va verso l'interno ad osservare se ci siano stati progressi nella preparazione per il trasloco.
Malcolm
Sorride leggermente nel vederla, pure con quel vestito non proprio di routine che osserva sereno, prima di aver ricambiato il bacio e posato per qualche momento le sue mani su quelle di Ginevra, posate sul proprio petto. Chiude la porta distrattamente ed alza una mano per provare a dare una carezza amorevole al volto di lei, mentre la ascolta. «Bene» commenta a proposito dei libri, placido nel tono, quindi la fa scostare e risponde: «Tutto a posto. Sono stato all’FBI fino a poco fa, le mie ricerche comprendono tanto materiale da analizzare. Ho parlato anche con il dottor Taggart, per puntualizzare qualche dettaglio. Niente di risolutivo, ma va bene avere le idee chiare.» spiega, andando verso l’interno, nel salotto dove, sul tavolo da pranzo, certe pile di libri tolte via da alcuni scaffali, aspettano di essere sistemate in una scatola quasi completamente vuota. Ovviamente ha rivolto a Ginevra un cenno della mano per invitarla ad entrare. «Sono contento che tu sia qui.» precisa pacato e serio, come se non fosse affatto scontato. Nel frattempo torna a sistemare con una cura maniacale i libri nella scatola, ed ovviamente l’andare necessariamente dietro alle sue stesse manie rallenta un po’ l’attività.
Ginevra
Lo ascolta, con interesse, ma non interviene, quello continua ad essere un argomento "muro", come altri in fondo; non sembra comunque che ne scalfisca in qualche modo l'umore. Toglie la borsa di dosso e la appoggia sul divano di lato, mentre osserva quanto Malcolm sta facendo «e io sono felice di esserci» gli risponde per poi aggiungere «posso aiutarti?» almeno i libri lei sa tenerli in ordine e secondo certi ordini, insomma ci lavora... Si sposta di qualche passo verso i libri sul tavolo «mh...» arriccia le labbra di lato, solo un istante «ti dispiace se tolgo le scarpe?» da come si muove non sembra che le facciano male e che le diano fastidio, ma ormai dovrebbe essere noto che ama stare scalza ogni volta che può.
Malcolm
Abbozza un sorriso vago ma sentito nell’ascoltare la risposta di Ginevra, mentre si prodiga ad ordinare i libri, a volte fermandosi un istante a guardare la copertina o ad aggiustare qualche angolo leggermente piegato. C’è da notare che sul tavolo, ma più distante da dove sta lavorando ora, c’è una versione dell’Inferno della Divina Commedia, tenuta da parte, e la Bibbia proprio a fianco. «Sì certo. Prendi pure uno scatolone in cucina e svuota un altro scaffale.» suggerisce come aiuto da dare, che è fondamentalmente lo stesso di ieri. Praticamente la maggior parte degli averi di Malcolm si sostanzia in libri e dischi, non ha molto altro. Poi la osserva nuovamente per qualche attimo, guardando le scarpe: «No, mettiti comoda.» replica tranquillamente. «Lasciale affiancate però» precisa riferendosi ovviamente alle scarpe, mentre torna alla sua occupazione piuttosto meccanica. Dopo qualche momento di silenzio, torna a parlare, assorto un po’ in ciò che fa e un po’ nei suoi pensieri: «Sto lavorando per capire che sistema usa questa organizzazione criminale, per punire le sue vittime. Ricordi che ti avevo detto di come sembri un sistema che punisce una colpa o un reato, secondo la giustizia interna di questa organizzazione, con una specifica pena?» chiede retorico. E’ un po’ accigliato nel parlare, forse perché sa che Ginevra non vuole sapere nulla, ma Malcolm ci prova ad esporle qualche abbozzo di idea perché ha bisogno di farlo davanti ad una persona da cui non si sente giudicato per come pensa, per teorie a volte “azzardate”.
Ginevra
Si sposta verso la cucina per prendere uno scatolone vuoto, torna poco dopo mentre lo rimonta e lo posa di fianco ad uno scaffale da cui i libri devono ancora esser tirati giù. Si china quindi piegando le ginocchia per slacciare le scarpe e toglierle, le appoggia vicino alla parete, una di fianco all'altra. Si rialza espirando dal naso, ma silenziosamente quindi torna allo scaffale per iniziare a tirar giù i libri. Lo fa in ordine, un paio di libri per volta controllandone il dorso. «Sì ricordo...» interviene in un mormorio lasciandolo poi proseguire. Non lo guarda perchè è attenta con lo sguardo su quanto sta facendo ed anche lei è leggermente accigliata.
Malcolm
Qualche volta occhieggia verso Ginevra, semplicemente per una questione istintiva. La lascia muovere a suo piacimento e continua nel suo lavoro, quasi rilassante come accompagnamento al pensare. Dopo che lei ha risposto, prosegue: «Ti avevo anche detto che a mio avviso si ispiravano a pratiche medievali e rinascimentali. Ho avuto una certa conferma di questo, per via di un elemento trovato dove c’era l’arciere, un simbolo tracciato con un gessetto rosso che rimanda, almeno stando alle mie ricerche a riguardo, ad un libro di esoterismo e demonologia risalente al Seicento. Un libro che si chiama Piccola Chiave di Salomone. Anche se alcuni risultati rimandano ad un libro ancora precedente, la Chiave di Salomone, risalente più o meno al quindicesimo secolo. Non ho ancora trovato niente che combaci a pieno col loro sistema comunque, ma probabilmente non c’è a tutti gli effetti, è possibile che abbiano una loro interpretazione personale. Ritengo però che debbano essersi ispirati a qualcosa ed in effetti, attualmente la Divina Commedia è l’unico testo che mi ha dato dei riscontri più coerenti. Sono preoccupato però di scadere dai fatti al complottismo, per cui ho timore di esternare quello penso. Non è mia natura, di solito resto attinente ai fatti, ma qui ci sono così tanti dubbi da chiarire e dettagli strani… Sai quella storia del vedere ciò che si vuole vedere?» le confida, effettivamente un po’ teso dall’idea di iniziare a trovare coincidenze strane anche dove non ci sono e di inseguire fantasmi. Probabilmente effetto del dover restare confinato ad un lavoro di ricerca e spingere troppo sul cervello invece che sull’azione. Respira a fondo, spostandosi per prendere un’altra pila di libri di quelle che compongono veri e propri fortini sul pavimento della casa, la porta sul tavolo, con aria pensierosa. «Per caso poi hai controllato per quale reato fosse ricercato John Doe? O meglio quelle possibili identità che erano saltate fuori? Tra le tante cose da fare, non ho avuto modo di cercare io stesso.» aggiunge, continuando ad ordinare libri.
Ginevra
Si gira verso Malcolm sentendogli nominare i due testi, la fronte corrugata, le labbra dischiuse in un moto di stupore e un paio di libri in mano, sospesi. Tutto avrebbe potuto pensare tranne che sentir parlare di quei libri da Malcolm «Come esattamente sei arrivato a La chiave e a La Piccola Chiave?» abbreviando i titoli per pura comodità o per una abitudine accademica di trattare con familiarità i testi più famosi. Si china a lasciare i libri che ha in mano nella scatola mentre risponde alla domanda successiva «si...» con tono distratto, poi corruga di nuovo la fronte «cercare tu stesso? Non mi hai detto di avere accesso ai fascicoli completi dell'FBI?» evidentemente convinta che un'analisi dei tre nomi che lei ha proposto sia stata fatta nell'immediato. Lasciati i libri che aveva in mano si sposta verso di lui, intenzionata a prestare più attenzione a quanto lui ha da dire su quei libri che al fare gli scatoloni.
Malcolm
Dà uno sguardo fugace alla reazione di Ginevra nel nominare quei libri, anche lui è preoccupato da se stesso come ha detto. Le risponde: «Cercando su internet il simbolo. E’ chiamato “la trappola del diavolo” o “il cerchio del diavolo”. Quello che è stato disegnato non è una riproduzione fedele del simbolo che ho visto sul libro – precisamente l’ho trovato solo sulla Piccola Chiave - ma ci si avvicina moltissimo. Vieni… » lascia un momento i libri, invitandola ad andare con lui nella stanza da letto dove andrebbe a prendere un foglio di carta dal porta documenti sulla scrivania, ed una penna, per poi abbozzarle il simbolo che rammenta in maniera accurata. «Qui» indicando degli scarabocchi che ha fatto perché non ricorda precisamente il disegno «ci sono dei simboli che però non so decifrare e non li ricordo bene tanto da riprodurli con esattezza.» . Quindi, portandosi dietro foglio e penna, torna nel salotto, verso il tavolo. Risponde alla sua ultima domanda: «Sì, infatti è così. Ma loro si stanno focalizzando sul risalire alla sua identità, a me interessa sapere per quale reato era ricercato. Ovviamente.» aggiunge quell’avverbio, perché come ha spiegato prima a Ginevra, lui punta in una ben determinata direzione, cioè capire le logiche di questa organizzazione.
Ginevra
Lo segue in camera da letto e lo osserva disegnare, in silenzio, la fronte sempre corrugata, sappiamo che non sono argomenti che la aggradano ... esattamente ne è terrorizzata. Torna verso il salotto con lui e tende la mano per poter osservare con calma il disegno, mentre distrattamente risponde «mh... quindi non gliene è fregato niente di controllare quei tre nomi, insomma... » lascia sospesa la frase, sembra completamente presa dalla questione del disegno «dove hai detto che hanno trovato questo simbolo?»
Malcolm
Se Ginevra tende la mano per cercare calma, lui la prende fra le sue e la stringe con delicatezza. Le fa osservare il disegno, per poi rispondere: «Sì, li hanno tenuti in considerazione, è stata avviata una ricerca sui database con quei tre nomi e il riconoscimento facciale, ma comunque ho l’impressione che si stiano concentrando prevalentemente sul giudice Stenson.» commenta con un tono neutro, per poi proseguire, rispondendo alle sue domande: «Per terra, nel punto da cui l’arciere scoccava le frecce, disegnato con un gessetto rosso. Ho approfondito entrambi i libri e non ci sono evidenze per concludere che si siano attenuti alle prescrizioni di quei rituali. Un po’ come se avessero solo preso in prestito questo simbolo, ma non posso esserne sicuro. Una cosa interessante è innanzitutto che si tratta di un simbolo di protezione contro i demoni, quindi ha una valenza positiva, non “satanica” come si potrebbe pensare. In secondo luogo, leggendo la Piccola Chiave, ho visto che nell’elenco dei demoni ce n’è uno, Lerajie mi pare si chiamasse, che è praticamente un arciere, vestito di verde, che può combattere per il mago/esorcista quando gli viene ordinato. Potrebbe non essere nulla, semplicemente è un’informazione che tengo da parte.» le spiega, puntualizzando questi dettagli, per poi chiedere: «Quindi per cosa sarebbe ricercato John Doe?» il tono è di chi domanda qualcosa di importante.
Ginevra
«Non proprio» commenta guardando il disegno «si chiama trappola perché li intrappola, un demone su una trappola del diavolo è bloccato e privato dei suoi poteri. Posso tenere il disegno?» non che le serva davvero, i simboli non sono disegnati se non in un vago accenno e, come è ovvio, a memoria non li ricorda. Rialza lo sguardo su di lui «ah, si...» si sposta per raggiungere il divano e la borsa, si siede ed estrae il cellulare su cui ha salvato le informazioni «dunque...» inizia a leggere «Yuri Stojkovic, 40 anni, serbo... Ricercato per crimini di guerra commessi durante i primi anni 90 nei Balcani. In particolare compare tra le figure oscure» alza lo sguardo su Malcolm « roba tipo spie straniere, anche se non è mai stato confermato» riabbassa lo sguardo sul cellulare per riprendere a leggere «che affiancarono i serbi nella loro pulizia etnica. E' praticamente un fantasma, apparso durante la guerra, scomparso nel '94. Di lui solo il passaporto, appunto, a nome di Yuri Stojkovic, comunque risultato poi falso.» fa una pausa, e prosegue «Marc Lennon, 42 anni, inglese. Ricercato per duplice omicidio avvenuto due anni fa a Città del Messico. Le vittime due funzionari del governo federale, praticamente una sorta di "intoccabili" dediti alla lotta contro i cartelli del narcotraffico. Scortatissimi e blindatissimi, furono uccisi da un cecchino da cinquecento metri di distanza, in rapidissima successione. Talmente tanto che qualcuno sospetta di un complice. Le successive retate ed indagini dell'Interpol hanno condotto ad una retata in una stanza d'albergo di Città del Messico, registrata a nome di Marc Lennon. Lo stesso passaporto con cui il killer era entrato nel Paese due giorni prima.» corruga appena la fronte «e infine... Sandu Fartade, 37 anni, rumeno. Questa volta si tratta di una vera mattanza, avvenuta a Rottherdam nel 2011. Sette persone crivellate di proiettili in quello che sembrava un regolamento di conti tra bande e che, nel corso delle indagini, si è rivelato essere parte di un più grosso traffico di droga e, precisamente, di un'operazione di "eliminazione della concorrenza" della mafia russa. Secondo le indagini, fu assoldato un killer professionista che ha alloggiato in hotel e pagato con una carta di credito intestata a Sandu Fartade. Il vero Sandu Fartade però fu ritrovato morto 2 giorni dopo a Bucarest da cui, secondo le indagini, è decollato per raggiungere l'olanda.» alza lo sguardo e si stringe nelle spalle «questo è quanto»
Malcolm
Dondola leggermente il capo nel sentire quella spiegazione sulla trappola del diavolo. «Be’ sì, ho letto anche questo.» afferma, come se dipendesse un po’ da dove vai a leggere. Comunque lascia cadere il discorso, guardandola dubbiosamente sul poter farle tenere il disegno. «Se non permetti a nessuno di vedere il disegno, non ci sono problemi.» chiarisce, perché naturalmente il vincolo c’è, nonostante lui abbia bisogno di parlare con lei, essendo tra l’altro Ginevra un’esperta di testi antichi. Poi, per ascoltarla nella lunga spiegazione sui crimini commessi da quelle tre persone individuate, cerca di andare a sedersi sul divano, seguendo Ginevra che va verso la borsa e lasciandole spazio per accomodarsi anche lei se vuole. Sul tavolino da caffè c’è la moleskina, tra l’altro, e Malcolm la prende per annotarvi qualcosa di tutte le informazioni dette dalla donna. Non la interrompe: semplicemente ascolta e scrive. Una volta terminata tutta quella valanga di notizie, il giornalista osserva un po’ gli appunti e prende a dire: «Be’, considerando che Phil ci ha dato delle identità inglesi e che lo riteneva britannico, direi che Marc Lennon è il candidato più probabile. Tra l’altro sembra essere l’unico ad aver avuto rapporti col continente americano, essendo stato a Città del Messico. Certo non si può escludere che siano gli altri due, ma in ogni caso non è questo il punto. Sono interessanti invece i crimini per cui tutti e tre sono ricercati. Ora ascolta.» la invita, volgendosi del tutto verso di lei, così da averne la piena attenzione, dopo aver posato la moleskina. «Partiamo da loro, queste tre persone che potrebbero essere John Doe. Sono tutti omicidi, come li avrebbe chiamati Dante, “violenti contro il prossimo”. Sai qual è la punizione dantesca per questi peccatori?» le chiede, e la domanda non è retorica, visto che Ginevra ha una certa cultura riguardo all’antichità e ai libri. Infatti si ferma e le dà modo di rispondere se vuole.
Ginevra
Posa il cellulare sul tavolinetto «Non importa, ho capito di cosa si tratta, non sarà difficile cercarlo...» porta lo sguardo su Malcolm seduto di fianco, ancora vagamente distratta, lo ascolta però e si stringe nelle spalle e scuote il capo «no, non lo ricordo» quindi aggiunge «Hai fatto qualche ricerca su Phil?» fa una pausa «non era solo un pettegolo.. insomma» si stringe nelle spalle «le persone come lui tendono a far parte di quei gruppi che...» piega le labbra non sapendo come chiamarli «di appassionati, si scambiano informazioni sui forum, magari, se non sbaglio su di lui, c'è qualcosa che può aver condiviso con altri e che non ha scritto nei suoi appunti o quello che erano»
Malcolm
«D’accordo» commenta alla prima risposta per poi prendere fiato quando Ginevra dice di non ricordare la pena dantesca, ma non ce la fa a rispondere perché Ginevra aggiunge quelle parole, quelle considerazioni che Malcolm ascolta. Ci pensa per qualche attimo, poi risponde: «Non ne sono molto convinto. So che non era un pettegolo, era una persona molto curiosa e con una lunga esperienza nel suo lavoro che lo porta a stare in contatto con la gente, a prestare attenzione alle persone. Però, non trascuriamo nessuna ipotesi. Va bene per te fare qualche ricerca a riguardo? Sei più pratica di me con la tecnologia.» adduce come spiegazione, e sembra sincero, insomma non le sta solo scaricando il lavoro. Ha un discorso da riprendere però: «Dicevo degli omicidi, i violenti contro il prossimo. Dante li immaginò immersi nel fiume di sangue bollente Flegetonte e – presta attenzione - colpiti con frecce dai Centauri se la posizione che tengono nel fiume non è quella conforme alla pena inflitta.» resta a vedere l’eventuale reazione della donna su questa informazione. Nel frattempo si alza velocemente andando a prendere il libro che ha lasciato sul tavolo e tornando a sedersi accanto a lei. In questo breve lasso di tempo non dice nulla, poi, una volta tornato, sfoglia il libro fino a trovare la figura dell’Inferno nel suo complesso, coi vari gironi, in modo schematico, e le mostra il cerchio e il girone di cui sta parlando. «Ma c’è dell’altro. Prendiamo il caso di Phil e del giudice, uccisi nello stesso identico modo, da una tossina che causa paralisi come caratteristica principale.» sta semplificando molto ma è funzionale a quello che deve far risaltare. «Ora Phil – e suppongo quindi anche il giudice – è stato un po’ una spia, un traditore, almeno da quello che potrebbe essere il loro punto di vista. Ha passato informazioni che non doveva avere a persone esterne. Bene, Dante immagina che la punizione dei traditori sia essere sepolti nel ghiaccio più o meno profondamente e in varie posizioni a seconda di chi hanno tradito. Questi peccatori quindi sono immobilizzati nel ghiaccio, paralizzati se vogliamo.»  le spiega con calma.
Ginevra
Sospira «fai fare a me le ricerche che credi non porteranno a niente?» con la fronte corrugata, ma divertita nel tono, scuote appena il capo poi «immagino che l'FBI possa occuparsi di controllare anche Phil, insomma ...» allarga le braccia «non hanno controllato se avesse parlato anche con qualcun altro? Internet è piena di questi gruppi di persone che si confrontano su argomenti specifici, ce ne sono alcuni che addirittura si occupano di provare a risolvere i crimini storici rimasti insoluti» si fa indietro col busto ad appoggiare la schiena al divano «lo cercheranno loro». Ascolta poi la spiegazione sulla divina commedia e annuisce riflettendoci «combacia, ma come si collega al resto?» lo sguarda «i libri di Salomone ad esempio...» fa una pausa «intendo... due elementi che combaciano sono troppo pochi, possono rientrare se non nel caso, di certo nelle coincidenze, ci sarebbe da trovare una terza corrispondenza almeno per poter escludere che appunto si tratti solo di una coincidenza» lo guarda come se aspettasse qualcosa, probabilmente immagina che lui ha già quel terzo caso da proporre e che lo abbia trattenuto come colpo di scena finale, ne è praticamente certa
Malcolm
«No, non …» dice frettolosamente alla prima domanda di lei, anche se ha avvertito il tono un po’ scherzoso. «E’ per questo che chiedevo a te di farlo. Ci vorrà troppo tempo perché si occupino di una ricerca secondaria. Quasi tutte le forze sono dispiegate intorno al caso del giudice.» sospira con un’espressione di stanchezza, passandosi una mano sulla fronte velocemente: «Il punto è che loro hanno molti mezzi e risorse, ma fanno ricerche a tappeto, non mirate, non… ragionate. Il che a volte è un bene, perché se ci si sbaglia, i dati spuntano da altre parti. Ma, insomma, io sono abituato a lavorare diversamente. E poi non so come facciano a riflettere sui casi dato il disordine che c’è nei rapporti.» commenta sgranando e poi stringendo un po’ gli occhi, con un certo disagio, nel ripensare a quanta fatica abbia fatto nel leggere quelle informazioni sparpagliate. Comunque lascia a Ginevra l’ultima parola sul fare o meno quella ricerca, probabilmente infruttuosa. Poi le spiega di Dante e dei parallelismi con i casi. Alla sua domanda sospira e si stringe nelle spalle, facendo un cenno negativo anche col capo: «Ancora non lo so. E’ molto complicato trovare prove e collegamenti sicuri quando ci si addentra nel campo del simbolismo. Ma la Divina Commedia è un testo che si presta a mille interpretazioni, anche di stampo esoterico. O massonico.» spiega pensieroso tra sé e sé, calcando nel distacco quell’ultimo aggettivo. «La terza corrispondenza ce l’avrei, solo che mi mancano delle prove. Sarebbe l’omicidio dell’ex sindaco Cooper: purtroppo però non so se sia corretto inserirlo nell’analisi, perché non posso dimostrare che sia correlato. E poi anche il legame con la Divina Commedia è meno forte rispetto a questi altri due casi. Tuttavia sto approfondendo anche per Cooper. Comunque stando a questo sistema, il sindaco doveva essere un ladro. Nell’inferno dantesco i ladri sono puniti con i serpenti in vari modi: trasformandosi in rettili, fondendosi con essi, oppure si incenerendosi e ricomponendosi al loro morso. Chiaramente le modalità dell’omicidio del Sindaco sarebbero simboliche, ma il serpente attorno alla gola dà da pensare. Anche le monete sugli occhi: potrebbero simboleggiare l’obolo a Caronte, ma potrebbero anche essere indicative della colpa della vittima. Poi c’è la posizione in cui è stato trovato Cooper, il corpo era posizionato a mo’ di uomo vitruviano. Ma la posizione dell’uomo vitruviano, nelle interpretazioni esoteriche, corrisponde al pentacolo.» ed indica il foglio dove aveva disegnato quel simbolo. «Purtroppo su questo fronte la faccenda è molto nebulosa, anche perché non dispongo di dati. So solo che Cooper e il giudice Stenson erano molto vicini, sia nel lavoro che personalmente. Non riesco a collocare il colpo di arma da fuoco all’addome nel quadro.» conclude, stringendosi nelle spalle con aria un po’ affranta, forse troppo carica di informazioni ancora sparpagliate e con dubbie correlazioni.
Ginevra
Piega le labbra sentendo la risposta «stai dicendo che il caso del giudice è ovviamente più importante di quello di più morti e decine di feriti tra cui però nessun nome di spicco?» inclina la testa di lato osservandolo, scuote appena il caso «boh, avrò guardato troppi film, ma di solito si scandaglia la vita di una vittima di omicidio se si vuole arrivare da qualche parte, ma...» sorride appena «certo Phil era solo il dipendente di un albergo, mica un giudice o il sindaco, perché sprecarsi» espira dal naso sentendo poi del modo di fare ricerche e del disordine «in quanto consulente, non sei lì anche per dire la tua?» la domanda è retorica volta solo a capire perché lasci che agiscano in quel modo... Passa la mano sulla fronte sentendo poi tutta l'analisi dell'omicidio Cooper, sospira «sempre che siano tutti collegati tra loro come si sta supponendo» sospira e socchiude gli occhi «sono stanca e farò brutti sogni per via di Salomone» il tono effettivamente assonnato... «posso dormire qui?» intendendo in tutta evidenza il divano, solleva anche le gambe per ripiegarle di fianco al corpo, sembra proprio essere sul punto di crollare...
Malcolm
Ascolta le ovvie polemiche sul modo in cui si stanno svolgendo le indagini, piega leggermente il capo di lato.  Alla fine delle argomentazioni risponde: «Io cerco di indirizzare le loro indagini e di fornire osservazioni e punti di vista. Di certo non ho ancora parlato di questa teoria, mi servono prove almeno circostanziali che sto ancora cercando. Se ne parlassi ora mi prenderebbero per un pazzo e non mi darebbero retta.» spiega con tranquillità, aggiungendo la risposta riguardo alle vittime: «Credo sia più o meno così, purtroppo. Il giudice è più rilevante, perché c’è di mezzo il processo ad un boss mafioso, quel McMullen, di cui Stenson si stava occupando. Hai avuto modo di vedere anche tu come sulla strage del Café du Monde ci avessero lavorato poco. Ancora non sono andati a vedere cosa c’era dentro il presunto armadietto di John Doe all’aeroporto.» sospira lentamente, ovviamente in disappunto su queste cose che sta rivelando. «Ma c’è anche il fatto che l’omicidio di Stenson è più ristretto come campo d’indagine, per cui viene più facile ed intuitivo dedicarsi a questo. Io sono quello che cerca di pensare a tutti i casi contemporaneamente per cercare di sistematizzarli.» e non è vanità, è una semplice ed anche piuttosto amara constatazione dei fatti. Annuisce senza poter provare nulla di concreto sul caso Cooper, ma è evidente che le coincidenze sono tante per non considerare questa possibilità concreta. Allarga le braccia, trovandosi semplicemente ad essere un giornalista nella sua limitatezza. All’appunto di Ginevra sulla stanchezza deglutisce nervosamente, mentre si alza in piedi e posa la Divina Commedia sul tavolino: «Ahm… m-mi dispiace…» mormora piano, pensando solo ora all’effetto di questa conversazione su Ginevra, ne sembra costernato, abbassa lo sguardo evasivamente, molto a disagio, e tace, ha già parlato fin troppo a quanto pare. All’ultima domanda annuisce, vorrebbe invitarla ad andare a letto per stare più comoda, ma la vede già sistemarsi quindi non dice nulla. Aspetta in piedi, lì impalato, rigido, senza sapere bene cosa fare, resta solo a guardarla aspettando che si addormenti – gli pare che ci vorrà poco – «Buon riposo» le augura, prima di andare a recuperare velocemente un cuscino e una coperta e accomodarla meglio, con tutta la delicatezza necessaria per non farsi sentire. Quindi tornerà a sistemare i libri, sperando che Ginevra dorma a fianco a lui questa notte.
0 notes