#bolognina
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💌send this to the twelve nicest people you know or who seem to have a good heart and if you get five back you must be pretty awesome.💌
Also sending you a hug, i know times are tough and life is a fucking nightmare but you are a good person. Not only you'll get through this but i'm sure you'll also thrive like never before.
Hope things will be easier from now on so you can catch a break, you got this bolognina 💪
💕💕💕
Let's take care of ourselves!
-La Principessa della Squadra
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l’armadio di Tommasino
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Great plans 4 the weekend: Saturday “Aktionshaus”, Sunday “La Bolognina”. Last PGY tapes available!
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BOLOGNA: FREE ALL ANTIFAS! MERCATINO AUTOGESTITO DEL RIUSO E DELLE AUTOPRODUZIONI
Diffondiamo:
Giovedì 4 gennaio 2024 SENZA CHIEDERE PERMESSO al Mercatino autogestito del riuso e della autoproduzioni in Bolognina:
Dalle 17 allestimento del mercatino, vi aspettiamo con le vostre creazioni e i vostri banchetti!
Dalle 18:30 FREE ALL ANTIFAS: Presentazione del corteo nazionale antifascista a Milano del 13 gennaio + aggiornamenti sulla repressione delle antifasciste e degli antifascisti coinvolti nei fatti di Budapest
Dalle 19:30 Marina Girardi presenta il LUNARIO DELLE TANE 2024, intonando canzoni lunatiche uscite dal bosco.
Alle 20:30 SFILATA delle befane ANTIFA degenere.
A seguire musica con Dj Abdi!
Inauguriamo il nuovo anno insieme all’insegna dell’antifascismo
Più info qui: https://mercatinoautogestito.noblogs.org/post/2023/12/27/terzo-appuntamento-della-rassegna-senza-chiedere-permesso/
BOLOGNA: FREE ALL ANTIFAS! SELF-MANAGED MARKET FOR REUSE AND SELF-PRODUCTION
We spread :
Thursday 4 January 2024 WITHOUT ASKING PERMISSION at the self-managed reuse and self-production market in Bolognina:
From 5pm the market will be set up, we are waiting for you with your creations and your stalls!
From 6.30pm FREE ALL ANTIFAS: Presentation of the national anti-fascist procession in Milan on 13 January + updates on the repression of anti-fascists involved in the events in Budapest
From 7.30pm Marina Girardi presents the LUNARIO DELLE TANE 2024, singing moody songs coming out of the woods.
At 8.30pmPARADE of degenerate ANTIFA befanas.
Followed by music with DJ Abdi!
Let's inaugurate the new year together under the banner of anti-fascism
More info here: https://mercatinoautogestito.noblogs.org/post/2023/12/27/terzo-associazione-della-rassegna-senza-chiedere-permetto/
@antifainternational @kropotkindersurprise @anarchistmemecollective @radicalgraff @left-reminders
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Hai il tuo cinema preferito a Bologna? (Non prendendo in considerazione schermo di casa tua 😄)
Il mio pannello è sempre tanta roba, oltre a lui il mio preferito è il cinema parrocchiale più dark di tutti: Il Cinema Galliera in Bolognina
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LA RIVOLUZIONE PASSIVA CHE CI HA RESI TUTTI BERLUSCONIANI
Domani, 12 giugno 2023
Il 26 gennaio 1994 Silvio Berlusconi annuncia al pubblico la decisione di “scendere in campo”. Pochi in Italia credono nel suo destino politico, molti sono certi che si tratti di un fuoco fatuo. In un paese nato e cresciuto con partiti strutturati, sembra inconcepibile che un avventuriero, che ha messo in piedi un partito come fosse una catena di distribuzione alimentare, possa avere una qualche speranza di arrivare a palazzo Chigi. E si sbagliano.
Un errore che rivela quanto poca attenzione venisse prestata allora al peso del pubblico generalista da parte di chi si occupava di politica.
L’inventore della “tivù spazzatura”, com’era detta senza tanti giri di parole la televisione commerciale, aveva già fatto breccia nella mentalità degli italiani e delle italiane quando lui scese in campo. Proprio come la “Milano da bere”, che era già emblema di una società libera da “lacci e lacciuoli”, spregiudicata ed edonistica.
Homo novus in politica, Berlusconi non era un self-made man come recitavano i depliant di Forza Italia che trovavamo nelle buche delle lettere. Era parte dell’establishment della Prima repubblica, non solo perché amico personale di Bettino Craxi. Aveva ricevuto tanti favori dai politici prima che il pool di Mani Pulite guidato da Antonio di Pietro li atterrasse.
Nel 1984 la Corte costituzionale si era pronunciata per l’incostituzionalità di quello che passò alla storia come “decreto Berlusconi” che permetteva alle emittenti locali di trasmettere su tutto il territorio nazionale. Nel 1990, la legge che porta il nome del socialista Oscar Mammì codificò e regolò nel nome del nobile principio del “pluralismo” quello che era a tutti gli effetti un duopolio.
Quattro anni dopo, il Partito socialista avrebbe chiuso i battenti insieme agli alleati del “pentapartito” guidato dalla Democrazia cristiana di Arnaldo Forlnai.
La prateria d’opinione lasciata libera dai partiti era enorme e già usa al potere televisivo, quello che Giovanni Sartori avrebbe poi battezzato videocrazia. La scesa in campo del tycoon milanese era tutto fuorché un fulmine a ciel sereno e sarebbe stata tutto fuorché un fuoco fatuo.
Ciononostante, il 28 marzo 1994, giorno della vittoria elettorale di Forza Italia, rappresenta uno spartiacque. Una di quelle date che segnano, si potrebbe dire con le parole di Montesquieu, «un impercettibile passaggio da una costituzione a un’altra» pur senza alcun cambio di costituzione, perché ha effetti profondi nella vita di una società, mettendo in moto aspirazioni e timori, lotte tra «chi difende la costituzione che declina e chi porta avanti quella che sta prevalendo».
E in quelle lotte, che mai si sono spente, si formarono un nuovo linguaggio politico e nuovi leader, e vennero sconquassate generazioni e culture politiche. Berlusconi fu il Perón italiano.
Conquistò l’opinione pubblica mettendo la famiglia sul palco, la sua vita privata (costruita per la vendita del prodotto elettorale) nei depliant. Creando le condizioni per una permanente attenzione scadalistica da parte dei media che anni dopo l’avrebbe travolto. Coniando slogan tanto dirompenti quanto all’apparenza avulsi dalla realtà.
Berlusconi entrò in politica con parole di fuoco contro la partitocrazia, alla quale egli doveva molto; e contro il comunismo, che era già tramontato prima ancora della Bolognina.
Ma quegli slogan non erano avulsi dalla realtà, se si considera che Berlusconi era esterno alla classe politica (e poteva quindi tuonare contro la partitocrazia) e che l’idea di una democrazia sociale e di una responsabilità dell’economia verso il bene pubblico era ancora parte della cultura politica diffusa, che egli da liberista qual era identificava col “comunismo”. Nel linguaggio gramsciano quella di Berlusconi fu una rivoluzione passiva.
Gli slogan di Forza Italia aggredivano quella che era una mentalità resiliente. Canovacci di una politica modellata sul Colosseo, che da allora le televisioni misero in scena ogni sera: un politica del “contro” che, scrisse Alessandro Pizzorno, aveva dismesso il giudizio politico per quello estetico, morale e sentimentale, imponendo fatalmente di stare “con” o “contro”, senza mai ragionare sulle questioni sostanziali e sulle vie migliori per attuarle o respingerle. La politica della ragione pubblica era finita.
E per questo, Berlusconi determinò non solo l’identità politica sua ma anche quella dei suoi avversari, costringendoli a imitarlo per combatterlo. Perfezionò una diade identitaria di successo, usata dalla Lega di Umberto Bossi contro i meridionali e poi da Matteo Salvini contro i migranti, fino alla presidenza del Consiglio di Giorgia Meloni. “Noi” contro “loro”, dove i “loro” di Berlusconi erano i giudici, le istituzioni e chi non stava dalla sua parte, quella della libertà contro lo statalismo.
Quello schema retorico populista non sarebbe più scomparso. Avrebbe allevato generazioni di leader di partito di lotta e di governo, a destra e a sinistra. Ha visto giusto Giuliano Ferrara che nel suo Il Royal Baby. Matteo Renzi e l’Italia che vorrà, scriveva che il «teatrino della Leopolda è l’equivalente digitale del cielo azzurro di Forza Italia». Stesso stile stessa politica stesso progetto.
Ferrara scriveva nel 2015, vent’anni dopo la svolta populista dell’allora capo di Fininvest. Il cui impatto restò persistente nonostante le parentesi dei governi tecnici che, da allora e a intervalli regolari, hanno messo in stand by il populismo consentendogli di rigenerarsi invece di indebolirlo.
Il 1994 fu difficile da digerire, soprattutto per quella generazione che, emersa dall’Italia fascista, pensava alla politica come a una sfera autonoma dai poteri tradizionalmente intolleranti dei limiti dello stato: quello religioso e quello economico.
La commistione tra gli affari di Berlusconi e i governi di Berlusconi non placarono mai le critiche, né del resto fu mai risolta, e preoccupò i due maggiori pensatori politici viventi, Norberto Bobbio e Giovanni Sartori. I quali faticarono a collocare Berlusconi nelle classiche categorie della politica.
Era un cesarista? Un despota? Un sultano? Un patrimonialista? O tutte queste cose insieme, indicative di una leadership che usciva dall’alveo dei partiti e di un uso del potere che mal tollerava limitazioni istituzionali, appellandosi direttamente alla “sovranità degli elettori”. Ai quali Berlusconi si rivolgeva dalle sue tivù e da quelle di stato, siglando con il pubblico contratti e accordi.
Nel 1994, Bobbio diede alle stampe l’Elogio della mitezza dove consegnava un’immagine di sé che è diventata iconica: l’intellettuale democratico è “uomo di dubbio e di dialogo”, un “mediatore” in consapevole ambivalenza tra il realista e l’idealista.
La mitezza, una qualità impolitica, era possibile solo se i diritti di libertà erano saldi. E così, Bobbio avrebbe speso gli ultimi dieci anni della sua vita (morì nel 2004) a lottare contro Berlusconi, proprio nel nome di quella mitezza che non aveva agio di godere perché avvertiva che l’Italia democratica era a rischio. Bobbio chiamò Forza Italia un “partito fantasma”, un “partito che non c’è” che violava la regola della trasparenza e della pubblicità: «Come vi si accede? Quali gli obblighi dell’iscritto?».
Giudicò i club di Forza Italia «comitati elettorali, cioè partiti alla vecchia maniera», e si chiedeva: «Ma composti da chi? Diretti da chi? Finanziati da chi? Una democrazia che si regge su una rete di gruppi semi-clandestini è davvero un’invenzione senza precedenti. Bella forza, Italia».
Gli faceva eco Sartori, meno militante ma non meno castigatore di Berlusconi. Sulle orme di Max Weber rispolverava la categoria del sultanato, una forma di dispotismo (e Contro i nuovi dispotismi era il titolo di una collezione di saggi bobbiani uscita nel 2004). Dispotismo e sultanato stavano a indicare l’anomalia della democrazia italiana, che sembrava non avere nei fatti un governo della legge. Il tempo avrebbe mostrato che non si trattava di una anomalia solo nostra.
anti-berlusconismo si consolidò in coincidenza con la proposta berlusconiana di riforma costituzionale. L’appello che lanciò Bobbio con Alessandro Galante Garrone, Alessandro Pizzorusso e Paolo Sylos Labini a votare contro la Casa delle libertà «per salvare lo stato di diritto», segnò una stagione politica nella quale la Costituzione divenne oggetto del contendere tra schieramenti politici, e che avrebbe segnato i successivi due decenni, con altri progetti di riforma, ultimo quello targato Renzi-Boschi. Da un berlusconismo a un altro, si potrebbe dire senza timore di essere faziosi.
Poiché, come nel caso di Perón, con Berlusconi venne inaugurata una nuova forma di politica. Berlusconismo è oggi una categoria politica e una ideologia, un modo di fare politica e di gestire l’immagine del leader politico. Designa anche una concezione del ruolo dello stato e delle istituzioni come meno distanti, nell’illusione che ciò convenga a tutti. Una specie di trickled-down della politica, con una vicinanza tra società e stato ottenuta direttamente dal leader.
Quando venne eletto Donald Trump, nel 2016, commentatori e giornalisti americani non ebbero difficoltà a incasellarlo come un esempio di berlusconismo, il patrimonialismo nell’età del capitalismo finanziario.
Nadia Urbinati (troppo buona)
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ogni tanto vado alla bolognina perché ho bisogno di Verità: poi a forza di andare alla bolognina a cercare sempre le stesse cose, gli stranieri e la gente che lavora, a forza di romanticizzarli, sta diventando una bugia anche la bolognina e allora mi fermo a guardare un muro qualsiasi per sentire solo che quello è un muro
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Bologna, sicurezza: la Polizia Locale rintraccia gli autori di un tentato furto ai danni di una coppia di anziani in Bolognina
Bologna, sicurezza: la Polizia Locale rintraccia gli autori di un tentato furto ai danni di una coppia di anziani in Bolognina.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Nuovo round nello scontro interno al Movimento, con nuove prese di posizione e la parola scissione sempre più evocata da entrambe le parti in causa. L'esito viene ormai considerato non solo possibile ma anche il più probabile in tutta la galassia del M5s, sia tra gli eletti che tra gli attivisti. La costituente potrebbe diventare una nuova Bolognina e quindi la fine del 'sogno' di Grillo e Gianroberto Casaleggio: il "rischio" è stato paventato dall'ex presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, entrato in rotta di collisione con Conte ed espulso dal Movimento. "Conte - ha scritto l'ex parlamentare su X - continua la sua svolta della Bolognina per affossare il M5S, come fece Occhetto con il PCI". E proprio la battaglia politica attorno i valori del Movimento delle origini è il cavallo su cui intende battersi Grillo. Il canovaccio è stato definito con l'ultimo post sul suo blog. Insomma, questa volta - sostengono in molti militanti della prima ora - il fondatore appare deciso ad andare fino in fondo. Francesco Fotia/ AGF - Conte e Grillo a una manifestazione contro la precarietà Il problema non sarebbero tanto il "tesoretto", di cui si vocifera, ma una questione di principio per non annacquare le radici 'rivoluzionarie' del Movimento. Tra i 'reduci' c’è la speranza diffusa che a rientrare in gioco sia Davide Casaleggio, ricostituendo l'accoppiata con Grillo. Anche Giuseppe Conte si richiama ai valori pentastellati, pur ritenendo indispensabile guardare al futuro in un contesto politico completamente cambiato dopo l'avvento della destra al governo. In questo confronto molti degli eletti e dei militanti si trovano con uno stato d'animo contrastante, con la 'sofferenza' di dovere scegliere in modo drastico tra una o l'altra opzione. Ai paletti posti da Grillo si rifà anche l'ex ministro dei Trasporti, Danilo Tonilelli, che su Facebook avanza le sue "proposte per il processo (ri)costituente del Movimento 5 Stelle". Confermato il limite dei due mandati elettivi e lo stop ai finanziamenti pubblici ai partiti. Tornano poi le battaglie storiche: legge contro il conflitto di interessi, regolamentazione delle lobby, riforma radicale della Rai. E ancora fine dei finanziamenti pubblici ai giornali, legalizzazione della coltivazione della canapa: avviare una rivoluzione industriale e ambientale attraverso la legalizzazione della canapa. Toninelli chiede nel Movimento "democrazia diretta e partecipativa. Gli iscritti devono votare su contratti di governo, alleanze a ogni livello, candidati per incarichi elettivi e cariche istituzionali non elettive. Significativa anche la richiesta destinata a essere vincolante rispetto a future ipotesi di campo largo o simili: "Contratto di governo obbligatorio", ovvero spiega Toninelli "prima di ogni alleanza, sia a livello nazionale che locale, deve essere firmato un contratto di governo vincolante tra le parti".
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Tralasciamo il fatto che durante l'Autunno Caldo del 1980 succedettero in un terribile crescendo e in poche settimane alcune cosette:
1 - La fine della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), primo e unico sindacato unito dei metalmeccanici.
2 - L'inizio della fine del PCI, inizio che culminerà nella Bolognina di Occhetto pochi anni dopo.
3 - La secca sconfitta del movimento operaio (Da quest'ultima non ci si solleverà mai più).
Però il concetto di accostare queste due foto, anche se resta stridente, è drammaticamente vero, anzi... La Schlein che canta al Pride e non davanti a operai cassaintegrati è oggi il risultato di quei mesi di sconfitta cocente, di quel lontano Autunno Caldo 1980 ormai sbiadito nei nostri ricordi, ma non in quelli di un sindacalista serio e operaista, i quali bruciano, e non poco tutt'oggi nel vedere come si è ridotto quel partito strenuo difensore degli operai e delle fabbriche.
Partito che ormai si è dimenticato da tempo l'odore delle officine, dei laminatoi, l'odore dei filatoi e della terra.
Vedremo mai la Schlein davanti ai cancelli di una qualunque fabbrica? No! Mai!
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Il mio ultimo djset, in diretta dal roof garden in Bolognina (BO). Clicca play per ascoltarlo in FREE STREAMING
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Pamela Malvina, dalla cittadinanza al titolo europeo
Dalla lotta per la cittadinanza italiana al titolo europeo di boxe: Pamela Malvina Noutcho Sawa, della Bolognina Boxe, è la nuova campionessa europea Ebu Silver, pesi leggeri, sconfiggendo la britannica Jordan Baker Porter, al Paladozza di Bologna. Nata in Camerun, Pamela Malvina, 32 anni, vive in Italia da quando aveva otto anni ma solo nel 2022, dopo un lungo iter burocratico, è arrivata la…
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