Tumgik
#blame senso comic for this
reviilo · 4 months
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transfem leo with lita and usagi thinks she's married cause she's a grown woman and has a child of course she's married but still flirting and hitting on leo because he's a whore and does not give a single fuck about leo's "husband"
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aleboss · 4 years
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Tutto iniziò dall’edicola in un campeggio...
Sono sempre stato un nerd, fin da bambino, quando era da considerarsi in senso negativo: oltre a videogiochi, computer, cartoni animati anche i fumetti facevano parte delle mie giornate, inizando con i vari Topolino e Tiraemolla che molti bambini degli anni ‘80 leggevano. Ricordo che verso l’età di 10 anni sulla mia scrivania finirono i fumetti Marvel dei J.I. Joe e Transformer (qui ne trovate raccontata la genesi con il contributo del mitico Jim Shooter), che a quei tempi adoravo nei cartoon e come giocattoli. In quei primi anni ‘90 andavano di moda le raccolte a fascicoli in edicola da rilegare in eleganti e scomode enciclopedie: tra un Siamo fatti così e un Esploriamo l’universo (lasciate tragicamente a metà e finite chissà dove) mi appassionai a La grande avventura a fumetti edita da De Agostini (qui in tutta la sua bellezza) che stimolò la mia curiosità verso il fumetto tutto, aprendo una breccia nel mio immaginario, dai supereroi americani ad altri generi. Nel frattempo in edicola incappai nelle versioni italiane di altre serie Marvel come DP7 e Iron Man oppure nel rilancio de L’Intrepido: da una parte serie già iniziate, dall’altro una narrazione un po’ matura per la mia imberbe età. Alcuni amici mi fecero conoscere i manga: ricordo di aver letto per intero Kimagure Orange Road con gli occhi a cuoricino per Madoka su cui già sbavavo guardando la serie animata E’ quasi magia Jhonny adattata per Italia Uno
Ma la scintilla non era ancora diventata fuoco vivo...
La vera passione per i baloon si accese un’estate all’età di 15 o 16 anni, durante le vacanze estive: avevo molto tempo libero e nell’edicola del campeggio in cui mi trovavo acquistai alcuni albi dalle copertine accattivanti. In quegli anni i comics americani puntavano tutto sulla grafica: mi ritrovai così tra le mani titoli Image come Spawn di Mc Farlane, Savage Dragon di Larsen,  Shadowhawk (chi se lo ricorda oltre a me?) di Jim Valentino e qualche albo dell’Ultraverse (durato un battito di ciglia). Ritornato a casa iniziai a curiosare nelle edicole: i primi acquisti li facevo a caso, attirato da personaggi già a me noti come Flash (la mitica run di Waid, insieme a Impulso), Lobo, X-men... E piano piano, tra qualche Star Magazine e qualche spillato comprato di mese in mese, la mia cameretta iniziò a riempirsi di fumetti.
Fortuna volle che al terzo anno delle superiori tra i miei compagni di classe trovai altri più o meno flippati come me: il Galbu(ciao Fabio!), Osso (ciao Luca!) e il mitico SuperRed (ciao Claudio!) erano navigati lettori e collezionisti di fumetti. In particolare fu Rossi a indottrinarmi sulla via dei supereroi a stelle e strisce: li leggeva da anni, in particolare Superman e Capitan America. Con lui visitai le prime fumetterie come la Borsa del fumetto a Milano (ai tempi mi sembrava il paradiso del fumettaro) e Yellow Kid a Bergamo. Andai alla mia prima (e unica) Lucca Comics e facemmo anche qualche mercatino in qualche paesino sfigato in zona. Diventai talmente “esperto” che su una fanzine alla quale collaboravo (X-Game) piena di appassionati di manga aprii una rubrica dedicata ai fumetti americani. Era bello confrontarsi con altri appassionati e scambiarci materiale: potevo leggere la Saga del clone dell’Uomo Ragno o la morte e il ritorno di Superman o l’intera serie de I Cavalieri dello Zodiaco senza svenarmi. Il salto di qualità lo feci quando finalmente le fumetterie arrivarono anche in una piccola città come Lecco: in una di esse passavo tutti i miei sabati pomeriggio (un mio vicino di casa pensava lavorassi lì) tartassando il proprietario e facendo comunella con gli altri clienti. Era bello poter sfogliare avidamente e in tranquillità pagine e pagine di fumetti senza l’assillo dell’acquisto. Verso inzio millennio finii la scuola e divenni un operoso membro della società: con un buon lavoro ed un’occupazione stabile aumentò la mia disponibilità finanziaria e di conseguenza la spesa mensile in fumetti. Era un periodo in cui le case editrici stampavano molto, usciva un sacco di materiale ed era facile esser preda di acquisti compulsivi e collezionismo sfrenato. Infatti la mia collezione è piena di albi e volumi che ancora attendono di essere letti.
Per anni ho comprato tutto quanto riguardasse i mutanti Marvel: de Gli Incredibili X-Men recuperai l’intera collezione e seguivo tutte le varie testate correlate, ma ad un certo punto (forse dopo la fine del ciclo di Morrison) mollai il colpo. Mi piacque molto la linea Ultimate, in particolare Ultimate Spider-Man. Apprezzai l’arrivo di Quesada e dell’inprinting che diede con vari autori ai Marvel Knights. Ma sarebbe difficile elencare tutto il materiale Marvel Italia / Panini in mio possesso. Allora era la Play Press (qui potete leggerne ascesa e declino) ad occuparsi della DC: ricordo la JLA di Morrison e Play Magazine (peccato gli antologici siano scomparsi). Quando scoprii i fumetti Vertigo con Preacher e tutto quanto finiva su Il Corvo Presenta mi si aprì un mondo: la Magic Press allora era forse la casa editrice qualitativamente migliore. Pubblicava anche il materiale della “rinascita” Wildstorm: gli albi Cliffangher!, Authority, Astrocity, la nuova WildCATS. I manga li preferivo di stampo fantascientifico, in particolare la collana Manga2000 di Panini: Blame, Gantz, Planetes. In mezzo a tutto questo ci finiva anche qualche materiale indipendente o più di nicchia: gli albi dello Shock Studio (Egon, Morgue), Randall McFly (Cajelli), Giulio Meraviglia (Bilotta & di Giandomenico), Mondo Naif (Toffolo!).
Ma ad un certo punto qualcosa si ruppe e l’interesse in me per i fumetti calò drasticamente: iniziai a seguire regolarmente solo una manciata di serie mensili e a comprare qualche speciale o raccolta. Poi un giorno la fumetteria alla quale mi rifornivo (l’unica rimasta in città) decise di chiudere le caselle: venedo meno quella comodità mi allontanai dal mondo fumetto, per tornarci solo saltuariamente passando davanti ad un’edicola o entrando in una libreria.
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